Biblioteca Multimediale Marxista
Gli anarchici -- Colpevoli, subito - Perché proprio gli anarchici - Gli attentati del 25 aprile - Il circolo 22 Marzo - Mario Merlino fascista - Mario Merlino fascista e provocatore - Mario Merlino prima delle bombe - Mario Merlino delatore.
Premessa
Gli anarchici della FAI hanno distribuito Strage di Stato con
un allegato in cui formulavano un'interpretazione diversa del secondo paragrafo
di questo capitolo. È un esempio di correttezza: comprendendo la grande
importanza che gli elementi di questa inchiesta venissero a conoscenza di un
pubblico il più vasto possibile, l'hanno diffusa; avendo perplessità,
su un punto che li riguardava, le hanno indicate. È anche una lezione
nei confronti di chi, in disaccordo non coi fatti ma con le interpretazioni
politiche qui contenute, ha boicottato il libro e ha così collaborato,
non incoscientemente, alla congiura di silenzio che si voleva organizzare attorno
ai fatti di piazza Fontana; congiura, d'altra parte, miseramente fallita. "Ma
perché scelgono proprio gli anarchici?" era il titolo del secondo
paragrafo di questo capitolo. La risposta partiva dall'osservare che essi sono
"la parte più debole dello schieramento di sinistra... pressoché
privi di organizzazione... due caratteristiche che permettono ogni tentativo
di in filtrazione e di provocazione alloro interno...". Gli anarchici della
FAI non sono d'accordo: le osservazioni non hanno nulla a che vedere con il
nostro effettivo funzionamento, hanno detto. Gli editori non hanno difficoltà,
dal canto loro, ad ammettere che il capitolo non riguardava la FAI ma alcune
caratteristiche dell'anarchismo generico, che tra l'altro è sempre sfruttato
dagli organi di stampa per la denigrazione di molti movimenti composti da seri
militanti ed è usato da centrali di provocazione che strumentalizzano
il clima così creato. Il paragrafo, dunque, non voleva in alcun modo
offendere le idee dell'anarchismo e le organizzazioni che vi si richiamano,
soprattutto in un momento in cui molti aderenti a tali organizzazioni si trovano
tra le mani della "giustizia" borghese.
Ma veniamo a un punto cruciale del capitolo: gli attentati del 25 aprile. È
su questo punto che, nei mesi successivi alla pubblicazione della Strage di
Stato, sono avvenuti alcuni dei fatti più clamorosi.
Nel corso del processo è stata chiesta l'incriminazione della "supertestimone"
Rosemma Zublena, per falso, e quella del commissario Calabresi per subornazione
della stessa teste. E la Zublena ha ammesso che le sue affermazioni le erano
state "suggerite" dal Calabresi.
L'imputato Braschi ha rivelato che lo stesso commissario Calabresi, durante
un interrogatorio, aveva aperto la finestra dell'ufficio e l'aveva invitato
a buttarsi giù; ciò accadeva mesi prima della morte di Pinelli.
Nel corso del processo c'è stata anche la clamorosa deposizione del teste
inglese Leslie Finer, su cui ritorneremo più avanti. Ma devono essere
svolte alcune osservazioni: il pubblico ministero ha dovuto accettare l'evidenza,
la montatura poliziesca, facendo cadere le più gravi imputazioni; e tuttavia
gli anarchici sono stati condannati, a pene più severe di quelle richieste
nella requisitoria, anche se è stata loro concessa la libertà
in attesa del processo d'appello. È comunque caduta l'accusa di strage;
sono cadute le accuse riguardanti 16 dei 18 attentati, tra cui quelli alla Fiera
di Milano. Ma allora, questi attentati, chi li ha eseguiti? Quel che è
caduto, in realtà, è il senso unico impresso alle indagini dagli
inquirenti, dal commissario Calabresi e dall'ex carabiniere giudice Amati (lo
stesso che intervenne, per far interrompere le indagini della questura romana
che aveva individuato come autori degli attentati al Senato, alla Pubblica Istruzione
e al Palazzo di Giustizia tre noti fascisti).
Il secondo asse del presente capitolo riguardava Mario Merlino. È risultato,
e lo stesso Merlino lo ha ammesso, che egli era un informatore dei fascisti
specializzato in "gruppi di sinistra" È così smentita
la tesi dei magistrati Cudillo e Occorsio, secondo cui si trattava del principale
sobillatore, che agiva su un gruppo né anarchico né fascista ma
di ideologia incerta (questa la versione rabberciata, dopo le rivelazioni di
Strage di Stato). L'ammissione che si trattava di un uomo di fiducia dei fascisti,
al contrario, dà forza alla tesi degli autori: Merlino era la pedina
chiave per suggerire attentati e, poiché non riusciva a farli compiere,
per propagare informazioni tali da spostare importanti settori di opinione pubblica,
al momento giusto, contro la "dinamitarda" nuova sinistra. Così
Mario Merlino diventava un personaggio chiave nella costruzione del capro espiatorio
su misura, cioè per permettere l'accusa al circolo XXII Marzo quando
l'atteso attentato venisse compiuto per davvero e all'oscuro dei membri del
gruppo. Stando alle notizie di stampa, un ruolo analogo di stimolatore prima
e informatore poi giocava l'agente di PS "Andrea" (Salvatore Ippolito).
Fino a che non fosse maturo, per essere incolpato di qualcosa di veramente clamoroso,
il XXII Marzo era dunque tollerato dalla questura (e dal SID, verosimilmente),
nonché "cresciuto" dai fascisti su indicazione degli agenti
di Atene.
Il secondo capitolo di Strage di Stato rappresenta così un momento particolarmente
acuto dell'inchiesta condotta contro la "non inchiesta" ufficiale.
Non sono qui le rivelazioni più clamorose ma è proprio in queste
pagine che si delinea il meccanismo articolato della strategia della tensione;
qui appare l'intreccio di connivenza e provocazioni, di strani silenzi che appaiono
meno strani se collocati in un disegno politico mirante a spezzare, con le armi
tradizionali dell'intrigo e della brutalità, quell'ascesa della classe
operaia e del movimento popolare in Italia che, anche al termine dell'autunno
caldo, continuava ad affollare di incubi i sonni dei padroni e dei loro rappresentanti,
parlamentari e no.
Colpevoli, subito
Invece, della strage del 12 dicembre vengono incolpati gli
anarchici. L'accusa è immediata e esplicita. I più zelanti a lanciarla
sono, a Milano un giudice istruttore del tribunale e un commissario politico
della questura: Antonio Amati e Luigi Calabresi.(13)
Da un articolo del Corriere della Sera: subito dopo l'esplosione il giudice
Amati telefona in questura per informarsi sull'accaduto. Gli rispondono che,
forse, è saltata la caldaia di una banca in piazza Fontana, che ci sono
alcuni morti e numerosi feriti: si avanza anche l'ipotesi di un attentato terroristico.
"Sono dell'idea che si tratti di un attentato", replica il magistrato,
e consiglia di iniziare subito le indagini negli ambienti anarchici".
Il commissario Calabresi non è meno chiaro. All'invito della Stampa di
Torino, la sera degli attentati dichiara che i responsabili vanno cercati tra
gli estremisti di sinistra e, per non lasciare nessun dubbio, emette il suo
verdetto: "E' opera degli anarchici".
Anche il questore di Milano Marcello Guida(14) fa la sua parte. A un giornalista
che quella sera stessa gli chiede se vi è una connessione con gli attentati
alla Fiera Campionaria e alla Stazione centrale del 25 aprile dice di "non
escluderlo".
A questa sicumera di alcuni personaggi della polizia e della magistratura milanesi
fa invece riscontro un atteggiamento molto più cauto del potere centrale.
Il ministro degli Interni Restivo si limita a dichiarare: "Abbiamo iniziato
indagini in tutti i settori..."
Perché proprio gli anarchici
Ma perché si scelgono proprio gli anarchici? Per diversi
motivi, alcuni dei quali possono essere così riassunti per il momento.
Innanzitutto gli anarchici rappresentano la parte più debole dello schieramento
di sinistra, perché priva di protezione, senza amici, di fatto isolata
politicamente. Inoltre sono pressoché privi di organizzazione, e seguaci
di una teoria politica articolata in varie tendenze, alcune delle quali sono
spesso indefinibili o mal definite: due caratteristiche che permettono ogni
tentativo di infiltrazione e di provocazione al loro interno. Esiste poi la
possibilità di utilizzare la loro firma, i loro simboli in tutta una
serie di attentati i cui obiettivi (chiese, banche, caserme, ecc.) non sarebbero
attribuibili a nessun'altra forza di sinistra, sia parlamentare che extraparlamentare.
Da non sottovalutare il valore simbolico negativo che essi incarnano agli occhi
della maggioranza dell'opinione pubblica, la più sprovveduta, facile
preda di ogni tentativo di manipolazione "culturale": per l'italiano
medio, gli anarchici rappresentano le forze scatenate e disgregatrici dello
Stato, il rifiuto delle istituzioni e di ogni valore borghese. senza idee o
alternative precise; "fanno paura", una paura generica e indefinibile,
che di conseguenza impone il ricorso a forze che siano in grado di ristabilire
l'ordine e l'autorità minacciati dal nichilismo.
Infine gli anarchici, abilmente "pubblicizzati" da una massiccia campagna
di informazione tendente a esagerare e a mitizzare questo loro ruolo negativo,
consentono anche una escalation della repressione che si attui in modo subdolo
e strisciante, che coinvolga lentamente, usando i tempi lunghi, le stesse forze
della sinistra più solide e organizzate (sindacati e PCI), senza provocare
traumi né nell'opinione pubblica moderata né nelle forze politiche
costituzionali.(15)
Quanto succede in Italia in tutto l'anno 1969 è esemplificativo di questa
manovra. Ecco alcuni casi.
Tra aprile e maggio, a Palermo, vengono attuati numerosi attentati: contro la
chiesa Regina Pacis, le stazioni dei Carabinieri di Castellammare e Pretoria,
una caserma dell'esercito e il carcere dell'Ucciardone. La responsabilità
viene attribuita, con grande clamore di stampa, agli anarchici. E non conta
che poco più tardi il 15 maggio, siano rintracciati i veri colpevoli:
sette neofascisti della Giovane Italia i quali però, guarda caso, si
erano dimessi dall'organizzazione proprio alcuni giorni prima degli attentati.
Lo stesso avviene a Roma, nell'inverno 68-69, per i 12 attentati ai distributori
di benzina e nel dicembre '69 per quelli a una caserma dei C.C. e per l'ordigno
in una cassetta postale; a Reggio Calabria. in dicembre, per gli attentati all'ufficio
della SIP ad una chiesa ed alla Questura.
Fatti analoghi avvengono un po' dappertutto nelle città italiane. Come
a Legnano, dove due giovani fascisti compiono degli atti vandalici, come firma
una A cerchiata e la scritta "Viva Mao" a Reggio Emilia, dove un altro
fascista è autore di un attentato contro la Questura; a Terni, dove i
muri di alcune chiese vengono profanati con scritte blasfeme. E si tenta di
attribuire agli anarchici la responsabilità della catena di attentati
dinamitardi compiuti sui treni tra 1'8 e il 9 agosto, anche questi di chiara
marca fascista come verrà dimostrato poco dopo. (vedi IV capitolo - Chi
è Bruno Giorgi)
Per capire la complessità della manovra che si andava preparando sulle
spalle degli anarchici. serve rileggere, fra i tanti, questo brano di un articolo
della Stampa di Torino che esce in quei giorni. Sotto il titolo "Scomparsi
gli anarchici per evitare gli interrogatori", il quotidiano della Fiat
scrive: "Fino a qualche tempo fa gli anarchici a Milano erano pochi, privi
di mezzi. per nulla organizzati. Ora qualcuno ha pensato di sfruttare le loro
utopie. Così gli anarchici sono stati corteggiati e finanziati dall'estrema
destra totalitaria e dall'estremismo di sinistra". Come si vede, il pogrom
antianarchico è già giustificato e programmato e nello stesso
tempo si è aperto quel discorso sugli opposti estremismi, di destra e
di sinistra, che al momento buono potrà servire alle forze moderate per
invocare il ripristino dell'"ordine" turbato.
Gli attentati del 25 aprile
Ma il caso più clamoroso resta quello degli attentati
del 25 aprile a Milano, i più gravi di questo mese che è il più
"caldo" di tutti: 45 attentati sui 145 dell'anno l969.
Quel pomeriggio di festa, nel padiglione Fiat alla Fiera campionaria e nell'ufficio
cambi della Stazione centrale scoppiano due bombe che provocano alcuni feriti
(ma solo per una serie di fortunate coincidenze il bilancio delle vittime è
rimasto modesto: una strage poteva avvenire anche stavolta).
Vengono subito fermati una quindicina di anarchici, indicati come colpevoli
da una isterica campagna di stampa condotta da tutti i giornali dell'arco borghese,
da quelli dichiaratamente di destra a quelli considerati moderati. Altre indagini
in direzioni diverse non vengono nemmeno tentate. Eppure i fascisti a Milano
non scherzano nel maneggiare l'esplosivo: nelle settimane precedenti hanno lanciato
bombe a mano e incendiarie contro tre sedi del PCI, ordigni vari contro l'Unità,
I'ANPI, un circolo di sinistra e una galleria d'arte, hanno sparato contro una
sezione comunista e, il 12 aprile, hanno gettato due bottiglie Molotov contro
l'ingresso dell'ex albergo Commercio, occupato e trasformato in Casa dello studente
e del lavoratore, colpendo due ragazzi che hanno rischiato di morire bruciati
vivi.
Degli anarchici arrestati, alcuni vengono rilasciati. Gli altri - Paolo Braschi,
Paolo Faccioli, l'architetto Giovanni Coordini e sua moglie Elbane Vincileone
- rimangono in galera. Si aspetta un mese per controllare i loro alibi e interrogare
i testimoni; cinque mesi prima di interrogare gli stessi imputati. Il giudice
istruttore è Antonio Amati, il funzionario di polizia che più
degli altri segue le indagini è Luigi Calabresi: gli stessi accusatori
del 12 dicembre. Non emergono né prove né indizi eppure si respingono
tutte le istanze presentate dagli avvocati dei coniugi Corradini con delle ordinanze
di rigetto abnormi proprio perché sprovviste della lista degli indizi
a carico. Il caso supera i confini nazionali, se ne occupano i giornali stranieri,
il tribunale per i Diritti dell'Uomo.
Ma gli anarchici rimangono in galera.(16) E ai loro compagni che in quei mesi
hanno dato vita a una serie di manifestazioni di piazza e di scioperi della
fame per richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica, si risponde con la
violenza, le cariche di polizia e le incriminazioni. Il 26 settembre cinque
cittadini denunciano il questore di Milano Marcello Guida, il vicequestore,
i commissari Calabresi e Pagnozzi e alcuni agenti per attentato ai diritti politici
dei cittadini, abuso di ufficio (Calabresi ha inseguito e malmenato un fotografo
durante una manifestazione), omissione in atti di ufficio, concorso in percosse
e lesioni. Il quotidiano di destra La Notte (17) apre tra i suoi numerosi lettori
una sottoscrizione a favore della polizia: soldi per i "tutori dell'ordine
che di questi tempi hanno tanto da fare e da rischiare e sono così mal
pagati". Le bombe del 25 aprile sono scoppiate tre giorni prima che alla
Camera dei deputati iniziasse il dibattito sul disarmo della polizia in funzione
di ordine pubblico una proposta che fa sorridere, con l'aria che tira. Ma se
non sono gli anarchici, chi sono gli attentatori del 25 aprile? Quando la stampa
inglese pubblica il famoso e già citato rapporto inviato dal ministero
degli Esteri di Atene al proprio ambasciatore a Roma, sulle possibilità
di un colpo di stato di destra in Italia, tra le altre cose vi si legge: "Le
azioni la cui realizzazione era prevista per epoca anteriore non hanno potuto
essere realizzate prima del 20 aprile. La modifica dei nostri piani è
stata necessaria per il fatto che un contrattempo ha reso difficile l'accesso
al padiglione Fiat. Le due azioni hanno avuto un notevole effetto".
Il circolo 22 marzo
A poche ore dagli attentati del 12 dicembre non solo si è
stabilito con grande sicurezza che la loro matrice politica è anarchica
ma si sta già cercando l'ideatore, l'organizzatore e l'autore della strage
di Milano: Pietro Valpreda, 37 anni, di professione ballerino, disoccupato.(18)
E' milanese ma vive soprattutto a Roma dove frequenta, come anarchico, il circolo
22 marzo in via del Governo Vecchio Viene riconosciuto dal supertestimone Cornelio
Rolandi come "l'uomo con la borsa nera" che egli dice di aver trasportato,
pochi minuti dopo le quattro di quel pomeriggio di sangue, vicino alla banca
di piazza Fontana.
Con Pietro Valpreda sono coinvolti, sotto l'imputazione di associazione a delinquere
e concorso in strage,(19) altri cinque ragazzi del circolo 22 Marzo: Roberto
Mander, 17 anni, studente di secondo liceo, figlio di un direttore d'orchestra;
Emilio Borghese, 18 anni, figlio di un alto magistrato; Roberto Gargamelli,
19 anni, figlio di un cassiere della Banca Nazionale del Lavoro dove è
scoppiata una delle bombe; Emilio Bagnoli, 24 anni, studente d'architettura.
Il sesto imputato è Mario Merlino, classe 1944, laureato in filosofia,
figlio di una famiglia della media borghesia romana; il padre, avvocato, è
impiegato all'organizzazione cattolica Propaganda Fide.
Passata la confusione frenetica dei primi giorni d'inchiesta, quando si comincia
ad andare a guardare con calma la biografia politica degli imputati, la presenza
fra essi di Mario Merlino fa tirare un sospiro di sollievo ai cronisti dei giornali
di sinistra. Merlino è un ex fascista, si è recato recentemente
in viaggio nella Grecia dei colonnelli ed è il fondatore del 22 Marzo:
ergo, invece che a degli anarchici, qui si è di fronte a degli "anarco-fascisti",
"più vicini a Goebbels che a Bakunin", secondo quanto scrive
frettolosamente il settimanale comunista Vie Nuove. E già che c'è,
per definire meglio l'ambiente, il giornalista ci aggiunge anche il solito pizzico
di droga.
I conti a questo punto, oltre che alla polizia e al pubblico ministero, quasi
tornano anche alla sinistra italiana: in fondo se le cose stanno davvero così,
se non si tratta nemmeno di anarchici ma di anarco-fascisti perché Pietro
Valpreda non potrebbe davvero essere l'autore della strage di Milano? Salvo
ad accorgersene subito dopo, quando i particolari si definiscono meglio, che
si è fatta una grande confusione, si è rischiato di cadere nella
trappola: neanche più quella dell'estremismo anarchico, di sinistra,
colpevole, ma l'altra trappola. ben più pericolosa, della colpevolezza
dei due opposti estremismi, di destra e di sinistra, anarchia e fascismo, che
ormai si sono compenetrati, e assieme hanno ucciso.
Perché non ci siano dubbi, per fare opera di chiarezza assoluta, è
necessario qui definire esattamente chi è Mario Merlino e quale ruolo
egli ha svolto nel piano di preparazione degli attentati.
Mario Merlino fascista
Gli anni dal 1962 al 1968 vedono Mario Merlino militare attivamente
nei gruppi di estrema destra: Avanguardia Nazionale, Giovane Italia e Ordine
Nuovo. In prima fila nel corso di innumerevoli azioni squadristiche, egli nutre
tuttavia ambizioni intellettuali.(20) Passa ogni anno l'estate in Germania,
di preferenza a Monaco e Francoforte. Tra il '65 e il '66 vi rimane sei mesi;
al suo ritorno racconterà di aver frequentato un campo clandestino di
addestramento organizzato dai neo nazisti tedeschi di "Nazione Europea".(21)
In questi anni stringe stretti rapporti, tra gli altri, con Stefano Delle Chiaie,
Pino Rauti e con il deputato del MSI Giulio Caradonna.
Mario Merlino compare per la prima volta mescolato alle forze di sinistra durante
la battaglia di Valle Giulia che si combatte tra studenti e polizia ai primi
di febbraio 1968, davanti alla facoltà di Architettura. Per Merlino,
che è presente tra le fila di un gruppetto di picchiatori fascisti di
Avanguardia Nazionale, gli scontri di Valle Giulia sono due fronti: i camerati
cercano di bastonare in parti uguali poliziotti e studenti. l'importante per
loro è provocare il massimo degli incidenti. Il neofascismo romano a
quella data è infatti ancora incerto: con la esplosione dell'"anno
degli studenti" sono finiti i bei tempi in cui dominava incontrastato con
le sue squadre di manganellatori nell'università romana. Che fare quindi?
La nuova tattica della infiltrazione tra i gruppi di sinistra, il momento in
cui i "nazimaoisti" tenteranno di confondere le acque coi loro slogan
"Hitler e Mao uniti nella lotta" sono ancora lontani. D'altra parte
l'attacco frontale come una volta è ormai impossibile.
Ci riprovano, certo, e il 17 marzo un manipolo di duecento picchiatori giunti
da ogni parte d'Italia, gli onorevoli Almirante, Caradonna e Turchi in testa,
dà l'assalto alla facoltà di Lettere occupata dagli studenti e
provoca gravi incidenti (lo studente Oreste Scalzone ha la colonna vertebrale
fratturata). Anche in questa occasione Mario Merlino marcia coi fascisti. Tuttavia
questa fase sta per chiudersi: il viaggio in Grecia che i giovani fascisti italiani
compiono nell'aprile 1968 segna una svolta definitiva. Il viaggio è promosso
dall'ESESI, (vedi IV Capitolo - L'ESESI) la lega degli studenti greci fascisti
in Italia, ed è organizzato dal giornalista Pino Rauti del Tempo di Roma
e da Stefano Delle Chiaie i quali scelgono fra i militanti di Nuova Caravella,
Ordine Nuovo e dell'ex Avanguardia Nazionale una quarantina di giovani che si
sono particolarmente distinti nell'attività a favore del regime dei colonnelli.
Giunti a Atene, i fascisti romani si recano in delegazione all'ambasciata italiana
per presentare una nota di protesta "contro il modo in cui la RAI-TV diffama
il regime greco". Qualche giorno dopo appendono sul petto del ministro
Pattakos un distintivo di Nuova Caravella: nella foto ricordo della cerimonia
si vede anche Mario Merlino (Merlino quando sarà interrogato dal giudice
dichiarerà che "non vi furono conferenze e non fummo ricevuti da
personalità"). Ad Atene i giovani fascisti italiani prendono anche
contatti col movimento nazista greco "4 Agosto" diretto da Costantino
Plevris. Da quel momento, tornato a Roma, Mario Merlino cambia pelle. La cambia
fisicamente, perché comincia a vestire in modo dimesso e si fa crescere
i capelli, poi anche barba e baffi. E la cambia politicamente: non sono passati
quindici giorni dal rientro da Atene che ha già fondato il gruppo XXII
Marzo (da non confondersi con il 22 Marzo, che verrà molto più
tardi). Un volantino diffuso nella città universitaria rappresenta la
sua prima carta politica: il gruppo proclama di "rifarsi alle esperienze
del Maggio francese e, in particolare, alle sue punte più avanzate: Daniel
Cohn Bendit e gli arrabbiati di Nanterre". L'esordio in piazza avviene
qualche giorno dopo, nel corso di una manifestazione di protesta indetta dal
movimento studentesco romano davanti all'ambasciata francese. Dietro a Mario
Merlino, che sventola una grande bandiera nera con la scritta XXII Marzo, ci
sono gli esponenti più rappresentativi del gruppo, e del neofascismo
romano: Stefano Delle Chiaie, Serafino Di Luia, Loris Facchinetti e l'ex legionario
e parà Buffa, detto il Lupo di Monteverde. Mentre gli studenti si disperdono
sotto le violente cariche della polizia. Il XXII Marzo celebra il battesimo
del fuoco incendiando con bottiglie molotov due auto parcheggiate a diverse
centinaia di metri dal teatro degli scontri.
Il giorno dopo i quotidiani di Roma parlano in toni apocalittici di "piano
preordinato", di "guerriglia cittadina", di "inutili vandalismi"
e della "cieca violenza con cui i teppisti, manovrati dal PCI, hanno danneggiato
e incendiato auto di privati cittadini" (Il Tempo)
La provocazione non passa inosservata, gli studenti hanno riconosciuto fra i
seguaci di Mario Merlino i più noti esponenti del neofascismo romano
e il XXII Marzo, a neppure un mese dalla sua fondazione, cessa di esistere.
Merlino non si scoraggia, da Cohn Bendit passa al libretto rosso del presidente
Mao Tse Tung, da leader mancato si trasforma in semplice militante di base e
avvicina un esponente del gruppo di sinistra Avanguardia Proletaria vantando
certi contatti politici che egli dice di avere con la redazione dell'Etincelle,
una rivista marxista-leninista svizzera. L'approccio fallisce: i suoi precedenti
sono noti all'esponente di Avanguardia Proletaria.
Merlino ci riprova con il Partito Comunista d'Italia (linea rossa).Qui non lo
conosce nessuno e oltretutto lui si offre come semplice diffusore della rivista
di Verona Lavoro Politico, in attesa di essere ammesso nel partito. Ma ancora
una volta si tradisce. Viene fermato durante gli scontri con la polizia che
seguono un tentativo di assalto contro la direzione del PCI in via delle Botteghe
Oscure organizzato da diversi gruppi fascisti, al termine di un comizio di Arturo
Michelini. Il nome di Mario Merlino compare nella lista degli arrestati pubblicata
da tutti i giornali. D'ora in poi sarà più prudente nel mantenere
i contatti con i suoi "ex" camerati.
Mario Merlino fascista e provocatore
La pausa estiva, della quale Merlino approfitta per compiere uno dei suoi abituali viaggi in Germania, gli è utilissima per cercare di farsi dimenticare. Per la rentrée, nell'autunno-inverno 1968, sceglie la facoltà di Magistero occupata dal movimento studentesco. Il terreno è propizio essendo la facoltà di piazza Esedra decentrata non solo fisicamente ma, in parte, anche politicamente rispetto alla città universitaria. Mentre occupa, Mario Merlino collabora a qualche seminario sulla riforma dei piani di studio e intanto propone ad alcuni studenti di partecipare a un "corso" che egli sta organizzando.
Testimonianza n. 1:
"Un giorno ci prese da una parte e ci disse che se volevamo
lezioni sul modo di fabbricare ordigni esplosivi lui sarebbe stato in grado
di darcele. Aggiunse che un suo amico di 35 anni, che abitava fuori Roma, aveva
un deposito di armi, tritolo e gelatina esplosiva, e che sarebbe stato disposto
a fornirceli e a partecipare lui stesso alle azioni, purché organizzate
seriamente, dato che la polizia lo teneva d'occhio... ".
Qualcun altro intanto teneva d'occhio Mario Merlino. Un giorno, mentre si sta
formando un corteo del movimento studentesco, l'assistente universitario M.
D. gli confisca una bottiglia molotov che gli spunta da una tasca dell'eskimo.
La provocazione riesce poco dopo, durante la manifestazione di protesta contro
la visita del presidente Nixon a Roma Merlino lancia una bottiglia incendiaria
contro la vetrina della ditta americana Mlinnesota e la polizia, che segue da
vicino gli studenti, dà il via alle cariche che si concludono con decine
di fermi. Alla fine di febbraio 1969 Merlino si ripete in un altro "a solo":
al termine di una protesta davanti alla sede della RAI-TV, quando già
il corteo si sta sciogliendo, lancia con una fionda un bullone di ferro che
infrange il parabrezza di una jeep della polizia. Seguono cariche, scontri,
feriti. fermi e denunce. Fa il bis un mese dopo, nella manifestazione per i
fatti di Battipaglia. Cambia solo il bersaglio, il parabrezza di un furgone
della polizia invece che quello di una jeep, ma il risultato è identico.
Questa volta però viene fermato anche lui, denunciato e processato per
direttissima: esce di galera il primo aprile, con una assoluzione e un'ottima
referenza che gli serve per entrare in un collettivo di studenti comunisti che
stanno preparando un esame di filosofia.
Nessuno sospetta di lui fino al giorno in cui smarrisce un'agendina che contiene
tutti nomi e i relativi numeri di telefono dei più noti esponenti del
neofascismo romano.(vedi il taccuino di Mario Merlino) Messo alle strette, Merlino
fa una pubblica autocritica: ammette di aver svolto "per un certo periodo"
il ruolo di provocatore ma sostiene di essersi pentito e di mantenere coi camerati
solo rapporti di amicizia, non politici. Per rafforzare la tesi della "conversione"
aggiunge: "Quando fui fermato per la manifestazione di Battipaglia un funzionario
della squadra politica mi promise che non mi avrebbero denunciato e che, anzi,
mi offrivano centomila lire al mese se accettavo di svolgere la funzione di
confidente negli ambienti del movimento studentesco. Io rifiutai decisamente,
preferendo la denuncia".
Allontanato dal collettivo Merlino parte per Rimini, dove dice di avere una
casa. Al ritorno avvicina alcuni iscritti all'Unione dei Comunisti Italiani.
Si informa sul loro programma politico e consistenza organizzativa, chiede di
entrare a farne parte. Ma ormai le notizie sulla presenza di spie e provocatori,
veri e presunti, si sono moltiplicate e hanno creato allarme. La richiesta di
Merlino viene accolta con riserva, si vuole prima accertare la consistenza delle
voci che circolano sul suo conto.
L'attesa non è lunga. Nel mese di maggio, subito dopo l'attentato al
palazzo di Giustizia di Roma. Mario Merlino chiede ad un iscritto all'Unione
un grosso favore: ha paura di subire una perquisizione e deve nascondere del
materiale compromettente. E' disposto il compagno a tenerselo per qualche giorno,
sino a quando si saranno calmate le acque? Quello dell'Unione dice apposta di
si e Merlino gli consegna alcuni metri di miccia e un numero considerevole di
detonatori. Due giorni dopo la polizia compie una perquisizione nella casa del
compagno il quale però si era sbarazzato del materiale il giorno stesso
in cui l'aveva ricevuto.
Merlino con la sinistra marxista-leninista ha finito, I'Unione lo diffida dal
presentarsi alla sede, dal frequentare le manifestazioni e dall'avvicinare i
suoi iscritti.
Ritenta con le briciole. Alla vigilia del 2 giugno si è aggregato a un
gruppetto di radicali che ha un incontro con alcuni comunisti della Federazione
Giovanile per concordare una azione di volantinaggio comune da farsi durante
la sfilata militare ai Fori Imperiali. L'appuntamento è stabilito per
l'indomani mattina alle 8, davanti alla sezione Campo Marzio. Ci va anche la
polizia, che sequestra i volantini e porta tutti in questura. per rilasciarli
solo a sfilata conclusa (e per provocare una interpellanza alla Camera dove
i deputati comunisti denunciano questo inammissibile fermo preventivo). Merlino
no, non si è presentato all'appuntamento, quella mattina si è
svegliato tardi.
Quando, precedentemente, era avvenuta la serie di attentati dinamitardi contro
i distributori di benzina, proprio mentre era in corso un'aspra vertenza sindacale
che opponeva i piccoli gestori alle grandi società petrolifere Mario
Merlino venne invitato dalla polizia a a "collaborare" nelle indagini.
Fece i nomi di F.P., L.R. e E.M.D., tre studenti che da tempo hanno abbandonato
gli ambienti dell'estrema destra. I tre vennero subito arrestati ma alla fine
risultarono totalmente estranei agli attentati. Come mai Merlino sempre così
scrupoloso, quella volta ha messo la polizia su una falsa pista?
La risposta salta fuori qualche tempo dopo, quando viene identificato il vero
responsabile. E' Mario Palluzzi, organizzatore di un vero e proprio racket che
estorceva denaro ai gestori che non partecipavano allo sciopero con minacce
di rappresaglie dinamitarde. Ma Mario Palluzzi è anche qualcos'altro:
è il capo dell'UNSI, il sindacato dei benzinai fascisti, ed è
un ex di Avanguardia Nazionale, oltre che intimo amico di Stefano Delle Chiaie,
a sua volta legato a Merlino. Il chiosco dove prestava servizio era, tra l'altro
abituale luogo di riunioni per un gruppo di fascisti dell'ex Avanguardia Nazionale
e di Ordine Nuovo.
Affrontato da uno degli studenti che ha denunciato. Mario Merlino si giustifica
dicendo che la delazione gli è stata estorta dalla polizia durante una
delle sue crisi di epilessia, e rilasciata anche una dichiarazione autografa
in cui ammette di essere un confidente.
Nel settembre 1969 a Mario Merlino, ormai definitivamente bruciato in tutti
gli ambienti della sinistra extraparlamentare, sono rimasti solo gli anarchici
come possibile terreno di infiltrazione e provocazione. Avvicina il giovane
G., si fa passare per perseguitato dalla polizia e chiede di essere presentato
al circolo Bakunin di via Baccina.
Testimonianza n. 2:
"All'inizio aveva un atteggiamento riservato anche se
cordiale. Si definiva anarchico ma non partecipava quasi mai alle discussioni
sulle teorie e la prassi libertarie; mi sembrò che avesse nozioni molto
vaghe sulla storia dell'anarchia. Era un abile parlatore ma quando si approfondiva
questo argomento o lasciava cadere il discorso oppure si limitava a darmi ragione".
Nel frattempo Merlino trova il tempo per partecipare ai convegno studi organizzato
dal MSI al Terminillo, durante il quale Giulio Caradonna tiene una relazione
sul tema "Genesi del colpo di stato"
Quando Merlino arriva al Bakunin gli iscritti al circolo sono divisi in due
frazioni. C'è una maggioranza, che è posta sotto accusa da un
gruppo dei giovani, tra cui Pietro Valpreda e Emilio Bagnoli. Burocratismo,
dirigismo, incapacità di cogliere le nuove prospettive politiche create
dall'esplosione delle lotte operaie e studentesche: queste le accuse dei giovani
che a loro volta vengono tacciati di avventurismo dai più anziani. L'ingresso
di Mario Merlino, che si lega subito al gruppo degli "arrabbiati",
contribuisce a peggiorare sensibilmente la situazione. Alle denunce di essere
ancora in contatto coi fascisti e confidente della polizia, lui replica dicendo
che "i vecchi" del Bakunin usano la calunnia per coprire le vere ragioni
del loro dissenso, che sono politiche. Merlino è il primo a sostenere
esplicitamente la necessità di una scissione, onde formare un nuovo circolo.
Per questo si offre anche di reperire i fondi necessari, 150.000 lire che gli
sarebbero state promesse da un imprecisato "gruppo cattolico". Nonostante
la crisi, l'attività politica del Bakunin prosegue, tra i baraccati della
periferia romana e gli operai della Fiat in sciopero. Merlino comincia a fare
delle proposte.
Testimonianza n. 3
"Mi chiamò da parte e mi chiese se ero disposto
a partecipare a una azione notturna contro la Fiat. Si trattava di lanciare
delle bottiglie Molotov. Io avrei dovuto accompagnarlo con la mia macchina.
Gli risposi che non ero d'accordo e lui non insistette. Mi disse tuttavia che
gli dispiaceva di avermi sopravvalutato".
Sempre assiduo della vita del circolo, solo il sabato e la domenica Merlino
non si fa vedere, dice che va a trascorrere il week-end ai Castelli Romani per
fare un po' di footing e ossigenarsi. Invece partecipa ai campeggi "a cielo
aperto" dell'associazione neofascista e paramilitare Europa Civiltà
nell'Alta Sabina e nel Parco Nazionale degli Abruzzi, organizzati dal suo vecchio
amico Loris Facchinetti. Quando rimane a Roma, la domenica mattina va alla messa
delle dieci nella chiesa del convento delle suore di via Montanelli, luogo di
convegno di un gruppo di cattolici integralisti. Merlino è un fervido
commentatore dei brani evangelici che vengono discussi collettivamente. Ma la
sua fede non gli impedisce durante lo sciopero della fame degli anarchici sulle
scalinate del Palazzo di Giustizia, di esibirsi con in mano cartelli con lo
slogan "Ne' dio né stato, né servi né padroni".
Il lungo sciopero della fame è fatto, a Roma come a Milano, per protestare
contro la carcerazione illegale degli anarchici incolpati degli attentati del
25 aprile. In quei giorni Merlino ripete le sue proposte ad altri giovani del
Bakunin.
Testimonianza n. 4
"Merlino mi confidò che aveva intenzione di organizzare un corso per la fabbricazione di bombe e che di questo progetto aveva già parlato a R. Disse che Stefano Delle Chiaie, quando militavano assieme nelle organizzazioni fasciste, lo aveva istruito su questo argomento e che sarebbe stato in grado di farci delle lezioni. Aggiunse che aveva una pellicola da sviluppare dove erano illustrati vari modi di fabbricazione degli ordigni esplosivi".
Testimonianza n. 5
"Merlino una volta invitò me e altri due anarchici
del circolo Bakunin in casa sua per discutere "alcune cose molto riservate".
Non ricordo con esattezza il periodo ma credo che fossero gli ultimi giorni
di settembre o i primi di ottobre. Quando arrivammo da lui lo trovammo assieme
a un suo amico, un certo Roberto, che si presentò come un ex camerata
convertitosi all'anarchia. Disse che aveva un'edicola di giornale all'EUR. Dopo
un breve preambolo Merlino ci propose la costituzione di un commando terroristico,
dicendo che una persona a lui molto vicina era in possesso di materiale informativo
sulla fabbricazione di ordigni esplosivi. Il suo amico aggiunse che egli era
in grado di procurarsi del "materiale". Merlino ci invitò a
casa sua due volle. La prima volta ci propose una azione di sabotaggio alla
Fiat di viale Manzoni, organizzata in questo modo: alcune auto avrebbero bloccato
le vie adiacenti per ostacolare l'arrivo della polizia, mentre gli altri compagni
sarebbero penetrati all'interno e dopo aver tagliato con dei coltelli i tubi
dei distributori avrebbero appiccato il fuoco alla benzina fuoriuscita. Così
- ci disse - sarebbe saltato tutto in aria. La volta successiva ci propose di
assaltare una caserma situata nei pressi di casa sua, della quale diceva di
avere una pianta dettagliata, per portare via armi e munizioni. In quella occasione
era presente alla riunione un altro suo amico, che noi non conoscevamo, il quale
disse di essere in possesso delle piante di vari tralicci della televisione
che si potevano far saltare. Aggiunse che se le era procurate quando lavorava
come disegnatore, presso l'ingegnere che aveva realizzato il traliccio Tv di
Viareggio. Noi, comunque. lasciammo cadere queste proposte perché contrarie
al nostro concetto di "azione esemplare".
Infatti, l'unica azione esemplare che il gruppo di anarchici realizzò,
è la costruzione, eseguita nottetempo, di un muro di mattoni in mezzo
al cortile di un caseggiato popolare, i cui inquilini erano stati sfrattati
a scopo speculativo.(22)
Il 23 ottobre 1969, per l'anniversario della battaglia di El Alamein, è
previsto a Roma un raduno nazionale di paracadutisti e i fascisti si mobilitano
per dare un tono nostalgico alla manifestazione. Gli "arrabbiati"
del Bakunin decidono di diffondere un volantino di protesta e Mario Merlino
si offre di stenderne il testo. Quando le copie sono già stampate e pronte
per essere distribuite, vengono bloccate da alcuni anarchici che giudicano il
contenuto politicamente scorretto e provocatorio, e impongono che sia tolta
la firma "Circolo Bakunin".
Il nuovo episodio esaspera la polemica all'interno del Bakunin. Negli stessi
giorni poi esce sulla rivista giovanile Ciao 2001 una inchiesta sui gruppi minoritari
di destra e fra essi è citato il "gruppo anarco-fascista XXII Marzo,
fondato da Mario Merlino". Si tratta di una inesattezza, nel senso che
il gruppo non esiste più da oltre un anno, ma è un'altra occasione
(prefabbricata?) per aggravare i dissensi all'interno del circolo. Merlino fa
l'indignato e cerca di coinvolgere altri nella sua protesta sostenendo che è
giunto il momento di dare una forma consistente al loro dissenso. Inoltre dice.
c'è la prospettiva di chiedere una smentita e un risarcimento danni alla
rivista che lo ha "diffamato". Ciao 2001 per evitare noie, pubblica
un nuovo articolo, consistente in una intervista collettiva al gruppo dei dissidenti
del Bakunin con relative fotografie in cui abbondano i pugni chiusi e i medaglioni
con la A cerchiata. Tutto viene ricompensato con 40.000 lire.
I soldi serviranno per pagare il primo affitto di una sede e il circolo creato
dagli scissionisti del Bakunin si chiamerà 22 Marzo, dove i numeri arabi
sostituiscono quelli romani del vecchio gruppo fondato da Merlino nella primavera
1968. Con lui se ne vanno Pietro Valpreda, Emilio Bagnoli, Roberto Gargamelli.
Emilio Borghese e un'altra quindicina di giovanissimi In attesa di trovare una
sede decidono di riunirsi nel negozietto di lampade liberty di via del Boschetto
che l'anarchico Ivo Della Savia, rifugiato all'estero renitente alla leva, ha
lasciato al suo amico Pietro Valpreda.
Mario Merlino prima delle bombe
Tra il 9 e il 10 novembre Mario Merlino parte per il Nord. Dice che va a Modena e poi a Venezia per partecipare ai lavori di coordinamento del gruppo di sinistra Lotta Continua. Ma è falso, la sua presenza a Venezia è esclusa. Il 18 novembre, vigilia dello sciopero generale nazionale per la casa (Merlino è tornato a Roma da due giorni), gli anarchici del nuovo 22 Marzo tengono due riunioni. La prima, allargata, per discutere i modi di partecipazione al corteo autonomo. organizzato dal movimento studentesco, la seconda ristretta, alla quale intervengono solo Merlino e altri due.
Testimonianza n. 6
"Merlino ci rivelò che, da fonti sicure, aveva
appreso di una provocazione che i fascisti stavano organizzando contro il corteo.
Bisognava prepararsi a respingerla, disse. Propose di preparare delle molotov
da tenere a disposizione. durante il corteo, in caso di necessità. Ci
lasciammo dandoci appuntamento la mattina successiva alle 8 nel negozio di via
del Boschetto, dove dovevano trovarsi anche gli altri".
Il mattino del 19 all'appuntamento in via del Boschetto ci sono tutti meno Mario
Merlino che anche questa volta, guarda caso, non si è svegliato in tempo.
Arriva, al suo posto, la polizia che perquisisce il negozio e ferma tutti i
presenti. In questura. durante l'interrogatorio, agli anarchici viene contestata
l'intenzione di aver voluto compiere attentati con bottiglie molotov.(23)
Il 22 novembre Merlino si presenta nella sede del circolo in via del Governo
Vecchio, appena inaugurata, con un nuovo personaggio. Si chiama Pio d'Auria,
ha 24 anni, fa il venditore ambulante di libri per la casa editrice Rizzoli,
è un fascista. Fisicamente ha una certa somiglianza con Pietro Valpreda.(24)
Merlino lo presenta come "un ex camerata in crisi che guarda con simpatia
all'anarchia". Il nuovo arrivato comincia a frequentare le riunioni del
22 Marzo ma si tiene in disparte, non partecipa alle discussioni. Si avvicina
il giorno del grande raduno nazionale dei metalmeccanici: centomila operai sfilano
per le vie di Roma. E' un momento di estrema tensione politica per l'Italia:
i sindacati gestiscono le lotte contrattuali ma gli slogan delle avanguardie
rivoluzionarie sono stati fatti propri da migliaia di operai.
Testimonianza n. 7
"Il giorno dello sciopero nazionale dei metalmeccanici,
28 novembre, ero assieme agli altri al corteo sindacale quando Merlino propose
di andare a pranzo ai Castelli Romani. Partimmo con la mia macchina: Merlino,
Pio d'Auria, Emilio Borghese e io. Merlino propose di andare a Frascati. Lì
giunti telefonò a un suo amico.
Dopo la telefonata ci disse di aspettarlo perché doveva andare a parlargli.(25)
Stette via una mezz'ora. Quando ritornò andammo a mangiare in una trattoria
e quindi ripartimmo per Roma. Durante il viaggio di ritorno Merlino ci propose:
" è l'occasione giusta per scatenare un gran casino; fermiamoci
a un distributore di benzina, facciamo il pieno, prepariamo quattro molotov
e confondiamoci tra la folla del comizi (dei metalmeccanici in piazza del Popolo:
n.d.r.). Appena capita l'occasione giusta, le tiriamo addosso a qualche camionetta
della polizia". Pio d'Auria mi sembrò particolarmente entusiasta
dell'idea. Io e Borghese rifiutammo giacché l'iniziativa ci parve assolutamente
improduttiva dal punto di vista politico. Fummo comunque ostacolati dal traffico
e quando arrivammo la manifestazione era finita"
Da quel giorno Mario Merlino non si fa più vedere al circolo: strano,
è sempre stato un frequentatore assiduo. Il 2 dicembre telefona a Emilio
Bagnoli dicendogli di essere malato: però rifiuta, ringraziando, ogni
visita dei compagni. Questi, preoccupati per la sua salute, sei giorni dopo
vanno ugualmente a casa sua. Lo trovano in piedi, sanissimo. Sono appena guarito,
dice Merlino, e si fa finalmente vivo, il pomeriggio di mercoledì 10
dicembre, nella sede di via del Governo Vecchio che è ancora in fase
di allestimento. I compagni gli rinfacciano, scherzando, di essersi dato malato
per non lavorare con loro. Merlino lascia 3.000 lire come contributo al circolo
e se ne va dicendo che ancora per qualche giorno non si farà vedere perché
si sta "lavorando" alcuni cattolici che dovrebbero dare dei soldi.
Chiede anche notizie di Valpreda e gli rispondono che il Pietro è in
partenza per Milano dove è stato convocato dal giudice per un certo processo,
una vecchia storia.
Siamo alla vigilia della strage del 12 dicembre.
Mario Merlino delatore
Roma, verso le 9,30 di giovedì sera 11 dicembre 1969.
Alla fermata di viale Manzoni vicino a via Liberiana, un ragazzo magro coi capelli
lunghi e gli occhiali, infagottato in un eskimo color verde, aspetta il tram
che porta verso via Tuscolana. Quando sale a bordo, tre passeggeri, giovani
come lui, lo guardano incuriositi: a ognuno quella faccia sembra nota, ma sul
momento non riescono a identificarla. Infine uno dei tre si ricorda. "Ahò,
ma quello è Merlino". I tre lo chiamano e il ragazzo con l'eskimo
si avvicina. Ma appare imbarazzato, nervoso e al loro tentativo di fare conversazione
risponde ogni volta in modo da far cadere il discorso. E' strano: Mario Merlino,
che di solito è così loquace, questa sera non parla, quasi fosse
infastidito per l'incontro imprevisto. "Beh, come va col 22 Marzo?",
gli chiedono. "E' un periodaccio, non si combina nulla", risponde.
"Noi scendiamo. Tu che fai, dove vai?". "Niente, vado a trovare
certi amici miei". I tre ragazzi scendono e il tram prosegue la sua corsa
verso via Tuscolana con a bordo Mario Merlino.
Dove sta andando? Chi sono gli "amici" con cui si deve incontrare?
Dato che si tratta di stabilire come uno degli imputati ha trascorso la sera
precedente gli attentati, sarebbe logico supporre che chi svolge le indagini
abbia rivolto a Mario Merlino domande del genere. Invece, dai verbali di interrogatorio
resi noti non risulta che gli sia stato chiesto nulla in proposito. Gli inquirenti,
mentre sono stati molto scrupolosi nel porre a Merlino domande su episodi e
circostanze che riguardano soprattutto gli altri cinque inquisiti (Valpreda,
Mander, Bagnoli, Borghese e Cargamelli), lo sono stati molto meno nel chiedere
sia ai cinque che a lui delle testimonianze sulla sua persona e sulla sua attività.(26)
Sino dal primo momento, quando la sera di venerdì 12 dicembre viene fermato
e interrogato dalla polizia, Merlino svolge la parte del delatore, parla e parla.
e sarà soprattutto grazie alle sue "confessioni" che si arriverà
a incastrare gli altri ragazzi del circolo 22 Marzo. Ma perché non si
è cercato di scoprire fino in fondo chi è Merlino? Perché
non si è andati a indagare nemmeno su cosa egli può aver fatto
quella sera di giovedì 11 dicembre, dopo che è stato visto sul
tram che porta verso via Tuscolana? Chi può avere incontrato in quella
zona di Roma?
Presumibilmente la sua meta avrebbe anche potuto essere una di queste tre. Primo:
via Tor Caldara, che è nei pressi della via Tuscolana, dove abita Pio
d'Auria, il suo amico fascista che è stato indicato come uno dei possibili
sosia di Pietro Valpreda. Secondo: via Tommaso da Celano, che è sempre
nei pressi di via Tuscolana, dove al numero civico 119 risiede Stefano Delle
Chiaie, il più noto boss del neofascismo della capitale, anch'egli molto
legato a Mario Merlino. Terzo: via Tuscolana n. 572, dove c'è l'abitazione
di Leda Minetti. Lo stesso posto dove egli dirà di essersi recato il
pomeriggio del giorno dopo, onde avere un alibi per il momento degli attentati,
fornito dai due figli Minetti e dalla donna stessa.(27) Se anche il giovedì
sera Merlino è venuto qui, può benissimo essersi incontrato con
Stefano Delle Chiaie che da dieci anni è l'amico della Minetti e ne frequenta
abitualmente la casa.(28)
Insistere su questa possibilità ha un significato ben preciso. Vuol dire
che, se le indagini su Mario Merlino fossero state più approfondite,
sarebbe per forza venuta alla luce, spuntando da sotto la superficiale crosta
dell'"anarchia", la sua vera figura di fascista e perciò di
provocatore infiltrato con uno scopo ben preciso nell'ambiente del 22 Marzo.
E a questo punto automaticamente, l'inchiesta non avrebbe potuto non tener conto
della necessità di estendersi anche agli ambienti e ai personaggi del
neofascismo della capitale.
I fascisti, ma chi sono questi fascisti romani del dicembre 1969? Per capirlo
bisogna fare un po' di storia, partendo dalla primavera