Biblioteca Multimediale Marxista
nel trentennale della strage
1) Il titolo di questo libro non a tutti piacque. Anche nella sinistra extra-parlamentare
nella quale militavamo, molti pensavano - contro ogni evidenza, secondo noi
- che la strage fosse fascista, forse con qualche copertura o complicità
di apparati statali. La storia ha dimostrato che non era così. Anche
le successive stragi degli anni '70/80 (piazza della Loggia, Italicus, strage
alla stazione di Bologna, ecc) hanno confermato, fuor di ogni dubbio, che lo
Stato promuoveva o consentiva stragi e delitti eccellenti, spesso gestendoli
in prima persona e comunque coprendoli; ultimi esempi Ustica, Casalecchio di
Reno, la morte di Ilaria Alpi, le navi dei profughi speronate e il Cermis; crimini
di guerra e di pace, sempre con la stessa logica del puro dominio.
2) L 'inchiesta fu militante/collettiva e così la diffusione del libro.
Fu anche una indicazione di metodo che oggi vogliamo/dobbiamo rilanciare. Tanto
più che se alla fine degli anni '60 e inizio dei '70 ancora esistevano
taluni spazi d'informazione più o meno liberi, oggi si sono ridotti al
lumicino. Difficile credere che qualche giornalista "normale" oggi
indagherà sui delitti/bugie di Stato (la guerra '99 della Nato, per dire
il fatto più grave) e comunque che queste inchieste avranno un'eco. Non
possiamo però tacere che molti/e oggi chiudono le orecchie, preferiscono
non sapere. Dobbiamo dunque informarci da soli e contro-informare con le forze
che abbiamo, trovando il modo di sturare le orecchie e aprire le menti cloroformizzate.
3) In coda al libro trovate le prefazioni (Aldo Natoli, Lelio Basso, Alessandro
Natta e Ferruccio Parri) che allora chiedemmo a 4 esponenti, seppure un po'
atipici, della sinistra tradizionale. Perché noi - extraparlamentari
-sentimmo il bisogno di coinvolgere persone da cui eravamo più o meno
lontani come prassi politica? In parte fu per dare copertura politico/giudiziaria
a un libro che temevamo fosse bloccato e/o passato sotto silenzio; in parte
(ben maggiore) perché la gran parte di noi era allora convinta che, per
quanto grandi fossero le distanze dalla "vecchia" sinistra, c'era
un terreno minimo (di difesa delle regole democratiche uscite dalla Resistenza,
di opposizione al fascismo vecchio/nuovo) su cui comunque ci saremmo potuti
trovare insieme. Fu questo un grave errore d'analisi, come infatti successivi
dimostrarono; al di là di singole persone infatti, tutta la "vecchia"
sinistra (intendiamo con ciò il Psi, la Cgil, il Pci e i suoi vari figlioli
Pds, Ds/Ulivo) non si è schierata per "far luce", come all'epoca
si diceva, e con triste coerenza ha tradito persino una delle pagine fondanti
della Costituzione, quella che ripudia la guerra come strumento d'offesa. Esistono
fra noi - che oggi siamo politicamente impegnati in luoghi assai diversi - divergenze
di idee sulle ragioni e sui passaggi di questa "devastazione" della
sinistra, come di altri nodi storici. Al di là però di queste
diverse valutazioni, tutti noi abbiamo la certezza che oggi la sinistra vera
può essere solo extra-parlamentare, che i meccanismi del potere impediscono
ogni possibilità d'accesso democratico/elettorale a chi vuole scardinare
le ingiustizie (italiane e mondiali), che i veri utopisti sono coloro che non
sentono la necessità di una rivoluzione dal basso. Curioso che noi -
extraparlamentari ieri - siamo oggi al fianco degli "extra-comunitari"
(che noi preferiamo comunque chiamare migranti); ci dev'essere in questo "extra"
qualcosa che ci sfugge, al di là delle sprezzanti definizioni di chi
è "dentro". Forse essere "fuori" (dai meccanismi)
è l'unico modo d'agire nel profondo, il che spaventa i cani da guardia
dell'ingiusto ordine costituito.
4) In copertina a La Strage di Stato ci sono i gendarmi di Pinocchio o forse
i carabinieri di Valpreda; continuità dello Stato forte con i deboli
e debole con i forti. Viviamo sempre più all'interno d'una nazione-poliziotto
e in una rete di sbirri mondiali: impediscono agli esseri umani di passare le
frontiere proprio mentre capitali, armi e veleni non hanno confini; affamano
interi continenti e uccidono (o imbavagliano, se si vive nella parte privilegiata
del mondo) chi ne spiega le vere ragioni; si lamentano in Italia della sicurezza
(imbrogliando sui dati, diffondendo razzismo) mentre ogni giorno 4/5 persone
muoiono in Italia nei luoghi della produzione, per colpa provata di un'organizzazione
del lavoro criminale; c'è anche chi vorrebbe sempre più portare
il poliziotto/prete dentro le nostre camere da letto. Trent'anni dopo abbiamo
la certezza o forse solo la conferma che esiste un filo, un continum fra lo
Stato armato e terrorista e la piccola/spiccia repressione, fra i grandi trafficanti
d'armi internazionali (che poi piangono sulle vittime e organizzano le "missioni
Arcobaleno") e il tentativo di controllare e/o ingabbiare le nostre esistenze.
Un discorso lungo e complesso che, come altri, qui accenniamo solo. Noi crediamo
che questo filo vada spezzato, ovunque sia possibile. Non abbiamo grandi organizzazioni/energie
per farlo. Anzi, come direbbe Totò, "alla forza pubblica possiamo
opporre solo la nostra privata debolezza". Però lo faremo e invitiamo
a farlo ogni giorno: ci si chiami tute bianche o rete Lilliput, centri sociali
o Greenpeace, lavoratori auto-organizzati o Cantieri Sociali, zapatisti o sem-terra
di ogni parte del mondo, "Dire mai al Mai" o altro ancora, i nomi
contano poco, è come s'agisce quel che fa la differenza. Se un anello
della catena dello Stato poliziotto viene lacerato, più facile sarà
che anche altri anelli si spezzino. E viceversa: ogni volta che chiudiamo gli
occhi sui diritti di "un altro/a", perché non sappiamo identificarci
con lui/lei, stiamo saldando una catena che stringe/stringerà il collo
di tutti/e. Perché lo Stato globale oggi è una falsa democrazia
che in realtà si basa sulla dittatura degli 850 leader che si riuniscono
al Forum internazionale di Davos (e possiedono il 95% o giù di lì
dei massmedia mondiali, tanto per dare un 'idea) e che hanno 50 mila "luogotenenti"
per controllare qualche miliardo di consumatori a Nord (se sono buoni, altrimenti
diventano criminali) e di schiavi al Sud (che se provano a ribellarsi vengono
uccisi con le armi, con gli embarghi o con "le politiche di aggiustamento
strutturale" della Banca mondiale). Oggi come ieri, lo ripetiamo: ribellarsi
è sempre giusto, possibile, necessario.
5) Ovviamente questo libro non ha copyright: non crediamo alla proprietà
privata delle idee, figuriamoci se pensiamo che la memoria possa essere registrata
con diritto d'autore. Chiunque può, se crede, riprodurlo. V'invitiamo
però, oggi come ieri, a diffidare di chi sui libri s'arricchisce: non
pagare un libro più del dovuto è un atto di elementare giustizia,
sabotare chi sul caro-sapere s'arricchisce (ed esclude i più) è
un irrinunciabile dovere.
6) Anche questa ri-edizione è firmata solamente dai nomi di due compagni,
(Edoardo e Marco) che nel frattempo sono morti; perché materialmente
ne scrissero gran parte, ma anche per ricordarli. Nel '98 è morto anche
Edgardo Pellegrini, uno dei tanti/tante che ci diede una mano: per lui - scrive
la sua compagna Elettra Deiana -"il metodo che portò alla stesura
di Strage di Stato fu sempre un punto di riferimento, una memoria feconda anche
per l'oggi". Gli altri e altre "co-autori" non ci tengono a far
sfoggio dei loro nomi, anche se sono orgogliosi di aver preso parte a quest'impresa.
La ragione di questo essere "anonimi" ben la spiega Sarina (la poetessa
del gruppo): "nel regno dell'avere, al tempo della ufficializzazione del
nulla, chi aspira a essere non può che essere clandestino". O, se
preferite! una versione più politica, noi comunque (con il triste privilegio
dell'età, in parole povere pur invecchiati e ingrassati), continuiamo
a sentirci parte d'un grande movimento, ad aver senso/ragione solo dentro questa
mobile, eterogenea folla che combatte "lo Stato presente delle cose".
7) Non siamo dunque pentiti di questa contro-inchiesta (anzi ne siamo assai
fiere/i), come non siamo pentiti d'aver lottato e di continuare a farlo (ognuno/a
a suo modo), dopo 30 anni. Ci sentiamo di sottoscrivere quanto, nel '95; scrisse
un "pazzo" compagno statunitense, Albert Hoffman, in prima fila nel
movimento degli anni '60-70: "Certo, eravamo giovani. Certo, eravamo arroganti.
Eravamo ridicoli, eravamo eccessivi, eravamo avventati, sciocchi. Ma avevamo
ragione". Avevamo ragione noi, anche su questo: la strage è di Stato.
E diciamo a voi, gente perbene, che "per quanto vi crediate assolti",
come cantava allora Fabrizio De Andrè, "noi verremo ancora a bussare
alle vostre porte", perché siete sempre - e per sempre - tutti coinvolti.
Un gruppo dei compagni/compagne che indagarono e scrissero 30 anni fa per smascherare
la "strage di Stato"