Comunicazione-guerrigliaTattiche di agitazione gioiosa e resistenza ludica all'oppressione
|
Prefazione [kb
12 HTML]
Premessa tecnica
[kb 5 HTML]
Premessa degli
autori [kb 4 HTML]
1. Strategia e
tattica [kb 49 HTML]
2. Tecniche ed
effetti [kb 71 HTML]
3. Pratiche ed eventi
[kb 123 HTML]
4. Pratiche e soggetti
[kb 132 HTML]
5. Aneddoti [kb
47 HTML]
6. Postfazione/Aggiornamento
[kb 19 HTML]
Bibliografia
Libro intero [kb 48 ZIP]
La comunicazione-guerriglia ha come obbiettivo la supposta
naturalezza e ovvietà dell'ordine dominante. Il suo potenziale sovversivo
consiste nel mettere in discussione la legittimità del potere, e con
ciò aprire spazi per nuove utopie. Il suo fine è trasformare
discorsi chiusi in situazioni aperte. Infatti, quanto più spesso gruppi
politici aprono spazi invece di chiuderli e recintarli, tante più possibilità
si avranno di prefigurare alternative alla società esistente. In simili
momenti può accadere che di punto in bianco i soggetti agiscano in
modo diverso dal solito, che l'esperienza li faccia cambiare non solo in ciò
che dicono, ma anche in ciò che fanno.
Nella ricerca di simili forme d'intervento, gli autori si sono ispirati a
persone, gruppi, movimenti, che a loro volta si sono occupati dei rapporti
tra potere, parole e sovversione, tra arte, tecnica, cultura e politica. Nell'affollata
galleria dei precursori della comunicazione-guerriglia, si trovano antenati
molto diversi tra loro, come l'Internazionale Situazionista, il movimento
del '77 in Italia, la Kommune 1 nella Rft, gli Yippies, i Culture Jammers
e i Billboards Bandits negli Usa, gli psicogeografi in Francia, Italia e Inghilterra.
Il risultato del confronto con tali gruppi, è la scoperta di principi,
metodi e tecniche di comunicazione-guerriglia. In una parola un manuale. La
tattica guerrigliera si basa sulla conoscenza del terreno, agisce localmente
e puntualmente. I guerriglieri colpiscono di nascosto e si spostano prima
di venire catturati. Non cercano lo scontro frontale alla luce del sole, perché
avrebbero ben poche possibilità contro formazioni "regolari".
Se riferiamo tutto ciò ai processi di comunicazione, vediamo che i
guerriglieri sfuggono ai contesti stabiliti dalle strutture di argomentazione,
e hanno idee ben precise sui loro modi di agire.
Quando la guerriglia vince, la metafora cessa di essere valida: il concetto
di "comunicazione-guerriglia" non si presta alla vittoria in una
qualsiasi accezione militaresca, il suo fine non è preparare il terreno
per l'istituzionalizzazione dell'utopia e per l'instaurazione di un perfetto
Stato o non-Stato.
Mentre la militanza e il sabotaggio tradizionali puntano a un'interruzione
del canale di comunicazione, la comunicazione-guerriglia intende la forma
della stessa comunicazione come prassi di dominio. Essa si serve delle strutture
di potere, spiazzando i suoi segni e codici.