Biblioteca Multimediale Marxista


Premessa degli autori


La miglior sovversione non consiste forse nel distorcere i codici, anziché nel distruggerli?
ROLAND BARTHES


Ciò che si tenterà di fare in questo libro è paradossale. Esporremo, nel modo più serio possibile, la secca teoria di una prassi che non si limiti a essere sovversiva ma crei anche piacere e divertimento. Gli autori e le autrici di questo libro non ne possono più di aridi volantini e del preconcetto (diffuso anche tra gli autonomi) secondo cui la sinistra può al massimo apprezzare la satira politica, ma deve pur sempre portare al braccio il lutto per le ingiustizie nel mondo. Vogliamo allontanarci da una prassi politica che giudica la propria rilevanza in base all'astrazione e alla serietà delle prese di posizione. Ma conosciamo noi stessi, la coscienza sporca con cui dovremmo fare i conti se, anziché dare finalmente alle stampe questo testo teorico sullo straniamento, ce la spassassimo per due notti di fila; sappiamo che, al di là della nostra voglia di scrivere, è la protestante etica del lavoro che ci spinge a sedere pallidi di fronte al computer anziché starcene ai bordi della piscina ad abbronzarci (alla faccia del buco nell'ozono); ci è ben familiare la scrupolosità con cui s'esaminano le asserzioni sulla corretta linea politica.
"Non c'è vita giusta nel falso", si dice. Eppure molti vorrebbero vivere una vita in cui non ci sia posto solo per la competizione e la produttività, una vita che sappia essere affascinante. La comunicazione-guerriglia potrebbe essere un mezzo per raggiungere tale scopo.
Analisi, strutture concettuali, vaglio di diversi principi, metodi e tecniche... Tutto ciò può rendere arida anche la più bella delle azioni. Per questo faremo molti esempi pratici, racconteremo storie e avvenimenti senza sezionarli e pesarne le parti sul bilancino. Altrettanto grave sarebbe considerare i concetti teorici qui proposti precetti e norme da seguire ciecamente, finendo per soffocare la propria esperienza, senza possibilità di desiderio incontrollato, di piacere e di godimento.
A ogni modo, anche se non ci sarà unanimità sulle valutazioni proposte e sugli esempi utilizzati, il fine di questo libro è preparare una cassetta degli attrezzi che il lettore possa utilizzare, che offra vocaboli, metafore e immagini, che stimoli a riflettere da soli su analoghe possibilità nella propria esperienza. E così che si sviluppa la prassi. Si tratta inoltre del miglior contributo a una futura teoria della sovversione.

Sulla comunicazione-guerriglia


La politica radicale e la critica sociale di estrema sinistra hanno fama di voler portare avanti le proprie istanze di emancipazione principalmente tramite la spiegazione razionale e la divulgazione di un'univoca verità. Gli autori dei testi qui raccolti non dispongono di alcuna verità simile, ragion per cui non possono ficcarla in testa ad altre persone di sinistra o a qualche "miscredente".
Con il concetto di comunicazione-guerriglia vorremmo stimolare ad altre forme di confronto politico, che appartengono già da molto tempo alla prassi dei gruppi di sinistra, ma che troppo spesso sono state sminuite come burle da non prendere sul serio, relegate ai margini del lavoro politico propriamente inteso. Questo "manuale" discute di tali forme dell'attività politica sovversiva, delle loro condizioni, possibilità e limiti.
Ci guarderemo bene dal riproporre storiche controversie tra diverse correnti di pensiero, dal contrasto tra marxisti e anarchici a quello tra critica all'eurocentrismo e fedeltà a valori universali. Per il momento, di comune accordo, ci soffermeremo sull'incerto terreno della critica dei rapporti sociali. Dai dubbi e dalla consapevolezza di quanto siano obsoleti i progetti politici tradizionali è sorta la necessità di sviluppare esperienze politiche adeguate alla situazione contemporanea, ma che al tempo stesso non rinuncino a un 'impostazione di fondo che risale alla sinistra non dogmatica degli anni Settanta e Ottanta.
Il punto di partenza comune era ed è - accanto alla persistente inconciliabilità con il modo di produzione capitalistico e con strutture di potere e forme di socializzazione che disprezzano le persone - l'insoddisfazione per una prassi politica di sinistra radicale che oscilla tra militantismo incondizionato, Realpolitik pragmatica e pura critica dell'ideologia. Il disagio nei confronti di queste forme politiche tradizionali e chiuse della sinistra (apparentemente in contrapposizione tra loro) si è acuito in una fase storica nella quale da più parti ci si lamentava della crisi della sinistra e se ne enumeravano i punti deboli teorici e pratici. Partendo da tale situazione discuteremo modi e condizioni di una prassi che non (fra)intenda più la "militanza" nell'accezione militare, ma che nemmeno s'impantani nelle alternative apparenti, la pura critica dell'ideologia o la RealPolitik pragmatica.
Quando poniamo attenzione allo spazio intermedio fra politica esplicativa e intervento simbolico-culturale, e quando attacchiamo le forme dettate da una certa seriosità protestante che alberga a sinistra, ciò va inteso come critica costruttiva, rivolta principalmente a noi stessi. Vogliamo contribuire ad arricchire le forme politiche in un clima sociale che dagli anni Settanta è cambiato molto, e non certo a nostro favore. Corriamo sempre più il rischio che l'utopia di una società diversa venga non solo rifiutata in quanto illusoria, ma addirittura proibita in quanto inconcepibile.
La comunicazione-guerriglia non fornisce un concetto teorico impermeabile né regole precise per la concreta elaborazione di una prassi di liberazione. Essa risponde all'esigenza di ripensare contemporaneamente alle nostre diverse pratiche e alla critica della società supportata da una teoria, di fare riferimenti incrociati affinché i due modi di procedere si stimolino a vicenda anziché contrapporsi l'uno all'altro. Dalle nostre riflessioni su pensieri e pratiche, sono scaturite nuove idee per azioni e iniziative, che a loro volta danno vita a nuovi vocaboli, concetti e teorie.
Il concetto di comunicazione-guerriglia è parte di un processo, nel quale vengono criticati e attaccati i rapporti di dominio, i nuovi e vecchi nazionalismi, il sessismo/patriarcato, il razzismo e il modo di produzione capitalistico che sta dietro a tutto ciò. La comunicazione-guerriglia studia la naturalizzazione di tali rapporti sul piano dei discorsi sociali e nelle forme di grammatica culturale, e riflette su come metterle in discussione.
La comunicazione-guerriglia vuole spazzare via la supposta naturalezza e ovvietà dell'ordine dominante. Il suo potenziale sovversivo consiste in primo luogo nel mettere in questione la legittimità del potere, e con ciò aprire spazi per nuove utopie. Il fine è trasformare discorsi chiusi in situazioni aperte, nelle quali, in improvvisi momenti di smarrimento, il naturale e l'ovvio siano messi in discussione. Presa singolarmente, ciascuna azione è un passo attraverso il confine. Quanto più spesso gruppi politici aprono spazi invece di chiuderli e recintarli, tante più possibilità avremo di prefigurare alternative alla società esistente. In simili momenti, può accadere che di punto in bianco i soggetti agiscano in modo diverso dal solito, che sviluppino pratiche, che l'esperienza li faccia cambiare non solo in ciò che dicono, ma anche in quello che fanno.
Nella ricerca di simili forme l'intervento, gli autori si sono ispirati a persone, gruppi, movimenti, che a loro volta si sono occupati dei rapporti tra potere, parole e sovversione, tra arte, tecnica, cultura e politica. Nell'immaginaria galleria dei precursori della comunicazione-guerriglia, si trovano "antenati" molto diversi tra loro, come l'Internazionale Situazionista, il movimento del '77 in Italia, la Kommune 1 nella Repubblica federale tedesca, gli Yippies, i Culture Jammers e i Billboard Bandits negli Usa, gli psicogeografi in Francia, Italia e Inghilterra. Il confronto con tali gruppi, la discussione delle loro forme d'azione e dei loro punti di vista politici, non solo ha influenzato la prassi degli autori estendendola in più direzioni, ma ha anche condotto a riflessioni teoriche. Il risultato è la teorizzazione di principi, metodi e tecniche di comunicazione-guerriglia, in una parola un manuale, il cui scopo non è però esporre la forma canonica e corretta di una determinata pratica, ma piuttosto fare l'apologia della comunicazione-guerriglia come forma di discussione politica.
La comunicazione-guerriglia non sostituisce il lavoro sui contenuti o sull'organizzazione, né l'attività antifascista o l'uso di determinati media; non è nemmeno in contrasto con una politica di controinformazione. Il punto è che i contenuti politici non vanno accettati solo per la loro correttezza o verità: una politica radicale deve sempre più prendere in considerazione le condizioni della ricezione. Dove la comunicazione pedagogica è accolta sfavorevolmente, la comunicazione-guerriglia può rivelarsi una tattica più efficace; dove c'è un gruppo di destinatari ricettivo, o tensione sociale, lì c'è bisogno di un'informazione più esplicativa. Spesso i due percorsi si intrecciano.
La comunicazione-guerriglia è in questo; senso democratica perché non si limita a porre le persone di fronte a una data affermazione, ma attinge dalle contraddizioni e dalle esperienze delle loro vite, stimola a pensare e ad agire. Azioni concrete possono produrre momentanee crisi del consenso egemonico, e frammentare la società borghese in mutevoli e non sempre prevedibili scambi di ruoli tra attaccati, partecipanti e spettatori. Mentre gli attaccati incontrano forme di resistenza che li pongono in situazioni inaspettate e difficilmente controllabili, ai complici involontari e agli spettatori più o meno coinvolti - nel migliore dei casi - diverrà manifesta una pratica sociale, che non va letta come attacco frontale alla propria identità, ma come offerta che promette piacere e nuove relazioni su un terreno ancora inesplorato. Ma può benissimo rimanere in sospeso chi abbia agito e quali precise affermazioni e concetti stiano dietro l'azione. Da qui nasce la critica.
Gli autori hanno scelto l'espressione "comunicazione-guerriglia" perché tutte le idee e le forme di azione qui riassunte si riferiscono a processi di comunicazione sociale: dalla comunicazione tra media e pubblico, a quella dello spazio pubblico tra istituzioni sociali e cittadini. La comunicazione comprende molti più processi di quanto faccia supporre una diffusa visione tecnicistica: essa non si limita ai mass-media o a tecnologie come fax, cellulari, computer e modem; queste cianfrusaglie, se da un lato possono tornare utili, dall'altro vengono enormemente sopravvalutate.
Almeno altrettanto importanti delle tecnologie di comunicazione sono le forme di comunicazione quotidiana faccia a faccia, e le strutture sociali di comunicazione, nelle quali i rapporti di forza vengono continuamente prodotti e riprodotti. Agire diversamente dal previsto all'interno di queste strutture, sottrarsi a determinate forme della comunicazione e del dialogo, può rivelarsi una chiara ed efficace critica a poteri presuntamente "naturali" e dati per scontati. In alcune situazioni, lo scambio apparentemente razionale di argomenti oggettivi può esprimere accettazione: articolando una critica nell'ambito di determinate strutture di comunicazione, si finisce per puntellare e rilegittimare le strutture stesse, sebbene l'intento fosse criticarle. Dunque, il come si critica è altrettanto se non più importante del cosa si critica.
A favore del concetto di comunicazione-guerriglia ha sicuramente giocato un certo romanticismo rivoluzionario, cosa che ammettiamo con riluttanza. Ma è un dato di fatto che la metafora della guerriglia calza come un guanto al nostro progetto: la guerriglia non occupa le postazioni visibili tipiche di un esercito ufficiale, si muove su sentieri tortuosi lontani dai percorsi più battuti. La guerriglia non è fatta da molte persone, benché essa abbia assolutamente bisogno di essere appoggiata, o almeno tollerata, dalla popolazione. La tattica guerrigliera si basa sulla conoscenza del terreno, agisce localmente e puntualmente. I guerriglieri agiscono di nascosto e si spostano prima di farsi catturare. Non cercano lo scontro frontale alla luce del sole, perché avrebbero ben poche possibilità contro formazioni "regolari". Se riferiamo tutto ciò ai processi di comunicazione, vediamo che i guerriglieri sfuggono ai contesti stabiliti dalle strutture di argomentazione, e hanno idee ben precise sui migliori modi di agire. Quando la guerriglia vince, la metafora cessa di essere valida: la "comunicazione-guerriglia" non si presta alla vittoria in una qualsiasi accezione militaresca, il suo fine non è preparare il terreno per l'istituzionalizzazione dell'utopia e per l'instaurazione di un perfetto Stato o Non-Stato.
Già Umberto Eco ha indicato con la metafora "guerriglia" il tentativo di criticare i discorsi dominanti con modalità diverse dall'argomentazione o dall'agitazione. Come nel suo testo Per una guerriglia semiologica, nella comunicazione-guerriglia si hanno un uso e un 'interpretazione dissidente dei segni. Diversamente, un concetto quale "guerriglia mediatica" ci allontanerebbe dalla nostra impostazione. In contrasto alle menzogne dei media, la comunicazione-guerriglia non comprende soltanto la comunicazione mediale, ma anche l'interazione e lo scambio face-to-face nei più diversi contesti della comunicazione.
In campo politico e artistico, nel mainstream e nelle sottoculture, diversi soggetti hanno teorizzato qualcosa di simile alla comunicazione-guerriglia, pur con qualche differenza. Gli autori si sono ispirati alla SpaBguerilla [guerriglia del divertimento] senza tuttavia adottarne il nome, poiché la SpaBguerilla è inseparabile da una determinata circostanza storica, e identificata con certi personaggi. Nel trend attuale del "Bisogna divertirsi... Ci si concede così poco!" il nome avrebbe potuto essere frainteso. Ancora: "divertimento" riporta alla mente i pranks, gli scherzi giocati da personaggi che agiscono principalmente nel contesto artistico statunitense, e la britannica Anarchic Buffoonery. Che l'idea di divertirsi sia di per sé sovversiva ci pare discutibile, ma non ci piace nemmeno l'interpretazione opposta, cioè che il divertimento non abbia nulla a che vedere con la politica, o spogli le iniziative della loro valenza politica.
Espressioni come "terrorismo culturale" o "terrorismo artistico" (Kono Matsu) lavorano sulla paradossale sovrapposizione tra il concetto di terrorismo e settori di intervento come l'"arte" o la "cultura". Mentre i media italiani hanno accolto l'idea di un ubiquo "terrorista culturale" (Luther Blissett) senza associarlo in modo paranoico a bombe e mitra, nella Rft una simile espressione verrebbe ancora collegata ai gruppi degli anni Settanta.
Negli Stati Uniti e in Canada al momento circola il concetto di culture jamming: bloccare la cultura, intasarla, ingorgarla. Un 'altra espressione corrente è monkey wrenching (3), tornata in auge grazie all'omonimo romanzo di ecosabotaggio di Edward Abbey. L'espressione allude ad atti di sabotaggio a volte collegati a interventi di comunicazione-guerriglia, ma che non saranno il vero e proprio oggetto delle nostre analisi.
Mentre militanza e sabotaggio tradizionali puntano a un'interruzione del canale di comunicazione, la comunicazione-guerriglia intende la forma stessa della comunicazione come prassi di dominio. Essa si serve delle strutture di potere, spiazzando i suoi segni e codici.
Se qui la comunicazione-guerriglia viene distinta dagli atti di sabotaggio (per esempio il danneggiamento di cose) o dalla politica più pedagogica e di controinformazione, in realtà entrambe le cose giocano un ruolo in molte delle azioni da noi descritte. Spesso dipende dalla situazione concreta, da quali forme d'azione vengano ritenute più efficaci. Il più delle volte, le forme d'azione si rivelano da sole.
Nella bibliografia sono riportati solo i libri e i saggi che riteniamo importanti. Un indice bibliografico più ampio, oltre a contributi e articoli che qui non potevano trovare posto, si trovano al nostro sito www.contrast.org/KG, che in prospettiva diverrà un vero e proprio archivio della comunicazione-guerriglia.
Il manuale non è esaustivo, e chi si accorga di mancanze significative può farci pervenire (all'indirizzo della casa editrice o al nostro indirizzo e-mail) integrazioni, riferimenti, descrizioni, obiezioni ecc. (la descrizione di azioni preferibilmente su supporto elettronico), per far crescere l'archivio della comunicazione-guerriglia.


AUTONOME A.F.R.I.K.A.-GRUPPE, LUTHER BLISSETT,

SONJA BRUNZELS, <AFRIKA@CONTRAST.ORG>