Biblioteca Multimediale Marxista
Come lo stato si assolve
Fra tragedie e involontario Humor nero, ecco una cronologia essenziale sui principali
"misteri d'Italia" dall'uscita del libro Strage di stato a oggi
22 luglio '70: attentato al treno Freccia del Sud: 7 morti e 139 feriti a Gioia
Tauro. Classificato come disastro colposo (dei ferrovieri) ma nel '95 finirà
sotto processo un mafioso pentito con due parlamentari ex missini e ora di Alleanza
Nazionale (Aloi e Meduri) più altri esponenti di destra e 'ndrangheta.
8 dicembre '70: i congiurati sono pronti ma all'ultimo minuto il golpe , capitanato
dal fascista Junio Valerio Borghese è bloccato.
12 dicembre '70: manifestazione a Milano contro la "strage di Stato";
un candelotto lacrimogeno della polizia uccide lo studente Enzo Santarelli.
5 marzo '71: una riunione della P2 (di cui allora nulla si sapeva) traccia le
linee guida di un governo "autoritario".
13 aprile '71: il giudice di Treviso Giancarlo Stiz emette mandati di cattura
contro 3 neofascisti veneti (Freda, Ventura e Aldo Trinco) fra l'altro per gli
attentati dell'aprile e agosto '69.
novembre '71: il procuratore milanese Luigi D'Espinosa promuove un'indagine
sulla ricostituzione del partito fascista in tutta Italia, indagando anche sui
massimi dirigenti dell'allora Msi e incriminando (nel luglio '75) Almirante
e altri 41 deputati e senatori missini; altra inchiesta che si scioglierà
come neve al sole (se qualcuno avesse bisogno di cercare una spiegazione ricordi,
a esempio, che l'anno successivo il presidente della repubblica, il dc Giovanni
Leone, sarà eletto con i voti determinanti dei missini).
febbraio '72: inizia a Roma il processo "contro Valpreda"; il 6 marzo
viene bloccato con il pretesto del trasferimento a Milano "per competenza".
Sempre in febbraio un episodio significativo quanto gelosamente nascosto: lo
scioglimento dell'intero comando della Terza Armata, ritenuto completamente
"infiltrato" da fascisti irriducibili.
4 marzo '72: Stiz fa arrestare Pino Rauti con l'accusa d'essere coinvolto nell'attività
eversiva di Freda e Ventura.
21 marzo '72: Stiz invia da Treviso gli atti sui fascisti Freda e Ventura al
suo collega milanese D'Ambrosio (che il 24 aprile scarcererà Rauti);
il 28 agosto contro i due vengono emessi mandati di cattura per strage. Dunque
ci sono ora 2 diverse (e politicamente opposte) indagini su piazza Fontana.
31 maggio '72: a Peteano (Gradisca d'Isonzo) esplode una bomba uccidendo 3 carabinieri.
È l'unica indagine su una strage degli anni '70 che si chiuderà
con una condanna.
13 ottobre '72: "per motivi di ordine pubblico" (ovvero la campagna
della sinistra contro i fascisti) il processo di piazza Fontana è strappato
al giudice milanese dalla Corte di Cassazione e va a Catanzaro.
30 dicembre '72: Valpreda e gli altri anarchici sono rimessi in libertà.
15 gennaio '73: Marco Pozzan, fedelissimo di Freda, viene fatto espatriare dal
Sid.
7 aprile '73: preso sul fatto il fascista Nico Azzi (la bomba gli scoppia fra
le gambe) mentre prepara un attentato sul treno Genova-Roma, rivendicata con
volantini e quotidiani della sinistra extra-parlamentare che aveva addosso;
più chiaro di così il meccanismo della provocazione non poteva
essere!
9 aprile '73: Guido Giannettini, "agente Z", viene fatto espatriare
dal Sid.
17 maggio '73: il sedicente anarchico Gianfranco Bertoli (ma molti lo accusano
d'essere stato legato a "Ordine nuovo") lancia una bomba contro la
questura di Milano: 4 morti e 40 feriti.
23 novembre '73: cade a Marghera l'aereo militare "Argo 16" (morti
i 4 membri dell'equipaggio); una vicenda che allora non insospettisce alcuno
ma che rispunterà alla fine degli anni '80 nelle indagini del giudice
Mastelloni.
Nell'ottobre '73 viene scoperta la rete della "Rosa dei venti"; è
una delle tante inchieste (alcune animate da serie intenzioni, altre a puro
scopo fumogeno) di quegli anni contro gruppi militari o paramilitari fascisti;
questa, dopo aver sfiorato 2 generali e 3 colonnelli, uomini dei Servizi nonché
l'industriale Andrea Maria Piaggio, finirà nel consueto tritacarne magistratura/pressioni
politiche e dunque si chiuderà in sostanziale burletta.
26 gennaio '74: in coincidenza con l'arresto di Vito Miceli, capo del Sid, corrono
voci d'un golpe che poi si riproporranno in più occasioni fra il '74
e il '75: non erano solo avvertimenti o "rumor di sciabole".
18 marzo '74: nello stesso giorno inizia a Catanzaro la seconda fase del "processo
Valpreda" mentre da Milano arriva il rinvio a giudizio per Freda e Ventura.
18 aprile '74: ancora la Corte di cassazione strappa l'inchiesta "Freda-Ventura"
al giudice D'Ambrosio e l'unifica con il processo di Catanzaro.
28 maggio '74: in piazza della Loggia a Brescia scoppia una bomba durante una
manifestazione anti-fascista: 8 morti e quasi 100 feriti. Tutte le tracce portano
ai fascisti eppure nessuna sentenza li troverà colpevoli. Due giorni
dopo vicino Rieti si scoprirà casualmente (nella sparatoria rimane ucciso
il fascista Giancarlo Esposti dei Mar) che si preparava un'altra strage per
il 2 giugno.
19 giugno '74: Giulio Andreotti, ministro della Difesa, rivela in un'intervista
che Giannettini è un agente del Sid e che Giorgio Zicari, giornalista
al Corriere della sera è un informatore.
4 agosto '74: nei pressi della stazione di san Benedetto-val di Sambro (Bologna)
esplode una bomba sul treno Italicus: 12 morti e 48 feriti; ma la strage doveva
essere ben più tragica perché il timer era mirato per esplodere
in galleria. Anche qui le indagini faranno solo volare qualche straccio.
novembre '74: con Vito Miceli, ex capo del Sid (dal 18 ottobre '70 al 1°
luglio '74), arrestato dai giudici padovani (le accuse: occultamento di prove,
complicità con i fascisti, cospirazione) il 31 ottobre si rafforzano
le voci d'un golpe nel ponte d'inizio mese (dunque con le fabbriche chiuse);
magari in coincidenza con il viaggio romano di Henry Kissinger, il quale avrà
pur preso un "premio Nobel della pace" per il Medio Oriente ma altrettanto
certamente è fra i principali artefici del golpe in Cile, l'anno prima,
contro il democraticamente eletto Salvador Allende.
27 gennaio '75: inizia il processo "unificato" (cioè ad anarchici
e fascisti) di Catanzaro.
nel maggio '75 entra in vigore la "legge Reale", in teoria contro
criminalità e terrorismo, in pratica una specie di assoluzione preventiva
all'uso di armi da fuoco da parte delle "forze dell'ordine" (le quali
comunque, solo fra il gennaio' 48 e il settembre' 54, avevano ucciso 70 persone
e ne ferirono 5.104 durante manifestazioni politiche o sindacali). Con il passare
del tempo sarà sempre più evidente che la legge Reale ripristina/legittima
di fatto la pena di morte in Italia; chi volesse scorrere il lungo elenco dei
morti oltretutto scoprirebbe che è minimo il numero di terroristi o pericolosi
gangster uccisi in conflitti a fuoco mentre tantissimi sono i piccoli ladruncoli
assassinati (magari alle spalle), le persone che non si sono fermate (o non
hanno visto) un posto di blocco, che manifestavano pacificamente o vengono colpite
per sbaglio. Ma queste statistiche non interessano, così nel febbraio
'90 passerà sotto sostanziale silenzio 625, libro bianco sulla legge
Reale, a cura del "centro d'iniziativa Luca Rossi" che racconta (l'elenco
purtroppo è certamente incompleto) 625 assassinati o gravemente feriti:
da Achille Floris a Nuoro il 7 giugno '75 a Giuseppe Bronzetti il 29 giugno
'89. In quell'elenco, al numero 438, c'è anche Luca Rossi, giovane militante
di Democrazia Proletaria, ucciso "per sbaglio" dal poliziotto (della
Digos) Pellegrino Policino che, fuori servizio, interviene in una lite e sparando
ad altri colpisce Luca che passava di lì.
27 ottobre '75: il giudice D'Ambrosio chiude l'inchiesta sulla morte di Pinelli:
"malore attivo", tutti prosciolti.
maggio/giugno '76: mandati di cattura per cospirazione golpista contro Edgardo
Sogno (si saprà poi: tessera P2 numero 2070 codice E1979, fascicolo 0786),
Randolfo Pacciardi, il dc Filippo De Jorio e indagini anche su Luigi Cavallo
e molti altri "fascisti in camicia bianca" che muovono i fili dei
cosiddetti "Comitati di resistenza democratica" e di altre strutture
che quantomeno dal 1970 collegano destra democristiana, fascisti, industriali
e ambienti militari; anche quest'inchiesta - occorre dirlo? - si dissolverà
in una nuvola di fumo.
23 novembre '77: al processo di Catanzaro per piazza Fontana viene condannato
(ma subito rimesso in libertà) il generale Saverio Malizia, consulente
del ministro della Difesa, per falsa testimonianza; sarà poi assolto
il 30 luglio '80.
23 febbraio '79: condanna all'ergastolo per Freda, Ventura e Giannettini (fascista
ma anche uomo dei servizi segreti), assoluzione per Valpreda e gli anarchici.
Ma Freda è già sparito (dal 1 ottobre '77 è in Costarica,
verrà riarrestato 3 anni dopo) e poco prima della sentenza si dilegua
(in Argentina) anche Ventura. Lievi condanne (4 e 2 anni) anche agli uomini
dei Servizi, il capitano Antonio La Bruna e il generale Gianadelio Maletti.
27 giugno 1980: si inabissa a Ustica il Dc-9 Itavia: 81 morti. Fu probabilmente
un atto di guerra (nel corso d'un assalto a un aereo libico?) o un "errore"
militare; di certo Servizi, comandi dell'Aeronautica, governi sapevano e proprio
per questo depistarono.
2 agosto '80: scoppia una bomba alla stazione di Bologna: 85 morti e decine
di feriti: come si sa, dopo lunghe vicende giudizi arie, processi annullati
e rifatti, si finirà con un sostanziale "tutti assolti" per
i Servizi e con discusse condanne solo per i fascisti Mambro e Fioravanti (killer
crudeli ma tutto sommato "pesci piccoli" nel panorama dell'eversione).
Nel 1981 viene alla luce la loggia massonica segreta "P2" di Licio
Gelli; fra gli iscritti giornalisti, generali, politici, magistrati, uomini
dei Servizi e un tal Silvio Berlusconi (con il numero 1816, codice E1978. Gruppo
17, fascicolo 0625). Iniziano vicende processuali e parlamentari - che qui non
proviamo neanche a riassumere - ma che, in buona sostanza, si concluderanno
con l'ennesima assoluzione politico/giudiziaria il 16 aprile del '94. Dunque
tribunali e Parlamento, più qualche raro giornalista curioso, hanno perso
tempo al solito (cosa andavate a pensare?): nessuno congiurava contro le istituzioni
democratiche.
20 marzo '81: la sentenza di secondo grado assolve tutti - dunque anche i fascisti
- gli imputati per la strage di piazza Fontana; e già che c'è,
dimezza le pene a Maletti e La Bruna.
24 agosto '81: la Commissione inquirente archivia le accuse contro Andreotti,
Rumor, Tanassi e Zagari (ministri della Difesa a turno) come complici dei molti
"depistaggi" del Sid. Figurarsi.
11 giugno '82: la Corte di Cassazione annulla la sentenza d'appello per piazza
Fontana e dispone un nuovo processo a Bari (escludendo solo Giannettini) il
quale decreterà - il l° agosto 1985 - l'assoluzione definitiva per
tutti gli imputati e ridurrà ancora le pene a Maletti e La Bruna. Ci
sono ancora strascichi giudiziari (nel 1987) contro i fascisti Delle Chiaie
e Fachini ma i due sono assolti (il 20/2/89) con sentenza poi confermata in
appello (il 5/7/91).
23 dicembre '84: il rapido 904 è squarciato da una bomba: 16 morti e
200 feriti. Fu un delitto di fascisti e camorra? Al solito i processi si contraddicono:
per una Cassazione, presieduta dal solito Corrado Carnevale (quello che assolve
i mafiosi e raddoppia le condanne ai compagni) che proscioglie, ci sarà
nel marzo '91 una successiva condanna all'ergastolo inflitta il solo Massimo
Abbatangelo, deputato dell'allora Msi; pare poco credibile che abbia fatto tutto
da solo.
27 gennaio 1987: la prima sezione della Cassazione, presieduta da Corrado Carnevale
(guarda un po' chi si rivede) respinge i ricorsi e conferma la sentenza barese
d'assoluzione per piazza Fontana.
nel 1988 il giudice milanese Salvini, durante le indagini sul gruppo fascista
"La Fenice", trova elementi che sembrano portare verso la strage di
piazza Fontana; inizia un lavoro di controllo anche su carte e bobine dei servizi
segreti. Nel gennaio '89 apre una nuova inchiesta, che arriva a conoscenza dei
giornalisti solo nel novembre '91.
2 agosto '90: alla Camera dei deputati, il presidente del Consiglio Andreotti
fa sapere che fornirà entro 60 giorni i documenti sulla "struttura
parallela e occulta che avrebbe operato all'interno dei servizi segreti";
sta per arrivare la bufera Gladio (cui accenneremo soltanto in questa sintetica
cronologia).
3 agosto '90: alla commissione parlamentare sulle stragi Andreotti nega tutto
anche che Rudolph Stone, capo della Cia in Italia, fosse iscritto alla loggia
P2 con il numero di tessera 2183, fascicolo 0899, come invece è noto.
18 ottobre '90: Andreotti invia il documento promesso in agosto sul "cosiddetto
Sid parallelo, il caso Gladio". Successivamente la "commissione parlamentare
d'inchiesta sul terrorismo e le stragi" deciderà d'includere Gladio
nelle sue indagini: i documenti confermeranno il quadro politico noto (Dc, fascisti
e Usa al centro di ogni trama) ma si confermerà anche che i manovratori
di filo sono intoccabili. Al solito iniziano i depistaggi (nel febbraio '95
un colonnello dei Servizi verrà arrestato appunto per questo), i tempi
lunghi conditi da belle parole, ricatti sott'acqua e insabbiamenti. Vale al
riguardo la pena di ricordare che il 21 marzo '91 l'allora presidente Kossiga
dichiarerà in tv che piduisti e gladiatori sono tutti (o quasi) bravi
ragazzi, anzi patrioti.
nel gennaio '91 circolano sui massmedia gli elenchi (incompleti) dei "gladiatori"
mentre in Parlamento arrivano i documenti (ma restano molti "omissis) sul
"piano Solo"', ovvero il golpe del 1964 quando un tal Andreotti era
ministro della Difesa e Antonio Segni (padre dell'attuale referendario Mario,
detto anche Mariotto) capo del governo.
10 ottobre '91: il giudice veneziano Felice Casson trasferisce a Roma ("per
competenza") la sua inchiesta sul terrorismo in Alto Adige che coinvolge
militari e "gladiatori" e che finirà poi sostanzialmente archiviata;
un mese e mezzo dopo Kossiga rivendica di nuovo che Gladio era cosa ottima e
legale.
13 marzo '95: il giudice Salvini rinvia a giudizio 26 persone (fra loro fascisti
come Fachini, Giannettini, Delle Chiaie ma anche Gelli e il generale Maletti)
per piazza Fontana. Intanto l'ammuffita e impotente "commissione stragi"
apprende da Salvini che oltre a Gladio c'erano "36 legioni" con 1.500
uomini (Nato, fascisti, militari) pronti ad attentati e golpe; solo un'alzata
di sopracciglio e tutto finisce lì. Fra segreti, manfrine, false piste
e sabbia ogni traccia (anche se suffragata da testimonianze e prove) svanisce
perché la seconda repubblica di cui tanto si parla resta sostanzialmente
identica alla prima.
28 marzo '95: alcuni giornali pubblicano stralci delle testimonianze del terrorista
nero Gaetano Orlando: "Armi? Ce le davano i carabinieri", una delle
tante "rivelazioni" che sarebbero esilaranti se di mezzo non ci fossero
tragedie.
4 ottobre '96: un perito del giudice Salvini scopre a Roma, in un deposito sulla
via Appia, 150 mila fascicoli non catalogati dal ministero dell'Interno, inizia
una nuova farsa e chi si fosse aspettato clamorose novità dal nuovo ministro,
l'ex comunista Napolitano, sarebbe restato assai deluso. Tutto muta, nulla cambia.
27 marzo '97: il giudice veneziano Carlo Mastelloni incrimina (per falso e soppressione
di prova) 22 ufficiali dell'Aeronautica nell'inchiesta su Argo 16, l'aereo del
Sid precipitato il 23 novembre '73 vicino Porto Marghera; un'altra vicenda che
sembra intrecciarsi con Gladio, in parte (almeno per ciò che riguarda
i protagonisti) con Ustica e sicuramente conferma che i Servizi non sono stati
ripuliti come 100 e 100 volte promosso dai vari governi della Banan/Italian
repubblica. In maggio Mastelloni invia alla "commissione stragi" documenti
che informano sul funzionamento di una "Gladio civile" al Viminale
fra il '50 e il 1984, che sarebbe come dire 34 anni di illegalità al
vertice dello Stato ma già gira la barzelletta che i vari governi non
ne sapessero alcunché.
novembre '97: per chi fosse dotato di humor nero le notizie sui "misteri
d'Italia", passati e presenti, sono fonte di continuo gaudio. Nel giro
di pochi giorni si parla infatti di bombe anarchiche contro i palazzi di "giustizia"
(l'infinito ritorno) e si dice che sì, 37 anni prima (caspita, che velocità
le inchieste!) l'aereo di Mattei, presidente dell'Eni, fu effettivamente abbattuto,
anche se ovviamente non si ha alcuna idea sui responsabili.
10 febbraio '98: con 34 rinvii a giudizio si chiude la seconda parte dell'inchiesta
Salvini: in 60 mila pagine c'è di tutto ma i protagonisti son sempre
loro cioè dc, fascisti e Nato/Cia.
Per completare il quadro, bisogna riassumere che dal 12 dicembre '69 al 23 dicembre
'84 per 8 stragi che le prove non meno che il buon senso politico certificano
come "nere" (fascisti più Stato) con 149 morti e 688 feriti
ci sono due soli colpevoli condannati: Vincenzo Vinciguerra (reo confesso) e
Carlo Cicuttini per l'attentato mortale di Peteano (chi volesse approfondire
può leggere La strage di Peteano di Gian Pietro Testa, edito da Einaudi).
E che per i molti delitti compiuti nelle piazze dai fascisti vi sono state pochissime
condanne.
"Io so. Ma non ho le prove" scriveva Pier Paolo Pasolini in un famosissimo
articolo/poesia del '74. Chi vuole "sa" e può vedere anche
oggi, solo studiando da vicino i fatti, che le prove c'erano e sono state fatte
sparire, che molti testimoni sono stati uccisi e che il resto lo ha fatto l'arroganza
del potere, il "colpo di Stato permanente" (inteso soprattutto come
ricatto), il gran ventre del Mammut/Stato che assorbe tutto anche se i governi
sembrano cambiare; dunque sappiamo chi siano i colpevoli e anche i complici,
compresa la debolezza prima e l'assenza totale poi di opposizione che ha consentito
agli assassini di fari a franca. Il vero, pericoloso complotto contro la democrazia
- comunque s'intenda questa parola, nella sua verità rimanda a un vero
potere del popolo - è sempre o quasi alla luce del sole. Del resto ce
lo insegnano organismi ben più rispettabili dell'Italia "Banana
Repubblic", ovvero Fmi, Banca Mondiale e il Wto/Omc, l'organizzazione mondiale
del commercio (tanto per dirne tre) che fanno cadere i governi con una firma
o con una scrollatina alla Borsa telematica.
C'è un'altra questione che esula da questa cronologia, ovvero i nostri
giorni percorsi da un forte vento di destra, spesso con egemonia culturale e
sociale. Ovviamente il ri-formarsi di un "consenso di massa" alle
nuove forme del fascismo richiederebbe un'assai lunga e complessa analisi che
qui non tentiamo neppure ma è utile ricordare una indicazione/profezia
di Pier Paolo Pasolini (del settembre '62), cioè: "Non occorre essere
forti per affrontare il fascismo nelle sue forme pazzesche e ridicole: ma occorre
essere fortissimi per affrontare il fascismo come normalità, come codificazione
direi allegra, mondana, socialmente eletta, del fondo brutalmente egoista di
un società".
Ci sarebbero ancora da ricordare molte vicende tragiche e qualcuna farsesca:
come l'infinito mistero del presidente dell'Eni Mattei (il cui aereo appunto
saltò in aria il 27 ottobre '62); o "i delitti di pace", compiuti
da militari italiani e statunitensi a Casalecchio di Reno o nel Cermis (per
ora tutti assolti, neanche a dirlo); o l'agguato che costò la vita alla
giornalista Ilaria Alpi e che molti elementi collegano a sue inchieste scomode
sui Servizi e i traffici d'armi, o la violazione della Costituzione che ha consentito
nel marzo '99 di far guerra alla Jugoslavia; o le coperture di Stato alla "Uno
Bianca" (20 fra rapine, attentati e omicidi) e alle farsesche vicende della
"Falange armata" (oltre 500 fra rivendicazioni e minacce, mica poco);
o i documenti segreti che spariscono, ricompaiono e di nuovo scompaiono; o il
"segreto di Stato" tolto, rimesso, ritolto e abbiamo perso il conto;
o le bombe atomiche sul territorio italiano, le servitù militari e i
"patti segreti internazionali" su cui (D'Alema, capo del governo,
dixit) nulla si può fare o dire; o i molti documenti della Cia che ammettono
ufficialmente, o più spesso fanno intuire, i finanziamenti a gruppi paramilitari
fascisti ("Gladio" è solo la punta dell'iceberg) sin dall'immediato
dopoguerra e per decenni; o ancora il certo incoraggiamento più copertura
che furono dati dalle "forze dell'ordine" allo stupro contro Franca
Rame; o ancora il banchiere Sindona, di cui molto si parla nel libro Strage
di Stato, ucciso da una tazzina di caffè in carcere proprio come quel
Gaspare Pisciotta che con Salvatore Giuliano fu autore della prima "strage
di Stato" della repubblica italiana, il l° maggio '47; contro i braccianti
siciliani, "la canea rossa" come la definiva il democristiano ministro
dell'Interno, Mario Scelba. Vicende diverse fra loro ma che tutte insieme chiariscono
come "i crimini di pace", direttamente compiuti o avallati da democratici
governi - se esiste uno "Stato parallelo" di queste proporzioni, neanche
a un bambino parrebbe credibile che tutte le più alte cariche istituzionali
ne siano state all'oscuro - siano dunque non la tragica eccezione ma piuttosto
la norma, il modo abituale d'esercitare il potere contro chiunque si ribelli,
come nelle lotte intestine fra lobbies, come nella politica internazionale.
"Democradura" dicono in America latina per intendere un governo che
non è dittatura né democrazia ma un po' entrambe; un termine che
sarà bene introdurre anche da noi, se non si vuol negare l'evidenza di
una lunga scia di sangue la quale ha trovato e continua a trovare in ogni livello
dello Stato i suoi mandanti, protettori e beneficiari.
Franco Freda
Parallelamente alle vicende processuali su Piazza Fontana, di Franco Freda si
torna a parlare a partire dal 1991 per l'attività del gruppo denominato
Fronte Nazionale.
In realtà, dalla fondazione delle Edizioni di Ar nel 1964, il primo strumento
di Freda è rappresentato dai contatti costruiti intorno alla diffusione
di testi del nazismo e di propri scritti. Nelle lunghe indagini e nelle ricostruzioni
giornalistiche sulla strategia della tensione, il suo libro La disintegrazione
del sistema, sarà più volte citato come il testo chiave per capire
le tendenze in atto nel neofascismo prima della strage del 1969.
Di fatto, rientrato in Italia, dopo latitanza e carcere, Freda si stabilisce
a Brindisi e ricomincia dalla sua attività di editore-propagandista,
anche appoggiandosi alla Libreria di Ar di Salerno.
"La disintegrazione del sistema avrà venduto più di settemila
copie, e rimane uno dei nostri testi più venduti insieme al Bushido,
il libro dei samurai" spiega a il Manifesto nel 1992. E aggiunge: "I
destinatari delle nostre pubblicazioni sono rimasti costanti. Tremila persone
soprattutto al nord ricevono regolarmente il nostro catalogo".
Prendendo per buono questo dato, si può considerare che il circuito che
ruota intorno a quello che fu il leader di Ordine Nuovo nel Veneto, è
rimasto più o meno stabile e forse caratterizzato dagli stessi protagonisti.
Così, anche quando Freda decide di "ritornare in politica"
a seguirlo, specie nel Veneto e in Lombardia, sono spesso i suoi vecchi camerati.
La sua nuova creatura, il Fronte Nazionale è attivo dal 1990, anche se
la data ufficiale di fondazione è il 21 dicembre 1991 a Milano alla presenza
di alcuni vecchi nomi già legati a Ordine Nuovo. La novità rispetto
al passato è rappresentata dal razzismo, che diventa il tema centrale
della propaganda del gruppo e dai toni estremi usati contro gli immigrati. "L'Italia
non è terra d'immigrazione, no a integrazioni, no a meticciati",
si può leggere in uno dei proclami del Fronte. "Dalla questione
sociale si è passati a quella razziale - spiega Freda a Panorama nel
1992, aggiungendo - è finita l'epoca delle guerre civili europee, sta
per cominciare quella delle guerre razziali". E Cesare Ferri numero due
del Fronte Nazionale, già legato a Freda in passato e inquisito per la
Strage di Brescia, sintetizza così per Panorama la strategia del gruppo:
"Noi vogliamo soltanto difendere la razza bianca dall'invasione degli allogeni.
Siamo di fronte a un problema epocale e alla necessità di un'autodifesa".
Il simbolo della nuova organizzazione di Freda ricorda una sorta di svastica
stilizzata, i riferimenti al razzismo sono evidenti, come pure all'antisemitismo,
travestito da lotta al "complotto mondialista".
Del resto, le Edizioni di Ar hanno tra le prime importato in Italia, già
negli anni sessanta, i testi del negazionismo europeo. E quando, con gli anni
novanta, cominciano ad uscire anche testi di autori italiani che negano l'Olocausto,
è ancora una volta Ar ad ospitarli. Questa ad esempio la presentazione
del volume La soluzione finale problemi e polemiche, pubblicato da Carlo Mattogno
per Ar nel 1991: "Il preteso Olocausto ebraico si riduce ad un grave fardello
di menzogne elaborate dal Sistema ebraico-sionista con l'apporto propagandistico
dei vincitori della Seconda guerra mondiale".
La ripresa dell'attività di Freda non passa però inosservata e
nel luglio del 1993 un'indagine della magistratura veronese è aperta
contro il Fronte Nazionale, per violazione sia della legge Scelba che della
legge Mancino.
Quando la polizia si presenta a casa di Freda in Puglia, vi trova anche Giovanni
Ventura, allora recentemente rientrato in Italia dall'Argentina. Perquisizioni
vengono svolte anche a Milano, Verona, Roma, e in altre città. Tra gli
arrestati oltre a Freda, ci sono vecchi nomi, come quello di Cesare Ferri, ma
anche giovani come Stefano Stupilli, uno dei capitifoseria delle Brigate Gialloblù
del Verona. Il Gazzettino di quei giorni descrive così una delle riunioni
del gruppo: "Simpatizzanti, ausiliari, e militanti del Fronte, questi i
tre gradi dell'organizzazione, si ritrovavano ogni anno da tutta Italia a Bardolino,
il 19 dicembre per la celebrazione ariana del solstizio d'inverno. Al suono
di musiche di Wagner e Orff, a mezzanotte in punto, i frontisti incendiavano
una pira rituale sormontata dal simbolo dell'organizzazione. E attendevano sull'attenti,
immobili nel gelo, la sua consunzione". Queste indagini della magistratura
veronese si sono concluse nel novembre del 1995 con la condanna, in primo grado,
di Freda, Ferri, e altri quarantadue imputati, per "ricostruzione del partito
fascista".
Lo scorso anno Freda ha partecipato ad un incontro sulla detenzione politica
organizzato a Verona da Forza Nuova e a cui hanno preso parte anche alcuni parlamentari
del Polo. Alcuni ex esponenti di Ordine Nuovo nel Veneto, legati a Freda negli
anni sessanta e settanta, hanno nel frattempo raggiunto la Lega di Bossi e la
Liga veneta repubblica di Comencini e Ar ha raccolto in un volume gli editoriali
"contro il mondialismo" pubblicati sul quotidiano leghista la Padania
da un parlamentare veneto della Lega.
Dopo l'arresto di Freda nel 1993, lo scrittore Ferdinando Camon, raccontò
di un incontro che aveva avuto con lui qualche mese prima. Alla fine del colloquio
Camon chiese a Freda se era colpevole o innocente delle accuse che da oltre
trent'anni gli venivano mosse per Piazza Fontana. Ecco la risposta che si sentì
dare: "Voglio regalarle una citazione: è innocente non colui che
è incapace di peccare, ma colui che pecca senza rimorsi".
Stefano Delle Chiaie
Rientrato in Italia alla fine degli anni ottanta, Delle Chiaie dà il
via all'attività dell'"agenzia di stampa settimanale" PubliCondor
che diffonde un bollettino di poche pagine ciclostilate. Curiosamente l'agenzia,
legata all'associazione Il Punto, conta su corrispondenti da paesi quali il
Portogallo, la Bolivia, l'Argentina o il Venezuela, tutti attraversati dallo
stesso Delle Chiaie nei suoi anni di latitanza dall'Italia e di contatti con
la destra estrema internazionale. Ma l'attività di PubliCondor non è
che il primo passo di un pieno ritorno in politica dell'ex leader di Avanguardia
Nazionale e dell'area del neofascismo che al suo nome ha sempre fatto riferimento.
La Stampa del 25 giugno del 1991 dà conto in questo modo delle nuove
attività di Delle Chiaie: "Er Caccola, come lo chiamavano i suoi,
collabora alla realizzazione di un'agenzia, Il Punto, e organizza riunioni con
i camerati dei tempi di Avanguardia Nazionale". Si tratta in realtà
di un vero e proprio progetto politico che si preciserà nel corso di
pochi mesi. Il 5 di ottobre Il Giornale annuncia la riunione di due giorni che,
con il titolo di "Forum nazionalpopolare", riunisce a Pomezia, vicino
a Latina, "i vecchi extraparlamentari di destra". L'incontro deve
tenere a battesimo il quadrifoglio della Lega nazionalpopolare, simbolo e sigla
con la quale quest'area intende presentarsi alle elezioni politiche. Il tutto
nell'ambito della coalizione elettorale della Lega delle Leghe, che riunisce
vari piccoli gruppi prevalentemente nel mezzogiorno e nel Lazio, e che cerca
di sfruttare l'effetto di possibile trascinamento dell'affermazione di Bossi
nel nord del paese.
Un precedente c'è già, quello di Cosenza, dove due consiglieri
comunali missini sono passati al nuovo gruppo elettorale di Delle Chiaie. Inoltre,
questa nuova Lega godrebbe anche dell'appoggio di Pino Rauti, proprio in quell'anno
sostituito alla segreteria nazionale del Msi da parte di Gianfranco Fini, già
pupillo di Giorgio Almirante, dopo la debacle elettorale del partito nelle regionali
siciliane. Precisa il Giornale: "Rauti sentirà Delle Chiaie la prossima
settimana, "così mi racconterà come gli è andata".
"Del resto", conclude, "lui si muove in un ambiente, quello nazional-popolare
che è sempre stato anche il mio. Pare che l'iniziativa sia seguita con
una certa attenzione anche dall'ex deputato missino Sandro Saccucci, da Clemente
Graziani, il successore di Rauti alla guida di Ordine Nuovo da tempo residente
in Sud America e da esponenti di Terza Posizione".
Come riportato dal numero speciale di PubliCondor, uscito a pochi giorni dall'incontro
di Pomezia, è lo stesso Delle Chiaie a tenere il discorso di chiusura
dell'iniziativa. Nel suo intervento parla di un progetto che vuole mutare l'immagine
tradizionale dell'estrema destra: "Questo per noi è superamento
dell'area neo-fascista, spiega Delle Chiaie; significa cioè non sentire
la necessità, in ogni momento, di richiamarci ad una terminologia, a
dei riferimenti storici o meno storici, per fare come qualcuno nel passato faceva:
far sentire emozioni e quindi attrarre verso di sé queste componenti;
ma tentare lucidamente di costruire una progettualità politica che ci
rigetti nella storia di oggi per poter conquistare il nostro futuro". La
Lega delle Leghe diffonderà anche un incredibile volantino elettorale
che ricostruisce la carriera di Delle Chiaie attraverso gli anni di latitanza,
i processi e le conseguenti assoluzioni. L'esito negativo della prova elettorale
della Lega del quadrifoglio, con qualche eccezione di rilievo solo in Calabria,
farà destinare l'attenzione di quest'area verso altri obbiettivi, e verso
la nascita di una effimera sigla, quella dell'Alternativa nazionalpopolare.
Ma, soprattutto a Roma, il nome di Delle Chiaie torna a circolare all'inizio
del decennio, soprattutto in riferimento al fenomeno dei cosiddetti "naziskin".
Solo pochi giorni dopo la manifestazione nazionale della Base Autonoma, il circuito
diretto dal Movimento Politico di Maurizio Boccacci, conclusasi a pochi metri
dal celebre balcone di Piazza Venezia e che tanto clamore aveva destato nella
stampa, l'Unità del 6 marzo del 1992 pubblica una lunga intervista all'ex
leader di Avanguardia Nazionale, sotto questo titolo: "Delle Chiaie e la
nuova violenza nera". Nelle domande poste a Delle Chiaie, si fa riferimento
all'opinione espressa da alcuni inquirenti sul suo possibile ruolo come "regista
occulto dei naziskin", e si chiede espressamente dei suoi rapporti con
Boccacci. "Lo conosco, ho conosciuto Boccacci quando sono uscito di galera,
nel febbraio '89, lui faceva parte dell'ultima generazione di Avanguardia Nazionale.
Con Maurizio ho un buon rapporto personale". Quanto al razzismo, ecco la
risposta di Delle Chiaie: "Io non credo in una società multi-razziale.
Credo nella differenza".
Mentre la destra estrema italiana cambia volto, grazie all'irruzione mediatica
dei "naziskin", fanno la loro comparsa anche nuove pubblicazioni e
riviste. È il caso di La spina nel fianco il cui primo numero esce, alla
fine del 1992, proprio come supplemento a PubliCondor. In cinque anni di pubblicazione,
fino al 1996, della rivista non usciranno nemmeno dieci numeri. Eppure lo stile
e i temi affrontati dalla Spina sono interessanti per comprendere come la vecchia
lezione di Avanguardia Nazionale sia tornata d'attualità nell'ambito
dell'estrema destra.
Fin dal suo primo numero (Numero Zero) la pubblicazione presenta così
il proprio progetto: "(Non) possiamo dare più credito alle fasulle
opposizioni di sinistra e di destra (ma) creare un'opposizione reale, senza
mascheramenti, senza condizionamenti, né ipoteche, crearla insieme, al
di fuori degli schemi". Torna l'idea di una unità, generazionale,
comunitaria, di destino, che superi le contrapposizioni politiche consuete.
Non è un caso che sempre sul primo numero della rivista compaiano interviste
a Adriano Tilgher, a Marcello de Angelis, collaboratore della pubblicazione
e già dirigente di Terza Posizione e oggi direttore del mensile di AN,
Area, oltre a quelle a Maurice Bignami e Franco Tomei. Seguiranno le interviste
allo stesso Delle Chiaie e a Valpreda, ma anche a Fioravanti e Franceschini,
a Nolte e a un rappresentante del Sinn Fein irlandese, l'esaltazione del "nazionalcomunismo
russo" accanto agli interventi del comitato di cittadini che a Milano chiede
lo sgombero del Centro Sociale Leoncavallo. Alla Spina è legato anche
il Sindacato degli studenti, un gruppo universitario formato soprattutto da
ex militanti di Meridiano Zero, di cui fa parte anche il figlio di Tilgher,
Marco, e che si è segnalato nell'occupazione della Facoltà di
Giurisprudenza a Roma nel 1996.
Adriano Tilgher
Il ritorno sulla scena dell'estrema destra di Stefano Delle Chiaie rimette in
realtà in gioco un'intera area politica del neofascismo italiano: quella
formatasi alla scuola di Avanguardia Nazionale fin dagli anni sessanta. Quanto
detto fin qui per Delle Chiaie può quindi valere anche per altri esponenti
di primo piano di questo stesso ambiente, primi fra tutti proprio Adriano Tilgher
e Mario Merlino, da sempre tra i suoi più stretti collaboratori.
Tilgher è ad esempio con Delle Chiaie al forum della Lega Nazionalpopolare,
è lui a svolgere la relazione politica di apertura dell'incontro. Ma,
di lui, si era già parlato durante il congresso missino del 1990. Durante
una delle accese sedute che preparavano l'elezione di Pino Rauti alla Segreteria
del partito, Tilgher e un gruppo di "camerati pronti a tutto", come
li definisce la Stampa, sono presenti nel salone dell'hotel di Rimini dove si
svolge l'assemblea del Msi. Sono venuti a sostenere Rauti, con il quale continuano
evidentemente a essere in contatto. Un particolare questo di non poco conto,
visto gli sviluppi che le cose avranno per il vecchio capo di Ordine Nuovo,
anche lui passato per le inchieste sullo stragismo e recentemente coinvolto
di nuovo nelle indagini sulla strage di Piazza della Loggia a Brescia.
A Fiuggi, durante il congresso che trasformerà il Msi in An, Rauti tenta
di raccogliere l'opposizione a Fini in una corrente, ma resta praticamente da
solo. Non rimarrà nemmeno fino alla fine dei lavori congressuali ma,
mentre a Fiuggi nasce ufficialmente Alleanza Nazionale corre a Roma per convocare
una assemblea di chi crede in una continuità, anche d'immagine, del vecchio
partito di Almirante.
Il 31 gennaio del 1995 prende così il via una nuova formazione politica
che dopo aver perso la possibilità di utilizzare nome e simbolo del vecchio
Msi, finirà per chiamarsi Movimento Sociale Fiamma Tricolore. Al partito,
sfumato definitivamente il progetto della Lega delle Leghe, aderiscono anche
i vecchi dirigenti di Avanguardia Nazionale. Questa volta Delle Chiaie resta
in ombra, mentre Tilgher viene nominato nel Comitato centrale del nuovo Ms e
gode di un certo peso nei delicati equilibri interni. L'operazione tentata da
Rauti è infatti ambiziosa, ma anche molto difficile da realizzare: creare
una sorta di "casa comune" del neofascismo italiano, definitivamente
in rotta con il partito di Fini.
In realtà, dei giovani che erano cresciuti alla scuola di Tilgher e Delle
Chiaie, alcuni di quelli passati per Terza Posizione, finiranno per raggiungere
le file della "destra sociale" dentro An. Ma, almeno all'inizio, la
Fiamma Tricolore potrà contare su un certo numero di vecchi militanti
del neofascismo a cui vanno aggiunte le nuove leve formatesi nella seconda metà
degli anni ottanta in gruppi come Meridiano Zero, vicino all'area di Delle Chiaie,
Tilgher e Merlino, e Movimento Politico. Il peso di Tilgher e i suoi nella Fiamma
si può riscontrare in alcune scelte tematiche del nuovo partito, come
ad esempio la campagna di manifesti per "l'alternativa nazionalpopolare"
o nei rinnovati contatti con il Front National francese di Le Pen, sostenuti
soprattutto da Tilgher e i suoi che vantano anche collegamenti con il gruppo
neofascista del Gud cresciuto nella Facoltà di Assas dell'università
di Parigi.
Le divergenze in seno alla nuova compagine dell'estrema destra sembrano però
destinate ad avere la meglio sul progetto di Rauti. Dopo abbandoni individuali,
commissariamenti di intere federazioni, spaccature nel gruppo dirigente, arrivano
le vere e proprie scissioni. Il gruppo di Adriano Tilgher esce dalla Fiamma
nel 1997, dopo poco tocca anche agli ex dell'area di Movimento Politico, destinati
a confluire in Forza Nuova l'anno successivo.
Per Tilgher inizia ancora una nuova fase, che non lo vede più nel ruolo
di luogotenente di Delle Chiaie, ma alla testa di un altro progetto dove confluisce
però tutto il vecchio ambiente degli avanguardisti.
Il 28 settembre del 1997 presso il cinema Capranica di Roma si svolge la manifestazione
di presentazione del Fronte Nazionale, un nuovo partito guidato da Tilgher.
All'iniziativa partecipano circa duecento persone, molte già legate all'esperienza
di Avanguardia Nazionale, altre avvicinatesi al gruppo di Delle Chiaie attraverso
La spina nel fianco o il Sindacato degli studenti. Al battesimo del Fronte partecipa
anche un parlamentare europeo del Front National francese di Jean Marie Le Pen.
Tilgher aveva avuto rapporti con i razzisti francesi già nella Fiamma
e i contatti erano continuati così fino al lancio del Fronte, definito
"degli italiani", ma pensato in una prospettiva di stretti legami
con l'Europa. Del resto da anni Le Pen sta cercando di costruire un proprio
circuito di partiti e organizzazioni ispirate al Front National anche nel resto
d'Europa.
Nei programmi del Fronte Nazionale di Tilgher, che sarà presente per
la prima volta alle elezioni amministrative del giugno del 1999 rosicchiando
percentuali non insignificanti all'elettorato di Rauti, specie nel Lazio, torna
una posizione "al di fuori degli attuali schieramenti". L'eterno gioco
di questa area del neofascismo a confondere il proprio profilo sotto posizioni
non facilmente etichettabili, fa annunciare nel programma del Fronte una "campagna
per la fuoriuscita dalla Nato", o contro il Trattato di Maastricht. Posizioni
a cui vanno però aggiunte quelle in difesa dei prodotti commerciali italiani,
-" comprare italiano" - o i toni xenofobi contro gli immigrati. Allo
stesso modo va notato come il partito di Tilgher si sia unito alla Lega Nord
nella raccolta di firme per l'abrogazione della legge Turco-Napolitano sull'immigrazione,
manifestando però durante la guerra nel Kosovo contro l'intervento militare
della Nato.
Dalla fine del 1998 il Fronte può godere anche di uno strumento in più:
Rinascita, il "quotidiano di liberazione nazionale", distribuito cinque
volte la settimana nelle edicole di Roma e provincia. A dirigerlo è Ugo
Gaudenzi, in passato con il giro di Delle Chiaie in Lotta di popolo, già
direttore del quotidiano socialdemocratico L'Umanità.
Rinascita ospita interventi e testi prodotti da varie aree del neofascismo.
E tra gli altri nomi legati al passato, che pubblicano sul quotidiano, c'è
quello di Claudio Mutti, già con Freda e in Ordine Nuovo, oggi responsabile
della casa editrice parmense All'insegna del veltro con un catalogo che può
vantare molti classici del fascismo europeo e un'attenzione particolare per
quanto avviene nel mondo slavo, compresa la Serbia.
Mario Merlino
Professore di filosofia in un liceo della Capitale, anche Merlino è rimasto
legato alle attività del gruppo degli ex di Avanguardia Nazionale. Attivo
nell'associazione Il Punto, ha pubblicato un quaderno dedicato a Valle Giulia
e al '68, e all'eterno rimpianto dei neofascisti per aver mancato all'epoca
"l'unità generazionale" con gli studenti di sinistra, prima
di trasformarsi nelle squadre d'assalto che cercavano di cacciare gli occupanti
dalle università. Merlino è considerato una sorta di storico di
quest'area neofascista, e in questo ruolo ha pubblicato alcuni testi, tra l'apologia
e il diario degli eventi.
Personaggio sempre meno visibile, rispetto a Delle Chiaie e Tilgher, ha però
partecipato a tutte le iniziative pubbliche dell'associazione, come la tre giorni
tenuta in un albergo romano nel settembre del 1994 nell'anniversario della morte
del principe golpista Junio Valerio Borghese. In quell'occasione fu anche proiettato
un documentario prodotto a Salò che celebrava le imprese di Borghese
come comandante della Decima Mas. Qualcosa di più di una commemorazione
rituale, se si pensa al ruolo operativo che i giovani avanguardisti di Delle
Chiaie avrebbero dovuto avere nel tentativo golpista diretto da Borghese nel
dicembre del 1970.
Ma di Merlino le cronache sono tornate ad occuparsi negli ultimi anni anche
per la sua presenza al convegno "negazionista" organizzato nel giugno
del 1992 dal Movimento Politico a Roma e a cui avrebbe dovuto prendere parte
anche l'inglese David Irving. Ancora, incontrato ai bordi del corteo nazionale
di An a Roma il 2 dicembre del 1995, Merlino rispondeva così a il Manifesto:
"Una volta per noi la piazza doveva essere conquistata attraverso lo scontro,
oggi molte cose sono cambiate. Nella mia scuola che sta in un quartiere di periferia,
che una volta ci era precluso, ora è possibile invitare Mario Castellacci,
l'autore dell'inno degli squadristi, Le donne non ci vogliono più bene,
a raccontare le sue esperienze della Repubblica Sociale Italiana".
Quando nel 1997 nasce la Consulta nazionale dei Combattenti della Rsi, nella
pubblicazione che annuncia la creazione di questo nuovo gruppo, compare anche
la firma di Rutilio Sermonti, anche lui legato al Fronte Nazionale e dello stesso
Merlino.
Processi a un libro
Il libro La strage di Stato viene pubblicato alla fine del giugno 1970 dall'editore
Giulio Savelli, che offrì la propria struttura editoriale e rese possibile
la diffusione del volume come periodico nelle edicole, presentandolo come supplemento
al mensile Controborghese, di cui era direttore responsabile Alfonso Cardamone.
Il libro era in realtà il risultato finale del lavoro svolto da un gruppo
di militanti della sinistra extraparlamentare che si identificava nel "Comitato
di controinformazione". In esso svolsero un ruolo primario e propulsore
MARCO LIGINI, che coordinava l'aspetto giornalistico e informativo del lavoro,
e EDUARDO M. DI GIOVANNI, che era invece il coordinatore sul versante giuridico
e giudiziario. Tra il settembre e l'ottobre del 1970 denunciano il libro, chiedendone
il sequestro su tutto il territorio nazionale:
-Giorgio Almirante, segretario nazionale del Movimento sociale italiano, ex
redattore della rivista Difesa della Razza, ex capo di gabinetto del ministro
Mezzasoma nella Repubblica sociale italiana, firmatario di un manifesto che
comminava la pena della fucilazione per chi si univa alle formazioni della Resistenza,
fotografato più volte durante spedizioni punitive di elementi di destra
contro gli studenti universitari di Roma.
-Enrico Frattini, generale, ex comandante della brigata Folgore dei paracadutisti,
presidente dell'Associazione nazionale paracadutisti d'Italia (Anpdi), "eroe
di EI-Alamein" durante il secondo conflitto mondiale.
-Michele Catorio, vice-presidente dell' Anpdi.
-Giuseppe Rauti, detto Pino, segretario del movimento politico Ordine nuovo
(successivamente disciolto dall'autorità giudiziaria per ricostituzione
del partito fascista), implicato nel tentativo di colpo di Stato capeggiato
da Junio Valerio Borghese nel dicembre 1970, successivamente segretario nazionale
del Movimento sociale italiano, oggi segretario della Fiamma tricolore, da sempre
a capo dell'ala dura dell'estrema destra italiana.
-Pio D'Auria, indicato all'epoca dalla stampa come possibile sosia di Pietro
Valpreda.
-Antonino Sottosanti, anch'esso indicato dalla stampa come possibile sosia di
Valpreda.
-Mario Palluzzi, legato all'organizzazione di estrema destra Avanguardia nazionale,
imputato in un procedimento giudiziario per estorsione ai danni di alcuni gestori
di distributori di carburante.
-Junio Valerio Borghese, principe romano e nobiluomo della corte pontificia,
ex comandante della X Mas nella Repubblica sociale italiana, condannato a morte
in contumacia dal Comitato nazionale di liberazione-Alta Italia per crimini
di guerra commessi in quelle circostanze (pena poi commutata in ergastolo e
quindi amnistiata), fondatore e presidente dell'organizzazione estremista di
destra Fronte nazionale (poi disciolta dall'autorità giudiziaria per
ricostituzione del partito fascista), imputato per un tentativo di colpo di
Stato avvenuto il 7 dicembre 1970.
-Paolo Pecoriello, reo confesso (poi condannato) per un attentato dinamitardo
contro la libreria Rinascita nel 1968 e per l'imbrattamento dell'autovettura
di Pier Paolo Pasolini. Supposto appartenente o simpatizzante di Avanguardia
nazionale.
-Giovanni Ventura, editore di pubblicazioni di estrema destra (tra cui quelle
uscite con la sigla AR alla fine degli anni Sessanta), appartenente a Ordine
nuovo, corrispondente di Stefano Delle Chiaie, leader di Avanguardia nazionale,
poi imputato per gli attentati del 12 dicembre 1969 (da cui fu assolto per insufficienza
di prove).
Dalle querele derivarono tre distinti processi, poi riuniti in un solo procedimento,
a carico di Giulio Savelli, editore del libro; Nicola De Vito, responsabile
amministrativo della casa editrice; e Alfonso Cardamone, direttore responsabile
di Controborghese. Il 13 febbraio 1973 la IV sezione penale del Tribunale di
Roma, con l'intervento del pm Nicolò Amato, emise una sentenza con la
quale furono assolti Cardamone (che nel frattempo si era dissociato, dichiarando
che l'attribuzione al libro della qualifica di supplemento al periodico da lui
diretto era stata operata senza consultarlo) e De Vito; fu assolto Savelli per
la diffamazione in danno di Frattini, Palluzzi, Sottosanti e Pecoriello perchè
i fatti attribuiti sono "privi di fondamento e neppure verosimili";
fu sospeso il processo relativo alle querele di Ventura, D'Auria e Rauti perché
nel frattempo imputati o indiziati nel procedimento per gli attentati del 12
dicembre 1969; fu condannato Savelli per la diffamazione di Caforio, Borghese
e Almirante alla pena di anni l e mesi 2 di reclusione. Il 22 giugno 1979 la
II sezione della Corte d'appello di Roma ha comunque prosciolto Savelli per
prescrizione del reato, essendo ormai trascorsi nove anni dalla pubblicazione
del libro.
Edgardo Pellegrini
Come importammo la controinformazione.
Non poteva avere un o una corrispondente dagli Stati Uniti, l'Unità a
causa della legge McCarran che impediva l'entrata, figuriamoci la residenza,
ai comunisti e alle comuniste. Non poteva avere corrispondenti in Francia, perché
non aveva i soldi. E via così per chi sa quanti altri paesi. Ennio Simeone
era il capo della sezione "Varia". Sembra che una cosa del genere
l'avesse inventata Mark Twain: tutta la vasta area di collaborazione a cercare
e trasmettere notizie ma poi, chi scrive? Solo redattrici e redattori addestrati
a scrivere nello stile del giornale. Lo scrittore e giornalista statunitense
la chiamava Writing Section, noi Varia; ma l'idea era la stessa. Mario Alicata,
il direttore, era uomo di buone letture. A destra di Amendola, nel Pci; ma sicuramente
un grande direttore. Aveva addirittura chiamato Albe Steiner a ridisegnare il
giornale, per adottare l'impaginazione verticale che con Il Giorno di Baldacci
aveva rivoluzionato la stampa italiana.
Capo della sezione "Varia", allora, era Ennio Simeone. Pensò
che quello che si poteva fare con i corrispondenti locali - nell'Unità,
gente ben avvezza alle questioni sociali e sindacali, non altrettanto a comunicarle
per iscritto come si deve, e per questo dovevamo riscrivere tutto - si poteva
fare probabilmente anche per le notizie dall'estero: "Basta usare intelligentemente
i flash dell'Ansa", diceva. Insorse Michele Lalli: "Guarda che le
notizie bisogna prenderle sul campo, non si può solo leggere le agenzie
tra le righe... Le agenzie sono una segnalazione, la fonte è un'altra
cosa". Lalli era l'inviato di punta della "Varia".
Dato a Michele Lalli l'incarico di scovare fonti alternative in giro per il
mondo, Ennio Simeone si tolse uno sfizio: i fantomatici corrispondenti dall'estero
si sarebbero chiamati tutti... "E. S.", (Ennio Simeone) o "S.
E." (Simeone Ennio). "Samuel Evergood, per l'Inghilterra - disse Michele
Lalli - Si chiamava così un ebreo inglese che morì vicino a me,
in campo di concentramento". "Spostiamolo in America - disse Simeone.
È bene, negli pseudonimi, che non vi siano riferimenti troppo diretti".
E andò cosi.
Poi Lalli ci lasciò troppo presto. Io ero un po' il suo vice, nella "Varia"
e da Sandro Curzi (e da Enzo Branzoli, da Lucio Tonelli, da Giorgio Grillo,
da Lamberto Martini... quanti buoni capiservizio c'erano, prima del giornalismo
spettacolo!) avevo imparato che uno le fonti se le deve cercare da solo. Diventai
Samuel Evergood e mi si parò davanti l'assassinio di Kennedy.
Bisognava trovare le nostre fonti. Prima di tutto dovevo studiare l'inglese.
Il corso lo pagai metà io, metà lo pagò il giornale. Grazie,
mister Hickey, il mio docente di allora, irlandese e pignolo. Poi c'erano i
referenti negli Usa eredità di Lalli. Mi spiegarono loro, per lettera
ma sempre prima che uscisse L'America ricorre in appello che l'avvocato Mark
Lane si contrapponeva al rapporto Warren. Mi spiegarono loro, e anche Roberto
Giammanco, prima che ne arrivasse l'eco in Italia, che il procuratore della
Louisiana Jim Garrison seguiva una pista ben diversa da quella di Lee Harvey
Oswald. Mi segnalarono che un collaboratore di Garrison e una collaboratrice
di Lane arrivavano in Europa.
Fu così che Samuel Evergood fece, da Roma, alcuni scoop: quando lo ammazzarono
con un abile colpo di karatè, raccontò subito chi era stato David
Ferrie, pilota anticastrista coinvolto nel delitto Kennedy fino al collo; e
per la prima volta in Italia fece il nome di Clay Shaw, il petroliere e finanziere
del Texas che poi Garrison avrebbe incriminato quale mandante del delitto. Sì,
lo assolsero. Ma che conta? Rivedetevi il film di Oliver Stone!
La controinformazione italiana nasceva così utilizzando, direi copiando,
le inchieste e le ricerche della grande controinformazione statunitense che,
a sua volta, si basava sul giornalismo investigativo anglosassone e non sull'oratoria
asiaria che ancora imperversava - con l'eccezione dei pochi Barzini (in campo
statale) e Chilanti, Zangrandi e Orecchio (in campo eversivo) - nella comunicazione
quotidiana in Italia. Ci furono eccellenti esempi di controinformazione italiana:
Droga di classe, di Pino Bianco, tanto per fare un esempio.
Di Clay Show venne fuori che finanziava la Permindex. E che la Permindex finanziava
i neofascisti in Italia e in Sud Tirolo.
Tempo prima, seguendo come cronista il delitto Wanninger (una aspirante modella
uccisa a Roma) ero stato sbattuto fuori a calci e a spintoni da uno strano ufficio
di uno strano produttore tedesco che film non ne produceva. E avevo ancora negli
occhi l'intestazione della lettera che aveva davanti, sulla sua scrivania: Permindex,
naturalmente.
Dopo la strage di piazza Fontana, i giudici milanesi in una perquisizione nella
casa di un supposto golpista trovarono una vecchia velina del generale Allavena,
capo dei servizi segreti, in cui si raccomandava di non scavare troppo a fondo
nel caso Wanninger...
"Permindex, hai detto?", mi chiese, una sera, Eduardo Di Giovanni.
"Permindex, sissignore". L'avvocato, che in pratica conoscevo da sempre,
come Marco Ligini, aveva avuto, quasi per caso, un nome: Michele Sindona. E
non so come avesse saputo di un collegamento italiano di Sindona: la Permindex.
Questo strano gioco, di fare il Samuel Evergood stando seduto a via dei Taurini,
di lavorare più sul lavoro dei colleghi e delle colleghe statunitensi
che sull'Ansa, non potevo tenermelo per me. Era troppo divertente. Per lettrici
e lettori, l'illusione di avere un corrispondente a New York. Ma con qualcuno
mi dovevo pur confidare. Quindi, le imprese di Samuel Evergood le raccontavo
nelle serate all'Armadio, il cabaret di sinistra inventato da Marco Ligini e
Zizi Firrao. Ci facevamo su anche delle canzoncine.
Così, quando fu ucciso Malcolm X, Giorgio Amendola, nel comitato federale
del Pci romano in via dei Frentani, criticò il corrispondente dell'Unità
dagli Usa che aveva scritto un necrologio "troppo positivo" del leader
nero assassinato: "Non si può difendere a spada tratta, anche se
è un negro e fa parte di una minoranza oppressa, un ex drogato, un ex
sfruttatore di donne - disse, e continuò - Capisco che il compagno Samuel
Evergood ha motivi, vivendo lì, di critica accentuata verso la società
che lo circonda...". Esplosero Renato Nicolini e, mi pare, Eugenio Rizzi:
"Ma dai, Samuel Evergood sta qui a cento metri, in via dei Taurini!".
Sì, troppo divertente.
Non so, sulla base della dritta che avevo fornito sulla Permindex, chi dopo
ci abbia lavorato sopra, nell'équipe di Strage di Stato. Era così,
per motivi di sicurezza. Solo Eduardo e Marco sapevano (quasi) tutto. Neppure
Invernizzi, che poi sarebbe stato con Ligini l'estensore materiale del testo
definitivo, sapeva da dove arrivassero le notizie. Né, credo, che le
riunioni del comitato ristretto romano si facevano a casa del burattinaio, ed
ex partigiano, Otello Sarzi. Ma qualcuno, a partire dal rapporto Permindex-Sindona,
scoprì la Continental Illinois Bank di Cicero, i suoi rapporti con lo
Ior vaticano e con monsignor Marcinkus, con David Kennedy e l'amministrazione
Usa.
Nell'inchiesta vera e propria io ebbi poco più di questo ruolo, a parte
alcune altre piccole verifiche che un giornalista professionista poteva fare
più agevolmente dei ragazzi che rischiavano la pelle seguendo in motorino
i fascisti per vedere con chi si incontravano, o delle attrici belle come il
peccato che si mettevano in pelliccia per infiltrarsi nei ricevimenti della
nobiltà nera romana in cui circolavano a passo di valzer i più
noti generali felloni.
Ebbi un ruolo un po' più incisivo dopo, alla quinta edizione (ottobre
1971) quando si era creata una frattura fra la controinformazione romana e gli
anarchici e, siccome io avevo buoni rapporti con l'una e gli altri, gli editori
mi chiesero di scrivere la prefazione aggiornata, e le note ai capitoli, dopo
averli concordati da un lato con Eduardo Di Giovanni e Marco Ligini, dall'altro
con Aldo Rossi. In quell'occasione, mi ritrovai anch'io a compilare dei testi
che venivano da chi sa quante informatrici e informatori del movimento, fidandomi
di loro e non cercando di sapere chi erano e come avevano avuto quelle notizie.
Questa storia l'ho raccontata perché mi sembra giusto che si sappia che
dietro a Strage di Stato c'era una grande stratificazione e diversificazione
di esperienze e competenze. Chi ha corso realmente grandi pericoli, a parte
Eduardo e Marco, sono stati quelli che lavoravano sul campo. E nessuno mi toglierà
dalla testa che Mucky e i suoi compagni anarchici non sono morti per caso, il
15 settembre 1970, in un fortuito incidente stradale, non lontano dalla tenuta
di Junio Valerio Borghese, e proprio mentre indagavano sui fascisti.
Ma si lavorava anche ad altri livelli. Un grande contributo lo aveva dato Ruggero
Zangrandi, autore dell'eccezionale inchiesta sul Sifar per Paese sera. Altri,
come Pio Baldelli, avevano dimenticato prudenza e status, per difendere la memoria
di Pino Pinelli. Così non mi dispiace che anche Samuel Evergood, poco
nota vittima inglese dei lager nazisti, rinato nella penna di Michele Lalli
e finito per caso nel mio lavoro di cronista, abbia potuto, grazie alle sue
sponde d'oltre oceano, dare un modesto contributo. Certo, se Eduardo e Marco,
quella sera all'Armadio, non avessero drizzato le orecchie...
Ma loro erano fatti così. Si divertivano un sacco, ad essere persone
per bene. E siccome lo erano davvero, anche intraprendendo le avventure più
serie volevano divertirsi.
È stato bello, giocare con loro.
Eduardo M. Di Giovanni (1931-1990)
Nato da una famiglia siciliana di avvocati le cui tracce risalgono al 1589. I suoi antenati sono sempre stati personaggi scomodi: antiborbonici, anti-piemontesi, antifascisti, antidc... Il nonno Eduardo era un deputato fondatore del Partito socialista in Sicilia. La mamma, Maria Verga, è nipote di Giovanni Verga, il grande romanziere di Vizzini. Il padre Salvatore è stato un gappista a Roma; Eduardo dodicenne faceva, a sua insaputa, la staffetta partigiana. Amante della poesia (vinse due premi) e del giornalismo (grintosa una sua inchiesta sulla Calabria per Epoca), Eduardo fu segretario della federazione giovanile socialista, restò nel Psi fino ai primi anni Sessanta, poi entrò nel Pci nel 1988. Avvocato di vaglia, difese militanti praticamente di tutta la sinistra, dal Pci agli anarchici, dagli obiettori di coscienza ai protagonisti della lotta armata. Arrestato per istigazione alla banda armata e associazione sovversiva, venne assolto. Sosteneva sempre che non c'era separazione, tra la sua vita privata e il suo impegno forense: erano entrambe dedicate alla vittoria di una società giusta.
Marco Ligini (1940-1992)
Animatore del Comitato di controinformazione, che aveva avviato l'analisi sull'aggressivo arcipelago fascista romano e sui suoi collegamenti con gli apparati di sicurezza fin dall'uccisione dello studente Paolo Rossi, nell'aprile del 1966, Marco Ligini era stato tra i promotori dell'Armadio, il primo cabaret della sinistra romana da cui sarebbero nati il Nuovo canzoniere internazionale; una sua canzone ebbe fortuna: la "Ninna Nenni". Nello stesso periodo, aveva scritto sceneggiature per il burattinaio ed ex comandante partigiano Otello Sarzi. Dopo La Strage di Stato, Marco lavorò come giornalista (era il "Limar" delle critiche sul fumetto, per Paese sera) e scrisse testi per la radio, per il cinema, per la televisione. Ultimamente aveva partecipato alla costituzione di una comune agricola per quelli che le controriforme sanitarie vorrebbero rinchiudere nei manicomi
Edgardo Pellegrini (1940-1998)
Giornalista militante e militante politico, nasce in un famiglia
comunista e fin da ragazzo frequenta ambienti vicini al PCI, si iscrive a quel
partito, lavora poi a Paese Sera e all'Unità. Ma il suo comunismo fu
presto, e per sempre, eretico e anticonformista, di passione civile e ricerca
sul campo e di critica serrata agli schemi prefabbricati, alle certezze consolatorie,
alle immaginette sacre. Fu a lungo legato con funzioni dirigenti alla sezione
italiana della IV Internazionale e diresse Bandiera Rossa. Nella seconda metà
degli anni Ottanta, sempre più critico verso rituali di appartenenza
partitica che gli appaiono ormai residuali e inadeguati a cogliere e rappresentare
le trasformazioni della società, abbandona l'impegno di partito e concentra
la sua passione politica in iniziative di movimento e in campagne di solidarietà
internazionale, di cui memorabili rimangono quelle contro l'Apartheid in Sudafrica.
La comunicazione e l'informazione costituirono per Edgardo non soltanto gli
elementi essenziali dal suo impegno professionale ma la cifra stessa della sua
passione politica. Dovunque abbia avuto modo e occasione di lavorare, l'ostinata
ricerca delle fonti e la verifica sul campo della notizia hanno rappresentato
per lui l'antidoto più efficace ai processi di omologazione, il luogo
di incontro e di connessione tra la sua vocazione di cronista del mondo e la
lucida passione politica che lo hanno accompagnato nella vita.