Biblioteca Multimediale Marxista
INTRODUZIONE
L'analisi della storia statunitense è uno degli strumenti fondamentali
per comprendere le ragioni per cui nella moderna società americana dietro
gli ideali di libertà e democrazia tanto esaltati dalla classe politica
dirigente si celino gravi disuguaglianze e ingiustizie sociali. L'intero processo
di sviluppo economico, politico e culturale degli Stati Uniti è stato
indissolubilmente legato al problema dei rapporti tra la maggioranza bianca
e la minoranza nera. Ancora oggi gli afroamericani, il 12% della popolazione
complessiva, si trovano in una condizione di disuguaglianza che gli impedisce
il pieno godimento dei diritti e dei benefici materiali. Nonostante le trasformazioni
sociali degli ultimi quarant'anni abbiano permesso la nascita di una middle
class afroamericana e un generale miglioramento della qualità di vita
dei neri, le statistiche ufficiali mostrano una realtà tuttora povera
e discriminata. Nel 1995 il reddito medio delle famiglie di colore era solo
il 60% di quello delle famiglie bianche ed il reddito dei maschi afroamericani
solo due terzi di quello dei bianchi. Le cifre indicano inoltre che otto anni
fa il livello occupazionale dei lavoratori neri era molto più basso rispetto
a quelli bianchi: il 5% degli occupati afroamericani erano manager (contro il
9% dei bianchi), il 9% professionisti (contro il 17%), il 25% operai non specializzati
nell'industria e nei servizi (contro il 13%). I neri rappresentavano poi un
terzo di tutti gli arrestati dalla polizia, il 50% delle vittime d'omicidio
e più della metà del milione di persone che affollano le carceri
statunitensi.(1)
I quattro secoli che sono trascorsi dall'arrivo delle prime persone d'origine
africana in territorio americano(2) sono stati un lungo e tragico susseguirsi
di gravissime privazioni dei diritti umani. Sebbene nel 1865, al termine della
Guerra Civile, il presidente Lincoln abbia sancito, con l'introduzione nella
costituzione americana del Tredicesimo Emendamento, l'abolizione della schiavitù
in tutto il territorio nazionale, il fenomeno del razzismo non è affatto
scomparso, anzi, dopo l'emancipazione si è perfino rafforzato. I membri
della comunità afroamericana non sono certo rimasti inerti a tutto questo
e nel corso degli anni hanno lottato con forza e determinazione perché
avvenisse un riconoscimento effettivo, e non solo teorico, dei loro diritti.
Il primo dopoguerra e gli anni Venti del Novecento hanno rappresentato una delle
fasi cruciali di questa lunga lotta combattuta dai neri, ma non solo, in nome
dell'uguaglianza sociale e per abbattere definitivamente le barriere della discriminazione
razziale. Durante la Prima Guerra mondiale si era diffuso negli Stati Uniti
un clima di fiducia e speranza nei principi e nelle istituzioni democratiche
che aveva coinvolto anche la minoranza nera. Molti uomini di colore, combattendo
nelle file dell'esercito americano una guerra in favore della libertà
e dell'autodeterminazione dei popoli, erano tornati in patria vittoriosi e fermamente
convinti che la loro grande prova di coraggio e patriottismo avrebbe finalmente
garantito a tutta la comunità nera il riconoscimento dei propri diritti
civili ed un generale miglioramento della propria condizione economica e sociale.
Tuttavia l'immediata ripresa dei linciaggi e delle brutalità ai danni
degli afroamericani fece svanire in poco tempo tali certezze. La grande delusione
andò comunque ad alimentare un clima di tensione sociale che favorì
l'emergere all'interno della minoranza nera di numerosi movimenti di protesta
e di lotta. Vennero fondate associazioni ed organizzazioni che pur lottando
per lo stesso obiettivo affrontarono la questione razziale da prospettive differenti
e talvolta antitetiche. Gli esponenti riformisti della comunità afroamericana
optarono per una strategia "integrazionista" e proposero una politica
di collaborazione con i bianchi in modo da favorire un rapido inserimento dei
neri nel sistema politico ed economico statunitense allora vigente. Diversamente,
una parte della minoranza di colore fu convinta dal trionfo della rivoluzione
bolscevica che il modello comunista rappresentasse la soluzione ideale per ottenere
il riconoscimento dei propri diritti e l'emancipazione economica dalla schiavitù
capitalista.
All'interno di questo vivace panorama politico si distinse per originalità
e controversia la vicenda del nazionalista nero Marcus Garvey, un giamaicano
che fondò e fu leader indiscusso della Universal Negro Improvment Association
(Associazione per il Miglioramento Universale dei Neri). Anche se le attività
e gli obiettivi della sua associazione erano di carattere internazionale ed
i suoi sostenitori sparsi in diversi continenti del mondo, fu negli Stati Uniti
che Garvey riscosse maggior successo. L'UNIA si impose in brevissimo tempo come
il primo grande movimento di massa nero della storia statunitense -alcuni storici
sostengono che l'associazione nei periodi di massima adesione annoverasse tra
le sue file sei milioni di membri ed altrettanti simpatizzanti- ed il suo leader
in meno di un decennio, tra il 1918 e il 1927, riuscì ad influenzare
il pensiero di molti afroamericani come pochi altri uomini riuscirono a fare
nel corso di un'intera vita. Giunto negli Stati Uniti nel pieno del processo
d'immigrazione d'intere famiglie di colore dalla realtà rurale del Sud
a quella industriale del Nord, Garvey vi trovò il clima ideale per diffondere
tra i neri un messaggio fondato su concetti d'orgoglio, solidarietà ed
autodeterminazione razziale il cui eco risuona tuttora in alcuni ambienti politici
afroamericani. Il suo contribuito è stato determinante per lo sviluppo
nella comunità nera statunitense di una consapevolezza di razza che se
in passato ha permesso ai neri un generale miglioramento della propria condizione
oggi costituisce il fondamento ideologico di quei movimenti che si battono in
favore dell'uguaglianza sociale. Il presidente dell'UNIA propose agli afroamericani
e a tutte le popolazioni nere del mondo una duplice soluzione per risolvere
il problema della discriminazione razziale: da una parte la gestione diretta
d'imprese ed attività commerciali in modo da garantirsi l'indipendenza
economica dai bianchi, dall'altra la creazione nel continente africano di un
grande stato libero ed indipendente dalle potenze coloniali europee. Tuttavia
la crociata nazionalista e separatista finì per condurre Garvey verso
un declino rapido e spettacolare quanto fu la sua stessa ascesa. Le sue contraddittorie
scelte politiche lo isolarono e lo contrapposero agli altri capi carismatici
della comunità afroamericana, mentre la sua retorica, a tratti violenta
ed aggressiva, attirò l'attenzione delle autorità coloniali europee
e del Ministero della Giustizia statunitense. Nel 1925 Garvey venne arrestato
per frode postale e due anni dopo deportato dagli Stati Uniti. Fu quello un
duro colpo per l'UNIA, che si sfaldò in pochissimo tempo, ma soprattutto
per il suo presidente che dopo aver tentato più volte di rilanciare il
movimento nel 1940 morì in solitudine e dimenticato da tutti.
Ciò non sorprende se si pensa che anche nel corso degli anni Venti, nonostante
la popolarità tra la comunità afroamericana e la capacità
d'attirare nel bene e nel male le attenzioni dell'opinione pubblica statunitense,
Garvey era completamente ignorato, oltre che dagli studiosi bianchi, anche dagli
intellettuali neri. Quelle rarissime volte che quest'ultimi si riferivano al
giamaicano era per sottolinearne l'opportunismo o altri aspetti negativi. Così
quando nel 1925 Alain Locke pubblicò in The New Negro uno studio sulla
nuova immagine dell'individuo afroamericano, solo un piccolo accenno venne fatto
riguardo il ruolo certamente determinante del movimento nazionalista nero. Dopo
la deportazione del giamaicano le cose cominciarono a cambiare. Nel 1927 il
docente di Harvard Benjamin G. Brawley iniziò a discutere di Garvey e
del suo movimento nel testo scolastico A Short History of the American Negro.
Lo stesso Brawley nello studio sulla letteratura afroamericana proposto nel
1937 con la pubblicazione di The Negro Genius sottolineò l'influenza
di Garvey sulla letteratura del cosiddetto "Harlem Renaissance". Nel
1930 l'autore afroamericano James Weldon Johnson riconobbe apertamente in Black
Manhattan l'importanza di Garvey e del suo messaggio d'orgoglio razziale nel
processo di rinascita della comunità nera statunitense, così come
fece nell'opera The Negro, Too, in American History (1938) anche Merl R. Eppse.
Nel corso degli anni Quaranta e Cinquanta grazie all'interesse di alcuni intellettuali
di colore proseguì l'opera di rivalutazione del garveysmo. Lo storico
Joel A. Rogers dedicò al presidente dell'UNIA uno dei capitoli del suo
libro World's Great Men of Color (1946), mentre Arna Bontemps e Jack Conroy
scrissero del giamaicano in una sezione del loro studio, They Seek a City, sulle
rinnovate aspirazioni della comunità afroamericana. L'importanza del
garveysmo fu rilevata anche dall'illustre storico John Hope Franklin che già
nella prima edizione dell'opera From Slavery to Freedom (1947) affermò:
"its significance lies in the fact that it was the first mass movement
among African Americans and that it indicated the extent to which they entertained
doubts concerning the hope for first-class citizenship in the only homeland
they knew." (3)
Nonostante rispetto agli anni Venti l'interesse degli storici per il garveysmo
fosse certamente cresciuto, fino alla metà degli anni Cinquanta alla
vicenda dell'UNIA e del suo presidente non vennero dedicati studi approfonditi.
Il prolungato silenzio fu interrotto solo nel 1955 dallo studioso americano
E. David Cronon con la pubblicazione di Black Moses: The Story of Marcus Garvey
and the Universal Negro Improvment Association.(4) Il libro venne presentato
nella sua prima edizione quando erano ancora molto pochi gli studiosi interessati
alla storia della popolazione nera del Nuovo Mondo. Lo stesso autore ne era
consapevole tanto da sentirsi obbligato nella prefazione a giustificare in qualche
modo questo suo particolare interesse per la materia.
Il vero e proprio dibattito storiografico su Garvey ed il garveysmo ha preso
piede solo a metà negli anni Sessanta in coincidenza, e non è
un caso, con tre importanti momenti storici: l'inizio del processo di decolonizzazione
del continente africano, la conquista dell'indipendenza delle popolazioni di
colore delle isole caraibiche ed, infine, l'affermazione negli Stati Uniti di
leader nazionalisti neri, Malcolm X su tutti, che nei loro discorsi si rifacevano
all'orgoglio razziale ed ai progetti separatisti tipici della politica di Garvey.
Da allora l'interesse degli studiosi di tutto il mondo nei confronti del presidente
dell'UNIA è progressivamente aumentato. In Giamaica la sua immagine,
per lungo tempo pubblicamente denigrata dal governo, è stata totalmente
rivalutata tanto che oggi Garvey è considerato il vero padre dell'indipendenza
nazionale. A Kingston, la capitale, gli è stata intitolata una strada
ed è stata collocata una sua statua all'interno del parco pubblico. Nel
1964, in occasione del rientro in patrie delle sue spoglie, gli è stato
riconosciuto il titolo onorifico di eroe nazionale. Egli, inoltre, è
un venerato profeta dei numerosi seguaci del movimento politico-religioso del
Rastafarianesimo.
Negli Stati Uniti l'interesse nei confronti di Garvey e della sua politica è
invece improvvisamente rinato nel momento in cui i portavoce del Black Power
hanno iniziato a ricordare nei loro discorsi il nome del presidente dell'UNIA
e ad elogiarne la strategia politica. Fondamentale è stato anche il contributo
di Amy Jacques Garvey, la seconda moglie del giamaicano, che, oltre ad aver
mantenuto per molti anni intensi rapporti di collaborazione con i nazionalisti
neri dell'Africa e del continente americano, ha reso possibile, grazie alla
pubblicazione di Garvey and Garveysm e di Black Power in America nel 1968, una
conoscenza più approfondita del pensiero del marito.
La stessa Amy Jacques Garvey ha curato la pubblicazione di The Philosophy and
Opinions of Marcus Garvey, un'opera che per anni è rimasta l'unica raccolta
di scritti e discorsi del nazionalista nero disponibile sul mercato. Tuttavia
oggi la sua validità è messa in forte discussione dagli studiosi
per il suo carattere intenzionalmente propagandistico e apologetico. Il primo
dei due volumi venne pubblicato infatti nel momento in cui, agli inizi del 1923,
Garvey era impegnato nella ricerca di sostegno per la sua battaglia legale contro
il governo statunitense. Per dare un'immagine il più liberale possibile
del giamaicano era necessario quindi non includere nella raccolta i discorsi
e gli articoli dal carattere più radicale. La strategia revisionista
venne adottata anche per la pubblicazione, nell'autunno del 1925, del secondo
volume. Allora Garvey, che stava scontando i cinque anni di detenzione nel carcere
di Atlanta, non poteva permettersi passi falsi se voleva ottenere la commutazione
della pena. Egli stesso, come ha ricordato la moglie in Garvey and Garveysm,
volle inviare copie gratuite del testo a Senatori e Deputati del Congresso nel
tentativo di suscitare l'interesse del mondo politico americano. E' evidente
pertanto che l'intera opera presenta dei difetti che bisogna attentamente valutare
ogni qualvolta si prende in considerazione i suoi contenuti.
A partire dal 1983, grazie all'incommensurabile lavoro di Robert Hill, lo studio
su Garvey e l'UNIA ha potuto compiere grandi passi avanti. Hill, infatti, in
qualità di direttore del progetto di ricerca del Centro di Studi Africani
dell'Università della California The Marcus Garvey and Universal Negro
Improvment Association Papers, ha curato la mastodontica raccolta di tutto il
materiale su Garvey e la sua associazione allora disponibile. Sono stati recuperati
più di trentamila fra documenti d'archivio e manoscritti originali provenienti
da diverse fonti e concernenti la vita del nazionalista giamaicano dalla nascita
sino alla morte; attualmente sono stati pubblicati dodici dei venti volumi previsti.
Ogni volume contiene lettere e manoscritti di Garvey, pamphlet, rapporti dell'FBI,
trascrizioni di discorsi, articoli di giornale, dispacci diplomatici e tutto
quant'altro si riferisce direttamente o indirettamente al pensiero e all'azione
del giamaicano. Inoltre nel primo volume è stata inserita da Hill una
preziosa introduzione allo studio del garveysmo.
Nonostante il gran lavoro di Hill, è necessario sottolineare che ancora
oggi il materiale originale sui cui lavorare per dare una corretta valutazione
di Garvey non è sufficiente. La mancanza di fonti dirette rende lo studio
su Garvey e l'UNIA ancora molto difficile. Il Dipartimento della giustizia statunitense
ha infatti sequestrato, e successivamente distrutto, tutti i registri dell'associazione
nel momento della condanna del giamaicano. Altro materiale è andato perso
inoltre in seguito ai contrasti interni all'organizzazione, mentre la maggior
parte dei documenti personali di Garvey è andata distrutta durante i
bombardamenti su Londra del 1941 e 1942.
Comunque gli studiosi del movimento garveysta sono numerosi ed in aumento. Il
più prolifico fra tutti è certamente il professore di storia e
cultura afroamericana Tony Martin. Egli, a partire dal 1976, ha pubblicato una
collana di libri per The New Marcus Garvey Library che oggi costituiscono un
punto di riferimento essenziale per chi voglia studiare la travagliata storia
del nazionalista giamaicano e della sua associazione. Martin non ha indirizzato
la sua ricerca in un'unica direzione ma in diverse, evidenziando così
aspetti che altri storici non hanno indagato. Così se in Race First ha
saputo ben delineare i fondamenti ideologici della politica garveysta, in altre
opere come Literary Garveysm e The Poetical Works of Marcus Garvey ha voluto
sottolineare il contributo diretto di Garvey nel processo di "rinascimento"
della cultura nera in atto negli anni Venti del Novecento. Probabilmente in
alcune occasioni l'analisi storica di Martin manca d'obiettività e tende
a sottovalutare gli errori del presidente dell'UNIA; ciò non toglie tuttavia
il valore del contributo di questo studioso alla storia del garveysmo.
Un altro dei principali studiosi del movimento garveysta è Rupert Lewis.
Nell'opera Anti-Colonial Champion egli ha voluto sottolineare tutte le espressioni
del carattere anti-coloniale dell'azione di Garvey. Particolare attenzione ha
posto sulla carriera politica del presidente dell'UNIA una volta rientrato in
patria nel 1927. Lewis, inoltre, ha pubblicato Marcus Garvey: Africa, Europe,
the Americas e Marcus Garvey: His Work and Impact. Questi libri raccolgono i
contributi degli storici e degli studiosi che hanno partecipato a due conferenze
internazionali su Garvey e il garveysmo: la prima organizzata nel 1973 dall'African
Association Studies of the West Indies e la seconda ospitata nel 1987 dall'University
of West Indies in occasione del centenario della nascita del presidente dell'UNIA.
Il dibattito storiografico sul garveysmo è in continua evoluzione ma
non ha ancora interessato studiosi europei e più specificatamente italiani.
Anche se molto spesso la vicenda del nazionalista giamaicano è accennata
nelle opere biografiche su più recenti e conosciuti politici afroamericani,
come Malcolm X e Martin Luther King, oggi il suo nome è per lo più
sconosciuto agli storici e nessun libro che lo riguardi è stato pubblicato
nel nostro paese. Questa analisi rappresenta dunque la prima indagine in lingua
italiana su questo protagonista della storia afroamericana.
Pertanto si deduce che per l'elaborazione di questa tesi sono state consultate
soprattutto opere in lingua inglese. Per quanto concerne le fonti dirette, sono
stati di fondamentale importanza i primi quattro volumi della già citata
collana curata da Robert Hill. Questi testi sono stati scelti perché
prendendo in considerazione il periodo tra il 1887 e il 1924 ci hanno consentito
di ricavare interessanti informazioni sul periodo di maggior impatto del garveysmo.
Di particolare utilità per l'analisi del periodo giovanile di Garvey,
del rapporto con i genitori e della fondazione dell'UNIA si è rivelato
lo scritto autobiografico The Negro's Greatest Enemy redatto nel settembre del
1923 durante la sua detenzione in carcere. Per comprendere appieno tutti gli
aspetti del sistema organizzativo su cui si reggeva l'associazione, dall'organizzazione
delle divisioni all'elezioni dei suoi rappresentanti, si è dimostrato
invece un valido punto di riferimento la Constitution and Book of Laws. D'altra
parte i numerosi articoli di giornale scritti dallo stesso Garvey, pubblicati
per la maggior parte sul Negro World, e le trascrizioni dei suoi discorsi sono
state molto utili per comprendere tutti gli aspetti della sua strategia politica;
di pari interesse ed importanza per rendersi conto del modo con il quale il
governo statunitense e le autorità coloniali agissero e si ponessero
nei confronti del nazionalista giamaicano sono stati i rapporti degli agenti
investigativi federali.
L'altra fonte diretta adottata per l'elaborazione di questa tesi è stata
l'opera in due volumi curata da Amy Jacques Garvey Philosophy and Opinions of
Marcus Garvey. E' necessario rilevare in ogni modo che le già notate
lacune di quest'opera e il fatto che la maggior parte del suo materiale sia
stato inserito anche nel lavoro di Robert Hill ci hanno portato ad un suo moderato
impiego.
Essenziale per una corretta interpretazione storica di Garvey e della sua associazione
è stato comprendere l'evoluzione generale del contesto politico, economico
e sociale statunitense nel periodo bellico e negli anni Venti. Utili in questo
senso si sono rivelati tre testi: The Limits of Liberty, American History 1607-1980
di Maldwin A. Jones, The Great Republic: A History of the American People di
John L. Thomas e Anxious Decades. America in Prosperity and Depression di Micheal
E. Parrish.(5) Per la più specifica analisi della realtà afroamericana
e dei diversi movimenti politici neri degli anni Venti ci si è avvalsi
invece dello studio di John Hope Franklin e Alfred Moss Jr. From Slavery to
Freedom - A History of African American. L'esame ed il confronto tra le diverse
posizioni dei maggiori esponenti politici neri contemporanei di Garvey è
stato fondamentale per riuscire a inquadrare correttamente la posizione del
nazionalista all'interno del movimentato scacchiere politico afroamericano del
tempo. A questo scopo sono stati utilizzati due testi: Black Leaders of the
Twentieth Century pubblicato nel 1982 da J. Hope Franklin e August Meier, e
African American Political Thought edito da Cary D. Wintz.
Per la comprensione più specifica della vicenda di Garvey e della sua
associazione sono state impiegate numerose opere monografiche. Una delle più
interessanti e complete è stata certamente The World of Marcus Garvey
pubblicata nel 1986 dalla studiosa statunitense Judith Stein. L'autrice, a differenza
d'altri storici, non ha voluto considerare lo sviluppo del movimento nazionalista
solamente come un fenomeno a sé stante, ma piuttosto come un processo
inserito nel generale contesto economico, politico e sociale delle comunità
nere di tutto il mondo. A suo avviso, infatti, le dinamiche di sviluppo dell'UNIA
e del suo programma appaiono alquanto caotiche se non vengono prima comprese
le peculiarità che contraddistinsero la situazione nelle differenti zone
d'espansione dell'associazione garveysta. L'indagine storica della Stein, inoltre,
non ha voluto tralasciare, per lo stesso motivo di cui sopra, l'analisi della
situazione politica ed economica mondiale precedente e contemporanea a Garvey.
La studiosa statunitense ha sapientemente osservato: "Underlyng the UNIA's
politics was a profound social upheavel that affected all parts of the black
word. This phenomenon cannot be reduced to racism." (6)
Oltre all'apprezzabile lavoro di Judith Stein, è necessario sottolineare
che per l'elaborazione di questa tesi sono stati di grande validità i
numerosi e già citati volumi pubblicati da Tony Martin per la Majority
Press. Marcus Garvey: Hero, un testo fatto apposta per introdurre gli studenti
delle scuole superiori allo studio del garveysmo, ha fornito indicazioni schematiche
sulla travagliata vita di Garvey; Race First è servito a delineare i
dogmi fondamentali della dottrina garveysta e a chiarire quali furono i rapporti
tra i nazionalisti neri e gli altri schieramenti politici del tempo; African
Fundamentalism e Literary Garveysm ci hanno aiutato nella comprensione dell'influenza
dell'UNIA nel processo di risveglio culturale della comunità afroamericana.
Nel trattare del complesso rapporto tra nazionalismo nero e sinistra politica
statunitense ci siamo avvalsi del contributo dell'opera di Philip S. Foner e
James A. Allen American Communism and Black Americans, A Documentary History,
1919-1929. Importante per la comprensione della strategia politica del partito
comunista americano e delle diverse organizzazioni sindacali sono state le opere
di Malcolm Sylvers Politica e ideologia del comunismo statunitense e Sinistra
politica e Movimento operaio negli Stati Uniti.
Il contributo di questo materiale bibliografico è stato necessario per
realizzare un'indagine approfondita sulla storia della Universal Negro Improvment
Association e il pensiero di Marcus Garvey. Abbiamo scelto però di concentrare
la nostra attenzione su un periodo limitato di tempo, ovvero dal 1916 al 1927,
perché è stato in questo particolare momento storico che l'organizzazione
garveysta riuscì ad assumere un ruolo importante all'interno del panorama
politico afroamericano e a coinvolgere nei suoi ambiziosi progetti ampi strati
della minoranza nera statunitense. In questo lasso di tempo Garvey, seppur interessandosi
alle condizioni della popolazione nera di tutto il mondo, visse negli Stati
Uniti ed operò principalmente dal quartier generale di New York . Egli
diventò il massimo rappresentante di quella fazione "separatista"
della comunità afroamericana che, non credendo nella possibile integrazione
dei neri in una società come quella americana dominata economicamente
e politicamente dai bianchi, si scontrò duramente con i neri di idee
liberali o di stampo socialista. Perciò l'analisi della sua breve ma
intensa esperienza statunitense ci porterà ad indagare indirettamente
anche sulle condizioni della minoranza nera negli anni Venti e sulle soluzioni
proposte dagli altri leader afroamericani al problema tragico della questione
razziale.
I cinque capitoli che compongono questa tesi sono strutturati affinché,
giunti alla conclusione, si possiedano sufficienti elementi per stabilire l'importanza
ed il valore storico del movimento garveysta e del suo leader. La prima parte
del nostro studio è stato perciò dedicata alla biografia di Garvey.
La vita del giamaicano è stata tutta un continuo susseguirsi d'eventi
che lo hanno portato dal piccolo centro rurale di St.Ann's Bay ai grandi palcoscenici
della politica internazionale. Egli nacque in Giamaica, diventò una personalità
importante negli Stati Uniti e morì in Inghilterra. Nel secondo capitolo,
nel delineare i fondamenti del pensiero di Garvey, abbiamo voluto rilevarne
le influenze ideologiche e il continuo processo di mutamento che esso subì
nel corso degli anni. Indispensabile è stato comprendere la sua personale
interpretazione della religione, della cultura e della storia. Il terzo capitolo
è stato invece dedicato all'attività propagandistica dell'UNIA,
in particolare al settimanale Negro World, e alle vicende della Black Star Line,
l'impresa commerciale il cui destino segnò anche il fallimento più
generale dell'associazione. La politica pan-africana è stata argomento
del quarto capitolo; qui si è trattato specialmente del tentativo di
"colonizzazione" della Liberia e della penetrazione dell'ideologia
garveysta nell'ambiente politico sudafricano. Nell'ultimo capitolo abbiamo approfondito
quali furono le relazioni tra Garvey e gli altri leader della comunità
nera statunitense del tempo per capire quale sia la collocazione più
corretta del nazionalista giamaicano all'interno del panorama politico afroamericano.
La prima parte della conclusione è stata invece riservata all'analisi
del difficile rapporto tra il governo statunitense e l'UNIA. In questo modo
abbiamo voluto sottolineare quanto l'azione repressiva delle autorità
americane abbia contribuito al crollo repentino del movimento di massa. L'importanza
storica e l'influenza odierna del garveysmo sono stati temi affrontati nella
seconda e conclusiva parte.
Capitolo I - La vita di Marcus Garvey
1. Gli anni di formazione
L'infanzia e l'adolescenza a St.Ann's Bay
Marcus Mosiah Garvey nacque il 17 agosto 1887 nella città
di St.Ann's Bay, un piccolo centro situato sulla costa settentrionale della
Giamaica. L'isola caraibica, scoperta da Colombo nel 1494 e colonia spagnola
sino al 1655, apparteneva allora ai territori della Corona Inglese la quale
esercitava il suo potere attraverso l'azione di un governatore. La maggior parte
della popolazione era costituita da uomini e donne di discendenza africana che
vivevano in una condizione di grande povertà. Anche se la schiavitù
era stata abolita nel 1834 la discriminazione razziale dominava ogni aspetto
della società giamaicana garantendo ai bianchi, che costituivano all'incirca
il 3% degli abitanti, una posizione di dominio economico e politico.(7) Gli
appartenenti alla comunità nera perciò si guadagnavano da vivere
o coltivando piccoli appezzamenti di terra che i grandi proprietari terrieri
gli concedevano in cambio di una consistente parte del loro raccolto o lavorando
nelle piantagioni dell'isola come nel periodo precedente l'emancipazione. Oltre
al potere economico anche quello politico era completamente in mano ai bianchi
perché la richiesta di ristretti requisiti impediva a nove decimi della
popolazione di colore di votare. La discriminazione regolava tutti gli aspetti
della società giamaicana e quindi anche il sistema scolastico rendendo
l'analfabetismo una regola tra la popolazione nera.(8)
In questa realtà di povertà e razzismo era cresciuto il giovane
Marcus. La sua famiglia faceva parte di quest'ultima classe sociale, costituita
per lo più da piccoli contadini, artigiani e operai. In un breve scritto
autobiografico egli descrisse accuratamente il carattere dei genitori. Il padre
era un uomo intelligente e coraggioso, talvolta così impavido da non
valutare attentamente le conseguenze delle sue azioni. La madre, al contrario,
era una donna modesta e una cosciente cristiana, fin troppo buona per i tempi
in cui viveva. A proposito Garvey ricorderà: "she was the direct
opposite of my father. He was severe, firm, determined, bold and strong, refusing
to yield even to superior forces if he believed he was right. My mother on the
other hand, was always willing to return a smile for a blow, and ever ready
to bestow charity upon her enemy." (9)
Marcus Sr., pur possedendo un piccolo terreno agricolo, lavorava come capomastro.
Si vantava d'essere un discendente dei Maroons, gli schiavi africani che, deportati
in Giamaica, erano riusciti a sfuggire ai padroni inglesi nascondendosi sulle
verdi e impenetrabili colline dell'isola. Egli si distingueva dalla maggior
parte dei suoi concittadini per una buona istruzione -possedeva infatti una
piccola biblioteca - e per una grande determinazione nel voler migliorare lo
standard di vita della propria famiglia. Nonostante fosse un uomo intelligente
e intraprendente, non trovò nel piccolo centro di St.Ann's Bay un ambiente
adatto a sfruttarne le caratteristiche. La madre di Marcus Jr., Sarah, svolgeva
diversi lavori per aiutare la famiglia improvvisandosi all'occorrenza cuoca
o commerciante o governante. Anche la sorella maggiore, Indiana, contribuiva
lavorando come domestica di servizio presso una famiglia in Inghilterra.
Risale al 1900 uno degli episodi che cambiò la vita del giovane Garvey
indirizzandola verso una direzione ben precisa. Nell'autobiografia egli racconterà
d'aver vissuto un'infanzia spensierata. Tra i suoi compagni di gioco aveva legato
particolarmente con una ragazza bianca che gli abitava affianco. I due amici
non avevano mai dato importanza al diverso colore della pelle fino a quando,
ricorda Marcus "at fourteen my little white playmate and I parted. Her
parents thought the time had come to separate us and draw the color line. They
sent her and another sister to Edinburgh, Scotland, and told her she was never
to write or try to get in touch with me, for I was a 'nigger'. It was then that
I found for the first time that were some difference in humanity, and that there
were different races, each having its own separate and distinct social life."
(10)
Il processo di maturazione politica
Mentre stava ancora frequentando la scuola primaria, Garvey
cominciò a mostrare una profonda avversione verso la subordinazione e
l'ubbidienza. Era uno scolaro ribelle che caratterialmente non sopportava di
dover sottostare alle violenze e all'autorità degli insegnanti. "I
simply refused to be whipped. I was not made to be whipped. It annoys me to
be defeated."(11) affermerà nella già citata autobiografia.
Nel 1900 Garvey cominciò l'apprendistato come stampatore lavorando presso
la tipografia del padrino, Alfred E. Burrowes, un personaggio fondamentale per
la formazione culturale del ragazzo. Marcus lo ricorderà come un uomo
colto e abile negli affari che lo istruì e lo aiutò nello sviluppo
di un carattere forte e determinato: "my apprentice master was a highly
educated and alert man. In the affaire of business and the world he had no peer...at
fourteen I had enough intelligence and experience to manage man. I was strong
and manly, and I made them respect me. I developed a strong and forceful character,
and have maintained it still."(12) Nel 1903 Garvey, dopo aver completato
la sesta classe, abbandonò la scuola ed iniziò a lavorare stabilmente
presso la tipografia. I libri e i giornali stampati nel negozio di Burrowes
stimolarono la curiosità intellettuale del ragazzo che cominciò
allora a manifestare il desiderio di conoscere ciò che succedeva al di
fuori di St.Ann's Bay. Fu per soddisfare questa esigenza che, nel 1906, si trasferì
a Kingston, la capitale giamaicana dove, dopo che un tremendo uragano si era
abbattuto su St.Ann's Bay distruggendo i campi della famiglia, lo raggiunse
anche la madre. Sarah però non si adattò mai alla caotica vita
di Kingston e morì poco dopo. Marcus, al contrario, si inserì
con successo in questa nuova realtà. Lavorò nella tipografia della
P.A. Benjamin & Company, un'industria farmaceutica che stampava le proprie
etichette e i propri volantini pubblicitari. Nel 1908 si unì ai colleghi
in uno sciopero che non ebbe grande fortuna e che finì per fargli perdere
il lavoro. In poco tempo però riuscì a trovare un nuovo impiego
nella stamperia del Governo che gli permise di risparmiare i soldi necessari
per la pubblicazione del suo primo giornale, il Garvey's Watchman.
Nella capitale giamaicana Garvey si trovò immerso nella vita politica
ed intellettuale del paese. Nel 1909 entrò a far parte del National Club(13),
fondato il 3 marzo dello stesso anno da S.A.G. "Sandy" Cox, avvocato
e membro del Consiglio Legislativo nazionale. Garvey venne presto eletto "assistant
secretary", tuttavia, non soddisfatto in pieno del suo lavoro, decise di
lasciare l'isola.
La scoperta del mondo: il viaggio in Centro America e l'esperienza europea
Nel corso del 1911 quasi tredici mila giamaicani partirono
per il Centro America dove ad aspettarli trovarono almeno altri sessanta mila
connazionali. Una parte di loro andò a Panama, dove già a cominciare
dagli anni '60 dell'Ottocento un gran numero di immigrati provenienti dalle
Indie Occidentali era stato impiegato nella costruzione della linea ferrovia
e, successivamente, nella realizzazione del Canale. Altri, tra i quali Garvey,
scelsero il Costa Rica uno dei paesi che, grazie all'espansione degli interessi
capitalistici statunitensi, offriva in quel momento maggiori opportunità.
Garvey, aiutato da uno zio, trovò impiego come "timekeeper"(14)
presso le piantagioni di banane della United Fruit Company. Durante il breve
periodo trascorso nel piccolo centro di Port Limon pubblicò La Naciòn/The
Nation, un giornale stampato in lingua spagnola e in lingua inglese che denunciava
nei suoi articoli lo sfruttamento dei lavoratori nelle piantagioni e l'intollerabile
comportamento del Console britannico, totalmente passivo nella difesa dei diritti
dei sudditi reali.
Nei successivi due anni, Garvey fu impegnato in un viaggio itinerante attraverso
l'Ecuador, il Venezuela, la Colombia e tutto il Centro America, regioni nelle
quali constatò che le condizioni delle minoranze nere non erano diverse
da quella pessime della Giamaica.
Nel 1912 Marcus, senza soldi e alla disperata ricerca di un'occupazione, tornò
in patria dove rimase poco tempo prima di ripartire con una nuova destinazione:
l' Inghilterra. A Londra Garvey visse delle nuove esperienze culturali e politiche
fondamentali per il suo futuro. Egli, che saltuariamente frequentava le lezioni
di giurisprudenza del Birbeck College di Londra, passò ore e ore nella
galleria degli ospiti della "House of Commons" ad ascoltare Lloyd
George(15) ed i suoi colleghi dibattere sui temi del giorno. Stimolato più
che mai da questo fervido clima politico, il giovane Marcus esercitava poi la
propria arte oratoria all'Hyde Park's Speakers Corner.
Nella capitale inglese Garvey conobbe Dusé Mohamed Alì. Questi,
dal 1912, pubblicava una rivista, African Times and Orient Review, che raccoglieva
i contributi di scrittori africani, cinesi, arabi ed europei che esponevano
nei loro articoli i concetti base del pensiero pan-africano e anti-colonialista
pre-bellico. Booker T. Washington, W.E.B. DuBois, Wilmot Blyden, John Edward
Bruce e Williams Ferry erano alcuni intellettuali neri collaboratori dell'African
Times and Orient Review. Marcus, che lavorò per i primi tempi come messaggero
per Alì , nell'ottobre del 1913 pubblicò anche un interessante
articolo sulla storia delle Indie Occidentali.
Garvey, tra la fine del 1913 e gli inizi del 1914, visitò importanti
città europee come Parigi, Monte Carlo, Madrid, Bologna, Glasgow ed Edinburgo.
Una volta tornato a Londra riuscì a risparmiare una cifra sufficiente
per poter acquistare un biglietto di ritorno per la Giamaica. Al termine dell'esperienza
europea egli racconterà d' aver viaggiato in lungo e in largo ma di aver
incontrato sempre la stessa situazione: "I set sail for Europe and although
different it was the same stumbling block 'You are black'. I read of the conditions
in America. I read 'Up from Slavery', by Booker T. Washington, and then my doom
- if I may so call it- of being a race leader dawned upon me in London after
I had traveled through almost half Europe. I asked, 'Where is the black man's
government?' 'Where is his King and his kingdom?' 'Where is his President, his
country, and his ambassador, his army, his navy, his men of big affairs?' I
could not find them, and then I declared: I will help to make them."(16)
La creazione della Universal Negro Improvment Association
Alla fine del luglio del 1914 Garvey conobbe Amy Ashwood, la
donna che in futuro sarà, per un breve periodo, sua moglie. La giovane,
rimasta affascinata dal carisma di Marcus, ben presto diventò la sua
fidanzata. Come ricorderà Amy, i due giovani erano uniti dallo stesso
desiderio: "Our joint love for Africa and our concern for the welfare of
our race urged us on to immediate action. Together we talked over the possibility
of founding an organisation to serve the needs of the peoples of African origin."(17)
Garvey e la compagna lavorarono duramente per creare la Universal Negro Improvment
Association (UNIA), un'organizzazione che nelle loro intenzione doveva operare
per il progresso e il miglioramento delle condizioni della razza nera e di cui
Marcus divenne il presidente ed Amy segretaria. Garvey racconterà nell'
autobiografia che questa particolare denominazione fu pensata al termine di
una lunga conversazione con un connazionale che aveva recentemente visitato
il Basutoland, l'attuale Lesotho, dalla quale venne a conoscenza dell' orribile
trattamento che gli Africani subivano da parte dei colonizzatori: "He related
to me in conversation such horrible and pitiable tales that my heart bled within
me. Retiring from the conversation to my cabin, all day and the following night
I pondered over the subject matter of that conversation, and at midnight, lying
flat on my back, the vision and thought came to me that I should name the organization
the Universal Negro Improvment Association and African Communites (Imperial)
League. Thus to the world a name was born, a movement created, and a man became
known."(18)
Agli esordi l'UNIA mancò dell'appoggio della popolazione di colore tanto
che nel 1916 gli associati non erano più di cento. Anzi, ad opporsi al
movimento erano soprattutto i cosiddetti "respectable Negroes", coloro
che secondo Garvey non andavano orgogliosi della propria razza. Egli allora
si trovò di fronte ad un bivio: "I had to decide whether to please
my friends and be one of the 'black-whites' of Jamaica, and be reasonably prosperous,
or come out openly and defend and help improve and protect the integrity of
the black millions, and suffer."(19)
Dopo un anno di vita i pochi soci dell'UNIA fissarono come obbiettivo concreto
quello di dar vita ad una scuola modellata sull'esempio americano del Tuskegee
Institute(20) fondato da Booker T. Washington. La morte improvvisa di Washington,
il 14 novembre del 1915, fece slittare di qualche mese il viaggio negli Stati
Uniti che Garvey aveva programmato da tempo allo scopo di raccogliere fondi
per la scuola.
2. Garvey e l'UNIA negli Stati Uniti
Le prime esperienze politiche
Le difficoltà incontrate in patria costrinsero il fondatore
dell'UNIA a varcare i confini nazionali nel tentativo di trovare all'estero
il sostegno economico che il pubblico giamaicano gli aveva negato. Se nell'isola
caraibica i neri non avevano in alcun modo risposto al suo appello, negli Stati
Uniti esistevano le condizioni sociali ed economiche ideali per un interessante
sviluppo dell'associazione.
Garvey giunse a New York nel marzo del 1916 all'età di ventotto anni.
Egli era un uomo basso e tarchiato ma con un carattere determinato e una grande
fiducia nelle proprie capacità. Furono soprattutto le sue spiccate doti
oratorie che gli permisero di diventare in poco tempo un personaggio di fondamentale
importanza per una parte della comunità afroamericana e di sviluppare
il più grande movimento di massa nero dell'epoca. Molte dichiarazioni,
sia di sostenitori che di avversari politici, testimoniano questo suo particolare
talento. J. Edgar Hoover, capo dell'FBI e tenace nemico del giamaicano lo descrisse
come "an exceptionally fine orator." Robert Minor, inviato del partito
comunista americano all'assemblea generale dell'UNIA nel 1924, sottolineò
in un suo articolo: "I heard Garvey speak last night. He is one of the
most powerful personalities that I have ever seen on the plataform."(21)
E ancora, un giornalista del Panama-American dichiarò: "He would
probably pass unnoticed in a crowd- until he speaks. He has the most precious
of all bounties, the gift of eloquence; and as he speaks his small, dark brown
eyes seem to grow, his even white teeth flash through black lips. His speech
is smooth and unctuous, without any touch of the American twang despite his
long residence in the United States. His English is that of an Oxford scholar
and when he speaks - his hearers listen."(22)
Per un primo periodo il fondatore dell'UNIA alloggiò presso una famiglia
di colore nel quartiere di Harlem e si guadagnò da vivere lavorando part-time
in una tipografia. Nel corso del secondo decennio del Novecento gli Stati Uniti,
soppiantando Panama, erano diventati la meta principale dell'immigrazione giamaicana.
Tra il 1911 e il 1921 all'incirca trentamila immigrati si trasferirono dall'isola
caraibica alle grandi città americane, soprattutto a New York. Negli
anni Venti ad Harlem, dove viveva la più grande comunità afroamericana
della metropoli newyorchese, un nero su cinque proveniva dalle Indie Occidentali.
Garvey ritrovò proprio ad Harlem il connazionale W.A. Domingo, compagno
ai tempi del National Club con il quale aveva collaborato in passato alla stesura
di The Struggling Mass, un opuscolo d'aspra critica della politica del governo
giamaicano. Fu proprio Domingo ad introdurre Garvey alla lettura degli scritti
dell'intellettuale nero Edward Wilmot Blyden e a presentarlo ad alcuni prominenti
politici afroamericani. William Ferris, collaboratore del Champion Magazine
e autore dell'opera The African Abroad or his Evolution in Western Civilization,
e Hubert Harrison(23) mostrarono da subito grande disponibilità nell'aiutarlo.
Il 9 maggio 1916 Garvey tenne il primo discorso pubblico in terra statunitense.
La sala della chiesa di St. Mark ospitò lo scarso pubblico, circa quaranta
persone, radunato per ascoltarlo. Il debutto non fu certo dei migliori, dato
che il giovane oratore, imbarazzato e turbato dalla maleducazione della platea,
cadde dal palco. Tuttavia questo inconveniente non scoraggiò il presidente
dell'UNIA il quale, pochi giorni dopo, partì per un lungo viaggio di
promozione e raccolta fondi che lo portò in 38 stati. Agli esordi Garvey
non ottenne un grande successo: in giugno era a Boston ed alla fine dell'anno
aveva esposto le sue teorie a Filadelfia, Pittsburgh, Baltimora, Washington
e Chicago. Nei primi mesi del 1917 raggiunse il Sud e si recò in visita
al Tuskegee Institute.
Il manifesto che pubblicizzava l'arrivo di Garvey, in marzo, ad Atlanta lo descriveva
così: "An orator of exceptional force, Professor Garvey has spoken
to packed audiences in England, New York, Boston, Washington, Philadelphia,
Chicago, Milwaukee, St. Louis, Detroit, Cleveland, Cincinnati, Indianapolis,
Louisville, Nashville and other cities. He has travelled to the principal countries
of Europe, and was the first Negro to speak to the Veterans' Club of London,
England. This is the only chance to hear a great man who has taken his message
before the world. Come out early to secure seats."(24)
Il 12 giugno 1917 Hubert Harrison, impegnato nell'attività di promozione
della "Liberty League", invitò Garvey a parlare dinnanzi all'assemblea
di duemila persone radunate nella Betel AME Church. Questa volta il giamaicano
ottenne un buon successo che lo convinse ad organizzare regolari incontri dell'
UNIA presso la Lafayette Hall, nel quartiere di Harlem. Nonostante l'entusiasmo
iniziale le avversità non tardarono a presentarsi, anzi furono tali da
portare al fallimento il primo tentativo di dar vita ad una sezione newyorchese
dell'UNIA. Tony Martin, esperto studioso del movimento garveysta, sostiene che
fu la volontà di alcuni esponenti Socialisti e Repubblicani di trasformare
l'UNIA in un club politico a causarne la prima disfatta. Garvey da parte sua
ricorderà nell'autobiografia: "They fought me until they smashed
the first organization and reduced its membership to about fifty. I started
again and in two months built up a new organization of about 1,500 members.
Again the politicians came and divided us into two factions. They took away
all the books of the organization, its treasury and all its belongings."(25)
Lo sviluppo del ramo newyorchese dell'UNIA
Per salvaguardare l'organizzazione dal dannoso intervento di
faziosi politici Garvey, su richiesta dei pochi soci, accettò di diventare
il presidente della divisione di New York. Tale nomina provocò un'importante
trasferimento di poteri all'interno dell'UNIA: la sezione americana diventò
allora il quartier generale superando per importanza la sede di Kingston.
Allora Garvey prese ad agire con rinnovato vigore e il 2 luglio del 1918 l'Associazione
per il Progresso e il Miglioramento Nero venne riconosciuta dalle leggi dello
stato del New York. L'UNIA cominciò a diffondere il suo messaggio anche
in aree geografiche al di fuori degli Stati Uniti dove, in poco tempo, vennero
fondate numerose divisioni. Oltre all'intensa azione propagandistica di Garvey,
fondamentale per l'espansione internazionale dell'UNIA fu l'opera di alcuni
marinai di colore che divulgarono i principi e le regole dell'organizzazione
in tutto il continente americano e in Africa. I dati riportati in un registro
dell'associazione ben evidenziano la distribuzione delle 996 divisioni dell'UNIA
attive nel 1926. All'incirca i tre quarti si trovavano sul territorio statunitense
e principalmente negli stati meridionali della Louisiana (74), della Virginia
(48), del North Carolina (47) e del Mississippi (44). Le 271 sezioni esterne
erano dislocate perlopiù a Cuba (52), a Panama (47), a Trinidad (30)
e in Costa Rica (15).(26) Non ci sono invece dati certi sull'effettivo numero
di soci iscritti nei registri dell'organizzazione nazionalista. Nel 1920 Garvey
dichiarò di avere quattro milioni di seguaci; nel 1924 secondo il giamaicano
i suoi sostenitori erano diventati sei milioni e nel 1928, nel vivo del periodo
di profonda crisi, a suo avviso erano addirittura aumentati fino a undici milioni.
Di tutt'altro spessore furono le stime avanzate dai critici. Nel gennaio del
1923 W.E.B. Du Bois calcolò tra i nove e i diciassette mila il numero
dei soci dell'UNIA e nello stesso anno William Pickens affermò che l'associazione
non aveva mai superato i trentamila membri.
Fermo restando l'incertezza sul numero dei soci possiamo affermare che la base
sociale del movimento era comunque ampia. Negli Stati Uniti la maggior parte
dei garveysti erano poveri immigrati provenienti dalle Indie Occidentali, ma
vi erano anche professionisti, intellettuali e neri statunitensi che erano stanchi
di sottostare al dominio economico e politico dell'elite bianca. Anche numerose
donne entrarono a far parte dell'UNIA e alcune di loro seppero ritagliarsi uno
spazio importante. Nonostante l'organizzazione fosse dominata dagli uomini Garvey
creò due corpi femminili che avevano compiti di rilievo. Le Black Cross
Nurses (Infermiere della Croce Nera), modellate sull'esempio della Croce Rossa,
costituivano una divisione ausiliaria dell'organizzazione con compiti di soccorso
e assistenza medica. L'Universal Motor Corps era invece un'unità militare
formata esclusivamente da donne che conoscevano la disciplina militare ed erano
in grado di guidare e riparare automezzi.
Tornando agli sviluppi iniziali del ramo newyorchese nel luglio del 1918 venne
stampata la Constitution and Books of Laws, una vera e propria costituzione
dell'organizzazione. Il preambolo affermava: "The Universal Negro Improvment
Association is a social, friendly, humanitarian, charitable, educational, institutional,
constructive and espansive society, and is founded by person, desiring to the
utmost, to work for the general uplift of the Negroes people of the world."(27)
Il documento elencava principi ed obiettivi dell'UNIA ma conteneva soprattutto
una lunga serie di norme necessarie a regolare la vita dell'associazione. Nella
costituzione veniva affermato che i membri dovevano obbligatoriamente essere
persone d'origine africana devote alla causa della propria razza; sette di loro,
unendosi e richiedendo il riconoscimento alla sede centrale, avrebbero potuto
dar vita ad una divisione locale. Ogni singola sezione aveva il dovere di versare
dei contributi mensili all'organizzazione centrale e il diritto d'essere rappresentata
durante le annuali assemblee generali da un proprio delegato. Nel testo si stabiliva
inoltre che nel corso della prima convention internazionale dell'UNIA si sarebbero
svolte le elezioni dei deputati; quest'ultimi dovevano formare l'High Executive
Council (Consiglio Esecutivo), ovvero l'organo direttivo che avrebbe stabilito
la politica generale dell'associazione. Il Potentate era a capo del consiglio,
formato tra l'altro anche da un Supreme Deputy, un President General e un High
Commisioner, e possedeva grandi poteri decisionali. Il quinto articolo stabiliva
infatti che: "he shall have constitutional authority, through his high
offiice, to suspend, reduce or relieve any officer...he shall issue 'articles'
or 'message' from time to time to the entire body of members of the UNIA ...he
shall be empowered to confer titles, honors, orders of merit, degrees, or marks
of distinction on any person who shall have rendered faithful service to the
purposes of the UNIA."(28)
In questo periodo Garvey, nel tentativo di favorire una rapida diffusione delle
sue idee, decise d'iniziare la pubblicazione di un settimanale. Il 17 agosto
1918 il primo numero del Negro World venne consegnato gratuitamente ai membri
dell'UNIA e nel giro di poche settimane si distinse come una delle migliori
pubblicazioni afroamericane, distribuito anche fuori dai confini statunitensi.
La Black Star Line
Il 1919 rappresentò per il movimento garveysta un anno
di grande importanza. In un articolo pubblicato sul New York Call del 27 aprile
il presidente dell'UNIA reclamizzò per la prima volta un nuovo ed ambizioso
progetto: la creazione della Black Star Line (BSL), ovvero di una linea di navigazione
completamente gestita dai membri dell'associazione. Nella visione di Garvey
le navi della BSL avrebbero dovuto trasportare le merci, le materie prime e
i manufatti prodotti dagli imprenditori di colore dell'Africa, dei Caraibi e
del Nord America diventando così il pilastro di un mercato di scambio
globale fra tutte le popolazioni nere del mondo. Perciò da quel momento
il nuovo e principale obiettivo dell'associazione diventò la raccolta
di fondi per acquistare al più presto la prima imbarcazione della flotta.
Il 23 giugno le autorità del Delaware riconobbero legalmente la BSL come
società per azioni con un capitale massimo di $500.000 suddiviso in azioni
da cinque dollari ciascuna. Il terzo paragrafo del Certificato di Incorporazione
stabilì che la BSL era costituita "for the purpose of building for
its own use, equipping, furnishing, fitting, purchasing, chartering, navigating
or owing steam, sail or other boats, ships, vessels or other property, to be
used in any lawful business, trade, commerce or navigation upon the ocean, or
any seas, sounds, lakes, rivers, canals or other waterways and for the carriage,
transportation or storing of lading, freight, mails, property or passenger thereon."(29)
Garvey si dichiarò subito ottimista riguardo la risposta del popolo nero:
"Two Million Dollars must be raised in four months, starting from Sunday
the 8th inst., and I trust every man, woman and child in these United States,
Canada, South and Central America, the West Indies and Africa, will respond
in the true spirit of this universal appeal."(30) Secondo i piani del presidente
dell'UNIA il 31 ottobre la BSL avrebbe dovuto presentare agli azionisti la prima
nave.
Le reazioni che seguirono a questo annuncio furono differenti. Come osservato
anche dagli agenti dell'FBI la comunità afroamericana era pervasa da
un'atmosfera di grande eccitamento. Uno degli investigatori sottolineò
preoccupato: "It is surprising to note the excitement which Garvey is causing
among the negro element in New York truh this steamship proposition. With the
promise of 'partecipation in the world's trade' he has induced these negroes
to part with their money up to the present to the extent of $25.000 we are informed.
A list of contributors published in his newspaper indicates that is campaign
in nation-wide, the out of town negroes being handled thru the mails."(31)
Per il governo statunitense tutto ciò suonò come un campanello
d'allarme che lo indusse a scatenare contro l'UNIA un'offensiva condotta dall'assistente
del Procuratore Generale, Edwin Kilroe, e fomentata dalle diffamazioni degli
avversari politici afroamericani di Garvey. Il giamaicano venne ripetutamente
convocato nell'ufficio di Kilroe ed interrogato su questioni che spesso non
riguardavano l'associazione ma vicende della sua vita privata. Dopo che per
otto, nove volte si ripeté la stessa scena il presidente dell'UNIA contrattaccò
attraverso le pagine del Negro World. Allora venne denunciato per diffamazione
e prontamente arrestato. Solo dopo aver ritrattato ciò che aveva scritto
venne rilasciato.
Garvey, abile oratore, non perdeva occasione per invitare i soci dell'UNIA ad
acquistare le azioni della BSL. Egli assicurava ai suoi sostenitori che investire
in questo modo i propri risparmi avrebbe valso un ottimo guadagno: "The
Black Star Line Corporation presents to every Black Man, Woman, and Child the
opportunity to climb the great ladder of industrial and commercial progress.
If you have ten dollars, one hundred dollars, or one or five thousand dollars
to invest for profit, then take out shares in the Black Star Line, Inc. This
corporation is chartered to trade on every sea and all waters. The Black Star
Line will turn over large profits and dividends to stockholders, and operate
to their interest even whilst they will be asleep."(32)
La prospettiva di una nave gestita esclusivamente da neri non impressionò
comunque né i circoli imprenditoriali di Harlem né la maggior
parte dei leader afroamericani che considerarono il progetto della BSL come
un semplice tentativo di rubare dei soldi alla povera gente. La risposta concreta
di Garvey alle pesanti accuse di ladrocinio non si fece attendere: a metà
settembre annunciò con orgoglio che la prima nave della compagnia poteva
essere visitata all'attracco portuale della 135 West. L'assistente del Procuratore
Generale, una volta scoperto che la BSL non aveva ancora definitivamente acquistato
la nave pubblicizzata come propria, convocò Garvey e lo avvertì
che stava rischiando di commettere il reato di frode commerciale. Allora il
giorno seguente, il 17 settembre, il direttivo della BSL concluse le trattative
in corso con la North American Steamship Corporation, una consociata canadese
della Harris Magill and Company, e acquistò definitivamente per una cifra
di $165.000 una piccola nave da carico, la S.S. Yarmouth che nel corso della
guerra era stata utilizzata per trasportare cotone. In realtà l'imbarcazione,
date le sue pessime condizioni, non aveva un valore superiore ai $25.000.
La necessità di vendere azioni della compagnia obbligò Garvey
ad un'azione di propaganda notevole. Una delle città americane dove viveva
allora una delle più grandi comunità afroamericane era Chicago.
Nella capitale dell'Illinois l'UNIA decise di impegnarsi in un'imponente campagna
pubblicitaria nella speranza di raccogliere più denaro possibile. Gli
sforzi dell'associazione furono però in parte vanificati dall'atteggiamento
ostile del Chicago Defender, un importante settimanale afroamericano che al
momento dell'acquisto della Yarmouth ricordò sarcasticamente ai lettori
il totale fallimento di un progetto per molti aspetti simile a quello della
BSL, l'Akym Trading Company di "Chief Sam"(33) . A fine settembre,
salito sul palco dell'Eighth Regimental Armory per invitare il pubblico a comprare
azioni, Garvey ebbe l'occasione di replicare accusando l'editore del Chicago
Defender, Robert S. Abbott d'essere un traditore della razza. Al termine del
discorso il presidente dell'UNIA fu arrestato per violazione della "Blue
Sky Law", una legge statale che vietava la vendita non autorizzata di azioni.
Certamente Abbott non fu estraneo alla vicenda anche se Garvey, rilasciato dopo
aver pagato una multa di $100, attribuì le responsabilità dell'inconveniente
all'incompetenza dei suoi avvocati.
Nell'ottobre dello stesso anno accadde un episodio che pubblicizzò favorevolmente
il personaggio di Garvey. Un certo George Tyler, ex dipendente dell'UNIA, si
recò nell'ufficio del presidente dell'associazione per reclamare il saldo
d'un presunto credito di 25 dollari. Innervosito dalla resistenza incontrata
nel vecchio capo, estrasse una pistola dalla quale fece partire quattro colpi.
Solamente due andarono a bersaglio: uno sfiorò la fronte di Garvey, l'atro
lo ferì alla gamba destra. Tyler, dopo un tentativo di fuga per le vie
di Harlem fu arrestato e dopo pochi giorni, prima del processo, si suicidò
nella sua cella. La stampa afroamericana diede grande risalto all'accaduto e
Garvey divenne una sorta di martire per una parte della comunità nera.
Nel frattempo le operazioni d'organizzazione della BSL procedevano a pieno ritmo.
Il primo novembre il presidente dell'UNIA notificò a Josuha Cockburn,
un nero nativo delle Bahamas che aveva lavorato a lungo su navi nigeriane e
per altre compagnie africane, la nomina a comandante della nave Yarmouth, prontamente
ribattezzata S.S. Frederick Douglass.(34) In questo modo la compagnia di navigazione
riuscì ad assicurarsi i servizi di uno dei pochi capitani di colore che
possedevano una regolare licenza.
Il 5 novembre, sulle ali dell'entusiasmo, Garvey annuniciò l'imminente
acquisto di una seconda imbarcazione: "The first step, the S.S. Frederick
Douglass is now afloat, and it is the determination of the directors to float
a ship every two months, and we have decided to float the second ship, wich
will be named the S.S. Phyliss Wheatley,(35) on the first of January, 1920,
and I am now asking the hearty co-operation of every Negro, in every part of
the world, to do his best and her best to make the Phyliss Wheatley as great
as a success as the S.S. Frederick Douglass."(36)
Alla fine di novembre la prima nave della BSL era pronta per affrontare il viaggio
inaugurale. Più di cinquemila neri affollarono il molo della 135esima
strada e molti di loro pagarono la quota di un dollaro per salire a bordo e
osservare da vicino l'equipaggio che si preparava alla partenza. Tutto sembrava
pronto quando Leo Healy, il rappresentante della Harris Magill Company, sopraggiunse
vietando al capitano di partire fino a quando la BSL non avesse fornito adeguate
coperture assicurative. Resosi conto che un eventuale annullamento del viaggio
avrebbe potuto provocare delle pericolose reazioni della folla, Healy decise
di permettere comunque alla nave di salpare regolarmente, a patto che gli fosse
concesso di salire a bordo insieme al capitano della North American Steam Corporation
per controllare la situazione. Imbarcati i due nuovi passeggeri la nave finalmente
partì. Il primo viaggio fu inaspettatamente breve: giunti in prossimità
del fiume Hudson Healy, allarmato dalle insicure condizioni dell'imbarcazione,
ordinò di bloccare la nave e di tornare al porto. Pochi giorni dopo,
regolate le questioni assicurative, la Frederick Douglass poté riprendere
il viaggio interrotto.
Nel frattempo importanti novità segnavano anche la vita privata di Garvey.
Il 25 dicembre 1919 all'interno della Liberty Hall di Harlem si celebrarono
le nozze tra Marcus ed Amy Ashwood. La ragazza aveva raggiunto l'amato a New
York e si era distinta ben presto come una delle figure femminili più
attive all'interno dell'organizzazione. I due sposi trascorsero la loro luna
di miele in Canada dove Garvey si impegnò in diverse iniziative di promozione
dell'UNIA . Il matrimonio, segnato da episodi di infedeltà reciproca,
durò solo due mesi. Dopo lunghe vicende processuali i due divorziarono
nel giugno del 1922, un mese prima della celebrazione delle seconde nozze di
Marcus con Amy Jacques.
Nei primi mesi del 1920 il direttivo dell'UNIA intensificò le iniziative
economiche. In primo luogo si impegnò, su proposta dell' intraprendente
mediatore Leon R. Swift, nell'acquisto di un battello, il S.S. Shadyside. Nonostante
fosse stato costruito nel 1873, dei lavori di riparazione ed ammodernamento
l'avevano riportato in buone condizioni. Garvey contrattò l'acquisto
ad un valore di $35.000. L'imbarcazione, nelle intenzioni della BSL, doveva
compiere delle rinfrescanti gite estive lungo il fiume Hudson dando così
anche alle famiglie afroamericane la possibilità di evadere dalle soffocanti
giornate estive newyorchesi. Questa volta Garvey fu costretto a scegliere un
bianco come capitano, Jacob Wise, data la mancanza di neri in possesso di regolare
licenza. Il 22 aprile il battello partì per la sua prima escursione.
Pochi giorni dopo Garvey attraverso le pagine del Negro World annunciò
che la BSL era in procinto di acquistare una terza nave, da ribattezzare S.S.
Antonio Maceo.(37) Leon R. Swift propose al direttivo della compagnia l'acquisto
della S.S. Kanawha, uno yacht a vapore di proprietà di un ricco magnate
padrone della Standard Oil. Il prezzo dell'operazione prevedeva $60.000 per
l'acquisto ed altri 25.000 necessari per adibire l'imbarcazione al trasporto
di persone e di merci. Il direttivo della BSL accettò l'offerta e decise
di destinare questa nave a veloci spedizioni tra gli Stati Uniti e i Caraibi.
Il 20 giugno 1920 la Antonio Maceo partì per il suo viaggio inaugurale.
La prima assemblea internazionale dell'UNIA
La strutturazione dell'UNIA garantiva alle singole divisioni
dell'associazione ampia autonomia nei confronti del quartier generale newyorchese
e piena libertà d'interpretazione degli obiettivi generali. Le diverse
sezioni sparse nel mondo organizzavano settimanalmente degli incontri durante
i quali i soci discutevano dei piccoli e grandi problemi che affliggevano la
comunità nera locale; talvolta i membri erano spettatori o parte attiva
di manifestazioni culturali che spesso si rifacevano alle antiche tradizioni
dei gloriosi regni africani. Le singole divisioni erano economicamente indipendenti:
gestivano in proprio piccole attività imprenditoriali, raccoglievano
tasse tra i loro associati, versavano regolari contributi alla sede centrale.
La forte decentralizzazione dell'associazione obbligava però i dirigenti
del quartier generale di New York ad una costante opera di controllo e collaborazione.
Allo scopo di unificare gli sforzi dell'UNIA Garvey organizzò nell'estate
del 1920 la Prima Convention Internazionale. Vi presero parte all'incirca duemila
delegati provenienti da ventidue nazioni che durante tutto il mese d'agosto
nel corso di regolari sessioni giornaliere discussero e lavorarono a numerosi
progetti. L'assemblea si aprì il primo del mese tra servizi religiosi
ed una mastodontica parata per le vie di Harlem. Più di cinquemila associati
marciarono ordinatamente formando un lungo e folcloristico corteo che si estese
dalla 130esima sino alla 140esima strada. Davanti a tutti sfilarono Garvey e
gli alti ufficiali dell'UNIA. A seguire il sindaco di Monrovia, giunto appositamente
dalla Liberia, la "Legione Africana" - il corpo militare dell'associazione
- e le "Black Cross Nurses" - le infermiere -. Nel mezzo del corteo
la banda dell'UNIA suonava e cantava inni all'Africa.
Nella giornata d'apertura della convention il presidente accolse i delegati
con parole di grande determinazione: "The delegates who came to New York
have absolutely nothing to fear. There is no race or nation in the world that
can intimidate the present day Negro. The New Negroes'cry is that we must have
liberty or death. We are men. We were sent to France and Flanders and Mesopotamia
by the white man to fight for democracy. That democracy we have not yet won,
and we will continue to fight for it until we have completely won it for ourselves.
We refuse to beg or cringe any longer; we demand our rightful palce in the sun."(38)
La sera successiva i delegati si riunirono all'interno del Madison Square Garden
per ascoltare nuovamente le parole del loro leader; quando Garvey salì
sul palco vestito con una colorita toga ed uno sgargiante cappello venne accolto
da un'ovazione che durò cinque minuti. Il giamaicano, che aveva sempre
manifestato pieno appoggio alle lotte nazionaliste combattute in quegli anni
da diversi popoli oppressi, esordì mostrando al pubblico due telegrammi.
Uno era stato spedito all'UNIA da un certo Louis Micheal, un ebreo di Los Angeles
il quale affermava: "there is no justice and peace in this world until
the Jew and the Negro both control side by side Palesatine and Africa."
L'altro era invece da inviare a Edmund De Valera, presidente della repubblica
Irlandese, e dichiarava: "25.000 negro delegates assembled in Madison Square
Garden in mass convention, representing 400.000.000 Negroes of the world, send
you greetings as President of the Irish Republic. Please accept sympathy of
Negroes of the world for your cause. We believe Ireland shall be free even as
Africa shall be free for the Negroes of the world. Keep up the fight for a free
Ireland."(39)
I numerosi discorsi tenuti da Garvey nel corso della convention affrontarono
più volte la questione del nazionalismo africano. Il concetto, ben espresso
nello slogan "Africa for the Africans", esprimeva la volontà
dei soci dell'UNIA di costituire uno stato africano libero e indipendente. Un
chiaro avvertimento venne lanciato nei confronti di coloro che si opponevano
a questo progetto, e in particolar modo all'uomo bianco che da sempre ne ostacolava
la realizzazione. Da quel momento in poi i neri, suggerì Garvey, non
avrebbero più dovuto versare sangue in battaglie combattute agli ordini
di comandanti bianchi e in nome della tanto sbandierata democrazia.
I concetti espressi dal presidente dell'UNIA e la loro crescente diffusione
cominciarono a preoccupare autorità importanti. Il legislatore dello
stato di New York citò il leader giamaicano nel "Lusk Report",
un documento d'approfondimento dei più pericolosi movimenti radicali
del momento. L'assistente del Procuratore Kilroe, nel tentativo di bloccare
i lavori dell'assemblea, chiamò in causa Garvey per delle dichiarazioni
apparse sulle pagine del Negro World. Il giudice lo condannò ma fu clemente:
decise che era sufficiente la pubblicazione di un articolo in cui il colpevole
ritrattava tutto ciò che aveva precedentemente scritto. D'altra parte,
anche influenti personalità afroamericane quali i socialisti Owen e Randolph,
il celebre intellettuale Du Bois e il direttore del New York Age Moore rilasciarono
interviste nelle quali accusarono Garvey, all'apice del successo personale,
d'essere un ignorante e un demagogo.(40)
Nonostante la crescente opposizione nei confronti del loro presidente, i delegati
riuscirono a lavorare alla stesura della Declaration of Rights of the Negro
People of the World, e renderla pubblica il 13 agosto del 1920. Il testo era
costituito da una prefazione di dodici "osservazioni critiche" sulla
condizione universale dei neri e da cinquantaquattro articoli che denunciavano
l'atteggiamento di discriminazione e razzismo adottato contro l'intera razza.
Pari opportunità economiche, politiche e sociali ed un'unica legge applicata
costantemente era ciò che i membri dell'UNIA chiedevano. I delegati delle
diverse divisioni elessero inoltre i rappresentanti nazionali ed internazionali
dell'associazione. Garvey venne designato "Provisional President of the
African Republic", una sorta di governatore africano in esilio. Per aiutarlo
nella sua funzione furono eletti un "Supreme Potentate" ed un "Supreme
Deputy Potentate". James W. H. Eason, un predicatore di Philadelphia, fu
scelto come leader dei neri d'America che, nelle intenzioni dell'associazione,
a breve avrebbe dovuto risiedere nella "Black House" di Washington.
George Alexander Mc Guire venne eletto "Chaplain General" dell'UNIA
mentre l'attivissima Henrietta Vinton Davis divenne "International Organizer"
e "Lady Commander of the Sublime order of the Nile". Tra i più
importanti aderenti al movimento garveysta spiccava la figura di Emmett J. Scott,
un tempo segretario privato di Booker T. Washington, e impiegato durante il
conflitto mondiale presso il Ministero della Guerra. Gli stessi delegati determinarono
il valore degli stipendi dei diversi ufficiali commettendo il fatale errore
di sottovalutare la delicatezza della questione economica. Il direttivo dell'UNIA
sfruttò i giorni delle convention per vendere numerose azioni delle diverse
imprese che si trovava a gestire. Per stimolare ulteriormente gli investimenti
da parte dei membri vennero coniate delle medaglie: una croce di bronzo sarebbe
stata consegnata a chi sottoscriveva azioni per un valore tra i 50 e i 100 dollari,
una d'argento per chi investiva tra i 100 e i 500 ed, infine, una d'oro per
chi superava l'ammontare di 500 dollari in titoli. Giunta al termine della prima
convention internazionale, l'UNIA ne uscì rafforzata e Garvey conquistò
la ribalta della scena mondiale.
Il "Liberian Construction Loan"
Nel corso dei lavori della grande convention estiva i soci dell'UNIA cominciarono
ad esprimere la volontà di creare nel continente nero uno stato autonomo,
totalmente indipendente dalle potenze coloniali e governato da "africani"
- termine con il quale Garvey non intendeva solo gli abitanti dell'Africa ma
tutti i neri dislocati nelle varie zone del mondo-. Nell'ottobre del 1920 il
direttivo dell'associazione decise d'impegnarsi concretamente nella realizzazione
di questo progetto tanto affascinante quanto di difficile attuabilità.
In uno dei periodici rapporti stilati per il servizio investigativo federale
l'agente P-138 informò i superiori di questo nuovo piano.(41) In conclusione
del suo resoconto aggiunse poi delle considerazioni sulle non buone condizioni
economiche dell'associazione: "If rumors are true, the financial bottom
is sure to be dropped out of his organization very soon..."(42) In effetti,
pare che proprio in questo periodo di innegabile popolarità Garvey e
gli altri dirigenti dell'UNIA si lasciarono sopraffare da manie di grandezza
senza considerare con la dovuta attenzione i delicati equilibri finanziari dell'organizzazione.
Incurante di tutto ciò Garvey invitò i suoi fedeli alla raccolta
di $2.000.000 per la concretizzazione di un progetto di colonizzazione e riabilitazione
dello stato liberiano. Il "Liberian Construction Loan" puntava in
primo luogo alla realizzazione in Liberia di una rete ferroviaria di collegamento
fra i più importanti centri del paese, alla costruzione di scuole, università
, chiese, fabbriche, porti e altre infrastrutture necessarie ad uno stato forte
e indipendente. Il piano finale del presidente dell'UNIA era quello di permettere
ai neri che vivevano in Occidente di tornare nel continente africano in uno
stato libero dal dominio dei bianchi. Il "Supreme Deputy" dell'UNIA
Gabriel Johnson lavorò duramente tanto che nel gennaio del 1921 venne
riconosciuta dalla legislazione liberiana la presenza di una divisione locale
dell'UNIA. Il primo febbraio del 1921 una commissione d'esperti dell'UNIA partì
per la Liberia dove guidata da Cyril A. Crichlow, avrebbe dovuto valutare accuratamente
la situazione nelle regioni dove si intendeva cominciare il lavoro di costruzione.
Una nave per l'Africa
Nel frattempo negli Stati Uniti al leader dell'UNIA cominciò
a venir meno l'appoggio incondizionato dei suoi sostenitori. Lo testimonia ad
esempio la dichiarazione rilasciata da uno degli investigatori federali che
seguiva assiduamente le mosse del giamaicano: "I am strongly of the opinion
that the sentiment has changed somewhat against Garvey among a certain group
of his followers who are getting bit nervous about their investment. From now
on I would not be a bit surprised to see a sudden collapse of the steamship
proposition, and a decided reversal of sentiment towards Garvey."(43) In
effetti l'attività della BSL procedeva tra mille problemi: il bilancio
consuntivo del 1920 svelò che nel corso dell'anno la compagnia di navigazione
aveva raccolto attraverso la vendita e la sottoscrizione d'azioni $610.860.
Il totale degli investimenti effettuati, comprendenti beni immobili, equipaggiamento
e l'acquisto di tre navi (Douglass, Kanawha e Shadyside), ammontava però
a soli $328.190. Il prospetto risultava in pareggio grazie a delle poco chiare
"spese organizzative" di $289.066.
Un altro episodio sintomatico delle difficoltà sempre maggiori dell'UNIA
risale ai primi di ottobre del 1920 quando Garvey si recò a Philadelphia
per incontrare i membri della sezione locale. I cinquecento che affollavano
la "Peoples Church" protestarono violentemente contro l'oscura gestione
dei fondi finanziari dell'associazione e costrinsero il giamaicano ad uscire
scortato dal corpo armato dell'UNIA. Il giamaicano compresa la delicatezza della
situazione cercò di riconquistare immediatamente la fiducia dei suoi
fedeli promettendo loro l'acquisto di una nuova nave che, almeno nelle sue intenzioni,
avrebbe dovuto collegare il continente americano all'Africa. L'11 ottobre in
un editoriale pubblicato sul Negro World annunciò: "…on January
1, 1921, we plan to launch the 'Phyllis Weathley' and send the first trading
ship manned and owned by Negroes and the pioneers of Africa".(44)
La necessità di reperire denaro per l'acquisto di una nuova nave costrinse
i dirigenti dell'UNIA ad intensificare notevolmente l'attività di propaganda,
e ciò fu fatto soprattutto al di fuori degli Stati Uniti. A partire dal
1919 in tutta la regione centroamericana e nelle isole caraibiche il messaggio
di Garvey si era diffuso con notevole successo e grande rapidità. A metà
degli anni Venti a Cuba erano attive 52 sezioni dell'associazione costituite
perlopiù da immigrati haitiani o cittadini provenienti da isole in mano
agli inglesi. Solo tra il 1921 e il 1922 all'incirca ventiduemila giamaicani
erano giunti a Cuba, la maggior parte dei quali trovò impiegò
nelle piantagioni di zucchero. Le disumane condizioni di lavoro alle quali gli
immigrati erano costretti a sottostare e l'indifferenza con la quale il governo
locale sorvolava la questione dei loro diritti li spinsero ad associarsi all'UNIA
che divenne più che un'organizzazione una sorta di partito politico,
l'unico che a Cuba difendeva gli interessi dei lavoratori. A Trinidad e Tobago
erano presenti altre trenta divisioni dell'associazione, in Giamaica undici,
a Panama quarantasei, in Costa Rica ventitre.
Dato il notevole apprezzamento Garvey decise di compiere un viaggio di promozione
dei progetti dell'UNIA proprio in quei paesi. Il capo dell'FBI, J. Edgar Hoover,
decise di approfittare della partenza del giamaicano per realizzare un piano
personalmente congeniato: una volta uscito dai confini nazionali, a Garvey,
che non aveva ancora completato le pratiche per diventare cittadino americano
e quindi era ancora a tutti gli effetti un semplice immigrato, sarebbe stato
negato il visto di rientro in modo tale da escluderlo per sempre dalla vita
politica statunitense. Lo stesso Hoover che a questo scopo aveva intessuto una
fitta ragnatela di collaborazione con tutte le autorità preposte al rilascio
di visti e permessi d'ingresso negli Stati Uniti, chiarì le sue intenzioni
al Commissioner General of Immigration Anthony Caminetti: "My purpose in
communicating with you is to ask your cooperation and assistance in having the
immigration authorities, at the various ports of entry on the Atlantic and Gulf
coasts, on the lookout for the return of Garvey, who is a British subject and
who should be closely questioned and examined before being allowed to again
enter the United States."(45)
L'offensiva contro Garvey non era comunque un'azione isolata, bensì faceva
parte di una strategia repressiva che il governo statunitense adottò
contro tutti i movimenti di natura sovversiva allora presenti sul territorio
nazionale. Tale atteggiamento venne adottato a partire dal 1919 in seguito allo
scoppio della cosiddetta "Red Scare", ovvero di un clima di generale
isteria che portò le forze conservatrici della società americana
a intravedere dietro ogni sostenitore di idee progressiste o comunque differenti
dalle loro il pericolo della rivoluzione comunista.
Garvey partì comunque per il lungo tour di promozione della BSL. In Giamaica
i suoi discorsi infiammarono le platee di ascoltatori tanto che il Console americano
che risiedeva a Kingston avvertì preoccupato il Dipartimento di Stato
dell'abilità del presidente dell'UNIA nel far lievitare l'antagonismo
razziale. Per evitare lo scoppio di disordini in una zona nevralgica per la
politica estera americana quale il Centro America, le autorità statunitensi
agirono immediatamente impedendo al pericoloso politico l'ingresso a Panama.
Il viaggio risultò comunque un grande successo personale per Garvey e
finanziario per l'UNIA. In Costa Rica il leader nero fu accolto dal presidente
della repubblica Acosta con gli onori riservati ai più prestigiosi capi
di stato. Il general manager della United Fruit Company stimò che in
pochi giorni l'associazione aveva raccolto nel territorio costaricano una somma
di circa $30.000.
Al momento di rientrare negli Stati Uniti la situazione si complicò.
Le manovre del capo dell'FBI costrinsero il leader giamaicano ad un esilio forzato
di cinque mesi, un periodo ben più lungo delle tre settimane preventivate
all'inizio del viaggio. Solo la disattenzione di un console da poco in carica
e una serie fortunata di eventi permisero a Garvey il ritorno sul suolo statunitense.
Il 13 luglio a bordo di una nave giunse al porto di New Orleans dove venne trattenuto
dai responsabili dell'ufficio immigrazione che però, dopo aver constato
la regolarità del visto di rientro, furono costretti a lasciarlo andare.
Poche ore dopo il presidente dell'UNIA tenne un discorso davanti ad una folla
di sostenitori che lo aveva accolto festante al rientro. Il tono e il significato
delle parole da lui pronunciate allora svelarono però quanto profondamente
l'offensiva di Hoover lo avesse scosso e portato ad un a sorta di ripensamento
politico. Garvey non fece inviti alla rivolta e alla disobbedienza ma esortazioni
a rispettare la legge americana e ad abbandonare comportamenti radicali: "I
am not preaching radicalism. I advise you to obey the laws of your country,
or you wish you had. Will respect ownership of whites in England, France and
America, but if all are not our color in Africa, we will recognize no one."(46)
Un'agente investigativo sottolineò: "for some unknown reason all
the officials of the Black Star Line and Garvey's other organizations seem to
have undergone a change of mind. They are very patriotic in their speeches and
have eliminated all the anti-white talks."(47)
Nel frattempo il 7 marzo 1921, pochi giorni dopo la partenza di Garvey per il
Centro America, era giunta a New York una commissione liberiana, guidata dal
presidente della repubblica Charles D.B. King, allo scopo di negoziare con il
governo americano un prestito di cinque milioni di dollari. Al loro arrivo i
quattro politici africani trovarono ad accoglierli una piccola delegazione dell'UNIA,
orfana però del loro presidente. Per molti associati fu incomprensibile
il fatto che Garvey non fosse presente proprio nel momento in cui avrebbe potuto
trovare un accordo fondamentale per la realizzazione del progetto di costruzione
in Liberia. In realtà lo stesso comportamento di King nei confronti dell'UNIA
non fu mai totalmente chiaro. Nell'aprile del 1921, ad esempio, egli espresse
dei forti dubbi sulle aspirazioni politiche e l'integrità finanziaria
dell'associazione garveysta sottolineando il fatto che le potenze coloniali,
in particolare Francia ed Inghilterra, cominciavano a manifestare la loro disapprovazione
nei confronti del rapporto di collaborazione tra il governo liberiano e il movimento
nazionalista nero.
Totalmente all'oscuro delle divergenze tra le due parti interessate alcuni membri
dell'UNIA raccolsero l'invito di Garvey e si presentarono a New York con le
valigie in mano pronti per salpare per la Liberia. Molti tra loro avevano venduto
tutto ciò che possedevano per poter assicurarsi il biglietto tanto desiderato.
A quel punto, onde evitare ulteriore imbarazzo e la severa condanna della comunità
afroamericana, l'UNIA dovette annunciare sulle pagine del Negro World che la
partenza della nave per l'Africa - l'imbarcazione in realtà non era ancora
stata acquistata- era posticipata di un mese. Nel frattempo il programma di
costruzione sul territorio liberiano, che fin dagli inizi era proceduto a rilento,
sembrò fallire totalmente quando il capo della commissione dell'UNIA,
Cyril A. Chrichlow, presentò le dimissioni. Le condizioni di lavoro in
Liberia, come spiegò in una lettera del 20 giugno, erano praticamente
impossibili e la sua autorità non veniva assolutamente riconosciuta dai
politici locali.
Una volta rientrato a New York, Garvey dovette affrontare alcune delicate questioni.
Era ormai imminente l'apertura della Seconda Convention Internazionale dell'organizzazione.
I delegati giunti ad Harlem nell'agosto del 1921 si dimostrarono ansiosi di
conoscere le reali condizioni finanziarie della BSL; le risposte fornite da
Garvey non furono mai troppo esaustive cosicché molti tra loro cominciarono
a protestare vivacemente. Il clima si fece così teso che il vicepresidente
Orlando Thompson confessò ad un agente in borghese di temere addirittura
di poter essere assassinato da un giorno all'altro da qualche disperato azionista.
Il capo della sezione UNIA di Los Angeles, Noah D. Thompson, deluso, come buona
parte degli associati della divisione locale, dalle vane promesse fatte da Garvey
decise di fondare una nuova organizzazione, la Pacific Coast Improvment Association.
Il leader giamaicano, nella speranza di placare le critiche sempre più
pesanti e di evitare ulteriori scissioni, raccomandò al vicepresidente
di concludere al più presto le trattative avviate con il Dipartimento
della Marina per l'acquisto della S.S. Orion. Thompson, non certo un esperto
nel campo della navigazione, si affidò ad uno scaltro mediatore, un certo
Silverstone. Il 30 agosto 1921 il broker concesse alla BSL un prestito di $10.000,
con un interesse di $1.000, necessario per l'acquisto dell'imbarcazione, che
la compagnia si impegnò a restituirgli entro due mesi. Anche in questo
caso delle oscure vicende, chiarite solo in parte durante la successiva vicenda
processuale, portarono alla scomparsa di ingenti quantitativi di denaro, circa
$10.000, che dovevano essere versati dal vicepresidente nelle casse del Dipartimento
della Marina statunitense.
Oltre alla mancanza di sufficienti capitali, un altro fattore complicò
la non facile trattativa. Ai primi di settembre del 1921 l'agente dell'FBI,
Frank Burke, pregò vivamente il responsabile del Dipartimento della Marina,
A.J. Frey, di riconsiderare la decisione di vendere la Orion alla compagnia
di Garvey in quanto quest'ultimo era "President of the Universal Negro
Improvment Association, the communist party which is affiliated with the Russian
soviet Government and had been for several years a radical agitator in the organization
of which he is a member. He advocates and teaches the over-throw of the United
States Government by force and violence."(48) L'ostruzionismo dell'FBI
contribuì, e non poco, ad intralciare ulteriormente le trattative. Il
Dipartimento della Marina infatti impiegò ben sei mesi per preparare
il contratto di vendita per l'Orion ad un prezzo lievitato di $450.000 a ragione
di "extraordinary performance bond". A queste condizioni, anche se
era stato già versato un acconto di $22.500, la BSL decise di ritirarsi.
Una volta fallita definitivamente la contrattazione con il Dipartimento della
Marina, numerosi critici si scagliarono contro Garvey. Tra tutti Cyril V. Briggs(49)
fu uno dei più feroci. L'editore del Crusader si informò presso
il Ministero del Commercio sulla condizione delle navi della BSL. L'ufficio
della Marina rispose negando d'avere a registro informazioni riguardanti la
Phyllis Wheatley e l'Antonio Maceo (Kanawha). A questo punto Briggs attraverso
le pagine del suo giornale legittimamente interrogò la comunità
afroamericana: perché la BSL vendeva biglietti per viaggi da compiere
su navi che non gli appartenevano?
Dal processo alla deportazione
Le difficoltà del 1922 segnarono per Garvey e l'UNIA
l'inizio di un periodo d'inesorabile declino. La politica repressiva adottata
allora dal governo statunitense contro i movimenti considerati sovversivi, le
pesanti accuse di molti politici afroamericani e le vivaci proteste di alcuni
azionisti della BSL spinsero le autorità giudiziarie nazionali ad investigare
accuratamente sulla gestione economica dell'associazione e delle sue diverse
attività imprenditoriali. Il 12 gennaio Oliver B. Williamson, un ispettore
dell'ufficio postale denunciò il politico giamaicano per la presunta
violazione della sezione 215 del codice penale statunitense, ossia per frode
postale. Più specificatamente, secondo l'accusa Garvey si era servito
della posta per pubblicizzare la vendita d'azioni della BSL anche quando era
consapevole dell'inevitabile fallimento della compagnia di navigazione. Il presidente
dell'UNIA, costantemente ossessionato dalla paura di complotti e cospirazioni,
accusò i suoi numerosi avversari politici afroamericani d'aver organizzato
questo piano in collaborazione con il governo statunitense per toglierlo di
mezzo.
Nonostante tutto rimase ottimista e si dichiarò pronto a sconfiggere
i nemici. Le sue speranze in realtà si rivelarono vane quando, in seguito
alle vicende processuali, il 15 febbraio 1922 la corte del Distretto Meridionale
di New York imputò Elie Garcia, George Tobias, Orlando Thompson e lo
stesso Marcus Garvey di dodici capi d'accusa. Il processo fu procrastinato e
gli accusati rilasciati su cauzione in attesa dello svolgimento di più
accurate indagini investigative. A questo punto il direttivo dell'UNIA fu costretto
a dichiarare ufficialmente sospese le attività della BSL.
In un momento così delicato per la sopravvivenza della sua associazione
Garvey commise un grave errore: incontrò segretamente l'Imperial Wizard
Knight del Ku Klux Klan, Edward Young Clarke. Il KKK era un'organizzazione razzista
e xenofoba che nel 1871 era stata soppressa dalla legislazione americana. Ciononostante
durante la prima guerra mondiale nel sud degli Stati Uniti alcuni fanatici lavorarono
alla sua ricostruzione e nell'arco di un anno, dal 1915 al 1916, raggrupparono
più di centomila membri. Neri, ebrei, giapponesi e orientali in genere,
cattolici e tutti coloro che non erano nati nello stato americano erano considerati
nemici da combattere ed eliminare con la forza e la violenza. Gli aderenti al
movimento, che durante le spedizioni punitive bruciavano croci e vestivano tuniche
con cappucci bianchi, odiavano gli afroamericani e consideravano gli Stati Uniti
una nazione per i bianchi. Garvey, in un messaggio inviato ai membri radunati
nella Liberty Hall di Harlem il 25 giugno del 1922, ammise pubblicamente di
essersi incontrato con il leader del Klan e di aver riscontrato, paradossalmente,
una certa similarità di vedute: "He believes America to be a white's
man country, and also states that the Negro should have a country of his own
in Africa." Il vero obiettivo del faccia a faccia non fu mai svelato anche
se, secondo le testimonianze di Walter F. White, "Assistant Secretary"
del NAACP (National Association for the Advancement of the Colored People),
i due leader si incontrarono per stabilire un accordo che, da una parte garantiva
all'UNIA il permesso e la protezione del Klan per la vendita d'azioni negli
stati meridionali e, dall'altra, l'impegno di Garvey nel combattere quei movimenti
per i diritti civili, in particolare il NAACP, che adottavano una politica integrazionista.
I numerosi avversari dell'UNIA condannarono all'unanimità il comportamento
del leader giamaicano. Organizzati in un unico movimento, Friends of Negro Freedom,
durante i lavori della terza assemblea internazionale dell'UNIA, tennero in
diverse città dei meeting pubblici anti-Garvey. Particolarmente impegnati
nella lotta contro il movimento nazionalista nero furono i socialisti Chandler
Owen e Philip Randolph, editori della rivista radicale Messenger, che coniarono
per la loro campagna lo slogan "Garvey Must Go". Attaccato da più
parti, il presidente dell'associazione rispose attraverso le pagine del Negro
World: "Let me tell you somebody is going to be smashed in New York between
the 1st and the 31st of August. Any Negro individual or Negro organization ...
that thinks it can fight and intimidate the Universal Negro Improvement Association
- let you be the National Association for the Advancement of the Colored People
- let you be Negro socialists - let me tell you, you are preparing for your
Waterloo." (50)
La Terza Assemblea Internazionale dell'UNIA mancò certamente dell'entusiasmo
e della numerosa partecipazione che aveva contraddistinto le due edizioni precedenti.
Tuttavia se era in notevole diminuzione il numero dei sostenitori dell'associazione
cresceva quello dei fanatici disposti a tutto pur di difendere Garvey. Spesso
quest'ultimi ricorsero addirittura all'uso della forza per impedire ai cosiddetti
"Friends of Negro Freedom" di tenere i loro discorsi contro il nazionalista
giamaicano. Più di una volta fu necessario l'intervento della polizia
per mantenere l'ordine ad Harlem durante i lavori della convention.
Un significativo episodio del clima che si viveva allora all'interno della comunità
afroamericana fu la misteriosa morte di James W.H. Eason. Eason era stato uno
dei primi funzionari religiosi che aveva aderito all'UNIA . Nel 1920 era stato
eletto "Leader of American Negroes" ma durante la convention del 1922
aveva vivacemente litigato, davanti a tutta l'assemblea, con Garvey. In seguito
allo screzio aveva deciso di uscire dall'organizzazione e di formare un nuovo
movimento chiamato Universal Negro Alliance. Eason diventò ben presto
un personaggio di spicco nella campagna anti-Garvey e probabilmente sarebbe
stato un testimone chiave nel processo in corso contro i quattro ufficiali dell'associazione.
Mentre si trovava a New Orleans per tenere un discorso contro il leader dell'UNIA
venne assassinato. Immediatamente vennero indagati due giamaicani, soci dell'UNIA,
William Shakespeare e F.W. Dyer i quali però vennero scagionati. Il caso
venne archiviato senza trovare alcun responsabile. Il Dipartimento di Giustizia
comunque ne approfittò per far chiudere la sezione di New Orleans dell'UNIA
e arrestare dieci ufficiali accusandoli d'organizzare complotti anarchici. La
vicenda dell'omicidio di Eason danneggiò e non poco l'immagine di Garvey
e del suo movimento.
Il leader dell'UNIA, che nei sette anni vissuti negli Stati Uniti si era imposto
come il maggior rappresentante del "nazionalismo nero", si scontrò,
in particolar modo, con i cosiddetti "integrazionisti". Quest'ultimi,
per la maggior parte afroamericani, credevano fermamente che il futuro dei neri
fosse negli Stati Uniti e avevano come obiettivo quello di farsi accettare dalla
società bianca. Per questo lavoravano all'interno d'associazioni interrazziali
e si opponevano ad un progetto di ritorno in Africa. Tra i principali sostenitori
della campagna "Marcus Garvey Must Go", nel gennaio del 1923 i leaders
di questo movimento integrazionista, scrissero al Procuratore Generale americano,
Harry M. Daugherty. Gli otto firmatari del documento, Harry H. Pace, Robert
S. Abbott, John E. Nail, Julia P. Coleman, William Pickens, Chandler Owen, Robert
W. Bagnall e George Harris, chiesero l' immediato arresto e la deportazione
di Garvey. Il "Comitato degli otto" condannò la filosofia dell'UNIA
improntata, secondo loro, all'odio razziale ed attaccò il leader dell'associazione
considerato "an unscrupulous demagogue, who has ceaselessly and assidously
sought to spread among Negroes distrust and hatred of all white people."(51)
La lettera proseguì osservando che i membri del movimento nazionalista
nero erano tra i più primitivi ed ignoranti elementi della comunità
afroamericana.
Nel maggio del 1923 fu grande la soddisfazione per i suoi avversari quando ebbe
inizio il processo contro Marcus Garvey e gli altri tre ufficiali dell'UNIA.
Il giamaicano era difeso da Cornelius W. McDougald, uno dei più esperti
avvocati neri d'America. Prima dell'inizio dell'udienza Garvey presentò
una petizione per sostituire il giudice di prima istanza, Julian W. Mack, membro
del NAACP. La legittima richiesta non venne accolta perché il giudice,
pur ammettendo l'appartenenza all'organizzazione integrazionista avversa all'UNIA,
sosteneva che il fatto non ostacolava il corretto svolgimento del processo.
In realtà questa fu una delle tante irregolarità che caratterizzarono
l'intera udienza. Immediatamente il leader dell'UNIA, sorprendendo tutti, decise
di licenziare l'avvocato McDougald e di difendersi da solo. Egli non riteneva
che il suo legale avesse interrogato con la necessaria accuratezza i primi tre
testimoni e perciò temeva che fosse parte attiva in un complotto ordito
a suo danno. Il giudice accettò la decisione dell'accusato ma chiarì
che non gli avrebbe concesso alcun privilegio in quanto "profano"
della materia. Garvey, che in realtà aveva letto qualcosa di giurisprudenza
durante la sua esperienza giovanile a Londra, sfruttò l'occasione per
mostrare ad una giuria bianca e ai numerosi spettatori neri il suo talento d'oratore.
Il Pubblico Ministero, Maxwell S. Mattuck, interrogò all'incirca trenta
testimoni, per la maggior parte vecchi impiegati negli uffici dell'UNIA o azionisti
della BSL, e sottopose al giudice una lunga serie d'accurati documenti concernenti
la compagnia di navigazione. Tutto ciò finì per rivelare alla
corte il sistema informale ed approssimativo di gestione delle varie attività
dell'UNIA oltre alla mancanza, da parte degli addetti ai lavori, delle necessarie
conoscenze di alta finanza. Il Pubblico Ministero in ogni caso fondò
l' accusa sul fatto che Garvey avesse consapevolmente utilizzato il servizio
postale per promuovere la vendita d'azioni della BSL anche quando era consapevole
delle rovinose condizioni finanziarie della compagnia . In realtà, come
era vero che esistevano chiare prove della mal gestione dei conti, era evidente
anche che non vi fossero elementi sufficienti per condannare i quattro imputati.
Garvey, in sua difesa, cercò di dimostrare alla giuria la disonestà
d'alcuni soci.
Ad un certo punto l' accusa del Procuratore si arenò su un'unica prova:
una busta intestata Black Star Line spedita il 13 dicembre 1920 ad un nero di
Harlem, Benny Dancy, il quale, interrogato da Garvey, non ricordava nemmeno
quale fosse il contenuto della stessa. La testimonianza che doveva incastrare
il giamaicano fu esitante e confusionaria. Di certo non furono le deboli prove
a suo carico ma l'atteggiamento arrogante adottato nei confronti dei testimoni
interrogati a creare dei pregiudizi nella giuria. Successivamente, quando il
processo entrò nella fase conclusiva, Marcus cominciò a consigliarsi
con un avvocato bianco, Armin Kohn, e di conseguenza la qualità della
sua difesa migliorò sensibilmente. Ciononostante il verdetto emesso fu
sfavorevole: il giudice Mack condannò Garvey alla pena massima per il
tipo di reato commesso: cinque anni di reclusione e il pagamento di una multa
di $1.000. Gli altri tre imputati furono assolti. Prontamente i legali di Garvey
chiesero il ricorso in appello ottenendo che il loro assistito, il 10 settembre
1923, venisse rilasciato dal carcere newyorchese delle "Tombs Prison"
dopo il pagamento di una cauzione di $25.000.
La maggior parte della stampa afroamericana, in particolar modo il Chicago Defender,
il New York Age, il Messenger e l'Amsterdam News, accolse con grande soddisfazione
la notizia della condanna del leader dell'UNIA. Il 17 giugno 1923, Garvey salì
sul palco della Liberty Hall. Prima di rientrare in prigione, in attesa di conoscere
il verdetto dell'appello, volle lanciare un messaggio di speranza ai fedeli
seguaci che, nonostante fossero in continua diminuzione, lo idolatravano sempre
più. Egli sottolineò che per i neri era solo l'inizio di una lunga
battaglia: "We have only started; we are just on our way; we have just
made the first lap in the great race for existence, and for a place in the political
and economic sun of men."(52) Allo stesso tempo Garvey predicò lealtà
nei confronti del governo degli Stati Uniti, un atteggiamento conciliante assunto
probabilmente nella speranza d'influenzare positivamente la decisione del giudice:
" We are not fighting this great government, because all Negroes in America
- all Negroes all over the world - know that the greatest democracy in the world
is the America democracy, the greatest government in the world is the America
republic. We are not fighting America; we are fighting hypocrisy and lies, and
that we are going to fight to the bitter end."(53) Al termine del discorso
Garvey abbandonò la Liberty Hall per rientrare in prigione.
Dopo un primo momento d'incertezza sul da farsi, i membri dell'UNIA cominciarono
ad organizzare manifestazioni di protesta contro l'incarcerazione della loro
guida. Col passare del tempo tra la comunità afroamericana, sorprendentemente
anche tra coloro che gli erano stati sempre nemici, crebbe la consapevolezza
che Garvey fosse solo una vittima di un sistema giudiziario razzista, come più
volte affermato dallo stesso giamaicano: " I was convicted not because
any one was defrauded in the temporary failure of the Black Star Line brought
about by others, but because I represented, even as I do now, a movement for
the real emancipation of my race."(54)
Dalla sua cella Garvey riuscì comunque a mantenere dei contatti con l'organizzazione
facendo giungere di tanto in tanto messaggi di incoraggiamento e speranza. Nel
settembre dello stesso anno dopo tante vane richieste il detenuto venne rilasciato
e una volta tornato in libertà, agli inizi del 1924, organizzò
una nuova compagnia di navigazione, la Black Cross Navigation and Trading Company.
Nel giugno dello stesso anno presentò un'offerta al Dipartimento della
Marina americana per l'acquisto della nave Susquehanna, ma la trattativa non
incontrò il favore del Dipartimento memore della negativa esperienza
legata alla BSL. Garvey non si fece scoraggiare e intavolò delle contrattazioni
con la Panama Railroad Company. Questa volta fu più fortunato e riuscì
ad acquistare per $100.000 la General G. W. Goethals, una grande nave che con
alcune riparazioni tornò in ottime condizioni. Il presidente dell'UNIA
sembrava aver imparato la dura lezione dell'esperienza precedente. La nuova
nave, acquistata grazie ai soldi raccolti attraverso la vendita di azioni della
Black Cross a più di tremila membri dell'associazione, venne ribattezzata
Booker T. Washington. Nell'agosto del 1924 si aprirono i lavori della quarta
assemblea internazionale dell'UNIA e l'occasione fu tale per presentare agli
azionisti il risultato dei loro investimenti. Questa volta anche i severi critici
dovettero riconoscere il buon lavoro di Garvey. Il Chicago Defender riferì
di come cinquemila entusiasti garveysti pagarono ben volentieri cinquanta cents
per osservare da vicino l'imbarcazione. L'Amsterdam News riconobbe gli innegabili
meriti di Garvey "the leading figure in a convention which is attracting
more attention than any other gathering of Negroes in modern history".(55)
La Booker T. Washington era certamente una buona nave rispetto alle imbarcazioni
acquistate in passato per conto della BSL. Tuttavia il viaggio inaugurale diretto
verso le Indie Occidentali non incontrò un destino diverso dalle disastrose
esperienze precedenti. Alla fine del gennaio del 1925, prima della partenza
dal porto di New York, Garvey si fece garantire dal capitano, il bianco Jacob
R. Hiorth, di non permettere spese di alcun tipo per eventuali riparazioni se
non prima d'aver ottenuto il consenso del direttivo. Gli inconvenienti non tardarono
a manifestarsi: ad Havana dei vecchi creditori cubani della BSL tentarono senza
successo d'attaccare la nave. Proseguendo il viaggio la Booker T. Washington
arrivò a Kingston dove i giamaicani mostrarono ben poco entusiasmo. Il
segretario G. Emonei Carter non riuscì nemmeno a vendere abbastanza azioni
per pagare le spese portuali. Ben presto cominciarono a verificarsi anche degli
episodi d'indisciplina tra l'equipaggio, costituito per la maggior parte da
neri che non rispettavano l'autorità del capitano. Il 9 marzo il comandante
e gli altri ufficiali bianchi tentarono senza riuscirvi di abbandonare la nave
dopo l'ammutinamento dei marinai di colore. Il problema principale fu comunque
la mancanza di fondi. Dopo che per un mese la nave ,senza più carbone,
era rimasta ancorata nelle vicinanze di Colon, nelle acque panamensi, giunsero
dei soldi da New York. Purtroppo però era troppo tardi e della Booker
T. Washington non si seppe più nulla.
Durante i lavori della convention del 1924, Garvey cercò di riprendere
anche il vecchio progetto di costruzione in Liberia. Tutti i diversi tentativi
di collaborazione con il governo liberiano effettuati nel corso degli anni da
parte di delegazioni dell'UNIA erano miseramente falliti. Le commissioni d'esperti
giunte ripetutamente in Africa avevano riscontrato le grandi potenzialità
di questa terra ma anche l'evidente ostilità del popolo e dei politici
africani. Ora il console liberiano residente a Baltimora annunciava: "no
person or persons leaving the United States under the auspices of the Garvey
movement will be allowed to land in the Republic of Liberia."(56) Nel gennaio
del 1925 il presidente liberiano King dichiarò fondamentale per il futuro
dello stato africano questa netta presa di posizione, necessaria per mostrare
alle confinanti colonie inglesi e francesi e a tutta l'opinione pubblica mondiale
l'estraneità rispetto a movimenti che a su avviso predicavano l'odio
razziale. A questo punto il presidente dell'UNIA dichiarò fallito il
progetto liberiano. Garvey accusò in primo luogo il presidente della
repubblica africana, considerato un grande traditore della razza, e poi il rivale
di sempre Du Bois che era stato inviato in Liberia dal governo americano per
assistere alle celebrazioni presidenziali e che, secondo il leader giamaicano,
aveva volutamente discreditato agli occhi del governo locale il lavoro dell'associazione
garveysta per promuovere invece il personale progetto pan-africano. Il presidente
dell'UNIA non negò, inoltre, il ruolo determinante che avevano giocato
le potenze coloniali e in particolare la Francia e l'Inghilterra. Poco dopo
aver ripudiato il programma di colonizzazione di Garvey, il governo liberiano
si accordò con la Firestone Rubber Company per la cessione di terreni,
in un primo momento concessi all'UNIA, da sfruttare per la coltivazione della
gomma.
Alla convention del 1924 fu presentato anche un altro progetto dell' inesauribile
presidente, la Negro Political Union. L'obiettivo di questo gruppo era quello
di consolidare le forze politiche afroamericane attraverso le quali la minoranza
nera esprimeva la sua opinione politica. Ciò rappresentò un cambiamento
evidente nella strategia d'azione di Garvey che, fino ad allora, era sempre
rimasto lontano dalle questioni di politica interna. Durante la campagna per
le elezioni presidenziali del 1924 la Negro Political Union si schierò
apertamente dalla parte del candidato repubblicano, Calvin Coolidge.
Il 2 febbraio 1925 la Corte d'Appello respinse il ricorso di Marcus Garvey motivando
così la decisone presa: "It may be true that Garvey fancied himself
a Moses, if not a Messiah; that he deemed himself a man with a message to deliver,
and believed that he needed ships for the delivernce of his people, but with
this assumed, it remains true thet if his gospel consisted in part of exhortations
to buy worthless stock, accompanied by deceivingly false statements a sto the
worth thereof, ha was guilty of a scheme or artifice."(57) Garvey, che
quello stesso giorno si trovava a Detroit, prese il primo treno per New York
per consegnarsi alla polizia. Giunto alla stazione d'arrivo trovò le
forze dell'ordine pronte ad arrestarlo. L'8 febbraio entrò nel penitenziario
d'Atlanta dove avrebbe dovuto passare i successivi cinque anni.
Orfana del suo presidente, l'UNIA proseguì grazie al prezioso contributo
di Amy Jacques Garvey, la seconda moglie del giamaicano, di William Ware, capo
della sezione di Cincinnati, ed altri membri. Nel 1925 fu organizzata, allo
scopo di ritrovare l'entusiasmo perduto, la tradizionale assemblea internazionale
dell'UNIA, la quinta, che però, priva del vero protagonista, mancò
dell'eccitazione che aveva caratterizzato le passate edizioni. Nel frattempo
i fedeli seguaci si organizzarono in una campagna per ottenere la scarcerazione
del loro leader. Sorprendentemente anche personaggi come William Pickens, uno
dei firmatari della petizione che nel 1923 aveva chiesto l'immediata incarcerazione
di Garvey, si unirono nella protesta consapevoli che il vecchio nemico era stato
punito abbastanza. La stampa afroamericana, che per anni si era scagliata contro
l'arrogante giamaicano, cominciò a pensare a Garvey come ad una vittima
del sistema giudiziario dei bianchi. Il Washington Eagle affermò che
Garvey non era un criminale ma giudicato come tale perché viveva in una
"white's man country."
In un primo momento Garvey in persona dalla cella del penitenziario di Atlanta
aveva tentato, peraltro fallendo, d'ottenere il perdono del presidente americano
Coolidge. Successivamente, quando agli sforzi personali si aggiunsero le campagne
per la scarcerazione dell'UNIA e della stampa afroamericana, le possibilità
di uscire di prigione salirono notevolmente. Negli ultimi mesi del 1927, probabilmente
ricordandosi dell'appoggio che la Negro Political Union aveva garantito alla
sua candidatura del 1924, il presidente Coolidge ordinò la scarcerazione
di Garvey.
Una volta tornato in libertà Garvey, che nonostante avesse richiesto
di diventare cittadino americano era ancora ufficialmente registrato come immigrato,
venne deportato dagli Stati Uniti. La legge sull'immigrazione prevedeva infatti
l'immediata deportazione di qualsiasi straniero colpevole di aver commesso qualunque
reato. Nel dicembre del 1927, senza che gli venisse concessa la possibilità
di tornare per l'ultima volta nel quartier generale della sua associazione,
ad Harlem, salì a bordo della S.S. Saramacca che dal porto di New Orleans
salpava per Panama e le isole caraibiche. Centinaia di fedeli si radunarono
per assistere ad uno dei momenti più tristi della vita di Garvey e dell'UNIA.
Molti piansero quando colui che per molti era stato più di una guida
pronunciò questo breve discorso d'addio: "I can only say: Cheer
up for the good work is just getting under way. Be firm and steadfast in holding
to the principles of the organization. the greatest work is yet to be done.
I shall with God's help do it."(58)
3. Il declino dell'UNIA
Il ritorno in Giamaica
Il triste viaggio di ritorno fu caratterizzato da significativi episodi che
mostrarono quanto Garvey fosse amato dalla povera gente e allo stesso tempo
temuto dalle autorità statali. La Saramacca, dopo alcuni giorni di navigazione,
attraccò nel porto di Cristobal, un piccolo centro situato nell'odierno
stato di Panama, allora appartenente agli Stati Uniti. La numerosa popolazione
nera del luogo, per la maggior parte immigrati giamaicani e cubani che stavano
lavorando per il governo americano alla costruzione del Canale, sopraggiunse
al molo per salutare con grande entusiasmo il presidente dell'UNIA. Garvey non
poté comunque godere dell'abbraccio della folla perché non ottenne
il permesso di scendere dalla nave: la sua presenza in una zona ad alta concentrazione
di lavoratori di colore era considerata troppo pericolosa. Allora fu permesso
ad una delegazione di sei membri, in rappresentanza delle diverse sezioni locali
dell'UNIA, di salire a bordo della Saramacca per rendere omaggio al loro leader.
Garvey accettò anche una piccola somma in denaro e, visibilmente commosso,
assicurò ai suoi fedeli: " Our cause is a righteous one and it must
triumph."(59)
Un entusiasmo ancora maggiore caratterizzò l'arrivo di Garvey a Kingston.
Dopo undici anni dalla sua partenza per gli Stati Uniti tornava a vivere finalmente
in Giamaica, un paese che aveva lasciato quando era un disoccupato considerato
da molti un ciarlatano e che adesso lo accoglieva come un grande uomo. Da subito
Garvey si mise al lavoro per riordinare le divisioni giamaicane dell'UNIA, non
dimenticando tuttavia di cablare settimanalmente al Negro World di New York
messaggi di incoraggiamento per gli associati americani. In breve tempo si verificò
in Giamaica un notevole aumento degli associati e la creazione di nuove divisioni.
Ancora una volta Garvey, superate difficoltà apparentemente insormontabili,
sembrò in grado di rilanciare il movimento nazionalista. Per far ciò
non dimenticò l'importanza di mantenere il carattere internazionale dell'organizzazione.
Nella primavera del 1928 visitò tutte le sezioni centroamericane e caraibiche
dell'UNIA e nel maggio dello stesso anno, accompagnato dalla moglie, si recò
a Londra dove organizzò il suo quartier generale europeo. Il debutto
di Garvey sul palcoscenico londinese avvenne il 6 giugno. Egli, dopo la calorosa
accoglienza ricevuta in Giamaica, pensava senza dubbio di riempire la Royal
Albert Hall in tutti i suoi diecimila posti. Fu grande il suo stupore quando
si ritrovò a parlare davanti a non più di cinquecento persone.
Il presidente dell'UNIA non si diede per vinto e raggiunse Parigi dove venne
fondata una divisione e fu accolto con calore dagli intellettuali francesi.
In settembre si recò a Ginevra dove presentò alla Società
delle Nazioni una petizione a nome di tutti i milioni di neri del mondo. La
Società rispose dichiarando che tutte le nazioni che volevano presentare
delle rimostranze dovevano farlo attraverso i rispettivi governi. Garvey aveva
proposto, in un primo momento, che i territori delle colonie tedesche in Africa
fossero lasciati ai neri per la costituzione di uno stato indipendente. Avendo
riscontrato una dura opposizione a tale idea chiese allora la formazione nella
parte occidentale del continente di una confederazione di stati governata autonomamente
da politici africani. La società delle Nazioni non prese in considerazione
nemmeno questa proposta. Garvey allora tornò a Londra per tenere un altro
discorso. Questa volta la risposta del pubblico britannico fu più confortante,
ma niente di così straordinario da impedirgli di lasciare l'Europa.
Nell'autunno dello stesso anno visitò il Canada dove
giunsero per ascoltarlo anche molti sostenitori americani. Proprio a loro si
rivolse il giamaicano quando li invitò a votare, nelle imminenti elezioni
presidenziali, il candidato democratico Alfred E. Smith. Il console americano,
preoccupato dalla presenza del leader dell'UNIA, chiese con successo alle autorità
canadesi di costringere Garvey a lasciare il paese.
Nell'estate del 1929 a Kingston venne organizzata la sesta assemblea internazionale
dell'UNIA. La capitale giamaicana, a differenza del quartiere newyorchese di
Harlem, non era abituata alla sfarzosa dimostrazione di potenza che caratterizzava
le convention. Garvey, nel tentativo di riportare l'associazione agli antichi
splendori, sfruttò tutte le sue capacità organizzative. Il 22
agosto all'Edelweiss Park si tenne una fastosa cerimonia ispirata all'antico
rituale della corte etiope. Gli alti ufficiali dell'organizzazione, vestiti
con sgargianti divise e accompagnati dalle rispettive mogli, sfilarono sotto
gli occhi di diecimila increduli spettatori. L'applauso maggiore fu riservato
comunque a colui che era allo stesso tempo presidente generale dell'UNIA e "Provisional
President of Africa". Garvey, vestito con un'elegante tunica africana,
passò insieme alla sua signora tra due ali di "legionari" e
raggiunse un palco fastosamente decorato. La meraviglia del pubblico fu tale
che da quel giorno, non solo i presenti, ma tutta la società giamaicana
guardò a Garvey con rispetto e venerazione.
Ciononostante durante l'assemblea scoppiò una violenta polemica tra il
presidente dell'associazione e i delegati statunitensi. Garvey, ricordando l'amara
esperienza americana, accusò apertamente d'infedeltà e corruzione
alcuni importanti soci afroamericani. Egli affermò che per lunghi periodi,
per non pesare troppo sulle casse dell'associazione, aveva rinunciato al proprio
compenso a differenza di altri ufficiali che non si erano riguardati dal lamentarsi
per il minimo problema relativo ai pagamenti. Queste accuse non furono tollerate
dagli associati americani che, oltretutto, litigarono con Garvey anche per un'altra
delicata questione: mentre il giamaicano sostenne che il quartier generale dell'organizzazione
doveva seguire gli spostamenti del presidente generale, i capi statunitensi
affermarono che la sede ufficiale doveva rimanere a New York, dove l'associazione
era stata incorporata e aveva costruito le sue fortune. Ad un certo punto, infastiditi
dalla testardaggine di Garvey, i delegati americani abbandonarono la convention.
Colui che nel lontano 1914 aveva fondato l'UNIA, fu costretto a creare una nuova
organizzazione, legalmente riconosciuta come Parent Body of the Universal Negro
Improvement Association. Numerose divisioni americane decisero di non passare
dalla parte dell'ostinato leader rimanendo fedeli all'associazione incorporata
nel 1918.
Una nuova carriera politica
Al termine dell'assemblea internazionale, Garvey creò un partito, People's
Political Party, e cominciò una campagna elettorale per promuovere la
propria candidatura nel Consiglio Legislativo giamaicano. Durante uno dei numerosi
discorsi tenuti per esporre il programma del PPP affermò che, se eletto,
avrebbe lavorato all'elaborazione di una legge per punire severamente i giudici
che, illecitamente, si accordavano con avvocati e uomini d'affari per privare
altri soggetti dei loro diritti. Invettiva quest'ultima nella quale Garvey si
riferiva chiaramente alle oscure vicende giudiziarie che lo avevano costretto
a pagare una multa e parecchi soldi a George O. Mark, un tempo "Supreme
Deputy Potentate" dell'UNIA. La corte considerò queste dichiarazioni
come offensive per tutto il sistema legislativo nazionale. Il giudice non accettò
la ritrattazione e lo condannò a tre mesi di reclusione e al pagamento
di una multa.
Mentre Garvey stava scontando la pena, si tennero le elezioni municipali. Egli,
nonostante fosse in prigione, riuscì a conquistare un seggio della "Kingston
and St.Andrew Corporation", l'organo che governava sulla capitale e i distretti
vicini. Gli agguerriti avversari politici approfittarono della sua impossibilità
di partecipare alle riunioni e, avvalendosi di una legge creata appositamente
per escluderlo dai giochi, dichiararono il suo posto vacante. In seguito alla
scarcerazione, una sentenza stabilì che Garvey era stato legittimamente
eletto e che perciò aveva diritto d'occupare il seggio conquistato. Nel
1930 egli si candidò per le elezioni nazionali, quelle che avrebbero
assegnato i seggi all'interno del Consiglio Legislativo. Fu probabilmente il
fatto che allora solo il 7,75% della popolazione giamaicana godeva del diritto
di voto, una percentuale costituita per la maggior parte da piantatori e ricchi
borghesi, che determinò la sua sconfitta.
Gli anni londinesi
Nel dicembre del 1933 Garvey cominciò a curare l'edizione di una nuova
rivista, Black Man. Questo giornale raccolse l'eredità del Negro World
la cui pubblicazione, dopo quindici anni, era stata sospesa. Nell'estate del
1934 i soci del Parent Body dell'UNIA organizzarono la settima assemblea internazionale.
Al termine dei lavori venne dichiarato che il 17 agosto, il giorno compleanno
di Garvey, doveva essere considerato una festività. I membri dell'associazione
pensarono inoltre di elaborare una nuova lingua che doveva essere adottata da
tutti gli africani del mondo.
Nel 1935 Garvey si trasferì a Londra da dove, a suo dire, poteva tutelare
con più facilità i diritti dei popoli africani e delle minoranze
nere disperse nel mondo. In Inghilterra considerò anche la possibilità
di chiedere un seggio nel Parlamento nazionale in qualità di rappresentante
di tutti i neri che vivevano nell'Impero Britannico. Nell'estate dello stesso
anno si verificò un episodio che scatenò le proteste del presidente
dell'UNIA: l'invasione dell'Etiopia da parte delle truppe italiane. Garvey attaccò
duramente il vile attacco di Mussolini e si appellò ai neri di tutto
il mondo perché si unissero in difesa della più antica monarchia
africana. Il giamaicano condannò aspramente anche la condotta dell'imperatore
etiope, Haile Selassie, il quale era fuggito a Londra lasciando il suo popolo
senza una guida. La critica di Garvey nei confronti del Negus fu feroce: "Haile
Selassie is the ruler of a country where black men are chained and flogged,
he will go down in history as a great coward who ran away from his country."(60)
Nell'agosto del 1936 Toronto fu la sede di una conferenza regionale dell'UNIA.
Garvey e gli altri delegati approvarono due risoluzioni: la prima era una severa
condanna di "Father Divine", un leader religioso che si stava imponendo
nel quartiere di Harlem e che si considerava la divinità assoluta, la
seconda si scagliava contro certi tipi di film e rappresentazioni teatrali dove
il personaggio nero era rappresentato come ignorante e codardo. L'estate successiva
si tenne un'altra conferenza in Canada al termine della quale venne presentata
una nuova iniziativa di Garvey, " the School of African Philosophy ".
Questa scuola doveva preparare i futuri leader dell'UNIA. Otto dei nove iscritti
al primo corso si diplomarono diventando così "commisioner of the
UNIA" nelle rispettive zone di residenza. L'ottava assemblea internazionale
dell'organizzazione si tenne nei primi diciassette giorni dell'agosto del 1938.
I delegati all'unanimità rielessero Garvey come presidente generale per
altri quattro anni.
Le condizioni di salute di Marcus cominciarono a peggiorare sensibilmente nella
seconda metà degli anni Trenta. Per ben due volte venne ricoverato per
violenti attacchi di polmonite. I rigidi inverni londinesi aggravarono anche
l'asma di cui soffriva fin da ragazzo. Il medico indiano che l'aveva in cura
gli consigliò vivamente di tornare in Giamaica dove il clima era decisamente
più favorevole, ma Garvey non ne volle sapere: Londra era l'unico centro
da dove riusciva a controllare le attività dei suoi seguaci. Nel gennaio
del 1940 un infarto lo colpì paralizzando il lato destro del suo corpo.
Dopo pochi giorni di convalescenza volle tornare a passeggiare nell'amato Hyde
Park. Nel maggio successivo un giornale londinese pubblicò la notizia
della morte di Garvey, un falso annuncio che raggiunse tutte le parti del mondo.
Seminfermo e sempre più debole, egli dovette subire l'umiliazione di
leggere il proprio annuncio funebre e le relative condoglianze di amici e fedeli
sostenitori. Pochi giorni dopo ebbe un collasso e in poco tempo il suo stato
di salute peggiorò drammaticamente. Il 10 giugno 1940 Marcus Garvey morì
a Londra, senza aver mai messo piede nella tanto amata Africa.
Capitolo II - Il pensiero di Marcus Garvey
Introduzione
Se il primo capitolo di questa tesi è stato dedicato all'analisi delle
innumerevoli vicissitudini che caratterizzarono la vita di Marcus Garvey e la
storia della Universal Negro Improvement Association, nel secondo capitolo è
invece nostra intenzione approfondire in particolar modo lo studio del "garveysmo"
- termine coniato dagli storici per indicare il pensiero del nazionalista giamaicano-.
Perciò indagheremo innanzitutto sulle origini del garveysmo cercando
di capire quali furono le ideologie che influenzarono maggiormente il suo sviluppo.
Per farlo sarà necessario però comprendere prima di tutto in quale
realtà politica, sociale ed economica crebbe il giovane Garvey. Tale
analisi ci porterà quindi ad analizzare il pensiero di alcuni intellettuali
e politici neri che a fine Ottocento ebbero grande influenza sulle masse di
colore dei Caraibi e non solo: Robert Love, Alexander Bedward e Edward Wilmot
Blyden. Sarà fondamentale ricordare anche l'importanza che le teorie
dell'intellettuale afroamericano Booker T. Washington ebbero sul nazionalista
giamaicano.
In seguito concentreremo la nostra attenzione sui principi fondamentali della
dottrina garveysta. Il presidente dell'UNIA fondò il suo successo su
un forte richiamo alla consapevolezza e alla solidarietà razziale. Egli
cercò di risvegliare l'orgoglio e l'autostima delle masse nere e per
farlo sfruttò diversi strumenti. In questo capitolo sottolineeremo l'importanza
in questo senso della cultura, della religione e della storia.
1. Le origini del pensiero di Garvey
Il processo di maturazione politica: l'influenza di Love, Bedward e Blyden
Marcus Garvey è stato uno dei grandi protagonisti della storia afroamericana
nel periodo tra le due guerre mondiali. L'aspetto che più d'altri rende
interessante lo studio della sua controversa vicenda è l'originalità
della strategia politica da lui adottata rispetto agli altri leader neri impegnati
in quegli anni nella lotta per il riconoscimento dei diritti civili. Tale singolarità
derivava, almeno in buona parte, dalla particolare formazione culturale di Garvey;
perciò, prima d'esporre i principi basilari della sua filosofia, è
a mio avviso necessaria un'analisi del processo di sviluppo e maturazione politica
del fondatore dell'UNIA.
Nel primo capitolo abbiamo sottolineato come nella Giamaica di fine '800 l'intransigente
legislazione in materia di voto impedisse alla vasta comunità di discendenza
africana di partecipare attivamente al governo del paese. Ciononostante, migliaia
di ex-schiavi non rinunciarono nel periodo post-emancipazione ad esprimere la
propria volontà politica. Fu proprio negli anni a cavallo tra il diciannovesimo
e il ventesimo secolo che si affermarono come rappresentanti di questa nuova
consapevolezza alcuni personaggi fondamentali per la formazione culturale del
giovane Garvey.
Basilare per lo sviluppo in Garvey del concetto di "coscienza di razza"
fu l'insegnamento di Robert Love. Lo stesso presidente dell'UNIA, in una lettera
datata febbraio 1930, affermò: "much of my early education in race
consciousness is from Dr. Love. One cannot read his Jamaica Advocate without
getting race consciousness."(61) Nato nel 1835 nelle isole Bahamas, Love
ancora ragazzo era emigrato negli Stati Uniti dove in seguito si laureò
in medicina presso l'Università di Buffalo. Nel 1889 si stabilì
in Giamaica e in breve tempo divenne uno dei più famosi personaggi politici.
Fu in particolar modo attivo nella campagna per il riconoscimento di una rappresentanza
nera negli organi legislativi coloniali. Love, nonostante la strenua opposizione
di bianchi e mulatti, riuscì a far approvare alcune riforme elettorali
che verranno introdotte a partire dal 1895. Il numero dei seggi disponibili
nei consigli cittadini e in quello nazionale aumentò da nove a quattordici
e, contemporaneamente, vennero ridotti i requisiti necessari per poter votare.
Tale modifica moltiplicò l'elettorato permettendo al nativo delle Bahamas
d'essere eletto nel 1898 tra i membri del Consiglio cittadino di Kingston e
nel 1906 tra quelli del Consiglio legislativo nazionale. Solo allora emerse
chiaramente la sua linea politica di severa condanna dell'intero sistema coloniale.
Love si adoperò per far approvare una riforma a favore dei contadini
senza terra, denunciò senza mezzi termini le brutalità della polizia
nei confronti degli ex-schiavi e chiese l'integrazione di cittadini di colore
qualificati, fino ad allora totalmente esclusi, nella macchina burocratica nazionale.
Garvey apprese da Love non solo dell'importanza della lotta nazionalista contro
il potere coloniale, ma anche dei concetti fondamentali del pensiero pan-africano.
Love nell'aprile del 1901 in collaborazione con Henry Sylvester-Williams organizzò
in Giamaica la "Pan-African Association". I principali obiettivi dell'associazione
erano il riconoscimento dei diritti civili e politici dei neri di tutto il mondo
e il miglioramento delle loro condizioni di vita. Rupert Lewis, uno dei più
prolifici studiosi del movimento garveysta, ha sottolineato il fatto che le
linee di pensiero anticoloniali tracciate da Love vennero portate avanti da
Garvey con molto più successo: "Love's was an important orientation
that preceded Garvey, a legacy of ideas and battles that he could drawn on,
a platform of views and aspirations to which he could attract a mass base. Love
was a fighter, but he was largely alone; he really had no mass following."(62)
Un altro personaggio importante nel processo di formazione culturale del fondatore
dell'UNIA fu Alexander Bedward (1859-1930), un predicatore battista che, come
Love, si scagliò violentemente contro il sistema coloniale britannico.
La differenza tra i due fu che il pensiero del primo incontrò in particolare
il favore delle comunità più povere della società giamaicana,
come succederà più tardi al movimento dei Rastafariani, mentre
le idee del secondo vennero appoggiate soprattutto dalla piccola borghesia nera
che trovò nell'atteggiamento razzista dei bianchi l'unico ostacolo in
grado di impedirgli un miglioramento della propria posizione sociale.
Lo studio delle opere di Edward Wilmot Blyden fu invece fondamentale per la
maturazione in Garvey di una particolare coscienza storica. Lo stesso fondatore
dell'UNIA in un pamphlet pubblicato nel 1914 affermò: "you who do
not know anything of your ancestry will do well to read the works of Blyden,
one of our historians and chroniclers, who have done so much to retrive the
lost prestige of the race, and to undo the selfishness of alien historians and
their history which has said so little and painted us so unfairly."(63)
Blyden, uno dei più grandi intellettuali neri del diciannovesimo secolo,
era nato nelle Isole Vergini ed era emigrato nel 1851 in Liberia. Nello stato
africano venne nominato "Professor of Classics" al Liberia College.
Attraverso i suoi scritti, cercò di dimostrare che in passato l'Africa
era stato il continente all'avanguardia artistica, intellettuale e scientifica
dell'intera umanità. Secondo Blyden l'antica condizione di superiorità
culturale del continente africano rispetto al resto del mondo era stata capovolta,
e in seguito storicamente negata, dalla politica aggressiva delle potenze europee
disposte a tutto pur di conquistare territori in Africa. A suo avviso era quindi
fondamentale per il prossimo futuro di tutti gli africani, compresi quelli dispersi
nel mondo, adottare una strategia comune basata sul concetto universale di "African
Personality". Ciò avrebbe permesso a tutti i neri di superare le
differenze religiose e tribali che li separavano in modo da sconfiggere l'invadente
nemico e rivivere i fasti del passato. Indubbiamente queste idee ebbero una
grande influenza sul giovane Garvey, avido lettore delle opere di Blyden.
Il pensiero di Booker T. Washington e il modello del Tuskegee Institute
A completare la formazione culturale del giovane Marcus e a convincerlo della
necessità assoluta di lottare per difendere la dignità della propria
razza contribuì il pensiero di Booker T. Washington. Fu durante la prima
esperienza londinese che Garvey leggendo il testo autobiografico del politico
afroamericano "Up From Slavery" (1900) venne a conoscenza della sua
ideologia.
A differenza di Love e Bedward, Washington era nato ed aveva vissuto negli Stati
Uniti in una realtà totalmente differente da quella giamaicana. Mentre
all'inizio del ventesimo secolo nella società caraibica i neri e i mulatti
costituivano all'incirca il 95% della popolazione complessiva, nel territorio
americano essi raggiungevano a mala pena il 20% e per la maggior parte vivevano
concentrati negli stati del sud. Inoltre la comunità nera statunitense
aveva dovuto attendere il 1865 e il termine della Guerra Civile per celebrare
la fine di quel regime schiavista che in Giamaica era stato abolito da oltre
trent'anni. Tuttavia il fatto di costituire una piccola minoranza soggiogata
favorì nella comunità afroamericana lo sviluppo di una coscienza
di razza molto più determinata nel riscattare la propria condizione rispetto
a quello che successe nei Caraibi.
Dopo l'approvazione del Tredicesimo Emendamento,(64) negli anni della Ricostruzione
l'ideologia politica della comunità afroamericana fu dominata da due
tradizioni: la prima e la più influente, riprendendo la linea del movimento
abolizionista, trovò in Frederick Douglass il massimo rappresentante.
Tale concezione si opponeva nettamente alla segregazione dei neri e alla negazione
del diritto di voto. La seconda, espressa dal pastore Alexander Crummell, leader
della Chiesa episcopale di St. Luke di Washington, era incentrata al contrario
su concetti di sviluppo comunitario e d'indipendenza. Crummell, che predicava
l'orgoglio di razza, la solidarietà e il "far da sé"
come principi fondamentali, credeva che vivendo quotidianamente in una condizione
di ingiustizia i neri dovessero per forza di cose sviluppare comunità
e istituzioni segregate e creare quindi una "nazione all'interno di una
nazione". Dopo la morte di Douglass (1895) la comunità afroamericana
si trovò momentaneamente priva di un leader pronto a guidarla nella battaglia
per il riconoscimento dei diritti civili.
Fu in questo delicato periodo che Booker T. Washington si impose come l'uomo
nuovo. Egli era nato schiavo nel 1856 in una fattoria vicino ad Hales Ford,
in Virginia. Dopo l'emancipazione cominciò a studiare presso l'Hampton
Institute, dove Samuel Chapman Armstrong insegnava le sue teorie incentrate
sull'autonomia e sulla preparazione industriale. Nel 1881, mettendo in pratica
ciò che aveva precedentemente studiato, Washington fondò nel cuore
dell'Alabama, nel centro di Tuskegee, il Normal and Industrial Institute for
Negroes. Questa scuola, frequentata esclusivamente da ragazzi di colore, forniva
agli alunni una preparazione nel campo industriale ed agricolo tale da permettere
agli studenti, una volta terminato il corso di studi, di diventare forze produttive
in grado, grazie alla conoscenza delle tecniche del commercio, d'accumulare
capitali necessari per lo sviluppo della propria comunità e delle proprie
istituzioni. Washington credeva che il futuro dei neri fosse indissolubilmente
legato alla vita rurale nel Sud degli Stati Uniti. Qui la comunità afroamericana
lavorando duramente avrebbe conquistato l'indipendenza economica che costituiva,
secondo le sue teorie, il più efficace strumento, anche rispetto all'agitazione
e alla protesta, per ottenere il riconoscimento dei diritti civili e politici.
Il giovane Garvey fu un grande estimatore di Washington tanto che, una volta
creata l'UNIA, tentò di fondare una scuola di formazione per giovani
di colore sul modello del Tuskegee Institute. Come riportato da un articolo
del Daily Chronicle dell'agosto del 1915, l' obiettivo principale dell' istituto
doveva essere quello di "provide work for the unemployed and to provide
the opportunity of training young colored men and women for a better place in
the moral, social, industrial and educational life of the country."(65)
Più volte il giamaicano si mise in contatto diretto con Washington per
chiedergli consigli ed un sostegno economico ai suoi progetti. Fu proprio la
raccolta di fondi per la creazione della scuola il motivo che spinse Garvey
negli Stati Uniti.
Principi fondamentali del primo garveysmo
Dopo aver delineato le influenze più importanti nel processo di formazione
politica del giovane Garvey, procederemo nel nostro studio analizzando le diverse
fasi di sviluppo del pensiero e della strategia d'azione del nazionalista giamaicano.
Nell'introduzione all' opera The Marcus Garvey and UNIA papers, Robert Hill
ha sostenuto che il garveysmo rappresentò l' incontro tra due tradizioni
politiche e socioeconomiche altamente sviluppate: quella fondata sul concetto
di consapevolezza sociale dei contadini giamaicani e quella imperniata sulla
coscienza di razza della comunità afroamericana. Ciò è
innegabile, ma è comunque necessario sottolineare che Garvey giunse a
compiere tale sintesi politica solo dopo un complesso processo d'evoluzione.
La strategia da lui adottata agli inizi della carriera non fu particolarmente
originale. Il periodo che va dall'agosto del 1914, data della fondazione della
Universal Negro Improvement Association, al marzo del 1916, momento della partenza
per gli Stati Uniti, fu infatti caratterizzato da una condotta dai toni alquanto
moderati. Il presidente della neonata organizzazione scelse volutamente di non
avvalersi della politica come strumento per ottenere gli obiettivi prefissati,
una presa di posizione ben riflessa anche nel programma originale dell'associazione
fondato su principi di fratellanza e umanitarismo. Piuttosto Garvey, come egli
stesso affermò in una lettera indirizzata a Robert Russa Moton, responsabile
del Tuskegee Institute dopo la scomparsa del suo fondatore, intendeva risolvere
la drammatica questione razziale secondo le linee tracciate da Booker T. Washington:
"I would like to solve it on the platform of Dr. Booker T. Washington,
and I am working on those lines hence you will find that up to now my one true
friend as far as you can rely on his friendship, is the witheman."(66)
Perciò il presidente dell'UNIA identificò nello sviluppo delle
capacità produttive ed industriali dei neri lo strumento più efficace
per favorire un miglioramento non solo della loro condizione economica ma anche
di quella politica e sociale.
Durante le prime apparizioni pubbliche Garvey non espresse alcuna critica nei
confronti del sistema coloniale. Egli, al contrario, accusò la comunità
nera di non essersi mai seriamente adoperata per risollevare la propria drammatica
situazione. In un pamphlet pubblicato nell'estate del 1914 il presidente dell'UNIA
affermò: "The Negro is ignored today simply because he has kept
himself backward; but if he were to try to raise himself to a higher state in
civilized cosmos, all the other races would be glad to meet him on the plane
of equality and comradeship. It is indeed unfair to demand equality when one
of himself done nothing to establish the right to equality."(67) Garvey
ribadì più volte questo concetto ed inoltre sottolineò
il fatto che in Giamaica bianchi e neri vivevano insieme come fratelli, uniti
dai colori della stessa bandiera e dalle leggi di un'unica Costituzione, quella
britannica, imparziale e liberale. L'analisi storica della società giamaicana
lo portò a concludere che i problemi della comunità nera non potevano
essere risolti attraverso l'esasperazione del conflitto razziale ma tramite
la cooperazione con il colonizzatore europeo. Probabilmente il fatto che nel
primo periodo di vita l'associazione venisse sostenuta principalmente da bianchi
- preti, uomini d'affari e ufficiali del governo britannico- costrinse Garvey
ad adottare una politica così accomodante.
Gli obiettivi che l'UNIA perseguì fin dagli inizi furono comunque ambiziosi
e d'ampia portata. Alcuni di questi erano indirizzati chiaramente alla risoluzione
di problemi nazionali: ad esempio tra le varie finalità dell'associazione
vi era la realizzazione d'università, college e scuole secondarie necessarie
per garantire ai giovani una buona preparazione per il mondo del lavoro. Un'altra
sottolineava la necessità di promuovere tra i cittadini giamaicani una
maggior propensione per il commercio e l'industria, attività fondamentali
in una società sempre più indirizzata verso il capitalismo. Certi
obiettivi erano invece di carattere universale e prevedevano la creazione di
istituzioni internazionali a tutela dei diritti della razza nera. Non mancavano,
poi, finalità di carattere esclusivamente filantropico.
Garvey, prima d'entrare in contatto con la realtà statunitense, pensava
di porre termine alla discriminazione e allo sfruttamento della gente di colore
attraverso la promozione di una forte consapevolezza di razza e lo sviluppo
di strutture economiche ed educative in grado di favorire un miglioramento della
condizione sociale della comunità nera. Egli durante il periodo giamaicano,
ma non solo, adottò una condotta riformista fondata sulla speranza, risultata
poi vana, che l'espansione del sistema capitalistico avrebbe giovato, oltre
che a piccoli e grandi imprenditori anche alle più povere e discriminate
classi sociali.
2. Il "Nuovo Nero"
La comunità afroamericana negli anni della Prima guerra mondiale
La svolta che permise a Garvey d'affermarsi nel panorama politico internazionale
come uno dei più influenti leader della razza nera fu il suo avvento
negli Stati Uniti. Nella nazione americana il presidente dell'UNIA trovò
i presupposti ideali per sviluppare un programma che riscosse grande successo
tra la popolazione di colore e che si impose all'attenzione dell'opinione pubblica
mondiale.
Garvey giunse negli Stati Uniti agli inizi del 1916 quando la quasi totalità
dei membri della comunità afroamericana viveva in condizioni di povertà
e miseria. Pur essendo a tutti gli effetti cittadini statunitensi i neri erano
privi di diritti civili e politici e spesso, soprattutto al sud, erano vittime
indifese di linciaggi e brutalità. Per anni i più influenti politici
neri, Booker T. Washington in primis, avevano indicato nel progresso morale
e nello sviluppo economico i due fattori che avrebbero permesso alla minoranza
afroamericana di migliorare la propria condizione sociale. Essi avevano sostenuto
che soltanto dando prova delle loro capacità i neri avrebbero potuto
finalmente ottenere il rispetto e il riconoscimento dello stato d'uguaglianza
con l'uomo bianco. In questo contesto lo scoppio della Prima Guerra mondiale
e l'entrata in combattimento delle forze armate statunitensi parve ai membri
della comunità afroamericana una grande opportunità per dimostrare
all'intera nazione le proprie doti di coraggio e patriottismo. Perciò
molti uomini di colore si arruolarono nell'esercito con entusiasmo e nella speranza
che la sconfitta del nemico avrebbe valso non solo la vittoria delle ostilità.
Prima dell'entrata in guerra gli uomini reclutati nella milizia regolare e nella
Guardia Nazionale erano 750.000, di cui all'incirca 2.000 afroamericani. Il
18 maggio del 1917 il governo statunitense, allo scopo d'infoltire le file del
proprio esercito, approvò il Selective Service Act, una legge che prevedeva
l'arruolamento di maschi abili tra i ventuno e i trentuno anni. Dei 2.290.525
neri che si presentarono 367.000 vennero chiamati in servizio. Il 5 ottobre
1917 il governo, nel tentativo di moderare i toni di una questione razziale
che tra continui linciaggi e problemi legati all'immigrazione afroamericana
verso gli stati settentrionali rischiava di degenerare complicando i piani bellici,
annunciò la nomina di Emmett J. Scott, afroamericano che per ben diciotto
anni era stato stretto collaboratore di Booker T. Washington, ad assistente
speciale del segretario alla guerra Newton D. Baker. Il ruolo di Scott era quello
di consigliere confidenziale per i problemi relativi alla comunità nera
statunitense.
Nonostante i continui atti di discriminazione subiti in patria i soldati afroamericani
impegnati nel sanguinoso conflitto dimostrarono grande valore. Al termine della
guerra interi battaglioni di combattenti neri vennero premiati per il coraggio
con cui avevano affrontato e sconfitto il nemico. Tuttavia, la maggiore soddisfazione
per questi uomini fu quella d'essere trattati con grande rispetto e sincera
fratellanza dai civili e dai militari francesi. Anche coloro che rimasero negli
Stati Uniti non fecero mancare un concreto supporto alla nazione. Essi furono
impegnati in gran parte nella fabbricazione di munizioni, utensili in ferro
e acciaio, nell'inscatolamento di cibi, nella produzione di automobili e di
materiale elettrico.
Al ritorno in patria i soldati afroamericani, convinti che finalmente qualcosa
sarebbe cambiato, furono accolti con poco calore e tanta diffidenza. Nel 1919,
tra i settanta uomini di colore linciati in un solo anno dieci erano veterani
di guerra. Di gran lunga maggiore fu il numero dei reduci che vennero aggrediti
durante i ripetuti scontri razziali che scoppiarono in diverse città
durante lo stesso anno. La comunità afroamericana si domandò allora
se le giovani vite sacrificate nelle trincee europee erano servite a qualcosa
e se la democrazia sarebbe rimasta per gli uomini di colore solo una vana promessa.
Le risposte date a questi interrogativi furono diverse ma portarono tutte nella
stessa direzione: la ricerca e lo sviluppo all'interno della stessa comunità
afroamericana degli elementi necessari alla sopravvivenza e alla realizzazione
dei propri sogni.
Gli studi dell'antropologo Anthony F. C. Wallace possono chiarire quelle che
furono le dinamiche sociali che rivoluzionarono l'atteggiamento della popolazione
di colore americana all'indomani della Grande Guerra. Una sua teoria afferma
che quando aumenta il divario tra le aspettative che un certo ambiente culturale
ha creato tra i suoi cittadini e la realtà che questi affrontano quotidianamente,
la conseguente tensione, talvolta, viene allentata attraverso l'azione di un
cosiddetto revitalization movement, ovvero un tentativo deliberato dei membri
della stessa società di costruire una cultura più soddisfacente,
più vicina ai desideri e alle speranze della gente.(68)
Negli anni del dopoguerra la comunità afroamericana trovò proprio
in Garvey la guida in grado di predicare questo nuovo messaggio, l' uomo scelto
dal popolo per il popolo, il "Mosè nero".
La nuova strategia d'azione: l'UNIA diventa un'organizzazione politica
Una volta giunto negli Stati Uniti, il fondatore dell'UNIA dedicò un
primo periodo all'osservazione e allo studio della società americana.
Egli rimase in particolar modo impressionato dalla consapevolezza di razza che
permeava la comunità afroamericana, tanto che, dopo otto mesi dal suo
arrivo ad Harlem, affermò: "The American Negroes are the best organized
and the most conscious of all the Negroes in the world. They have become so
because of their peculiar position. They live in very close contact with racial
prejudice, and this very prejudice forces them to a rare consciousness that
they wuold not have otherwise."(69) Garvey, come rivela un suo articolo
pubblicato nel gennaio del 1917 sul Champion Magazine, fu sorpreso anche dalla
dinamicità in campo economico della popolazione di colore. Egli dichiarò:
"As I travel through the various cities I have been observing with pleasure
the active part played by Negro men and women in the commercial and industrial
life of the nation. In the cities I have already visited … I have seen
commercial enterprise owned and managed by Negro people... The acme of American
Negro enterprise is not yet reached. You have still a far way to go. You want
more stores, more banks, and bigger enterprises."(70)
Indubbiamente gli sviluppi della Prima guerra mondiale avevano offerto anche
alla comunità afroamericana interessanti prospettive commerciali. Migliaia
di neri, durante e immediatamente dopo il conflitto, avevano abbandonato le
regioni rurali del Sud per emigrare negli stati settentrionali. In effetti,
se per l'economia meridionale questo era stato un periodo di forte recessione,
per le industrie del Nord, al contrario, si era trattato di un momento di grande
espansione. Le numerose fabbriche erano alla frenetica ricerca di forze produttive
in grado d'occupare i posti lasciati liberi dagli operai arruolati nell'esercito
e dal blocco quasi totale dell'immigrazione,(71) cosicché gli afroamericani
non si lasciarono sfuggire l'occasione per abbandonare il Sud e trasferirsi
negli stati settentrionali.
In questo particolare momento segnato dal progresso economico della nazione
americana e dal relativo accrescimento della ricchezza della popolazione di
colore, Garvey si convinse che lo sviluppo di un cosiddetto black capitalism
avrebbe favorito l'emancipazione economica e politica della comunità
nera. Egli affermò quindi: "the wealth, business experience, and
leadership skills of African Americans, if properly organized and direct, could
stimulate the liberation of and economic development of African peoples everywhere."(72)
Una strategia, quella capitalista del presidente dell'UNIA, di stampo conservatore
che non avrebbe mai incontrato l'opposizione del governo statunitense se non
fosse stata accompagnata, come successe di lì a poco, da una retorica
dai toni aggressivi e da una politica dalle finalità separatiste.
In breve tempo, infatti, accaddero alcuni eventi che trasformarono l'ottimismo
di Garvey in pessimismo e spinsero il giamaicano ad adottare una linea ben più
radicale. Nel giugno del 1917 violenti scontri razziali scoppiarono a St. Louis,
provocando la morte di almeno quaranta afroamericani; incidenti divamparono
per le strade di Houston, Knoxville, Washington D.C. e Chicago. Nel 1919 la
tensione sociale era ancora ad altissimi livelli: un funzionario del Dipartimento
di Giustizia affermò in un rapporto che un pericoloso spirito vendicativo
permeava gli scritti dei più importanti leader neri e si trasmetteva
con preoccupante successo anche tra i loro sostenitori.(73) Fu quindi poco prima
degli anni Venti che lo spirito del "Nuovo Nero" cominciò a
diffondersi tra la comunità afroamericana. Garvey, pur rimanendo dell'idea
che l'indipendenza economica era per i neri la chiave per ottenere il riconoscimento
dei propri diritti, ne fu uno dei grandi portavoce. Egli nell'ottobre del 1919
si rivolse così ai neri di Filadelfia: "I want you to realize that
this dear America, the greatest democracy in the world for white man, the greatest
republic in the world for white man, that this America is becoming more prejudiced
every day against the Negro. Month by month they are lynching more Negroes than
they ever did before... Every succeding generation of the white race is getting
more prejudiced against the Negro. It is time, therefore, for the Negro to look
out for the future for himself."(74) Il leader giamaicano comprese che
il nuovo scenario dove si trovava ad agire gli imponeva una rivalutazione del
ruolo della politica, tanto che, arrivò ad affermare: "politics
is the science that rules the world … although industry has a great deal
to play in it."(75) Di conseguenza l'UNIA, nata in Giamaica come organizzazione
umanitaria e filantropica, si trasformò rapidamente in un movimento politico
di massa. Garvey fu convinto che tale cambiamento di strategia fosse necessario
anche in seguito agli sviluppi della situazione internazionale post-bellica.
In un articolo del novembre 1920 egli dichiarò: "The age in which
we are living is also acquiring an individuality of its own. It is the age of
the unrest, the age of dissatisfaction. Never before in the history of the world
has the spirit of unrest swept over as it has during the past two years. Classes,
nations and races which had been quiet for centuries are now asserting themselves
and demanding a readjustment of things."(76)
Le lotte per l'indipendenza combattute in quegli anni in diversi paesi stimolarono
in Garvey l'articolazione di un programma politico di "African Redemption".
In particolar modo un importante riferimento per il leader giamaicano fu il
movimento rivoluzionario irlandese, come dimostra ad esempio il fatto che lo
slogan adottato dall'UNIA "African for the Africans at home and abroad"
si rifacesse al motto " the Irish race at home and abroad". In quelli
stessi anni anche altri due politici afroamericani, Hubert Harrison e Cyril
V. Briggs, avevano espresso il loro appoggio alla causa del popolo celtico:
il primo, in qualità di rappresentante di spicco del movimento nazionalista
nero, aveva affermato: "the colored people rise against the goverment just
as the Irish against England unless their rights"(77) ; il secondo, nella
fase più radicale della sua carriera politica, aveva pubblicato sul Crusader
numerosi articoli a difesa delle rivendicazioni indipendentiste irlandesi e
tratto spunto dal corpo denominato Irish Republican Brotherhood per creare l'African
Blood Brotherhood for African Liberation and Redemption (ABB). Nel periodo post-bellico
i nazionalisti neri trovarono nel movimento irlandese quel valido modello contemporaneo
che la rivoluzione russa aveva invece rappresentato per coloro che abbracciarono
le tesi socialiste e comuniste.
Il concetto di "Race First"
Garvey si distinse dagli altri leader della comunità afroamericana degli
anni Venti perché diede vita ad un movimento di massa che non fu di semplice
protesta ed agitazione per il riconoscimento dei diritti civili ma che fondò
la propria azione su un programma politico ed economico finalizzato alla totale
emancipazione della comunità nera internazionale dal dominio bianco.
Come sottolineato da Tony Martin, attento studioso del movimento garveysta,
la base ideologica della politica del giamaicano era costituita dal concetto
di "Race First". Ciò sta a significare che secondo Garvey qualsiasi
tentativo dei neri di migliorare la propria condizione economica e sociale doveva
essere fondato sulla solidarietà e la collaborazione tra gli appartenenti
alla razza. Egli sosteneva infatti, diversamente dall'interpretazione classista
dei sostenitori del socialismo, che la comunità nera internazionale era
oppressa per un fattore esclusivamente razziale.
Lo studioso giamaicano Norman P. Girvan, nel corso del suo intervento alla conferenza
internazionale "Marcus Garvey: His Work and Impact", ha fornito un'interessante
spiegazione storica della genesi dell' idea di "Race First". Girvan,
analizzando l'economia politica dominante nella realtà caraibica e in
quella statunitense nel periodo dello schiavismo e in quello immediatamente
successivo, ha evidenziato il fatto che le classi dominanti di queste società
basavano il proprio benessere su un sistema di lavoro, quello delle piantagioni,
fondato su un'ideologia chiaramente razzista; in queste regioni, quindi, la
discriminazione diventò una componente necessaria per il mantenimento
dell'ordine socio-economico vigente. Di conseguenza, anche la lotta intrapresa
dalle comunità oppresse in difesa dei propri diritti fondò la
propria ideologia su concetti come "nazionalismo nero" ed "orgoglio
di razza". Garvey, cresciuto in una realtà come quella giamaicana
che per anni aveva fondato l'intera economia sul sistema di lavoro nelle piantagioni,
fu uno dei maggiori portavoce di queste dottrine che si riveleranno fondamentali
per lo sviluppo dello spirito del "Nuovo Nero".
In primo luogo il presidente dell'UNIA si adoperò in tutti i modi e con
grande successo per convertire la tradizionale negatività connessa all'appartenenza
alla razza nera in un positivo strumento di lotta. Egli dichiarò infatti:
"No man can convince me contrary to my belief, because my belief is founded
upon a hard and horrible experience, not a personal experience, but a racial
experience. The world has made being black a crime, and I have felt in common
with men who suffer like me, and instead of making it a crime I hope to make
it a virtue."(78)
Garvey, la cultura e l "Harlem Renaissance"
Il presidente dell'UNIA adottò diverse strategie per concretizzare il
piano di rivalutazione della razza, ma fu in particolar modo la cultura il mezzo
di diffusione ideologica da lui preferito. Egli stesso, che tra le altre cose
era anche un prolifico poeta, si servì dei versi come strumento di lotta
e di propaganda di una nuova mentalità. Le sue rime spesso glorificavano
il passato del continente africano, lodavano la bellezza delle donne di colore,
talvolta protestavano contro la partecipazione dei neri nelle guerre combattute
dai bianchi. Nella prefazione ad una delle sue poesie più interessanti,
Tragedy of White Injustice, Garvey affermò che egli componeva allo scopo
di stimolare nei suoi lettori lo sviluppo di una nuova e solida coscienza di
razza, di un'ideologia in grado di liberarli dalle invisibili catene del pregiudizio.(79)
Molti studiosi di storia afroamericana rimarcano il fatto che il periodo di
maggior successo dell'UNIA coincise con lo sviluppo della corrente culturale
del cosiddetto "Harlem Renaissance" (Rinascimento di Harlem). Questo
movimento letterario, conosciuto anche con il nome di "Black Renaissance"
o "New Negro Movement", si affermò negli Stati Uniti del dopoguerra
quando alcuni scrittori, nauseati dalla monotonia dominante il mondo intellettuale
americano del dopoguerra, cominciarono a denunciare nei loro scritti le lacune
della democrazia capitalista statunitense. Le più delicate problematiche
sociali ed economiche, in particolar modo la scottante questione razziale, diventarono
quindi di grande interesse per questi letterati. Molti autori afroamericani,
favoriti certamente dalla diffusione di principi come l' autostima e la consapevolezza,
colsero così l'occasione per scrivere di loro stessi e della realtà
in cui vivevano. Il noto storico afroamericano John Hope Franklin ha sottolineato
nell'opera "From Slavery to Freedom" il ruolo fondamentale giocato
da Garvey nello sviluppo di tale corrente culturale: "By raising the consciousness
of millions of Black Americans, by outraging many of their articulate leaders
such as W.E.B. Du Bois and James Weldon Johnson, and by creating so much excitement
in Harlem for black and white alike, Garvey stimulated a variety of forms of
expression. Caught up in the controversies of which Garvey was the center, or
brooding over the conditions in American life to wich he pointed, many blacks
began to write about them, as though reacting to Garvey's harangues, even if
they seldom agreed with him."(80) La vitale influenza che Garvey ebbe sull'emergente
movimento letterario è dimostrata dal fatto che alcuni dei suoi più
famosi interpreti furono soci dell'UNIA. Tra gli altri Claude McKay(81) collaborò
regolarmente con il Negro World durante i primi anni di pubblicazione, Eric
Walrond fu editore del giornale e Zora Neale Hurston rubricista.(82)
Le critiche espresse da Garvey nei confronti di alcuni artisti afroamericani
dimostrano quanto fosse importante e delicato, secondo il giamaicano, il ruolo
della cultura nell'affermazione del concetto di "Race First". Marcus,
ad esempio, criticò aspramente McKay perché a suo avviso nell'opera
Home to Harlem aveva prostituito la propria intelligenza a servizio dell'uomo
bianco mettendo in risalto i tratti peggiori della gente di colore. Egli era
convinto che la comunità nera avesse bisogno di un diverso tipo d'artista,
fedele e orgoglioso delle proprie origini: " We must encourage our own
black authors who have character, who are loyal to their race, who feel proud
to be black, and in every way let them feel that we appreciate their efforts
to advance our race through healty and decent literature."(83)
Perciò nella seconda metà degli anni '30 Garvey, pur riconoscendone
l'enorme talento, attaccò verbalmente Paul Robeson, il più famoso
attore afroamericano dell'epoca. Il ruolo del nero docile e sottomesso da lui
interpretato in importanti produzioni cinematografiche, come Emperor Jones,
Sanders of the River e Stevedore, venne considerato un atto di diffamazione
nei confronti della razza africana.(84) Le implicazioni razziali legate alla
cultura portarono Garvey ad interessarsi anche di sport -manifestò pubblicamente
il suo appoggio al pugile di colore Joe Louis - e di musica - l'UNIA organizzò
diverse bande e gruppi canori.-
Garvey e il ruolo della religione
La religione fu un altro strumento di propaganda che Garvey adottò a
suo favore per rafforzare la propria leadership e per diffondere tra la comunità
nera statunitense ed internazionale i principi fondamentali della dottrina "race
first". Egli, pur essendo di fede cattolica, sviluppò nel corso
degli anni una concezione religiosa del tutto indipendente. L'immodestia e la
presunzione lo spinsero più di una volta a proporre paralleli tra la
propria vita e quella di Gesù. Anche i più fanatici tra i suoi
stessi sostenitori lo fecero arrivando persino a venerare il carismatico giamaicano.
Fu così che ad esempio i garveysti della sezione panamense di Colon affermarono:
"We the Negroes of the World look upon Garvey as a superman; a demigod;
and has the reincarnated Angel of Peace come from Heaven to dispense Political
Salvation to an oppressed people."(85)
Da parte sua Garvey era allo stesso tempo un uomo religioso ed un anticlericale.
Nel tentativo di sottolineare gli aspetti più progressisti e rivoluzionari
del primo cristianesimo, definì il Cristo come il capo di un movimento
di massa che si era battuto per i diritti degli oppressi. L'insegnamento di
Cristo, egli affermò, "was simple but revolutionary. He laid the
foundations of a pure democracy and established the fact, not a theory, of the
Universal Brotherhood of man."(86) Nonostante questa ed altre dichiarazioni
l'ideologia politica del presidente dell'UNIA lo portò a criticare e
a ribaltare alcuni concetti fondamentali della tradizionale predicazione cristiana.
In primo luogo egli sosteneva che se, come affermato nei testi sacri del cristianesimo,
l'uomo era stato creato a immagine e somiglianza di Dio, non vi era motivo per
cui i neri non dovessero credere e venerare un Dio nero. Perciò Garvey
non solo denunciò apertamente la distorsione fatta dai predicatori bianchi
che per anni avevano rappresentato il Cristo come un uomo di carnagione chiara,
ma si adoperò per convincere i suoi seguaci dell'inganno. Egli accusò
d'ipocrisia il cristianesimo tradizionale. Un editoriale da lui scritto nel
1923 e pubblicato sul Negro World ben sintetizza il suo pensiero in riguardo:
"The Negro is now accepting the religion of the real Christ, not the property-robbing,
gold-stealing, diamond-exploiting Christ, but the Christ of Love, Justice and
Mercy. The Negro wants no more of the white man's religion as it applies to
his race, for it is a lie and a farce..."(87) Nel tentativo di creare una
nuova coscienza religiosa nella comunità nera nell'estate del 1924, nel
corso della cerimonia che segnò la chiusura dell'assemblea internazionale
dell'UNIA, Cristo venne canonizzato come "Black Man of Sorrows" e
la Vergine Maria come "Black Madonna".
La politica del successo
L'atteggiamento di Garvey durante gli anni trascorsi negli Stati Uniti fu caratterizzato
da due particolari tendenze: la persistente paura di fallire e l'ossessionante
ricerca del successo.(88) All'origine delle sue scelte politiche vi fu sempre
la netta convinzione che il successo costituisse per i neri la chiave per ottenere
il rispetto e la tanto agognata uguaglianza. Tutto ciò lo portò
ad agire sempre con grande determinazione e a sfruttare ogni minima possibilità
che gli venne concessa per portare avanti la causa che più gli stava
a cuore.
Garvey molto spesso si presentava al pubblico come il prototipo del "self-made
man" e talvolta, allo scopo d'educare moralmente e intellettualmente i
propri seguaci, raccontava parabole tratte dalla sua stessa vita: "I can
recall having read and studied in the same class room with white boys, but up
to now none of them has made better success in life than I have on their own
iniziative. Hence, I come to the conclusion that I am as good as any white man."(89)
Per il presidente dell'UNIA il successo costituiva un fattore fondamentale per
la risoluzione della problematica razziale. Egli, nei discorsi e negli scritti,
incitava costantemente il popolo nero a reagire affinché si risvegliasse
dal torpore che aveva contraddistinto gli ultimi secoli della sua storia. Ciò
lo portò ad essere molto critico nei confronti dell'atteggiamento passivo
adottato dall'uomo di colore al quale attribuiva grandi responsabilità:
"All peoples are struggling to blast a way through the industrial monopoly
of races and nations, but the Negro as a whole has failed to grasp its true
significance and seems to delight in filling only that place created for him
by the white man."(90) La disorganizzazione e la mancanza di cooperazione
tra i neri erano considerati da Garvey i veri ostacoli sulla strada della totale
emancipazione.
Il politico giamaicano, nonostante predicasse una dottrina anti-coloniale, interpretò
il successo secondo i criteri della tradizionale cultura occidentale e quindi,
paradossalmente, adottò il sistema di civilizzazione dell'uomo bianco
per misurare i progressi della propria razza. Alla base di questo ragionamento
stava una concezione alquanto particolare della storia, considerata come un
processo di duplicazione nel quale le posizioni dell'Africa e dell'Europa una
volta erano state invertite: "The World today is indebted to us for benefits
of civilization. They stole our arts and sciences from Africa. Then why should
we be ashamed of ourselves? Their modern Improvements are but duplicates of
a grander civilization that we reflected thousands of years ago..."(91)
Di conseguenza la redenzione del popolo africano doveva avvenire attraverso
un processo di assimilazione dei criteri della civiltà occidentale. Allo
scopo di favorire tale sviluppo, convinto che ciò sarebbe stato utile
per inculcare "la mentalità del successo" tra i neri, Garvey
utilizzò una serie di paralleli politici e culturali. In un articolo
apparso sul Negro World del 21 giugno 1919 dichiarò che se l'uomo bianco
possedeva la "White Star Line"(92) quello africano avrebbe presto
avuto una "Black Star Line". Nel 1920, durante la presentazione al
pubblico del "Liberian Construction Loan", affermò che la "Gold
Cross of African Redemption", un riconoscimento che veniva consegnato a
coloro che investivano una certa quantità di denaro in azioni dell'associazione,
era per i neri l'equivalente di ciò che per gli inglesi rappresentava
la "Victoria Cross of England" o per i tedeschi la "Iron Cross
of Germany". L'UNIA , inoltre, adottò una serie di titoli aristocratici
con chiaro riferimento all'antica tradizione europea. Garvey giustificò
tutto ciò affermando: "You can have your own king, your own emperor,
you own pope, your own dukes, your own everything - therefore, don't bow down
to other races for recognition... A white king has no more right to drive in
a golden coach than your king and sovereign. Their pope has no more right of
putting on sacred robes than your pope..."(93)
L'obiettivo di questa strategia era quindi il raggiungimento dell'uguaglianza
con la razza bianca e ciò poteva avvenire solamente elevando la condizione
dell'uomo nero a quella di una normale esistenza. Tale concetto venne chiaramente
espresso in un articolo pubblicato su un numero del Black Man del 1934 dove
Garvey affermò che, solamente quando la razza nera sarebbe stata in grado
di produrre scienziati, uomini di stato e filosofi sullo stesso livello di quelli
appartenenti alla razza bianca, il pregiudizio nei suoi confronti sarebbe svanito.
Il ritiro dal radicalismo e il dogma della purezza razziale
Una volta negli Stati Uniti Garvey riuscì in pochi anni a trasformare
l'UNIA da una semplice organizzazione filantropica nel primo e più importante
movimento di massa nero allora esistente. Indubbiamente gli elementi che permisero
all'associazione di riscuotere tale immediato e sorprendente successo furono
la propaganda e la retorica dai toni aggressivi tipica del giamaicano. Proprio
le parole di Garvey, oltre ad allarmare il governo americano e le potenze coloniali
europee, risvegliarono ed infiammarono lo spirito ribelle di parte della comunità
nera.
Ciononostante, a partire dal luglio del 1921, Garvey fu costretto ad abbandonare
tale atteggiamento e a dare inizio ad una nuova fase della sua carriera. Tale
mutamento fu determinato dal verificarsi di un particolare episodio: nell'estate
dello stesso anno egli, obbligato dalle pressanti esigenze finanziarie dell'UNIA,
partì per un tour di promozione nei Caraibi delle varie attività
imprenditoriali dell'associazione. Garvey contava di tornare nel quartier generale
di New York al massimo entro tre settimane se non che J. Edgar Hoover, capo
dell' FBI attuò un piano che lo costrinse ad un esilio forzato d'oltre
quattro mesi. Una volta rientrato negli Stati Uniti la retorica del presidente
dell'UNIA mutò di colpo assumendo toni molto più moderati rispetto
al passato. In particolar modo Garvey adottò un diverso atteggiamento
nei confronti dei governi nazionali contro i quali si era scagliato per anni.
Dal palco allestito a New Orleans il giorno stesso del suo ritorno nel territorio
statunitense egli predicò fedeltà alla legge americana e condannò
severamente ogni tentativo di seminare odio tra le diverse razze. Dopo meno
di due mesi dal suo ritorno, il 1°settembre del 1921, Garvey presentò
alle autorità governative la dichiarazione d'intento per diventare cittadino
americano.
L'abbandono di una retorica dai toni aggressivi segnò per l'UNIA l'inizio
della fase di declino. Il più grande errore commesso da Garvey in questo
periodo fu quello di proporre come base della nuova strategia politica il dogma
della purezza razziale. Egli era convinto che alcuni leader della comunità
afroamericana, per la maggior parte mulatti contrari alle sue posizioni segregazioniste,
stessero collaborando con il governo statunitense in modo da eliminarlo al più
presto dalla scena americana. A suo parere, il forzato esilio nel mar dei Caraibi
era stato solo il primo tentativo d'attuare questo diabolico piano, cosicché
cercò di neutralizzare la presunta influenza politica dei suoi avversari
provando a distinguersi da loro sulle basi di una supposta "purezza razziale".
Secondo i principi di questa nuova dottrina il compito degli uomini virtuosi
e moralmente puri, bianchi o neri che fossero, era quello di opporsi energicamente
ad ogni tentativo di incrocio tra le razze; una casta ibrida, priva perciò
di qualsiasi esperienza sociale e morale, avrebbe costituito secondo Garvey
un pericolo per tutta la società. Egli credeva che fosse necessario mantenere
una netta distinzione tra le diverse razze almeno fino a quando ognuna di esse
fosse riuscita a garantirsi il rispetto e la stima delle altre. A suo avviso,
solo in questo modo il pregiudizio che per secoli aveva condannato il popolo
africano ad una misera esistenza sarebbe svanito lasciando spazio alla vera
democrazia. Perciò, come lo stesso Garvey affermò, l'UNIA credva
che entrambe le razze "have separate and distinct destinies, that each
and every race should develop on its own social lines, and that any attempt
to bring about he amalgamation of any two opposite races is a crime against
nature."(94)
Nell'ottobre del 1921 il presidente degli Stati Uniti Warren G. Harding,(95)
in visita a Birmingham, Alabama, pronunciò un controverso discorso. Il
capo di stato americano si dichiarò fermamente contro la cosiddetta uguaglianza
sociale: "There shall be recognition of the absolute divergence in things
social and racial …Men of both races may well stand uncompromisingly against
every suggestion of social equality…Racial amalgamation there cannot be."(96)
Mentre i più influenti politici afroamericani criticarono aspramente
la presa di posizione del presidente, Garvey, al contrario, espresse immediatamente
il proprio appoggio ad Harding, al quale telegrafò un messaggio di congratulazioni
affermando che "all true Negroes are against social equality believing
that all races should develop on their social lines."(97)
Esaminando la strategia politica adottata dal presidente dell'UNIA a partire
dall'estate del 1921, i più importanti studiosi del movimento nazionalista
nero si sono divisi dandone diverse interpretazioni. Secondo Cronon, Garvey
non solo difese a spada tratta la teoria della racial purity, ma erroneamente
cercò di trasferire il sistema razziale tripartito tipico della società
giamaicana negli Stati Uniti. La stessa teoria è stata sostenuta anche
da sociologi contemporanei allo stesso Garvey, come Charles S. Johnson e W.E.B.
Du Bois. Lo storico R.Hill ha affermato invece che tali osservazioni non prendono
in considerazione il vero significato del cambiamento politico del giamaicano:
a suo avviso se prima della crisi del 1921 il fondatore dell'UNIA non reputò
necessario sfruttare a suo favore il principio della "purezza razziale",
fu solo dopo il forzato esilio che la volontà di risolvere il conflitto
con il governo statunitense lo costrinse ad un cambiamento di rotta. Fu la convinzione,
certamente eccessiva, che a quel tempo i suoi avversari politici volessero favorire
uno scontro tra l'UNIA e lo stato americano che spinse Marcus a sfidare la loro
influenza promuovendo il concetto di purezza razziale.
Capitolo III - La nave promessa
Introduzione
Se nelle pagine precedenti abbiamo esaminato i fondamenti ideologici del garveysmo,
per comprenderne appieno il significato ed il valore dobbiamo analizzare ciò
che l'UNIA realizzò concretamente sotto le direttive del suo presidente.
Perciò in questo pagine abbiamo scelto di concentrare la nostra attenzione
su due attività che segnarono nel bene e nel male il destino dell'organizzazione
e del suo carismatico leader: l'impresa commerciale della Black Star Line e
la pubblicazione del giornale Negro World.
Nella prima parte di questo terzo capitolo indagheremo quindi sui fattori economici
e sociali che spinsero il leader dell'UNIA ad agire secondo una precisa strategia
imprenditoriale e su quali elementi portarono in breve tempo alla creazione
ed al fallimento della compagnia di navigazione. Gli storici hanno dato diverse
interpretazioni sugli obiettivi politici che Garvey tentò di realizzare
attraverso la BSL. Alcuni, screditando l'immagine del leader giamaicano, hanno
sostenuto che tale progetto non si fondava su alcun disegno politico ma esclusivamente
sugli interessi personali di una piccola elite afroamericana da lui rappresentata.
A nostro avviso, per dare una valutazione il più corretta possibile,
sarà necessario capire quali errori furono commessi in prima persona
da Garvey e quali responsabilità lo coinvolsero solo indirettamente nel
crack finanziario che segnò per l'organizzazione nazionalista l'inizio
di un rapido declino.
Nella seconda parte la nostra indagine si concentrerà sull'attività
propagandistica dell'UNIA ed in particolare sul Negro World. La pubblicazione
di questo settimanale costituirà per Garvey il tentativo concreto di
creare un'alternativa valida all'ideologia etnocentrista dei bianchi imposta
da secoli di dominio delle potenze occidentali sul popolo africano disperso
nel mondo. Probabilmente è dall'analisi di questo particolare sforzo
culturale che emerge, più che in altri casi, il contributo del politico
giamaicano all'emancipazione psicologica ed intellettuale della razza nera.
1. La Black Star Line
La comunità afroamericana e il boom economico del dopoguerra
Poco dopo il suo arrivo negli Stati Uniti Garvey si convinse che per il popolo
africano e tutta la comunità nera dispersa nel mondo l'indipendenza economica
potesse rappresentare lo strumento necessario per ottenere l'emancipazione totale
dal dominio dei bianchi. Perciò in qualità di presidente dell'UNIA
lanciò una serie d'attività commerciali che in breve tempo ottennero
un successo notevole.
Storici ed economisti concordano sul fatto che il decennio 1919-1929 fu per
gli Stati Uniti un periodo d'espansione economica segnato da un netto aumento
del reddito nazionale e da una notevole crescita della produzione industriale.
Nonostante la grave crisi dell'agricoltura nazionale provocata dal vertiginoso
crollo dei prezzi dopo la guerra, a livello generale il popolo americano aumentò
qualitativamente il proprio standard di vita concedendosi lussi che fino ad
allora non aveva potuto permettersi. Il prodotto nazionale lordo aumentò
costantemente del 2% annuo fra il 1922 e il 1929, l'inflazione rimase sotto
l'1% all'anno e il tasso di disoccupazione non superò mai il 3,7%. Se
le cifre complessive confermano che nonostante la breve recessione postbellica
del biennio 1920-21 questo fu il periodo di massimo splendore economico di tutta
la storia americana, è necessario ricordare come la prosperità
non si distribuì in maniera omogenea nella società statunitense
ma si concentrò soprattutto tra le classi più alte. Ciononostante
è innegabile che a livello generale fu un decennio di pieno impiego e
bassa inflazione che favorì investimenti e speculazioni in tutti i settori.
W.P.G. Harding, autore del libro The Formative Period of the Federal Riserve
System, ha sostenuto che tra l'aprile del 1919 e l'estate del 1920 il boom economico
fu talmente eccezionale da allarmare anche il segretario del Tesoro, il quale
dichiarò: "All sense of values seems to have departed from among
us."(98) Negli Stati Uniti le ripercussioni della Grande Guerra determinarono
inoltre importanti trasformazioni a livello sociale. Si verificarono in particolare
due avvenimenti correlati tra loro: il trasferimento d'intere famiglie di colore
dagli stati meridionali a quelli settentrionali e il fenomeno crescente dell'
urbanizzazione. Entrambi i processi favorirono, oltre alla maturazione di una
forte consapevolezza razziale, la parziale crescita economica della comunità
nera. Dopo lo scoppio delle ostilità si era registrata una sensibile
diminuzione del flusso di immigrati europei, per la maggior parte proveniente
dall'est e dal sud del Vecchio Continente, che per anni avevano costituito la
manodopera non specializzata del settore industriale americano. Se nel periodo
1910-14 erano giunti negli Stati Uniti alla ricerca di un'occupazione più
di cinque milione di stranieri, nel quinquennio successivo la guerra e le nuove
severe leggi sull'immigrazione fecero scendere bruscamente il loro numero.(99)
Per supplire alla carenza improvvisa d'operai, piccoli e grandi imprenditori
furono costretti a supplicare i neri purché questi accettassero le loro
offerte di lavoro. Fu così che negli anni Venti più di ottocentomila
afroamericani lasciarono il Sud del paese per trasferirsi nei centri cittadini
del nord dove trovarono impiego soprattutto nelle fabbriche automobilistiche,
nei cotonifici, nelle ferrovie e nelle acciaierie. Le grandi città industriali
americane diventarono quindi la nuova dimora per migliaia di neri. Tra il 1910
e il 1920 la popolazione di colore a Chicago aumentò del 148%, a Pittsburgh
del 117%, a New York del 66% e a Filadelfia del 58%. Questo processo d'urbanizzazione
che coinvolse la comunità afroamericana migliorò le condizioni
economiche dei neri, permise loro un aumento del potere d'acquisto e favorì
di conseguenza investimenti e piccolo risparmio prima d'allora impossibili.
Garvey e l'importanza dell'indipendenza economica
Garvey comprese immediatamente che il periodo di prosperità della comunità
afroamericana era vincolato alla particolare situazione creatasi dopo la guerra
mondiale. Ne fu così convinto da affermare: "it is accidental today
as it was during the war of 1914-18 when colored men were employed in different
occupations, not because they were wanted, but because they were filling the
place of other men of other races who were not available at that time."
Egli temeva che in poco tempo i vecchi equilibri socio-economici sarebbero tornati
a dominare la nazione statunitense infrangendo una volta per tutte le speranze
democratiche della minoranza di colore. A suo avviso per evitare d'arrivare
ad un punto di non ritorno era necessario per il "popolo africano"
conquistare al più presto l'indipendenza economica dalla razza bianca:
"a race that is solely dependent upon another for its economic existence
sooner or later dies. As we have in the past been living upon the mercies shown
us by others, and by the chances obtainable, and have suffered therefrom, so
will we in the future suffer if an effort is not made now to adjust our own
affaire."(100) Secondo Garvey il pregiudizio che portava alla discriminazione
degli "africani" non era originato né dal differente colore
della pelle, né dalla diversa religione ma esclusivamente dal differente
grado di potere; perciò raggiungere l'autosufficienza era l'unico sistema
per ottenere il rispetto degli altri popoli. Come Booker T. Washington, egli
sosteneva il ruolo predominante del fattore economico nella società moderna,
prioritario anche rispetto all'azione politica: "after a people have established
successfully a firm industrial foundation they naturally turn to politics and
society, but not first to society and politics, because the two latter cannot
exist without the former."(101) Il fatto che i neri non fossero produttori
di beni e servizi ma dei semplici consumatori lo convinse quindi della necessità
d'agire al più presto.
Fu così che tra il 1918 e i primi anni Venti l'UNIA si impegnò
in una serie di business imprenditoriali. Nel 1919 vennero incorporate la Black
Star Line e la Negro Factories Corporation. Sotto l'egida di quest'ultima corporazione
nacquero ristoranti, lavanderie, drogherie, alberghi e numerose altre attività
commerciali. Inoltre l'associazione acquistò tre edifici e pubblicò
regolarmente il settimanale Negro World. Complessivamente nel 1920 più
di trecento persone lavorarono negli Stati Uniti per conto dell'UNIA. Anche
le divisioni dell'organizzazione sparse nell'intero continente americano acquistarono
proprietà e si lanciarono in diverse attività commerciali. Partendo
dalle singole realtà Garvey aveva intenzione di realizzare un sistema
pan-africano di cooperazione economica che, a suo parere, una volta ben sviluppato
sarebbe stato così vasto da garantire l'indipendenza e l'autonomia del
popolo nero anche in caso d'ostilità da parte del resto del mondo. Egli
sintetizzò così il concetto: "Negro producers, Negro distributors,
Negro consumers! The world of Negroes can be self-contained."(102)
Le origini della BSL
La Black Star Line fu l'attività imprenditoriale che per significato
politico e valenza commerciale si distinse tra quelle lanciate dall'associazione
garveysta. L'analisi d'alcuni degli elementi che portarono alla creazione e
al fallimento della BSL può rivelarsi utile per la comprensione di ciò
che hanno rappresentato per la storia afroamericana Garvey e l'UNIA.
Un primo interrogativo al quale vale la pena rispondere è il seguente:
quali considerazioni convinsero il politico giamaicano ad investire notevoli
capitali proprio in una compagnia di navigazione ? Probabilmente Garvey fece
delle valutazioni di diverso tipo che di seguito proveremo a ripercorrere. Da
una parte scelse le navi per l'immagine di potenza che esse rappresentarono
a livello internazionale a partire dalla Prima Guerra mondiale. In questo contesto
non bisogna dimenticare il fatto che lo stesso governo statunitense durante
il conflitto aveva dato priorità assoluta al potenziamento della marina
militare e mercantile, cosicché, al momento della firma dell'armistizio,
entrò in possesso d'oltre milletrecento imbarcazioni, la maggior parte
delle quali requisite al nemico tedesco durante le operazioni belliche.
Tuttavia, al di là del valore simbolico, furono soprattutto precise valutazioni
economiche a spronare Garvey alla creazione di una compagnia di navigazione.
La necessità di collegare tra loro i numerosi centri del mercato pan-africano,
soddisfacendo così allo stesso tempo le richieste dei commercianti africani
e le esigenze della popolazione caraibica, fu uno degli elementi che lo spinse
alla creazione della BSL. Dopo la guerra le navi erano diventate lo strumento
fondamentale con il quale i produttori statunitensi rispondevano alle pressanti
richieste del mercato internazionale. Il rilancio dell'economia europea rappresentò
certamente il più importante tra gli obiettivi postbellici della politica
estera americana, ma non bisogna dimenticare l'interesse sempre maggiore per
le materie prime del continente africano se il valore complessivo del commercio
tra l'America e l'Africa nell'intervallo 1914-1920 crebbe da 47 a 325 milioni
di dollari. Ne è prova il fatto che il Dipartimento della Marina dichiarò
sorpreso: "the exchange of manufactured goods for the rich and necessary
cargoes of the great continent of Africa opens up unlimited possibilities of
trade."(103) Nell'immediato dopoguerra gli Stati Uniti tentarono l'espansione
commerciale nel continente nero, fino ad allora monopolio dei mercanti e delle
compagnie di navigazione britanniche e tedesche. Gli stessi affaristi africani,
nella speranza di trovare valide alternative agli acquirenti europei, accolsero
con favore le nuove mire statunitensi convinti di trovare appoggio soprattutto
nella comunità nera americana. In realtà l'assenza di adeguate
strutture commerciali gestite da afroamericani fu uno dei fattori che impedì
uno sviluppo interessante dei rapporti commerciali tra l'Africa e l'America
e li rese qualcosa di molto occasionale.
Diversamente, i produttori delle Indie Occidentali instaurarono con i commercianti
statunitensi rapporti di scambio molto più regolari. In questo caso,
un importante ruolo fu giocato dalle comunità di immigrati caraibici
stanziate negli Stati Uniti e in Canada che acquistarono e pubblicizzarono con
successo le merci provenienti dai loro paesi d'origine. Le opportunità
di guadagno intrinseche a questo nuovo mercato spinsero grandi imprese americane
ad interessarsi del trasporto e della vendita dei prodotti caraibici. La United
Fruit Company, ad esempio, fu una delle poche aziende in grado di trasportare,
grazie alle sue apposite navi, la frutta, soprattutto banane, coltivata nelle
piantagioni del Centro America, che peraltro erano in gran parte di sua proprietà.
Le imbarcazioni della compagnia evitavano però di fermarsi nei porti
minori dove il traffico non era tale da permettere sufficienti guadagni ed in
questo modo emarginarono i piccoli e medi produttori. Spesso, sulle stesse navi
che trasportavano i raccolti, cercavano di salire anche uomini e donne con la
speranza di trovare impiego nelle grandi piantagioni di zucchero e banane. Per
coloro che non avevano già un contratto di lavoro le speranze di ottenere
un passaggio erano poche e per gli abitanti delle isole più piccole nulle.
Il presidente dell'UNIA agì, inoltre, nella speranza di fornire alla
popolazione di colore una concreta alternativa alle pratiche razziste attuate
dalle compagnie di navigazione bianche. Spesso, infatti, i biglietti di prima
classe non potevano essere acquistati dai neri e quelle poche volte che i più
fortunati vi riuscivano non potevano comunque usufruire integralmente dei servizi
offerti agli altri passeggeri.
La gestione economica della BSL
Negli anni Venti il prezzo d'acquisto per una buona imbarcazione variava dai
150.000 ai 500.000 dollari, importo al quale andavano quasi sempre aggiunte
ulteriori spese per adattare la nave al tipo di carico da trasportare. In qualità
di presidente dell'UNIA Garvey, come i pochi imprenditori afroamericani presenti
sul mercato, non possedeva capitali sufficienti da poter investire in tale attività
e fu costretto perciò ad optare per l'azionariato popolare.
Il politico giamaicano trovò nella classe lavoratrice afroamericana una
risorsa economica fondamentale per la realizzazione dei suoi progetti. Indubbiamente
l'immediata e favorevole risposta al suo appello fu agevolata in particolar
modo da due fattori. In primo luogo dalla consuetudine, diffusa tra la popolazione
di colore a partire dalla guerra mondiale, d'investire i propri guadagni in
azioni ed obbligazioni. Testimoniano questo fatto le stime concernenti le cinque
campagne nazionali di prestito alle quali ricorse il governo statunitense nel
corso del conflitto: i dati rivelano che i neri impegnarono all'incirca $250.000.000
in titoli di credito e francobolli. Gli organi di stampa continuarono a pubblicizzare
le nuove formule speculative anche una volta terminate le ostilità: il
Guardian di Boston esortò i lettori all'acquisto d'azioni della Colored
American Theatres Corporation promettendo guadagni netti del 50%, la testata
newyorchese Age affermò: "the gold mine still exists in Harlem and
paying ore awaits the efforts of the earnest and industrios pioneers."(104)
Nel clima euforico del momento anche gli afroamericani vennero attratti dalle
nuove prospettive di guadagno e tra loro in particolar modo i professionisti
emersero come la classe dei nuovi investitori.
L'altro elemento che favorì gli investimenti della comunità nera
in azioni della BSL fu il fatto che a partire dal 1915 le autorità statali
statunitensi, e successivamente anche imprenditori privati, cominciarono ad
appellarsi a particolari sentimenti nazionalistici per destare l'interesse dei
potenziali azionisti. Ad esempio, nell'aprile del 1919 il governo, nel tentativo
di tranquillizzare i toni del conflitto razziale in un periodo di grande tensione
sociale, si rivolse in questi termini alla popolazione afroamericana di New
York: "When one becomes the owner of a bond of the United States, he becomes
a stockholder in the country. As a stockholder, he will feel a greater degree
of interest in the welfare of the country and is entitled to greater consideration
in its affaire. Invest in the stocks of Uncle Sam."(105) Una volta terminato
il conflitto alcuni abili imprenditori trasformarono l'appello alla solidarietà
nazionale in uno di carattere prettamente etnico; fu così che gli uomini
d'affari irlandesi crearono la Green Star Line ed i polacchi la Polish Navigation
Steamship Company.
Garvey, perciò, non si distinse per originalità quando nel 1919,
rivolgendosi alla comunità afroamericana, lanciò la BSL. Il suo
progetto, allora, poteva essere comparato ad una delle tante proposte imprenditoriali
che sfruttavano la componente etnica per accumulare capitale se dietro a tutto
questo non ci fosse stata una precisa strategia politica.
L'ambiguità della strategia politica
Le trasformazioni economiche e sociali che nel dopoguerra coinvolsero la nazione
statunitense, e in particolar modo la comunità afroamericana, convinsero
Garvey che lo sviluppo di un capitalismo nero avrebbe favorito il processo d'emancipazione
politica della minoranza di colore. Tra le varie opportunità offerte
dal mercato egli decise comunque di impegnarsi in un'attività commerciale
che potesse rivestire nello stesso momento anche un determinato significato
politico. Perciò se i ristoranti e le altre piccole imprese che l'UNIA
gestì prima del maggio 1919 non costituivano secondo il giamaicano strumenti
idonei alla realizzazione dell'obbiettivo grandioso quanto utopico che l'organizzazione
si era posto, ovvero la redenzione dell'Africa, probabilmente il lancio della
BSL gli parve in grado di rispondere in pieno sia alle esigenze politiche sia
alle priorità economiche.
Judith Stein ha evidenziato come in realtà gli obiettivi concreti che
Garvey tentò di realizzare attraverso la creazione della BSL siano stati
diversi da quelli pubblicizzati nei suoi discorsi e nei suoi articoli. A suo
parere, mentre a livello concreto il leader giamaicano fondò la BSL principalmente
per dare nuove opportunità alla classe media afroamericana, agli individui
più poveri ed ignoranti della comunità nera presentò le
navi come gli strumenti che al più presto avrebbero permesso il ritorno
in Africa di tutti gli africani dispersi nel mondo. Questo spiegherebbe secondo
la Stein come mai nella fase di lancio della compagnia Garvey cercò soprattutto
l'appoggio della borghesia nera e perché, nel clima d'agitazione del
1919, molti intellettuali, professionisti, giornalisti e piccoli uomini d'affari
di colore furono pronti a sostenerlo. Probabilmente la principale preoccupazione
dell'organizzazione nazionalista non fu la risoluzione immediata dei gravissimi
problemi economici e sociali che attanagliavano le classi meno abbienti della
comunità nera ma la sempre più emergente discriminazione nei confronti
dell'elite afroamericana di cui Garvey si sentiva parte.
Perciò il presidente dell'UNIA distinse da subito il cosiddetto "razzismo
militante", ritenuto necessario per mobilitare le masse, dal "radicalismo
sovversivo" al quale si oppose teoricamente e per convenienza.(106) Questa
presa di posizione alquanto moderata gli permise di conquistare un importante
spazio nel panorama politico del tempo senza tuttavia privarsi del vitale sostegno
popolare. Nel gennaio del 1920 il Dipartimento di Giustizia descrisse Garvey
come il principale agitatore della comunità afroamericana newyorchese
ma contemporaneamente sostenne che per il presidente dell'UNIA l'appello al
nazionalismo nero era comunque secondario rispetto al progetto di vendita delle
azioni della BSL. Tale giudizio, che erroneamente dipinse il giamaicano come
un semplice "stock promoter", rivela però che finché
egli subordinò l'esigenze politiche a quelle economiche venne visto dal
governo come un problema relativo. Probabilmente se non fosse stato per il carattere
violento della retorica di Garvey che rischiava di alimentare ancor di più
il clima di tensione razziale, il governo statunitense non si sarebbe mai opposto
ad un progetto di sviluppo del capitalismo nero, anzi, come successo ad esempio
durante la recente presidenza di Clinton, lo avrebbe appoggiato.
Nel momento in cui le esigenze finanziarie divennero sempre più incombenti
i dirigenti dell'UNIA furono costretti a cercare sostegno anche tra le classi
più povere della popolazione di colore. L'appello alle masse divenne
quindi uno strumento necessario per garantire la sopravvivenza della BSL e ciò
finì per allarmare non poco il governo statunitense. L'FBI mutò
improvvisamente il comportamento indulgente nei confronti del politico giamaicano
mutandolo in uno molto più severo. Chiaramente quello che preoccupava
maggiormente gli agenti federali non era quanto Garvey faceva, ma ciò
che il suo messaggio poteva ispirare.
Le cause del fallimento
L'analisi delle alterne vicende che caratterizzarono l'attività della
Black Star Line mette in evidenza al contempo le qualità migliori e quelle
peggiori del movimento garveysta. Se da una parte la partecipazione popolare
alla gestione di un'impresa di tali dimensioni rappresentò un'iniziativa
senza paralleli nella storia della comunità afroamericana, dall'altra
l'incompetenza e la negligenza con la quale Garvey e i suoi alleati amministrarono
la compagnia mostrano i grandi difetti dell'organizzazione nazionalista.
La Black Star Line nei primi dieci mesi d'attività raccolse quasi $750.000,
una cifra tale da indurre Garvey ad aumentare il capitale sociale della compagnia
da $500.000 a $10.000.000. Sino all'agosto del 1922 furono vendute azioni per
un valore di $900.000, cosicché, considerando anche i soldi collezionati
dalla Black Cross Navigation and Trading Company, la cifra totale investita
dai risparmiatori afroamericani in attività dell'UNIA fu all'incirca
di $1.250.000. I numeri testimoniano la grande disponibilità al sacrificio
che persone di colore di tutto il mondo e di tutte le classi sociali dimostrarono
in nome del movimento nazionalista nero e, contemporaneamente, ci obbligano
ad un'analisi delle ragioni del clamoroso crack finanziario della BSL.
Mentre alcune cause del fallimento sembrano coinvolgere direttamente Garvey,
altre lo interessano solo indirettamente. Tra le prime spicca chiaramente la
carenza di personale qualificato all'interno dell'organizzazione, una situazione
determinata dai particolari criteri adottati dal presidente dell'UNIA nella
nomina dei suoi subordinati. Garvey, infatti, nella selezione dei collaboratori
fu sempre interessato alla fedeltà personale, più che alle competenze
strettamente imprenditoriali dei vari individui. Il timore di divenire la vittima
di intricati complotti segnò tutta la carriera del politico giamaicano
e lo spinse a scegliere uomini innanzitutto fidati e, solo in secondo luogo,
preparati al mondo imprenditoriale. Garvey, inoltre, ossessionato com'era dalla
paura di fallire, non volle rischiare di perdere la posizione di predominanza
all'interno del movimento cosicché, per gli incarichi più importanti,
scelse sempre uomini che non mostravano delle spiccate doti di leadership. Talvolta
alcuni associati polemizzarono con il presidente e pagarono con l'espulsione
dall'associazione il loro scontroso atteggiamento. Il continuo ricambio di alti
dirigenti è testimonianza ulteriore di quanto il giamaicano fosse un
uomo con il quale non era facile lavorare.
Altre responsabilità indicano in Garvey uno dei colpevoli del tracollo
finanziario della Black Star Line. Alcune di queste derivarono soprattutto dalla
mancata conoscenza del mondo della navigazione e dei vari aspetti, soprattutto
burocratici, legati ad esso. Alla vigilia del processo che coinvolse il presidente
e altri quattro dirigenti della compagnia i registri contabili sequestrati dall'accusa
rivelarono il caos totale con il quale fu gestita l'intera attività.
Il leader giamaicano, inoltre, non tracciò mai una netta linea di distinzione
tra gli aspetti politico-promozionali e quelli economici della Black Star Line.
Molto spesso le scelte imprenditoriali vennero subordinate alle necessità
politiche, una decisione che costò molto cara al bilancio, costantemente
in rosso, della compagnia. In questo senso fu molto significativo il rapporto
conflittuale tra Garvey e Joshua Cockburn, primo capitano della Black Star Line
e unico, tra i dirigenti dell'UNIA, ad avere una certa competenza nel mondo
della navigazione. Molto spesso il presidente dell'associazione si disinteressò
del parere dell'esperto uomo di mare e prese delle decisioni che, privilegiando
gli aspetti politici, si dimostrarono altamente controproducenti a livello economico.
Ad esempio, il 13 gennaio del 1920, la nave Yarmouth da poco tornata dal viaggio
inaugurale, nonostante necessitasse d' accurati controlli e immediati interventi
di riparazione, fu costretta, su ordine di Garvey, a salpare velocemente per
L'Avana con un prezioso carico di whisky. La Green River Distilling Company
era infatti ansiosa di vendere la propria merce del valore di $4.000.000 prima
che il 17 dello stesso mese entrasse in vigore negli Stati Uniti la legge proibizionista.
Il capitano Cockburn inizialmente si lamentò perché la nave non
era adibita al trasporto di liquori ma successivamente accettò di cooperare.
Una volta informato da Garvey dell'esiguo guadagno dell'intera operazione il
suo scetticismo si tramutò in collera. Il giamaicano allora, nel tentativo
di calmare l'unico capitano di colore disponibile sulla piazza, lo invitò
a fare del suo meglio rassicurandolo sul fatto che la BSL agendo in tal modo
si sarebbe pubblicizzata positivamente. I due litigarono nuovamente quando Garvey
decise d'affidare le riparazioni alla Irvine Engineering Company al costo di
$11.000, annullando così immediatamente ogni speranza di ottener un profitto.
Nonostante i contrasti tra il massimo dirigente e il capitano, la nave salpò
andando incontro a nuovi e gravi problemi.
Garvey, inoltre, commise l'errore di mostrarsi esuberante anche quando la gravità
della situazione non lo permetteva. Probabilmente lo stesso carattere forte
e determinato, a tratti persino cocciuto, indispensabile nella fase iniziale
della sua carriera, gli impedì in seguito d'ammettere in pubblico i fallimenti
e gli errori personali. I suoi numerosi avversari approfittarono di tale atteggiamento
per escluderlo definitivamente dalla scena politica. Garvey, infatti, venne
condannato per aver promesso agli azionisti della BSL alti dividendi anche quando
era cosciente delle pessime condizioni finanziarie dell'impresa. Lo stesso atteggiamento
superficiale lo portò ad acquistare nuove navi anche quando i pagamenti
delle precedenti non erano stati completati.
Tra le cause del fallimento della BSL vi furono anche fattori che non erano
sotto il diretto controllo di Garvey. Se gli attacchi dei suoi accaniti rivali
ebbero un ruolo molto importante che approfondiremo nel quinto e ultimo capitolo,
furono soprattutto il ricorso alla corruzione e al ladrocinio diffusosi tra
gli impiegati a causare grosse difficoltà nella gestione della compagnia.
In effetti, tra i numerosi afroamericani che aderirono al movimento garveysta
alcuni lo fecero solo per stretta convenienza. Mentre nel 1919 la BSL sembrava
lanciata verso un prospero futuro, in breve tempo la situazione peggiorò
costringendo gli associati a sacrifici economici che non tutti erano disposti
a fare. Fu così che alcuni di loro si rifecero dei mancati guadagni ricorrendo
a piccoli furti e stratagemmi a danno della compagnia. Spesso però la
buona volontà degli impiegati svanì proprio davanti all'apparenza
di benessere data da Garvey e dagli altri ufficiali.
Il presidente dell'UNIA attribuì le cause del fallimento esclusivamente
all'azione dei nemici che individuò all'interno e all'esterno dell'organizzazione.
In un testo autobiografico egli spiegò così l'evolversi della
situazione: "My downfall was planned by my enemies. They laid all kind
of traps for me. They scattered their spies among the employes of the Black
Star Line and the Universal Negro Improvement Association. Our office records
were stolen. Employes started to be openly dishonest ... The ship's officers
started to pile up thousands of dollars of debts against the company without
the knowledge of the officers of the corporation. Our ships were damaged at
sea, and there was a general riot of wreck and ruin. Officials of the UNIA also
began to steal and be openly dishonest. I had to dismiss them. They joined my
enemies, and thus I had an endless fight on my hands to save the ideals of the
association and carry out our programm for the race. My negro enemies, finding
that they alone could not destroy me, resorted to misrepresenting me to the
leaders of the white race, several of whom, without proper investigation, also
opposed me."(107) E' opportuno credere a questa versione dei fatti o essa
rappresenta una mistificazione di ciò che realmente accadde?
Due storici in particolare si sono segnalati per le loro contrastanti interpretazioni
delle cause che portarono al fallimento della Black Star Line. La studiosa bianca
Judith Stein sostiene che la maggior parte delle responsabilità sono
attribuibili direttamente a Garvey e al suo modo d'agire troppo superficiale
ed attento alle prerogative personali. La Stein ha dichiarato che "Garvey's
desire for success and power blinded him to alternative options at any moment.
Fear of failure and suspicions of competitors directed his attention to exposing
the real and imaged misdeeds of others rather than pursuing blueprints that
required time and work and witheld immediate reward."(108) Tony Martin,
pur sottolineando gli errori del presidente dell'UNIA, ha individuato invece
negli agenti esterni - l'opposizione del governo statunitense e delle potenze
coloniali, l'azione dei nemici interni alla comunità afroamericana, la
disonestà di alcuni membri - i fattori che portarono al tracollo finanziario
della BSL. Egli afferma che: "there was nothing inevitable about the failure
of the Black Star Line and al lied ventures. The few trips of the Yarmouth proved
that the possibilities for substantial cargoes and a profitable passengers business
were there. Without the problems enumerated above there is no reason why the
UNIA shipping ventures could not have been at least modestly profitable."(109)
2. Il Negro World
La propaganda
Garvey attribuì sempre grande importanza all'attività propagandistica.
Egli credeva che in una civiltà altamente sviluppata ed organizzata la
propaganda rappresentasse uno strumento fondamentale per far conoscere il proprio
pensiero e per attirare sulle proprie iniziative i consensi e l'approvazione
del maggior numero possibile d'individui. A suo avviso, concetti ben radicati
nella società americana ed europea quali "destino manifesto"(110)
, supremazia bianca e inferiorità della razza nera erano stati imposti
da un'azione studiata e diretta dall'elite intellettuale e politica occidentale.
Per anni era stata prodotta ed imposta come verità assoluta un tipo di
letteratura che rappresentava l'Africa come una terra senza passato, abitata
da selvaggi e cannibali dove la civilizzazione non avrebbe mai potuto avvenire
se non con l'aiuto dell'uomo bianco. Perciò Garvey sosteneva che "propaganda
has done more to defeat the good intentions of races and nations than even open
warfare. Propaganda is a method or medium used by organized peoples to convert
others against their will. We of the Negro race are suffering more than any
other race in the world from propaganda - Propaganda to destroy our hopes, our
ambitions and our confidence in self."(111) I mezzi d'informazione, l'indottrinamento
religioso e l'insegnamento della storia rappresentavano solo alcuni degli strumenti
adottati dalla razza bianca per perpetuare il proprio dominio sul mondo. Hubert
Harrison, autorevole intellettuale afroamericano e collaboratore del Negro World,
condivideva con il politico giamaicano l'idea che il sistema scolastico esistente
negli Stati Uniti e nelle Indie Occidentali essendo stato creato dai bianchi
per le loro specifiche esigenze culturali non avrebbe mai educato correttamente
i ragazzi di colore. Essi infatti "know nothing of the stored-up knowledge
and experience of the past and present generations of Negroes in their ancestral
lands, and conclude there is no such store of knowledge and experience. They
readily accept the assumption that Negroes have never been anything but slaves
and that they never had a glorious past as other fallen peoples like Greeks
and Persian have."(112) Secondo Garvey per rivalutare l'immagine della
cultura africana era necessario quindi per l'uomo di colore sviluppare una specifica
propaganda impostata su concetti di auto-consapevolezza e fiducia in se stessi.
A questo scopo il politico giamaicano si impegnò in numerose iniziative,
alcune delle quali ottennero grande successo. L'UNIA divulgò in diversi
modi il proprio messaggio tanto che ogni singola attività dell'organizzazione
assunse un determinato ruolo propagandistico. Le produzioni artistiche, le manifestazioni
religiose e le diverse proposte commerciali furono prima di tutto strumenti
atti alla diffusione di una nuova mentalità tra il popolo nero. Garvey,
il quale riteneva che l'uomo di colore non aveva bisogno di stare ad ascoltare
tante parole ma, piuttosto, di confrontarsi con validi esempi pratici, agì
concretamente per diffondere il suo pensiero. Così vennero filmate alcune
parate annuali dell'associazione per essere proiettate successivamente all'interno
della Liberty Hall, alcuni discorsi del presidente vennero registrati, riprodotti
su vinile e messi sul mercato e durante la convention del 1929 i delegati giunsero
addirittura a prendere in considerazione l'idea di creare una radio per diffondere
con maggior efficacia il messaggio garveysta.
La stampa e il Negro World
Lo strumento di propaganda che l'UNIA adottò con maggior successo fu
la stampa. Garvey, che da ragazzo in Giamaica aveva lavorato come tipografo
e come giornalista, seppe sfruttare al meglio queste esperienze professionali
e nel corso della sua carriera politica fondò numerose testate in diversi
paesi a cominciare, tra il 1910 e il 1911, dal Garvey's Watchman in Giamaica,
La Nacion in Costa Rica e La Prensa a Panama.(113)
Il più importante e prestigioso giornale pubblicato dal leader giamaicano
fu comunque il Negro World, un settimanale stampato regolarmente ad Harlem tra
il 1918 e il 1933. Questo periodico distribuito in tutto le regioni del mondo
abitate da neri si affermò negli Stati Uniti come una delle migliori
iniziative intellettuali fino ad allora proposte alla comunità di colore.
Nello spazio di pochi mesi quella che era la voce ufficiale dell'UNIA diventò
uno dei settimanali più importanti nel panorama editoriale afroamericano
e uno strumento propagandistico di grande efficace in mano al movimento nazionalista
nero. Le stime parlano di una circolazione che variò negli anni di maggior
successo dell'organizzazione dalle sessantamila alle duecentomila copie.
Il Negro World si distinse dalle altre testate afroamericane perché era
al contempo strumento politico e spazio di dibattito culturale. Tra i numerosi
giornalisti che collaborarono alla sua pubblicazione spiccano alcuni tra i nomi
più prestigiosi del panorama letterario nero del tempo. T. Thomas Fortune,
decano dei reporter afroamericani ed attivista del partito repubblicano, curò
la pubblicazione del settimanale dal 1923 fino alla sua morte nel 1928; John
Edward Bruce, fondatore della Negro Society for Historical Research, lavorò
come "associate editor" fino al 1924; autorevoli scrittori come Hubert
Harrison, William H. Ferris ed Eric Walrond completarono lo staff editoriale
coordinato naturalmente da Garvey stesso. La seconda moglie del giamaicano,
Amy Jacques, fu incaricata invece della cura della pagina dedicata alle donne.
Il razzismo imperversante nel mondo del giornalismo statunitense rese il Negro
World uno spazio unico per gli scrittori di colore più o meno affermati
che desideravano mettere alla prova il proprio talento e la propria inventiva.
Harrison pubblicò sul settimanale dell'UNIA la prima rubrica di recensione
letteraria mai apparsa su una testata afroamericana ed altri intellettuali di
futuro successo come J.A. Rogers, Arthur A. Schomburg, Carter G. Woodson, Claude
McKay e Zora Neale Hurston collaborarono almeno una volta con un loro pezzo.
Nell'opera Literary Garveysm lo studioso Tony Martin ha voluto sottolineare
come gli storici, pur riconoscendo il ruolo fondamentale di Garvey nella diffusione
di concetti come consapevolezza di razza e Pan-africanismo costantemente ripresi
dagli artisti del cosiddetto "Harlem Renaissance", non abbiano mai
compreso appieno il contributo culturale direttamente apportato dal giamaicano.
Un errore di valutazione grave se si pensa che nel 1922 anche autorevoli nemici
di Garvey come Randolph e Owen confessarono sulle pagine del giornale socialista
Messenger: "He has inspired an interest in Negro traditions, Negro history,
Negro literature, Negro art and culture. He has stressed the international aspect
of the Negro problem."(114) Anche Claude McKay nel 1940, in occasione della
morte del presidente dell'UNIA, sottolineò con queste parole l'importanza
del contributo culturale di quest'ultimo: "Garvey assembled an exhibition
of Negro accomplishment in all the skilled crafts, and art work produced by
exhibitors from all the Americas and Africa, which were revelations to Harlem
of what the Negro people were capable of achieving...The flowering of Harlem's
creative life came in the Garvey era."(115)
Nonostante il grande interesse per la cultura Garvey era soprattutto un politico
e in quanto tale riteneva che l'arte dovesse essere messa al servizio dei neri
per cause fondamentali per la razza. Perciò egli affermò: "We
must encourage our own black authors who have character, who are loyal to their
race, who feel proud to be black, and in every way let them feel that we appreciate
their efforts to advance our race through healthy and decent literarture."(116)
Allo scopo di rivalutare l'immagine dell'uomo di colore screditata da anni di
propaganda razzista il Negro World utilizzò le sue pagine per raccontare
ai lettori la gloriosa storia del popolo nero. Più volte Garvey scrisse
con orgoglio ed ammirazione delle gesta eroiche di schiavi ribelli come Denmark
Vesey(117) , Gabriel Prosser(118) e Nat Turner,(119) della resistenza dei guerrieri
Zulu e Hottenthot contro l'invasore europeo, delle celebri vicende dei Mori
e dell'impero etiope, dell'audacia mostrata da Toussaint L'Overture(120) nell'opporsi
all'esercito francese.
Nelle sue pagine, variabili dalle dieci alle sedici, il Negro World informava
delle varie attività svolte dalle sezioni dell'UNIA sparse in tutto il
mondo, contribuendo in questo modo ad unificare gli sforzi delle varie componenti
dell'associazione. Gli stessi lettori erano invitati a partecipare al dibattito
facendo pervenire in redazione i loro pareri riguardo le tematiche più
importanti affrontate negli articoli. Uno degli spazi editoriali di maggior
successo fu quello dedicato alla poesia popolare, "Poetry for the People",
nel quale tutti avevano l'opportunità d'esprimere in versi la devozione
alla razza.
Le caratteristiche puramente grafiche del Negro World meritano alcune considerazioni.
A separare le due parole del titolo, "Negro" e "World",
c'era una figura simile al volto d'una sfinge che sorreggeva il motto dell'organizzazione:
"One Aim, One God, One Destiny". Immediatamente sotto capeggiava la
frase "A Newspapers Devoted Solely to the Interest of the Negro Race".
La prima pagina era puntualmente riservata a lunghi editoriali nei quali il
presidente dell'UNIA si impegnava di volta in volta in sommarie ricostruzioni
storiche o in concreti appelli promozionali. Nei suoi pezzi egli esordiva sempre
appellandosi ai "fedeli compagni della razza nera" per poi concludere
con la formula "Your obedient serf, Marcus Garvey, President General".
Il Negro World, per esigenze economiche, riservò degli spazi anche alla
pubblicità ma ciò fu fatto seguendo una strategia coerente ai
concetti di fierezza razziale portati avanti dal movimento. Infatti, mentre
in quegli anni molti giornali afroamericani ottennero notevoli entrate reclamizzando
sulle proprie pagine speciali prodotti di bellezza, come lo schiarente per la
pelle, che invitavano i neri a mascherare la propria tipicità per assomigliare
sempre più all'uomo bianco, Garvey e gli editori del settimanale dell'UNIA
si rifiutarono sempre di promuovere articoli che degradavano l'identità
della razza.
Le autorità coloniali e il Negro World
Copie del Negro World vennero distribuite e lette in tutte le aree del mondo
abitate da popolazioni d'origine africana. Negli Stati Uniti la diffusione del
giornale venne gestita dai membri delle numerose sezioni presenti sul territorio,
mentre nei Caraibi, nel Centro America e in Africa questo compito spettò
a fidati marinai di colore.(121) Il fatto che a partire dal 1923 sezioni del
Negro World fossero stampate, oltre che in inglese, anche in spagnolo ed in
francese facilitò la divulgazione internazionale del garveysmo. L'influenza
di questo messaggio fu tale che le autorità coloniali indicarono nella
diffusione del giornale dell'UNIA uno dei fattori scatenanti dei movimenti di
protesta e ribellione indipendentisti scoppiati nel Dahomey,(122) nell'Honduras
britannico,(123) in Kenya, a Trinidad e a Cuba. I governi di Francia, Inghilterra
e Stati Uniti tentarono d'opporsi in tutte le maniere più o meno lecite
alla distribuzione del settimanale, in special modo in Africa, nel Centro America
e nelle Indie Occidentali. Le autorità britanniche, in particolare, furono
impegnate su più fronti nella lotta alla diffusione del Negro World:
nel Nyasaland(124) la pubblicazione dell'UNIA fu inclusa nella lista dei giornali
proibiti per i contenuti considerati provocatori e perniciosi; nella Rhodesia
del Nord(125) alcune copie vennero confiscate; in Sierra Leone la sua circolazione,
anche se non proibita, venne comunque controllata e limitata dal governatore.
In altre colonie britanniche dell'Africa occidentale - Nigeria, Gambia e Costa
d'Oro(126) - la distribuzione e la lettura di tale giornale venne completamente
messa al bando sino alla fine degli anni Trenta.
Anche nelle Indie Occidentali l'azione repressiva del governo coloniale inglese
si scagliò contro il Negro World; qui, però, a differenza della
realtà africana incontrò una strenua resistenza popolare. Nei
Caraibi, infatti, la coscienza politica della popolazione era molto maggiore
rispetto a quella modesta degli abitanti del continente nero. Nell'Honduras
Britannico all'inizio del 1919 venne approvata una legge transitoria che vietava
la diffusione del settimanale. Tuttavia, quando l'anno successivo il governatore
ottenne dalla Corona l'autorizzazione per rendere tale provvedimento permanente,
il timore che un'azione repressiva diretta contro l'organo di stampa dell'UNIA
potesse provocare una nuova ribellione della popolazione di colore dopo quella
scoppiata nel luglio del 1919, costrinse l'amministratore inglese ad approvare
una regolamentazione ben più tollerante nei confronti del giornale. E'
evidente come in questo caso il messaggio garveysta fu considerato dalle autorità
coloniali un fattore importante nelle rivendicazioni indipendentiste della comunità
nera ondurégna. Nella Guinea Britannica(127) l'iter legislativo anti-Negro
World seguì più o meno lo stesso percorso. Nei primi mesi del
1919 la distribuzione del giornale venne momentaneamente messa al bando e nel
giugno successivo il comitato esecutivo coloniale propose di vietarne definitivamente
la lettura, così come per il Crusader, il Monitor e il Recorder. Una
violenta protesta della popolazione di colore sconsigliò e bloccò
l'approvazione di quest'ultima legge.
Il Negro World ebbe un ruolo fondamentale anche all'interno del movimento rivoluzionario
che, nel dicembre del 1919, scosse le fondamenta del sistema coloniale britannico
in Trinidad e Tobago. In questo paese le tensioni razziali crebbero a dismisura
una volta che tornarono in patria i soldati di colore del British West Indies
Regiment, unitisi alle forze inglesi nel corso della Prima Guerra mondiale.
Gli abusi e le umiliazioni patite in Europa dagli uomini di questo reggimento
li spinsero ad unirsi in un'organizzazione denominata The Returned Soldiers
and Sailors Council and Organization che individuò nell'autorità
coloniale il vero nemico al quale opporsi. Alla rabbia dei reduci si aggiunse
il malcontento dei lavoratori che ricorsero invano a scioperi e manifestazioni
di protesta per ottenere un miglioramento della loro posizione contrattuale.
In questa situazione di fermento sociale pare che la lettura del Negro World
fosse per la popolazione del Trinidad un'ulteriore elemento di spinta verso
l'attacco rivoluzionario. Ciò è testimoniato in parte dalla preoccupazione
espressa dal console americano Baker, il quale più volte si lamentò
con il Dipartimento di Stato che permetteva la spedizione da uffici postali
statunitensi di un giornale dai contenuti anarchici e sovversivi. Il primo dicembre
lavoratori e reduci di guerra, per la maggior parte membri attivi delle divisioni
locali dell'UNIA, si unirono nella protesta e misero a ferro e fuoco per tre
giorni la capitale nazionale, Port of Spain. Le autorità coloniali furono
allora costrette a scendere a patti con i rappresentanti dei lavoratori e cedere
alle loro richieste. Una volta ristabilito il proprio potere il governo britannico
decise d'agire contro gli elementi più rivoluzionari; fu allora che il
console americano suggerì come efficace mossa reazionaria la messa al
bando del Negro World, a suo avviso "responsible for the rapid growth of
class and race feeling, and of anarchist and Bolshvist ideas among the ignorant
population of Trinidad."(128)
Anche le autorità coloniali francesi contrastarono, legalmente e non,
la distribuzione del settimanale dell'UNIA proibendone la lettura in tutte le
colonie di sua appartenenza. Alcune sezioni del giornale erano pubblicate in
francese e spagnolo appositamente per favorire i lettori che non conoscevano
l'inglese. In risposta all'azione repressiva coloniale Garvey creò un
sistema di contrabbando ben organizzato che in molti casi rese vani i controlli
e la legislazione dei governi. La cellula fondamentale nella diffusione illegale
del Negro World fu costituita soprattutto dai marinai di colore. Le dichiarazioni
delle stesse autorità confermano il successo di tale azione; il governatore
dell'Honduras Britannico, ad esempio, confessò che nonostante l'embargo
in vigore dai primi mesi del 1919 "I had every reason to believe that the
newspaper was being smuggled into the colony through Mexico and Guatemala, in
larger numbers than before the ban was placet on it."(129)
Il governo statunitense e il Negro World
Il governo degli Stati Uniti non proibì mai la distribuzione e la lettura
del Negro World ma controllò attentamente sin dalle prime uscite i contenuti
della pubblicazione. Nel 1919, ad esempio, il Procuratore Generale A. Mitchell
Palmer lo menzionò, primo tra i giornali afroamericani, nel rapporto
"Radicalism and Sedition Among the Negroes as Reflected in their Publications".
Palmer confessò d'essere preoccupato più d'ogni altra cosa dall'influenza
che Garvey ed altri editori sembravano avere sui lettori di colore e di temere,
perciò, la diffusione di massa d'atteggiamenti sovversivi. Anche i membri
del Post Office Department dal canto loro cercarono costantemente, ma senza
riuscirvi, moventi validi per procedere legalmente contro il Negro World. Il
governo americano, nel pieno del "Red Scare", fu allarmato soprattutto
dagli articoli che riteneva essere di carattere pro-bolscevico e da quelli che
invece predicavano i principi della dottrina "race first"; ciononostante
preferì attaccare direttamente Garvey piuttosto che agire contro il suo
mezzo di propaganda principale.
Le vicissitudini legate alla distribuzione più o meno legale del Negro
World nel mondo ben evidenziano la preoccupazione con la quale le autorità
coloniali guardarono alla diffusione del messaggio garveysta. Ad impensierire
i colonizzatori fu soprattutto la possibile ispirazione che le popolazioni oppresse
potevano trarre dai principi d'indipendenza e libertà esaltati negli
articoli pubblicati sul settimanale dell'UNIA. Non a caso nelle regioni come
il Trinidad o l'Honduras Britannico dove i dominatori europei incontravano una
resistenza sempre più tenace da parte delle popolazioni indigene la lettura
del giornale fu un fattore da non sottovalutare nello scoppio dei movimenti
di ribellione. D'altro canto il governo statunitense adottò una politica
permissiva nei confronti della distribuzione del Negro World proprio per il
fatto che esso, pur attuando una politica espansionistica fondata sull'esportazione
di merci e capitali soprattutto in direzione del Pacifico e dell'America Latina,
non possedeva vere e proprie colonie.
Capitolo IV - Africa for the Africans
Introduzione
Questo capitolo ha come obiettivo specifico l'analisi della politica pan-africana
adottata da Garvey nel corso della sua carriera di presidente dell'UNIA. In
poche pagine cercheremo di inquadrare correttamente le posizioni del leader
giamaicano all'interno della corrente ideologica che si sviluppò a partire
dal diciannovesimo secolo con l'obiettivo di realizzare l'unificazione politica
e culturale del continente africano. Dopo aver definito correttamente cosa si
intende oggi con il termine Pan-africanismo procederemo nel nostro lavoro evidenziando
quali processi storici portarono alla nascita del movimento anti-colonialista.
Successivamente indagheremo sui fondamenti ideologici e sulle realizzazioni
concrete del pensiero pan-africano del leader giamaicano. Per valutare correttamente
quale fu il valore di tale politica abbiamo deciso di mettere a confronto in
tutti i loro aspetti due specifici interventi dell'UNIA sul continente africano,
quello in Liberia e quello in Sud Africa. Dal raffronto di questi due casi capiremo
le ragioni più profonde del fallimento dei progetti concreti dell'associazione
e come mai il messaggio garveysta sia stato recepito dagli abitanti dell'Africa
in modo differente a seconda della situazione politica ed economica dei diversi
paesi. Ancora oggi è aperto il dibattito tra gli storici sul significato
e la validità della politica pan-africana di Garvey: alcuni ne sottolineano
esclusivamente gli insuccessi e il carattere utopico mentre altri accentuano
l'influenza e l'importanza che essa ha avuto soprattutto a lungo termine ed
in particolare nel corso del processo di decolonizzazione.
1. La politica pan-africana di Garvey
Il Pan-africanismo
Con il termine Pan-africanismo si indica quel particolare movimento politico
ed ideologico tuttora esistente la cui azione è volta a favorire l'affermazione
della cultura, dell'unità e dell'autodeterminazione dei popoli di origine
africana. Lo studioso George Shepperson lo ha metaforicamente descritto come
un "dono" del Nuovo Mondo al continente africano per il fatto che
esso si sviluppò in reazione alle disumane violenze fisiche e psicologiche
subite dai neri durante la sanguinosa tratta degli schiavi e nel corso del successivo
periodo abolizionista.(130) Affermatasi nel corso dell'Ottocento, la filosofia
pan-africana persegue ancora oggi l'obiettivo di portare, attraverso lo sviluppo
sociale, politico, economico e tecnologico di tutte le aree abitate da neri,
ad un'effettiva uguaglianza razziale tra tutti i popoli del mondo.
Le sue origini risalgono agli inizi del diciannovesimo secolo quando la ristretta
cerchia di intellettuali neri - formata perlopiù da avvocati, insegnanti,
giornalisti, studenti e uomini di chiesa provenienti dall'Africa occidentale,
dai Caraibi e dagli Stati Uniti - era convinta, come la maggior parte dei pensatori
europei, che la diffusione del capitalismo, della tecnologia e della scienza
avrebbe favorito il progresso anche nelle aree più povere del mondo.
L'abolizione della schiavitù sembrò confermare la validità
e l'universalità dei principi illuministi e, di conseguenza, l'assimilazione
della cultura europea diventò il nuovo antidoto al pregiudizio razziale.
Tuttavia questa convinzione mutò non appena la crisi economica di fine
secolo spinse le potenze europee ad adottare una nuova ed aggressiva politica
imperialistica. Solo allora i primi leader pan-africani, per la maggior parte
neri che vivevano negli Stati Uniti, si resero conto che la concezione occidentale
di progresso era limitata ai grandi stati-nazione e basata sull'idea di inferiorità
della razza nera.
Fu così che nel 1900 a Londra trentasette uomini di colore organizzarono
il primo congresso pan-africano allo scopo di coordinare i differenti movimenti
d'opposizione all'imperialismo europeo. Dagli Stati Uniti giunsero nella capitale
inglese otto delegati tra i quali il vescovo della "Zion Church" Alexander
Walters e W.E.B. Du Bois; da Haiti arrivò Benito Sylvain, da Trinidad
H.Sylvester Williams. Insieme essi elaborarono e pubblicarono documenti con
l'intenzione primaria di diffondere un maggior grado d'autostima tra la razza
nera. Essi cercarono nel passato del continente nero le prove del contributo
culturale e scientifico che gli africani avevano dato all'intera umanità.
Tutti i delegati che presero parte alla conferenza attribuirono grande valore
alla storia gloriosa degli antichi regni africani dimenticando tuttavia il ruolo
importantissimo che la popolazione aveva avuto e poteva ancora avere per il
futuro del continente. I politici pan-africani celarono dietro a tale atteggiamento
una visone particolarmente aristocratica ed idealista del mondo: essi infatti
pur essendo certamente progressisti e anti-imperialisti finirono per adottare
una strategia moderata che si limitò alla spedizione di petizioni ai
colonialisti.(131) Solo molto più tardi, dopo lo scoppio di disordini
e di manifestazioni di protesta di carattere popolare, i leader pan-africani
compresero il ruolo centrale delle masse nel processo di liberazione del continente.
Marcus Garvey fu indubbiamente uno dei primi politici a fondare sull'ideologia
pan-africana un movimento che coinvolse larghi strati della popolazione.
"Africa for the Africans"
Per comprendere appieno il valore e l'importanza della posizione garveysta all'interno
del movimento pan-africano è necessario in primo luogo analizzare certi
aspetti che caratterizzarono il contesto politico e culturale nel quale il fondatore
dell'UNIA maturò la propria idea di Africa. Tale approfondimento ci aiuterà
a capire innanzitutto perché la liberazione del continente nero dal dominio
colonialista rimase un obiettivo costante e fondamentale nella politica di Garvey.
Il politico giamaicano era nato nel 1887, e cioè due anni dopo che nel
corso della Conferenza di Berlino(132) le maggiori potenze europee, mosse da
imperativi economici e considerazioni razziste inevitabilmente legate alla superstruttura
capitalista, avevano sancito una prima spartizione del continente africano e
codificato le norme che avrebbero dovuto regolarla nell'avvenire. Una volta
completato tale processo, all'inizio del '900, le uniche regioni che rimasero
indipendenti furono la Liberia, l'Impero etiope e, non per molto, la Libia e
il Marocco. L'Africa venne divisa in colonie e protettorati, separati da confini
arbitrari, tracciati sulla cartina geografica senza tenere conto delle divisioni
tribali e delle preesistenti realtà etnico-linguistiche.
Garvey era un nero cresciuto in una società dominata dai colonialisti
che basava il proprio sistema economico e sociale sul concetto di superiorità
della razza bianca giustificato esclusivamente da convinzioni pseudo-scientifiche
di tipo darwiniano. In tale contesto, nella coscienza del giovane Marcus la
volontà e la determinazione nell'opporsi all'imperialismo europeo per
redimere il popolo africano diventò un elemento indelebile. Ciò
accadde perché esisteva una sostanziale differenza tra l'istruzione formale
di tipo britannico impartita ai ragazzi di colore nelle scuole giamaicane e
il processo educativo degli stessi giovani nei villaggi e nelle comunità
rurali, dove l'importanza delle origini africane era rievocata costantemente
nella letteratura, nella musica, nella danza, nei costumi e nelle tradizioni.
Agli inizi del ventesimo secolo le elite intellettuali occidentali fondarono
sulla concezione di superiorità della razza bianca e su un'errata ricostruzione
storica che negava il ruolo avuto dall'Africa nel processo mondiale di sviluppo
scientifico e culturale la convinzione che l'estensione del capitalismo era
l'unica via percorribile in direzione del progresso universale. Quindi, al termine
della Prima guerra mondiale, una volta ultimata la conquista e la spartizione
delle regioni non ancora occupate, gli ideologi dell'imperialismo europeo nel
tentativo di dimostrare la superiorità del nuovo modo di produzione e
dei corrispettivi fondamenti filosofici e religiosi reclamarono il riconoscimento
universale del sistema capitalistico quale unico strumento di progresso. L'interpretazione
storica ad esso legato si dimostrò scorretta perché in primo luogo
non riconobbe gli innegabili contributi al progresso di civiltà non europee
come la Cina e l'Egitto, dall'altro perché non chiarì la ragione
per cui quest'ultime società utilizzassero con successo relazioni sociali
alternative a quelle introdotte dal capitalismo. Garvey, che nel tentativo di
fuggire dalla mediocrità della società giamaicana si era recato
prima in Centro America e successivamente in Gran Bretagna e negli Stati Uniti,
durante queste esperienze conobbe tutti gli aspetti della rivoluzione capitalista
in atto in gran parte del sistema economico mondiale. Ben presto comprese la
stretta connessione esistente tra imperialismo economico e sfruttamento del
proletariato nero che stava soggiogando il popolo africano e non solo.
La diffusione del suo pensiero fu una chiara risposta all'affermazione del sistema
dottrinale imperialista e al susseguirsi in tutto il mondo d'episodi di sfruttamento
e brutalità ai danni di uomini di colore. Egli si oppose a questa potente
ideologia e alle sue conseguenze militari ed economiche in primo luogo attraverso
la rivalutazione della cultura e delle tradizioni africane. Il leader giamaicano
partì da considerazioni alquanto pessimiste riguardo al destino dei neri
che vivevano al di fuori del continente africano e in particolar modo negli
Stati Uniti. Al contrario di molti rappresentanti afroamericani riformisti che
adottarono una politica "accomodante" egli guardò sempre alla
nazione americana come ad un paese controllato politicamente ed economicamente
dall'uomo bianco dove i neri non avrebbero mai potuto costruirsi un solido futuro.
Garvey definì gli Stati Uniti "a white man's country" e avvertì
ripetutamente la comunità afroamericana: "it is only a matter of
time when the white man will corner the Negroes in the United States of America
and we will have to go and seek salvation or remain here and die. He is going
to corner us economically, he is going to corner us industrially. It is the
new plan of this country to close out the Negro industrially and economically,
and when you close down upon a man's bread and butter you have beaten him."(133)
Egli, per di più, sostenne che sfruttando appieno le sue doti e le crescenti
opportunità di formazione culturale l'uomo di colore avrebbe ricoperto
al più presto ruoli molto influenti all'interno della società
statunitense entrando in stretta competizione con la tradizionale struttura
di potere bianca. Secondo Garvey, entro cinquanta o cento anni la rivalità
sarebbe sfociata inevitabilmente in un conflitto razziale dall'epilogo certamente
tragico per i discendenti africani.
Il leader dell'UNIA, spinto da tali pessimistiche considerazioni, abbracciò
allora la tesi della separazione razziale secondo la quale l'unica via di salvezza
per i neri del mondo era quella di unire le loro risorse intellettuali e materiali,
bloccare la colonizzazione dell'Africa e lavorare per la costruzione di una
grande nazione africana. La volontà dei garveysti era quella di costituire
nel continente nero uno stato libero e indipendente dove ogni uomo di colore
avrebbe potuto vivere sotto la protezione delle più moderne istituzioni
democratiche. Per ottenere il rispetto e la considerazione delle altre razze
l'uomo di colore aveva un'unica soluzione: "to build his own government,
industry, art, science, literature, culture, before the world will stop to consider
him. Until then, we are but wards of a superior race and civilization, and the
outcasts of a standard social system."(134)
L'ambizioso progetto garveysta si scontrò da subito con un ostacolo insormontabile:
la forte presenza europea nel continente africano. Egli, tuttavia, individuò
nella situazione politica internazionale del dopoguerra le condizioni ideali
per sconfiggere il prepotente invasore. A suo giudizio era nel breve periodo
di riassestamento mondiale che i neri avrebbero dovuto reclamare l'indipendenza
del continente africano, unendosi in questo modo alle rivendicazioni autonomiste
di popoli come quello irlandese, quello indiano e quello ebreo. Permettere un
riordinamento dello scacchiere politico mondiale senza prenderne parte avrebbe
certamente significato la fine delle speranze democratiche per il popolo africano.
Garvey con lo slogan "Africa for the Africans" propose ai suoi seguaci
una concezione storica personale e di natura divina che utilizzò ogni
qual volta si trovò a rivendicare l'indipendenza dell'Africa. A suo avviso
Dio aveva creato gli uomini uguali e con pari diritti attribuendo ad ogni particolare
razza una determinata porzione della terra. Perciò, se l'Europa era stata
destinata all'uomo bianco e l'Asia era la legittima dimora delle popolazioni
orientali, ne conseguiva che l'Africa doveva essere la casa dei neri. Allora,
come gli europei e gli asiatici avevano fatto combattendo a lungo per difendere
il proprio continente, pure i neri avrebbero dovuto lottare con tutte le loro
forze per la redenzione dell'Africa e dell'intera razza nera.
"Sionismo nero"?
Oggi il problema interpretativo e di classificazione del programma pan-africano
dell'UNIA divide gli storici così come fece negli anni Venti. Allora
l'espressione utilizzata più frequentemente dai rivali di Garvey per
descrivere la sua politica anti-colonialista fu "back to Africa movement",
una formula adoperata anche da studiosi moderni che per diverse ragioni non
le attribuisce il giusto significato.
Spesso l'opinione pubblica dei primi del Novecento interpretò l'espressa
volontà dell'UNIA di liberare e rendere l'Africa la nazione dell'intero
popolo di colore come innegabile elemento di somiglianza con il sionismo ebraico
propugnato da Theodor Herzl.(135) Arnold Rose ha sottolineato le interessanti
affinità tra Garvey e lo scrittore e politico ungherese: entrambi adottarono
un nazionalismo di tipo sciovinistico e religioso, entrambi ebbero il sostegno
delle fazioni più aggressive appartenenti al loro gruppo etnico ed entrambi
fondarono i loro movimenti su evidenti elementi di fanatismo. Tuttavia, nonostante
la similarità nelle origini e negli obiettivi, il sionismo ebraico dimostrò
d'essere un movimento molto più forte e più solido rispetto a
quello africano, e questo principalmente perché fu sostenuto finanziariamente
ed intellettualmente dagli ebrei di tutto il mondo. Il garveysmo, viceversa,
fu penalizzato dal fatto d'essere la crociata personale di un singolo leader
che con i suoi sistemi autocratici e la sua incompetenza finanziaria finì
con l'alienarsi gran parte del supporto che avrebbe potuto ricevere.(136)
Alcuni critici, nel tentativo di denigrare il movimento nazionalista, scelsero
l'espressione "esodo" per definire e rimarcare il carattere utopico
del progetto garveysta. In realtà Garvey, pur credendo come alcuni sionisti
che una volta costruito una forte nazione africana i neri di tutto il mondo
avrebbero guadagnato in forza e rispetto ed avrebbero potuto godere della eventuale
protezione di quel governo, nel 1924 di fronte al pubblico del Madison Square
Garden affermò che l'obiettivo dell'UNIA non era quello di riportare
tutti i neri del Nuovo Mondo in Africa: "we don't want all the Negroes
in Africa … some are no good here, and naturally will be no good there."(137)
A suo avviso in un primo momento era necessario trasferire solo persone qualificate-
ingegneri, artigiani e volonterosi lavoratori specializzati - pionieri che avrebbero
costruito le basi della nuova nazione. Soltanto in una fase successiva ed indeterminata
essi sarebbero stati raggiunti dalla massa della popolazione.
Nonostante le dichiarazioni di smentita dello stesso Garvey, autorevoli storici
contemporanei quali John Hope Franklin e Theodore Draper hanno interpretato
il garveysmo come un irrealizzabile "back-to-Africa movement" che
forgiò nelle menti dei suoi sostenitori un'Africa più psicologica
che reale nella quale i neri poterono ritirarsi per autodifesa pur rimanendo
negli Stati Uniti. Franklin ha sostenuto che l'ampio consenso ottenuto dal progetto
dell'UNIA "was more a protest against the antiblack reaction of the postwar
period than an approbation of the fantastic schemes of the black leader."(138)
A mio parere l'analisi storica più corretta è quella proposta
da Robert Hill il quale ha saggiamente sottolineato come per il leader dell'UNIA
e i suoi sostenitori il concetto di "Africa" esistesse su due piani
ontologici separati, uno psicologico e l'altro reale. Il primo era un richiamo
esclusivamente culturale ed ideologico al continente nero che fornì al
politico giamaicano un'efficace strumento d'attrazione e aggregazione delle
masse. Il secondo, chiaramente espresso nell'iconografia della Black Star Line
che dipingeva il continente nero come "la terra delle opportunità",
intese l'Africa come un qualcosa di concreto. Qui il popolo africano disperso
nel mondo si sarebbe riunificato, avrebbe costruito città, creato istituzioni
politiche, industrie, scuole e tutto ciò di cui necessitava una democrazia
moderna. Specialmente nei primi anni d'attività dell'associazione molti
tra i più ignoranti ed ingenui elementi della comunità nera garantirono
il loro sostegno al movimento nazionalista perché rimasero affascinati
dagli aspetti folcloristici di rievocazione della tradizione e degli antichi
costumi africani. Non a caso una volta che le componenti pittoresche e barocche
furono messe in secondo piano iniziò il periodo di declino dell'organizzazione
nazionalista. Lo stesso Garvey ne fu ben consapevole tanto da cercare di riconquistare
la fiducia delle masse spiegando loro le motivazioni di tale cambiamento: "there
is no flare of trumpets, there is no wave of banners, there is no beating of
drums, because the time is too serious and our experiences are too rich in knowledge
to make us still resort to this method of getting people toghter."(139)
L'idea di un'Africa libera e indipendente che Garvey elaborò e propose
alla comunità nera internazionale non fu quindi qualcosa di mitico, ma
un progetto dal contenuto visibile e dagli obiettivi concreti. Il suo programma
pan-africano, così come l'iniziativa imprenditoriale della Black Star
Line, tentò in primo luogo di soddisfare le ambizioni della borghesia
nera alla quale egli stesso apparteneva. I progetti dell'UNIA sul continente
nero, nonostante i proclami di redenzione dell'intero popolo africano necessari
per ottenere l'indispensabile sostegno politico ed economico del proletariato
nero, risposero principalmente alle esigenze di quei professionisti afroamericani
che negli Stati Uniti del dopoguerra trovarono nel razzismo l'unico e insormontabile
ostacolo sulla via del successo personale. La violenta retorica di Garvey spinse
alcuni giornalisti e diverse autorità coloniali a considerare il pericolo
d'un attacco militare per la liberazione dell'Africa, anche se in realtà
il politico giamaicano propose come chiave di risoluzione della questione pan-africana
gli stessi strumenti moderati utilizzati nel continente americano. La radicalità
delle parole non fu sostenuta da azioni concrete di stampo rivoluzionario ma
venne mitigata di fronte alla realtà politica e sociale del tempo.
Più di una volta Garvey tentò di sottoporre i suoi progetti pan-africani
all'attenzione dei delegati della Società delle Nazioni. Nel 1922 nel
testo di una petizione redatta dall'UNIA affermò, come sua consuetudine,
di rappresentare in qualità di presidente dell'associazione gli interessi
e il volere dei quattrocento milioni di neri del mondo. Ciò non deve
sorprendere perché la presunzione espressa in questo convincimento appare
contraddistinguere l'intera carriera politica del giamaicano. Alla base di tale
atteggiamento vi era la convinzione che il suo destino fosse quello di liberatore
dell'Africa come evidenziato ancora meglio dal tono e dal contenuto del discorso
da lui stesso pronunciato quando i massimi rappresentanti dell'organizzazione
nazionalista lo nominarono 'Presidente Provvisorio dell'Africa': "The signal
honor of being Provisional President of Africa is mine. It is a political calling
for me to redeem Africa. It's like asking Napoleon to take the world…
He failed and died at St. Helena. But may I not say that the lessons of Napoleon
are but stepping stones by which we shall guide ourselves to African liberation?"(140)
Garvey, uomo ambizioso quanto ingenuo, venne abbagliato dalla possibilità
di diventare eroe e simbolo di libertà per la sua razza.
Con considerabile audacia ed immaginazione egli voleva chiedere ai membri della
Società delle Nazioni che le colonie africane della Germania, una potenza
che era uscita distrutta dal conflitto mondiale, venissero assegnate al popolo
nero. L'ottavo punto della petizione recitava così: "Your Petitioners
pray that you will grant to us, for the purpose of racial development, the mandates
now given to the Union of South Africa; namely German East Africa, and German
Southwest Africa. We feel that if the League will pass over to our control as
a race the development of these two late German colonies, we shall be able,
within twenty years, to prove to the world and to the League our ability to
govern ourselves."(141) Tale proposta non venne naturalmente presa in considerazione
in quanto il delegato dell'UNIA ufficialmente non rappresentava alcun governo
nazionale.
Il disinteresse della diplomazia internazionale e in particolare della Società
delle nazioni, alla quale Garvey peraltro si rivolse più di una volta
nel corso della sua carriera, lo costrinse ad agire in un altro modo. L'occupazione
quasi totale del continente africano da parte delle potenze coloniali lo spinse
a concentrare la propria attenzione sulle poche regioni non controllate dai
governi europei. Egli guardò allora agli stati africani indipendenti
che nell'immediato dopoguerra erano solamente due: l'Etiopia, governata da una
monarchia millenaria che faceva risalire le sue origini alla dinastia di re
Salomone, e la Repubblica Liberiana. I progetti dell'UNIA s'indirizzarono in
particolare su quest'ultima nazione dalla storia indissolubilmente legata a
quella statunitense.
Il Liberian Construction Loan
La Liberia fu fondata negli anni Venti del diciannovesimo secolo dall'American
Colonization Society allo scopo di riportare in Africa gli schiavi americani
liberati. In precedenza questa regione dell'Africa Occidentale era stata abitata
esclusivamente da alcune tribù originarie del Sudan tra i quali i Kru,
che erano un popolo di navigatori, e altri gruppi di lingua Mande. Nel 1821
i rappresentanti di queste tribù indigene concessero ai delegati statunitensi
dell'American Colonization Society un tratto di terra presso la foce del fiume
Saint Paul, lungo quella che gli europei avevano denominato "Costa del
Pepe"; l'anno successivo i primi libero-americani cominciarono a insediarsi
nella zona dell'attuale Monrovia.(142) Nei due decenni successivi gli insediamenti
continuarono ma sorsero anche i primi conflitti tra i coloni e la Società.
Nel luglio 1847 i neri statunitensi si ribellarono e proclamarono la Liberia
una repubblica indipendente; Joseph Jenkins Roberts, il primo presidente, rimase
in carica fino al 1856 e l'anno seguente al nuovo stato venne annesso il Maryland,
un'entità politica molto simile fondata nel 1833 presso Capo Palmas.
Dopo l'indipendenza l'economia della giovane repubblica africana conobbe un
ventennio di grande sviluppo che coincise con l'espansione capitalistica di
metà secolo. Alcuni cittadini liberiani divennero gli indispensabili
mediatori tra i produttori dell'interno del continente e gli acquirenti europei,
traendo così notevole profitto dalla crescente domanda di merci africane
che la riduzione dei costi sul trasporto navale aveva stimolato notevolmente;
altri, invece, si dedicarono alla coltivazione del caffè e dello zucchero
sfruttando la manodopera a basso costo dei più poveri coloni americani.
Tuttavia, la depressione economica che colpì il sistema capitalistico
mondiale nell'ultimo quarto di secolo non risparmiò il giovane stato
africano. I mercanti liberiani si scontarono contro la concorrenza spietata
dei commercianti europei e la crescita dell'industria del caffè in Brasile
e della barbabietola da zucchero in Europa fece crollare l'altro pilastro dell'economia
nazionale. Le difficoltà e i sacrifici pesarono soprattutto sulla popolazione
indigena che rimase priva di diritto di voto fino al 1944. Il potere politico,
infatti, era detenuto dai circa cinquemila americo-liberiani che vivevano di
commercio a Monrovia e nelle altre città della costa; essi governavano
su più di cinquecento mila indigeni africani che popolavano l'hinterland.
Le ribellioni popolari provocate dalla corruzione e dal malgoverno degli amministratori
liberiani divennero sempre più frequenti indebolendo progressivamente
l'autorità di questa ristretta elite e rendendo il governo incapace di
garantire l'ordine e la pace. Fattori esterni destabilizzarono ulteriormente
lo stato liberiano. La principale minaccia fu rappresentata dalle banche europee
che nel 1871, nel 1906 e nel 1912 avevano concesso al governo nazionale dei
prestiti necessari per pagare debiti sempre più pesanti. Gli sviluppi
della Prima Guerra mondiale indebolirono ancor di più l'economia liberiana:
al termine del conflitto i commercianti tedeschi che controllavano i tre quarti
del mercato nazionale vennero espulsi e tale provvedimento aumentò notevolmente
le difficoltà di un settore agricolo già in crisi. Nel gennaio
del 1918 i rappresentanti politici africani si rivolsero allora al governo degli
Stati Uniti al quale chiesero un prestito di cinque milioni di dollari. La possibilità
d'espandere i propri interessi economici in Liberia, la pressione dell'elite
politica afroamericana e delle associazioni filantropiche bianche convinse il
presidente Wilson dell'utilità della concessione, cosicché il
12 settembre 1918 venne siglato l'accordo tra le parti.
Garvey, che in un primo momento si era allineato al pensiero
dei maggiori esponenti politici afroamericani dichiarandosi favorevole all'intesa
tra Stati Uniti e Liberia, a partire dal 1919, forte dell'affermazione personale
ottenuta con la Black Star Line, si convinse della possibilità d'agire
controcorrente. Egli allora dichiarò: "We of the UNIA at this moment
have a solemn duty to perform and that is to free Liberia of any debts that
she owes to any white government."(143) All'apice del successo Garvey attaccò
il governo statunitense, giudicando l'influenza americana pericolosa per il
futuro della repubblica africana quanto la presenza europea. Quindi, per debellare
definitivamente la minaccia colonialista in suolo liberiano, egli assegnò
all'UNIA il compito di raccogliere un fondo di cinquemila dollari da girare
in prestito allo stato africano.
E' interessante notare come l'atteggiamento di Garvey nei confronti del governo
americano mutò a seconda della posizione di forza o di debolezza nella
quale egli si trovò ad agire nel corso della sua carriera politica: se
nel 1919 e nel 1920 l'abbondanza di risorse economiche gli permise d'opporsi
apertamente al concordato americo-liberiano, a partire dal 1921 le difficoltà
finanziarie dell'associazione lo costrinsero a rivedere il comportamento ostile.
Così, per giustificare il repentino mutamento di posizione, il politico
giamaicano adottò una netta distinzione tra le varie nazioni bianche.
Lo fece ad esempio nel 1923 quando pregò "the philantropic and liberal
America, whose honesty in international politics should be better trusted than
the ravenous white nations of Europe."(144)
Nel momento di massima popolarità Garvey presentò con fiducia
ai soci dell'UNIA l'ambizioso Liberian Construction Loan, un progetto elaborato
nel tentativo di risollevare le sorti dello stato africano e dare inizio alla
redenzione dell'intero continente. Egli invitò i neri che vivevano nel
"Nuovo Mondo" a contribuire con il proprio denaro al prestito in sostegno
della Liberia perché solo così, oltre alla riscossione a breve
termine di vantaggiosi interessi, avrebbero garantito a se stessi e ai propri
discendenti un prospero futuro in Africa. Gli obiettivi concreti prefissati
erano principalmente otto: la realizzazione di una linea ferroviaria di collegamento
tra i vari centri cittadini; l'edificazione di scuole e college per l'istruzione
della popolazione; la costruzione di chiese per il benessere spirituale e di
fabbriche per il progresso economico del paese; lo sviluppo dell'agricoltura
e del settore minerario ed, infine, la costituzione di un governo stabile e
in grado di difendere i diritti dei neri in tutto il mondo. Secondo il presidente
dell'UNIA la concretizzazione del Liberian Construction Loan avrebbe significato
infatti la fine della segregazione, dei linciaggi e del regime di discriminazione
in tutto il mondo.
Nonostante la buona volontà dei garveysti il progetto fallì. Una
delle principali cause che impedì la buona riuscita del piano fu l'atteggiamento
ostile della classe dirigente liberiana nei confronti dei rappresentanti dell'associazione
garveysta. In principio essi aderirono con entusiasmo all'iniziativa garantendo
ampie concessioni all'organizzazione nazionalista, come testimoniato dalla promessa
del Segretario di Stato Edwin Barclay di consentire "every facility legally
possibile to foster UNIA's industrial, agricultural and business projects."(145)
I politici africani agirono in questo modo perché con i retrogradi sistemi
di produzione e le poche risorse economiche che avevano a disposizione non erano
in grado di portare avanti autonomamente il necessario processo di modernizzazione
della nazione; perciò furono costretti a ricorrere ai capitali e alla
forza lavoro qualificata estera. Quando fu il momento di passare dalle parole
ai fatti il timore d'essere scalzati dalle proprie posizioni privilegiate trasformò
la collaborazione dei rappresentanti liberiani in opposizione. La richiesta
dell'UNIA di governare autonomamente su alcuni territori dati in concessione
e la volontà dell'associazione di rendere più democratiche le
istituzioni politiche locali provocò la rottura tra la dirigenza africana
e quella statunitense. Cyril A. Crichlow, capo della commissione che nel gennaio
del 1921 Garvey aveva mandato in Liberia allo scopo di verificare quali erano
le reali condizioni di sviluppo nel paese africano, tre mesi dopo il suo arrivo
avvisò il presidente dell'associazione delle sopravvenute difficoltà
nella realizzazione del progetto. Egli sottolineò l'evidente ostilità
nei confronti degli afro-americani, in particolare quelli poveri: "Americans
especially are not particulary wanted, unless they have money. Their money is
loved but they themselves are not loved."
Chriclow vide messa in discussione la propria autorità anche dal "Potentate"
e dal "Supreme Deputy" , entrambi africani, ai quali l'UNIA aveva
attribuito il compito d'amministrare le divisioni locali dell'associazione.
I due affermarono: "the American and West Indian Negroes could control
things on their side of the water; we Africans will run things over here. We
hold the trump cards; we can make or break them; they have got to come by us."(146)
Perciò i delegati complottarono in modo d'escludere il membro afroamericano
al momento di prendere le decisioni economicamente più importanti. Chriclow,
sopraffatto nel suo ruolo, si vide costretto a dare le dimissioni e consigliare
a Garvey la sostituzione degli inaffidabili membri liberiani con più
esperti afroamericani. Egli in una personale relazione sottolineò con
un pizzico di razzismo quanto i liberiani fossero incapaci di gestire gli aspetti
finanziari dell'associazione: "Liberians are not accostumed to business
on the same huge scale and business methods of the European or American business
man; so that to place any American or West Indian, who is a first class business
man, under the Potentate and Supreme Deputy, is to handicap him before he starts."(147)
Quindi, a suo avviso, era opportuno affidare ai delegati africani solo compiti
propagandistici riservando esclusivamente a quelli statunitensi la gestione
degli aspetti pratici.
Altri fattori trascinarono verso il fallimento il progetto dell'UNIA. Un elemento
determinante fu la mancanza d'entusiasmo da parte della popolazione locale;
le pessime condizioni economiche in cui versava la maggior parte dei cittadini
liberiani impedì loro d'investire in azioni dell'associazione. Come si
evince dalle perplessità espresse da Cyril Henry in una lettera indirizzata
al vicepresidente dell'associazione O. M. Thompson, l'ostacolo che più
d'altri frenò la realizzazione del progetto fu la differenza culturale
esistente tra gli africani e i "coloni" afroamericani. "Africa
is more Oriental than Occidental", concluse Henry, cittadino statunitense
esperto in agricoltura che lavorava in Liberia per conto dei missionari della
Chiesa episcopale metodista, dopo aver osservato le abitudini alimentari, i
costumi e le tradizioni delle popolazioni che abitavano il continente nero.
Le radici dell'insuccesso del Liberian Construction Loan emergono da una sua
stessa dichiarazione: "One can live in Liberia all right, but only in effective
and profitable work can a true man find real happiness. These opportunities
must first be created. Africa's problems are large, very large, and to tackle
it largely is the only sure road to success - in short, is the only solution
of the problems. We must bide our time."(148) L'appartenenza alla stessa
razza non si dimostrò quindi un legame abbastanza forte per garantire
la collaborazione tra la popolazione liberiana e i "coloni" del mondo
occidentale. Il profondo divario culturale tra le due parti e l'arrivismo della
classe dirigente liberiana impedirono la cooperazione, fondata sulla rinuncia
ai personali interessi, necessaria per la realizzazione del progetto e la redenzione
dell'Africa.
Il garveysmo in Sud Africa
Riflettere sulla validità e il significato del progetto pan-africano
dell'UNIA dopo aver analizzato esclusivamente gli aspetti messi in luce dalla
fallimentare esperienza liberiana darebbe una scorretta impostazione alla nostra
analisi storica. Perciò, per evitare di commettere un simile errore e
per comprendere appieno il valore della proposta politica garveysta dovremo
indirizzare la nostra attenzione anche su quello che l'associazione realizzò
in altre regioni del continente nero. Perciò è necessario sottolineare
come, al contrario della Liberia, in Sud Africa il messaggio garveysta si diffuse
con notevole successo e rapidità. Diversi fattori favorirono la divulgazione
della dottrina "race first": il paese sudafricano era di gran lunga
il più industrializzato tra gli stati africani, la popolazione bianca,
seppur in minoranza, era comunque considerevole e la forma locale di razzismo,
l'apartheid,(149) non era molto differente dal cosiddetto "Jim-crowismo"
adottato negli Stati Uniti. In una società africana altamente "occidentalizzata"
le soluzioni proposte da Garvey come strumento di battaglia nella lotta contro
i governanti europei riscuoterono il successo che in Liberia non avevano minimamente
incontrato. Questo perché le condizioni di vita dei cittadini di colore
sudafricani erano per certi aspetti molto più simili a quelle degli afroamericani
rispetto a quelle degli abitanti del loro stesso continente.
In Sud Africa vennero fondate numerose divisioni dell'UNIA ed i principi della
dottrina "race first" predicati da Garvey influenzarono notevolmente
la politica di alcuni prestigiosi leader neri appartenenti a importantissime
organizzazioni nazionali come l'African National Congress(150) (ANC) e l'Industrial
and Commercial Workers Union (ICU). Il primo dei due movimenti politici venne
fondato nel 1912 come organizzazione non violenta, con l'obiettivo di ottenere
per i neri i diritti civili negati dall' Unione Sudafricana. Solomon T. Plaatje,
primo segretario generale e uno dei promotori dell'ANC, ebbe l'occasione di
conoscere i fondamenti della dottrina garveysta nel corso di un viaggio che
lo portò negli Stati Uniti nel 1920 e nel 1921. Durante la permanenza
nel continente americano egli incontrò personalmente il presidente dell'UNIA
e salì sul palco della Liberty Hall per ben sei volte, cogliendo così
l'occasione per descrivere agli associati afroamericani le condizioni di vita
dei neri sudafricani. Al suo ritorno in patria Plaatje divulgò con fervore
il messaggio garveysta causando la reazione preoccupata dell'autorità
britannica in Sud Africa e nel Basutoland. Un altro esponente dell'ANC che si
ispirò chiaramente ai principi della dottrina "race first"
fu James Thaele, sudafricano che per quindici anni visse negli Stati Uniti.
In un articolo apparso sul giornale di Città del Capo, Africa Voice,
egli espresse senza mezzi termini l' ammirazione personale nei confronti del
leader giamaicano: "Among the combinations and permutations that go to
make up the kaleidoscope of human history Marcus Garvey, the potentate of the
Universal Negro Improvement Association, will indeed remain a shining constellation…
the Garvey program must be studied by the Bantu politicals in season and out
of season. His adamant stand in championing the sacred cause of freedom for
the Negro peoples of the world must be nurtered in our mind as leaders."(151)
Dopo che nel 1924 Thaele venne eletto presidente del partito, l'ANC cominciò
la pubblicazione dell'African World. In un articolo stampato su uno dei primi
numeri del giornale venne sottolineato il ruolo fondamentale dell'UNIA e della
sua politica di cooperazione per l'emancipazione dell'Africa: "I believe
that it is essential to the early success of our cause that Africans here at
home should seek co-operation with the Africans abroad. The Universal Negro
Improvement Association and African Communities League is the biggest thing
today in Negro modern organizations. Its program must be scrutinezed, imbided
and assimilated by us."(152) L'ANC manifestò il proprio sostegno
all'UNIA anche in altri modi. Dopo l'incarcerazione di Garvey, ad esempio, i
membri del partito fecero una costante pressione sulle autorità statunitensi
perché rilasciassero il politico giamaicano. Fu celebrato un "Marcus
Garvey Day" e numerose petizioni denunciarono l'ingiustizia perpetrata
ai danni del presidente dell'associazione.
Anche alcuni esponenti dell'Industrial and Commercial Workers Union vennero
contagiati dal messaggio garveysta, nonostante Clements Kadalie, rappresentante
a capo dell'unione, fosse certamente più vicino alle idee di A. Philip
Randolph, uno dei maggiori nemici afroamericani di Garvey. Le numerose lettere
di cittadini sudafricani pubblicate sulle pagine del Negro World sono un'ulteriore
indicazione del grande impatto che il garveysmo ebbe in Sud Africa. In effetti
all'interno dei suoi confini nacquero più divisioni dell'UNIA che in
qualsiasi altro stato del continente nero.
Il significato del garveysmo in Africa
L'analisi comparata del fallimentare caso liberiano e della più fortunata
esperienza sudafricana ci aiuterà a capire quale fu il reale valore dell'azione
targata UNIA nel contesto della situazione politica e sociale africana nel periodo
tra le due guerre. Da tale raffronto potrà emerge o, al contrario, essere
negata l'importanza a lungo termine della diffusione del messaggio garveysta.
Prima di tutto è necessario sottolineare la sostanziale differenza esistente
tra i due specifici interventi dell'UNIA: in Liberia l'associazione lavorò
ad un progetto concreto la cui realizzazione richiedeva finanziamenti puntuali,
adeguate conoscenze tecniche e particolare abilità politica; in Sud Africa,
al contrario, l'azione si limitò a più semplici obiettivi propagandistici.
Come evidenziato da Judith Stein, Garvey incontrò nella repubblica liberiana
gli stessi ostacoli che gli impedirono di imporsi a lungo termine sulla scena
politica statunitense. L'appello alla dottrina "race first", ossia
alla necessità assoluta d'interpretare i problemi della comunità
nera internazionale prima di tutto in chiave razziale, escludendo perciò
ogni altro tipo di risoluzione, si dimostrò troppo debole per convincere
le masse della sua convenienza. Le ambizioni personali della classe dirigente
liberiana, e talvolta anche degli stessi membri dell'UNIA, vanificarono gli
sforzi del leader giamaicano. In Liberia, così come avvenne nei pochi
territori dove i neri godettero d'una certa libertà politica ed ebbero
la possibilità reale d'arricchirsi e di guadagnare prestigio sociale,
le considerazioni altruistiche vennero oscurate dall'individualismo imperversante
tra la ristretta borghesia locale. Se da una parte i detentori del potere politico
ed economico temevano che l'intervento degli esponenti afroamericani avrebbe
potuto minare la loro autorità, dall'altra i cittadini più poveri
della repubblica africana, ovvero la maggior parte della popolazione, rimasero
indifferenti o al più perplessi di fronte all'azione d'individui che
pur essendo della stessa razza apparivano culturalmente troppo diversi avendo
essi assimilato una mentalità assolutamente occidentalizzata. Perciò
ricchi e meno ricchi valutarono troppo rischioso affidare il programma di rilancio
e sviluppo del paese ad un'organizzazione a molti sconosciuta che faceva della
soluzione capitalista il suo cavallo di battaglia. Il programma di prestito
e colonizzazione dell'UNIA venne comunque preso in considerazione nel momento
di grande crisi finanziaria del paese nel dopoguerra e scartato solo una volta
che sullo stato liberiano si concentrarono gli interessi commerciali delle grandi
potenze mondiali. Per i dirigenti africani l'intervento europeo e statunitense
avrebbe significato sviluppo economico senza tuttavia mettere a rischio la propria
posizione di privilegio. Ciò li spinse nel 1926 ad affidare parte dei
territori che in un primo tempo erano stati promessi all'associazione garveysta
alla compagnia Firestone per l'avvio una piantagione di caucciù, evento
che diede inizio allo sfruttamento delle risorse naturali del paese da parte
delle grandi compagnie straniere, soprattutto americane. Mentre l'UNIA propose
il suo piano d'intervento come unico e valido strumento di lotta contro l'imperialismo
europeo i membri del governo liberiano lo guardarono allo stesso modo delle
altre offerte straniere. Ciò potrebbe significare che nelle poche regioni
africane dove la libertà politica apparteneva ad almeno una parte del
popolo ed il colonialismo non era considerato il nemico principale da sconfiggere
il messaggio garveysta non trovò le condizioni ideali per diffondersi.
Nei paesi più pesantemente oppressi dalla piaga del colonialismo la situazione
fu totalmente differente. Qui l'UNIA, ostacolata dalla presenza europea, non
trovò lo spazio per intervenire concretamente come accadde in Liberia
e fu obbligata a scegliere l'unica via praticabile: la propaganda. Ciononostante,
come dimostrato dal caso sudafricano, i principi della dottrina "race first"
penetrarono profondamente nelle menti dei leader politici che si battevano per
l'indipendenza dei propri paesi diventando fondamenti importanti della lotta
anticoloniale. Dove la presenza dell'uomo bianco impedì al popolo indigeno
di godere degli innegabili diritti naturali e l'imperialismo europeo fu quindi
considerato il grande nemico da sconfiggere le teorie garverysta vennero accolte
con grande favore.
Allo stesso modo è necessario sottolineare come i pregi e i difetti della
personalità di Garvey e dei suoi più fedeli collaboratori determinarono
rispettivamente fortune e insuccessi dell'UNIA in Africa, così come accadde
nel resto del mondo. La sua grande capacità oratoria fu un'arma fondamentale
nel risvegliare l'orgoglio delle parti più oppresse della popolazione
di colore. Il ricorso all'appello razziale riscosse favore fin quando l'UNIA
si limitò ad un intervento di "stimolo ideologico" ma fu destinato
alla disfatta una volta passati all'aspetto pratico. Come accadde per la vicenda
della BSL, l'ignoranza in materia finanziaria e l'ostinazione di Garvey nel
non voler riconoscere i propri evidenti limiti portarono al crollo i progetti
dell'associazione.
Nkrumah, Lumumba, Kenyatta
Una breve analisi del pensiero dei politici africani che maggiormente si distinsero
nella lotta per la conquista dell'indipendenza dei propri paesi ci mostrerà
chiaramente come il messaggio garveysta ebbe un'influenza che andò oltre
il breve periodo. Jomo Kenyatta, Kwame Nkrumah, Patrice Lumumba e Sékou
Touré furono solo alcuni dei grandi protagonisti del processo di decolonizzazione
che trassero ispirazione dalla filosofia del politico giamaicano.
Nkrumah fu il primo presidente del Ghana, denominazione assunta dalla Costa
d'Oro una volta ottenuta l'indipendenza. Nato nel 1909, nel 1935 si recò
per motivi di studio negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Proprio in Inghilterra
dieci anni più tardi organizzò il V congresso pan-africano. Tornato
in patria, nel 1949 fondò un partito dalle posizioni radicali, il Convention
People's Party, che nel 1951 vinse le prime elezioni generali. In qualità
di leader della maggioranza gli fu affidato il compito di formare un nuovo governo
e di portare all'indipendenza nell'ambito del Commonwealth la colonia britannica
della Costa d'Oro: il nuovo stato del Ghana fu proclamato il 6 marzo 1957 e
Nkhrumah ne divenne il presidente. Una volta al potere egli perseguì
una politica pan-africana radicale e nel 1963 giocò un ruolo fondamentale
nell'Organizzazione per l'unità africana (OUA).(153) La fine di una carriera
segnata dallo scarso successo come capo di stato giunse nel 1966 quando, dopo
aver dato vita ad un partito unico ed essersi autoproclamato presidente a vita,
fu rovesciato da un colpo di stato militare e costretto all'esilio.
Più volte Nkrumah riconobbe verbalmente l'importanza di Garvey come ispiratore
della sua politica pan-africana e di tutti i movimenti di liberazione del continente
nero. Nel 1953 il rappresentante ghanese impegnato a presiedere la West African
nationalist conference lodò il fondatore dell'UNIA "for his early
inspiration to the Negro race"(154) mentre nel 1958, riferendosi al lascito
spirituale del giamaicano, affermò: "it has warmed us that so many
of our brothers from across the seas are with us. We take their presence here
as a manifestation of the keen interest in our struggle for a free Africa. We
must never forget that they are part of us...These sons and daughters of Africa
were taken away from our shores and, despite all the centuries which have separated
us, they have not forgotten their ancestral links. Many of them made no small
contribution to the cause of African freedom. A name that springs imediately
to mind in this connection is Marcus Garvey. Long before many of us were conscious
of our own degradation Marcus Garvey fought for African national and racial
equality."(155)
Inoltre, Nkrumah, che durante la permanenza negli Stati Uniti partecipò
ad alcuni incontri della divisione newyorchese dell'UNIA, una volta diventato
presidente del Ghana adottò la bandiera dell'associazione come vessillo
nazionale e battezzò la linea di navigazione nazionale Black Star Line
in segno di rispetto nei confronti di Garvey. Egli, che non si distinse per
una carriera di capo di stato particolarmente brillante, lo fece però
per la sua politica pan-africana di chiara ispirazione garveysta. Rifacendosi
alle concezioni del leader giamaicano, Nkrumah sottolineò l'importanza
di realizzare l'unione dell' intero continente africano, comprendendo anche
le regioni più settentrionali di lingua araba e berbera. Garvey parlò
sempre di un'Africa unita dal Cairo a Città del Capo e così fece
il politico ghanese quando si impegnò nel creare una coalizione comprendente
tutti i paesi del continente.
Lumumba è stato un altro grande politico che si ispirò alla filosofia
garveysta. Nato nel 1925, fu il fondatore del multietnico Movement National
Congolais e nel 1960 divenne primo ministro della Repubblica del Congo (l'attuale
Repubblica Democratica del Congo) e ministro della Difesa. In un primo momento,
le autorità belghe impegnate nel processo di decolonizzazione del paese
accolsero con favore e sostennero l'emergere di Lumumba come leader nazionale
in quanto erano convinte della sua posizione moderata. Il 30 giugno del 1960,
il giorno dell'indipendenza congolese, i vecchi governanti s'accorsero d'aver
fatto delle valutazioni scorrette sul suo conto quando Lumumba salì sul
palco e pronunciò un infervorato discorso che si rifece in molti punti
alle teorie esposte da Garvey. Egli affermò che la colonizzazione del
Congo non era stata altro che una dominazione barbarica dei bianchi sui neri
e si spinse oltre dichiarando: "We have suffered humiliating slavery wich
was imposed on us by force. Let us show the world what the black man can do
when he works in freedom!"(156) Dopo queste parole il governo belga scelse
d'opporsi in tutte le maniere a Lumumba e vi riuscì con successo favorendo
un colpo di stato militare da parte del tristemente noto Mobutu. Lumumba morì
dopo essere stato torturato per più di un mese e mezzo e nel 1966 fu
proclamato eroe e martire nazionale.
Anche il pensiero di Kenyatta subì l'influenza del garveysmo quando a
Londra, insieme a George Padmore, cominciò a sviluppare l'idea di pan-africanismo.
Kenyatta fu il primo presidente del Kenya indipendente (1964), carica che mantenne
fino alla morte. Lo stesso Padmore in un articolo apparso sul Jamaica Gleaner
del 1954 affermò che Kenyatta aveva incontrato Garvey in Inghilterra
e si era convertito alla sua filosofia pan-africana riassunta nello slogan "Africa
for the Africans".
Oltre a Nkrumah, Lumumba e Kenyatta anche altri importanti politici africani
come Sékou Touré(157) e Nnamdi Azikiwe(158) ripresero nelle loro
strategie politiche aspetti fondamentali del pensiero garveysta. Questo dimostra
l'importanza e l'influenza che la dottrina pan-africana del presidente dell'UNIA
ebbe nel continente nero anche dopo la sua morte. Incapace di realizzare per
responsabilità personali e per fattori esterni un progetto concreto di
liberazione dell'Africa, Garvey è riuscito però a trasmettere
ai politici africani attraverso la radicalità della sua retorica i principi
fondamentali della dottrina nazionalista.
Capitolo V - Garvey e gli altri politici afroamericani
Introduzione
Il capitolo finale della nostra tesi ha lo scopo d'inquadrare la posizione di
Marcus Garvey all'interno del complesso panorama politico afroamericano del
Ventesimo secolo. Un compito non facile se si pensa che nei quarant'anni trascorsi
dall'inizio del dibattito storiografico sul garveysmo gli studiosi hanno dato
valutazioni differenti e talvolta contrastanti sul valore dell'azione del presidente
dell'UNIA e sul significato del messaggio da lui divulgato. David Cronon, colui
che è stato in assoluto il primo intellettuale ad interessarsi alle vicende
del movimento di massa nero, al termine della sua analisi ha affermato: "The
Universal Negro Improvement Association, far from being oriented to the left,
may be classified as a movement of the extreme right."(159) Secondo l'autore
di Black Moses l'intenso appello nazionalista al quale fece costante ricorso
Garvey e la sua rigida prospettiva razziale sono elementi che pongono la politica
del giamaicano in una posizione di netto contrasto con quella adottata dai gruppi
liberali e di sinistra d'allora. L'UNIA, ha sostenuto Cronon, con il suo fiero
sciovinismo e la sua leadership fortemente centralizzata aveva le caratteristiche
tipiche del futuro regime fascista. Diversamente da Cronon, Tony Martin in tutti
i suoi libri, ed in particolar modo in Race First, nel tentativo di ribaltare
conclusioni fondate a suo avviso su un'analisi storica non completa ha evidenziato
alcuni aspetti che hanno accomunato la politica del movimento garveysta a quella
dei sindacati e del partito comunista. Alcuni storici hanno invece ricordato
Garvey come un semplice visionario, altri come un truffatore senza strategia
politica, altri ancora lo hanno considerato un profeta incompreso.
Nella nostra indagine procederemo analizzando di volta in volta i rapporti tra
il presidente dell'UNIA e i grandi protagonisti del panorama politico afroamericano
degli anni Venti. Perciò in primo luogo approfondiremo le difficili relazioni
tra Garvey e il giovane ed emergente partito comunista americano tentando di
capire le ragioni della mancata cooperazione tra due movimenti che fondavano
le proprie fortune sul consenso popolare. In secondo luogo indagheremo sulle
posizioni dei garveysti rispetto alla politica delle associazioni integrazioniste
ed in particolar modo sul rapporto conflittuale tra il presidente dell'UNIA
e Williams Edward Burghardt Du Bois, uno degli intellettuali afroamericani e
statunitensi più importanti del ventesimo secolo. La parte finale del
capitolo sarà invece dedicata allo studio delle relazioni tra Garvey
e due grandi esponenti del socialismo americano come A. Philip Randolph e Chandler
Owen.
1. Garvey e il comunismo
Garvey, il comunismo e il capitalismo controllato
L'analisi delle relazioni tra Garvey e i comunisti statunitensi è una
questione problematica ma di fondamentale importanza per la completezza della
nostra ricerca storica. In primo luogo indagheremo quindi sul reale significato
dello scritto "The Negro, Communism, Trade Unionism and His (?) Friend",
pubblicato nella raccolta Philosophy and Opinions (1923), nel quale il presidente
dell'UNIA fece alcune personali considerazioni sul rapporto tra la comunità
afroamericana, le associazioni sindacali e il comunismo. Egli espresse in poche
righe ma molto chiaramente un forte scetticismo nei confronti della politica
del partito comunista americano: "The danger of Communism to the Negro,
in the countries where he forms the minority of the population, is seen in the
selfish and vicious attempts of that party or group to use the Negroe's vote
and physical numbers in helping to smash and overthrow, by revolution, a system
that is injurious to them as the white underdogs, the success of which would
put their majority group or race still in power, not only as communists but
as whitemen...Fundamentally what racial difference is there between a white
Communist, Republican or Democrat?"(160)
Dalla lettura di questo editoriale emerge la forte convinzione in Garvey che
negli anni Venti il razzismo fosse un elemento così intrinseco e indissolubile
nella società americana da rendere irrealizzabile qualsiasi progetto
di cooperazione e solidarietà tra lavoratori bianchi e neri. A suo avviso
la lotta di classe "multietnica" promossa dai comunisti non sarebbe
servita per porre fine alla condizione d'emarginazione e segregazione degli
afroamericani perché, una volta approfittato del contributo dei neri
per il compimento della rivoluzione sociale, i compagni bianchi, spinti da un'
irrefrenabile pregiudizio razziale, avrebbero cominciato a sfruttare gli uomini
di colore come avevano fatto in precedenza piccoli e grandi industriali. Quindi,
pur riconoscendo che il capitalismo era stato uno dei fattori scatenanti della
Prima Guerra mondiale e che i suoi interessi avevano portato all' oltraggiosa
spartizione dell'Africa, Garvey lo reputò l'unico strumento di progresso
a disposizione della popolazioni oppresse e della comunità nera internazionale.
Egli, seppur favorevole al libero mercato, propose comunuqe di porvi delle limitazioni:
"No individual should be allowed the possession, use or the privilege to
invest on his account more than a million, and no corporation should be allowed
to control more than five millions. Beyond this, all control, use and investment
of money, should be prerogative of the State with the concurrent authority of
the people."(161)
Oggi l'idea del leader giamaicano di un "capitalismo moderato" non
solo appare irrealizzabile ed ingenua ma evidenzia ancora una volta i limiti
e la superficialità che talvolta hanno caratterizzato le sue valutazioni
politiche ed economiche. Tra le altre cose il presidente dell'UNIA non capì,
o forse sottovalutò, quanto fosse importante allora per i governanti
e per gli imprenditori americani alimentare la spirale dell'odio razziale per
mettere contro lavoratori bianchi e neri ed impedire così il formarsi
di una pericolosissima alleanza trasversale del proletariato. Garvey prospettò
ai neri la creazione di un sistema economico parallelo a quello dei bianchi
come strumento diretto per raggiungere l'indipendenza economica e politica perché
presumibilmente non comprese quanto il successo del modello capitalista americano
fosse fondato sulla discriminazione e lo sfruttamento delle minoranze etniche.
Oltretutto egli non capì quanto improbabile fosse per la stessa natura
del sistema del libero mercato che i grandi e piccoli capitalisti bianchi rinunciassero
a parte dei loro profitti per concedere spazio al "black capitalism".
Le interpretazioni che gli storici hanno dato dell'editoriale sopraccitato sono
state differenti e spesso in totale contrasto tra loro. Rupert Lewis ha sostenuto
comunque che dare valutazioni definitive sul rapporto tra garveysmo e comunismo
tenendo conto solo di queste affermazioni sarebbe un grave errore A suo avviso,
far ciò indurrebbe a negare l'esistenza di un'evidente politica di cooperazione
tra i due movimenti nella lotta anti-colonialista e anti-imperialista.(162)
Tale osservazione ci obbliga quindi, per comprendere appieno le peculiarità
del rapporto tra UNIA e comunismo, ad approfondire maggiormente la nostra analisi
ed indagare in particolar modo sulle relazioni tra Garvey e gli esponenti della
sinistra americana ed internazionale.
L'UNIA, il Workers Party e l'Internazionale Comunista
Negli Stati Uniti dell'immediato dopoguerra importanti trasformazioni nella
sinistra politica portarono alla scissione del Socialist Party of America e
alla nascita di due nuovi partiti: il Communist Party (CP), formato in gran
parte da federazioni di lingua straniera, e il Communist Labor Party (CLP) costituito
perlopiù da persone nate in America. Entrambi gli schieramenti diedero
al problema della comunità afroamericana un'interpretazione rigorosamente
marxista legata al concetto di lotta di classe
Nel 1919, durante i lavori delle assemblee costituenti dei neonati partiti comunisti
nessun delegato di colore vi prese parte. Ciononostante nel programma adottato
dal CP venne affrontata la questione razziale e redatto un paragrafo che affermava:
"The Negro problem is a political and economic problem. The racial oppression
of the Negro is simply the expression of his economic bondage and oppression,
each intensifying the other. This complicates the Negro problem, but does not
alter its proletarian character."(163) I comunisti statunitensi sostennero
quindi che, sebbene la discriminazione razziale aggravasse il problema della
minoranza afroamericana, non esistevano soluzioni alternative alla lotta di
classe. A loro avviso il razzismo imperversante nella civiltà occidentale
e in particolare in quella statunitense sarebbe svanito una volta completata
la rivoluzione socialista. Questo concetto fu ribadito anche dal programma dell'United
Communist Party(164) che indicò nell'abolizione "of wage slavery
through the overthrow of the capitalist State and the erection of a Communist
society"(165) l'unico sistema per realizzare un'uguaglianza effettiva tra
neri e bianchi.
Nel dicembre del 1921 dall'unificazione dei due partiti comunisti statunitensi
nacque il Workers Party (WP) il quale, pur adottando una politica meno ortodossa
rispetto al CP e al CLP nei confronti della questione razziale, rimase dell'idea
che gli interessi dei lavoratori neri fossero identici a quelli dei lavoratori
bianchi. Il programma del nuovo partito stabilì comunque che era compito
del WP aiutare "the Negroes in their struggle for Liberation, and will
help them in their fight for economic, political and social equality" e
"to destroy altogheter the barrier of race prejudice that has been used
to keep apart the Black and White workers, and bind them into a solid union
of revolutionary forces for the overthrow of our common enemy."(166)
Garvey, che in quegli anni era pubblicamente riconosciuto come il leader del
più grande movimento di massa nero allora esistente, si sentì
chiamato in causa e dichiarò: "We have sympathy for the Workers
Party. But we belong to the Negro party, first, last and all the time. We will
support every party that supports us..."(167) Nonostante queste dichiarazioni
benaugurati nessun tipo di cooperazione tra UNIA e partito operaio statunitense
ebbe modo di realizzarsi.
Lo studioso Lewis ha sostenuto che le responsabilità di questo fallimento
vanno attribuite unicamente al Workers Party il quale commise allora dei gravi
errori di valutazione: non considerò adeguatamente l'importanza dell'eredità
culturale e psicologica dello schiavismo e non capì che gli afroamericani
vivevano in una sorta di "colonia interna" situata nel cuore di un
paese altamente capitalista.(168) Dello stesso avviso è stato anche Tony
Martin che ha affermato: "the rigidity of the American communist analysis
made difficult an objective analysis of the national and racial components in
a successful ideology such as Garveysm."(169)
Fu infatti in Russia e non negli Stati Uniti che per la prima volta nel 1920,
in occasione del secondo congresso della Terza Internazionale,(170) i circoli
comunisti riconobbero apertamente lo stretto legame tra la drammaticità
della condizione economica, sociale e politica degli afroamericani e la discriminazione
razziale. Durante la discussione delle tesi proposte da Lenin sulla questione
del colonialismo e del nazionalismo, John Reed,(171) delegato statunitense del
CLP, sottolineò il ruolo fondamentale dell'identità e della consapevolezza
razziale nelle rivendicazioni democratiche della comunità nera. Perciò
dichiarò: "as an oppressed and downtrodden people, the Negro offers
to us a double or twofold opportunity: first, a strong race and social movement;
second, a strong proletarian labor movement." Reed affermò comunque
che i neri non domandavano la loro indipendenza in quanto entità nazionale
separata dagli Stati Uniti e che "every movement which has thus far been
carried on among them with the aim of establishing a separate national resistance
- for example 'Back To Africa' movement - has met with little, if any, success."(172)
Lenin, invece, nella stesura finale del documento Thesis on the National and
Colonial Question dichiarò che l'appoggio ai movimenti di liberazione
delle minoranze nazionali, tra le quali incluse anche la comunità afroamericana,
dal dominio imperialista era compito delle forze comuniste: "Offences against
the equality of nations and violations of the guaranteed rights of national
minorities, repeatedly committed by all capitalist States despite their 'democratic'
constitution, must be inflexibily exposed in all the propaganda and agitation
carried on by the communist parties, both inside and outside parlamient...communist
parties must give direct support to the revolutionary movements among the dependent
nations and those without equal rights (e.g., in Ireland, among the American
Negroes, ect.), and in the colonies. Without this last particulary important
condition the struggle against the oppression of the dependent nations and colonies,
and the recognition of their rights to secede as separate States, remains a
deceitful pretence, as it is in the parties of the Second International."(173)
Da allora la questione della minoranza afroamericana diventò tema di
discussione in tutte le successive assemblee del Comitern. Nel 1928, sotto le
direttive di Stalin, il sesto congresso dell'Internazionale Comunista elaborò
una strategia che propose in caso di successo della rivoluzione l'autodeterminazione
dei neri nella regione meridionale del "Black Belt".(174) Questo progetto
dal carattere spiccatamente nazionalistico costituì una sorta d'allineamento
alle teorie garveyste che George Padmore,(175) allora membro attivo del partito
comunista americano, più tardi indicò come un tentativo di guadagnare
il sostegno dei membri dell'UNIA disorientati dalla deportazione del loro leader.
Padmore affermò: "It was therefore decided that, since Marcus Garvey
had rallied popular support by promising to establish a 'National Home' for
blacks in Africa, the American communist should go one better and offer the
American Negroes a state of their own in Black Belt...It was hoped by this manoeuvre
to satisfy the nationalist aspirations of those Negroes who still hankered after
'Black Zionism' and turn them away from Garveysm to Communism."(176) La
nuova linea stabilita a Mosca venne subito adottata anche dal partito comunista
americano che affermò in pieno stile garveysta: " … it is
necessary to supplement the struggle for the full racial, social, and political
equality of the Negro with a struggle for their right to establish their own
state, to erect their own government, if they choose to do so."(177)
E' chiaro quindi che nel corso degli anni Venti l'atteggiamento dell'ala radicale
della sinistra statunitense nei confronti del nazionalismo nero mutò
sensibilmente. In un primo periodo, che coincise con il momento di massimo splendore
dell'UNIA, i comunisti misero in primo piano la lotta operaia ed avversarono
la strategia nazionalista proposta da Garvey. In seguito, però, l'analisi
di Lenin e le direttive del Comitern li portarono ad adottare una politica a
sostegno delle rivendicazioni indipendentiste degli afroamericani. Nel momento
in cui Garvey scomparì definitivamente dallo scenario politico americano
i comunisti, nella speranza di guadagnare il sostegno dei seguaci del giamaicano,
promossero un progetto, quello della costituzione di uno stato autonomo per
i neri nel "Black Belt", molto simile, anche se più facilmente
realizzabile, alla proposta dell'UNIA.
La cooperazione tra garveysmo e comunismo non era allora così irrealizzabile
come ci porterebbe a pensare l'analisi dei difficili rapporti tra i due movimenti.
Alcuni fattori però la ostacolarono: in primo luogo i principi della
strategia "nazionalista" dell'UNIA e delle teorie marxiste del partito
dei lavoratori erano concepiti in modo troppo rigido; Garvey, in secondo luogo,
sbagliò nel considerare più importante mantenere un atteggiamento
rigorosamente consono ai principi della dottrina "race first" piuttosto
che mostrarsi elastico ed assicurarsi l'appoggio di un partito con un importante
sostegno internazionale e con un programma che faceva dell'anti-imperialismo
uno dei suoi cavalli di battaglia. Probabilmente questa sua rigidità
politica, così come successe anche al momento delle nomine dei dirigenti
dell'UNIA, fu determinata soprattutto da egoismi personali e in particolar modo
dalla paura di perdere la posizione di prestigio di cui godeva all'interno della
comunità afroamericana. Questo accentuato individualismo del giamaicano
spiegherebbe in parte anche le ragioni della sua conflittualità con i
più importanti politici afroamericani.
In realtà l'atteggiamento di Garvey nei confronti dell'ideologia comunista
non fu poi così ostile come risulta dall'analisi dei difficili rapporti
avuti con i membri del partito statunitense. Il politico giamaicano, infatti,
riconobbe sempre il contributo fondamentale del comunismo alla lotta anti-colonialista
e non mancò di sottolineare gli spazi di manovra politica che il successo
della rivoluzione socialista avrebbero creato per i movimenti nazionalisti della
popolazione nera. Lo fece ad esempio nel marzo del 1919 quando dichiarò:
"We are not very much concerned as partakers in these revolutions, but
we are concerned in the distruction that will give us a breathing space to then
declare for our freedom from the tyrannical rule of oppressive over-lords",(178)
e nel 1930 quando ormai esiliato affermò: "We, as a race, have no
desire to initiate war in any part of the world, we are for peace and goodwill.
Nevertheless, because of our condition we shall be glad to welcome any world
change that will place us in a different position to the one we now ignominiously
occupy. If Russia is to bring hope, let it come. We are not parties to the Russian
methods, but surely we shall be paries to the cause of relief when it is in
sight."
Garvey, inoltre, era un ammiratore di Lenin tanto che al momento della morte
del fondatore dell'Unione Sovietica lo ricordò ai lettori del Negro World
come il più grande uomo politico vissuto tra il 1917 e il 1924. Lo storico
Cronon ha sostenuto che tale ammirazione non derivò da una particolare
affinità politica ma dal puro desiderio egoistico del giamaicano d'associare
la propria immagine a quella dei più celebri personaggi dell'epoca. Quest'ultimo
giudizio pare maligno e privo di fondamento se si pensa che nello stesso articolo
in memoria di Lenin il presidente dell'UNIA dichiarò anche il pieno appoggio
dell'associazione nazionalista nera alla causa del nuovo governo russo: "…it
is without any hesitancy, without any riserve, we could not but favour the existence
of a social democratic government in Russia and naturally our sympathy shuold
be with the people who feel with us, who suffer with us."(179)
Sebbene durante la sua permanenza negli Stati Uniti Garvey non ammise come facevano
i marxisti l'esistenza di un conflitto tra capitalisti e lavoratori, è
chiaro che in qualità di leader del movimento nazionalista nero vide
nei rivoluzionari bolscevichi dei potenziali alleati nella lotta anti-colonialista
e anti-imperialista. Dopo la deportazione dal territorio americano egli continuò
a confrontarsi apertamente con esponenti comunisti, come fece nel 1929 quando
nel corso dell'annuale convenzione dell'UNIA invitò Otto Huiswood, membro
dell'International Negro Congress of Labour, ad esporre le sue teorie sulla
cooperazione tra lavoratori bianchi e neri.
Garvey e le organizzazioni sindacali
Il già citato editoriale "The Negro, Communism, Trade Unionism and
His (?) Friend" contiene anche delle interessanti riflessioni di Garvey
sulle organizzazioni sindacali che difendevano i diritti dei lavoratori bianchi
negli Stati Uniti. Il presidente dell'UNIA le reputò pericolose per gli
afroamericani quanto la politica del partito comunista americano perchè
sosteneva che "White Unionism is now tryng to rope in the Negro and make
him a standard wage worker, then, when it becomes generally known that he demands
the same wage as the white worker, an appeal or approach will be made to the
white capitalist or employer, to alienate his sympathy or consideration for
the Negro, causing him, in the face of all things being equal, to discriminate
in favor of the white worker as a race duty and obligation."(180)
Alcuni studiosi hanno creduto che l'ostilità di Garvey nei confronti
dei sindacati americani che emerge chiaramente dalla lettura di questo scritto
sia prova di una generale avversione nei confronti delle associazioni dei lavoratori.
Tra gli altri David Cronon ha affermato: "Garvey had a strong distaste
for any alliance with white labor organisation, a skepticism that probably stemmed
in part from his early failure as a strike leader in Jamaica."(181) In
realtà dobbiamo sottolineare che nel condannare le pratiche razziste
dei sindacati americani, e in particolare dell' American Federation of Labor
(AFL),(182) egli non agì diversamente da come fecero esponenti comunisti
ed altri leader afroamericani. Ad esempio, l'American Negro Labor Congress aveva
varato una risoluzione di protesta contro la AFL che affermava: "The failure
of the American Federation of Labor officialdom, under pressure of race prejudice
benefiting only the capitalists of the north and south, to stamp out race hatred
in the unions, to organize the Negro Workers and to build up a solid front of
the workers of both races against American capitaism, is a crime against the
whole working class."(183) Anche il Workers Party si era unito alla protesta
e nel programma nazionale del 1928 al paragrafo "Oppression of the Negroes"
aveva denunciato il pregiudizio razziale della AFL che impediva ai neri di entrare
a far parte di questa organizzazione sindacale.(184) Allora ciò che realmente
distinse Garvey dagli altri politici e venne considerato dagli esponenti di
sinistra un errore fondamentale fu l'appello rivolto alla classe lavoratrice
nera a non lasciarsi ingannare dalle promesse delle associazioni sindacali ma
accettare salari più bassi rispetto a quelli degli operai bianchi per
garantirsi un posto di lavoro sicuro. Il presidente dell'UNIA giunse adirittura
ad affermare: "It seems strange and a paradox but the only convenient friend
the Negro worker or laborer has, in America, at the present time, is the white
capitalist."(185)
Onde evitare di giungere ad affrettate conclusioni è necessario sottolineare
che Garvey adottò tale strategia non certo per difendere gli interessi
dei padroni ma perché si sentì costretto dal razzismo delle organizzazioni
sindacali americane. Infatti, in altri contesti egli si distinse per la partecipazione
attiva alle lotte delle associazioni dei lavoratoti, come nel 1907 quando venne
eletto vice-presidente della Kingston Typografichal Union e nel 1910 quando
entrò a far parte del National Club.(186) Fu comunque durante il periodo
trascorso in Giamaica tra il 1927 e il 1935 che la sua attività sindacale
divenne più intensa. Se il Blackman, periodico che Garvey cominciò
a stampare agli inizi del 1929, diventò in breve tempo uno spazio fondamentale
per le lotte e le proteste dei lavoratori giamaicani, il Peoples Political Party
da lui fondato fu il primo partito di massa giamaicano che si batté per
garantire un minimo salariale ai lavoratori e una giornata lavorativa di otto
ore. Non dobbiamo dimenticare poi i forti legami che l'UNIA ebbe con le organizzazioni
dei lavoratori in molte regioni dei Caraibi e dell'America centrale.
2. Garvey e gli Integrazionisti
Garvey, Du Bois e il NAACP
Durante la sua breve ed intensa esperienza americana Garvey dovette affrontare
l'opposizione di numerosi avversari politici. Particolarmente tenace fu quella
dei rappresentanti del cosiddetto "movimento integrazionista". Essi,
come i comunisti e contrariamente alle teorie separatiste dell'UNIA, credevano
nella possibilità per gli afroamericani di vivere e costruirsi un futuro
negli Stati Uniti e confidavano nella cooperazione interrazziale come strumento
fondamentale per consentire il riconoscimento dei diritti civili e il progresso
della razza nera. Gli integrazionisti erano organizzati in diverse associazioni,
la più importante delle quali era la National Association for the Advancement
of Colored People (NAACP). La NAACP era stata costituita agli inizi del Novecento,
in un periodo di grande tensione per la società statunitense caratterizzato
da ripetuti e durissimi scontri razziali. Nel 1909, dopo che Springfield, Illinois,
era stata sconvolta da terribili violenze che costarono la vita a quattro bianchi
e si conclusero con il linciaggio di due neri, un gruppo di bianchi dalle idee
liberali guidato dall'editore Oswald Garrison Villard, nipote del noto abolizionista
William Lloyd Garrison,(187) decise d'organizzare una conferenza aperta a tutti
coloro i quali desideravano adoperarsi per porre fine alla tensione razziale.
Nel corso dell'assemblea i partecipanti bianchi e neri, d'accordo sull'utilità
di costituire un'organizzazione permanente che lavorasse in favore della cooperazione
interrazziale e del progresso afroamericano, crearono la National Association
for the Advancement of Colored People.
Un decennio più tardi, nel momento dell'arrivo e dell'affermazione di
Garvey negli Stati Uniti, la NAACP era diventata il movimento nero più
importante e il suo leader, il mulatto William Edward Burghardt Du Bois, era
riconosciuto come uno dei più abili e sagaci politici afroamericani.
Nato nel 1868 a Great Barrington, nel New England, Du Bois grazie al sostegno
economico della famiglia e di alcuni amici era riuscito a frequentare una scuola
secondaria nel Tenessee e, successivamente, a laurearsi ad Harvard. Ottenuto
il dottorato dalla prestigiosa università, prima persona di colore a
riuscirvi , si era recato poi per motivi di studio a Berlino prima di tornare
negli Stati Uniti nel 1897 ed iniziare la carriera accademica alla Atlanta University,
dove insegnò sociologia fino al 1910. Nel 1903 pubblicò l'opera
Souls of Black Folk nella quale criticò aspramente le teorie predicate
da Booker T. Washington: invece dell'adattamento e di antiquati programmi industriali,
Du Bois suggerì la coltivazione di un élite intellettuale e culturale,
il cosiddetto Talented Tenth, ovvero quella decima parte della popolazione nera
dotata di particolari capacità. Sostenitore dell'uguaglianza razziale
aveva iniziato ad impegnarsi sul piano politico fondando nel 1905 il Niagara
Movement,(188) un gruppo di intellettuali di colore che nel 1909 partecipò
alla creazione della NAACP.
Nonostante l'UNIA e la NAACP lottassero entrambe per un obiettivo comune, il
progresso dei neri e il riconoscimento dei loro diritti, i rapporti tra le due
associazioni furono segnati da una costante e reciproca ostilità. Diversi
fattori alimentarono questi contrasti, in primo luogo profonde diversità
ideologiche. La politica pan-africana rappresentò uno dei più
grandi temi di divergenza tra le due organizzazioni. L'UNIA riteneva che i problemi
economici e politici dei neri in Africa e dei neri nel continente americano
fossero strettamente connessi e quindi risolvibili attraverso un'unica grande
azione di portata mondiale: perciò concentrò le proprie energie
soprattutto su progetti di carattere pan-africano come la BSL e il Liberian
Construction Loan. La NAACP, invece, diede un'interpretazione diversa rispetto
al movimento garveysta; il suo massimo esponente, Du Bois, affermò: "we
know more or less clearly that the problem of the American Negro is very different
from the problem of the South African Negro or the problem of the Nigerian Negro
or the problem of the South American Negro."(189) I membri dell'associazione
integrazionista credevano che per gli afroamericani fosse più utile preoccuparsi
dei gravi problemi che quotidianamente dovevano affrontare negli Stati Uniti
e perciò si impegnarono in particolar modo contro i linciaggi e le misure
discriminatorie in materia di diritto di voto, per l'istruzione e i diritti
civili dei neri. Nel 1905 la NAACP ottenne una grande conquista quando la Corte
Suprema dichiarò incostituzionale la "clausola del nonno"(190)
in Oklahoma e nel Maryland, e un'altra importante vittoria quando la stessa
Corte annullò nel 1917 un'ordinanza dell'amministrazione di Louisville
contenente misure di segregazione relative alla residenza.
E' interessante notare come nei momenti più duri dello scontro tra la
NAACP e l'UNIA, Du Bois e i suoi collaboratori, influenzati probabilmente dalla
febbre nazionalista del dopoguerra, non mancarono di sottolineare il fatto che
Garvey era uno straniero, non un normale cittadino statunitense. Nel 1924 il
segretario dell'associazione, James Welodn Johnson, dichiarò: "Mr.
Garvey, who is not an American citizen, has taken it upon himself to go before
the white people of this country advocating that the American Negro abdicate
his constitutional rights, quit this country and go to Africa. Mr . Garvey apparently
does not know that the American Negro considers himself, and is, as an American
as anyone..."(191) Affermazione quest'ultima dalla quale si desume un'altra
sostanziale differenze di pensiero tra le due associazioni: mentre i garveysti
erano convinti che tutti gli appartenenti alla razza nera, e quindi anche gli
afroamericani, fossero prima di tutto africani e solo secondariamente cittadini
di qualche particolare stato, i dirigenti della NAACP, al contrario, consideravano
i neri che vivevano negli Stati Uniti americani con diritti e doveri potenzialmente
pari agli altri connazionali.
Altri elementi differenziavano la strategia politica delle due organizzazioni.
La NAACP credeva nella possibilità di migliorare le condizioni degli
afroamericani attraverso la cooperazione interrazziale mentre l'UNIA adottava
una politica fondata sull'idea che una convivenza fra bianchi e neri negli Stati
Uniti e negli altri stati occidentali era impossibile. Così, se da una
parte Du Bois, leader indiscusso dell'associazione integrazionista, era affiancato
e sostenuto da liberali e filantropi bianchi, l'UNIA, dall'altra , era costituita
esclusivamente da uomini di colore perché Garvey considerava assolutamente
nociva la presenza bianca nelle organizzazioni per il progresso nero. Egli dichiarò:
"the greatest enemies of the Negro are among those who hypocritically profess
love and fellowship for him, when in truth, and deep down in their hearts, they
despise and hate him. Pseudo-philanthropists and their organizations are killing
the Negro."(192)
Queste diversità ideologiche portarono le due associazioni a scontrarsi
in più di un'occasione, in particolar modo sulla questione della legge
anti-linciaggio. Nel maggio del 1919, nel corso della conferenza nazionale della
NAACP, i membri dell'associazione decisero di intraprendere una dura campagna
di protesta contro i linciaggi e, allo scopo di pubblicizzare al meglio il loro
programma, di raccogliere dei fondi. Garvey replicò immediatamente e,
attraverso le pagine del Negro World, dichiarò che anziché confidare
sull'aiuto economico delle associazioni filantropiche bianche sarebbe stato
meglio per i neri rispondere alla violenza con la violenza. Quando nel 1921
dopo essersi guadagnato l'appoggio di numerosi senatori e deputati, l'integrazionista
James Weldon Johnson convinse il rappresentante repubblicano del Missouri L.C.
Dyer a proporre una legge che assicurasse a tutti i cittadini americani uguale
protezione e che garantisse la punizione del crimine del linciaggio, l' UNIA
mutò politica, lasciò da parte la rivalità e optò
per una strategia di collaborazione con Du Bois e soci. Nel gennaio del 1922
Garvey spedì un telegramma al Congresso sollecitando l'approvazione della
legge e nel giugno dello stesso anno i garveysti si unirono alla NAACP, alla
YMCA(193) e ad altre organizzazioni in una manifestazione che partì da
Harlem ed giunse sino al quartiere bianco di Manhattan. La scelta d'appoggiare
la politica di Du Bois non impedì comunque ai massimi dirigenti dell'UNIA
d'esprimere i loro timori. Commentando il linciaggio di un quindicenne nero
in Texas al quale prese parte una folla inferocita di duecento bianchi John
Edward Bruce affermò disgustato che non sarebbero bastate mille leggi
per placare i responsabili di questi efferati delitti. Poco dopo Garvey cominciò
a criticare la scelta del NAACP di attaccare l'amministrazione repubblicana
anche in un momento nel quale l'appoggio dei loro deputati e senatori era fondamentale
e, a partire dal 1923, l'UNIA cominciò a dimostrarsi nuovamente ostile
nei confronti della campagna anti-linciaggio.
I contrasti tra l'UNIA e la NAACP derivarono in parte anche da un forte antagonismo
personale tra i leader delle due associazioni. Du Bois venne a conoscenza di
Garvey e della sua associazione nel 1915 quando, in occasione di una visita
in Giamaica, ricevette una lettera di benvenuto da parte dell'allora sconosciuta
Associazione per il Progresso e il Miglioramento Nero. Allora il giamaicano
ammirava il politico afroamericano tanto da includerlo in una lista di eroi
della razza nera che pubblicò in un pamphlet. Nel 1916, Garvey, da pochi
mesi arrivato ad Harlem, si rivolse a Du Bois nella speranza, rese vana da una
risposta negativa, che il già noto e affermato sociologo presiedesse
al primo incontro dell'UNIA in territorio statunitense. Nel corso degli anni
i rapporti tra i due mutarono. Mentre nel 1919 Garvey si stava affermando come
uno dei più importanti politici di Harlem, Du Bois, come egli stesso
ammise, ignorò sia lui che il suo movimento. Il leader della NAACP espresse
pubblicamente un parere sul giamaicano e sui membri della sua organizzazione
solamente nell'agosto del 1920 quando rilasciò un'intervista a Charles
Mowbray White(194) nella quale dichiarò: "I do not believe that
Marcus Garvey is sincere. I think he is a demagogue, and that his movement will
collapse in a short time. His movement is not representative of the American
negro. His followers are the lowest type of negroes, mostly from the Indies
... They are allied with the Bolsheviks and the Sinn Feiners in their world
revolution, and is doubtful, even if the success should temporarily come to
them, if it will permanently improve the condition of the negro."(195)
Un giudizio che rivela una scarsa conoscenza dei programmi dell'UNIA perché
indica troppo semplicisticamente una collaborazione tra rivoluzionari bolscevichi
e garveysti mai realizzata. Pochi mesi dopo, nel dicembre del 1920, Du Bois
pubblicò un articolo sulle pagine del The Crisis, il giornale ufficiale
della NAACP, nel quale mutò in parte il parere su Garvey. Infatti, pur
riconoscendo i numerosi difetti caratteriali del giamaicano, ne sottolineò
l'onesta e la sincerità: "he has been charged with dishonesty and
graft, but he seems to me essentialy an honest and sincere man with a tremendous
vision, great dynamic force, stubborn determination and unselfish desire to
serve, but also he has very serious defects of temperament and training: he
is dictatorial, domineering, inordinately vain and very suspicios."(196)
Du Bois, inoltre, si dichiarò favorevole alla strategia economica ed
ai progetti dell'UNIA pur rimanendo dell'idea che essi erano realizzabili solo
adottando un piano diligente e ben ponderato: "…shorn of its bombast
and exaggeration, the main lines of the Garvey plan are perfectly feasible…
It is, in a sense, practical; but it will take for its accomplishment long years
of painstaking, self-sacrificing effort. It will call for every ounce of ability,
knowledge, experience and devotion in the whole Negro race. It is not a task
for one man or one organization, but for co-ordiante effort on the part of millions."(197)
Con il passare del tempo lo scambio d'accuse tra i due divenne sempre più
frequente e pesante e si concluse solo con l'arresto del giamaicano. Nel febbraio
del 1923 Du Bois pubblicò un articolo diffamatorio sulle pagine della
rivista Century che fece andare su tutte le furie Garvey. Il leader della NAACP,
abbandonando temporaneamente lo stile e l'eleganza che lo contraddistingueva,
descrisse il giamaicano come "a little, fat, black man; ugly, but with
intelligent eyes and a big head."(198) e ne sottolineò le origini
alquanto povere e la mancanza d'una adeguata educazione scolastica. Il presidente
dell'UNIA allora replicò prontamente attraverso il Negro World dipingendo
Du Bois come uno sfortunato mulatto "who bewails every day the drop of
Negro blood in his veins, being sorry that he is not Dutch or French."(199)
In un editoriale pubblicato su The Crisis nel maggio del 1924, affermò:
"Marcus Garvey is, without doubt, the most dangerous enemy of the Negro
race in America and in the world. He is either a lunatic or a traitor."(200)
D'altro canto Garvey accusò Du Bois di non avere un programma politico
valido e di essere manipolato dai bianchi.
Le radici dell'antagonismo tra Garvey e Du Bois sono certamente più culturali
che politiche. In effetti, lo scontro tra il leader dell'UNIA e quello della
NAACP non è stato provocato dalla netta divergenza tra le posizioni separatiste
e integrazioniste delle due associazioni, ma piuttosto dai contrasti tra filosofie
di vita completamente diverse. I due erano cresciuti in contesti sociali ed
ambienti intellettuali totalmente diversi. Du Bois era nato nel New England
in una famiglia ricca e in una regione dove imperavano ancora i dogmi elitari
dell'ideologia patrizia ottocentesca, principi che influenzarono anche la sua
politica nel momento di elaborare il concetto di"Talented Tenth".
Egli aveva saputo sfruttare al meglio l'opportunità di studiare e una
volta laureato si era imposto come una delle personalità più intelligenti
e raffinate della comunità afroamericana. Garvey, invece, aveva trascorso
la sua adolescenza in una realtà estremamente povera e ancora legata
culturalmente alle ancestrali origini africane. Il suo grado d'istruzione non
era certo paragonabile a quello di Du Bois ma la grande determinazione gli permise
comunque di diventare un personaggio importante nel panorama politico internazionale.
Il giamaicano vedeva in se stesso la realizzazione dell'ideale del self-made
man che, seppur partendo da una condizione svantaggiosa, era riuscito a superare
tutti gli ostacoli. Tale convinzione venne chiaramente espressa in un articolo
nel quale propose un parallelo tra se stesso e il leader del NAACP: "Marcus
Garvey was born in 1887; Du Bois was born in 1868; that shows that Du Bois is
old enough to be Marcus Garvey's father. But what has happened? Within the fifty-five
years of Du Bois' life we find him still living on the patronage of good white
people, and with the thirty-six years of Marcus Garvey's (who was born poor
and whose father, according to Du Bois, died in a poor house) he is able to
at least pass over the charity of white people and develop an indipendent program
originally financied by himself to the extent of thousands of dollars, now taken
up by the Negro people themselves. Now which of the two is the poorer in character
and manhood?"(201)
Nel periodo del dopoguerra e del boom economico Garvey divenne il portavoce
di una nuova mentalità basata su fattori quali la determinazione, l'ambizione,
la forza di volontà che contrastavano nettamente con l'ideologia culturale
degli ambienti elitari dei bianchi nei quali era cresciuto Du Bois.
Garvey e Randolph
Oltre a Du Bois, un altro importante afroamericano che si oppose fermamente
alla politica nazionalista di Garvey fu il socialista A. Philip Randolph. Egli
era nato nel 1889 a Crescent City, Florida ed aveva trascorso la sua adolescenza
a Jacksonville. Dopo aver terminato la scuola secondaria si era trasferito a
New York e si era iscritto al locale City College. Nel 1917 insieme a Chandler
Owen(202) aveva fondato la rivista afroamericana di stampo socialista The Messenger
per la quale lavorò a lungo come co-editore.
Quando Garvey arrivò ad Harlem in cerca di sostegno per la sua associazione,
Randolph fu uno dei primi ad aiutarlo nell'organizzazione dei primi dibattiti
pubblici dell'UNIA in territorio statunitense. Ciononostante a partire dal 1920
Randolph, insieme agli altri esponenti socialisti, cominciò ad interrogarsi
sulla validità e l'onestà del progetto garveysta e a criticare
pubblicamente la politica del movimento nazionalista. Nell'agosto del 1920 lui
e Owen rilasciarono un'intervista nella quale dichiararono senza mezzi termini
quel che pensavano di Garvey: "He is of course an uneducated man - a ignoramus,
and is appealing to the negroes through their emotional nature. He is a demagogue
and a weak character without the scientific type of mind necessary to lead a
big movement."(203) Secondo Randolph ed Owen Garvey mancava di un'ideologia
politica concreta ed il suo temporaneo successo era fondato esclusivamente su
fattori emotivi che facevano presa solo sulla parte più ignorante della
comunità afroamericana.
Come i comunisti e gli integrazionisti anche i socialisti rifiutavano i rigidi
principi della dottrina "race first" dell'UNIA e si dichiaravano assolutamente
contrari ad ogni idea di separazione razziale. Il movimento socialista credeva
nella possibilità di creare una società multietnica democratica
dove bianchi e neri avrebbero potuto convivere in una condizione d'uguaglianza
sociale: "We believe the negro the equal of the white socially, and with
education he will be equal of white from every standpoint. Therefore we do not
think it will be necessary for the negro alone to fight for his freedom. If
he joins with the Socialists of the world he will square equally with the white
in all things when socialism becomes the new order of the day."(204) Così,
mentre Garvey interpretava i linciaggi come la più eclatante e barbara
espressione del razzismo dei bianchi, Randolph sosteneva che fossero un prodotto
del sistema capitalista. Perciò se la soluzione proposta dal primo era
la separazione razziale per il secondo, invece, l'unico modo per garantire l'uguaglianza
e pari diritti ai neri era l'abbattimento del regime capitalista.
Nell'aprile del 1922 Randolph pubblicò un articolo sulle pagine di The
Messenger nel quale espresse giudizi fortemente negativi sui progetti e la politica
del presidente dell'UNIA: "His African Empire dream is obsolete and undisiderable.
His 'Negro First' policy is not defensible, is unsound in theory and in practice.
His steamship line is not only impracticable, but would have no effect on the
Negro problem if successfully established, because the Negro problem is not
one of trasportation." Nello stesso pezzo il socialista afroamericano riconobbe
comunque a Garvey il merito d'aver stimolato l'orgoglio dei neri: "He has
instilled a feeling into Negroes that they are good as anybody else...He has
inspired an interest in Negro traditions, Negro history, Negro literature, Negro
art and culture. He has stressed the international aspect of the Negro problem."(205)
Tuttavia nel giugno dello stesso anno Randolph intensificò i toni della
polemica e insieme ad Owen cominciò una campagna diffamatoria nei confronti
del presidente dell'UNIA allo scopo di eliminarlo definitivamente dallo scenario
politico americano. L'imperativo era uno solo: "Garvey Must Go". Durante
la terza convenzione internazionale dell'UNIA tenutasi nell'agosto del 1922
Randolph ed Owen insieme ai sempre più numerosi oppositori del giamaicano
organizzarono una serie d'incontri sotto gli auspici della Friends of Negro
Freedom nei quali chiesero al governo americano la sua immediata deportazione.
Il 15 gennaio del 1923 andarono oltre ed inviarono una lettera al Procuratore
Generale Harry M. Daugherty nel tentativo di velocizzare i tempi del processo
a carico di Garvey e degli altri tre associati imputati di frode postale. Oltre
ai due socialisti tra coloro che sottoscrissero il documento vi erano anche
Williams Pickens e Robert W. Bagnall, esponenti del NAACP e il direttore del
Chicago Defender Robert S. Abott.
I firmatari della lettera affermarono che era loro intenzione sottoporre all'attenzione
del procuratore generale la grave minaccia all'armoniosa relazione tra bianchi
e neri costituita dalla politica nazionalista dell'UNIA. Essi elencarono una
lunga serie di capi d'accusa nei confronti del presidente dell'associazione
e dei suoi membri. Garvey venne descritto come "an unscrupolous demagogue,
who has ceaselessly and assidously sought to spread among Negroes distrust and
hatred of all white people"; i suoi sostenitori, invece, vennero considerati
fanatici ed opportunisti, "the most primitive ignorant element of West
Indian and American Negroes."(206) Il Negro World venne indicato come lo
strumento propagandistico utilizzato dal giamaicano allo scopo di diffondere
un clima di tensione razziale.
La risposta del politico giamaicano non si fece attendere. Egli replicò
punto su punto alle accuse dei suoi denigratori e affermò: "My enemies,
and those opposed to the liberation of the Negro to nationhood are so incompetent
and incapable of meeting argument with argument and tolerance with tolerance
that they have cowardly sought the power of Government to combat and destroy
me ... That shows their weakness and inability to stand up under the onward
march of African redemption and real Negro freedom. They are all afraid of the
black man. They try to hold him down and yet claim his inferiority."(207)
CONCLUSIONE
La condanna di Garvey al massimo della pena per uso fraudolento
del servizio postale, ossia cinque anni di reclusione e il pagamento di una
multa di $1.000, fu l'evento che segnò per l'UNIA ed il suo leader l'inizio
di un rapido ed inesorabile declino. Nel febbraio del 1925 il politico giamaicano
venne arrestato e rinchiuso nel penitenziario federale di Atlanta; nel novembre
del 1927 con un atto di clemenza il presidente statunitense Coolidge decise
di concedergli la libertà immediata; il 2 dicembre dello stesso anno
venne deportato dagli Stati Uniti dove gli fu impedito per sempre di ritornarvi.
Il forzato allontanamento del presidente dell'UNIA dal territorio statunitense
e dal quartier generale di New York fu un fattore determinante nel processo
di disfacimento del movimento nazionalista nero. Infatti, sebbene l'organizzazione
fosse strutturata secondo uno schema fortemente decentralizzato e nonostante
le sue divisioni fossero sparse in tutto il continente americano e in Africa,
la presenza di Garvey negli Stati Uniti si dimostrò necessaria per garantire
all'UNIA prestigio internazionale e sostegno economico. Il fatto che nel 1926
su un totale di 996 divisions quasi i tre quarti (723) si trovassero in America
ben evidenzia l'importanza del contributo afroamericano ai successi dell'Associazione
per il Miglioramento Universale Nero. Tuttavia la fedeltà e l'appoggio
incondizionato alla politica dell'UNIA erano per la maggior parte dei soci elementi
troppo vincolati alla figura di Garvey e alla sua spiccata leadership per essere
garantiti anche in sua assenza. Perciò, dopo la deportazione del carismatico
giamaicano l'associazione nazionalista che si era distinta negli Stati Uniti
per essere stata il primo grande movimento di massa nero della storia americana
cominciò a perdere sostenitori fino a diventare agli inizi degli anni
Trenta ininfluente nel panorama politico nazionale.
Inoltre l'UNIA, pur avendo in teoria una struttura organizzativa fondata su
principi democratici, in realtà era stata governata per anni in modo
autocratico dal solo Garvey che si era avvalso dell'aiuto di pochi fidati collaboratori.
Una volta venuta a mancare la sua presenza diretta nel quartier generale newyorchese
fu difficile per gli altri dirigenti delineare una strategia politica comune
a tutte le divisioni americane senza provocare contrasti interni e conseguenti
scissioni.
L'incarcerazione e la successiva deportazione del politico giamaicano non furono
comunque i soli elementi che determinarono la crisi dell'associazione garveysta.
Piuttosto essi si inserirono in una generale fase di declino del movimento nazionalista
cominciata ben prima del 1925 ed originata dalla natura stessa dell'UNIA, dagli
errori del suo presidente e dalla disonestà di alcuni alti dirigenti.
I guai giudiziari di Garvey e l'intervento del governo statunitense non fecero
altro che accelerare un processo di decadenza comunque irreversibile.
Una volta chiarito questo aspetto è in ogni caso interessante capire
di chi furono le responsabilità della condanna del giamaicano. Certamente
non possono essere attribuite, come fece Garvey, agli altri politici afroamericani
che per lungo tempo lo criticarono ed invocarono il suo arresto. Essi, infatti,
non avevano potere sufficiente per influenzare l'azione del governo statunitense.
Perciò la deportazione del presidente dell'UNIA può essere considerata
solo in minima parte il risultato della lunga serie d'azioni che coinvolsero
il leader della NAACP, i socialisti Randolph e Owen e gli esponenti delle altre
organizzazioni integrazioniste.
Il ruolo fondamentale fu invece giocato dal Dipartimento di
Giustizia americano che dopo alcuni tentativi riuscì, attraverso delle
disoneste manovre ed in stretta collaborazione con l'ufficio coloniale britannico,
ad eliminare il leader dell'UNIA. J. Edgar Hoover fu colui che più di
tutti si impegnò a fondo in questa azione repressiva. Nominato assistente
speciale dal Procuratore Generale A. Mitchell Palmer, Hoover fu incaricato nel
1919 d'organizzare e guidare una nuova divisione del Dipartimento della Giustizia
dedicata al controllo dei gruppi più sovversivi. Egli, scelto per la
sua reputazione di uomo diligente, in breve tempo divenne un grande esperto
di radicalismo.
Anche se il nome di Garvey cominciò ad apparire nei rapporti stilati
dagli agenti federali e dalla polizia newyorchese già nel 1917, ossia
pochi mesi dopo il suo arrivo ad Harlem, solo a partire dal 1919 il presidente
dell'UNIA diventò uno degli obiettivi principali delle attenzioni degli
investigatori. Ciò non accadde certamente per caso se si pensa che il
1919 è ricordato nella storia americana come il periodo del cosiddetto
"Terrore Rosso". Una volta terminata la guerra mondiale il trionfo
della rivoluzione bolscevica in Russia e la fondazione della Terza Internazionale
avevano risvegliato negli Stati Uniti i timori di una possibile trasformazione
interna ed alimentato i sentimenti nazionalisti tanto venerati nel periodo bellico.
Questa volta però la xenofobia dei conservatori non fu diretta verso
i presunti simpatizzanti della Germania, ma contro i radicali e i rivoluzionari,
soprattutto se immigrati di recente o stranieri. Molti cittadini si allarmarono
per le simpatie sovietiche di una fazione militante del partito socialista americano
e per l'inizio dell'attività del movimento comunista statunitense. L'ostilità
per le idee e le attività sindacali si diffuse tra la gente, specialmente
dopo che in occasione di uno sciopero degli agenti della polizia nel settembre
del 1919 Boston fu messa a soqquadro da disordini e saccheggi contro cui le
forze dell'ordine non intervennero. La paura della rivoluzione crebbe ulteriormente
quando illustri uomini politici e industriali furono vittime di attentati e
allorché il 2 giugno esplosero simultaneamente ordigni in otto diverse
città.
La conseguente ondata repressiva fu diretta contro radicali e dissenzienti di
ogni tipo, Garvey compreso. Il congresso e l'assemblea legislativa dello stato
di New York espulsero i loro membri di idee socialiste nonostante fossero stati
regolarmente eletti. In trentadue stati furono promulgate leggi in base alla
quale era considerato un reato la militanza negli IWW(208) e in altre organizzazioni
sindacali. In due processi del 1919 la Corte Suprema ritenne ancora applicabili
le limitazioni alla libertà di parola e stampa previste in tempo di guerra
dal Sediction Act(209) e dall'Espionage Act.(210) Mitchell Palmer, ministro
della giustizia del governo Wilson, si mise a capo di una crociata antiradicale
che portò all'arresto senza processo di novemila persone; più
di cinquecento radicali di origine straniera, tra i quali i famosi anarchici
Emma Goldman(211) e Alexander Berkman furono espulsi.
Garvey, quindi, diventò una delle tante vittime dell'ondata reazionaria
del dopoguerra. Il clima d'isteria portò Hoover a vedere anche nel nazionalista
giamaicano un elemento sovversivo ed un possibile sostenitore della rivoluzione
bolscevica. In un rapporto dell'ottobre del 1919 il futuro capo dell'FBI affermò:
"he is one of the most prominent agitator of New York...he is an exceptionally
fine orator, creating much excitment among negroes through his steamship proposition;
in his paper the 'Negro World' the Soviet Russian Rule is upheld and there is
open advocation of Bolshevism."(212) Nel dicembre dello stesso anno Hoover,
nel tentativo di conoscere ogni pensiero e progetto di Garvey, decise di avvalersi
del contributo dell'insospettabile agente James Wormely Jones, il primo di colore
nella storia dell'FBI. Il Dipartimento di Giustizia sfruttò tutte le
armi che aveva a disposizione per controllare l'attività dell'UNIA e
per cinque anni sorvegliò ogni singola mossa del suo leader. Ciononostante
è necessario sottolineare che il governo statunitense non adottò
nei confronti di Garvey lo stesso atteggiamento aggressivo utilizzato con la
maggior parte delle vittime dell'ondata repressiva. Il politico giamaicano,
a differenza delle novemila persone che nel 1919 vennero deportate senza aver
avuto nemmeno la possibilità di difendersi, venne processato in tribunale
e arrestato solo dopo la condanna nel 1925.(213)
Il primo serio tentativo d'eliminare Garvey dal panorama politico americano
fu fatto nell'estate del 1921. Approfittando del lungo tour promozionale che
il presidente dell'UNIA era intenzionato a compiere nel Centro America e nelle
Indie Occidentali, Hoover, in collaborazione con le autorità coloniali
britanniche e i consolati statunitensi, tentò di negargli il visto di
rientro. Fallita per poco questa manovra l'assistente del Procuratore Generale
iniziò ad indagare sulla possibilità di incastrare il giamaicano
con qualche altro stratagemma. Informato da uno dei suoi numerosi agenti della
grave crisi finanziaria dell'associazione nazionalista Hoover riuscì
a far accusare Garvey di frode postale. Nel maggio del 1923 iniziò il
processo e già nel settembre dello stesso anno l'Ufficio Immigrazione
cominciò a lavorare al suo caso per procedere ad un eventuale deportazione.
La costanza con la quale per anni Hoover e gli investigatori federali controllarono
i movimenti e le mosse del giamaicano dimostra quanto fosse allarmato il governo
statunitense dalla minaccia sovversiva del nazionalista nero.
Tuttavia il Dipartimento di Giustizia non era preoccupato tanto dall'eventuale
e improbabile realizzazione dei progetti commerciali dell'UNIA ma da altri importanti
aspetti connessi all'attività dell'associazione: in primo luogo dalla
possibilità che la retorica aggressiva e ribelle di Garvey contagiasse
la maggior parte della comunità afroamericana in un momento di grande
tensione sociale; in secondo luogo dalla pericolosa diffusione di un messaggio
anti-coloniale ed anti-imperialista in Africa e nelle regioni del Centro America
dove erano in espansione gli interessi commerciali del governo e di alcune grandi
imprese statunitensi. Se oggi alcuni studiosi rimarcano soprattutto gli aspetti
utopistici e folcloristici della politica garveysta sottovalutando la risposta
entusiasta delle masse nere, anche a livello di sacrificio economico, all' appello
nazionalista, ciò non accadde negli anni Venti quando il governo americano
considerò quest'ultimo aspetto il più degno e meritevole d'attenzione.
Anche i più acerrimi rivali politici di Garvey erano preoccupati e consapevoli
della sua grande capacità d'attrarre il consenso delle masse. Così,
ad esempio, Mary White Ovington, una delle fondatrici del NAACP, dichiarò
poco dopo la deportazione di Garvey dagli Stati Uniti: "He was the first
Negro in the United States to capture the imagination of the masses. Among the
poor and the exploited, even among those whose money he missappropriated, he
is defended with an ardor that abashes the critic. Charlatan or fanatic, profiteer
or martyr, he has profoundly stirred the race counsciousness of Negroes throughout
the world."(214)
Nonostante tutti gli studiosi del garveysmo abbiano riconosciuto lo straordinario
impatto che il messaggio del giamaicano ebbe sulle masse nere dell'epoca, la
caratteristica principale dell'odierno dibattito storiografico in materia risulta
la difformità. Di fatto la maggior parte di coloro che sono intervenuti
nella discussione hanno abbracciato posizioni o assolutamente a favore o totalmente
contro il leader dell'UNIA. Garvey è stato pesantemente denigrato da
alcuni storici che non hanno esitato a definirlo un fanatico, un demagogo, un
disonesto ed astuto truffatore; viceversa altri studiosi lo hanno ritenuto un
martire per la libertà del popolo africano, il "Mosè nero",
un lungimirante politico i cui visionari progetti non vennero realizzati solo
perché si scontrarono con l'azione repressiva del governo statunitense
e contro gli obiettivi imperialistici delle grandi potenze europee. Tra le fonti
utilizzate per l'elaborazione di questa tesi l'analisi di Judith Stein ci è
sembrata la più equilibrata.
In realtà Garvey non fu né un ladro né un profeta. Egli
era dotato di una personalità forte e di una grande determinazione, doti
che gli permisero di conquistare la fiducia di numerose persone e di ritagliarsi
uno spazio politico importante. Maestro nel catturare l'immaginazione della
gente ed alimentarne le speranze, Garvey, soprattutto nel decennio trascorso
negli Stati Uniti, non si dimostrò però altrettanto abile nel
realizzare i progetti concreti dell'UNIA - Black Star Line e Liberian Construction
Loan furono i suoi due più clamorosi fallimenti - e nel valutare la complessa
situazione politica ed economica della comunità nera internazionale ed
in particolar modo statunitense. D'altro canto questo tipo d'analisi richiedeva
capacità e conoscenze specifiche che era difficile possedere senza aver
fatto esperienze importanti e senza aver studiato o frequentato certi ambienti
culturali. Garvey, cresciuto in un contesto rurale poverissimo e costretto a
lavorare fin da ragazzino, non aveva avuto l'opportunità di dedicare
molto tempo agli studi. Pur avendo frequentato saltuariamente le lezioni di
giurisprudenza del Birbeck College durante la sua permanenza a Londra, egli
non si interessò mai agli aspetti più specifici delle diverse
teorie economiche e politiche. Perciò, talvolta, non solo le parole ma
anche le azioni concrete del giamaicano si distinsero più per ingenuità
ed immaginazione che per saggezza. Oltre alla mancanza di realismo politico,
determinante per il fallimento dei piani dell'associazione nazionalista fu il
costante ed egoistico timore di Garvey di perdere l'indiscussa posizione di
leadership; tale preoccupazione provocò infatti una gestione autocratica
dell'UNIA che alla lunga si dimostrò fatale per la sopravvivenza dell'organizzazione.
Così come lo è stato per i fallimenti e gli errori è necessario
per correttezza storica sottolineare anche i meriti di Garvey. Il suo avvento
negli Stati Uniti e la fondazione dell'Universal Negro Improvement Association
hanno segnato comunque un momento di svolta nella drammatica storia della minoranza
nera. Garvey non solo è stata l'anima del primo grande movimento di massa
afroamericano ma grazie ad una sorprendente capacità comunicativa ha
saputo risvegliare nei neri di qualsiasi condizione sociale e di ogni grado
educativo sentimenti quali l'orgoglio delle proprie radici culturali e la fiducia
in se stessi che lunghi secoli di schiavismo e razzismo avevano ormai soppresso.
Egli, come nessun altro esponente politico o religioso era riuscito a fare fino
ad allora, esortò i neri a mettere in discussione il sistema culturale
che l'uomo bianco gli aveva imposto e li spinse a lottare per la propria indipendenza
politica ed economica. Il nazionalista giamaicano propose un modello di resistenza
culturale che ancora oggi, nel bene e nel male, influenza gli atteggiamenti
della minoranza afroamericana e delle comunità nere caraibiche. Come
evidenziato da E. D. Cronon "Marcus Garvey intuitively put his finger on
the pulse of his race, and even today in many areas his prescription of Negro
nationalism has wide appeal as the only tonic that will cure the world of discrimination,
prejudice, intolerance, and injustice."(215)
Inoltre, come abbiamo già sottolineato nel quarto capitolo, la politica
pan-africana e i principi race first del suo messaggio furono un essenziale
punto di riferimento per i movimenti di lotta indipendentisti dei paesi africani.
Carismatici leader quali il ghanese Nkrumah e il congolese Lumumba riconobbero
apertamente l'apporto del garveysmo nel loro processo di maturazione politica.
Di notevole importanza è stato poi l'influsso che Garvey ha avuto nel
processo di rinascita ed affermazione dei movimenti nazionalistici afroamericani
negli anni Sessanta e Settanta. La dottrina razziale e la strategia separatista
dell'UNIA ispirarono ad esempio l'azione dell'American Muslim Mission (Missione
musulmana d'America),(216) l'organizzazione, conosciuta anche con il nome di
Nazione islamica dell'Occidente, che diffuse la religione mussulmana fra la
popolazione nera statunitense. I membri della Nation of Islam credevano infatti,
come aveva sostenuto Garvey qualche decennio prima, che la questione razziale
sarebbe stata risolta solo con la conquista da parte dei neri di una propria
nazione, libera ed indipendente. I principi del garveysmo vennero quindi ripresi
e sostenuti con vigore dai massimi rappresentanti dell'organizzazione religiosa
ed in particolar modo dal celebre Malcolm X.
Uno sguardo sulla vita di quest'ultimo personaggio rivela che nel suo processo
di maturazione politica l'influenza di Garvey fu tutt'altro che secondaria.
Ancora ragazzino Malcolm Little(217) venne introdotto dai genitori, entrambi
fedelissimi sostenitori dell'UNIA, negli ambienti più radicali del nazionalismo
nero. Nell'autobiografia Malcolm ben ricorda quei particolari momenti. Riferendosi
a suo padre egli racconta "ero il solo dei suoi figli che portava con sé
alle riunioni dell'UNIA di Garvey che convocava senza tanta pubblicità
in casa di gente sempre diversa. Ogni volte c'erano solo poche persone, al massimo
venti, ma sembravano moltissime tutte stipate nel salotto di una casa privata
…Mio padre diceva che non sarebbe passato molto tempo prima che l'Africa
fosse completamente governata da negri, da 'uomini con la pelle nera' secondo
la frase ch'egli adoperava sempre."(218) Earl, il padre, un predicatore
battista nato in Georgia, era stato presidente della sezione di Omaha, Nebranska,
mentre la madre Louise, nativa delle Indie Occidentali e successivamente emigrata
negli Stati Uniti, aveva svolto le mansioni di segretaria per la divisione diretta
dal marito. Earl Little, uno dei firmatari della petizione inviata al Dipartimento
della Giustizia americano per chiedere il rilascio di Garvey dopo il suo arresto,
venne assassinato nel 1931 in circostanze misteriose da alcuni membri del Ku
Klux Klan proprio per il suo continuo impegno nel difendere la causa del nazionalismo
nero.
Le esperienze giovanili di Malcolm X lo indussero a credere che il razzismo
dei bianchi fosse una piaga sociale troppo profonda per permettere la realizzazione
di qualsiasi progetto di integrazione. Perciò parlò ai suoi seguaci
del nazionalismo nero, li incoraggiò a ricercare le proprie radici, a
essere orgogliosi del proprio retaggio razziale, ad allearsi con i popoli non
bianchi di tutto il mondo in una ribellione globale contro l'oppressore. Egli
quindi riprese con vigore alcuni dei concetti fondamentali della dottrina race
first predicati con successo negli anni Venti dal presidente dell'UNIA. Nell'autobiografia
afferma: "Anche quando ero seguace di Elijah Muhammad, ero stato sempre
profondamente consapevole della capacità delle teorie politiche e socio-economiche
dei nazionalisti negri di infondere nel nostro popolo la dignità razziale,
lo stimolo e la fiducia di cui abbiamo bisogno per sollevarci, camminare con
le nostre gambe, liberarci dalle cicatrici e prendere posizione."(219)
Le affinità esistenti tra il pensiero di Garvey e quello di Malcolm X
sono quindi numerose e ci portano a sottolineare l'influenza indiretta del giamaicano
sulla politica del più giovane afroamericano.
Tale convinzione è rafforzata da una dichiarazione che nel 1964 lo stesso
Malcolm X rilasciò al Jamaica Gleaner nella quale sottolineò il
ruolo di grande ispiratore che Garvey aveva assunto in tutte le lotte combattute
dalle popolazioni di colore oppresse : "Every time you see another nation
of the African continent become indipendent, you know that Marcus Garvey is
live. It was Marcus Garvey's philosophy of Pan-Africanism that initiated the
entire freedom movement, which brought about the indipendence of African nations.
And had it not been for Marcus Garvey, and the foundations laid by him, you
could find no indipendent nations in the Carribean today ... All the freedom
movements that are taking place right here in America today were initiated by
the work and teachings of Marcus Garvey. The entire Black Muslim philosophy
in America is feeding upon the seeds that were planted by Marcus Garvey."(220)
E' necessario sottolineare comunque che la strategia d'azione di Malcolm X,
pur traendo ispirazione dal pensiero garveysta, andò oltre e si distinse
per il suo carattere prevalentemente politico. Infatti, rispetto al presidente
dell'UNIA che era stato impegnato soprattutto in progetti di promozione di un
cosiddetto black capitalism, Malcolm X lavorò alla soluzione dei più
concreti e drammatici problemi della minoranza afroamericana come la privazione
del diritto di voto e la mancanza di un'adeguata educazione scolastica per i
giovani neri.
Il pensiero di Marcus Garvey è stato d'ispirazione anche per un altro
discusso leader della Nation of Islam impostosi negli anni Ottanta e ancora
oggi, quasi settantenne, riconosciuto come uno dei più radicali personaggi
pubblici afroamericani: Louis Farrakhan.(221) Per certi aspetti l'ideologia
e lo stile di Farrakhan paiono molto simili a quelli del nazionalista giamaicano.
Come Garvey, egli ha dimostrato nel corso degli anni grande capacità
oratoria e spiccate doti di leadership che gli hanno permesso di organizzare,
il 16 ottobre del 1995, la "Million man march", la più grande
dimostrazione nera di tutti i tempi in cui quattrocentomila maschi afroamericani
hanno sfilato per le strade di Washington. Nei suoi discorsi Farrakhan ha spesso
invitato i suoi seguaci ad avere fiducia in se stessi e consapevolezza delle
proprie capacità ed, in pieno stile garveysta, ha sottolineato l'importanza
per i neri di crearsi un proprio sistema economico che gli garantisca indipendenza
economica. La Nation of Islam ha creato a questo scopo un sistema di stretta
cooperazione tra i produttori e i consumatori neri chiamato POWER - People Organised
and Working for Economic Rebirth - che pare trarre ispirazione dai principi
del black capitalism predicati molti anni prima da Garvey.
Quindi come dimostrano i casi di Malcolm X e Louis Farrakhan, sebbene l'intera
vicenda di Garvey e dell'UNIA sia stata segnata da temporanei successi e grandi
fallimenti, egli merita comunque d'essere ricordato nel panorama politico internazionale
non solo per essere stato il padre del nazionalismo nero e un profeta del panafricanismo
ma anche per la fondamentale influenza che il suo messaggio ha avuto e continua
ad avere sulla popolazione nera mondiale anche alcuni decenni dopo la sua scomparsa.
Note:
1 Tutte le statistiche sulla condizione attuale della minoranza
afroamericana sono state tratte da Malcolm Sylvers, Gli Stati Uniti tra dominio
e declino, Editori Riuniti, 1999, pp. 140-141-142.
2 I primi fra loro a raggiungere le colonie americane arrivarono a Jamestown,
Virginia, nel 1619 a bordo di una fregata olandese. In un primo momento essi
non vennero utilizzati come schiavi, bensì come servi a riscatto. Perciò
dopo un determinato periodo di tempo riconquistarono la propria libertà.
3 J. Hope Franklin -A.A. Moss, From Slavery to Freedom, Alfred A.Knopf, NY 1947,
p. 397.
4 Per ogni ulteriore informazione sulle opere citate si rimanda alla relativa
sezione bibliografica.
5 Tutte le tre opere sopraccitate sono state tradotte e pubblicate in italiano:
The Limits of Liberty nel 1984 con il titolo di Storia degli Stati Uniti d'America
(Bompiani); The Great Republic nel 1988 con il titolo di La nascita di una potenza
mondiale (il Mulino); Anxious Decades nel 1995 con il titolo L'età dell'ansia
(il Mulino).
6 Judith Stein, The World of Marcus Garvey, Race and Class in Modern Society,
Louisiana State University Press, Baton Rouge, 1986, p. 4.
7 Secondo i dati del censimento giamaicano del 1911 la popolazione
totale dell'isola era allora di 831.383 persone. I neri erano 630.181 (76%),
i mulatti 163.201 (20%), i bianchi 15.605 (2%), gli Indiani 17.380 ed i cinesi
2.111.
8 Nel 1883 meno del 10% dei 250.000 neri giamaicani era in grado di scrivere.
9 M. Garvey, The Negro's Greatest Enemy, in R. Hill The Marcus Garvey and Universal
Negro Improvement Association Papers, University of California Press, Berkeley
1983, Volume I, p. 3.
10 M. Garvey, The Negro's Greatest Enemy, in R. Hill The MG and UNIA papers,
vol. I, p. 4.
11 Ibidem.
12 Ibidem.
13 Il National Club ha rappresentato la prima organizzazione politica di stampo
nazionalista giamaicana. Era stato creato per porre fine agli abusi del governo
coloniale britannico e focalizzava la propria attenzione su problemi quali l'immigrazione
di Indiani e Orientali, il sistema giudiziario, l'educazione e il comportamento
autocratico tenuto dal governatore dell'isola, Sir Sidney Oliver. Il National
Club propose d'adottare una politica più liberale e cercò di far
occupare anche ad alcuni componenti dell'organizzazione i seggi del Consiglio
Legislativo nazionale. La voce ufficiale era l'Our Own, un bimensile che uscì
per un anno il cui titolo era la traduzione in inglese del gaelico "Sinn
Fein", nome del movimento nazionalista irlandese. R.Hill, The MG and UNIA
papers, vol. I, p. 21.
14 Il "timekeeper" era l'addetto al calcolo delle ore di lavoro degli
operai impiegati nelle piantagioni.
15 David Lloyd George (1863 - 1945), uomo politico britannico, esponente del
Partito liberale, primo ministro dal 1916 al 1922. Eletto al Parlamento nel
1890, mostrò di possedere una visione della politica sociale fortemente
radicale.
16 M. Garvey, The Negro's Greatest Enemy, in R. Hill The MG and UNIA papers,
vol. I, p. 5.
17 A. A. Garvey, The Birth of the Universal Negro Improvment Association, in
T. Martin The Pan-African Connection, The Majority Press, Dover 1983, p. 225.
18 M. Garvey, The Negro's Greatest Enemy, in R. Hill The MG and UNIA papers,
vol. I, p. 6.
19 Ibid., p. 6.
20 Questa scuola, frequentata esclusivamente da ragazzi di colore, forniva agli
alunni una preparazione nel campo industriale ed agricolo tale da permettere
agli studenti, una volta terminato il corso di studi, di diventare forze produttive
in grado d'accumulare capitali necessari per lo sviluppo della propria comunità
e delle proprie istituzioni.
21 Cit. in Rupert Lewis, Marcus Garvey: Anti-Colonial Champion, Africa World
Press, Trenton 1988, pp. 78-79.
22 R. Lewis, Anti-Colonial Champion, p. 101.
23 Hubert Harrison era un brillante oratore, conferenziere e attivista politico
considerato da molti il padre del radicalismo ad Harlem. Era nato nelle Isole
Vergini ed era giunto negli Stati Uniti all'età di diciassette anni.
Dopo aver completato gli studi, nel 1907 aveva trovato impiego come critico
letterario presso il New York Times. Successivamente si era unito al Socialist
Party of America (SPA) avendo individuato nel socialismo la soluzione al problema
razziale. Era diventato assistente editore del The Masses e collaboratore di
altre testate giornalistiche. In seguito al rifiuto da parte del SPA di riconoscere
la discriminazione razziale sia fuori che all'interno del partito, Harrison
decise nel 1914 di abbandonare il Socialst Party. Da quel momento concentrò
tutte le sue energie nella promozione dell'indipendenza nera sotto lo slogan
"Race First". R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. I, pp. 210-211.
24 Manifesto di Marcus Garvey in R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. I, p.
202.
25 M. Garvey, The Negro's Greatest Enemy, in R. Hill, The MG and UNIA papers,
vol. I, p. 7.
26 Dati tratti dalle tabelle 1 e 2 pubblicate in Tony Martin, Race First: The
Ideological and Organizational Struggle of Marcus Garvey and The Universal Negro
Improvment Association, Greenwood Press, 1976, pp. 15-16.
27 Constitution and Book of Laws dell'UNIA, in R. Hill, The MG and UNIA papers,
vol. I, p. 256.
28 Constitution and Book of Laws dell'UNIA, in R. Hill, The MG and UNIA papers,
vol. I, p. 259.
29 Certificato di incorporazione della BSL Inc. in R. Hill, The MG and UNIA
papers, vol. I, p. 441.
30 M. Garvey, editoriale pubblicato sul Negro World del 7 giugno 1919, in R.
Hill The MG and UNIA papers, vol. I, p. 413.
31 Rapporto dell'FBI in R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. I, pp. 454-455.
32 M. Garvey, cit. in E. David Cronon, Story of Marcus Garvey: Black Moses and
the UNIA, The University of Wisconsis Press, Madison 1955, p. 52.
33 Alfred Charles Sam (ca. 1879-1930) era il figlio di Akosua Buaa e Nana Kwayke,
un capo della tribù ghanese dei Akyem Takyiman. Sam . In Africa venne
introdotto dal padre nel mondo del commercio e nel 1911 giunse negli Stati Uniti
dove diede vita alla Akim Trading Co. La compagnia ebbe tra i suoi obiettivi
anche quello di acquistare delle navi per collegare la costa occidentale del
continente africano con gli Stati Uniti. Il progetto fallì miseramente.
R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. I, pp. 536-547.
34 Frederick Douglass ( Maryland 1817 - Washington 1895) era un oratore e scrittore
americano, ex-schiavo, diventato famoso per il fondamentale ruolo svolto nella
campagna abolizionista. I suoi accorati discorsi e l'impegno nella cosiddetta
Underground Railroad, l'organizzazione che aiutava gli schiavi fuggiaschi a
raggiungere il Canada, contribuirono fortemente a promuovere la causa degli
abolizionisti e il riconoscimento dei diritti dei neri. Allo scoppio della guerra
di secessione, Douglass contribuì alla formazione di due reggimenti di
soldati neri e al termine del conflitto fu il primo afroamericano a ricoprire
incarichi politici; tra le altre cariche, fu console degli Stati Uniti ad Haiti.
J.Hope Franklin - A.A. Moss, From Slavery to Freedom, pp. 203-204.
35 Phillis Wheatley (1753 ca. - 1784) era una poetessa africana che lavorava
come domestica al servizio della moglie di un sarto di Boston. Fu la prima americana
di colore a essere apprezzata dalla critica per le sue opere letterarie. J.
Hope Franklin - A.A. Moss, From Slavery to Freedom, pp. 106-107.
36 M. Garvey, editoriale del 5/11/19 pubblicato sul Negro World in R. Hill The
MG and UNIA papers, vol. II, p. 151.
37 Antonio Maceo era un patriota nero che aveva combattuto nelle lotte indipendentiste
cubane contro l'esercito spagnolo.
38 M. Garvey, discorso del 1/8/20, in R. Hill The MG and UNIA papers, vol.II,
p. 480.
39 Negro World Convention Bulletin del 3 agosto 1920, in R. Hill The MG and
UNIA papers, vol. II, p.499.
40 Del difficile rapporto tra Garvey e i più importanti politici afroamericani
parleremo specificatamente nel quinto ed ultimo capitolo.
41 In realtà l'agente si chiamava Herbert Boulin ed era un nero di Harlem
proprietario di una fabbrica di bambole di cui Garvey non sospettava minimamente
e con il quale spesso si confidava.
42 Rapporto FBI, in R. Hill The MG and UNIA papers, vol. III, p. 52.
43 Rapporto FBI, in R. Hill The MG and UNIA papers, vol. III, p. 44.
44 M. Garvey, editoriale pubblicato sul Negro World dell'11 ottobre 1920, in
R. Hill The MG and UNIA papers, vol. III, p. 50.
45 J. Edgar Hoover, lettera del 24/2/21 indirizzata a A. Caminetti, in R. Hill
The MG and UNIA papers, vol. III, p. 235.
46 M. Garvey, discorso del 13/7/21, in R. Hill The MG and UNIA papers, vol.III,
p. 528.
47 Rapporto dell'FBI, in R. Hill The MG and UNIA papers, vol.III, p. 558.
48 F. Burke, lettera del 1/9/21 indirizzata a A.J. Frey, in R. Hill, The MG
and UNIA papers, vol. IV, p.4.
49 Cyril V. Briggs nacque a Nevis, un'isola delle piccole Antille, nel 1888.
Giunto negli Stati Uniti nel 1905 sette anni più tardi cominciò
a collaborare con il settimanale afroamericano Amsterdam News. Egli scrisse
anche per la rivista socialista The Messenger di Philip Randolph e Chandler
Owens fino a quando nel 1919 il Partito Socialista americano si scisse e Briggs
si allineò con l'ala della sinistra più radicale. Nello stesso
anno fondò l'African Blood Brotherhood e divenne editore del suo organo
di stampa, The Crusader. L'ABB anziché appoggiare i socialisti si unì
al neonato Partito Comunista assicurandogli un contributo fondamentale. R. Hill,
The MG and UNIA papers, vol. I, p. 428.
50 M. Garvey, cit in E. D. Cronon, Black Moses, p. 108.
51 Lettera del "Comitato degli otto" inviata al Procuratore Generale,
cit in Marcus Garvey, Philosophy and Opinions of Marcus Garvey, Frank Cass,
Londra 1967, vol. II, p. 295.
52 M. Garvey, cit in E. D. Cronon, Black Moses, p. 119.
53 M. Garvey, Philosophy and Opinions, vol. II, pp. 180-182.
54 M. Garvey, cit. in E. D. Cronon, Black Moses, p. 120.
55 E. D. Cronon, Black Moses, p. 122.
56 E. D. Cronon, Black Moses, p. 129.
57 E. D. Cronon, Black Moses, p. 134.
58 M. Garvey, cit. in E. D. Cronon, Black Moses, p. 142.
59 M. Garvey, cit. in E. D. Cronon, Black Moses, p. 144.
60 M. Garvey, cit. in E. D. Cronon, Black Moses, p. 162.
61 Lettera di M. Garvey, cit. in R. Lewis, Anti-Colonial Champion,
p. 25.
62 R.Lewis, Marcus Garvey: Anti-Colonial Champion, p. 33.
63 M.Garvey, A Talk With Afro-West Indians, in R. Hill The MG and UNIA papers,
vol. I, p. 57.
64 Ratificato nel 1865 al termine della Guerra Civile (1861-1865) combattuta
tra le forze dell'Unione e quelle confederate, il Tredicesimo Emendamento portò
alla completa abolizione della schiavitù.
65 Articolo pubblicato sul Daily Chronicle del 3 agosto 1915,
in R. Hill The MG and UNIA papers, vol. I, p. 128.
66 M. Garvey, lettera del 29/2/16 indirizzata a R.R. Moton in AA.VV., African
American Political Thought, M.E. Sharpe, New York 1995, p. 183.
67 M. Garvey, A Talk With Afro-West Indians, in R. Hill The MG and UNIA papers,
vol. I, p. 56.
68 cit in L. W. Levine, Marcus Garvey and the Politics of Revitalization, in
AA.VV. Black Leaders of the Twentieth Century, University of Illinois Press,
Chicago 1982, pp. 113-114.
69 R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. I, p. xxxviii.
70 Ibid., p. 198.
71 Nel 1914 gli immigrati giunti negli Stati Uniti furono più di un milione,
l'anno successivo il loro numero scese all'incirca a 300.000.
72 AA.VV., African American Political Thought, p. 11
73 Ibidem.
74 M. Garvey, discorso del 21/10/19, in AA.VV. Afro American Political Thought,
pp. 204-205.
75 Ibid., p. lxvii.
76 M. Garvey, editoriale pubblicato sul Negro World del 1 Novembre 1920, in
R. Hill The MG and UNIA papers, vol. I, pp. 67-68.
77 R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. I, p. lxx.
78 T. Martin, Race First, p.23
79 T. Martin, The Poetical Woks of Marcus Garvey, The New Marcus Garvey Library,
Dover 1983, p. vii.
80 J.H. Franklin - A.A. Moss, From Slavery to Freedom, p. 402.
81 Claude McKay, letterato giamaicano, è considerato dalla critica il
primo rappresentante del movimento culturale del "Rinascimento nero".
Quando nel 1912 arrivò negli Stati Uniti era già conosciuto per
le sue pregevoli composizioni poetiche. Tuttavia fu la pubblicazione dell'opera
Harlem Shadows (1922) a consacrarlo come uno dei migliori scrittori nel panorama
americano del dopoguerra. Nel 1919 collaborò con il Negro World. J. Hope
Franklin - A.A. Moss, From Slavery to Freedom, pp. 405-406.
82 Zora Neale Hurston era una giovane antropologa che alla fine degli anni Venti
cominciò a pubblicare delle brevi storie, novelle, letteratura per bambini
ma anche autorevoli scritti sulla vita ad Haiti e in Giamaica. La Hurston ebbe
il merito di colmare il vuoto tra la prima e la seconda fase dell'Harlem Renaissance.
J. Hope Franklin - A.A. Moss, From Slavery to Freedom, p.417.
83 T. Martin, Race First, p. 26.
84 In realtà Robeson aveva interpretato anche ruoli nei quali del protagonista
nero spiccavano coraggio, intelligenza ed altri aspetti positivi. E' probabile
che Garvey fu particolarmente critico nei suoi confronti soprattutto per la
scelta dell'attore d'appoggiare apertamente l'attività del partito comunista
statunitense.
85 M. Garvey, cit. in T. Martin, Race First, p. 69.
86 Ibid., p. 68.
87 Ibid., p. 71.
88 R. Hill, The MG and UNIA papers, p. xli.
89 Ibid., p. xli.
90 M. Garvey, Philosophy and Opinions, p. 9.
91 R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. I, p. li.
92 La White Star Line era una compagnia di navigazione che inaugurò la
propria attività nel giugno del 1849 con un viaggio che da Liverpool
raggiunse gli Stati Uniti. In seguito le rotte della compagnia coprirono la
tratta Inghilterra - Australia.
93 R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. I, p. liii.
94 R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. I, p. lxxxii.
95 Warren Gamaliel Harding (1865-1923), ventinovesimo presidente degli Stati
Uniti (1921-1923). Dopo una carriera come giornalista e politico nell'Ohio,
fu eletto senatore nel 1914; nel 1920 il Partito repubblicano lo candidò
alla presidenza degli Stati Uniti. Uscito vincente dalle elezioni, diede voce
al desiderio di pace della nazione, guidandola verso il ritorno alla normalità
dopo gli anni del primo conflitto mondiale. Il suo governo, tuttavia, è
legato agli episodi di corruzione scoperti dopo la morte dello stesso Harding,
in cui vennero coinvolti i dipartimenti degli Interni, della Marina e della
Giustizia. Gli succedette il suo vicepresidente, Calvin Coolidge.
96 Discorso del Presidente americano W.G. Harding (ottobre 1921) citato in E.D.
Cronon, Black Moses, p. 194.
97 E.D. Cronon, Black Moses, pp. 194-195.
98 cit. in J. S. Davis, The World Between the Wars, 1919-1939:
An Economist's View, Johns Hopkins University Press, 1975, p.85.
99 Il Bureau of the Census ha fornito i seguenti dati riguardanti il flusso
annuale d'immigrati negli Stati Uniti nel periodo 1910-1920: 1910 - 1.041.570;
1911- 878.587; 1912 - 838.172; 1913 - 1.197.892, 1914 - 1.218.480; 1915 - 326.700;
1916 - 298.826; 1917 - 295.403; 1918 - 110.618; 1919 - 141.132; 1920 - 430.001.
Nota tratta dalla tabella pubblicata in appendice a John L. Thomas, La nascita
di una potenza mondiale, Il Mulino, p. 249.
100 M.Garvey, Philosophy and Opinions, pp. 36-37.
101 M. Garvey, articolo pubblicato sul Negro World del 17/5/24 cit. in T.Martin,
Race First, p. 33.
102 M. Garvey, articolo pubblicato sul Black Man del 10/4/29 cit. in T. Martin,
Race First, p. 35.
103 cit. in J. Stein, The World of Marcus Garvey, p. 65.
104 cit. in J. Stein, The World of Marcus Garvey, p.70.
105 Ibid., p. 71.
106 J. Stein, The World of Marcus Garvey, p. 85.
107 M. Garvey, The Negro's Greatest Enemy, in R. Hill The MG and UNIA papers,
vol. 1, p.9.
108 J. Stein, The World of Marcus Garvey, p.91.
109 T. Martin, Race First, p. 167.
110 Espressione coniata nel 1845 da un giornalista di New York
per indicare la convinzione radicata nella società americana che la Provvidenza
aveva voluto assegnare agli Stati Uniti il totale controllo del continente nordamericano.
Questo assunto fornì una motivazione comoda e razionale allo sterminio
di popoli considerati inferiori come gli indiani e i messicani. Allo stesso
tempo, tuttavia, il concetto di "manifest destiny" era intriso di
una sorta di romanticismo basato sull'idea che il modo migliore di diffondere
principi e istituzioni democratiche era quello d'ampliare il territorio americano.
Nota tratta da Maldwyn A. Jones, Storia degli Stati Uniti d'America, Bompiani
2001. Sul concetto di "destino manifesto" vedi anche D.B. Davis, D.
Donald, Espansione e conflitto, il Mulino, Bologna 1997, p. 170.
111 M. Garvey, Philosophy and Opinions, p. 14.
112 H. Harrison, The Racial Roots of Culture, in T. Martin, African Fundamentalism,
pp. 8-9.
113 La Prensa (The Press) e La Naciòn (The Nation) erano giornali pubblicati
sia in spagnolo che in inglese.
114 Cit. in T. Martin, Literary Garveysm, The Majority Press, Dover, 1983, p.
6.
115 Cit. in T. Martin, Literary Garveysm, p. 7.
116 Cit. in T. Martin, Race First, p. 26.
117 Denmark Vesey era uno schiavo che nel 1800 pagò il proprio padrone
per ottenere la libertà. Mentre lavorava come carpentiere a Charleston,
nella Carolina del Sud, organizzò uno dei più elaborati tentativi
di insurrezione della storia americana. Assieme ad alcuni compagni raccolse
numerose armi nel tentativo di liberare coloro che vivevano ancora in schiavitù.
Nel luglio del 1822 scoppiò la rivolta che terminò con l'arresto
di 139 neri, 47 dei quali vennero condannati. Anche quattro bianchi vennero
imprigionati per aver incoraggiato gli schiavi ribelli. Le stime parlano di
almeno 9.000 afroamericani coinvolti nel complotto. Nota tratta da J. Hope Franklin-
A. Moss, From Slavery to Freedom, p. 164.
118 Gabriel Prosser era un nero che nell'agosto del 1800 si mise al comando
di più di mille schiavi in marcia verso Richmond. capitale della Virginia,
con l'intenzione d'ottenere, se necessario con la forza, il riconoscimento della
propria libertà. Il vile atto di due neri unito ad una forte tempesta
permise alla milizia cittadina d'arrestare e condannare a morte trentacinque
ribelli. Prosser venne catturato e giustiziato a fine settembre. J. Hope Franklin
- A. Moss, From Slavery to Freedom, pp. 162-163.
119 Nat Turner era uno schiavo dalla personalità mistica e ribelle. Il
13 agosto del 1831 assieme ad alcuni compagni uccise l'intera famiglia del padrone.
In ventiquattro ore altre sessanta persone vennero assassinate dai suoi seguaci.
La resa dei conti giunse al momento dello scontro con le truppe federali: cento
schiavi vennero uccisi nella battaglia, quindici impiccati. Turner fu catturato
il 30 ottobre e giustiziato l'11 novembre. J. Hope Franklin - A. Moss, From
Slavery to Freedom, pp. 164-165.
120 Toussaint L'Overture fu il leader della tenace resistenza haitiana contro
l'invasione francese dell'isola di Santo Domingo. Fu catturato per volere di
Napoleone dopo che per sei anni guidò il proprio popolo nella battaglia.
Nota tratta da J. Hope Franklin- A. Moss, From Slavery to Freedom, pp. 101-102.
121 Si noti l'interessante analogia con il ruolo dei marinai americani nella
divulgazione in Germania della propaganda anti-nazista.
122 Stato dell'Africa occidentale, ex colonia francese, che nel novembre del
1975 è stato ribattezzato Repubblica del Benin.
123 Stato indipendente membro del Commonwealth, situato nella sezione più
settentrionale dell'America centrale, che nel 1973 assunse il nome di Belize.
La completa indipendenza gli fu riconosciuta nel 1981.
124 Ex protettorato britannico nell'Africa sud-orientale attualmente conosciuto
come Malawi.
125 Ex colonia britannica dell'Africa australe divenuta stato indipendente nel
1980 col nome di Zambia.
126 Colonia britannica denominata, a partire dal 1957, anno della sua indipendenza,
Ghana.
127 Nome attribuito alla Guyana durante la colonizzazione britannica (1831-1966).
128 Cit. in T. Martin, The Pan-African Connection, p. 56.
129 Cit. in T. Martin, Race First, p.96 .
130 Cit. in R. Lewis - P. Bryan, Garvey: His Work and Impact,
pp. 189-190.
131 Horace Campbell, Rasta and Resistance, Africa World Press, New Jersey, 1987,
p. 51.
132 Conferenza internazionale tenutasi a Berlino tra il 15 novembre 1884 e il
26 febbraio 1885, cui presero parte i delegati di 14 nazioni: Belgio, Danimarca,
Norvegia, Svezia, Paesi Bassi, Germania, Austria-Ungheria, Francia, Regno Unito,
Portogallo, Spagna, Turchia, Russia e Stati Uniti. A. Brancati Storia 1789-1989,
La Nuova Italia, 1989, pp. 296-297.
133 Resoconto di un meeting dell'UNIA, in R. Hill, The MG and UNIA papers, vol.
III, p. 79.
134 M. Garvey, Philosophy and Opinions, p. 24.
135 Theodor Herzl (1860-1904), ungherese di famiglia ebrea, fu il fondatore
del sionismo ed esercitò grande influenza sul movimento che portò
alla creazione dello stato di Israele. Le ripercussioni dell'affare Dreyfus
lo convinsero del fatto che la questione ebraica poteva essere risolta solo
con la creazione di una nazione con un proprio territorio. Nel 1896 pubblicò
Der Judenstaat (Lo stato ebraico), in cui auspicava la creazione di uno stato
ebraico. A tal fine, nel 1897, organizzò il Congresso sionista di Basilea,
nel corso del quale, a causa dei suoi legami con la storia ebraica, la Palestina
fu scelta quale terra del futuro stato.
136 E. D. Cronon, Black Moses, pp. 199-200.
137 Cit. in E.D. Cronon, Black Moses, p.185.
138 J. Hope Franklin - A.A. Moss, From Slavery to Freedom, p. 397.
139 Cit. in R. Hill, Introduzione a The MG and UNIA papers, vol. I, p. lxxxv.
140 Cit. in E.D. Cornon, Black Moses, p. 185
141 Petizione dell'UNIA alla Società delle Nazioni, in R. Hill, The MG
and UNIA papers, vol. IV, pp. 737-738.
142 Attuale capitale liberiana; la città venne chiamata così in
onore del quinto presidente degli Stati Uniti (1817-1825) James Monroe.
143 Cit. in J. Stein, The World of Marcus Garvey, p. 117.
144 Ibid., p. 118.
145 Cit. in J. Stein, The World of Marcus Garvey, p. 119.
146 C. Chrichlow, lettera del 24/6/21 a M. Garvey in R. Hill, The MG and UNIA
papers, vol. III, pp. 485-491.
147 C.Chrichlow, lettera del 24/6/21 a Garvey in R. Hill, The
MG and UNIA papers, vol.III, pp.485-491.
148 C.Henry, Lettera del 1/6/21 a O. Thompson in R. Hill, The MG and UNIA papers,
vol. III, p. 504.
149 Anche se adottato ufficialmente solo a partire dal 1948 dopo la vittoria
elettorale del Partito nazionalista del Sudafrica, l'utilizzo dell'apartheid
- termine che nella lingua afrikaans significa "separazione" e indica
la rigida divisione razziale che regolava le relazioni tra la minoranza bianca
e la maggioranza non bianca della popolazione e favoriva lo sfruttamento capitalista
- cominciò all'inizio del XX secolo applicato esclusivamente alle maestranze
di colore utilizzate in lavori manuali non specializzati.
150 L'ANC è il partito attualmente al governo e per anni è stato
impegnato nella battaglia per l'abolizione dell'apartheid e di altre forme di
discriminazione razziale, nonché per l'instaurazione di una democrazia
multietnica. Nel maggio del 1994 vinse le prime elezioni in cui la maggioranza
nera ebbe diritto di voto e Nelson Mandela, alla guida del partito, venne eletto
presidente.
151 Cit. in T. Martin, The Pan-African Connection, p. 139.
152 Ibid., p. 140.
153 L'organizzazione fu fondata per promuovere la cooperazione tra gli stati
africani, il coordinamento delle loro politiche in campo economico, culturale,
medico, scientifico e militare, la salvaguardia dell'indipendenza e dell'integrità
territoriale dei paesi membri e il processo di decolonizzazione nel continente
africano.
154 Cit. in E. D. Cronon, Black Moses, p. 216.
155 Cit. in T. Sewell, Garvey's Children, pp. 75-76.
156 Cit. in T. Sewell, Garvey's Children, p. 77.
157 Touré fu il primo presidente della Guinea che liberò il paese
dal dominio coloniale francese.
158 Nnamdi Azikiwe divenne presidente della Nigeria il 1° ottobre 1963 quando
il paese che aveva ottenuto l'indipendenza solo nel 1960 adottò la forma
di governo repubblicana.
159 E.D. Cronon, Black Moses, p. 198.
160 M. Garvey, The Negro, Communism, Trade Unionism and His (?) Friend in Philosophy
and Opinions, pp. 69-70.
161 M. Garvey, The Negro, Communism, Trade Unionism and His (?) Friend in Philosophy
and Opinions, pp. 72-73.
162 R. Lewis, Anti-Colonial Champion, p. 151.
163 Programma adottato dalla convenzione del Partito Comunista americano, cit.
in P.S. Foner - J. S. Allen, American Communism and Black Americans - A Documentary
History 1919-1929, Temple University Press, Filadelfia 1987, p. 3.
164 Denominazione temporaneamente adottata nel 1922 dalla coalizione formata
dal CP e dal CLP prima che questa nel 1924 divenisse legalmente riconosciuto
come Workers Party.
165 Cit. in T. Martin, Race First, p. 223.
166 Programma e Costituzione del Workers Party of America, cit. in P.S. Foner
- J. S. Allen, American Communism and Black Americans, p. 9.
167 Cit. in T. Martin, Race First, p. 221.
168 R. Lewis, Anti-Colonial Champion, p. 137.
169 T. Martin, Race First, p. 223.
170 La Terza Internazionale o Internazionale comunista (Comitern) fu organizzata
nel marzo del 1919 da Lenin, il leader bolscevico del nuovo governo sovietico,
al fine di diffondere nel mondo il modello russo di conquista rivoluzionaria
del potere.
171 John Reed (Portland, Oregon 1887 - Mosca 1920) era un giornalista e rivoluzionario
statunitense che, terminati gli studi presso la Harvard University, collaborò
con la rivista di orientamento socialista The Masses e con il Metropolitan Magazine,
del quale fu corrispondente durante la Rivoluzione messicana. Allo scoppio del
primo conflitto mondiale si recò in Europa come inviato di guerra e visitò
la Russia dove conobbe personalmente Lenin e fu testimone diretto dei principali
eventi della Rivoluzione d'Ottobre, poi narrati nel suo libro più celebre,
I dieci giorni che sconvolsero il mondo (1919). Tornato negli Stati Uniti nel
1919, fu espulso dal Partito socialista assieme ad altri compagni, con i quali
fondò il Communist Labor Party, attirandosi l'accusa di sedizione. Si
rifugiò in URSS, dove morì di tifo l'anno seguente.
172 Discorso di John Reed al II congresso dell'Internazionale Comunista, cit.
in S. P. Foner- J. S. Allen, American Communism and Black Americans, p. 8.
173 Cit. in T. Martin, Race First, p. 224.
174 Black Belt è un'espressione utilizzata per indicare un territorio
che si estende dalla Georgia al Mississipi, comprendente la parte centrale dell'Alabama.
Si è calcolato che nel 1928 l'86% degli afroamericani vivesse nel Sud
degli Stati Uniti e che nelle regioni del Black Belt i neri costituissero il
50% dell'intera popolazione.
175 George Padmore è oggi ricordato come uno dei più importanti
politici pan-africanisti di tutti i tempi. Egli, nato nel 1901 a Trinidad, andò
a studiare negli Stati Uniti dove negli anni Venti si unì al partito
comunista americano. In breve tempo si impose all'interno del gruppo dirigente
del partito tanto da diventare capo del Negro Bureau of the Communist Trade
Union International.
176 Cit. in T. Martin, Race First, p. 228
177 Cit. in T. Martin, Race First, p. 228.
178 M. Garvey, articolo pubblicato sul NW cit. in R. Lewis, Anti-Colonial Champion,
p. 149.
179 Cit. in T. Martin, Race First, pp. 252-253.
180 M. Garvey, The Negro, Communism, Trade Unionism and His (?) Friend in Philosophy
and Opinions, p. 69.
181 E. D. Cronon, Black Moses, p. 195.
182 L'American Federation of Labor (Federazione americana del lavoro) era la
maggior forza sindacale degli Stati Uniti del dopoguerra. Era costituita da
una coalizione di sindacati nazionali ed autonomi in cui la direzione centrale
non poteva intervenire nelle scelte strategiche e tattiche delle singole associazioni.
Ciononostante gli affiliati dell' AFL condividevano un'impostazione generale.
Il fondatore della federazione fu Samuel Gompers che ricoprì la carica
di presidente fino alla sua morte nel 1924. La AFL, almeno agli inizi, era un
raggruppamento di sindacati di mestiere che organizzavano solo operai specializzati.
Venne esclusa così la grande massa di donne, neri e immigrati che non
svolgevano lavori specializzati. Alcuni sindacati appartenenti all'AFL proibivano
l'iscrizioni agli afroamericani e sostenevano pubblicamente la loro inferiorità.
M. Sylvers, Sinistra politica e movimento operaio negli Stati Uniti, Liguori,
1984.
183 Risoluzione dell'American Negro Labor Congress pubblicata sul Daily Worker
del 27/10/25 inserita nella raccolta edita da P.S.Foner e J.S.Allen, American
Communism and Black Americans, p. 117.
184 Vedi National Platform of the Workers Party, 1928 in S.P.Foner e J.S. Allen,
American Communism and Black Americans, pp. 144-147.
185 M. Garvey, The Negro, Communism, Trade Unionism and His (?) Friend in Philosophy
and Opinions, pp. 69-70.
186 Il National Club ha rappresentato la prima organizzazione politica di stampo
nazionalista giamaicana. Era stato creato per porre fine agli abusi del governo
coloniale britannico e focalizzava la propria attenzione su problemi quali l'immigrazione
di Indiani e Orientali, il sistema giudiziario, l'educazione e il comportamento
autocratico tenuto dal governatore dell'isola, Sir Sidney Oliver.
187 William Lloyd Garrison era un abolizionista bianco che
si distinse per il suo grande impegno a favore della liberazione degli schiavi.
Nel 1831 fondò a Boston il giornale "The Liberator", attraverso
il quale promosse la causa antischiavista; nel 1833 fondò a Philadelphia
l'American Anti-Slavery Society, che nel 1839 si scisse in due fazioni, quella
radicale e quella progressista. I radicali esigevano l'emancipazione immediata
degli schiavi, mentre i progressisti ritenevano che l'emancipazione potesse
essere raggiunta solo attraverso un'azione di pressione religiosa e politica.
J. Hope Franklin - A. A. Moss, From Slavery to Freedom, pp. 193-199.
188 Il Niagara Movement fu fondato nel 1905 da Du Bois ed altri giovani afroamericani
i quali, stanchi di vedersi privati dei loro diritti, decisero d'unirsi ed attraverso
una politica aggressiva cercare d'ottenere ciò che gli spettava. Fra
le altre cose essi domandavano libertà di parola e d'opinione, il suffragio
maschile e l'abolizione di qualsiasi distinzione basata sul colore della pelle.
J. Hope Franklin - A. A. Moss, From Slavery to Freedom, pp. 350-351-352.
189 Cit. in M. Garvey, Philosophy and Opinions, p. 316.
190 La "clausola del nonno" venne inserita nelle costituzioni degli
stati meridionali dopo la guerra civile per impedire ai neri di votare anche
dopo l'approvazione del Quindicesimo emendamento. La legge stabiliva che non
si aveva diritto di voto se i propri nonni non lo avevano avuto. La Corte Suprema
la dichiarò incostituzionale nel 1915.
191 Cit. in T. Martin, Race First, p. 276.
192 Ibid., p. 274.
193 La Young Men's Christian Association (YMCA) o Associazione dei giovani cristiani
venne fondata a Londra nel 1844. E' un'organizzazione internazionale tuttora
esistente che, nel rispetto dei principi del cristianesimo, promuove iniziative
sociali, didattiche e sportive per giovani e adulti. Annovera oggi quasi trenta
milioni di soci distribuiti in 110 paesi. Maldwin A. Jones, Storia degli Stati
Uniti d'America, p. 304.
194 Charles Mowbray White era un docente universitario che
si interessava di socialismo e di movimenti radicali.
195 Articolo di C. M. White del 22/8/20 pubblicato su The Negro citato in R.
Hill, The MG and UNIA papers, vol. II, p. 620.
196 W.E.B. Du Bois, articolo del dicembre 1920 pubblicato su The Crisis citato
in Cary D. Wintz, African American Political Thought, p. 123.
197 Ibid., p. 127.
198 Cit. in M. Garvey, Philiosophy and Opinions, p. 310.
199 Ibidem.
200 W.E.B. Du Bois, Articolo pubblicato nel maggio 1924 su The Crisis, citato
in Cary D. Wintz, African American Political Thought, p. 129.
201 M. Garvey, Philosophy and Opinions, p. 315.
202 Chandler Owen (1889-1967) era un nero di posizioni socialiste che criticò
violentemente la politica di Garvey e dell'UNIA. Nato a Warrenton, North Carolina,
nel 1916 incontrò Randolph con il quale allacciò un rapporto di
stretta collaborazione. I due lavorarono alla pubblicazion di The Messenger
fino a quando Owen nel 1925 abbandonò la politica socialista e pervenne
a posizioni più moderate.
203 Intervista con C. Owen e A.P. Randolph in R. Hill, The MG and UNIA papers,
vol. II, pp. 609.
204 Intervista con C. Owen e A.P. Randolph in R. Hill, The MG and UNIA papers,
vol. II, p. 610.
205 A. P. Randolph, Garvey Unfairly Attacked, articolo del 4/4/22 pubblicato
su The Messenger citato in Cary D. Winzt, African American Political Thought,
p.276.
206 M. Garvey, Philosophy and Opinions, p. 308.
207 M. Garvey, Philosophy and Opinions , p. 309.
208 Gli Industrial Workers of the World (IWW) era un gruppo
di idee anarchico-rivoluzionarie fondato a Chicago nel 1905. I Wobblies (come
venivano chiamati da un pubblico derisorio quanto preoccupato) rifiutavano ogni
forma di azione politica e propugnavano gli scioperi e il sabotaggio come unico
strumento di lotta contro i padroni. Fecero numerosi proseliti tra i boscaioli
e i lavoratori stagionali agricoli degli stati del Middle West e del Far West,
nonché tra gli immigrati impiegati nelle industrie tessili degli stati
della costa atlantica. Ciononostante non ebbero mai un seguito molto numeroso.
Ottenero anche alcune vittorie ma mancarono dei fondi necessari per portare
avanti la loro battaglia. Gli IWW furono le principali vittime dell'isterica
ondata antiradicale del primo dopo guerra e del "Terrore Rosso". Maldwin
A. Jones, Storia degli Stati Uniti d'America, Bompiani 2001, pp. 284-285.
209 Provvedimento introdotto nel giugno del 1917 in base al quale era reato
ostacolare il reclutamento militare o incoraggiare atteggiamenti contrari alla
lealtà; richiamandosi a tali norme il ministro delle poste Albert S.
Burleson vietò la distribuzione di alcuni periodici radicali. Maldwin
A. Jones, Storia degli Stati Uniti d'America, p. 385.
210 Provvedimento introdotto nel maggio del 1918 che limitava la libertà
d'espressione prevedendo ad esempio pesanti sanzioni a carico di chiunque tentasse
di scoraggiare la vendita dei titoli del prestito di guerra o pronunciasse o
pubblicasse frasi sleali, profane o scurrili riguardanti il Governo, la Costituzione,
l'esercito o la marina. Maldwin A. Jones, Storia degli Stati Uniti d'America,
p. 385.
211 Emma Goldman (Kaunas, Lituania 1869 - Toronto 1940) era un'anarchica russa
che, emigrata negli Stati Uniti nel 1885, divenne leader del movimento anarchico
insieme al polacco Alexander Berkman. Venne arrestata a New York nel 1893 per
i suoi attacchi al governo e per incitamento alla rivolta. Dopo il suo rilascio
nel 1894 tenne un ciclo di conferenze in Europa e, tornata negli Stati Uniti,
dal 1906 al 1917, pubblicò il mensile anarchico Mother Earth. Nel 1917,
insieme a Berkman, venne accusata di cospirazione per aver incitato alla violazione
delle leggi statunitensi sul servizio militare obbligatorio e fu condannata
a due anni di prigione; al suo rilascio, sempre con Berkman, venne deportata
in Unione Sovietica.
212 Memorandum dell'FBI in R. Hill, The MG and UNIA papers, vol. II, p. 305.
213 Sulla legittimità giuridica del processo gravano però ancora
oggi pesanti dubbi.
214 E. D. Cronon, Black Moses, p. 204.
215 E. D. Cronon, Black Moses, p. 203.
216 Organizzazione che ha diffuso la religione islamica negli Stati Uniti fra
la popolazione afroamericana. Ha assunto dal 1975 la denominazione di Comunità
mondiale dell'Islam, imponendo ai fedeli il vincolo della solidarietà
reciproca nella fedeltà comune ai principi etici dell'Islam. L'organizzazione
conta circa 100.000 membri. Le istanze d'emancipazione sociale del movimento
traggono origine dall'opera del Moorish Science Temple of America (Tempio della
sapienza moresca d'America), fondato nel 1913 dal profeta Drew Alì, e
dall'UNIA. Alla morte di Alì la guida della comunità fu assunta
da Wallace Fard, che nel 1930 fondò a Detroit un tempio, poi divenuto
moschea, e gettò le basi della Nazione islamica, ricevendo dai suoi seguaci
il titolo di grande madhi dei musulmani neri. Al 1933 risale la fondazione della
moschea di Chicago, il cui capo, Elijah Muhammad, assunse la guida dell'intera
comunità nel 1934 dopo la misteriosa scomparsa di Fard. Muhammad rimase
al vertice del movimento fino alla morte, nel 1975; la sua supremazia fu posta
in discussione soltanto negli anni Sessanta da Malcolm X, il capo della moschea
di New York, assassinato nel 1965 da sicari appartenenti probabilmente agli
ambienti stessi dei Black Muslims.
217 Egli adottò il nome di Malcolm X nel 1952 quando, dopo essere uscito
di prigione, aderì al tempio dei Black Muslims di Detroit. Malcolm, come
tutti i membri della sua confraternita, sostituì il suo cognome, a suo
parere un'eredità dello schiavismo, con una X, a significare il nome
sconosciuto dei suoi antenati africani.
218 Malcolm X - J. Haley, Autobiografia di Malcom X, Einaudi 1967, pp. 8-9.
219 Malcolm X - J. Haley, Autobiografia di Malcolm X, p. 379.
220 Malcolm X, cit. in T. Sewell, Garvey's Children, p. 59.
221 Louis Farrakhan è nato nel maggio del 1933 a Roxbury, Massachussetts.
Fin da giovane dimostrò un grande talento per la musica che gli permise,
appena tredicenne, di suonare il violino con la Boston College Orchestra e la
Boston Civic Symphony. Nonostante fosse diventato famoso in tutti gli Stati
Uniti per questa sua grande capacità nel febbraio del 1955, dopo aver
ascoltato un discorso di Malcolm X, decise abbandonare la carriera di musicista
e di convertirsi all'Islam. Da allora egli ha dedicato la sua vita alla predicazione
degli insegnamenti del profeta mussulmano Elijah Muhammad ed è diventato,
dopo la morte di Malcolm X e Wallace D. Muhammad, il leader indiscusso della
Nation of Islam.