Biblioteca Multimediale Marxista
Il trionfo della Rivoluzione Cubana il primo gennaio del 1959, e la vertiginosa
successione di avvenimenti che ne derivarono, provocarono nella prospettiva
politica e storica del continente americano, per dirla con le parole di Marx,
l'effetto di un "fulmine a ciel sereno."
Le forze politiche dell'America latina subirono una nuova polarizzazione sotto
l'influsso di questi avvenimenti e del nuovo atteggiamento rivoluzionario dei
giovani dirigenti cubani. Tesi e figure demagogiche vennero smascherate nel
momento in cui la lotta antimperialista del popolo cubano costrinse quanti menavano
vanto di avere, in astratto, un atteggiamento rivoluzionario e progressista,
a definirsi e a prendere una posizione militante. Come è noto, questa
scossa raggiunse anche il movimento comunista del continente, perché
la forte e vitale realtà rivoluzionaria cubana invalidò, di fatto,
le concezioni rivoluzionarie tradizionali che, per quarant'anni, erano state
sostenute dai partiti comunisti latinoamericani, senza provocare mutamenti sostanziali,
favorevoli al popolo, nel rapporto tra le forze che si affrontano nel continente.
Né la linea generale, né lo schema delle forze motrici e decisive,
né i metodi di lotta, né le strutture create e funzionanti da
decenni, espresse dal movimento comunista latinoamericano, sono adeguati o efficaci
per raggiungere l'obiettivo che giustifica l'esistenza del movimento, cioè
la presa del potere e il trionfo della rivoluzione. La Rivoluzione Cubana, con
i suoi fatti, ha messo a nudo questa verità che, naturalmente, sarà
del tutto evidente soltanto dopo un necessario corso ulteriore di eventi, ma
che già da ora è abbastanza illuminante perché se ne possano
cogliere le linee di sviluppo e la prospettiva.
Questo sommovimento non ha portato, come sarebbe stato auspicabile, ad una revisione
onesta ed autocritica della ricca esperienza accumulata nella lunga vita del
movimento comunista latinoamericano. Al contrario, per la preoccupazione di
mantenere il marxismo privo della sua struttura — la teoria e la pratica
della violenza rivoluzionaria — è stata deformata la teoria e si
sono cercate delle spiegazioni che non hanno nulla di marxista né di
scientifico. Quelli di noi che sono usciti dalle file comuniste sanno che, invece
di analizzare gli insegnamenti positivi della Rivoluzione Cubana, si è
andati alla ricerca di quelli che potevano essere considerati negativi, e si
è discusso a lungo della "eccezionalità" del caso cubano,
eccezionalità che riguardava curiosamente gli aspetti più importanti:
quello della via della rivoluzione, cioè la lotta armata, e quello relativo
all'avanguardia che aveva diretto quella lotta, cioè il fatto che non
era stato un partito comunista a dirigerla.
Là dove la tensione rivoluzionaria del popolo era più acuta, come
nel caso del Guatemala, la concezione della lotta armata in quanto eccezione
non poteva essere sostenuta con successo. Lo stesso è avvenuto in Venezuela
e in Colombia, con le differenze del caso. È nata allora la formula apparentemente
ideale accettabile in linea di principio da tutti i rivoluzionari: la lotta
armata rivoluzionaria diretta dal partito comunista. In Guatemala, in Colombia,
in Venezuela, si sono presentate le condizioni perché questa formula
si traducesse in pratica. I fatti, tuttavia, hanno dimostrato che l'accettazione
di questa formula da parte degli organismi dirigenti dei partiti comunisti,
costituiva semplicemente un ripiegamento tattico; ma essi non avrebbero potuto
adottarla completamente perché ciò li avrebbe immancabilmente
portati ad una contraddizione di fondo con la piattaforma teorica e strutturale
sulla quale fondano la propria linea. Costruita con elementi pseudo marxisti
e privi di una dialettica interna, questa si è dimostrata efficace solo
per il gioco politico delle alleanze elettoralistiche, ma non è valida
per guidare una guerra rivoluzionaria, per strappare il potere dalle mani delle
classi dominanti o per assumere apertamente la direzione della rivoluzione.
L'uscita dei settori comunisti radicali e rivoluzionari dall'apparato e dalla
politica tradizionali del partito, che si è verificata in Venezuela,
in Colombia e, più di recente, in Guatemala, sulla questione della condotta
della guerra popolare, conferma che siamo in una fase del compimento storico
di una legge di validità perlomeno continentale, legge relativa alla
gestazione e alla formazione dell'avanguardia rivoluzionaria nel corso stesso
della guerra; lezione negativa e dolorosa (perché è costata un
elevato prezzo di vite umane, in tempo e possibilità) che si deve trarre
dal fatto che in passato sia stata sbandierata una teoria rivoluzionaria soltanto
per svilirla ed evitarne il compimento; esempio, dunque, di incoerenza dottrinaria,
e del cedimento di tutta una generazione di comunisti.
Il racconto che facciamo qui di seguito è una testimonianza personale
e diretta dei precedenti della nostra guerra rivoluzionaria — molti dei
quali sono stati tenuti nascosti deliberatamente — utili per spiegare
a noi stessi ciò che è accaduto e per dare fondamento alla nostra
odierna azione rinnovatrice e rivoluzionaria, e utili come esperienza vissuta
per i compagni di altri paesi, che dovranno sicuramente affrontare situazioni
analoghe.
In Guatemala lo sviluppo della rivoluzione democratico-borghese, che accoglieva
parzialmente alcune rivendicazioni popolari, fu interrotto nel 1954 dalla violenza
reazionaria esercitata dall'imperialismo e dai suoi agenti dell'oligarchia locale.
La violenza controrivoluzionaria. venne usata come un ricatto per far capitolare
la borghesia nazionale che dirigeva quella rivoluzione, mentre contro il popolo
fu scatenata la violenza più sfrenata, per schiacciare la resistenza
delle masse operaie e contadine. Il nucleo politico dirigente era costituito
in quel momento da quattro partiti e cioè il Partito della Rivoluzione
Guatemalteca (PRG) — che meglio rappresentava gli interessi della borghesia
nazionale —, il Partito d'Azione Rivoluzionaria (PAR) — piccola
borghesia democratica —, il Partito Rinnovamento Nazionale (PRN) —
intellettualità piccolo borghese — e il Partito Guatemalteco del
Lavoro — comunista. Neppure uno di questi partiti, in particolare, riuscì
ad opporre la violenza popolare all'aggressione imperialista e reazionaria.
Sottovalutando la capacità di lotta del popolo e impressionati dalla
apparente potenza della macchina bellica dell'imperialismo, oltre che di quella
dell'esercito (che ritenevano dalla loro parte, ma che in definitiva si schierò
col campo controrivoluzionario, tradendoli) questi partiti e il Presidente Arbenz
dettero la battaglia per persa e cedettero prima di scambiare un solo colpo
di fucile.
Eppure, in nessun momento della nostra storia era esistita nel popolo una così
profonda e generale disposizione alla lotta: davanti all'invasione mercenaria
e alla cospirazione interna, i contadini, armati soltanto di machete, sorvegliavano
spontaneamente le strade nazionali, montavano la guardia ai ponti, catturavano
spie e agenti nemici; gli operai e gli studenti si organizzavano in brigate
di volontari e, acquartierati nelle sedi dei sindacati, dei tribunali e delle
organizzazioni giovanili, aspettavano vanamente che venissero loro consegnate
le armi necessarie a difendere la patria e la rivoluzione. I dirigenti politici
di quella rivoluzione non conobbero mai, perché non si trovavano a fianco
delle masse, né la decisione di lotta, né la combattività,
né l'ottimismo che animava quelle "brigate popolari" che marciavano
inermi per le strade, per abituarsi agli ordini militari; che istintivamente
capivano, nonostante le direttive del governo e dei loro partiti, che l'esercito
chiamato pomposamente "della rivoluzione," non garantiva la sovranità
nazionale né la continuità della rivoluzione e che entrambe sarebbero
state al sicuro nelle mani armate degli operai, dei contadini e degli studenti.
La caduta del governo Arbenz trascinò con sé il popolo nella rovina.
I partiti politici della borghesia nazionale e della piccola borghesia si sbandarono
completamente; i loro dirigenti presero d'assalto le ambasciate. Sopravvissero
soltanto gruppi isolati di quadri medi o di base. Le organizzazioni di massa
furono decapitate e la loro base, che non aveva mai avuto una effettiva partecipazione
alla direzione e che non era stata formata in uno spirito rivoluzionario e classista,
ma piuttosto in un senso economicistico e sindacale, rimase paralizzata dall'inattesa
sbandata dei dirigenti e dall'azione repressiva dell'esercito in cui le avevano
appena detto di avere fiducia.
Soltanto nelle campagne ci furono dei tentativi spontanei di disperata resistenza
che, naturalmente, furono soffocati in un bagno di sangue. Tra i contadini poveri,
che in alcune regioni arrivarono ad avanzare la rivendicazione della terra,
rimase impressa la certezza che soltanto con la violenza avrebbero potuto recuperare,
un giorno, quel poco che era stato loro portato via dalla violenza dei loro
oppressori e più ancora, conquistare la loro definitiva liberazione e
tutto ciò che spetta loro insieme con questa.
L'unico settore dell'apparato statale che dimostrò fermezza e chiarezza
di vedute fu la Polizia, il cui capo, più leale verso la rivoluzione
che verso Arbenz, non fece mistero fino all'ultimo momento d'essere disposto
a giocare il tutto per tutto, proponendo al Presidente l'arresto dei capi militari,
il cui tradimento fu perfettamente evidente sin da alcuni giorni prima della
caduta del governo.
L'unico partito che riuscì a conservare la propria organizzazione fu
il Partito Guatemalteco del Lavoro, col nome di Partito Comunista del Guatemala,
verso la fine del periodo presidenziale di Arévalo.(1) In quanto principale
sostenitore del programma democratico del governo di Arbenz, il PGT aveva acquistato
un considerevole appoggio nella parte meridionale del paese e simpatie in settori
popolari in altre zone. Grazie a ciò e alla coerenza di due o tre quadri
della direzione e di un pugno di quadri medi il PGT, anche se non poté
esprimere una linea di lotta adatta alla nuova fase attraversata dal paese,
poté continuare ad agire, riprendendo nella clandestinità una
parte del lavoro soprattutto nella capitale. Questo fece sì che il Partito
non andasse incontro, come gli altri componenti del fronte che aveva sostenuto
Arbenz, ad un completo smantellamento. Difatti, al momento culminante dell'invasione
e del colpo di stato, tutti i partiti menzionati, dimenticando le masse e la
necessità di organizzarsi per continuare la lotta in condizioni diverse,
dedicarono tutte le loro energie a cercare un rifugio o a negoziare il compromesso
con il settore dell'esercito che appariva meno compromesso nel tradimento.
L'unico tentativo di dare una base alla resistenza armata, che era latente tra
le masse popolari, non venne da un uomo politico tradizionale, né da
un militare patriota, ma da un intellettuale che osservava, solitario e isolato,
dal Messico, la tragedia che il suo popolo stava vivendo: lo scrittore Luis
Cardoza y Aragón, la cui acuta e valida opera, scritta in quei giorni,
"La rivoluzione guatemalteca," è stata sfortunatamente quasi
del tutto dimenticata.
Scriveva allora Cardoza y Aragón :
"Se avessimo resistito anche solo un mese con guerriglie, il nostro contributo
a favore della libertà latinoamericana sarebbe stato di incommensurabile
portata. Di incommensurabile portata era il nostro compito storico... Si poteva
lottare fino al Messico, a Quezaltenango — seconda città del paese,
culla di Arbenz — o a San Marcos, Huehuetenango, regioni montagnose, e
sulla costa, e si sarebbero avuti centinaia di volontari guatemaltechi, messicani
e latinoamericani, sempre decisi a combattere contro l'imperialismo yankee.
Perché non prendere la via dei monti, anche se in pochi? Non era forse
possibile questa decisione, di indiscutibile efficacia non solo per la sua enorme
ripercussione internazionale e la sua lezione storica? Se, in fin dei conti,
il Presidente Arbenz, seguito da molti o da pochi, con l'indubbio appoggio del
popolo guatemalteco e con il crescente e fervido appoggio internazionale, fosse
riuscito a creare delle guerriglie, sempre come Presidente costituzionale e
capo dell'Esercito, nella zona occidentale, con la frontiera messicana vicina,
attaccando il nemico solo a colpo sicuro, l'importanza di un tale atteggiamento
sarebbe stata eccezionale... L'America si sarebbe sollevata come un mare, la
protesta sarebbe stata universale. Il Guatemala si sarebbe battuto con la fede
di sempre nella conquista della propria libertà. Era l'unica via di salvezza.”(2)
Questo fu scritto solo alcuni mesi dopo l'amara sconfitta del luglio 1954.
Ma queste parole che esprimevano le speranze e le aspirazioni degli operai,
dei contadini e degli studenti che rimasero a mani vuote mentre i lacché
dell'imperialismo mettevano sotto i loro stivali mercenari le loro maggiori
aspirazioni, non furono ascoltate dai dirigenti che avevano la responsabilità
storica di quel tragico momento.
Trovandosi ad essere il principale bersaglio della persecuzione controrivoluzionaria,
i dirigenti del PGT rimasti nel paese si rendevano conto, anche nella clandestinità,
che per modificare la situazione era necessario ricorrere alla violenza, ma
essendo sempre stati, coerentemente alla loro linea politica tradizionale, subordinati
alla borghesia nazionale, non furono in grado d'assumere il ruolo che spettava
loro per essersi posti alla direzione di un partito comunista, avanguardia del
proletariato e del popolo. Non riuscirono a vedere quello che intravide Cardoza:
la forma rivoluzionaria, popolare, della violenza, della lotta armata: e finirono
per allearsi con alcuni uomini politici e con alcuni esponenti dell'esercito,
residui dell'arbenzismo, in una cospirazione di palazzo. Per arrivare a tanto
non era necessaria, è ovvio, alcuna analisi marxista, né una concezione
della rivoluzione come movimento popolare. Si trattò semplicemente di
un complotto militare assistito politicamente da alcuni quadri arbenzisti, poiché
così vennero considerati piuttosto che dirigenti proletari.
D'altra parte, data la situazione esistente fra la fine del '54 e gli inizi
del '55, era possibile prevedere come sarebbero andate le cose. Scoperto il
primo complotto, venne assassinato il maggiore dell'Aviazione Granados. Altri
ufficiali furono fucilati per direttissima. La repressione tornò ad abbattersi
sul popolo.
Slegati dalle masse, prigionieri della loro dipendenza dalla borghesia e dagli
schemi teorici largamente in uso nei partiti comunisti, i dirigenti del PGT
non volsero la loro attenzione alle campagne, dove, con pochi sforzi, ma con
molta decisione, si sarebbe potuta organizzare una resistenza armata ed elaborare
una linea rivoluzionaria di lotta.
Le tendenze istituzionaliste, alimentate dal Dipartimento di Stato per mettere
a tacere lo scandalo internazionaleprovocato dalla "gloriosa vittoria,"
trovarono un terreno favorevole e il paese ritornò ben presto alla "normalità"
reazionaria di cui i suoi oppressori avevano bisogno per sfruttarlo con tranquillità.
Per quanto partecipasse a tutti i complotti militari che si succedevano senza
successo, come quello del 1957 in cui furono assassinati i colonnelli Francisco
Méndez Montenegro (fratello dell'attuale fantoccio yankee che governa
il Guatemala) e Carlos Sarti, anche il PGT entrò in una certa "normalità
clandestina." I suoi principali sforzi furono diretti alla costituzione
o al rafforzamento di organismi legali: l'Associazione degli Studenti Universitari
(AEU), la Federazione Autonoma Sindacale del Guatemala (FASGUA), il giornale
EI Estudiante, il Comitato per il Ritorno degli Esiliati, ecc. La ricostruzione
del partito venne intrapresa entro questi limiti. In questo senso furono combattute
importanti battaglie, e pure esse ebbero i loro martiri. Ma la loro vaga linea
politica non poteva condurre a nulla di più che alla democratizzazione
e alla liberalizzazione del regime che l'imperialismo e la reazione avevano
imposto con la violenza al popolo guatemalteco. Quelle costose battaglie non
indebolivano minimamente le basi del regime, e non ne incrinavano la forza.
Una prova? La lotta per celebrare la festa del Primo maggio sotto il governo
di Castillo Armas fu considerata alla stregua di una grande vittoria. Però,
ora tutti sappiamo benissimo che anche i più sanguinari aguzzini arrivano
a favorire demagogicamente, nelle zone in cui è in corso la lotta guerrigliera,
la celebrazione di quella data per seminare la confusione nel popolo. La battaglia
del 1956 fu per il popolo una vittoria simbolica, ma l'imperialismo e la reazione
possono, nella fase storica decisiva in cui viviamo, permettersi tali sconfitte
per poi trarne vantaggio.
Nel 1957, in seguito al misterioso assassinio di Castillo Armas da parte dei
suoi stessi compagni, e alla inevitabile lotta per il potere che si scatenò
fra le diverse fazioni dell'oligarchia, la vecchia volpe di Ydigoras, rappresentante
dell'ala più oltranzista, seppe sfruttare al massimo l'odio che Castillo
Armas e la sua claque avevano fatto nascere nel popolo e nelle masse medie urbane,
mobilitandole contro il cosiddetto regime della "liberazione,"(3)
ma concretamente a favore delle sue mire personali e della classe cui apparteneva.
Anche in quella occasione il PGT si lasciò prendere nella trappola rappresentata
dal gioco delle fazioni reazionarie in lotta per quel potere che venne imposto
al nostro paese. Era ormai tanto lontano dallo spirito rivoluzionario di classe,
— il quale dovrebbe essere essenzialmente eversivo contro gli oppressori
— che quando l'astuto Ydigoras proclamò demagogicamente che era
giunto il momento di fare "punto e a capo," impegnandosi a permettere
il ritorno in patria degli esiliati dal 1954, il PGT, in una riunione del Comitato
Centrale, adottò la cosiddetta linea della "conciliazione nazionale,"
giustificandola col fatto che bisognava approfittare al massimo della politica
relativamente liberale con cui lo scaltro Ydigoras inaugurava il suo governo.
Pochi mesi dopo, alla fine dell'anno, tutta l'America era come folgorata, da
cima a fondo. La vittoria del movimento rivoluzionario cubano diretto da Fidel
Castro, inattesa non solo dall'imperialismo yankee ma anche dagli stessi partiti
comunisti latinoamericani, scosse dalle fondamenta il continente intero. L'influenza
di massa di questo avvenimento fu enorme e incontrollabile, e si ripercosse
profondamente e positivamente nelle file comuniste, nonostante che, come nessun
comunista ignora, la Rivoluzione Cubana, accolta con gioia dalla stragrande
maggioranza, fosse vista da alcuni con una certa diffidenza, e le esperienze
e gli insegnamenti che si sprigionavano in modo folgorante dai suoi fatti fossero
trattati con prudenza, proprio perché si trattava di esperienze e per
la loro enorme importanza.
Le masse guatemalteche furono colpite istintivamente dagli avvenimenti cubani
e il fermento rivoluzionario in esse latente, acuito dalla crisi economico-politica
regnante nel paese, trovò nuove prospettive e cominciò a manifestarsi
in dimostrazioni popolari di massa che andavano acquistando per il regime una
pericolosa virulenza.
La direzione del PGT, nuovamente al completo in seguito al rientro dei membri
che nel '54 avevano preso la via dell'esilio, convocò nel giugno del
1960 il Terzo Congresso del Partito — l'unico che abbia avuto luogo in
questi ultimi quattordici anni — in mezzo al crescente scontento e sotto
la pressione della base. Per elaborare la linea generale e le altre risoluzioni
che furono approvate da questo Congresso, il gruppo dirigente fu costretto a
prendere atto dei seguenti fattori oggettivamente operanti: 1) un totale capovolgimento
della situazione politica nazionale, caratterizzata dal trionfo controrivoluzionario
e dalla istituzionalizzazione del regime sorto dal suo seno; 2) l'incontenibile
influenza di massa. esercitata dal vicino esempio della Rivoluzione Cubana e
dal suo metodo di lotta — la guerra di guerriglia popolare — come
via rivoluzionaria, che non poteva essere messo da parte senza conseguenze;
3) il malcontento della base del partito, manifestatosi nel 1954, ma ravvivato
dai fallimenti politici cui era andata incontro la famosa politica di "conciliazione
nazionale"; 4) il risentimento dei quadri intermedi del partito che erano
rimasti nel paese dopo la caduta di Arbenz e che, nonostante avessero avuto
un ruolo di primo piano nella ricostruzione clandestina del PGT, furono, di
fatto, rimossi dai loro incarichi con l'arrivo dei dirigenti che erano stati
in esilio; l'obbligo erroneo di rimanere all'interno di schemi teorici che,
assunti a dogma ed elaborati in paesi e in condizioni diverse, avevano costituito
la linea, la strategia e la tattica dei partiti comunisti latinoamericani.
Formatosi interpretando il marxismo come una rigida serie di postulati, isolato
e slegato dalle masse, geloso della propria egemonia di setta, il gruppo dirigente
del PGT, incapace di affrontare gli avvenimenti con un criterio indi-pendente,
privo di audacia dottrinaria, sottovalutò e sacrificò in gran
parte i primi quattro fattori, che erano poi quelli reali e mutevoli, le fonti
vive del marxismo, e si rifugiò negli schemi teorici cui abbiamo fatto
riferimento, le formule magiche che sono tanto comode per tutti coloro che sono
poco abituati alla dialettica.
In conseguenza di ciò, il Congresso non adottò un nuovo programma,
ma una serie di "punti programmatici" di validità transitoria,
ordinati in una "Piattaforma Politica." Questo notevole sforzo di
sottigliezza ebbe lo scopo di nascondere il fatto che il PGT non riconfermava
il programma approvato dal suo Secondo Congresso, svoltosi in piena legalità
durante il governo di Arbenz, ma non ne elaborava neppure uno nuovo. Evidentemente
la radice di questo problema stava nel fatto che i dirigenti del PGT, fiduciosi
nei confronti della borghesia nazionale, nutrivano la speranza che il caso di
Arbenz potesse ripetersi, e non volevano correre il rischio che un programma
veramente classista diventasse un ostacolo nel gioco delle alleanze. In realtà,
i punti programmatici approvati dal Terzo Congresso non sono altro che chiarimenti
e precisazioni al programma del Secondo Congresso, cui si era ispirato il programma
del governo di Arbenz. Neanche una parola sulla fondamentale esperienza della
sconfitta del '54: infatti, per ciò che riguarda l'esercito, si chiedeva
unicamente la sua "riforma." Non veniva affrontato il problema della
via della rivoluzione, vale a dire il metodo attraverso il quale il popolo avrebbe
dovuto conquistare il potere: si ripeteva il ritornello, divenuto ormai classico,
della preparazione a "tutte le forme di lotta." Gli statuti furono
riformati solamente in punti, di carattere tecnico, circa la periodicità
dei congressi, le attribuzioni degli organismi superiori, ecc. Nell'introduzione
generale rimase il paragrafo in cui si afferma, tassativamente, che il partito
non si propone di instaurare immediatamente il socialismo. Nonostante tutta
una serie di opposizioni, il vecchio Comitato Centrale rimase inalterato, furono
soltanto colmati i vuoti che si erano venuti a creare per diserzione o per morte.
Con l'adozione di questa linea politica, il PGT caratterizzò se stesso,
definí la propria prospettiva storica: si pose a rimorchio del processo
rivoluzionario abbandonando il ruolo di avanguardia. Un mese dopo l'inaugurazione
della nuova linea del partito, un gruppo di giovani, fra cui vi erano alcuni
comunisti, guidati dal tenente Lavagnino, tentò invano di assaltare la
guarnigione militare di Coban; si proponevano di impadronirsi delle armi e di
rifugiarsi sulle montagne (Sierra de las Minas) per dare inizio, da lì,
alla lotta armata contro il governo di Ydigoras. Nonostante che la direzione
del partito fosse informata del piano, si astenne dal fornire qualsiasi indicazione
e rimase in attesa.
In seno all'esercito si moltiplicarono le cospirazioni, si formarono diverse
tendenze. Ormai i promotori non erano più soltanto i colonnelli, residui
dell'epoca arbenzista; nuove correnti si formavano fra i giovani ufficiali,
soffocati dalla grossa casta dei vecchi capi, e queste correnti nuove si ribellavano
contro la corruzione che Ydigoras incoraggiava tra tutti i suoi sostenitori,
contro la macchia lasciata dal tradimento del '54, e, molto concretamente, contro
l'uso del territorio nazionale da parte dei controrivoluzionari cubani che,
a quell'epoca, si addestravano in diverse località del Guatemala. Gli
sforzi dei vecchi capi militari arbenzisti per dirigere e controllare il malcontento
dei giovani ufficiali furono vani e, in tal modo, quelli non fecero altro che
dissociarsi dal fermento della ribellione.
Come conseguenza di questo, il 13 novembre 1960 ebbe luogo il fallito tentativo
di sollevamento dei giovani ufficiali, dei sergenti e della polizia militare
della città di Guatemala. I rivoltosi, non ricevendo appoggio dalle altre
zone militari del paese implicate nella ribellione, abbandonarono la città
e si attestarono nella guarnigione di Zacapa, che era già stata conquistata
dall'interno da alcuni ufficiali capeggiati dal tenente Luis Trejo Esquival
(che in seguito sarebbe stato uno dei capi del M-13 e più tardi valoroso
guerrigliero delle FAR, in cui ha combattuto fino alla morte avvenuta in uno
scontro a fuoco nel luglio del 1967). Com'è noto, questo sollevamento
fu soffocato dopo alcuni giorni, senza che desse luogo a nessun importante combattimento,
col concorso del bombardamento effettuato da piloti mercenari cubani. Ma di
questi fatti rimasero profonde radici nell'animo del popolo e di diversi ufficiali.
Nel periodo in cui furono padroni della zona militare di Zacapa, gli ufficiali
più patriottici (Alejandro de León, Marco Antonio Yon Sosa, Luis
Turcios, Luis Trejo, Augusto Loarca, Emilio Zaldivar, Rodolfo Chacón,
Julio Bolafios San Juan) ebbero modo di costatare nel popolo, che accorse spontaneamente
a chiedere le armi per combattere al loro fianco, una franca e inattesa disposizione
alla lotta. Inizialmente, la ribellione era diretta solo contro l'esercito,
ma il comportamento dei contadini di Zacapa e l'atteggiamento di cui dettero
prova più tardi contadini di altri dipartimenti e addirittura dei paesi
vicini, lasciò una traccia profonda e provocò un cambiamento qualitativo
nel pensiero di quei militari. Di quei giorni Yon Sosa ha detto:
"Nei giorni più difficili per noi, quando eravamo rinchiusi nelle
carceri di El Salvador e dell'Honduras, sentimmo molto vicina la solidarietà
di quella gente scalza, vestita di stracci, che in gran numero accorreva a regalarci
frutta, caffè, cibo, parole di incitamento e perfino, talvolta, qualche
moneta da cinque centesimi di colon o di lempira... Questa grande esperienza
che abbiamo vissuto, oltre all'atteggiamento dei contadini guatemaltechi che
pure ci fornivano da mangiare e ci indicavano i sentieri più sicuri,
facendoci da guida fino a lasciarci in località sicure, ci fece meditare
profondamente portandoci alla conclusione che il comportamento di quella gente
era dovuto al fatto che cercavano di conquistarci alla loro causa, volevano
dei dirigenti per la loro lotta: in parte ci riuscirono, poiché molti
di quei militari che avevano preso parte alla rivolta di sette anni fa hanno
abbracciato la causa degli sfruttati.” (4)
Un gruppo di ufficiali e di soldati che avevano trovato rifugio in Honduras
e nel Salvador decise di continuare la lotta contro il governo di Ydigoras e,
con l'appoggio di alcuni gruppi politici dell'opposizione di destra, tornarono
clandestinamente in patria, dettero alla loro organizzazione il nome di Movimento
Rivoluzionario 13 di Novembre (MR-13) e cominciarono a cercare nuovi contatti
con capi e ufficiali superiori dell'esercito, e appoggio politico, per tentare
un altro sollevamento. La repressione governativa si diresse contro di loro
ma, per la prima volta dal '54, questi perseguitati politici ricevettero i persecutori
col fuoco delle armi, riuscendo regolarmente ad evitare la cattura. Questo atteggiamento
combattivo, in stridente contrasto con l'eroico, ma passivo stoicismo con cui
i rivoluzionari avevano fino a quel momento accettato la cattura e i maltrattamenti,
conquistò immediatamente la simpatia e l'entusiasmo popolare.
Questi fatti costrinsero la direzione del PGT a prendere in esame con maggiore
serietà e attenzione la prospettiva della lotta armata, ma senza la decisione
sufficiente e la chiara visione della sua importanza. I dirigenti rimasero indecisi
in un momento in cui l'adozione di una chiara linea di lotta e la sua applicazione
organizzata avrebbe posto l'organizzazione veramente all'avanguardia della rivoluzione.
Nell'aprile del 1961, tuttavia, il Comitato Centrale del partito adottò
una risoluzione che passò dalla nebulosità della linea del Terzo
Congresso alla definizione della lotta armata come via principale per la lotta
rivoluzionaria in Guatemala, alla costituzione di una commissione militare e
all'abbozzo di un'organizzazione per i primi gruppi armati. Ma questa linea
politica non giunse mai alla base, non fu conosciuta neppure dai quadri intermedi.
Contemporaneamente, la maggior parte degli sforzi furono rivolti a rafforzare
la base del Partito dell'Unità Rivoluzionaria (PUR), organizzazione destinata
a raccogliere, per fini elettoralistici, i settori dispersi dell'arbenzismo,
e organizzazione le-gale attraverso cui il PGT sperava di poter esprimere la
propria influenza politica.
La preparazione di un primo gruppo militare che venne compiuta in quell'epoca,
fu piuttosto una misura difensiva, attuata per essere in grado di partecipare
a qualsiasi tentativo fatto dai gruppi progressisti che non facevano altro che
parlare di colpo di stato e di cuartelazo. Altre misure prese dalla Commissione
Militare furono di carattere preventivo e nessuna, in realtà, mise in
pratica la linea politica approvata. Queste misure vennero adottate soprattutto
a causa della pressione che la base esercitava sul partito di fronte agli episodi
di lotta armata che si ripetevano in continuazione.
Mentre tutto ciò accadeva, i ribelli del 13 Novembre modificavano a poco
a poco la loro visione della lotta e radicalizzavano il loro pensiero. Avendo
sentito, come ogni militare di carriera ha sentito nel nostro paese, lo sdegno,
il disprezzo e l'odio del popolo quando erano nelle file dell'Esercito, poterono
rendersi conto di persona dell'affetto e dell'ammirazione di cui venivano ora
fatti oggetto nella loro nuova qualità di ribelli. Convinti per le loro
passate esperienze che avrebbero potuto avere successo soltanto con l'appoggio
del popolo, si misero alla ricerca dell'organizzazione politica che potesse
rendersi garante di questo appoggio, prendendo così contatto praticamente
con tutti i gruppi politici di opposizione nel paese, dall'estrema destra alla
estrema sinistra. Il PGT fu il partito con cui i ribelli del MR-13 riuscirono
a stabilire i migliori contatti. Si stabilirono con questo partito dei rapporti
che avrebbero influenzato entrambe le organizzazioni e che avrebbero determinato
anche reciproche riserve. L'influenza che il PGT ebbe sui principali quadri
del MR-13 fu di carattere ideologico. Il MR-13 influì, a sua volta, radicalizzando
la decisione di lotta dei quadri intermedi e degli attivisti del partito, e
rese più agili i suoi metodi di lavoro. D'altra parte, le riserve che
i dirigenti del PGT nutrivano nei confronti dei capi del MR-13 consistevano
principalmente nell'accentuata inclinazione di questi all'immediata azione armata,
e nell'indiscriminata ricerca di contatti militari che costoro andavano prendendo
cercando di creare una congiuntura favorevole per il sollevamento militare.
I militari, da parte loro, diffidavano delle esitazioni e dell'estrema lentezza
nella realizzazione delle misure pratiche che riscontravano nei dirigenti comunisti.
Inizialmente impressionati dall'attrattiva teorica dell'ideologia che il PG
comunicava loro, i giovani ufficiali ribelli non tardarono a rendersi conto
della evidente mancanza di decisione nell'azione dei dirigenti del PGT e dalla
mancanza di concretezza nella prospettiva che essi indicavano. Tuttavia, ebbero
sempre stima e rispetto fraterno nei riguardi del partito.
Nell'attesa che venisse il colpo di stato o il sollevamento militare, i ribelli
del MR-13 cominciarono a subire sensibili perdite. Alcuni ufficiali e soldati
cominciarono a tirarsi indietro, Alejandro de Leòn, che era il più
importante quadro politico del MR-13, venne assassinato mentre combatteva per
sfuggire ai suoi avversari, dopo uno spettacolare scontro a fuoco nelle vie
centrali di città del Guatemala. Convinti della necessità di agire
e dell'impossibilità di scuotere la direzione del PGT dal suo immobilismo,
Yon e i suoi compagni rivolsero lo sguardo alla campagna, stabilirono dei legami
con i contadini della regione bananiera di Izabal e col loro appoggio progettarono
una serie di azioni di cui informarono il partito, come gesto di fiducia e di
identificazione con esso. Queste azioni ebbero inizio nel gennaio del 1962 con
l'esecuzione sommaria del capo della polizia segreta, responsabile dell'assassinio
di Alejandro de Leòn, e continuarono con l'assalto ai distaccamenti di
Bananero e di Mariscos e alle stazioni di polizia di Morales. Presero delle
armi, si impadronirono di una forte quantità di denaro negli uffici della
United Fruit Company e quindi si allontanarono divisi in tre colonne. Anche
se il nucleo principale delle colonne era costituito da militari, buona parte
dei quali appartenevano alle guarnigioni assalite, uno degli obiettivi delle
azioni consisteva nel reclutare in massa contadini e armarli. Tuttavia i piani
non andavano molto oltre. Le tre colonne, dopo un certo percorso, avrebbero
dovuto ricongiungersi in una determinata località e quindi decidere la
futura linea d'azione, che, quasi sicuramente, sarebbe consistita nel cercare
di attaccare e conquistare, contando sulla collaborazione di simpatizzanti all'interno,
la base militare di Zacapa. Iniziato con successo, il piano falli nel suo insieme.
Una delle colonne perdette i suoi comandanti nel primo scontro (il tenente Zenon
Reina, il sergente Antonio Lopez, morti in combattimento, il tenente Julio Bolafios
San Juan catturato gravemente ferito). La seconda colonna, comandata da Luis
Trejo e da Rodolfo Chacòn si disperse e la terza, comandata da Yon e
da Turcios, dopo essere rimasta due settimane sulle montagne della Sierra de
las Minas dove ebbe importanti contatti con i contadini della zona, ripiegò
di nuovo verso la città, dove costituí la guerriglia urbana "Marco
Antonio Gutiérrez" (martire studentesco assassinato in quei giorni),
che con le sue audaci azioni rese più acuta la "crisi di marzo e
aprile" e contribuì a darle il carattere di ribellione popolare.
L'emozione provocata da queste azioni ebbe un'enorme ripercussione popolare
ma, come al solito, fu completamente ignorata dal partito che mancava, di fronte
ad una simile eventualità e nonostante fosse stato avvertito in anticipo,
di chiare direttive e di una qualsiasi preparazione organizzativa. I partiti
politici di opposizione, di tutte le sfumature, trassero abilmente profitto
dalle condizioni create dalle azioni del MR-13 e sbandierarono la protesta contro
le elezioni fraudolente svoltesi tre mesi prima, scatenando l'ira popolare.
Avvenne allora quella che è conosciuta come la ribellione popolare di
marzo-aprile, chiamata così perché provocò una crisi politica
che durò due mesi, anche se non aveva un orientamento definito e un'organizzazione
ade-guata. Esitante di fronte alla borghesia e incerta sulla responsabilità
che doveva assumere, la direzione del PGT non si batté per il suo diritto
— e il suo obbligo — di dirigere il movimento per approfondire la
crisi, dando impulso e orientamento alla violenza spontanea delle masse fino
al punto da cui non si sarebbe potuto tornare più indietro. La direzione
di tutto il movimento andò a finire così, col tacito accordo di
tutte le forze politiche di opposizione, nelle mani dell'Associazione degli
Studenti Universitari, organizzazione accettabile proprio perché garantiva
la mancanza di egemonia di uno qualsiasi dei gruppi, mentre permetteva a tutti,
secondo i loro calcoli — compreso il partito — di "influire"
sul movimento e in definitiva di non restarne del tutto escluso. Con il popolo
nelle strade, nessun partito cercò di conquistare la direzione del movimento
fra le masse. Tutti cercarono di negoziarla dietro le quinte. Il risultato fu
che le azioni di massa del popolo, appoggiate dalle azioni armate urbane, effettuate
dal MR-13 e da gruppi della gioventù comunista e del partito che agirono
di propria iniziativa, mancarono completamente di direzione. Di nuovo l'idea
del "colpo di stato" fu all'origine delle direttive di tutti i gruppi
impegnati nella lotta. Con l'idea del colpo dall'interno e della costituzione
di un'eventuale giunta rappresentativa, il PGT e la direzione del PUR organizzarono
ed effettuarono, sfruttando lo stato d'animo di alcuni compagni da poco addestrati
e la disponibilità esemplare di altri, membri della gioventù comunista,
del partito e di altre organizzazioni progressiste, il fallito tentativo guerrigliero
del distaccamento 20 Ottobre. Il vero ma non dichiarato proposito di questo
tragico tentativo fu quello di formare un distaccamento armato che, inchiodato
sulle montagne, costituisse l'argomento decisivo per la partecipazione a qualsiasi
giunta di governo del colonnello Paz Tejada, capo del distaccamento, sostenuto
da una coalizione di forze democratiche. La maggior parte degli effettivi di
questo gruppo mancava di un adeguato addestramento militare. Il settore scelto
aveva un solo requisito: quello di essere abbastanza vicino a città del
Guatemala, perché la sua pressione sui gruppi politici e militari che
avrebbero discusso la successione di Ydigoras si facesse sentire, e il popolo
in ribellione lo sentisse abbastanza vicino per dargli, nelle strade, tutto
il suo appoggio.
La sconfitta e il massacro in cui fini il distaccamento 20 Ottobre, avvenuto
due giorni dopo la sua partenza dalla città, segnò il punto cruciale
della crisi di marzo. Ogni azione successiva, anche se in certi momenti raggiunse
livelli abbastanza elevati, fu caratterizzata dallo sconforto e dalla confusione
che questa sconfitta provocò nei circoli dirigenti rivoluzionari, che
videro così sprecata la loro carta migliore. Prive di direzione, con
obiettivi immediati limitati, le masse nelle strade e anche i loro quadri improvvisati
persero l'orientamento; la classe operaia, confusa, non seppe decidersi per
lo sciopero rivoluzionario, la marea diminuii per stanchezza e l'ampio fronte
creato spontaneamente dalla base, senza direzione né responsabili, non
poté resistere alla manovra governativa che placò le classi medie
e borghesi di opposizione, le quali, in quella occasione, avevano avuto una
considerevole funzione di sostegno al fermento popolare.
La sorte del gruppo guerrigliero che, addestrato in Messico, si introdusse nel
paese, fu analoga a quella del di-staccamento 20 Ottobre, pur senza arrivare
alla tragedia. Costituito in modo molto eterogeneo, senza un chiaro orientamento,
i suoi componenti, illusi sulla possibilità di un facile successo, furono
catturati dagli stessi contadini della zona, dopo che la imprudenza di uno di
essi, che aveva dimenticato una bomba a mano in una casa, provocò la
morte di quasi tutta una famiglia contadina.
Le azioni del marzo-aprile diedero vita a due correnti che si manifestarono,
indistintamente, in seno a tutte le formazioni rivoluzionarie e, di conseguenza,
anche all'interno del PGT. Gli elementi più radicali, avanzati e decisi,
riaffermavano la propria disponibilità alla lotta, sostenendo che le
azioni violente avevano creato le condizioni per un'ondata di ribellione massiccia
che non solo aveva fatto traballare pericolosamente il governo, ma avevano provocato
confusione e timore perfino nell'apparato repressivo. Questa posizione era sostenuta
soprattutto dai militanti del MR-13, dai sopravvissuti dei due distaccamenti
guerriglieri organizzati su iniziativa del PGT, da gruppi di operai e di artigiani
di città del Guatemala — soprattutto quelli appartenenti alla piccola
industria — da forti settori studenteschi universitari e dalla quasi totalità
degli studenti medi, dalla Gioventù Comunista in blocco, dagli organismi
di partito dei dipartimenti di Escuintla, Zacapa e Izabal e dai quadri della
direzione cui era stato affidato il lavoro militare appena agli inizi. L'altra
corrente metteva in risalto soprattutto gli aspetti negativi, e nelle sue conclusioni
vi erano posizioni che oscillavano dall'esclusione della violenza all'accettazione
formale di essa, a condizione che fosse studiata e organizzata con sufficiente
anticipo e accuratezza e, una volta portata a termine la sua preparazione, si
aspettasse una "congiuntura politica adeguata," formula che ha l'elastica
virtù di adattarsi a molte concezioni. Questa posizione era sostenuta
dai dirigenti piccolo-borghesi del PUR, dalle direzioni sindacali, da settori
del piccolo e medio commercio, dai gruppi politici che simpatizzavano con Arévalo
e che erano grandemente interessati a non spezzare la legalità costituzionale,
perché il loro capo potesse partecipare di nuovo alle elezioni presidenziali,
in una battaglia elettorale che davano sicuramente per vinta, e dalla maggioranza
della direzione del Partito comunista che, fondamentalmente, temeva due cose
: di "compromettere prematuramente" il partito in una lotta sanguinosa,
e di scontrarsi frontalmente col crescente arevalismo, cosa che avrebbe potuto
"isolare" il partito dalle masse.
Dell'improvvisa organizzazione creata dalle masse nei giorni del marzo-aprile
erano rimasti alcuni gruppi di operai e di studenti e, in alcune località
vicine alla capitale, anche di contadini, che conservavano il loro spirito combattivo.
Per alcune settimane fu impossibile ristabilire, in uno o due quartieri della
capitale, dichiarati "territorio libero" durante la ribellione popolare,
il normale funzionamento dell'amministrazione e della sorveglianza statale.
I gruppi di studenti non solo conservarono questa organizzazione rudimentale,
ma cercarono di consolidarla e di trasformarla in qualcosa di permanente cui
diedero il nome di Movimento Rivoluzionario 12 Aprile. Un gran numero di questi
studenti erano membri del Partito comunista o della sua organizzazione giovanile,
vi erano anche numerosi artigiani e operai, alcuni dei quali erano anche comunisti
o ex membri del partito. Questo fatto conferma la necessità, sentita
da molti militanti, di agire in un'organizzazione più agile e combattiva
della loro, che ormai, nella situazione in cui viveva il paese, rappresentava
un freno all'iniziativa nella lotta.
La battaglia ideologica all'interno del Partito comunista divenne più
acuta e difficile, perché le concezioni esitanti e di destra sembravano
avere una conferma nella realtà, e ogni tentativo di confutazione dava
l'impressione di essere astratta e velleitaria. Effettivamente, facendo un bilancio
della fine disastrosa toccata al distaccamento 20 Ottobre, cominciarono ad essere
evidenti le tracce dei grandi errori di linea, errori così macroscopici
che per giustificarli si fece ricorso ad argomenti completamente assurdi, come
quello secondo cui i contadini della regione in cui aveva avuto luogo il massacro
di Concuà, a causa della loro "arretratezza," rappresentavano
una "riserva della reazione." L'errore di linea dovette essere, ciò
nonostante, riconosciuto nei suoi aspetti fondamentali.
I compagni del MR-13 ripresero immediatamente i contatti con militari di alto
grado, per sondare nuovamente le possibilità di una ribellione, anche
parziale, delle forze armate, che permettesse però la consegna di armi
a settori popolari; anche il PGT e il PUR svolgevano simili attività,
per cui l'atmosfera di cospirazione durò per molto tempo ancora dopo
la fine degli avvenimenti del marzo-aprile. Queste circostanze permisero di
svolgere un lavoro di limitata preparazione militare fra i gruppi di operai
e di studenti che avevano deciso, spontaneamente, di conservare le forme organizzative
che si erano date. Nell'attesa del colpo di stato, che non si realizzò
mai, questi gruppi subirono due tipi di selezione: una spontanea, di elementi
che stanchi di aspettare si tirarono indietro col passar del tempo, e un'altra
cosciente, derivata dalla precaria preparazione militare che fu possibile impartire
e che consistette nel localizzare gli individui che erano in grado di intraprendere
la lotta armata nelle campagne, in città o di assicurare i servizi ausiliari.
Questo compito fu effettuato dalle rudimentali commissioni militari del PGT
e della Gioventù Comunista che disponevano di risorse e di quadri estremamente
insufficienti, e il cui raggio d'azione era inoltre limitato dall'intervento
degli organi del partito. Gruppi di questo tipo furono organizzati a Escuintla,
a Zacapa, in altri dipartimenti e nella città del Guatemala, fra operai
e studenti. Molti di coloro che più tardi si son distinti come guerriglieri
o nella resistenza, hanno cominciato ad agire in questi gruppi che, secondo
una costante del nostro movimento, si sono formati come soluzione d'emergenza
di fronte ad avvenimenti già avvenuti o inevitabili, ma non in conseguenza
di una previsione o preparazione cosciente, atta a guidare gli avvenimenti in
una determinata direzione, con un orientamento ben preciso.
Il PGT e il MR-13 continuarono a mantenere i loro rapporti scambiandosi informazioni
e discutendo questi problemi: partecipazione congiunta e complementare nel caso
si verificasse il colpo di stato e creazione di un'alleanza per organizzare
e iniziare la lotta armata nelle campagne. Sul secondo punto vi era un disaccordo
che non venne mai superato e che, in ultima analisi, fu risolto dalla pratica
rivoluzionaria, a proposito del momento in cui si dovevadare inizio alle azioni.
Era opinione del MR-13 che ciò dovesse avvenire immediatamente, una volta
portati a termine i preparativi preliminari. Il PGT, invece, sosteneva che,
dopo la fase dei preparativi, bisognava aspettare il "momento politico
opportuno." Ciò che sembra accessorio e secondario, rappresentava
in realtà una questione di fondo, la concezione della lotta armata nel
suo insieme. Non c'è da stupirsi che non si sia giunti ad un accordo.
Quando i compagni affermavano che bisognava iniziare la guerra "immediatamente,"
lo facevano, pur senza averne una chiara coscienza, rispondendo ad una visione
strategica della guerra nel processo rivoluzionario, per la cui attuazione iniziale
esistevano già le condizioni essenziali. Quando il PGT proponeva di "attendere
il momento politicamente opportuno," ciò era un riflesso della visione
tattica che aveva (e continua ad avere) della lotta armata, la stessa concezione
con cui preparò la sfortunata spedizione di Concuà. In quel caso
concreto, il "momento politicamente opportuno" avrebbero dovuto essere
le elezioni presidenziali dalle quali tutti pensavano che Arévalo sarebbe
uscito sicuramente vincitore. Se non gli fosse stato possibile andare al potere,
"allora andremo in montagna e scateneremo la guerra di guerriglia."
Questo era, in realtà, il concetto e il ruolo che la direzione del PGT
attribuiva all'inizio della guerra di guerriglia popolare. Era chiaro, anche
se allora non ce ne rendemmo conto, che questa concezione tattica della lotta
armata non poteva essere che il riflesso di una posizione subordinata alla borghesia
liberale, della quale Arévalo è stato il più importante
esponente politico. Le masse lavoratrici, gli operai e i contadini, le forze
della lotta annata, avrebbero dovuto prendere le armi per rivendicare il potere
conquistato con le elezioni dai borghesi e dai piccoli borghesi arevalisti.
Con il pretesto di "estendere" — come sostenevano gli ideologhi
del PGT — il fronte della lotta armata a questi settori, portavamo gli
operai e i contadini ad affrontare una lotta sanguinosa nell'interesse di una
borghesia che, nemmeno quando è stata al potere, ha avuto il coraggio
di impugnare le armi per difenderlo dagli attacchi dell'imperialismo e della
reazione. Sappiamo che la borghesia si serve da sempre delle masse popolari
per strappare il potere dalle mani delle altre classi dominanti, ma il fatto
che questa operazione sia promossa da un partito comunista significa semplicemente
che esso è in combutta con un settore degli sfruttatori. I capi del MR-13,
facendosi sostenitori dell'inizio "immediato" della lotta annata,
esprimevano non solo la volontà dei loro militanti, provenienti in maggior
parte dalla piccola borghesia rurale, ma anche quella dei contadini poveri e
degli operai agricoli dei dipartimenti di Zacapa e di Izabal, con cui avevano
cominciato a stabilire rapporti di amicizia dopo che, come racconta Yon Sosa,
questi, spontaneamente, li avevano aiutati nei momenti di pericolo.
Oltre a questi punti non vi erano altre ragioni di disaccordo fra gli organismi
dirigenti del PGT e del MR-13. Nessuna delle due organizzazioni aveva proposto
una strategia militare né una linea politica concreta. Entrambe subirono
il corso degli avvenimenti. Il MR-13 probabilmente perché a quell'epoca
non aveva una chiara coscienza della sua necessità, e il PGT perché
in fondo faceva affidamento su una linea politica che escludeva la necessità
di una strategia militare. Né allora furono affrontate altre questioni
politiche e militari che in seguito hanno costituito motivo di profondo disaccordo,
come ad esempio il programma, il contenuto della rivoluzione, le tattiche militari,
ecc. I rapporti fra il PGT e il MR-13 subirono tutta una serie di alti e bassi,
ma rimasero per mesi ad un certo livello di fiducia.
Fu nel dicembre del 1962 che questa attesa piena di in-certezze si rese insopportabile
e Yon Sosa, Turcios e Trejo, le tre figure principali del MR-13, presero l'iniziativa
e proposero un piano d'azione molto concreto che doveva essere realizzato congiuntamente.
La proposta non lasciava spazio ad atteggiamenti evasivi e veniva così
formulata: alleanza su basi di uguaglianza delle due organizzazioni, per preparare
e dare inizio alla lotta armata su tre fronti comandati ciascuno da uno dei
capi del MR-13, ma diretti nell'insieme da un comando congiunto. Il PGT, oltre
a fornire uomini e materiali, doveva assumere la responsabilità della
conduzione politica. Il MR-13 per la realizzazione di questo progetto avrebbe
messo a disposizione tutti i suoi uomini, le sue risorse e le armi, e si sarebbe
assunto la direzione militare dell'alleanza. Il comando generale sarebbe stato
affidato a due membri del MR-13 e a uno del PGT. (Un anno dopo, quando erano
cominciate a farsi luce le divergenze, il comando fu portato a quattro membri
con l'inclusione di un rappresentante del MR-12 Aprile.)
I rappresentanti del PGT che discussero questa proposta l'accettarono immediatamente
e senza tergiversazioni, proposero soltanto due aggiunte che vennero approvate:
quella di includere il Movimento Rivoluzionario 12 Aprile che avrebbe partecipato
alla nuova alleanza a tutti i livelli, ad eccezione del comando nazionale, e
che la partecipazione del PGT fosse resa nota, quando sarebbe stata diffusa
la notizia della costituzione di questa alleanza, sotto il nome di "Distaccamento
20 Ottobre," spiegando che questo veniva chiesto allo scopo di non fare
apparire settaria la nuova organizzazione agli occhi dell'opinione pubblica.
La spiegazione e la proposta furono accettate, anche se non senza un certo sospetto
da parte di alcuni rappresentanti del MP-13. In seguito, questo fatto apparentemente
senza un significato ben preciso, mostrò di corrispondere pienamente
alla visione che la direzione del PGT aveva della lotta armata e della sua partecipazione
ad essa: una partecipazione parziale, come se si trattasse di un nuovo settore
di lavoro, quale quello sindacale o quello delle donne.
L'organizzazione creata dalla nuova alleanza fu battezzata Forze Armate Ribelli
(FAR) e nel suo seno vennero costituite tre commissioni di lavoro : operazioni
militari, programma politico, rifornimenti e comunicazioni. I fronti vennero
creati così : Yon Sosa, col grado di Comandante, a capo della zona 1,
corrispondente a Izabal; alla direzione della zona 2, che si estendeva fra i
dipartimenti di Zacapa e di Chiquimula, fu posto Trejo. Turcios, anch'egli col
grado di Comandante e come secondo comandante generale, fu nominato capo della
zona 3 situata nella Sierra de Las Minas.
Nonostante fosse stato per quasi due anni in continuo contatto con i dirigenti
del MR-13 e nonostante fosse informato su quasi tutti i loro piani e dell'evoluzione
del loro modo di pensare, il gruppo dirigente del PGT venne preso alla sprovvista
da queste proposte. Nonostante tutti i precedenti, la direzione non aveva minimamente
previsto che si sarebbe potuto arrivare a questa alleanza, né aveva elaborato
nessuna proposta pratica. Per questo, in quell'occasione l'iniziativa fu completamente
nelle mani dei tre capi del MR-13.
Naturalmente il Comitato Centrale del PGT non venne consultato sulla opportunità
di questa alleanza, non solo per le scarse funzioni che aveva sempre avuto,
ma anche perché il gruppo dirigente del PGT non attribuiva alla creazione
di questa coalizione rivoluzionaria nessuna importante conseguenza per la linea
del partito.
Il distaccamento di Trejo, composto di circa venticinque combattenti, non era
per niente omogeneo. Comandante in seconda, e in contrasto con Trejo, era un
altro tenente del MR-13, Bernal Hernandez, ex ranger e anticomunista rabbioso,
che poco dopo disertò e comprò la sua amnistia denunciando compagni,
case, depositi. La truppa era formata da sergenti e da elementi della polizia
militare membri del MR-13, da alcuni contadini della base del PGT, da contadini
della zona, da studenti della Gioventù Patriottica del Lavoro (JPT) e
da alcuni elementi del sottoproletariato. Si installarono in un massiccio montagnoso
nella regione orientale del paese, che non ha prolungamenti con le altre cordigliere
di quella zona del Guatemala. Non avevano un piano operativo e, inoltre, mentre
Trejo era favorevole alla attuazione di una guerra di guerriglia su cui non
aveva ancora le idee chiare, il suo secondo, sostenuto dalla quasi totalità
dei membri del MR-13 del distaccamento, proponeva di eseguire un colpo di mano
nella vicina base militare di Zacapa, con la complicità di alcuni ufficiali
di stanza in quella base. Erano ossessionati dall'idea di una vittoria rapida;
continuavano a pensare come militari di carriera. Se a queste differenze aggiungiamo
le naturali divergenze politiche, ci possiamo spiegare perché, dopo pochi
giorni, il gruppo guerrigliero fosse diviso, nel suo stesso accampamento, in
due gruppi: "i comunisti e gli anticomunisti," divisione di carattere
ideologico piuttosto che politico. Trejo e i cosiddetti "comunisti,"
che non erano altro se non gente dalle idee avanzate e rivoluzionarie, si accampavano
in gruppo. A parte si raggruppavano il comandante in seconda, Bernal, e altri
elementi, quelli che si ritenevano "anticomunisti," ed erano coloro
la cui mentalità, formata nell'esercito, non aveva subito alcun cambiamento.
È evidente che mancava del tutto lo spirito di gruppo, e ben presto si
fece strada uno scoraggiamento generale, che si accentuò quando l'esercito
localizzò l'accampamento e lo bombardò per tre giorni. Dopo poco
tempo ebbe luogo il primo ed ultimo combattimento di questo gruppo, che si disperse
ai primi spari. In realtà, lo scontro col nemico non fu altro che un
elemento catalizzatore di una situazione confusa che esisteva potenzialmente
fin dal momento della creazione del gruppo. Molti dei combattenti erano veterani;
non vi furono manifestazioni di vigliaccheria durante gli attacchi aerei; pochi
momenti prima del combattimento alcuni dei combattenti arrivarono a promuovere
spontaneamente il giuramento collettivo di lottare fino alla morte per la rivoluzione.
Ma l'assoluta mancanza di orientamento politico e di unità nella concezione
della lotta dette luogo ad una situazione in cui il primo scontro con il nemico
costituii il pretesto per sciogliersi. I componentidel distaccamento, a gruppi,
nascosero le armi e alcuni tornarono in città, i contadini alle loro
case.
Il Comandante Yon Sosa si appoggiò soprattutto sui contadini della zona
in cui si trovava. Formò un primo gruppo, direttamente ai suoi ordini,
nella regione di Morales e sulle montagne del Micol. Il Segretario Generale
del PGT di quella zona, Estanislao de Leòn, Tanito) — che alcuni
mesi dopo doveva morire eroicamente in combattimento — si uni, contro
le direttive ufficiali del partito e sfidando apertamente sanzioni disciplinari,
al distaccamento del MR-13, portando con sé molti dei militanti comunisti
di base. Essi e gli elementi militari formarono la prima unità della
zona 1 e in realtà furono l'embrione dell'attuale Movimento Rivoluzionario
13 Novembre.
Una domanda logica s'impone. Se il PGT era membro delle FAR, come poteva minacciare
di sanzioni disciplinari un dirigente di base che con i suoi militanti entrava
a far parte di un distaccamento delle FAR? Non era quello un comportamento degno
di essere incoraggiato e additato ad esempio? La spiegazione di questa pressione
disciplinare cosí contraddittoria sta nel fatto che la direzione del
PGT, nonostante la sua risoluzione sulla lotta armata e sulla creazione delle
FAR, non aveva alcun interesse, fedele alla sua vera ma inconfessata concezione
della guerra, che questa divenisse la forma principale e generalizzata di lotta,
e quindi ostacolava l'incorporamento in essa della sua base. Ad ogni modo permetteva
che vi prendesse parte un limitato numero di quadri intermedi, pur rimanendo
contraria a distaccare uno qualsiasi dei suoi quadri centrali per la guerra.
Yon Sosa organizzò un altro gruppo guerrigliero nella sua zona, al comando
del tenente Rodolfo Chacòn. Questi si insediò sulle montagne vicine
alla costa dell'Atlantico, nello stesso dipartimento di Izabal. Il gruppo era
composto prevalentemente da operai delle piantagioni di frutta, portuali, alcuni
contadini e studenti. Molti di loro erano militanti del PGT, altri del PUR.
I comunisti, anche in questo caso, erano entrati a far parte della guerriglia
senza consultare la direzione nazionale del partito, anche se sembra che avessero
il consenso della direzione locale, decisamente a favore della lotta armata.
Chacón, ufficiale antiguerrigliero formatosi negli Stati Uniti, nutriva
sentimenti anticomunisti e conservatori, ma rimase leale a Yon ed ebbe un comportamento
combattivo fino alla fine. La sua debolezza politica non gli permise di esercitare
una influenza politicamente negativa sul suo distaccamento, fortemente caratterizzato
dai militanti comunisti, ma, in cambio, le sue azioni militari, all'inizio coronate
da successo, caratterizzate dalla sua mentalità di ufficiale dei rangers,
non rispettarono le norme della tattica guerrigliera, e furono la causa che,
in definitiva, permise all'esercito di sorprendere il suo accampamento, di annientare
la sua unità e di ucciderlo.
Turcios fu quello che più degli altri si appoggiò alla Commissione
Militare del PGT per costituire il suo distaccamento e per scegliere la sua
zona di operazioni. Quando facciamo riferimento alla Commissione Militare parliamo
in realtà delle sue attività (quadri addestrati militarmente,
presi dalla gioventù comunista, fra i quali vi era l'attuale Comandante
in Capo delle FAR, César Montes) e non della direzione dell'organismo,
formata in gran parte da compagni che né allora né in seguito
hanno avuto alcuna preparazione militare, né teorica né pratica.
Il fatto che Turcios abbia cercato questo appoggio è dovuto probabilmente
a tre ragioni: 1) Turcios mostrò fin dall'inizio della sua vita rivoluzionaria
interesse, simpatia, e quindi adesione, ai principi del marxismo-leninismo.
Raccontava, per esempio, che quando era in servizio come istruttore militare
nella base di Poptun, aveva conosciuto il rivoluzionario marxista nicaraguense
Carlos Fonseca Amador, che vi era tenuto prigioniero. Turcios, come raccontava
lui stesso, andava a trovarlo e provocarlo in discussioni politiche, perché
le idee del comunismo lo avevano straordinariamente attratto fin dai primi contatti
ideologici. 2) Fu appunto con alcuni quadri della Commissione Militare del PGT,
che cominciavano già a dissentire dalla linea contraddittoria ed errata
della direzione, che Turcios stabili una migliore intesa e venne a trovarsi
d'accordo sulla prospettiva militare e politica, tanto da considerarli compagni.
Alcuni di questi quadri studiavano e cercavano di assimilare i principi della
guerra guerrigliera, che Turcios afferrava con facilità e faceva propri,
liberandosi senza eccessive difficoltà di ogni residuo castrense. 3)
Era preoccupato dell'impreparazione politica del suo compagno e capo e, sentendosi
anch'egli alquanto insicuro in questo campo, cercò nelle file del partito
(avendo già una coscienza chiara delle esitazioni e deficienze in quanto
organismo di avanguardia) la possibilità di gettare le basi di un orientamento
corretto e solido, sia completandosi a vicenda con quadri comunisti in disaccordo
con la passività della direzione del PGT sia ottenendo, per mezzo di
contatti e discussioni, gli elementi necessari per darsele da solo.
Se il partito avesse avuto una politica diversa, una chiara linea rivoluzionaria,
se la sua direzione avesse avuto fiducia nella forza rivoluzionaria del popolo
e sicurezza nella validità e attualità della teoria di cui si
dichiara sostenitore, si sarebbe potuto formare, sviluppando e completando le
capacità di questo gruppo di giovani e inquieti ufficiali — ciascuno
dei quali per vie diverse, tortuose e difficili fini per abbracciare, grazie
ai propri sforzi, il marxismo e la rivoluzione — un'insuperabile équipe
dirigente per la guerra rivoluzionaria del nostro popolo.
I preparativi della zona N. 3 si svolsero ad un ritmo più lento. Yon
e Trejo avevano scelto zone che in un modo o nell'altro conoscevano. Il settore
geografico di insediamento del distaccamento di Turcios fu scelto invece in
fretta e con la polizia alle calcagna. Si era cominciata a preparare una zona
della Sierra de las Minas, che Turcios aveva percorso nel marzo-aprile, collocando
depositi di armi e vettovaglie e organizzando superficialmente i contadini del
luogo, ma la cattura da parte della polizia di alcune case del movimento a città
del Guatemala, in cui si trovavano del materiale e dei documenti, permise alle
forze repressive non solo di localizzare i depositi, ma anche di scatenare una
tale persecuzione sulla prevista zona di operazioni da mandare praticamente
all'aria tutto il lavoro preparatorio.
Mentre le FAR preparavano in queste condizioni le operazioni della guerra di
guerriglia, in seno al partito si verificavano accanite discussioni che avevano
lo scopo di sottomettere i quadri della Commissione Militare e i quadri di base
delle campagne ad una disciplina che frenasse l'azione armata e contenesse,
inoltre, l'impeto del MR-13. Quando i distaccamnti di Yon e di Trejo erano ormai
passati all'azione, la direzione del PGT continuava ad insistere nell'attesa
del "momento politicamente opportuno" e a mettere tutto il suo impegno
nel cercare una soluzione alla situazione che la campagna elettorale a favore
del Dr. Arévalo stava creando.' Nei primi mesi del 1963, in questa situazione,
la direzione del PGT riunì il Comitato Centrale per discutere la tattica
che il partito doveva adottare durante la campagna elettorale. Questo fatto
mette di nuovo in evidenza le dimensioni che la lotta armata e quella elettorale
avevano nella mente dei dirigenti del PGT. Il Comitato Centrale non discusse
dell'alleanza con il MR-13 e della formazione delle FAR. Non ci fu nessuna riunione
di questo organismo per prendere in esame questa iniziativa, importante da ogni
punto di vista. Invece, quasi un anno prima della scadenza di eventuali elezioni,
viene convocato il Comitato Centrale per discutere la tattica da adottare. Ve-diamo
da una parte che la concezione della lotta armata, l'importanza reale che ad
essa viene attribuita, porta il partito a non prevedere alcuna misura pratica
di un certo rilievo, e ad accettare le iniziative chiare, concrete e immediate
del MR-13, anche quando viene preso di sorpresa. Formare un'alleanza con il
MR-13 per fare la guerra ha così poca importanza che non merita neppure
una riunione del Comitato Centrale. Ma le manovre elettoralistiche sí
che meritavano l'attenzione del Comitato Centrale, così come la diffusione
delle sue direttive alla base del partito, con otto mesi di anticipo, perché
si facesse un lavoro prepara-torio profondo e cosciente. La guerra rimaneva
nei compiti amministrativi della segreteria, le elezioni occupavano il partito
nel suo insieme.
La discussione in questa riunione del Comitato Centrale fu molto serrata. Convocato
per studiare la congiuntura elettorale, il dibattito si accentuò inevitabilmente
sui problemi della lotta armata, lasciando di fatto, come una questione meramente
secondaria, la tattica elettorale. Ma le risoluzioni riflettono tutt'altro.
Al momento di votare trionfò, a maggioranza schiacciante con un'operazione
perfetta-mente orchestrata, la tesi sulla necessità di attendere il "momento
politico opportuno" per impegnare il partito nel-la guerra. Il nucleo centrale
della direzione fece credere che questo momento coincideva con quello dell'insurrezione
generale che Lenin analizzò nel 1917, e non lesinò citazioni.
Sulla tattica elettorale non ci fu, come del resto era prevedibile, una chiara
risoluzione. Rimase in sospeso l'atteggia-mento da assumere nei confronti della
candidatura di Arévalo. Secondo la direzione del PGT definire chiaramente
una posizione poteva portare soltanto a due inconvenienti: assoggettarsi completamente
ad Arévalo o "isolarsi" dalle mas-se. Che alternativa!
Com'è noto, Peralta Azurdia, rovesciando il decrepito Ydigoras, si incaricò
di facilitare una presa di posizione negli esitanti. Abrogò la costituzione,
cacciò Arévalo dal Guatemala e stabili un regime di dispotismo
militare.
In mezzo alla repressione che si scatenò subito dopo, Turcios e i suoi
compagni organizzarono il distaccamento e attuarono quelle misure minime che
permisero alla zona N. 3 di accogliere la guerriglia, che prese il nome di Fronte
Guerrigliero Edgar Ibarra (FGEI).
La composizione di questo distaccamento era molto di-versa dalle altre. Fatta
eccezione per Turcios, nessuno dei suoi componenti era stato membro del MR-13.
Erano, in grande maggioranza, membri del PGT o della sua organizzazione giovanile,
fra cui alcuni quadri intermedi. Oltre a Turcios, praticamente veterano di tutte
le azioni del MR-13, vi erano anche dei veterani del fallito tentativo di conquista
della base di Coban e del disastro di Concuà. Gli altri erano contadini
di una regione distante, di eccezionale valore, e alcuni di essi erano ex soldati
dell'esercito.
Ma prima di partire alcuni dei quadri, militanti del PGT, sentirono il bisogno
di promuovere una seria discussione in seno alla Commissione Politica del Partito,
a causa di una preoccupante direttiva che era stata emanata. Già in precedenza
alcuni quadri della Gioventù erano stati inviati nella zona 1 per dare
man forte a Yon Sosa. Uno di loro, morto in combattimento, era Edgar Ibarra.
Questi compagni, risoluti e decisi, ma sprovvisti di un chiaro orienta-mento
politico, commisero alcuni errori e non furono in grado di rispondere al compito
fondamentale che dovevano assolvere in quella zona.
Queste circostanze, a seguito anche dell'atteggiamento di voluta cautela che
il governo Kennedy aveva adottato nei confronti dei colpi di Stato perpetrati
dai gorilla in Honduras e in Guatemala contro i governi legalmente costituiti,
oltre alla cospirazione che il comandante di una delle caserme di città
del Guatemala (il colonnello Callejas, che divenne in seguito uno dei capi della
organizzazione terrorista MANO), cercava di organizzare, fecero sorgere nella
direzione del PGT una corrente che sosteneva quanto segue: la tendenza prevalente
in seno al governo yankee è favorevole ai governi di "democrazia
rappresentativa" e tende, pertanto, a voltare le spalle ai gorilla. È
prevedibile, quindi, che appoggiando qualche militare di "mentalità
progressi-sta" — si diceva questo di Callejas perché alla
ricerca di alleati per il golpe era entrato in contatto con alcuni dirigenti
del PUR — si possa effettuare un colpo di stato che restauri la costituzionalità
e formi un governo democratico, proporzionalmente all'ampiezza della pressione
politica che le forze rivoluzionarie sono in grado di esercitare. Dato che il
Comandante Yon non aveva permesso a nessun comunista di assumere il comando
della truppa nel suo distaccamento, era necessario dare vita, separatamente,
a una guerriglia con un capo comunista, da utilizzare come asso nella manica
al momento dei negoziati. Le caratteristiche del di-staccamento di Turcios non
permettevano di utilizzarlo in questa prospettiva. Era pertanto necessario riattivare
il settore di operazioni che era stato affidato a Chacón e che, per la
sua vicinanza a Puerto Barrios, rendeva possibile il rapido sorgere di una guerriglia.
La tattica da seguire doveva consistere nel paralizzare la direttrice verso
l'Atlantico.
La discussione che ebbe luogo nella Commissione Politica allargata fu molto
animata. Per quelli che consideravano la lotta armata come una linea rivoluzionaria,
e non come una manovra tattica, era evidente che questo progetto ripeteva lo
schema sul quale era stato organizzato il Distaccamento 20 Ottobre annientato
a Concud, e pertanto era anche prevedibile un nuovo disastro. Anche se alla
conclusione della riunione si promise di rivedere questa direttiva, in pratica
il progetto andò avanti. Venne offerto il comando a diversi attivisti
con la prospettiva di ottenere immediatamente il grado di Comandante di questo
nuovo distaccamento. Ma né il progetto, né le condizioni concrete
erano molto convincenti. Il compagno che alla fine accettò di assumere
la responsabilità dell'impresa, evidentemente ingannato, quando si rese
conto sul terreno dell'assurdità del piano, decise di scendere dalle
montagne con i suoi scarsi effettivi: fu fatto prigioniero, gli altri riuscirono
a tornare a città del Guatemala.
La confusione dilagante fece scendere anche Yon Sosa, vittima anch'egli dello
stesso male. I quadri trotzkisti del Partito Rivoluzionario Operaio Messicano,
filiale del sedicente ufficio latinoamericano della IV Internazionale, diretto
dall'avventuriero ex calciatore argentino J. Posadas (che presentatisi come
collaboratori esperti si erano infiltrati nel MR-13) fecero la loro comparsa
criticando gli errori e le debolezze del PGT. Questo atteggiamento, apparentemente
sincero e basato soprattutto su un'innegabile realtà, rafforzò
la fiducia di Yon Sosa nei loro confronti e confuse, sulle prime, alcuni membri
del PGT e della Gioventù: individui insoddisfatti della piega che andavano
prendendo le cose e convinti che la pressione che avrebbero potuto esercitare
i comunisti legati alla lotta armata e i membri del MR-13 sarebbe riuscita a
portare la direzione del partito su posizioni più coerenti, ad assumere
un orientamento definito e chiaro e ad intraprendere un'azione decisa.
La direzione del PGT non fu in grado di smascherare l'infiltrazione trotzkista.
I trotzkisti furono confusi con i compagni che avevano posizioni radicali a
proposito della lotta armata all'interno del partito, e tutti furono definiti
"estremisti." Il partito vedeva in loro degli avversari della sua
"giusta posizione marxista-leninista." Si preoccupò tanto poco
del contenuto ideologico di queste posizioni, assai differenti nella sostanza,
che per placare la opposizione dei trotzkisti nel comando delle FAR e per "attenuare"
in questo modo la divergenza che sorgeva nelle stesse file del partito, affidò
loro la responsabilità di occuparsi dei fronti guerriglieri e quella
di amministrare le finanze delle FAR, al fine di conservare, in cambio, il ruolo
di portavoce nelle trattative con gli altri settori politici, per costruire
il Fronte Unito della Resistenza (FUR), parodia del FLN formato dal Partito
Comunista Venezuelano, come organismo politico di unità nazionale dirigente
la lotta armata. (Del FUR avrebbero dovuto far parte, secondo le previsioni,
oltre alle organizzazioni che componevano le FAR, il PUR e, possibilmente, alcuni
settori dell'arevalismo disperso.)
I trotzkisti approfittarono abilmente delle concessioni ottenute dal PGT per
influire sui due distaccamenti guerriglieri esistenti, in due direzioni: svolgendo
un'intensa attività nel campo dei rifornimenti, che il partito non era
riuscito a realizzare quando era suo compito, ed effettuando un vero e proprio
bombardamento di materiale teorico, soprattutto notizie e informazioni internazionali,
in netto contrasto con l'inattività del PGT in questo campo. In seguito
divenne evidente che le notizie. i commenti sugli avvenimenti nazionali e internazionali
erano deliberatamente deformati o gonfiati ad uso e consumo dell'ufficio di
Posadas e che, in molti casi, provenivano direttamente da lui. Il seguente episodio
dimostra fino a che punto arrivò il disprezzo da parte della direzione
del PGT per la guerriglia e per i suoi stessi quadri e militanti che la adotta-vano.
Il distaccamento della zona 3, comandato da Turcios, dovette insediarsi nel
settore prescelto in modo quasi improvvisato. Immessi in condizioni estremamente
diverse da quelle descritte dalla direzione del PGT in un quadro della realtà
nazionale e della lotta armata, quadro che era stato abbozzato in una specie
di dichiarazione ufficiale e in cui si dava la notizia dell'esistenza delle
FAR e del PUR (organismo, quest'ultimo, che non fu mai qualcosa di più
di una sigla), i quadri comunisti della guerriglia, d'accordo con il Comandante
Turcios, elaborarono un memorandum per la direzione del PGT intitolato "Lettera
alla direzione del PGT dei quadri comunisti distaccati nella guerriglia Edgar
Ibarra." Questa lettera, che fu recapitata dalle montagne alla capitale
da un delegato del FGEI (l'attuale comandante in capo delle FAR, César
Montes), conteneva in abbozzo alcuni suggerimenti che in seguito presero una
forma ben precisa nel documento noto sotto il titolo "Lettera del FGEI
al Comitato Centrale del PGT e alla Direzione Nazionale del MR-13." Si
denunciava fin d'allora la mancanza di un inquadramento strategico e globale
della lotta armata e l'urgenza di trasformare le organizzazioni di base del
partito in entità paramilitari che si ponessero effettivamente all'avanguardia
della lotta rivoluzionaria. Si chiedevano inoltre chiarimenti su alcuni problemi
concreti che si dovevano affrontare, e per i quali le direttive ufficiali erano
inspiegabili o in contrasto con la realtà, realtà molto diversa
da quella immaginata negli studi del partito. Questa iniziativa fu accolta con
sussiego dai dirigenti del PGT che non la degnarono di nessuna risposta. Ad
eccezione di questo contatto, negli otto me-si di sopravvivenza del FGEI, non
vi furono altri rapporti con la direzione del partito.
L'insieme dei quadri trotzkisti, che si erano praticamente impadroniti della
direzione del MR-13 senti, verso la metà del 1964, che era giunto il
momento di prendere nelle proprie mani tutto il movimento guerrigliero. Fu pubblicato
il primo numero dell'organo ufficiale del MR-13 dal titolo "Rivoluzione
Socialista," in cui i trotzkisti esponevano il loro programma, data l'assoluta
inesistenza di un programma d'insieme per le FAR. Questo programma, chiaramente
trotzkista, metteva l'accento sulla definizione del carattere della rivoluzione
e dava un abbozzo di strategia politica classica trotzkista che portava, precisamente,
a snaturare e a negare la lotta armata rivoluzionaria! Oltre ad altre affermazioni
aberranti, dava delle parole d'ordine inopportune e pericolose. Le sue critiche
al PGT erano apertamente frazionistiche e non più di carattere dottrinario.
La pubblicazione del primo numero di "Rivoluzione Socialista" poneva
di fatto il problema della dissoluzione delle FAR e della rottura dell'alleanza
con il PGT. Il programma unilaterale, le iniziative frazionistiche e gli elementi
apportati da una campagna, fecero sí che nel FGEI si sentisse la necessità
di un'attenta analisi della situazione e di una discussione di alcuni problemi
relativi a questioni programmatiche. Tutto ciò fu effettuato dopo che
l'assalto e la conquista della guarnigione di Rio Hondo, brillantemente eseguiti,
definirono pienamente le caratteristiche militari e di combattimento del FGEI.
La posizione del FGEI rispetto ai problemi del movimento rivoluzionario fu chiara
e precisa. Essa fu tracciata nel documento noto come "Lettera del FGEI
al PGT e al MR-13." In questa lettera le contraddizioni venivano definite
come interne al campo rivoluzionario, e quindi destinate a essere risolte cercando
una nuova base unitaria; a questo fine si proponevano un abbozzo di struttura
organizzativa, un obiettivo strategico e un abbozzo di strategia militare.
La lettera analizzava inoltre i programmi del PGT e del MR-13, indicandone gli
errori e, in particolare, denunciava l'infiltrazione trotzkista e ne segnalava
la pericolosità. Proponeva che si cercasse, escludendo i trotzkisti,
una piattaforma unitaria, ma prevedeva, nel caso in cui le contraddizioni non
trovassero una soluzione immediata e si acuissero, che il FGEI avrebbe scelto
la propria via, sotto la bandiera dell'ideologia proletaria.
L'influenza trotzkista non si fece mai sentire effettivamente sulla guerriglia.
Alcune affermazioni che avevano una base nella realtà provocarono una
certa confusione e lunghe discussioni a livello di direzione; non arrivarono
mai tra i combattenti. Per questo la posizione del FGEI, nella quale molti avevano
voluto intravedere l'ombra di questa o quella influenza ideologica, rappresentò,
in realtà, una tendenza oggettiva che germogliò e si sviluppò
nel seno stesso del movimento rivoluzionario marxista, e si nutri delle proprie
più vitali esperienze. Rappresentò la sintesi delle esperienze
militari e politiche proprie e altrui che si erano prodotte agli albori della
lotta armata in Guatemala. Da ciò derivò la sua vitalità.
Con le sue prime azioni coronate da successo, il FGEI ruppe l'isolamento in
cui per lunghi mesi si era trovato. Attorno ad esso ebbe luogo un rapido processo
di attrazione nei confronti delle masse popolari locali. Allora, sia la direzione
del PGT sia i trotzkisti, si interessarono vivamente, con sorpresa dei guerriglieri,
alla discussione e alla presa in considerazione delle opinioni del FGEI. Si
era prodotto un fatto oggettivo e innegabile. Il contatto con la realtà
della lotta e del paese, su cui si era tanto discusso, ma molto poco sperimentato
nella pratica; le esperienze, per quanto rare e localizzate, sufficientemente
vitali e tipiche da costituire la base di una relativa generalizzazione; la
convivenza quotidiana e l'integrazione politica e sociale che ebbe luogo nella
guerriglia alla luce delle condizioni suriferite e la lontananza dalla routine
deformante e cieca dell'apparato burocratizzato del partito, dettero al distaccamento
una personalità propria, e gli permisero di acquisire un punto di vista
indipendente sia da quello ufficiale del partito che da quello della frazione
trotzkista. La sua attività militare e politica, anche se in termini
assoluti fu limitata e non priva di deficienze, fu, in rapporto a quanto si
faceva nel resto del paese, più seria e profonda, tanto da dargli una
crescente autorità. Era evidente che quell'improvviso interesse, inesistente
in precedenza, era diretto da un lato e dall'altro a conquistare l'adesione
della nascente forza politica e militare del FGEI.
Sulla base dei punti contenuti nella lettera del FGEI ebbero luogo delle discussioni
con il PGT e il MR-13. La frazione trotzkista, grazie all'azione di abili elementi
come Adolfo Gilly, riuscì a conservare la sua influenza sul MR-13 e ad
eludere le argomentazioni del FGEI. In conseguenza di ciò, il Comandante
Turcios si dimise pubblicamente da quella organizzazione, rafforzando così
il carattere indipendente del FGEI. Questi avvenimenti provocarono due tipi
di reazione fra i giovani comunisti scontenti della linea e della direzione
del partito: ad alcuni tutto questo apparve come una nuova prospettiva, per
altri fu un punto di partenza e di appoggio per chiedere la realizzazione dei
cambiamenti richiesti nella direzione del partito.
Questa situazione pose il PGT in una posizione molto difficile e complessa.
Per quanto i comunisti del FGEI non rinunciassero alla loro iscrizione, di fatto
avevano una posizione diversa dalla linea e dalla disciplina di partito. La
decomposizione interna era arrivata a un tale grado da non permettere che la
direzione agisse come formalmente avrebbe dovuto fare un coerente organismo
dirigente di un partito di classe; una prova ulteriore della sua incapacità
ad affrontare situazioni qualitativamente diverse, e della mancanza di corrispondenza
che viene alla luce quando un'organizzazione cerca di agire in base ad uno schema
meccanico e astratto nei confronti di una realtà in movimento, viva,
esplosiva.
Di fronte a questa situazione la direzione del PGT si è comportata con
flessibilità, ma anche priva di una qualsiasi coerenza rivoluzionaria.
Non ha agito in modo rivoluzionario, come avrebbe dovuto per il ruolo storico
che si attribuisce, perché non ha fatto, di fronte al mutamento qualitativo
che l'apparizione e l'iniziale consolidamento della guerra popolare ha imposto
al processo rivoluzionario nel nostro paese, una revisione franca e onesta della
sua linea, delle sue concezioni, del suo stile di lavoro e di lotta; eppure
questo mutamento era perfettamente riscontrabile attraverso le trasformazioni
che l'inizio della guerra ha imposto nelle idee e nella struttura, nei metodi
e nei procedimenti del popolo e del nemico. D'altra parte, la direzione del
PGT, ha discusso i punti del FGEI; ha accettato le critiche che nella lettera
del FGEI venivano rivolte alla linea del partito e ad alcuni punti programmatici,
adducendo unicamente che si trattava di "errori relativi, non assoluti";
ha partecipato alla conferenza per l'unificazione convocata dal Comandante Turcios
per costituire — con la partecipazione del FGEI, del PGT, della JPT (Gioventù
Comunista) e dei rappresentanti di alcune zone di resistenza che agivano autonomamente
— il Centro Provvisorio visorio di Direzione Rivoluzionaria (CPDR), organismo
concepito allo scopo di dotare il movimento rivoluzionario in armi di un comando
unico e centralizzato e di una linea rivoluzionaria; ha approvato la costituzione
di questo organismo e ha sottoscritto il comunicato della sua formazione; ha
fatto suoi alcuni concetti proposti dal FGEI sul carattere della rivoluzione
e delle classi che ne costituiscono la forza motrice, tutto ciò senza
dare una spiegazione alla base, senza discuterne in sede di Comitato Centrale,
senza modificare, in definitiva, il suo orientamento né i suoi procedimenti.
Né la base del partito, né il suo Comitato Centrale sono mai stati
informati non diciamo delle particolarità di tutti questi avvenimenti,
ma neppure della loro meccanica, dei fattori che erano entrati in gioco e avevano
prodotto questa situazione. La risoluzione del Comitato Centrale, pubblicata
assieme alla dichiarazione di fondazione del Centro Provvisorio di Direzione
Rivoluzionaria, venne elaborata sulla base degli accordi sottoscritti in precedenza
dal gruppo dirigente del partito con il FGEI, la JPT e i rappresentanti delle
zone di resistenza, e approvata quando il Centro di Direzione era già
una realtà funzionante. La direzione del PGT non è stata coerente
con la rivoluzione, ma non lo è stata nemmeno con la sua linea, che non
ha difeso francamente, né con gli statuti, che ha ignorato, né
col Comitato Centrale, che non è stato informato e a cui non è
stato richiesto nessun parere, e tanto meno con la sua base alla quale è
stata ammannita soltanto una versione formale e ingannevole, versione per cui
sembra che tutto si sia svolto nel modo più normale e regolare, e che
gli organismi di partito non solo hanno funzionato regolarmente, ma anche con
abilità e lungimiranza. Se la direzione del partito era sicura della
giustezza della sua linea, perché non l'ha difesa davanti alla base,
davanti al Comitato Centrale? Se la direzione del partito era convinta della
validità degli statuti perché non ha osato applicarli nei confronti
di coloro che nei corridoi accusava di essere frazionisti, dato che così
definiva quei comunisti che avevano approvato apertamente una linea diversa,
o che con il loro comportamento respingevano come inservibile la linea ufficiale
del partito? Se era sicura di agire onestamente e francamente, perché
non ha permesso che il Comitato Centrale agisse come dovrebbe agire, e discutesse,
analizzasse ed elaborasse le risoluzioni su problemi di così grande importanza?
Perché tutto il suo modo d'agire non è stato che una manovra tendente
a guadagnar tempo e nuove posizioni, al fine di essere nuovamente in condizione
di imporre la vecchia linea politica, attraverso pressioni e affermazioni demagogiche,
al fine di far valere nuovamente la sua concezione politica, anche se né
l'una né l'altra corrispondono alla realtà e alla necessità
rivoluzionaria del popolo, purché, e questo è l'unico requisito
richiesto, entrambe rientrino nello schema consacrato.
La fase successiva a quanto è stato qui narrato, non riguarda più
la nascita della lotta armata. Riguarda lo sviluppo difficile che è seguito
alla sua nascita travagliata, con la sua dolorosa serie di errori, di perdite
e di sconfitte, ma anche con le stimolanti esperienze e conferme sulla linea
rivoluzionaria della lotta armata. E una delle più importanti lezioni
per noi, in questo momento, è che le strutture e i concetti della lotta
di classe non possono essere rivoluzionari quale che sia il nome con cui vengono
definiti, se non riflettono una realtà di lotta e se non sono utili a
risolvere vittoriosamente, per le classi oppresse, i problemi che pongono quella
realtà e quella lotta.
1968
Note
(1) Juan José Arévalo, uomo politico liberale,
presidente eletto del primo governo rivoluzionario (1945-1951).
(2) Luis CARDOZA y ARAGÓN, La Revolucidn Guatemalteca, Edizioni Cuadernos
Americanos, no 43, 1955.
(3) Il movimento controrivoluzionario diretto da Castillo Armas, strumento del
Dipartimento di Stato nell'invasione del Guatemala e nel rovesciamento del governo
Arbenz nel 1954, ha preso il nome di Movimento di Liberazione Nazionale poiché
secondò la sua propaganda, aveva lo scopo di "liberare" il
Guatemala dal comunismo. Per questo il termine "liberazione" o "di
liberazione" ha, nel linguaggio politico, un significato reazionario.
(4) “Revoluciòn Socialista," organo del MR-13, novembre 1967.
(5) La congiuntura elettorale e le manovre politiche di Ydigoras hanno permesso
ad Arévalo di partecipare alla campagna elettorale del 1963. Ma questa
possibilità è stata soppressa dal colpo di stato militare del
marzo dello stesso anno, che ha rovesciato Ydigoras e sospeso la legalità
costituzionale.