Biblioteca Multimediale Marxista
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Dopo la rivolta nello speciale dopo che siamo stati sistemati in quel modo nelle celle vuote al pianterreno del carcere distrutto da quel momento in poi non ci sono stati più pestaggi di massa e si è cominciata la discussione all'interno di ogni camerone su quello che era successo ovviamente le posizioni erano molto diverse ma le discussioni più accese sono venute fuori in un secondo momento perché nei primi giorni tutti quanti badavano a leccarsi le ferite perché cominciavano a uscire gli acciacchi delle botte e più che altro il clima era quello di una infermeria da campo intanto ci avevano concesso i giornali e quello che si leggeva sui giornali era assurdo veramente assurdo non c'era niente di vero sembrava che non fosse successo niente tutte le notizie erano distorte e per lo più anzi completamente false
per i giornali l'operazione dei reparti speciali era stata assolutamente incruenta si era risolta senza nessun problema sembrava che avevano distribuito quattro scappellotti e tutto si era risolto nella maniera più pacifica noi abbiamo cominciato a fare pressioni per avere del colloqui coi famigliari che era l'unico modo per rompere questo blackout della stampa su quello che era veramente successo alla fine ci hanno concesso qualche colloquio simbolico di appena qualche minuto col vetro divisorio il risultato è stato di riuscire a farci vedere per qualche minuto dal parenti dietro i vetri divisori in modo che i parenti vedevano come eravamo conciati non c'era nemmeno bisogno di parlare per fare capire come stavano le cose come erano andate le cose
siccome le uniche cose che avevamo erano gli indumenti che avevamo addosso al momento dell'irruzione dei reparti speciali i parenti ci hanno visto con questi vestiti coperti di sangue le ingessature le ferite i tagli le botte eccetera e questo è stato sufficiente con questi colloqui insomma siamo riusciti a scalfire un po' il muro del blackout che voleva imporre il silenzio sulla vicenda soprattutto evidentemente abbiamo fatto in modo che al colloqui ci andassero quel compagni che erano nelle condizioni più brutte nelle condizioni peggiori fisicamente quindi la gente che era stata più massacrata poi a loro volta i parenti si sono dati loro da fare hanno cercato di fare passare queste notizie sulla stampa
i primi giorni sono stati qualcosa di molto duro sul piano della semplice sopravvivenza dentro queste celle dove non c'era niente però piano piano ci siamo organizzati per riuscire a vivere anche in quelle condizioni e abbiamo anche ricominciato a lottare un'altra lotta che aveva come obiettivo di uscire da quelle condizioni bestiali in cui eravamo ridotti a vivere così in dieci in queste celle e questa lotta invece (li essere soffocata come poteva essere facilmente soffocata in quelle condizioni in cui eravamo è riuscita nel senso che dopo i primi giorni in cui era stata abolita addirittura l'ora d'aria la direzione ha dovuto concederci l'aria scaglionandoci a gruppi e concedendoci un'ora d'aria
la rivolta era stata una fiammata che aveva bruciato tutto tutta la forza che avevamo accumulata si è bruciata dentro la rivolta quindi adesso si trattava di rimetterci passo dopo passo per riprenderci tutto quello che avevamo perduto e ovviamente i primi passi erano quelli di garantirci una migliore vivibilità all'interno del carcere vivibilità vuol dire tante cose vuol dire per esempio lottare per riavere i colloqui perché i colloqui sono la comunicazione con l'esterno vuol dire lottare per riavere le ore d'aria perché oltre a essere la cosa fisicamente indispensabile che è uscire in un cortile almeno un'ora o due al giorno andare all'aria vuol dire anche la ripresa della comunicazione interna coi compagni
siccome eravamo tutti sistemati al pianoterra era possibile un minimo di comunicazione perché anche se le blindate erano chiuse gli spioncini erano aperti quindi la gente urlando dagli spioncini nel corridoi si comunicavano le cose la direzione aveva abolito addirittura la funzione del lavorante per impedire che ci fosse tra noi la circolazione delle informazioni e del dibattito sul da farsi ormai nel corridoi circolavano soltanto le guardie però attraverso le urla attraverso i bigliettini che si riuscivano a fare passare di cella in cella la discussione riusciva a essere collettiva poi una volta che è stata ristabilita l'ora d'aria tutto quanto è diventato più semplice
dopo un po' ci hanno permesso di farci la barba potevamo farcela con un rasolo di plastica che ci davano ogni volta e che dovevamo consegnare subito dopo indietro potevamo usare solo il sapone normale e non avevamo specchietti e così ci radevamo tra noi uno con l'altro a vicenda e nella mia cella poi c'era un compagno che aveva tutte e due le mani ingessate e non poteva fare niente e noi dovevamo togliergli le scarpe i pantaloni il maglione la sera per andare a letto e rivestirlo la mattina dovevamo imboccarlo quando mangiava lavarlo pulirlo e lavargli il culo quando cagava tutto dovevamo fargli e lui diceva sempre grazie compagno grazie compagni
i rapporti con le guardie erano cambiati perché nei pochi momenti che le guardie sfuggivano al controllo del graduati dei brigadieri e dei marescialli che almeno uno di loro era sempre presente nei corridoi quando per un momento capitava che non c'era nessun graduato le guardie ci parlavano e continuavano a ripeterci che loro non avevano fatto il massacro che loro non c'erano che non avevano avuto nessuna parte in quel massacro che c'era stato e che anzi non erano assolutamente d'accordo con quello che era successo e dicevano addirittura che tutte le guardie che avevano partecipato a quel massacro era state tutte trasferite
però evidentemente questo non era assolutamente vero e ci sono state diverse occasioni nelle quali i compagni hanno creduto di identificare alcune guardie che stavano nel corridoio che facevano servizio e erano sicuri che erano state tra le guardie che ci avevano picchiato e ci sono stati anche momenti di tensione ogni tanto scoppiava un casino quando qualcuno credeva di identificarne uno di quelli che ci avevano picchiato perché allora quelli che avevano preso più botte gli andava il sangue alla testa e allora partivano le minacce pesanti e cose così è naturale un giorno un compagno che era sicuro di avere identificato uno del suoi picchiatori gli ha detto stai tranquillo che un giorno ti vengo a prendere anche se ti nascondi sotto terra e ti taglio la testa
la reazione del brigadiere che arrivava nel corridoio proprio in quel momento è stata quella di trasferire immediatamente in un altro posto questa guardia minacciata per fare sbollire la cosa poi però di questa cosa di queste minacce loro se ne sono ricordati poi perché tutti quel compagni che durante quel giorni hanno fatto minacce alle guardie tutti quel compagni quando nelle settimane e nei mesi successivi è arrivato il momento che sono stati trasferiti in un altro carcere allora sono stati pestati duro un'altra volta perché funziona sempre così in non sempre le reazioni sono immediate dipende sempre dal momento dipende dal rapporto di forza magari succede che delle cose te le fanno pagare anche molti mesi dopo
le guardie calcolano che a volte non è il caso di fare pagare di picchiare uno subito a caldo perché ci sarebbe immediatamente la reazione di solidarietà di tutti gli altri detenuti e allora scoppierebbe il casino generale è molto più comodo per loro segnare il nome sul libro nero dopodiché il giorno che arriva il giorno del trasferimento e questo viene tolto dalla cella perché parte per un'altra destinazione e non tornerà più in quel carcere almeno per un bel po' di tempo allora lo si picchia ecco sono successe anche cose di questo genere durante quei giorni però il clima in generale era molto alto il morale di tutti i compagni era molto alto e quella è stata una verifica della grande solidarietà che c'era tra tutti i compagni al di là delle posizioni politiche differenti
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Comunque durante le prime giornate che abbiamo passato dopo la rivolta in queste celle senza niente tutti quanti lì ammucchiati in quelle condizioni le prime cose appunto che sono state fatte sono state quelle di badare a curarsi le ferite a curare i compagni che stavano peggio e soprattutto si temeva ancora molto un altro intervento di massacro da parte delle guardie perché noi avevamo ripreso a lottare e così i compagni hanno pensato bene di darsi almeno un minimo di armamento difensivo che consisteva nel procurarsi almeno degli oggetti contundenti cosa non molto facile perché nelle celle non avevano lasciato niente non avevano lasciato proprio niente neanche degli sgabelli del tavoli niente
quindi le prime cose che sono state prese d'assalto sono state le finestre che sono state letteralmente smontate sotto gli occhi stessi delle guardie e da queste finestre sono state ricavate delle sbarre di ferro e in quei primi giorni le guardie pur vedendo tutto questo non solo non intervenivano quando vedevano quello che si faceva ma non si azzardavano nemmeno a entrare più nelle celle cioè era stata sospesa la conta l'entrata nelle celle di un gruppo di guardie per contare i detenuti le guardie si limitavano a contare aprendo la blindata e a contare a vista dal cancello però erano perfettamente coscienti che nelle celle esisteva questo armamento perché lo vedevano che le finestre erano smontate
ma nel momento in cui ci hanno concesso di riavere l'ora d'aria ovviamente si è pensato che la mossa era quella di fare in modo che le celle rimanevano vuote e che nell'ora d'aria le guardie sarebbero entrate e avrebbero ripulito le celle di quelle sbarre e allora lì la contraddizione era per noi se andare ' do alle guardie all'aria e lasciare le celle incustodite permettendo alle guardie di entrare e di disarmarci oppure se dovevamo scegliere di rinunciare all'aria il che voleva dire rinunciare soprattutto alla comunicazione interna tra di noi ma indubbiamente la cosa più importante era la comunicazione e infatti come ci si aspettava le guardie hanno colto l'occasione dell'ora d'aria appena ce l'hanno di nuovo concessa per precipitarsi nelle celle e fare una perquisizione generale sequestrando tutto il nostro armamento le sbarre e tutto il resto
da quel momento è cominciata una pressione da parte dei compagni una pressione per uscire da quelle condizioni però in quelle condizioni non c'erano molte cose da fare la cosa meno produttiva da fare viste le condizioni era di sequestrare altre guardie visto come era andata l'esperienza precedente perché se questi erano intervenuti anche se avevamo diciannove guardie sequestrate questo voleva dire che erano disposti a accettare quel terreno di scontro mettendo in conto anche l'eventualità di fare del morti le condizioni in cui ci trovavamo erano molto dure e dovevamo assolutamente venirne fuori e l'unica soluzione per venirne fuori era lottare ma doveva essere una lotta produttiva e in quelle condizioni in cui eravamo dovevamo inventare una forma di lotta nuova originale
dovevamo riuscire a lottare con le sole armi che avevamo a disposizione e prima di tutto dovevamo inventare che cosa poteva diventare un'arma visto che non avevamo niente ovviamente era stata abolita la spesa erano stati aboliti tutti gli acquisti possibili di cibo il cibo che passavano era quello dell'amministrazione una brodaglia liquida rossastra che veniva distribuita a mezzogiorno e alla sera con delle gavette di plastica e del cucchiai di plastica e allora si è cominciata a fare una pressione a chiedere di potere acquistare alla spesa almeno alcuni generi alimentari roba che si poteva consumare senza essere cucinata roba elementare come latte biscotti frutta e roba del genere perché comunque era fuori discussione che questi ci mollassero il fornelletto il pentolame e altro
siamo riusciti a ottenere di acquistare questa roba e la possibilità di acquistare alla spesa del cibo ha costituito il retroterra per questa lotta perché a questo punto noi potevamo fare a meno di consumare il vitto dell'amministrazione e il vitto dell'amministrazione è diventato così l'arma di questa lotta perché ogni giorno accumulavamo nelle celle litri e litri di questa brodaglia rossastra e poi a un certo punto al momento convenuto tutti quanti insieme versavamo nel corridoio tutta quanta questa brodaglia un vero fiume di brodaglia liquida rossastra nauseabonda che da tutte le celle si riversava nel corridoio e questa è diventata la cosidetta guerra batteriologica
le guardie che stavano nel corridoio erano praticamente raddoppiate perché dovevano essere in condizione di controllarci visivamente minuto per minuto quindi c'erano sempre moltissime guardie nel corridoio stavano lì sempre in gruppi folti e numerosi eravamo al pianterreno che non era neanche molto areato e allora il fatto di versare rutta quella brodaglia nauseabonda nel corridoio creava evidentemente un certo disagio per le guardie e stare nel corridoio era diventato praticamente insopportabile allora le guardie hanno pensato bene di fare la cosa più naturale cioè di fare intervenire i lavoranti dello speciale per ripulire il corridoio ma i lavoranti hanno naturalmente rifiutato per solidarietà con la nostra lotta dicendo noi non andiamo a pulire questa è una forma di lotta mica siamo del crumiri e ci mettiamo contro una lotta di altri detenuti
i lavoranti si sono rifiutati di ripulire il corridoio da tutta questa brodaglia che restava lì e ogni giorno si accumulava sempre di più e noi abbiamo cominciato a buttare fuori non soltanto la brodaglia ma anche tutti i tipi di rifiuti che venivano accumulati si è cominciato anche a cagare nei sacchetti di plastica e di carta o nei giornali e a buttali fuori dagli spioncini nel corridoio la nostra guerra era proprio una vera guerra batteriologica nel senso che con questa montagna di sporcizia e di rifiuti di escrementi che si accumulava ogni giorno di più lì nel corridoio si rischiava ormai il pericolo di malattie e di epidemie c'era il pericolo di epatite virale e cose di questo genere noi correvano il rischio di questo pericolo ma lo correvano anche loro
allora le guardie si sono rivolte ai lavoranti del giudiziario non più a quelli dello speciale ovviamente sono andati a ramazzare gli infami tra i lavoranti del giudiziario sono andati a ramazzare gli infami e tutti i venduti le spie al servizio della direzione e li hanno fatti entrare nel nostro corridoio per ripulirlo allora appena questi sono arrivati lì da dentro le celle da dietro gli spioncini tutti i compagni abbiamo urlato insulti abbiamo urlato minacce dicendo se voi state qua e pulite la sezione il giorno che ci tolgono da queste condizioni la pagherete e la pagherete cara è stata sufficiente questa minaccia perché questi scappassero immediatamente via tutti quanti e quindi le guardie si sono ritrovate punto a capo
la situazione era diventata ormai piuttosto pesante era diventata insostenibile perché le guardie non potevano abbassarsi al ruolo di quelli che con la scopa in mano puliscono i corridoi perché quello non era il loro compito non era il loro ruolo e mettersi loro a pulire voleva dire cedere però dall'altra parte effettivamente cominciava a accumularsi troppa merda nel corridoio e questi qua rischiavano effettivamente di prendersi qualche infezione qualche epatite c'era il rischio che lì scoppiava effettivamente una epidemia erano costretti a girare ormai con un fazzoletto sulla faccia stavano nel corridoio con un fazzoletto sulla faccia ti venivano a aprire la cella con un fazzoletto sulla faccia
finché non hanno pensato a una soluzione di forza il ministero ha pensato di forza di risolvere la situazione mandando all'interno del carcere una ditta esterna addetta alle pulizie hanno fatto un contratto hanno pagato lautamente una ditta esterna un'impresa che funziona esattamente come funziona qualsiasi impresa che lavora sul carcere come un'impresa edile o un'impresa di fabbri o un'impresa di elettricisti quando ci sono del guasti e questa era un'impresa di pulizie e quando l'impresa è arrivata le guardie hanno chiuso di colpo tutti gli spioncini delle blindate e nel giro di un paio d'ore questi dell'impresa con tutta quanta la loro attrezzatura di pulizia e di disinfezione hanno ripulito via tutto quanto
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Insomma si sono creati così questi cicli in cui noi riempivamo il corridoio di merda e loro facevano intervenire di forza l'impresa di pulizie per ripulirlo e così via ma alla fine ci hanno concesso i colloqui per cercare di allentare un po' la tensione la direzione anzi il ministero perché vista la situazione che c'era chi decideva direttamente era il ministero ci hanno concesso un colloquio al mese col vetro divisorio e così China è arrivata á colloquio è arrivata senza che non mi avevano neanche preavvisato mi hanno chiamato e mi hanno portato nella sala colloqui dove c'erano i vetri era la prima volta che vedevo quella sala avevano costruito tutto nuovo e China era già lì che mi aspettava era lì seduta dietro il vetro quando sono entrato
c'era un citofono sotto il vetro dietro una piccola grata quadrata mi sono abbassato per parlarci dentro ma dall'altra parte China mi ha fatto segno che non sentiva niente ha provato anche lei a parlare dentro al citofono dalla sua parte ma non sentivo niente neanche lei lo ho dato un paio di pugni sulla grata ma non è cambiato niente evidentemente i citofoni erano staccati li avevano staccati apposta in modo che per riuscire a sentirsi bisognava parlare a voce molto alta bisognava gridare quasi e così le guardie potevano sentire tutto una situazione impossibile China aveva fatto mille chilometri per venirmi a trovare e altri mille doveva fare per tornare a casa e non potevamo neanche parlarci dovevamo gridare per sentirci
mi sembrava più piccola più magra era vestita elegante non come me la ricordavo non l'avevo mai vista così aveva la gonna e una giacca elegante con le spalle gonfie imbottite come doveva essere la moda allora si era tagliata i capelli ce li aveva corti era più di un mese che non la vedevo aveva dei piccoli orecchini e un orologino al polso lei che non aveva mai portato orologi era lì seduta su un blocco di cemento un cubo di cemento che faceva da sgabello il vetro era spesso era doppio e sporco non era del tutto trasparente era verdastro vedevo China un po' distorta e mi spostavo un po' a destra e un po' a sinistra per cercare di vederla meglio nella sala c'erano quattro posti col vetro per i colloqui come gli sportelli delle banche e le guardie stavano in una stanza alle nostre spalle e ci guardavano da un'apertura quadrata nel muro
appena mi ha visto entrare nella sala mi ha sorriso dietro i1 vetro poi quando mi sono avvicinato ha cambiato espressione ha stretto gli occhi e ha cominciato a fissarmi ma non mi guardava in faccia guardava più giù ho capito che guardava il mio maglione che era tutto macchiato di sangue era lo stesso maglione che avevo ancora da quella sera e allora ho detto non è sangue mio ma China continuava a fissarmi a fissare il maglione e mi sono accorto che non sentiva mi sono accorto che non si era neanche accorta che le parlavo mi sono accorto perché poi anche lei ha detto qualcosa ha mosso le labbra ma non ho sentito la voce
io ho pensato tanto è inutile anche se faccio casino potevo chiamare il brigadiere e il maresciallo ma sapevo già come andava a finire avrebbero finto come di regola avrebbero detto che i citofoni erano rotti che non era colpa loro ma che per il momento era così se volevo era cosi se no potevo anche rinunciare e tutto questo avrebbe soltanto atto sprecare il tempo del colloquio che era già poco in quel momento è entrato un compagno aveva tutte e due le braccia ingessate aveva un taglio sulla testa gli avevano dato un sacco di punti e per dargli i punti lo avevano rapato a zero ci siamo fatto solo un cenno di saluto con la testa perché non ci stavamo simpatici a me proprio questo non mi stava simpatico quando sono entrati i suoi genitori e l'hanno visto in questo stato sono rimasti stravolti
lui invece era tutto baldanzoso come al solito e si è messo subito a gridare ha fatto un grande sorriso con la faccia ancora tumefatta e poi gridava cose come lo scontro in atto una fase altissima la lotta continua ditelo a tutti non preoccupatevi per me sto benissimo pochi giorni e sarà di nuovo per una nuova lotta i genitori erano due vecchi stanchi e lo guardavano stravolti con le lacrime agli occhi anche China lo guardava un po' stupita io non ci ho fatto neanche caso a quello che diceva questo perché parlava sempre così i genitori non capivano niente facevano sì con la testa ma non staccavano gli occhi dà taglio coi punti sulla testa rapata China è tornata a guardarmi con la faccia triste lo le ho fatto segno che il sangue sul mio maglione non era mio
lei adesso mi guardava le unghie nere per il sangue coagulato per le manganellate le ho detto a alta voce sto bene e tu e lei ha fatto un mezzo sorriso tirato e ha alzato le spalle poi mi ha chiesto e adesso lo ho scosso la testa come per dire non lo so lei ha cominciato a dirmi che mi salutavano questo e quello sentivo i nomi tutti i nomi e i soprannomi dei compagni che mi mandavano i saluti ma mi faceva un effetto strano mi faceva un effetto lontanissimo quasi di gente sconosciuta o di gente morta che non vedrò mai più e sentivo che in realtà non me ne fregava niente se mi salutavano anzi mi faceva incazzare ma mi dispiaceva che China se ne accorgeva perché aveva fatto mille chilometri per venire fino a lì mi dispiaceva
cercavo di sorridere ma mi sembrava che stavamo sprecando il tempo tutto il tempo del colloquio che era già poco perché stavamo dicendo cose che non servivano a niente ma non sapevo neanche cosa poteva dirmi cosa poteva servirmi stavo diventando nervosissimo sentivo per metà quello che mi diceva ma non le chiedevo neanche di ripetere quello che non capivo poi di colpo è stata zitta io fissavo il muro verdastro dietro le sue spalle soffici e gonfie non sapevo cosa dire mi innervosivo sempre di più per il tempo che passava per il tempo che stavamo sprecando ma non sapevo proprio cosa dire cosa fare per usarlo siamo stati zitti per un po' poi China ha guardato l'orologio che era un gesto che non le avevo mai visto e io ho detto perché non mi scrivi e lei ha detto perché non mi scrivi tu
quando China se ne è andata ho pensato che questa storia dei citofoni staccati che avevo pensato non aveva senso perché se volevano veramente sentire tutto quello che si diceva durante il colloquio invece di obbligarci a gridare era molto più facile molto più produttivo per loro lasciarci i citofoni in funzione da cui si poteva più facilmente sentire rutto pensando anche che non si era sentiti e si poteva se si voleva anche registrare tutto quello che dicevamo nel colloquio dopo questo colloquio non ho più visto China mi è arrivata solo una sua lettera una o due settimane dopo che cominciava dicendomi che per un po' non mi avrebbe più scritto
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Dopodiché allora noi ci siamo posti il problema di come cominciare a fare un'altra lotta però a quel punto il problema diventava quello della limitazione delle ore d'aria che erano ridotte soltanto a un'ora d'aria la mattina e anche quello della mancanza nei corridoi del lavoranti fissi che limitava al minimo la nostra possibilità di comunicazione interna e quindi la possibilità di accordarci su come muoverci insieme allora a questo punto è diventato indispensabile trovare una soluzione per avere una comunicazione interna maggiore allora all'interno delle celle si è pensato di forare i muri da cella a cella in modo che si potesse comunicare direttamente non dico buttare giù tutto il muro però almeno fare dei buchi da dove parlarsi da cella a cella
e si è cominciato a farlo e effettivamente in quasi tutte le celle sono stati fatti dei buchi e cosi c'è stata la possibilità di avere una comunicazione diretta tra noi si bucava il muro con le ultime sbarre che si riuscivano a smontare dalle finestre o dai letti o con sbarre di ferro che i lavoranti che venivano lì solo per portare i1 cibo riuscivano a passarci in maniera veramente spericolata però ovviamente ci volevano ore e ore per esempio per smontare i letti che erano fissati per terra col cemento per riuscire a ricavare delle sbarre e per riuscire a fare questi buchi nel muro le guardie sapevano tutto è evidente si picchiava tutto il giorno e quindi tutto avveniva sotto gli occhi delle guardie
c'era la preoccupazione il dubbio sempre se entravano e se entravano poteva succedere un altro macello però non c'era altra soluzione però proprio in previsione del fatto che le guardie sarebbero potute entrare si è cominciato a praticare un altro metodo e questo metodo consisteva nel barricamento notturno della cella con i turni di guardia da parte nostra per non correre il rischio di farci sorprendere nel sonno durante una loro eventuale irruzione il barricamento della cella consiste nell'infilare un oggetto uno spessore che poteva anche essere solo una penna biro o una scheggia di legno tra il cancello e la blindata perché la distanza che c'è tra il cancello e la blindata è solo di pochi millimetri
per cui è sufficiente fare uno spessore cioè infilare a forza qualcosa tra il cancello e la blindata per fare in modo che quando le guardie dall'esterno infilano la chiave la porta preme sul blocco della serratura e non riescono ad aprirla in quelle condizioni loro non possono entrare e quindi c'è tutto il tempo per organizzare dall'interno una resistenza ovviamente loro hanno i loro metodi per sbarricare che consistono per esempio nel prendere un idrante che c'è sempre nel corridoi delle sezioni e con questo grande tubo che si srotola infilare il getto dentro lo spioncino e allora evidentemente con questo getto fortissimo che spazza la cella tu non puoi fare niente nessuna resistenza perché ti sbatte contro il muro e loro intanto sbarricano mentre tu non puoi fare niente
insomma tutte le era diventata pratica costante quella di barricarsi in cella e di fare dei turni di guardia per controllare il movimento nei corridoio eravamo riusciti anche a procurarci delle schegge di specchio sempre attraverso i lavoranti che ci portavano il cibo e con queste schegge di specchio riuscivamo a metterle fuori dallo spioncino e in questo modo riuscivamo a vedere tutto quanto il corridoio fino in fondo e a controllare i movimenti delle guardie è stata una pratica costante per parecchio tempo questa del barricarsi in cella la notte e di fare i turni di guardia e passavamo il tempo giocando a carte perché le carte ci erano state concesse stavamo ventitré ore di seguito nelle celle e è andata avanti cosi per un bel po' nelle celle
quando la forma di lotta della guerra batteriologica è venuta meno allora attraverso questa comunicazione attraverso i buchi che avevamo fatto tra le celle è cominciato un dibattito per vedere quale nuova forma di lotta adottare per fare mollare la direzione su altre cose e allora era chiaro che l'obiettivo massimo a cui si tendeva con tutto quel crescendo di lotte era di distruggere il carcere nel senso di distruggerlo proprio come struttura fisica ma di fatto era ridicolo perché le condizioni in cui ci avevano messo erano che non avevamo niente da distruggere e non avevamo nemmeno niente che poteva diventare un oggetto da usare per la nostra lotta intanto perché la cella non era arredata era completamente vuota e quindi non potevi minacciare di sfasciarla non c'era niente e cosa potevi fare se non c'era niente da sfasciare
allora il passaggio offensivo successivo è stato quello dell'inondazione e così dalla guerra batteriologica si è passati all'operazione Niagara in tutte queste lotte quello che è stato messo in gioco quello che è stato risolutivo è sempre stata questa grande memoria portata soprattutto dai comuni questa accumulazione di conoscenze di un sapere di lotta dentro il carcere di un sapere accumulato nel tempo e quello che era risolutivo era soprattutto erano evidentemente le proposte dei vecchi carcerati di gente che in carcere ci stava di dieci vent'anni e che aveva provato di tutto nelle lotte quindi adesso come forma di lotta dalla guerra batteriologica eravamo passati all'operazione Niagara che è stata la nostra nuova forma di lotta
l'operazione Niagara consisteva nell'allagamento della sezione l'allagamento della sezione consisteva nel fatto che a una certa ora della giornata concordata tutti insieme tutti quanti con degli stracci ricavati stracciando le lenzuola che ci erano state finalmente concesse e le coperte si facevano degli stopponi e con questi stopponi si turava il cesso si turava il buco del cesso e si turava il buco del lavandino dopodiché con strisce del materassi di gommapiuma strisce di gommapiuma che si strappavano dai materassi si infilavano nello spazio che c'è tra la porta blindata e il pavimento e contro questa gommapiuma in più si mettevano ancora strisce di coperta in modo da non permettere che l'acqua uscisse dalla cella che uscisse fuori nel corridoio
dopodiché aprivamo tutti i rubinetti e fissavamo il bottone dello sciacquone in modo che l'acqua uscisse a getto continuo e questo lo si faceva nelle ore notturne dove i turni di guardia erano ridotti e comunque creava maggiori problemi perché durante la notte lo stato di allarme generale dentro il carcere è molto più fastidioso che lo stato di allarme di giorno perché tutte le guardie si devono alzare dal letto e tutto diventa più snervante allora durante la notte magari alle tre alle quattro di notte chiudevamo i buchi chiudevamo il lavandino stoppavamo il lavandino stoppavamo il buco del cesso e inondavamo le celle e in tutte le celle uscivano ettolitri e ettolitri d'acqua finché l'acqua ci arrivava fino alle ginocchia
l'acqua cresceva nella cella che era tappata dappertutto ermeticamente tu fai il conto quanti ettolitri d'acqua c'erano l'acqua saliva saliva e quando ti arrivava alle ginocchia si toglieva lo spessore sotto la blindata che chiudeva il passaggio tra la porta e il pavimento e l'acqua si gettava come una cascata da ogni cella ettolitri e ettolitri d'acqua si gettavano in tante cascate nel corridoio e inondavano in pochi minuti tutta la sezione e li la lotta era dannosa perché essendo al pianterreno l'acqua si accumulava nei corridoi restava li e succedeva un pantano e questo l'abbiamo fatto anche mentre era in corso anche la guerra batteriologica per cui il pantano veniva fuori proprio una cosa immonda una cosa indescrivibile immonda
le guardie camminavano ormai in un pantano oltre al fazzoletto sulla faccia adesso dovevano mettersi anche gli stivaloni di gomma mentre quest'acqua usciva a cascate dalle celle ci buttavamo dentro anche il detersivo in modo che faceva un'enorme schiuma e qualcuno faceva anche delle barchette con la carta del giornale buttavano le barchette dallo spioncino che navigavano nei corridoi trasportate dalle correnti d'acqua schiumosa era una vera e propria inondazione e questa è stata un'altra forma di lotta praticata e questo creava evidentemente parecchi problemi alle guardie un'altra forma di lotta utilizzata è stata quella di provocare dei cortocircuiti che facevano saltare la luce in tutto il carcere era l'operazione blackout e tutto il carcere restava senza luce
c'era un compagno che era elettricista e sapeva tutto sui sistemi elettrici e quindi era capace di provocare dei cortocircuiti smontando non so bene cosa io non l'ho mai fatto per cui non lo so faceva succedere del cortocircuiti e quando c'era un cortocircuito per alcuni secondi si sentiva un rumore fortissimo che si metteva in moto era il rumore del gruppi elettrogeni esterni che riattaccavano immediatamente la luce pero erano momenti di panico perché quando durante la notte va via la luce in tutto il carcere le guardie si mettono a correre su e giù con le pile insomma era una cosa molto snervante per loro ma evidentemente era snervante anche per noi perché da un momento all'altro ci aspettavamo una reazione ci aspettavamo un intervento massiccio
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Questa cosa montava montava queste piccole lotte quotidiane montavano continuamente fino a che evidentemente da parte della direzione si è posto il problema di un intervento massiccio risolutivo per farla finita una seconda volta e per sempre però all'interno delle guardie c'erano due componenti mentre noi il di là delle differenziazioni politiche e delle diverse opinioni sul risultato della rivolta stavamo adesso lottando per questioni elementari per questioni che riguardavano la semplice sopravvivenza e quindi adesso era chiaro che l'unità era l'unica condizione per garantirci questa sopravvivenza per cui lottavamo
da parte delle guardie invece la questione stava in termini diversi per cui tra loro c'erano due componenti c'era la componente degli interventisti insomma di chi teorizzava che bisognava intervenire subito con la forza e invece quelli che teorizzavano che non era il caso di intervenire con la forza e questa contraddizione ovviamente coinvolgeva anche le gerarchie c'erano brigadieri e marescialli interventisti e brigadieri e marescialli non interventisti però gli interventisti avevano fatto delle provocazioni era successo per esempio che in una cella le guardie hanno fatto un giorno un'irruzione perché un compagno aveva insultato un brigadiere tirandogli in faccia la cicca di una sigaretta
è successo che mentre la maggior parte del compagni erano all'aria un pomeriggio sono arrivate un gruppo di guardie con gli scudi i caschi e i manganelli e hanno fatto irruzione nella cella e hanno sequestrato questo compagno e l'hanno portato alle celle d'isolamento e allora la tensione è salita a mille e ovviamente i compagni hanno minacciato di fare del disastri se non riportavano immediatamente in sezione questo compagno allora le guardie hanno meditato su questo e hanno permesso a altri compagni di andare a visitare il compagno però la direzione diceva che siccome era in atto una denuncia da parte di questo brigadiere che si era ricevuta la cicca di una sigaretta in faccia ci sarebbe stato il processo e quindi non potevano fino al giorno del processo toglierlo dall'isolamento
però il giorno del processo è stato fissato solo due o tre giorni dopo il fatto e così questo compagno è andato al processo dove l'hanno condannato ovviamente e poi è tornato immediatamente a casa cioè in sezione anzi ha colto l'occasione durante il processo per denunciare pubblicamente le condizioni in cui eravamo tenuti ancora dopo più di un mese e questa situazione di lotta quotidiana per la sopravvivenza allora il ministero della giustizia ha elaborato il suo piano di risoluzione del problema che come tutti i piani di risoluzione dei problemi quando si tratta di lotte unitarie e omogenee la soluzione del problema è sempre una sola la separazione dei detenuti la rottura di questa unità e di questa omogeneità
cioè quello che loro fanno sempre in queste circostanze è sempre di cercare di individuare quelli che secondo loro sono gli elementi trainanti nelle lotte e di dividerli dagli altri e di cercare una differenziazione su cui applicare dei trattamento diversi e allora un giorno mentre eravamo tutti quanti all'aria sono arrivate una marea di guardie hanno fatto venire anche da altre carceri non so quante centinaia di guardie era una cosa paurosa che noi abbiamo pensato qua sono arrivati per sistemare un'altra volta la faccenda con lo stesso sistema e li tutti i compagni portavano ancora i postumi del massacro dopo la rivolta e sono arrivati un numero incredibile di guardie ma hanno dichiarato immediatamente le loro intenzioni dicendo noi dobbiamo fare una separazione fra di voi e portare della gente al primo piano vi dobbiamo solo separare
ci hanno dichiarato la loro intenzione li all'aria e hanno cominciato a tirare fuori il loro listone e hanno detto o uscite voi o entriamo noi e succede un disastro le guardie erano veramente tante con tanti scudi manganelli idranti eccetera e così abbiamo pensato che era meglio accettare e così tutti quelli che erano destinati al primo piano sono saliti su si sono fatti portare al primo piano non c'è stata nessuna violenza ma la prima cosa che i compagni hanno fatto appena sono saliti su è stata quella di saggiare subito la tenuta del nuovi vetri blindati che avevano messo il sopra e con gli sgabelli che sopra c'erano ne hanno spaccato qualcuno così per saggiare la resistenza di questi nuovi vetri blindati che avevano messo lì
gli altri compagni li hanno lasciati giù sotto al pianterreno la loro intenzione era quella di rompere ancora una volta il circuito della comunicazione interna mettendo la gente su due piani perché mettere la gente su due piani voleva dire provocare la rottura del flusso di comunicazione che ormai avevamo conquistato però anche a questo si è subito rimediato perché i compagni di sopra stracciando le lenzuola ne hanno fatto delle strisce e calavano dalle finestre del primo piano al pianterreno i bigliettini attaccavano un limone alla striscia di lenzuolo con i bigliettini e facevano penzolare giù davanti alla finestra del pianterreno il limone e i bigliettini
però contemporaneamente a questa divisione sono cominciati anche i primi trasferimenti di massa il ministero della giustizia era riuscito a tempo record a ristrutturare a ricostruire quell'altro carcere speciale che era stato completamente distrutto qualche mese prima avevano ristrutturato questo carcere e quindi in base alle loro liste di quelli che loro consideravano come i promotori della rivolta sono cominciati i trasferimenti di massa arrivavano trasferimenti di dieci persone per volta hanno cominciato prima con quelli che avevano messo al piano di sopra poi i trasferimenti sono continuati finché nel carcere lì siamo rimasti solo una ventina in tutto dopo tutti questi trasferimenti
qualche giorno prima del trasferimenti la direzione aveva dato a tutti il permesso di salire uno per volta accompagnati dalle guardie al primo piano che era stato distrutto dalle guardie ci avevano fatto salire per recuperare le nostre cose nelle celle che occupavamo prima della rivolta quando io sono salito ho visto i buchi delle bombe nel pavimento della rotonda e il cancello divelto appoggiato al muro il corridoio era quasi buio sentivo dell'acqua sotto i piedi dovevano esserci delle grandi pozzanghere e l'acqua gocciolava anche dalle tubature rotte c'erano caloriferi rovesciati nel corridoi tavoli rotti armadietti sfondati sgabelli sparsi dappertutto tutto rotto e sfondato
pezzi di televisori materassi libri sparsi dappertutto avanzi di cibo indumenti inzuppati d'acqua e c'era una puzza di umido e di marcio che stagnava nel corridoio la mia cella era illuminata sulla porta sono inciampato nel violino sventrato con le corde strappate sono entrato e ho visto il disastro della mia cella tutto fracassato tutto divelto tutto sfasciato tutta la roba per terra in due tre centimetri d'acqua una poltiglia che marciva lì da due mesi le guardie guardavano e non dicevano niente io non sapevo da che parte cominciare non sapevo cosa fare non riconoscevo più niente c'erano delle camicie delle maglie fradice con chiazze di muffa verde ho lasciato il tutto le camicie e le maglie
ho preso due maglioni che si erano salvati perché stavano sopra a altra roba poi ho preso anche un paio di pantaloni mezzi marci e anche strappati in fondo ma proprio mi servivano ho visto in un angolo un mucchietto le mie lettere strappate accartocciate stracciate ho riconosciuto il quadratine giallo dell'ultimo telegramma dì China c'erano le sue lettere e altre lettere le ho raccolte in una manciata vedevo sul pezzi di carta la sua calligrafia e me li sono messi in tasca ho cercato i miei libri qualcuno era ancora in buono stato anche se bagnato li ho asciugati un po' e li ho messi insieme ai maglioni dopo avere cercato di aisciugarli un po'
ho cercato ancora un po' ma senza molta convinzione ho rimestato un po' col piede tra i piatti di plastica e i giornali inzuppati sono rimasto li un po' a guardarmi intorno nella mia cella le guardie non mostravano di avere nessuna fretta ho guardato fuori dal vetri rotti della finestra poi mi sono chiesto perché facevo tutto quello e ho lasciato cadere per terra i libri ho tenuto solo i maglioni e i pantaloni marci poi mi sono messo la mano in tasca ho tirato fuori i pezzi delle lettere senza guardarli ho lasciato cadere per terra anche quelli anche le sue lettere e prima di andarmene mi sono tolto dal collo anche la sciarpa rossa che avevo sempre al collo e l'ho buttata lì anche quella e me ne sono andato in fretta con le guardie perché tanto non me ne importava più niente di niente
43.
E' arrivata la data del processo e sono stato trasferito nel carcere dove ero stato la prima volta dopo che mi avevano arrestato eravamo in un braccetto di transito per quelli che come me eravamo lì per un processo un braccetto che era qualcosa di orribile un braccetto sempre buio incassato in un angolo tra due raggi dove non arrivava mai un raggio di sole è stato lì che io mi sono reso conto perché l'ho visto direttamente per la prima volta di tutte queste storie di pentiti che erano cominciate proprio allora mi sono reso conto allora che il peggio di tutta questa storia doveva ancora venire che tutto quello che era successo finora non era stato ancora niente in confronto con quello che cominciava a succedere anzi era stato quasi bello in confronto perché con tutte queste storie che succedevano adesso mi sembrava che non solo tutto era finito per sempre ma anche che tutto era stato anche inutile che era stato veramente tutto inutile tutto quanto tutto quello elle tutti quanti avevamo fatto
è successo che c'era lì in questo braccetto uno che era conosciuto nel carcere come uno che aveva parlato che aveva mandato in carcere dell'altra gente la storia di questo qua era molto strana perché lui era stato catturato in conseguenza delle dichiarazioni di un pentito e allora in un primo tempo aveva ammesso tutto quello di cui questo lo accusava c'entrava anche un omicidio lui ha ammesso tutto ma senza dire altro senza accusare nessuno però i suoi compagni in carcere hanno considerato questo suo comportamento come un comportamento di ammissione delle dichiarazioni del pentito e gli hanno proposto come soluzione di farsi spedire in un carcere di pentiti prendere un pentito ammazzarlo
quando i suoi compagni gli hanno imposto questo lui ha avuto una crisi ha avuto una reazione davanti a questa proposta è entrato in crisi e ha deciso di pentirsi veramente lui poi l'ha motivato dicendo che aveva vissuto questa proposta come una cosa mostruosa questa cosa che gli proponevano e cioè un omicidio per rifarsi una verginità è andato in crisi ha passato così alcuni giorni poi si è deciso ha chiamato il magistrato e ha parlato davvero e ha fatto un sacco di nomi ha detto un sacco di cose ha fatto anche il nome di uno che era il suo migliore amico l'unico che l'aveva difeso in carcere e così sono arrivate altre incriminazioni per i suoi compagni che erano in carcere che sono stati nuovamente incriminati per quello che lui aveva detto
alla fine di queste sue dichiarazioni il magistrato gli ha detto con queste dichiarazioni tu non puoi più tornare in uno speciale con gli altri perché ti ammazzano subito allora lo hanno spedito in un carcere per pentiti è andato in questo carcere per pentiti con la convinzione di trovare per lo meno la possibilità di discutere di queste esperienze però arrivato li in questo carcere per pentiti altra crisi ancora peggiore della prima perché quello che ha visto quello che ha sentito nel suoi colloqui con questi pentiti è stata un'esperienza ancora più brutta perché lui spiegava nelle sue lettere al suo amico che anch'io leggevo che questi individui non erano affatto pentiti ma erano soltanto individui che facevano soltanto i loro conti su quando potevano uscire in base alla quantità di dichiarazioni che avevano fatto in che tempi potevamo uscire in base a quello
e allora lui è piombato in un'altra crisi e ha chiamato un'altra volta lo stesso magistrato a cui aveva fatto le sue dichiarazioni C ha ritrattato tutto e ha detto lo so benissimo che le ritrattazioni che faccio non serviranno senza dubbio a scagionare le persone che ho coinvolto però comunque lo da questo carcere me ne voglio andare perché io non voglio più stare qua allora il magistrato gli ha detto senti guarda che se ritorni dove eri prima ti ammazzano non ti fanno più nessuna proposta questa volta ma questa volta ti ammazzano appena ti vedono e così finisce ma lui ha detto non fa niente vado là anche se mi ammazzano però io qua non ci sto
il ministero non sapendo bene dove metterlo l'ha parcheggiato in questo braccetto e lui era lì proprio quando io sono arrivato lì per il processo lui era in isolamento anche all'aria .scendeva da solo lo mettevano in uno di questi spicchi da solo però appena sono arrivati li anche i suoi compagni lui ha cominciato a mandare bigliettini e lettere raccontando tutte queste vicende e dicendo che la sua intenzione era quella di volere tornare con i compagni nonostante che aveva fatto quello che aveva fatto e diceva che era disposto a accettare il giudizio che i compagni avrebbero dato sulle sue scelte e sui suoi comportamenti diceva che preferiva rischiare di essere ucciso perché si rendeva conto di quello che aveva fatto e che preferiva rischiare di essere ucciso
faceva tutti questi discorsi autocritici che mandava ai suoi compagni dall'isolamento ma che venivano tutti respinti non riceveva nessuna risposta e allora dopo questi tentativi andati a vuoto di stabilire un rapporto di discussione un giorno si è deciso è sceso all'aria e ha insistito per mezz'ora con il brigadiere che era di servizio per farsi mettere con i compagni ha insistito tanto il brigadiere era dubbioso poi però l'ha fatto entrare e allora lui si è messo a parlare coi suoi compagni raccontando la sua storia che già si sapeva i compagni gli hanno detto non entrare più qua dentro domani se no ti ammazziamo e allora lui ha detto che sarebbe entrato comunque domani perché se era quello che decidevano lui comunque lo accettava
e allora i suoi compagni discutono sul da farsi e dicono se effettivamente domani questo scende all'aria bisogna ammazzarlo davvero altrimenti questo resta li e la cosa passa e inoltre poi la voce circola in tutte le carceri e si viene a sapere che questo considerato un infame va tranquillamente all'aria in cortile con loro e allora il giorno dopo questo effettivamente si presenta all'aria i compagni avevano una lama ma hanno deciso di non accoltellarlo ma di strangolarlo con del lacci intrecciati delle scarpe hanno annodato una treccia fatta di lacci di scarpe e allora lui puntualmente si è presentato all'aria si è fatto mettere come il giorno prima nello spicchio dove c'erano i compagni e ha capito che questi lo ammazzavano e era lì a aspettare che lo ammazzavano
infatti lo hanno messo al muro e gli hanno messo questa treccia di lacci intorno al collo e questo qua non faceva la minima resistenza non diceva niente non si divincolava assolutamente stava immobile lasciava fare lasciava che gli mettevano la treccia intorno alla gola quando un compagno ha cominciato a tirare la treccia intorno al collo l'ultima cosa che ha detto è stata no non così era un suo amico quello che stava tirando gli ha detto no non così ti prego usa la lama fai con la lama quello ha continuato .i tirare la treccia e questo qua era diventato ormai cianotico era viola era completamente viola gli occhi rivoltati in su a poco a poco soffocava perché la cosa è durata moltissimo poi a poco a poco è caduto in ginocchio
poi improvvisamente la treccia si è spezzata la treccia di lacci di scarpe si è spezzata di colpo e quello che tirava è rimasto con in mano la treccia spezzata allora lì nel frattempo erano accorse le guardie che avevano seguito tutto dal gabbiotto dalle telecamere puntate e questo in ginocchio è rimasto lì rannicchiato per terra potevano andare avanti e ammazzarlo con le mani questo qua non avrebbe fatto nessuna resistenza però l'hanno lasciato avevano tutti le facce sconvolte sono arrivate le guardie coi cani coi caschi abbassati i manganelli gli scudi questo era lì rannicchiato per terra mezzo svenuto ma faceva degli scatti non so tossiva cercava di respirare gli usciva della schiuma dalla bocca poi vomitava non so ma che cazzo di storia di merda stavo vedendo che storia di merda che sto raccontando
solo che la storia non è finita qua perché dopo che le guardie l'hanno portato via e appena si è ripreso questo parlando dalla finestra della sua cella con quelli della cella di fianco diceva domani scendo ancora io domani scendo e loro dicevano però le guardie non ti mettono più con noi e lui diceva ho tentato di uccidermi ma non riesco ad uccidermi dovete uccidermi voi e così poi lui è sceso all'aria anche il giorno dopo però il giorno dopo era arrivato quel suo amico che questo aveva denunciato insieme agli altri questo qua è sceso all'aria e le guardie l'hanno messo ovviamente da solo erano molto tese le guardie perché non sono mica scene belle e loro davanti a queste scene si convincono che hanno a che fare con assassini che ammazzano come ridere si convincono ancora di più
è arrivato il suo amico ha saputo della storia dell'aria e allora la prima cosa che ha fatto è andato al cancello l'altro stava nel cancello di fianco e cacciando fuori la testa si riusciva a parlare vedendosi in faccia quello è andato là ha cacciato fuori la testa e si è messo a parlare con questo qua e allora tra i loro compagni si e creato un po' di imbarazzo per via di questo gesto perché comunque l'ultima cosa che potevano fare era dare addosso a quello che era un compagno troppo pulito troppo a posto per osare solo dirgli qualcosa e quello non solo ha fatto questo gesto ma poi si è tolto anche un anello si è tolto un anello dalle dita e glielo ha dato attraverso il cancello questo qua lo aveva denunciato però loro erano amici erano amici fin dall'infanzia
poi il giorno dopo questo qua sempre parlando attraverso la finestra della cella ha detto ai suoi compagni che lui aveva intenzione di chiamare il magistrato e di aggredirlo e quindi ha chiesto di passargli un fornello in modo da fare un punteruolo e allora i compagni gli hanno detto va bene ma non credere che se fai questa cosa i tuoi problemi sono risolti se tu questa cosa vuoi farla falla ma non cambia assolutamente niente il sangue di un magistrato non lava i tuoi problemi proprio così gli hanno detto il sangue di un magistrato non lava i tuoi problemi però gli hanno dato ugualmente il fornello e lui ha fatto il punteruolo ha fatto chiamare il magistrato a cui lui aveva fatto le dichiarazioni il magistrato è arrivato pensando probabilmente che lui doveva fare altre dichiarazioni e nella sala colloqui lui è riuscito a tirargli una punteruolata a un braccio dopodiché sono intervenute le guardie e lo hanno bloccato
44.
Qualche giorno prima dell'inizio del processo sono arrivati nel braccetto anche Gelso e Ortica io li aspettavo con molta ansia perché era così tanto tempo che non li vedevo Gelso era stato arrestato quando ero stato arrestato io ma era stato messo subito in uno speciale ancora più giù al sud e in tutto questo tempo non avevo avuto più notizie di lui Ortica invece era stato arrestato solo qualche mese fa e era finito nello stesso speciale di Gelso io ero molto ansioso emozionato di rivedere i miei compagni dallo spioncino li ho visti arrivare in fondo al corridoio circondati dalle guardie Ortica era carico di zaini Gelso non aveva niente per un momento non l'ho nemmeno riconosciuto era magrissimo i capelli corti senza occhiali guardava davanti a sé senza rispondere al saluti dagli spioncini delle celle
allora li ho chiamati e Ortica ha sentito subito mi ha riconosciuto anche se non mi poteva vedere perché le guardie li stavano mettendo in una cella un po' lontana dalla mia ho sentito la voce di Ortica che mi chiamava e mi diceva dove sei poi schiacciando la faccia contro lo spioncino l'ho visto per attimo in mezzo al corridoio che agitava un braccio per salutarmi mentre una guardia lo tirava indietro per l'altro braccio io appena li hanno chiusi dentro ho chiamato il brigadiere e gli ho detto che erano miei coimputati che erano lì per i1 mio stesso processo e ho scritto subito la domandina perché potessero venire nella mia cella dov'ero solo il brigadiere mi ha detto che la portava in direzione e che forse la sera stessa si poteva fare il trasferimento di cella
io intanto mi sono messo subito a preparare la cena per Gelso e Ortica nella mia cella non avevo molta roba ho chiamato il lavorante per mandarlo nelle altre celle per farmi dare della roba del vino soprattutto intanto ho scopato per terra e ho lavato anche con lo straccio il pavimento ho tolto il materasso dalla branda perché non c'era tavolo nella cella ma solo un pezzetto di lamiera rigida fissata al muro quando il lavorante è tornato mi ha portato tre bottiglie di plastica d'acqua minerale con dentro un quartino di vino rosso che così lo vendono alla spesa e altra roba che non era un granché e allora non sapevo come fare perché volevo fare una bella cena per i miei amici
e allora ho pensato di fare un dolce avevo in cella due bustine per fare i budini ho fatto due budini uno al cioccolato e uno alla vaniglia scaldando il latte in un pentolino sul fornello e poi li ho messi a raffreddare fuori dalla finestra in due scodelle di plastica ho fatto il caffè ci ho inzuppato dentro del biscotti secchi e poi su un piatto ho messo a strati il budino e i biscotti ho sbattuto un bianco d'uovo con lo zucchero fino a farlo montare in una crema bianca che ho messo sopra tutto e sulla brinda ho messo un lenzuolo bianco pulito poi ho svitato il fornello a gas e ci ho avvitato un cono di stagnola da cui la fiammella usciva come una candela
ho spento la luce e stavo apparecchiando quando la guardia ha aperto la blindata e ha fatto entrare Ortica ma Gelso non c'era e Ortica mi ha detto che mi avrebbe spiegato dopo ci siamo abbracciati e appena le guardie se ne sono andate mi ha detto che Gelso stava male stava male di testa era già parecchio tempo che non stava bene non sopportava più il carcere in un primo tempo parlava solo di evasioni poi ha cominciato a non parlare più con nessuno sembrava che non riconosceva più le persone non voleva più parlare con nessuno e poi si metteva anche nell'ora d'aria a camminare a quattro zampe nel cortile ringhiando e facendo delle smorfie come un pazzo borbottava che se era un cane l'avrebbero lasciato uscire
avevo preparato per cominciare delle tartine con delle fette di salame e un po' di maionese abbiamo cominciato a mangiare e Ortica ha cominciato a raccontarmi la storia di Scilla io avevo già sentito qualche voce che circolava ma non ci avevo creduto mi sembrava impossibile quello che si diceva che Scilla era diventato una spia un delatore che aveva tradito i compagni anche se lui a me non mi era mai stato simpatico però Ortica mi ha raccontato che ormai tutti i compagni fuori avevano la certezza che Scilla era diventato confidente del carabinieri che aveva fatto arrestare un sacco di compagni tutto era cominciato quando i carabinieri gli hanno fatto una perquisizione e o perché gli hanno trovato delle armi o non si . sa per quale altro fatto fatto sta che se lo sono portato in caserma e per tutto il giorno è rimasto in caserma e poi lo hanno rilasciato durante la notte
Scilla aveva motivato la cosa dicendo ai suoi compagni che i carabinieri gliela avevano menata per tutto il giorno ma che poi lo avevano lasciato andare perché non avevano in mano niente i compagni ci avevano creduto anzi erano felici che non era successo niente di grave ma neanche nella maniera più lontana qualcuno ha avuto un dubbio è arrivato a pensare che in quella occasione era cominciata la sua collaborazione con i carabinieri Scilla era del tutto insospettabile tutti avrebbero messo la mano sul fuoco per lui e invece quando i carabinieri gli hanno fatto la proposta di collaborare lui ha accettato e lo hanno lasciato andare e poco dopo c'è stato l'agguato e la morte di Cotogno e poi quando ha finito di denunciare tutti i suoi compagni Scilla sparisce non si sa forse gli danno un passaporto del soldi e sparisce all'estero
sulla morte di Cotogno la conferma che il responsabile era Scilla Ortica l'ha avuta direttamente da Valeriana che aveva incontrato poco prima di essere arrestato aveva incontrato Valeriana per caso davanti a una farmacia era parecchio che non la vedeva e quasi non la riconosceva aveva sentito dire che era inscimmiata ma gli ha fatto impressione quando l'ha vista com'era ridotta Valeriana si vede che quel giorno era in crisi d'astinenza che non trovava roba per farsi era conciata che non posso spiegarti mi ha raccontato Ortica piangeva urlava era cuori dalla farmacia e urlava aiutatemi nessuno vuole darmi il metadone ho fatto il giro di tutte le farmacie di tutti i paesi nessuno mi vuole dare il metadone questi bastardi di farmacisti di merda li ammazzo tutti sto male sto impazzendo
non l'ho più rivista per una settimana poi un giorno mi ha aspettato sotto casa era vestita come l'ultima volta con la stessa cuffia di lana nera calcata sulla fronte mi ha chiesto Se le potevo trovare del soldi perché con Nocciola era sotto di un milione Nocciola era diventato lo spacciatore della zona questa era un'altra cosa che ho saputo da Ortica Valeriana vendeva per lui l'eroina ma i soldi se li era spesi tutti per farsi lei insomma era nei casini e non poteva più rivolgersi a nessuno aveva debiti dappertutto parlava ininterrottamente e diceva che voleva smettere che adesso prendeva il metadone perché voleva smettere ma che prima doveva sistemare il debito con Nocciola
non aveva paura di lui quanto del suo giro di amici che erano capaci di fare storie pesanti con quelli che non pagavano l'avevano già minacciata e Nocciola non si era messo in mezzo se ne lavava le mani e avrebbe sicuramente lasciato fare ai suoi amici siamo andati in un bar si è tolta la giacca a vento ma teneva sempre in testa la cuffia di lana nera che le sembrava incollata sulla testa i capelli ti ricordi che bel capelli aveva biondi lunghi adesso le cadevano sulle spalle a ciocche impastate di un colore sporco aveva la faccia sudata e giallognola gli occhi infossati e cerchiati da occhiaie così scavate che sembravano delle rughe parlava in continuazione facendo scorrere su e giù continuamente le unghie sulle coste del pantaloni di velluto
è stato quella volta li al bar che Valeriana ha raccontato a Ortica la storia della morte di Cotogno si erano dati un appuntamento in quell'appartamento dove avevamo avuto quella famosa riunione Cotogno aveva detto a Valeriana prima di andarci che aveva un appuntamento con Scilla ma Scilla non era andato all'appuntamento e invece c'erano andati i carabinieri sono entrati nell'appartamento e hanno sparato subito evidentemente hanno voluto vendicare il carabiniere che era stato ucciso da poco e da quel momento Scilla è scomparso dalla circolazione e c'è stata una serie di arresti tutti compagni che avevano avuto del rapporti con Scilla e alla fine anche Ortica che con le storie di Scilla non c'era mai c'entrato niente ma probabilmente perché Scilla lo odiava
abbiamo mangiato l'insalata di riso fredda che avevo rimediato e delle sardine in scatola Ortica mi ha detto che di China nessuno ne sapeva più niente da un pezzo era scomparsa completamente volatilizzata lui l'aveva vista l'ultima volta in sede quando si stavano facendo le prove della radio io preferivo non parlare di China abbiamo mangiato il budino che era schifoso poi Ortica ha fatto un grande sorriso e ha tirato fuori dal taschino dei jeans una caccola di fumo l'ha guardata controluce e mi ha detto sai che storie ho dovuto care per portarla fin giù siamo seduti sul materasso e ci siamo fatti uno spinello il fumo era buonissimo e ci siamo messi a ridere tutti e due Ortica rideva sempre più forte rideva come un matto gli sono venute le lacrime agli occhi
domani abbiamo il processo ti rendi conto domani ci portano lì e ci fanno un bel processo io non ho la minima idea ma tu hai un'idea che cosa gli diciamo ha smesso di ridere anche se sembrava che rideva ancora ma sulla faccia aveva una smorfia io ho detto tanto ci daranno lo stesso un sacco di anni a tutti qualsiasi cosa gli andiamo a dire o non dire la fiamma a candela del fornello è scesa piano la bomboletta a gas del fornello stava scendendo finché si è spenta del tutto io non vedevo quasi più Ortica li al buio gli ho detto qualche volta mi chiedo adesso che tutto è finito mi chiedo che cosa ha voluto dire tutta questa nostra storia tutto quello che abbiamo fatto che cosa abbiamo ottenuto con tutto quello che abbiamo fatto lui ha detto non credo che è importante che tutto è finito ma credo che la cosa importante è che abbiamo fatto quello che abbiamo fatto e che pensiamo che è stato giusto farlo questa è l'unica cosa importante io credo
Ortica mi ha passato lo spinello per l'ultimo tiro e gli ho chiesto della radio come aveva funzionato la radio Ortica si è rimesso a ridere la radio era tutto pronto c'era tutto il materiale c'era la frequenza c'era anche il telefono avevamo fatto tutte le prove di voce con la voce di China uno due tre prova rideva siamo riusciti a dire solo uno due tre prova c'era tutto lì pronto bastava schiacciare un pulsante e parlare ma non avevamo più niente da dire nella sede non ci andava più nessuno ormai ogni giorno capitava un disastro nuovo uno che arrestavano uno che impazziva uno che spariva uno che si suicidava tutti sono spariti non c'era più niente da dire e così tutto è rimasto lì a coprirsi di polvere il trasmettitore la piastra lo sterco l'amplificatore il microfono e la voce di China
45.
Non vuole rispondere mi dice nel microfono la voce del presidente e la sento alle mie spalle rimbombare alzo la testa e guardo quelle teste che mi guardano dall'alto dietro i loro occhiali scuri mi sento sprofondato in basso sulla mia sedia con i carabinieri in piedi dietro di me e sopra quella fila di teste asserragliate dietro il bancone che mi guardano con ostilità e disprezzo tutti mi guardano nell'aula gli avvocati i giornalisti lo scarso pubblico di parenti i compagni nella gabbia i carabinieri sparsi dappertutto tutti guardano me tutti aspettano me aspettano che parlo anch'io aspetto mi sembra che aspetto da sempre che il tempo si è fermato e adesso cosa faccio cosa dico stavo lì immobile aspettando non so che cosa
ho fatto sì con la testa per dire che volevo rispondere e subito il presidente senza neanche guardarmi mi chiede se mi ritengo colpevole o innocente e allora io dovevo cominciare a parlare visto che avevo fatto sì con la resta ho fatto un grande sforzo la bocca secca che mi bruciava e senza guardare nessuno guardavo solo il legno del bancone dritto davanti al miei occhi ho detto che prima di rispondere bisognava prima intendersi sul significato di queste parole perché non era detto che per me e per loro queste parole colpevole o innocente avevano lo stesso significato e allora bisognava prima chiarire capire stavo dicendo più o meno una cosa del genere e ho sentito un urlo del pubblico ministero che mi interrompeva dicendo che dovevo rispondere alla domanda e non fare inutili giochi di parole
ho avuto subito la reazione di alzarmi e dì ritornarmene nella gabbia non l'ho fatto perché mi sentivo inchiodato incollato su quella sedia adesso intorno a me c'era il silenzio allora ho aspettato un momento poi ho ripreso ho detto allora diciamo così voi parlate mi accusate voi dite banda armata che io sono stato ho partecipato a una banda armata che sono un sovversivo il presidente mi interrompe dice no no dice non ci siamo non sono io che dico questo e picchia col palmo della mano sulla pila di fascicoli che ha lì davanti non sono io che dico questo questi sono gli atti e picchia ancora con la mano sui fascicoli è da tutti questi atti che il codice penale desume il reato di banda armata è sulla base di questi atti che noi dobbiamo discutere e che lei mi deve rispondere perché è sulla base di questi atti che stiamo facendo questo processo
a questo punto sento la voce del mio avvocato dietro di me che dice vorrei se il presidente me lo consente ma il presidente non consente anzi s'infuria e grida all'avvocato che lui adesso non consente niente che l'avvocato attenda il suo momento l'avvocato tenta di insistere ancora e dice io credo di avere il diritto quale diritto grida il presidente il diritto lo stabilisco lo qui dentro sono lo che dirigo questo dibattimento dalla gabbia parte qualche grido qualche fischio il pubblico ministero si alza in piedi e punti il dito verso la gabbia e urla ma io non sento che cosa urla perché adesso tutti urlano il presidente urla più di tutti nel microfono i carabinieri si agitano su e giù fuori dalli gabbia il presidente urla più forte di tutti basta silenzio ancora una parola e faccio sgomberare l'aula
aspettano ancora tutti un'altra volta che ricomincio a parlare il presidente si è calmato agita la mano su su andiamo avanti allora lo dico stavo dicendo che io non capisco che senso ha da parte mia dichiarare di essere innocente o colpevole perché non è che voglio negare anzi rinnegare quello che ho fatto quello che sono stato perché se ho pensato che questa società in cui viviamo va cambiata il presidente mi interrompe ma lei si deve rendere conto che qui non stiamo processando delle idee ma del fatti del fatti contemplati dal codice penale come reati ma allora dico lo perché cominciate accusandomi di essere un terrorista queste sono idee non sono forse idee queste ho detto lo il presidente alza un dito
ma sono idee che portano dritte al sangue che hanno portato a un lago di sangue lei si dimentica o vuole volutamente dimenticare tutti i morti che ci sono stati che sono stati il seguito naturale delle idee e del comportamenti sovversivi allora io dico a parte che io comunque credo che non sono accusato di nessun morto di nessun fatto di sangue ma il pubblico ministero mi interrompe con un urlo indignato questo è un atteggiamento cinico e sprezzante una voce dalla gabbia riconosco la voce di Ortica gli grida buffone il presidente dice che non tollera le interruzioni e quel linguaggio e ordina che Ortica sia espulso dall'aula c'è stata una grande confusione tutti che urlavano dentro la gabbia gli avvocati che protestavano il pubblico ministero che agitava le braccia il pubblico che rumoreggiavi finché si è sentito l'urlo del presidente sospensione e così è finito il mio interrogatorio
tutto quello che ci è stato raccontato finora è una storia insensata ma è soprattutto una storia criminale così ha cominciato la sua requisitoria alla fine del processo il pubblico ministero dall'alto del suo banco dritto in piedi avvolto nella toga nera sotto l'enorme orribile mosaico col trionfo delle azzurre forze del male la bocca premuta sulla palla nera del microfono e la voce che rimbomba nel silenzio dell'aula in quella gabbia è rinchiusa la follia di questi anni tutte le teste dei giurati si girano verso la gabbia tutte insieme bisogna allontanare ogni tentazione di giustificazione sociale politica culturale la responsabilità diretta o indiretta nei fatti delittuosi che hanno insanguinato il paese noi dobbiamo le teste del giurati tornano a girarsi verso il pubblico ministero
cercando di gettare nel caos le istituzioni fondamentali della nostra democrazia la famiglia lo studio il lavoro davanti a voi non avete dei rivoluzionari ma degli uomini e delle donne trasformati dall'odio contro la società in belve inferocite le teste del giurati si girano tutte verso la gabbia senza ideali se non quelli della distruzione e della morte alle spalle di questi individui non c'è cultura c'è la pedagogia della violenza ascoltatemi bene le teste dei giurati si girano verso il pubblico ministero tutte insieme seminando odio nelle menti immature e sprovvedute delle giovani generazioni approfittando bassamente delle libertà che la nostra democrazia offre indistintamente a tutti per ordire il loro disegno eversivo mirante a abbattere le basi della pacifica e civile convivenza
ma chi semina vento raccoglie tempesta il pubblico ministero ha alzato la voce e sembra mangiare il microfono si sporge in avanti appoggiandosi con la punta delle dita sul bordo del banco non c'è cultura in questa storia non ci sono idee in queste farneticazioni senza punti né virgole c'è solo predicazione dell'ignoranza e della violenza del rifiuto totale della negazione pura i profeti di sventura che hanno tramato alle nostre spalle per anni impuniti che hanno armato le mani di questi giovani sciagurati che hanno portato tanti lutti in famiglie oneste innocenti laboriose eccoli ora davanti a voi le teste del giurati si girano insieme verso la gabbia per un istante poi tornano ,i fissare il pubblico ministero che ormai grida alzando le braccia al cielo
noi tutti che ci eleviamo a difesa delle istituzioni democratiche e delle sue leggi dobbiamo dire che lassismo irresponsabile che si è verificato aperto atteggiamento di complice accondiscendenza i giurati tendono le teste perché la voce del pubblico ministero rimbomba tanto che le sue parole sono ormai incomprensibili vero e proprio fiancheggiamento da parte ebbene oggi intellettuali bramosi ci sentiamo di dire che credevano di fare la storia nessun dubbio nessuna clemenza questi individui dalla storia saranno condannati punire fino in fondo il braccio incolto di queste menti perverse monito alla parte sana del giovani di questo paese finirà nella spazzatura della storia a quelli che verranno dopo di noi schiacciare questo drago mostruoso
46.
Ho fatto il viaggio di ritorno allo speciale insieme a un ragazzo che poi è stato ucciso in carcere anche lui e prima a sua volta aveva ammazzato qualcuno in carcere e era destinato in uno del primi braccetti della morte che stavano sperimentando in quel periodo era destinato lì perché aveva appena ucciso uno in uno speciale per una questione di regolamento di conti tra mafiosi non so bene mi faceva una strana impressione quando pensavo che era uno scannatore all'apparenza era un ragazzo innocuo quasi tenero aveva un grande drago colorato tatuato sul petto abbiamo parlato durante tutto il viaggio che mi riportava al carcere speciale dopo il processo poi è finito male questo ragazzo l'anno dopo gli hanno tirato una trentina di coltellate l'hanno ammazzato
prima di partire stavamo in celle di fianco era venuto lì anche lui per un processo e mi passava dalla finestra il pollo arrosto che gli mandava la sorella ho fatto il viaggio dì ritorno sul solito blindato e la cosa assurda è che ero contento di tornare giù allo speciale per rivedere tutti i compagni gli amici parlavo con questo ragazzo nel blindato e lui era abbastanza disperato di finire in questo braccetto della morte diceva che li era impossibile vivere non c'era nulla era in isolamento completo totale non poteva scrivere ai famigliari era difficile perfino comunicare con l'avvocato i detenuti non si vedevano mai tra di loro una condizione di isolamento assoluto totale
dall'oblò del blindato vedo il complesso del carcere venirmi incontro poi l'immagine si riduce al particolare del muro di cinta dietro il reticolo della rete metallica altissima con in cima il filo spinato scorrono le guardiole di vetro blindato poi il furgone si ferma davanti al primo cancello mi sembra di tornare a casa vengo consegnato alle guardie e poi comincia il solito rituale della perquisizione della roba degli zaini mi fanno una radiografia perché c'era questa novità adesso che il ministero aveva inviato una macchina per fare le radiografie perché avevano avuto dei casini sempre quando volevano fare le perquisizioni anali c'erano sempre puttanai casini perché la gente non voleva per cui erano sempre botte puttanai casini su questa cosa
allora il ministero ha fatto questo salto tecnologico ha mandato negli speciali queste macchine per le radiografie e allora ti facevano queste radiografie ti mettevano dietro uno schermo per vedere se avevi infilato su per il culo le lame dell'esplosivo dentro del bussolotti eccetera perché per chi stava negli speciali le occasioni di fuga erano date solamente durante i processi perché c'era il trasferimento si cambiava carcere e allora c'erano questi che nello speciale ci stavano da anni e che consideravano quella un'occasione buona per tentare la fuga per cui se avevano lame o esplosivo potevano magari sfruttare l'occasione per tentare di scappare e allora se lo portavano con sé nei trasferimenti
mentre mi rivestivo mi ricordo che un brigadiere mi ha fatto qualche commento sul mio processo che aveva letto sul giornale poi mi ha chiesto se sapevo che mentre lo non ero li c'era stato uno scannamento tra i comuni io ho detto sì lo so l'ho letto sul giornale e allora ha cominciato a descrivermi nei particolari come si era svolto questo scannamento perché lui era proprio lì dietro il cancello lo tagliavo corto dicevo sì sì non mi interessa anche perché la sua intenzione era vedere le reazioni che io avevo o forse no una deformazione che arriva in carcere è che si arriva a voler dare un significato a tutto voler interpretare tutto che tutto deve essere un segno di qualcosa i deve poter leggere logicamente mentre invece se ci pensi poi capisci che c'è sempre un sacco di cose che capitano così per caso come forse quel brigadiere che aveva forse solo voglia di chiacchierare
dopo quel morto dal ministero è arrivato l'ordine di separate i comuni dai politici ma il morto è stato un pretesto era un progetto già in piedi da tempo quello di una separazione netta tra comuni e politici nel frattempo però dopo la rivolta i rapporti tra comuni e politici si erano incrinati c'era stato un ricambio generale del comuni e non avevano messo lì più nessun comune che simpatizzava per i politici e che quindi poteva essere un tramite tra le due componenti così è venuto meno il rapporto che c'era tra comuni e politici prima della rivolta non ci sono state reazioni anzi i comuni facevano girare la voce che erano molto incazzati con i politici perché con i loro casini avevano peggiorato le condizioni del carcere e che di casini loro non ne volevano avere più da noi
allora appunto il brigadiere mi ha spiegato quello che era successo mi ha detto adesso non fate più l'aria insieme i comuni socio incazzati eccetera il brigadiere continuava ,i parlare ininterrottamente mentre mi accompagnava in sezione per tutto il percorso del corridoi e quando ci fermiamo ai cancelli chiusi e su per le scale e mi diceva anche che erano arrivate lì anche moltissime persone nuove e adesso avevano ristrutturato il secondo piano dopo un inno di lavori l'avevano tutto ristrutturato e così alla fine tutto è tornato con lo stesso ordine che c'era prima della rivolta lavoranti al pianterreno comuni al primo piano e politici al secondo e così hanno potuto riempirlo con altra gente e quando sono arrivato al secondo piano ristrutturato ho visto come era stato trasformato
la sezione aveva un'aria tutta nuova aveva un'aria da bunker più bunker di quanto fosse prima c'erano molte più guardie nei corridoi c'erano molti cancelli dei filtri nel corridoi non più soltanto i cancelli della rotonda ma c'erano altri filtri di cancelli c'erano le telecamere in alto che prendevano d'infilata i corridoi le telecamere accese con le lucine rosse le blindate sono chiuse e dagli spioncini vedo facce che non conosco il brigadiere mi dice lo ti consiglio mi dice paternalista lo ti consiglio dammi retta nel tuo interesse di metterti da solo in una cella perché nel camerone con gli altri lo sai che ti vengono addosso i guai è da tanto che sei qui e lo sai dammi retta mettiti da solo io gli ho detto no lo voglio tornare nel camerone con i miei amici
il brigadiere scuote la testa fai come vuoi però per stanotte devi dormire qui devi stare solo adesso nel tuo camerone i posti sono tutti occupati ma domani c'è uno che parte per un processo e quando questo parte potrai andare nel camerone e prendere il tuo posto che avevi prima di partire passando nel corridoio ho visto molta gente che non conoscevo ma poi sono arrivato nelle celle dove c'erano i vecchi compagni che avevo lasciato per cui il solito rituale dei baci tra gli spioncini con i nasi che si appiccicano sui bordi degli spioncini queste cose le urla i saluti che poi sono continuate quando sono entrato nella mia cella sono rimasto un po' a urlare dallo spioncino poi è finito con ci vediamo domani all'aria e poi i compagni mi hanno mandato le cose da mangiare troppa roba ognuno ha mandato qualcosa
quando i saluti sono finiti ho guardato meglio la cella e la cella in effetti era completamente trasformata da come erano prima nel senso che per esempio avevano tolto tutte le mattonelle del pavimento e avevano fatto una semplice colata di cemento liscio alla finestra oltre alla doppia serie di sbarre che già esisteva hanno aggiunto un'altra grata di sbarre speciali che erano dei grossi cilindri incrociati a rombo avevo già sentito parlare di queste nuove sbarre perché sono le famose sbarre antiseghetto perché sono di una lega speciale e hanno all'interno un'anima un altro cilindro d'acciaio che ruota sul suo asse così anche nel caso che col seghetto intacchi le sbarre quando arrivi a metà trovi l'anima che ruota e il seghetto non riesce a fare presa sull'anima che ruota
quindi oltre alle doppie sbarre che già c'erano hanno messo in un'altra grata di queste sbarre speciali e in più ancora fuori hanno messo una grata di ferro con una rete talmente fitta che non ci passava neanche un mignolo e poi il giorno dopo ho visto che non ci passava nemmeno quasi la luce e poi ho visto anche che avevano sostituito il lavandino non era più in ceramica ma era in ferro in acciaio incassato completamente dentro un blocco di cemento stessa cosa per il cesso alla turca anche quello incassato in un blocco di cemento anche l'armadietto era d'acciaio e murato le blindate restavano chiuse praticamente tutto il giorno era aperto solo lo spioncino e ovviamente anche di notte le blindate erano sempre chiuse
ho passato lì la prima notte dopo il ritorno in questa cella però prima di andare a letto è successa un'altra cosa perché nella cella di fronte a me avevo un vecchio compagno che conoscevo bene e che stava anche lui in carcere da molto tempo e di fianco alla sua cella ho visto affacciarsi allo spioncino un giovane compagno che non conoscevo mi ha salutato lo l'ho salutato poi ho parlato un po' con questo vecchio compagno e il nuovo arrivato stava lì allo spioncino che ci ascoltava e voleva anche lui parlare con noi ma il vecchio compagno mi faceva delle strane facce mentre il nuovo arrivato voleva come attaccare discorso con me l'altro mi faceva strane facce poi mi ha fatto segno con la mano come di tacere io sul momento non capivo capivo che c'era qualcosa che non andava ma non capivo che cosa
47.
La mattina dopo sono sceso all'aria e sono subito corso a abbracciare i vecchi compagni per cui baci e abbracci con rutti e poi hanno cominciato a raccontarmi tutto quello che era successo in mia assenza soprattutto l'arrivo di questi nuovi compagni tutti molto giovani che erano giudicati dal vecchi Compagni come molto infantili e inesperti erano appena entrati in carcere non conoscevano ancora il funzionamento dei meccanismi del carcere in più giravano voci che tra loro c'erano persone sospette persone che erano state arrestate su dichiarazioni di pentiti e che nell'interrogatorio coi magistrati avevano immesso qualcosa o tutto e avevano così confermato i pentiti anche se non avevano fatto nomi o aggiunto altre cose e poi c'erano altri che si erano pentiti e poi si erano pentiti di essersi pentiti e avevano ritrattato
sentivo tutte le contraddizioni e le tensioni di questa nuova situazione perché prima il clima del carcere era il clima di una comunità dove c'erano ottimi rapporti di fratellanza eccetera con questi nuovi venuti effettivamente i problemi erano grossi perché motti di questi nuovi venuti avevano storie assurde erano l'ultima generazione di combattenti tutti giovanissimi e avevano tutti una biografia simile non avevano avuto nessun percorso di movimento anche perché ormai il movimento era stato spazzato via per cui il percorso era stato la lettura di qualche documento la distribuzione clandestina di qualche volantino scritte sul muri uno striscione su un cavalcavia e poi magari un omicidio subito tra le prime azioni e poi l'arresto su dichiarazioni di qualche pentito
vivevano uno sbandamento pauroso perché ormai non avevano più nessun progetto politico e fuori i loro compagni rimasti erano ormai piccoli gruppi che cercavano solo di sfuggire braccati inseguiti per tutta Italia da carabinieri e polizia però anche lì nel carcere conservavano tenacemente i loro vincoli associativi di clan di banda che erano per loro come vincoli familiari io ho chiesto di questo compagno nuovo della cella di fronte a me che la sera prima mi avevano fatto segno di non parlargli e mi hanno detto che era uno di quelli arrestati un paio di settimane prima lo avevo seguito alla televisione la sua storia e il suo arresto e quello degli altri suoi compagni feriti fuggiaschi per le campagne e i boschi questa scena di caccia grossa con l'inseguimento del carabinieri in elicottero e a cavallo dopo che avevano fatto una rapina andata male
li hanno catturati e la cosa che era successa è che questo era stato torturato e sotto tortura aveva parlato e aveva fatto arrestare altri suoi compagni che adesso erano anche loro lì nello stesso carcere questo per la prima settimana era rimasto in cella non era sceso all'aria i suoi compagni hanno dovuto trattare discutere con gli altri e hanno garantito per lui dicendo questo è stato torturato ha fatto dei nomi però siamo noi semmai che dobbiamo dire qualcosa perché noi siamo in galera perché lui ha fatto i nostri nomi però siccome ha parlato sotto tortura e hanno torturato anche noi anche se noi non abbiamo parlato però comprendiamo benissimo quello che ha fatto quindi dopo una settimana di discussioni qua e là si era deciso che questo poteva scendere all'aria e tutto era risolto
all'aria era cambiato il clima non si giocava più a pallone era diventata una situazione nevrotico di discussioni senza fine in cui ogni giorno c'era il problema di uno che forse era un infiltrato un infame eccetera e c'era come in tutti i carceri questo dibattito sul pentimento e sulla tortura che era diventata la regola per chiunque catturavano allora i compagni di quello che avevano torturato e che aveva parlato gli hanno detto è bene che questa tua esperienza venga scritta fatta circolare lui ha preso la cosa con impegno e ha passato una settimana a scrivere questo documento al momento in cui doveva farlo leggere ha detto che ci aveva ripensato che quella stesura non andava bene che doveva farne un'altra sono passati altri giorni ha fatto una seconda stesura l'ha fatta circolare tra i suoi compagni per i suoi compagni andava benissimo
ma poi lui ha deciso di ritirare anche questa seconda stesura e di non farla circolare più e poi un giorno è sceso all'aria ha chiamato a raccolta è sceso all'aria con una faccia incredibile molto teso molto nervoso ha chiamato tutti i suoi compagni noialtri non capivamo bene cosa cazzo c'era in piedi cosa stava succedendo ha chiamato i suoi compagni a raccolta in un angolo del cortile e sì è messo a parlare con questi però noi abbiamo visto che questi quando lui ha finito di parlare non sì sono messi a discutere lo hanno lasciato finire e se ne sono andati via tutti subito e l'hanno lasciato lì solo senza dirgli niente e se ne sono andati
siamo andati a chiedere a questi altri con cui questo aveva parlato e abbiamo saputo che aveva detto al suoi compagni che lui non era mai stato torturato ma che era stato solo minacciato di essere torturato per cui aveva preso paura e aveva parlato e fatto i nomi senza essere stato torturato siamo riarmasti tutti quanti sbalorditi la cosa era gravissima a questo punto perché si era in pieno dibattito su come arrestare il pentimento dilagante e capita una storia come questa qua e ci sono quelli che sono finiti in carcere a causa di questo che sono stati torturati davvero e che non hanno parlato e questo qua invece è stato solo minacciato e ha parlato insomma era un casino si capiva che era una situazione che era un casino
allora la prima cosa che fanno è di allontanarlo dal camerone di metterlo in una cella da solo in quarantena quando questo scendeva all'aria nessuno più ci parlava e noi abbiamo chiesto ai suoi compagni che intenzioni avevano loro hanno detto noi facciamo un'indagine su questa storia e siccome siamo un'organizzazione chiediamo il parere anche agli altri compagni nelle altre carceri e anche ai compagni che abbiamo fuori per prendere una decisione e nel frattempo questo qua sta lì cosi ci hanno risposto così e hanno cominciato la loro indagine che consisteva attraverso un sistema complicato di codici attraverso lettere e telegrammi scritti in codice con quelli della loro organizzazione che stavano in altre carceri o che stavano fuori in clandestinità a far girare il discorso per avere poi le risposte
questo qua si è chiuso nella sua cella passava tutto il tempo sulla branda a leggere la pagina sportiva del giornale a guardare i film alla televisione come un qualsiasi coatto passava così tutto il tempo in attesa della soluzione del suo problema parlare con lui era inutile non faceva che ripetere lo da qui non me ne vado è giusto che i compagni che sono in carcere per colpa mia abbiano il diritto di giudicarmi diceva che era disposto a morire se poteva servire a ripagare almeno in parte quello che aveva fatto parlava di suicidarsi e alcuni suoi compagni più cinici pensavano che questa sarebbe stata la migliore soluzione per tutti perché avrebbe risparmiato loro il problema di ammazzarlo e anche politicamente sarebbe stato più significativo che ammazzarlo loro
la cosa che i suoi compagni preferivano era certamente di non doverlo ammazzare non erano assolutamente contenti di dovere affrontare questo problema e di dovergli dare questa soluzione di doverlo ammazzare sì capiva chiaramente che se lo facevano non lo facevano mica perché erano convinti ma perché erano costretti erano costretti in confronto ai loro compagni nelle altre carceri e fuori di cui cominciavano a arrivare i telegrammi con le decisioni che erano tutte unanimemente per ammazzarlo e erano costretti in confronto agli altri gruppi combattenti che in caso contrario li accuserebbero subito di coprire apertamente un pentito un infame proprio in quel momento in cui il problema è di lottare contro il pentitismo dilagante per cui se ci si trova davanti a un pentito bisogna subito inchiodarlo senza pensarci su un secondo
io ero incerto perché da una parte ero ormai dentro a questo meccanismo psicologico dell'attesa della scarcerazione credevo effettivamente che fosse ormai questione di poco tempo quindi non era il caso che mi buttassi in tutte queste storie in maniera appassionato perché tanto avrei dovuto andarmene abbastanza presto di lì ma anche perché francamente quando ho saputo questa storia non mi è piaciuta molto non perché lo disprezzavo perché aveva avuto paura davanti alla tortura io lì non posso dire niente a me non mi hanno mai minacciato di firme bere litri di acqua salata di darmi delle scariche elettriche sui coglioni di pestarmi scientificamente coi manganelli di tenermi in piedi immobile per giorni di tagliuzzarmi con delle lamette di bruciarmi le dita con gli accendini eccetera non mi hanno mai fatto minacce del genere e in più sapendo poi alte queste cose te le fanno davvero
una cosa assurda era che questo compagno scendeva all'aria e puntualmente tutti i giorni andava dai suoi compagni che lo ignoravano evitavano addirittura di guardarlo e gli diceva allora avete deciso e questi gli dicevano no e lui tornava nell'angolo allora nonostante tutto io ho deciso di parlarci con questo qua però questo qua era completamente partito di testa gli ho detto vattene vattene via di qua perché cosa fai qua cosa aspetti che ti ammazzano lui mi ha fatto come un sorriso ha scrollato la testa e poi ha ripreso a camminare allora lo mi sono messo di fianco a lui e sono andato su e giù di fianco a lui un paio di volte per il cortile si era fatto silenzio nel cortile tutti ci guardavano era un rischio quello che facevo era una sfida ma poi altri due vecchi compagni mi hanno raggiunto e hanno passeggiato insieme a me e a questo qua non è che pensavo che serviva a qualcosa era un gesto un gesto e basta
che forse non serviva a niente in quella situazione di impazzimento generale ma almeno quello non l'hanno ammazzato gli hanno dato una volta un sacco di botte e l'hanno obbligato a andare in isolamento e tutto è finito li con quello ma di cose così poi ne sono successe una dietro l'altra che non si riusciva più a capire a trovare delle soluzioni e mi sembrava che ormai tutto era impazzito che tutto era veramente impazzito tutto ormai era diventato possibile come che il tuo compagno di cella magari il tuo migliore amico di colpo improvvisamente un giorno scoppia risali dall'aria e lui non c'è più e allora capisci che si è messo in isolamento dove poi chiama un magistrato e se la canta e si canta anche te e così è saltata tra di noi la solidarietà che era stata la nostra grande forza l'unica cosa che ci era rimasta
48.
Quando mi sono arrivate le notizie della fine di Gelso l'inverno era quasi finito sopra i catino di cemento armato del cortile c'era un cielo azzurro e luminoso l'aria era dolce quando soffiava il vento si sentiva l'odore del mare vicino cominciavamo a spogliarci giù all'aria a toglierci le camice e le maglie ci mettevamo lì sdraiati al sole i nostri corpi bianchi respiravano ma poi ci guardavamo e vedevamo sui nostri colli sul toraci sulle spalle sulle braccia pallide delle macchie più scure dappertutto eravamo tutti coperti di quelle macchie che erano del funghi e facevamo finta di non guardarci di non vedere quelle macchie che ci coprivano tutti è stato in quei giorni che mi è arrivata l'ultima lettera da fuori mi ricordo che era di Malva e mi parlava di Gelso
Gelso alla fine anche dietro pressione del medico del carcere che si era convinto del suo stato di squilibrio mentale era stata accolta la sua domanda di scarcerazione era stato messo agli arresti domiciliari perché si erano convinti che in carcere non si poteva curarlo che li non faceva che peggiorare e così era tornato a casa era tornato a abitare con la famiglia e i primi giorni i suoi amici i suoi compagni quelli che lo conoscevano bene che erano anche suoi amici d'infanzia e che gli volevano bene andavano a trovarlo hanno cercato di stargli vicino di aiutarlo come potevano ma tutto sembrava inutile Gelso ormai sembrava non riconoscere più nessuno non voleva parlare con nessuno non voleva vedere nessuno
aveva chiesto ai suoi genitori di non fare entrare nessuno nella sua camera e anche lui non usciva mai dalla sua camera si faceva anche portare da mangiare nella sua camera e in pochi giorni ha trasformato la camera in una cella ha portato fuori tutti i mobili ha voluto tenere solo una branda un tavolo e una sedia teneva sempre la finestra chiusa e la luce accesa anche di giorno e ha cominciato anche a arredarla come una cella con quelle cose che usano i detenuti le scatole di cartone del detersivi o della pasta appese ai muri per farne delle mensole e poi una sera ha mimato un'evasione ha annodato le lenzuola e si è calato dalla finestra l'hanno ritrovato nel cortile con una caviglia slogata
ha passato un mese senza mai uscire dalla sua camera viveva come in prigione e non voleva assolutamente vedere nessuno e se vedeva qualcuno non lo riconosceva non riconosceva quasi nemmeno i suoi genitori che naturalmente erano disperati non sapevano più cosa fare ma preferivano tenerlo li anche in quelle condizioni che così almeno non lo mettevano in un manicomio criminale e dopo un mese un giorno l'hanno trovato impiccato nella sua cella che era la sua camera una mattina l'hanno trovato lì che si era impiccato con le lenzuola annodate con cui aveva mimato l'evasione a cui aveva sempre pensato e che neanche adesso gli era riuscita
la lettera di Malva finiva dicendo che dovevamo renderci conto di come le cose erano cambiate fuori adesso e che non ci immaginavamo come le cose erano diventate diverse fuori come tutto fuori era cambiato l'aria l'atmosfera il clima i discorsi la gente non dovevamo pensare che le cose erano rimaste come prima adesso la grande paura era passata i padroni erano di nuovo sicuri di sé erano tornati a sfoggiare loro i soldi le loro Rolls Royce per le strade le loro pellicce i loro gioielli alla Scala e adesso tutta la gente e anche tanti di quel compagni pensavano solo a lavorare a fare i soldi a dimenticare tutto quello che era successo prima quando si credeva che tutto forse stava per cambiare
c'è un silenzio strano la sera dopo cena adesso non ci si chiama più da una cella all'altra si vedono i rettangoli azzurrini degli spioncini allineati tutti illuminati dal riflesso del televisori si spande un unico impasto di musica e di voci monotono e ondulato il soffitto è spaccato a intervalli dal riflettori gialli che proiettano la grata della finestra enorme che ti schiaccia sul letto sei dentro una gigantesca scatola di sardine schiacciate compresse sei dentro una scatola chiusa ermeticamente saldata cosa c'è fuori da questa scatola chi c'è fuori di qui cosa fanno cosa stanno facendo adesso perché continuano a fare delle cose a fare tutte le cose che fanno senza di me dove sono io quale sono io qual è la mia faccia adesso che mi è rimasta solo la mia faccia qui compressa piatta schiacciata
ho rotto lo specchio con il piede dello sgabello ho buttato tutte le schegge nel cesso ho tirato l'acqua l'ho tirata cinque sei sette volte ho continuato a tirarla fissando il buco nero del cesso quel cerchio nero in cui l'acqua scendeva c'ho infilato la mano dentro poi più in fondo per sentire dov'era il fondo c'ho infilato la testa l'ho schiacciata giù ma la testa non entrava non riusciva a passare da quel buco a uscire fuori da un'altra parte a vedere fuori a vedere dove sono dove siete quando eravamo mille diecimila centomila non è possibile che fuori non c'è più nessuno non è possibile che non sento più niente che non sento più una voce un rumore un respiro non è possibile che fuori c'è solo un immenso cimitero dove siete mi sentite non sento non vi sento non sento più niente i riflettori di colpo spaccano il buio illuminano a giorno la cella
quando la luce opaca del mattino scivolava dentro le sbarre e le grate le cose nella cella tornavano a avere l'aspetto insignificante e banale di sempre e riprendevamo a pensare e a immaginare come potevamo vedere come potevamo farci vedere fuori da quel carcere che stava diventando un cimitero il luogo del massimo silenzio dove non entra e non esce più un messaggio una voce un rumore ci siamo posti il problema di come riconquistarci una comunicazione con l'esterno e abbiamo deciso di cominciare nuove forme di lotta per spezzare quel silenzio di morte abbiamo cominciato con le battiture notturne delle sbarre ci si metteva d'accordo sull'ora durante l'aria non avevamo orologi non avevamo sveglie ma potevamo vedere l'ora sulla televisione accesa tutta la notte
e così nel mezzo della notte tutti insieme alla stessa ora cominciavamo a battere sulle sbarre coi mestoli di legno coi manici di scopa con gli sgabelli soprattutto con le pentole e i pentolini e scoppiava il finimondo perché tutti battevano sempre più forte anche quelli degli altri piani che sentivano battere e si mettevano a battere anche loro con noi e in quel luogo chiuso tutte le celle tutti i corridoi rimbombavano nella notte il carcere sembrava scoppiare sembrava che veniva giù tutto però alla fine quando piano piano i colpi finivano veniva una grande tristezza perché tutti ci rendevamo conto che battevamo soltanto per noi stessi e per le guardie perché il carcere era in mezzo alla campagna isolato sperduto in una grande distesa vuota sconfinata dove intorno non c'era nessuno che ci poteva sentire
allora abbiamo pensato che forse potevamo attirare di più l'attenzione facendo le fiaccolate però per fare le fiaccolate era più complicato c'erano più problemi perché c'erano le grate alle finestre c'erano le grate di ferro che avevano messo oltre le sbarre per impedire di passare qualcosa da un piano all'altro e allora abbiamo dovuto bucare le grate abbiamo spaccato gli sgabelli e abbiamo fatto dei pezzi di legno a punta e con questi pezzi di legno lentamente e faticosamente riuscivamo a allargare le maglie e a bucare la rete e poi a ingrandire il buco finché ci potevamo far passare le fiaccole attraverso il buco
abbiamo fatto i buchi in tutte le reti e poi abbiamo fatto le fiaccole le fiaccole si facevano con pezzi di lenzuoli legati stretti e poi imbevuti d'olio e allora anche lì all'ora stabilita nel mezzo della notte rutti accendevano l'olio delle fiaccole e infilavano questi fuochi nel buchi delle grate ma anche li non c'era nessuno che li vedeva le fiaccole bruciavano a lungo doveva essere un bello spettacolo da fuori tutti quei fuochi tremolanti sul muro nero del carcere in mezzo a quella distesa sconfinata ma gli unici che potevano vedere la fiaccolata erano i pochi automobilisti che sfrecciavano piccoli lontanissimi sul nastro nero dell'autostrada a qualche chilometro dal carcere oforse un aeroplano che passa su in alto ma quelli volano altissimi lassù nel cielo nerosilenzioso e non vedono niente