Biblioteca Multimediale Marxista
1) lettera di Pietro Valpreda dal carcere
Testo della lettera inviata da Pietro Valpreda alla Redazione di "Umanità Nova" (85)
Carcere di Regina Coeli
14 Aprile 1970
Cari compagni,
vi accludo queste note che credo vi potranno servire, anche perché‚
vedo da "Umanità Nuova" che dovete spulciare notizie da altri
giornali... Fatene l'uso che credete meglio. In carcere per ora, malgrado la
grande repressione, vedo solo anarchici.
Saluti e anarchia.
Pietro
A più di cinque mesi dall'inchiesta precostituita dagli organi del sistema
nei nostri riguardi, vorrei puntualizzare alcuni
punti e renderne noti altri alla parte più sensibile e cosciente dell'opinione
pubblica, anche se credo doveroso aggiungere che
diversi organi di stampa, che ci hanno affiancati e che potrei chiamare innocentisti,
hanno abbracciato tale tesi più ai fini di una certa strumentalizzazione
politica che per amore di verità o di giustizia. Ed è un certo
settore della stampa, che il buon senso ed il pudore mi impediscono di chiamare
organi di informazione, servi obbedienti dei vari gruppi di potere più
reazionari del sistema, che hanno gettato il fango, il livore, la menzogna,
l'odio, la diffamazione, con articoli da trivio, diretti contro i morti, contro
di noi ed i nostri familiari, amici e compagni, onde screditare, con noi, il
movimento anarchico in modo specifico e di riflesso tutta la sinistra in generale;
vista fallita la loro manovra di manipolazione e di discredito, con l'infantilismo
politico che li ha sempre contraddistinti, da bravi servi striscianti e obbedienti,
tacciono.
Dove la strumentalizzazione politica è stata subito palese, fu nel cercare
di provare nell'insinuazione che il nostro "gruppo anarchico 22 Marzo"
era un gruppo ibrido, con elementi di destra. Si avanzò addirittura l'ipotesi
di una... simbiosi fra anarchici e fascisti (si scrisse che gli estremi si toccano)
come se si potessero fondere e conciliare la libertà e la dittatura.
Tutta questa strumentalizzazione, solo ed esclusivamente per la premessa che
un componente del gruppo, di provenienza fascista, frequentava ancora, a nostra
insaputa, i suoi ex camerati: pertanto la tanto decantata simbiosi si risolve
ad un contatto che era a noi tutti sconosciuto.
Dove la strumentalizzazione politica è ancora più evidente, è
nei termini in cui si attaccano gli organi inquirenti che conducono (inteso
nel senso di... manovrare) l'istruttoria nei nostri riguardi: attacchi portati
non nel senso che l'accusa cercherebbe ogni mezzo legale e illegale per incriminare
degli innocenti, ma che agirebbe in questa maniera per tendere a colpire i mandanti;
è una disquisizione sottile, ma di importanza fondamentale; si passa
perciò sulle nostre teste (con una chiara manovra politica) ipotizzando
che potremmo anche essere colpevoli, ma, che saremmo solo dei semplici... pazzi
esecutori. Questa istruttoria, precostituita ad arte, copre non solo i mandanti,
ma gli esecutori, i finanziatori, gli artificieri ed altri palesi interessati
e... interessi. Perché se si sostiene e si scrive che su tutta l'inchiesta
vi sono dubbi, ombre che fu quantomeno affrettata, unidirezionale, precostituita
dall'inizio, condotta avanti stancamente con il riconoscimento falso, la delegazione
di spie, l'intimidazione di testi, e pure con un buon margine di illegalità;
ora essendo gli organi inquirenti autori di tutto questo, essendo pertanto i
medesimi perfettamente al corrente di aver potuto incriminare degli innocenti,
ricorrendo all'artifizio, non vedo come possano risalire ai mandanti partendo
da noi. Mi sembra perciò abbastanza palese e logico che stiamo facendo
solo da capro espiatorio: non si è voluto arrestare questi... per non
risalire a quelli; tranne che non sia un nuovo metodo di indagine arrestare
degli innocenti per risalire ai colpevoli.
Tutti sono unanimi nel sostenere la necessità di fare luce completa...
sulla oscura morte del compagno Pinelli: tutti concordi che il nocciolo, che
il marcio della questione sta là, che non si saprà mai la verità
sugli attentati dinamitardi di Milano e Roma se prima non si saprà la
verità sulla caduta di Pino. Ma i responsabili... della caduta, sono
ancora ai loro posti, nessuna misura è stata presa nei loro confronti,
l'omertà è stata tale da dare dei punti alla stessa mafia; si
è praticamente permesso che i sospettati svolgessero una specie di indagine
su loro stessi. Non solo, si è pure permesso, e si permette tutt'oggi,
che i medesimi partecipassero all'indagine nei nostri confronti (ora si sa come)
proprio a loro, che allontanare da sé i pesanti dubbi e indizi che li
devono dimostrare a qualsiasi costo e con ogni mezzo che sia Pinelli sia noi
siamo colpevoli; solo provando questo troverebbe un certo credito la tesi del
suicidio di Pinelli. Se Pino è innocente, loro sono colpevoli, non esiste
alternativa, e in tal senso hanno agito, hanno diffamato e accusato un morto,
con dichiarazioni e comunicati che si sono dimostrati, alla prova dei fatti,
completamente falsi; hanno costruito la falsa deposizione e il falso riconoscimento
di Rolandi nei loro uffici, ed in seguito caduti e scoperti i loro falsi, hanno
gettato, levandoselo di tasca, un vetrino il quale avrebbe dovuto apporre la
mia firma sugli attentati; ma anche il sunnominato vetrino, come è stato
ampiamente dimostrato era in loro possesso da molti mesi prima degli attentati,
anzi avevano chili di vetrini colorati, con ampie libertà di scelta.
Si vede che di fronte alla legge democratica, uguale per tutti, i nostri integerrimi
poliziotti sono più uguali degli altri cittadini italiani: perché
se nella loro identica situazione con le prove, gli indizi, le contraddizioni
e le assurdità che vi sono state nel loro operato e nelle loro dichiarazioni
si fossero invece trovati quattro impiegati o quattro metalmeccanici sarebbero
stati immediatamente incriminati e incarcerati. Ma forse il passato di sbirro
al servizio della dittatura fascista, in quel di Ventotene, dei camerata Guida
e e le specializzazioni, acquisite nelle scuole dei gorilla della C.I.A del
socialdemocratico Calabresi, sono una garanzia sufficiente, tale da sollevare
loro ed i loro accoliti da ogni ulteriore sospetto. Forse la nostra situazione
può anche dipendere in parte dal fatto che nè dietro, nè
sopra di noi, abbiamo o notabili, o gruppi o altro che ci appoggino.
Nell'incriminare tutti i familiari miei, hanno veramente toccato il fondo, incriminazione
effettuata in spregio ad ogni obiettiva valutazione, valutazione mai applicata
nei nostri confronti, ma tale prassi nazista non è stata usata neppure
nei processi imbastiti dai colonnelli fascisti greci, nemmeno loro erano arrivati
ad un tale grado di efferata infamia. Prima di incriminare, avrebbero dovuto
appurare l'unica prova reale, la mia macchina, prima di dare credito a delle
chiacchiere da caffè, ed assurgerle a dogma, avrebbero dovuto effettuare
la perizia sulla macchina ed avrebbero avuto la dimostrazione tecnica che il
mezzo meccanico non avrebbe potuto effettuare un tragitto così lungo
e nel tempo addebitatomi (due periti della FIAT si sono rifiutati di partecipare
alla loro commedia). Il mio meccanico di Roma, ha dichiarato che la mia 500
si trovava in pessimo stato, che la coppa dell'olio perdeva, che non aveva il
motore truccato. Se a loro non bastavano le circostanziate e precise deposizioni
dei miei familiari, per onestà professionale avrebbero dovuto, prima
di prendere una decisione, effettuare tale perizia e possiamo essere certi che
se avessero avuto solo una probabilità che tale perizia potesse risultare
a loro favorevole, l'avrebbero richiesta subito e non avrebbero atteso cinque
mesi. Non hanno tenuto in alcuna considerazione le dichiarazioni a loro contrarie,
e cioè testimonianze di diversi miei colleghi del Jovinelli, i quali
deposero o di non avermi visto, il giorno in cui l'accusa mi contesterebbe il
viaggio a Roma, o di avermi notato in epoca poco precedente, come io sostenevo
e sostengo. Angelo Fascetti si recò due volte per testimoniare a mio
favore, davanti al giudice Cudillo, ma non riuscì a farsi ricevere.(86)
Il Fascetti sarebbe il giovane moro, notato con me al bar Jovinelli, il 13 o
il 14 dicembre '69. Egli perciò voleva testimoniare quanto io sostenevo,
che tale incontro avvenne diversi giorni prima di tale data, che i testimoni
dell'accusa si erano sbagliati di data. A titolo di cronaca, debbo anche dire
che uno dei tre testi dell'accusa, aveva alcuni contatti con la polizia, contatti
che derivavano dal fatto che egli si interessava a procurare a terze persone,
con una certa facilitazione e celerità, passaporti ed altri documenti.(87)
Ermanna Ughetto, altro loro super teste (chissà poi perché tutti
i testi dell'accusa sono super, quelli a difesa, o non sono credibili, o mentono,
o vengono incriminati), colei che io avrei accompagnato a cena, in macchina,
sempre la sera del 13 o del 14: dunque il loro ennesimo super teste, dopo gli
attentati ai treni dell'agosto 1969. essendo una mia conoscente, fu interrogata
diverse volte dalla polizia di Roma, subì diverse pressioni, fu minacciata
che se non avesse collaborato e detto tutto ciò che sapeva su di me,
le avrebbero reso la vita difficile tramite la squadra del buon costume. Tale
circostanza, l'affermò l'Ughetto medesima, in presenza di alcuni nostri
comuni colleghi di teatro, i quali sicuramente potranno testimoniare in tal
senso.(88) Tralascerò di accennare alle pressioni che dovetti subire
io. E' però abbastanza sintomatico che tale teste abbia deposto quello
che faceva comodo all'accusa ed in più ad oltre due mesi di distanza.
Chiamai altri testimoni che potevano confermare le mie affermazioni, ma non
mi risulta che siano stati citati. Accantonando le loro valutazioni sempre pregiudiziali,
un fatto è positivo, io a Roma sarei stato visto prima in un bar e poi
a un ristorante, questo è tutto, niente altro mi è stato contestato:
pertanto il 13 e 14 dicembre scorso, io ero completamente libero di andare dove
e con chi avessi voluto, non avrei commesso nessun reato a ritornare a Roma,
con relativa cenetta a due, non sarei stato incriminato per questo; per quale
assurda ragione avrei dovuto negare? (sono pure scapolo), che motivo avrei.
avuto di crearmi un alibi a Milano in tal senso? Se mi fossi comportato come
sostiene l'accusa. l'avrei dichiarato dall'inizio, era tutto nel mio interesse
non dare adito a dubbio o altro. Invece tutto questo è solo un'altra
prova che dimostra che ai miei moderni inquisitori non interessa. per nulla
la verità e la giustizia, ma solo riuscire a puntellare ad ogni costo
con macroscopici indizi, le loro tesi da fantascienza. La loro manovra è
servita solo ed esclusivamente ad incriminare un teste a mia difesa che diceva
la verità, e cioè mia zia Torri Rachele. Non potendo assassinare
la verità di fronte, l'hanno colpita alle spalle, come è loro
abitudine, questo e il loro contorto e viscido disegno cercano di dimostrare
che i familiari di Valpreda possono aver mentito nei giorni 13 o 14 e di conseguenza
potremmo sostenere che possono aver mentito anche il 12. Perché bisogna
tener presente che mia zia conferma il mio alibi per il giorno 12, il quale
non è per nulla in contrasto con le dichiarazioni dei testimoni del Jovinelli
che riguardano invece il 13 o il 14... Anche qui l'accusa si è mostrata
perfettamente coerente con i suoi metodi.
Passiamo ora al fantomatico deposito sulla via Tiburtina.(89) Deposito che consisterebbe
in un buco. lo non sono responsabile di un sentito dire, o di una semplice dichiarazione
fattami a voce che potrebbe risolversi solo in una chiacchiera, come in effetti
avvenne. Sulla scorta di tale aleatoria affermazione, la polizia effettuò
in mia presenza, un sopralluogo all'ottavo chilometro della via Tiburtina, nella
notte dei 15 dicembre 1969. Tale sopralluogo dette esito negativo, ed in tale
senso firmai un verbale negli uffici della questura politica: a tale riguardo
vorrei precisare che la polizia affermò, abbastanza seccamente, che li
avevo presi per i fondelli, che li avevo fatti girare a vuoto di notte, che
li avevo condotti in un luogo dove io sapevo a priori che non vi era nulla,
che loro non erano dei cretini e le solite frasi di circostanza che dicono tutti
i poliziotti in tali situazioni. Poi invece diramarono ed allegarono agli atti
un verbale di un commissario che aveva partecipato al sopralluogo notturno,
in cui dichiarava di aver trovato un buco (allegata relativa foto del buco).
Ora si cade nel ridicolo: sulla Tiburtina vi erano diversi buchi, me ne ricordo
un paio, di cui uno quasi colmo di bottiglie vuote e di cocci di vetro. Sic.
La perizia balistica effettuata sui resti delle bombe, ha dimostrato che i congegni
erano a tempo, con una specie di accensione a molla e per nulla a miccia: ma
l'accusa strombazza su un pezzo di miccia reperito nell'abitazione di un compagno
indiziato, e richiesta di perizia sulla medesima;(90) come dire che trovando
un uomo colpito da una pallottola sparata da una rivoltella... effettuerebbe
una perizia su di un coltello.
Ha fatto pure capolino lo spionaggio finché anche questo ennesimo bluff
si è risolto con l'acclusione agli atti di... alcune poesie ed alcuni
indirizzi di caserme, senz'altro reperibili su ogni guida telefonica.(91) Come
sempre. l'insinuazione falsa è stata pubblicata a caratteri cubitali
in prima pagina, e chiamiamola la smentita... due righe nelle pagine interne.
E vediamo per ultima la loro ulteriore scaltrissima mossa, che avrebbe dovuto,
in parte, riuscire a puntellare e colmare in parte i loro vuoti e le loro ipotesi
scaturite su premesse assurde: la cosiddetta perizia psico fisica nei miei,
riguardi, onde appurare in primo luogo le mie capacità deambulatorie
ed eventualmente giustificare l'assurdo... con la pazzia. Detta perizia è
stata a me favorevole ed ha confermato la mia integrità psico-fisica:
per cui eventualmente di tarate rimangono le sopraddette ipotesi e le loro origini.
Ed è nuovamente sintomatico conoscere chi sia l'individuo che anche in
questa circostanza avrebbe dichiarato che io soffrivo di crampi alle gambe.(92)
Io frequentavo il sindacato ballerini e le regolari lezioni giornaliere di danza
classica: decine di miei colleghi studiavano con me; il mio maestro da oltre
un anno era Sabino Riva. Ebbene, tale dichiarazione l'accusa non l'ottenne da
nessuno di loro, ma da un certo Andres, che aveva sostituito temporaneamente,
negli ultimi tempi, il mio maestro. effettivo. Ora il sunnominato Andres è
un profugo dell'Est, un rumeno il quale si trovava in Italia in una situazione
precaria sia finanziariamente che legalmente, ed attendeva, fra l'altro, il
visto d'ingresso negli Stati Uniti; ed è abbastanza strano che una parvenza
di dichiarazione a loro favorevole sia stata rilasciata da un individuo che
per la situazione sopraddetta, era idoneo ad essere maneggiato, a subire pressioni
senza poter dire no, ed eventualmente ad altro. Un fatto è certo, che
se il killer che effettuò la strage di P.zza Fontana usufruì veramente
del taxi del super teste Rolandi, lo fece sapendo a priori che sarebbe stato
ben coperto da alcuni organi, che non aveva nulla da temere a farsi riconoscere,
perché un altro sarebbe stato riconosciuto e identificato al suo posto.
Infatti si è dimostrato, con il suo comportamento, cinico, freddo, spietato,
fors'anche paranoico... ma non un mongoloide mentale come a loro farebbe comodo.
Al rimanente dei compagni incriminati ingiustamente, non hanno potuto nemmeno
contestare uno dei loro indizi fasulli; li hanno incriminati con delle supposizioni
costruite su ipotesi: i compagni hanno alibi che li scagionano, non un solo
indizio è emerso a loro carico: ma sono stati incarcerati perché
così era stato deciso dall'alto, perché erano e sono anarchici.
E gli organi inquirenti si sono affannati a indagare su chi pagava la pizza,
su chi aveva contatti sessuali con una certa donna, su chi partecipava alle
manifestazioni, come facevamo a pagare l'affitto della sede, in quale trattoria
ci si recava a bere a Trastevere, chi scriveva sui muri, perché il tale
non si è recato a un dato appuntamento, quanti gettoni occorrevano per
telefonare a Milano. Non esisteva più la proporzione nè dei fatti,
nè degli oggetti. A me personalmente sono arrivati a contestare pure
due nomi di organi sessuali che avevano trovato scritti sul taccuino magnetico
della mia macchina (era palese lo scherzo, non era nemmeno la mia grafia), sostenendo
convinti che erano nomi convenzionali con cui si denominava... l'esplosivo.
Qui siamo addirittura nella neurosi da sogno. Ma su tutti i loro interrogatori,
che ho subito (credo di aver passato le 100 ore) dominava un interrogativo,
la domanda sempre presente, ciò a cui premevano, perché si è
ammazzato Pinelli? Sempre Pinelli... gli ipocriti.
Che la polizia avesse una spia nel gruppo, l'avevo non solo detto ma pure scritto
diversi giorni prima degli attentati, però nè i compagni nè
io eravamo riusciti ad individuarla.(93) Almeno su questo fatto assodato, non
dovrebbero esistere speculazioni politiche di sorta, anche se ne sono state
ventilate alcune. La spia non poté riferire nulla ai suoi degni padroni
perché nulla vi era da riferire. La spia non riferì nulla, non
perché non ne era al corrente, ma perché non vi era nulla di cui
essere al corrente. Agì in seno al gruppo senza venire scoperta, fino
al nostro arresto (e pure dopo) la polizia fu sempre al corrente di tutto, non
solo dei nostri gesti, ma pure dei nostri discorsi: era al corrente della ragione
di tale viaggio; e questo mi fu confermato da Improta, braccio destro di Provenza,
lunedì 15 dicembre, quando fui tradotto da Milano a Roma, mediante un
sequestro di persona. Appena giunto in questura mi interpellò con queste
parole "Sapevamo, Pietro, che stamattina a Milano saresti andato al palazzo
di giustizia per farti interrogare dal giudice Amati". Non vi era proprio
niente che loro non sapessero sul nostro gruppo.
Da quanto mi risulta, la polizia ebbe informazioni ben precise su quali erano
le forze politiche da sorvegliare. La sinistra extraparlamentare era al corrente
che vi era stata una riunione ad alto livello di estremisti di destra per azioni
ben programmate, io ne accennai in una lettera all'avvocato Boneschi per cui
un fatto del genere non potevano assolutamente ignorarlo.
Credo inutile ripetere a chi servivano le bombe, chi aveva interesse a gettare
il discredito sulla sinistra, chi voleva spezzare le contestazioni, le rivendicazioni
salariali, ecc., sono ormai argomenti detti, scritti e riscritti.
Come l'opinione pubblica ha potuto intravedere attraverso la cortina fumogena
di falsità creata deliberatamente all'inizio dell'inchiesta, almeno una
parte della verità, ne ha tratte subito le debite e logiche conclusioni:
gli organi inquirenti di tali verità (e di molte altre) ne erano in possesso
subito dopo i fatti di Roma e Milano, e poco tempo dopo. Hanno proseguito e
proseguono in una direzione che sanno sbagliata. Perché?
2) il taccuino di Mario Merlino
BRUNO BRUNI 42.42.180
BOFFI GIANNI 38.80.01
BOLOGNA ADRIANO 37.04.47 - Giovane Italia (MSI); figlio di un ex prefetto membro
dei Fronte Nazionale di Junio Valerio Borghese.
BIAGIONI LAMBERTO 30.75.411 - Dirigente nazionale MSI (64-67); Giovane Europa
(neonazisti); Lotta di Popolo (69). Rapporti con Julius Evola. Nel '64 non va
in vacanza estiva perché‚ "Caradonna gli ha detto che succederà
qualcosa di grosso".
ALFREDO (SANDRO MALUZZI) 47.56.38
ANGELONI MASSIMO 35.68.984
BRUNO BRANDI 80.16.31
BEDETTI PAOLO 49.59.401
ANGELO BENEVENTO 34.97.898
STEFANO BERTINI 84.55.201 - MSI; Ordine Nuovo. In Grecia con Merlino.
BARTULI MARIO 59.65.69
ANTONIO 57.28.28
ALFREDO 76 45.81
LUCIANO BERGAMINI (Verona) 045/43142
DE GIORGI DARIO 75.36.37
COLANTONI PEPPE 21.14.59
ANDREA CIMINO 51.31.810
COLTELLACCI SERGIO 30.70.969 - MSI: Avanguardia Nazionale (tra i fondatori).
Figlio di un ex gerarca fascista. Intimo di Delle Chiaie: lo ospita spesso nella
sua villa di Pescasseroli.
LEOPOLDO DE MEDICI 87.92.49 - Giovane Italia (MSD: Ordine Nuovo, - Lotta di
Popolo (69).
TITO CONFORTI 51.24.154
DONATO PILOLLI 83.80.421 - MSI; Ordine Nuovo.
PIERLUIGI CASARELLI 49.55.064
ANTONIO CANGIANO 59.43.65
CACACE MARIO 43.38.33 - Avanguardia Nazionale.
GIANCARLO CARTOCCI 49.57.80 - Ordine Nuovo; Movimento Studentesco in Giurisprudenza
(nazi-maoisti); Avanguardia Nazionale. In Grecia con Merlino. Distribuisce ai
fascisti romani i fondi del "Soccorso Tricolore" promosso dal "Borghese".
STEFANO DELLE CHIAIE 72.65.21 - v. "Vita e opere di Stefano delle Chiaie".
PIERFRANCO DI GIOVANNI 77.64.87 - MSI; Avanguardia Nazionale. Prese parte agli
scontri in cui fu ucciso Paolo Rossi.
FLAVIO CAMPO (illeggibile) - Avanguardia Nazionale (tra i fondatori). Paracadutista,
ex pugile, tra i più noti squadristi fascisti della capitale. Attualmente
impiegato al Ministero degli Interni.
LORIS FACCHINETTI 72.26.77 - Presidente di Europa Civiltà (v.).
PIERLUIGI FIORETTI 80.41.19 - Giovane Italia (MSI).
NOEL SALVIN 56.42.03.
MARCO GASPARRI 32.04.46 - Giovane Italia; Movimento Studentesco (infiltrato);
Giovane Italia.
GRASSO ANTONIO 30.36.56 Noto squadrista soprannominato "il Balilla".
SAVERIO GHIACCI 53.67.63 Avanguardia Nazionale (tra i fondatori). Fedelissimo
di Delle Chiaie. Noto squadrista fascista. Attivissimo negli scontri in cui
fu ucciso Paolo Rossi (in una foto degli incidenti lo si vede colpire Rossi
con un violento pugno). Più volte interrogato dalla polizia in merito
ad attentati dinamitardi. In Grecia con Merlino.
FRANCO GELLI 75.76.61
B. GIORGI 76 ... 55 - G.A.N. di Reggio Emilia (v.)
ALFREDO GOVONI 73.32.13
S... GUJOS 35.63.341
DOMENICO GRAMAZIO 85.86.51 Segretario Giovanile Romano del MSI. Intimo di Giulio
Caradonna. Noto squadrista.
MAURIZIO GIORGI 43.83.430 - MSI; Avanguardia Nazionale (tra i fondatori). Presente
agli scontri in cui fu ucciso Paolo Rossi.
ANTONIO IEZZI 34.92.045 - Avanguardia Nazionale. Fedelissimo di Delle Chiaie.
FRANCO JAPPELLI 53.44.243 - Dirigente giovanile M.S.I.
FRANCO MORGANTI 48.48.61
MAUROENRICO ENRICO 74.43.83 Avanguardia Nazionale.
ALFREDO MORICONI 68.92.80
LEONARDO MOLINARI 84.47.302
FRANCESCO MANEMI 73.07.96
SANDRO MELUZZI 47.96.70
MARCO MAR.CHETTI 55.74.305 - Ordine Nuovo; Movimento Studentesco (infiltrato);
Avanguardia Nazionale. In Grecia con Merlino.
SANDRO MALAGOLA 42.06.88 - Dirigente giovanile M.S.I.
LUCIANO LAGO 59.45.37
REPI MORBIATO 52.60.636 - Avanguardia Nazionale.
ANTONIO MORETTI 77.70.41
IGINO MACRO 76.17.827 - Avanguardia Nazionale.
GIOVANNI NOTA 76.15.342
ROBERTO PASCUCCI 83.10.618
ENZO PALASSO 85.66.06
BRUNO PERA 62.24.610 - M.S.I. (intimo di Giulio Caradonna); Lotta di Popolo.
GUIDO PAGLIA 31.56.32 Avanguardia Nazionale. Nel Marzo del '70, all'Università
di Roma, ferì gravemente una studentessa con un mattone.
GUGLIELMO QUAGLIAROTTI 51.27.940 Avanguardia Nazionale.
ALBERTO QUESTA 42.44.896 Avanguardia Nazionale. Presente agli scontri in cui
fu ucciso Paolo Rossi.
ROBERTO PALLOTTO 75.88.589 - Avanguardia Nazionale. Fedelissimo di Delle Chiaie.
Più volte arrestato per attentati dinamitardi.
MIMMO PILOLLI 83.16.403 - MSI (dirigente nazionale); Ordine Nuovo: P.C.d'I.
(Linea rossa): infiltrato nel '68; Avanguardia Nazionale.
SANDRO PISANO 65.67.923 - Ordine Nuovo. E' quello a cui Merlino - secondo quanto
dichiarato in un verbale di polizia - passava le informazioni perché‚
le desse a Junio Valerio Borghese (v.)
CHICCO PAMPHILI 46.15.62
ATTILIO PASQUALINI 42.47.017 - Dirigente giovanile MSI.
MAURIZIO PICCETTA 73.12.426
FRANCESCO PUGLIESE 32.74.924
LUIGI PRESENTI 42.89.59
ERNESTO ROLI 52.61.583 - Dirigente giovanile MSI.
CESARE PERRI 42.43.247 - Avanguardia Nazionale (tra i fondatori). Fedelissimo
di Delle Chiaie; Ordine Nuovo. In Grecia con Merlino.
TEODORO SILOS-CALO' 53.64.76 - Dirigente giovanile MSI.
ADRIANO ROMUALDI 34.86.35 - Dirigente nazionale MSI. Figlio del deputato missino
Pino Romualdi.
ANGELINO ROSSI 29.16.14 - Noto "picchiatore" fascista. Fratello di
Alberto Rossi detto "il Bava", capo dei Volontari Nazionali del M.S.I.
1 due addestrano in una palestra del Prenestino le squadre di Caradonna.
FRANCO SPALLONE 62.26.596 - Dirigente giovanile MSI.
FRANCO TARANTELLI 47.26.26 - Dirigente nazionale MSI.
ADRIANO TILGHER 89.27.481 - Avanguardia Nazionale. Teorico del neonazismo.
MASSIMILIANO VON STEIN 31.57.43
3)Testo integrale del dossier segreto greco per l'Italia
Il microfilm di questo documento è stato consegnato
nell'autunno dei 1969 al giornalista Leslie Finer, ex corrispondente da Atene
del settimanale inglese " The Observer ", da un rappresentante di
quei gruppi moderati della resistenza greca che hanno stretti contatti con elementi
filo-monarchici dell'apparato burocratico dei regime militare. Varie "expertises"
- fra cui quella di un alto funzionario dei servizi segreti inglesi - l'hanno
giudicato sicuramente autentico. l'unico giornale italiano a pubblicarne integralmente
il testo - reso noto una settimana prima degli attentati del 12 Dicembre - è
stato, oltre all'Unità ed al Paese
Sera, il settimanale L'Espresso. La stampa d'"informazione", in maggioranza,
l'ha minimizzato. Da parte del governo italiano non c'è stata alcuna
presa di posizione ufficiale. Il dossier è stato compilato nel maggio
dei 1969 da un agente dei servizi segreti greci (K.Y.P.) in Italia ed inviato
ad Atene all'agente della C.I.A. Giorgio Papadopulos, presidente del Consiglio
dei Ministri greco. Da Atene una copia ne è stata inviata, per conoscenza,
all'ambasciatore greco a Roma Pampuras assieme a questa lettera, firmata dal
capo dell'ufficio diplomatico del Ministero degli Esteri, Michail Kottakis:
"Ministero Affari Esteri, Ufficio dei Ministro. Segreto: da aprirsi soltanto dal sig. Ambasciatore
All'Ambasciata Reale di Grecia a Roma.
Atene, 15 maggio 1969.
Ho l'onore di trasmetterLe qui appresso, per Suo uso personale
esclusivo, un rapporto confidenziale inviato al Presidente del Governo ellenico
da una delle nostre fonti in Italia. Vorrà notare, in tal rapporto, che
la situazione in Italia presenta per noi molto interesse e prova che gli eventi
si evolvono in senso molto favorevole per la rivoluzione nazionale. Sua Ecc.
il Presidente ritiene che i difficili sforzi intrapresi da lunga data dal governo
nazionale ellenico in Italia cominciano a produrre frutti. Il Presidente mi
ha incaricato di trasmetterLe innanzi tutto il Suo compiacimento per l'opera
che Lei ha compiuto nel paese in cui è accreditato e di pregarLa inoltre
di continuare la sua azione, rinforzandola al fine di sfruttare le possibilità
che, stando al rapporto, sembrano profilarsi. Infine, mi ha incaricato di farLe
conoscere il Suo desiderio che d'ora innanzi tanto Lei quanto gli
estensori del rapporto aumentiate le vostre precauzioni ed occorrendo cessiate
qualsiasi contatto tra di voi, in modo da
escludere che si possa individuare un legame tra l'azione dei nostri amici italiani
e le autorità ufficiali elleniche. Pensa che d'ora in poi Lei debba indirizzare
gli italiani, per tutto quanto riguarda i problemi tecnici di aiuto, ai nostri
rappresentanti ufficiosi e che Lei debba cessare qualsiasi contatto che possa
pregiudicare la posizione internazionale del nostro paese.,
Obbedientissimo,
per ordine dei Ministro il Direttore Michail Kottakis
TESTO DEL RAPPORTO INVIATO A S.E. IL PRIMO MINISTRO.
CAPITOLO 1 Incontri e discussioni con il signor P. (94)
1. Dopo il suo ritorno da Atene il signor P. ha immediatamente preso contatto, ed ha fatto una relazione dettagliata sul suo viaggio in Grecia, sugli incontri avuti, nonché‚ sugli accordi conclusi tra Lei e lui, per uso della direzione del Movimento. Ne è scaturita un'ampia discussione, nonché lo studio delle questioni sopra menzionate. Infine egli ha impartito a ciascuno dei suoi collaboratori compiti precisi.
2. Poi, il signor P. ha avuto un incontro con i rappresentanti delle Forze Armate e ha lungamente analizzato le opinioni del governo ellenico sulle questioni italiane. A seguito di tali contatti, il sig. P. mi ha ricevuto e mi ha comunicato i risultati dei suoi sforzi. Desidero sottolineare che il nostro incontro ha avuto luogo per iniziativa del sig. P.
3. li primo argomento da lui trattato è stata la gioia di aver compiuto la visita in Grecia. Sembra che la visita l'abbia profondamente colpito, e l'impressione perdura tuttora. E' stato particolarmente affascinato (sono le sue parole) "dalla potente e completa personalità del Primo Ministro ellenico".
4. Abbiamo poi trattato la questione dell'azione futura ed abbiamo proceduto ad una precisa ripartizione dei compiti. Abbiamo altresì studiato i mezzi per tenerci in contatto e comunicare in futuro. Infine, ci si è accordati, cosa che risponde peraltro alle istruzioni ricevute, di interrompere i contatti con le autorità diplomatiche ufficiali in Italia. Per quanto mi riguarda trasmetterò d'ora in poi i miei rapporti secondo la via indicata, utilizzando la via diplomatica per i soli messaggi di grande urgenza, e ciò quando mi sarà totalmente impossibile usufruire della nuova strada.
5. Per quanto riguarda i contatti con i rappresentanti dell'Esercito e della Gendarmeria, (95) il sig. P. mi ha riferito che la maggior parte dei suoi suggerimenti sono stati accettati. Il solo punto di disaccordo riguarda la fissazione delle date precise e della azione, come Lei ha proposto. E ciò perché‚, secondo gli italiani, essi si trovano sul piano organizzativo ad un livello basso, poiché i loro sforzi sono appena cominciati, ed altresì certe iniziative del centro-sinistra italiano, che tende a consolidare la sua posizione.
6. Una delle misure del governo italiano riguarda la decisione
di creare unità militari di facile dislocamento, specializzate nell'affrontare
le manifestazioni popolari cittadine.(96)
I nostri amici ritengono che il governo desideri provare con tale decisione
a taluni elementi della vita pubblica italiana che esso è pronto a prendere
disposizioni più drastiche per mantenere l'ordine. I nostri amici ritengono
che tali misure siano superficiali e che non eserciteranno alcuna influenza
sull'opposizione.
7. Le informazioni di cui sopra mi sono pervenute dopo il ritorno del sig. P. da Atene ed è per questa ragione che le menziono nel presente rapporto. Peraltro, alla luce di tali informazioni e delle istruzioni portate dal sig. P. da Atene, bisognerebbe, credo, modificare un poco il primitivo piano. Il lavoro preparatorio già è cominciato; nel prossimo rapporto La terrò informata dello sviluppo dei lavori.
8. Ma sono già in grado di riferire che qui l'opinione prevalente è che l'intenso sforzo d'organizzazione deve cominciare con l'Esercito. Ciò risulta dall'incontro dei sig. P. con i rappresentanti delle Forze Armate italiane. E' stato acquisito che i metodi utilizzati dalle Forze Armate elleniche hanno dato risultati soddisfacenti: perciò vengono accettati come base per l'azione italiana. Alcuni interlocutori del sig. P. ritengono che nella realtà italiana tali metodi susciteranno qualche problema poiché‚ l'esercito italiano non ha la tradizione dell'esercito greco nel creare organizzazioni segrete. Però, anche i sostenitori di questa tesi affermano che le informazioni da noi fornite sono utilissime ed è in base a tali informazioni che hanno intrapreso l'elaborazione dei loro metodi.
Paragrafo B.
La nostra proposta riguardante un'offensiva su più fronti contro il PSI (partito socialista italiano) è stata accettata all'unanimità. Ho peraltro detto che un'offensiva di propaganda aperta, analoga a quella che aveva avuto luogo in Grecia contro l'Unione di Centro, non è possibile per il momento anche se si dispone di una gran parte della stampa di qui. Essi non possono ancora valutare con precisione l'effetto di una simile offensiva sul pubblico. La maggior parte si è dichiarata concorde con l'opinione che una tale campagna propagandistica dovrebbe essere lanciata solo poco prima dell'offensiva rivoluzionaria.
Paragrafo C.
1. Per quanto riguarda la Gendarmeria italiana, il sig. P. mi ha detto che i suoi rappresentanti hanno studiato con grande interesse la sua proposta. Essi sono stati profondamente impressionati dalle informazioni sul ruolo assunto dalla polizia militare ellenica nella preparazione della rivoluzione. Hanno accettato unanimemente la Sua opinione che in Italia soltanto la Gendarmeria potrebbe assumersi analogo compito.
2. Si è parlato anche dei preparativi compiuti finora.
Il sig. P. ha fatto loro conoscere la Sua opinione sulla necessità di
una immediata azione contro la stampa ed in ispecie contro quei giornali che
sono sotto il controllo comunista. Ha insistito sull'importanza fondamentale
da Lei accordata a questo problema. In particolare ha trasmesso le opinioni
del sig. Ladas(97) che richiama la loro attenzione sul fatto che non bisognerà
consentire alla stampa di distruggere la loro azione con rivelazioni ed informazioni,
azione che è il frutto di una lunga. difficile, attività pianificata.
Infine il sig. P. ha trasmesso dettagliatamente il punto di vista del comando
"diretto" della polizia militare secondo le informazioni tratte dalla
nostra esperienza. Tutti i rappresentanti della Gendarmeria italiana hanno convenuto
che tale comando "diretto" costituisca un fattore essenziale di successo.
A parere loro, occorre che in seno alla Gendarmeria italiana si operi in modo
che il comando supremo sia in grado di dare ordini che possano giungere direttamente
fino al più basso livello.
CAPITOLO II - Azione concreta
A. Le azioni la cui realizzazione era prevista per epoca anteriore non hanno potuto essere realizzate prima del 20 aprile. La modifica dei nostri piani è stata necessaria per il fatto che un contrattempo ha reso difficile l'accesso al padiglione Fiat. Le due azioni hanno avuto un notevole effetto.(98)
B. I nostri amici organizzano per il 10 maggio a Roma una pubblica manifestazione. Prenderà la parola il sig. Turchi.(99) Ho fatto un dettagliato rapporto su quest'ultimo nel mio ultimo rapporto. Egli ha l'intenzione di esaltare gli obiettivi delle realizzazioni ed i leader della rivoluzione ellenica e di terminare il suo discorso con degli evviva a loro favore. Desidero di nuovo sottolineare che malgrado il sig. Turchi non faccia parte della nostra organizzazione egli si è più volte espresso in senso favorevole a noi. I nostri amici qui lo considerano uomo degno di totale fiducia.
C. Per quanto riguarda il mondo studentesco, ritengo che esistano condizioni favorevoli, capaci di dare buoni frutti in un prossimo futuro. Spero di potere, tra brevissimo tempo, sottoporLe un rapporto dettagliato sul problema studentesco.
D. 1. Per quanto riguarda la stampa non sarei troppo soddisfatto. Attualmente oltre a "Il Tempo", ho continui contatti con "Il Giornale d'Italia".(100) Penso di essere in grado di ottenere su questi due giornali la pubblicazione di qualunque materiale che il governo nazionale giudicasse utile. Credo però che un invito, rivolto a un redattore di ciascuno di questi due giornali (come avevo già suggerito in passato) avrebbe benefici effetti e faciliterebbe assai il nostro lavoro.
2. Allo scopo di assecondare i miei sforzi nei confronti della stampa il sig. P. ha promesso di presentarmi a taluni redattori di sua conoscenza.
E. Chiudendo il presente rapporto, mi sia lecito sottolineare che considero indispensabile che la Grecia continui nel suo aiuto morale e materiale e nell'elargire consigli per lo sviluppo dei gruppi di azione. Mercé un aumento di aiuto, sarebbe possibile ottenere risultati migliori rispetto al passato e ciò poiché‚ le presenti condizioni sono più favorevoli, dato che l'opposizione al governo di centro-sinistra è in costante aumento in tutti gli strati della società italiana: parallelamente aumenta il numero dei cittadini che, sul piano estero, auspicano il miglioramento delle relazioni con la Grecia e, sul piano interno, desiderano ordine e tranquillità.
4)MEMBRI RESPONSABILI DELLE VARIE LEGHE
DEGLI STUDENTI GRECI FASCISTI IN ITALIA
Si tratta in maggioranza di agenti del K. Y .P. (la sezione greca della CIA),
ufficiali dell'esercito, della polizia e del L.O.K. (corpi speciali) e persino
- come nel caso di Anastasios Thomaidis - di torturatori del campo di concentramento
dell'isola di Leros.
Sono nomi da tener presenti.
Presidente: Spiros Stathopulos
Segretario: Angelos Srànias (Napoli)
Vice Presidente: Evanghelos Charalambidis (Napoli)
Consiglieri Nazionali: Demetrio Litras, Giorgio Tolias, Diakonàs Giovanni,
Demetrio Recoutis
Genova: Pavlos Antipapas
Napoli: Demetrios Litras, Demetrios Dadakis, Nicolos Anghelis, Costanti no Recòutis,
Giorgio Fusteris. Giovanni Diakonàs
Palermo: Nicolaos Fakundos, Panajotis Tsukalàs, Dimitrios Krokos, Demetrio
Spanudakis, Giorgio Galanis
Firenze: Spiros Papadedes, Giorgio Akrivos, Costanti no Saraglov, Demetrio Dimitropoulos,
Basilios Fostiropulos, Ioannis Petropulos, Ioannis Infandìs
Modena: Zervos Nicola, Stratos Sideris, Giorgio Catsaròs, Andrea Kalisperakis,
Georghios Zacharis, Iannis Athanasiadis, Basilio Spanachis, Evanghelos Caralampidis,
Spiros Manolatos, Giorgio Macriniotis
Bari: Nicolaos Moralis, Giorgio Capetanakis, Samaràs Takis, Dimitrio
Karagitunis, Stylianòs Charamoglu, Nicolaos Fotopulos, Costantino Drursias,
Demetrio Chatsidimitriu, Panajotis Diamantopulos. Giorgio Anifantis
Ferrara Anastasios Thomaidis, Costantino Panaiotidis, Zacharias Spanakis, Giorgio
Mitsas, Giorgio Venturis, Kalaitzis Christos, Licos Stamatios, Nicola Anemoduros,
Akis Vernaidis
Pavia: Giuseppe Iatrakis, Giuseppe Kafkalas, Andreas Tzamuras Pisa: Athanasios
Papadimitriu, Dimitrios Tilemachidis, Ioannis
Pandopulos, Nicola Pagratis, Fotios Tsifukis, Macris Drossos, Demostene Timpanidis,
Emanuele Zervas, Alessio Papanikas, Sotiris Chriysa
Perugia: Thomàs Papadopulos, Dionisios Jannulis, Georghios Zaloiannis,
Giovanni Bitas, Costantino Demertzidis
Roma: Anastos Katsimbinis, Christos Liakos, Platone Kokolodimitrakis, Nicolaos
Kokolodimitrakis, Kriton Papargyriu, Nicola Ghianiòs
Parma: Theodoros Karambetsos, Dimitrios Tzifas, Ioannis Stoios, Alessandro.
Martinis
Urbino: Georghios Sotirchenas, Nicolaos Manolatos
Catania: Georghis Zaloiannis
Milano: Anastasios Papaevanghelu, Ioannis Gheorgakakis, Basilios Katopodis,
Anastasio Arnialòs, Stamatis Vlachopoulos, Kimon Michalopoulos, Kiriakos
Papaiannis, Costanti no Priftis
Bologna: Tomès Paolo, Raftopulos Dimitrio, Dimitrio Vavuliotis, Atanasio
Mamalis, Nicolas Spanòs, Basilio Ramoghiannis, Giorgio Tzivelechidis,
Apostolo Chistopulos, Christos Paleologhu
Padova: Basilio Triantafylu
Vaganti: Enzo Christias, Mirko Stomapulis, Spiridione Monoloitis, Stelio Miliopoulos,
Giovanni Sklavos, Demetrio Estia, Teodoro Errisios, Demetrio Papanicol, Mirko
Stomapulis, Aleteso Polosfis, Moraus Nicolas, Michele Upessios
5) Giudizi e interventi di parlamentari (a cura dell'editore)
Questa inchiesta compare mentre è annunciata l'archiviazione
della istruttoria sulla morte tanto tragica quanto "misteriosa" dell'anarchico
Pinelli; mentre, sei mesi dopo, si rivelano nuovi nomi di spie pagate dalla
polizia, quali supertestimoni nel "tenebroso affare" delle bombe di
Milano e di Roma. È proprio grazie a questa coincidenza che essa vede
esaltato - anche se non c'era bisogno - il suo carattere di accusa diretta e
pesante, di denuncia coraggiosa delle responsabilità non solo politiche
ma anche materiali che stanno dietro quei fatti.
Qui non è solo ricostruito il clima in cui essi hanno potuto maturare,
ma sono indicati con precisa documentazione gli ambienti in cui le provocazioni
sono state ordite, i settori dell'apparato dello stato che le hanno reso possibili
e tuttora le sostengono, le forze politiche che le hanno coperte e continuano
a coprirle.
Gran parte dell'inchiesta è dedicata alle organizzazioni neofasciste,
alle loro imprese terroristiche, alle loro attività provocatorie. Ma
non può e non deve sfuggire che l'esistenza stessa di questa immonda
fungaia a 25 anni dalla guerra di liberazione antifascista denuncia non un limite
ma una sostanziale anomalia di questo regime democratico. Il teppismo, lo squadrismo,
il terrorismo fascista prosperano immuni all'interno di un sistema statale e
di governo di cui costituiscono una componente organica. È lo stato di
classe che li secerne come prodotti della propria decomposizione. Proliferano
ai vari livelli degli apparati repressivi di cui costituiscono propaggini simbiotiche,
più o meno parassitarie.
Ne consegue la totale illusorietà di una linea antifascista la quale
si proponga di ripulire l'albero della democrazia dai frutti marci e dai rami
secchi per renderlo illibato e presentabile in nome di un inattuato e ormai
inattuabile (e anacronistico) modello costituzionale. Ne consegue la contraddittorietà'
e l'impotenza di una strategia di forma democratica dello stato, per esempio
attraverso l'istituzione dell'istituto regionale, che mantiene fuori campo i
centri del potere di classe e infaticabilmente si sforza di tessere e di ricomporre
alleanze inteclassiste all'interno di quel sistema di alleanze che servono solo
a prolungare equivoci e precari equilibri.
Alla "strategia della tensione", che non è necessariamente
una strategia del colpo di stato a breve scadenza, non vale rispondere con una
linea difensiva e di contenimento (unità antifascista- + riforme democratiche),
occorre un'alternativa di classe e di potere capace di unificare il movimento
di lotta e di stimolare il più alto grado di coscienza politica di massa.
Le lotte degli anni 1968-1969 avevano creato, per la prima volta dopo il 1945,
la base reale su cui costruire tale alternativa. E mancata la forza politica
capace di indicarla e di costruirla. Questa è la lezione dei sei mesi
trascorsi dal dicembre 1969 (attentati di Milano e di Roma, chiusura delle grandi
lotte operaie) al giugno 1970 (derisorio "sbocco politico" nelle elezioni
regionali). Questa è anche la lezione che si ricava da questa inchiesta
sui retroscena del processo di "normalizzazione" ormai in corso pure
nel nostro paese,' ma una lezione non accademica, un coraggioso richiamo alla
continuazione della lotta, una lucida indicazione degli obiettivi strategici
che il. movimento deve porsi per fondare un'alternativa: l'attacco ai centri
del potere di classe, l'"attualità" della loro distruzione.
In questo senso l'inchiesta, che è frutto del lavoro dei militanti di
alcuni gruppi della sinistra extraparlamentare, potrà costituire un momento
e uno strumento di quel processo di unificazione al quale con la mia adesione
intendo dare un modesto contributo, sia come militante rivoluzionario, sia come
membro di quelle istituzioni parlamentari delle quali è più che
matura una radicale demistificazione in senso leninista.
Aldo Natoli
Sulle assurdità, le incongruenze, le contraddizioni, le nullità
processuali con cui l'istruttoria sugli attentati di Milano e Roma del dicembre
1969 è stata condotta, molto già è stato scritto: merito
del testo qui presentato è quello di aver riordinato gli elementi già
disponibili e di averne aggiunti moltissimi inediti, sì da fornire un
quadro impressionante delle responsabilità ai vari livelli in questa
vicenda. Qualche considerazione è invece opportuno fare sul quadro politico
nel quale sono accaduto gli avvenimenti.
Non c'è dubbio che gli attentati si inquadrano in uno dei periodici disegni
di ripresa autoritaria che tenta la classe dirigente italiana, magari sollecitata
da forze esterne. All'origine c'è la svolta a sinistra data dalle elezioni
del 1968, che segnano una sconfitta del "grande disegno" di chi pensava
a una grossa forza social-democratica capace di condizionare la vita italiana.
Nascono così una serie di manovre che vanno dal "disimpegno"
prima alla nuova scissione socialdemocratica dopo, onde provocare una crisi
che prepari al momento opportuno la rivincita elettorale e lo spostamento a
destra dell'asse politico. Invece le lotte operaie e l'unità sindacale
annunciano nuovi spostamenti a sinistra: occorre allora preparare nel paese
un clima in cui possa inserirsi uno scioglimento anticipato delle Camere per
ripetere l'operazione che riuscì a De Gaulle nel giugno 1968, a poche
settimane dagli scontri di maggio.
L'aggressione della polizia alla pacifica manifestazione di Milano del 19 novembre,
in cui trovò la morte lo sfortunato agente Annarumma, costituisce obiettivamente
un passo in questa direzione, e quella morte sarà sfruttata da più
parti proprio per preparare quel clima: il telegramma del presidente della Repubblica
ne è purtroppo un documento. "Nessuno è tanto pazzo da dar
la colpa degli attentati al presidente Saragat",. ha scritto l'Observer
e noi siamo assolutamente d'accordo. Ma nemmeno il presidente Gronchi, quando
diede l'incarico a Tambroni voleva le giornate sanguinose del luglio '60, e
neppure il presidente Segni quando si opponeva al centro-sinistra, perché
ossessionato soprattutto dalla spesa pubblica che secondo lui minacciava la
stabilità della lira, preparava coscientemente un colpo di Stato del
generale De Lorenzo. Purtroppo fra i disegni politici dei presi- denti e la
loro attuazione c'è di mezzo una catena di esecutori e anche di profittatori
che hanno spiccate inclinazioni per certi metodi non del tutto ortodossi.
Le conclusioni che vogliamo trarre da queste note affrettate sono essenzialmente
due. La prima è che chi cerca di andare contro l'avanzata democratica
di cui la società italiana ha urgente bisogno, e sogna battute d'arresto
o addirittura ritorni indietro, rischia di assumersi le più gravi responsabilità
perché mette in moto una serie di reazioni a catena che sfuggono al suo
controllo e in cui procuratori generali e leggi fasciste, missini e nostalgiche
"associazioni d'arma", funzionari di polizia e giornalisti reazionari,
padroni non rassegnati e politici delusi, generali dei carabinieri e servizi
segreti, CIA e Pentagono, insieme concorrono, senza previe intese e magari senza
conoscersi, non volendo neppure le stesse cose precise, ma tutti proclamando
di agire in nome della legge e dell'ordine, a portare l'Italia sull'orlo dell'abisso.
La seconda riguarda noi. Quel poco di democrazia che abbiamo conquistato con
la Resistenza è stato in gran parte logorato nel corso di questi 25 anni.
Oggi c'è in Italia una forte ripresa democratica: badiamo a non commettere
un'altra volta gli stessi errori. Non è appagandoci di parole, e tanto
meno cedendo ai ricatti e alle minacce, ma accrescendo la nostra forza e andando
avanti, che possiamo consolidare le conquiste dell'autunno e prepararne di nuove.
Lelio Basso
La fitta catena di attentati terroristici, che ha segnato tutto il corso del
1969 e che è culminata nella strage di Milano. resta una pagina oscura
e inquietante nella vita del nostro Paese. A tanti mesi di distanza da fatti
drammatici e gravi, come la morte dell'agente di P.S. Annarumma, le bombe nelle
banche di Milano e di Roma, la morte del "testimone" Pinelli, né
le indagini della polizia né le istruttorie della magistratura hanno
indicato all'opinione pubblica una una "verità" precisa e persuasiva.So
no rimasti e si sono fatti anzi più pesanti gli interrogativi, sugli
autori materiali, gli ispiratori e i mandanti di vicende coinvolgenti non solo
per la loro obbiettiva tragicità, ma perché esse sono state occasione
e pretesto di una sfrenata campagna d'allarme e di intimidazione e, più
a fondo, di una manovra volta a spostare a destra tutta la situazione politica
italiana.
Qui è lo scandalo non tollerabile. E per questo deve essere positivamente
apprezzato ogni contributo che riesca a gettare un po' di luce sulla lunga serie
di provocazione e di attentati che in effetti, quale che sia la loro origine,
si sono rivolti contro il movimento dei lavoratori e la democrazia repubblicana.
Per questo io credo che il Parlamento, come ha proposto il Partito comunista,
debba sentire il dovere a questo punto di procedere ad una inchiesta che vada
a fondo e consenta di spezzare e dissolvere una trama che ha pesato come per
tanti segni è evidente, e che continua a pesare sulla democrazia italiana,
sulle sue possibilità di sviluppo e di rinnovamento.
È un fatto, e di importanza decisiva, che quelle forze politiche che
avevano pensato di poter beneficiare, a dicembre prima e il 7 giugno poi, anche
della emozione e della preoccupazione della opinione pubblica in seguito alle
bombe e ai morti di Milano per provocare un "tornante" conservatore,
una sterzata à destra, hanno fallito i loro calcoli. L'esito delle elezioni
del 7 giugno è stato in questo senso una vittoria della democrazia contro
il "partito dell'avventura" contro il lungo tentativo, in cui si sono
ostinati i gruppi dirigenti della DC e del PSU, di avere una rivincita nello
spostamento a sinistra dal maggio '68, di bloccare le spinte e le conquiste
sociali dei lavoratori, le rivendicazioni di riforma, di partecipazione, di
potere che emergono dalle masse popolari, dalle classi lavoratrici, dai giovani.
Il proposito e il tentativo di un riflusso, di una sterzata a destra sono stati
battuti. Ma ciò non può far dimenticare né oscurare i fermenti
velenosi, le sollecitazioni, le suggestioni reazionarie che vi sono nel nostro
Paese le macchinazioni antidemocratiche che in Italia e fuori d'Italia possono
essere nascoste, sotto l'insegna dell'anticomunismo, della difesa dell'ordine
o della sicurezza atlantica, l'attivizzazione e la disponibilità mercenaria
di gruppi e formazioni di destra, reazionarie e fasciste.
Due conseguenze mi sembra debbono essere tratte: la prima e la coscienza del
vigore e delle possibilità dello schieramento democratico antifascista;
la seconda è l'efficienza, più che mai viva e attuale, dell'unità
delle forze operaie democratiche, di sinistra su una precisa linea di sviluppo
della democrazia, di trasformazione della società italiana, di salvaguardia
dell'indipendenza nazionale della autonomia politica del nostro Paese. E un
momento non trascurabile di questa lotta è l'impegno a far luce sui fatti
di provocazione e di sangue del 1969, a individuarne i responsabili, a colpirli
senza esitazione.
Alessandro Natta
L'indignazione popolare sollevata dall'annunciata chiusura così sbrigativa
dell'inchiesta sulla fine drammatica e tanto sospetta di Pinelli ha dato forza
alla convinzione che occorresse dare alla opinione pubblica garanzie sicure
anche fuori dell'ordinario, sulla condotta assolutamente disinteressata della
indagine su un caso così grave che finiva per mettere in gioco la legalità
democratica del nostro regime giuridico.
Polizia politica, polizia giudiziaria e non poche procure hanno seguito nei
mesi caldi un indirizzo repressivo aperto alla speculazione elettorale già
in corso dei cosiddetti partiti dell'ordine. I gruppi parlamentari del Partito
comunista incaricati di studiare e preparare una proposta d'inchiesta parlamentare
si rifanno al caso del disgraziato agente di polizia Annarumma morto durante
una dimostrazione a Milano: morte probabilmente accidentale che fu utilizzata
nel modo più sfacciato contro i comunisti prima ancora che contro gli
estremisti.
Ma il mistero politico che sta dietro gli attentati di Milano è più
grave. Non si sa se potrà essere chiarito, viste le inutili indagini
che si dicono condotte sinora. Ma se ne devono chiaramente riconoscere i connotati.
Vi sono alcuni dati di fatto ben orientativi: la scelta degli obiettivi milanesi
(in prima linea la COMIT) e romani (in prima linea il Vittoriano), la qualità
dei mezzi esplosivi impiegati, la quantità dei mezzi finanziari. Un piano
politico, non anarchico, destinato a produrre profonde reazioni pubbliche, governative,
eventualmente paramilitari. Ed un piano di cui si potesse facilmente far ricadere
la responsabilità sulle spalle degli anarchici, come infallibilmente
è avvenuto. Quale torbido ambiente può avere ideato questo piano
e dati i mezzi, ed a profitto di chi?
Questo libro è utile strumento di conoscenza che propone una risposta
a questi interrogativi.
Ferruccio Parri