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Stalin e l’Esercito Rosso



Questo articolo è stato scritto nel 1929 dal compagno Voroshilov, in occasione del cinquantesimo compleanno del compagno Stalin


Il periodo pacifico, costruttivo della nostra storia è pieno di avvenimenti della più grande importanza. Questi ultimi anni, effettivamente, valgono per noi quanto secoli. Sono avvenuti attorno a noi cambiamenti grandiosi; le nostre prospettive si sono modificate; le nostre prospettive e le scale dei valori universalmente ammessi si sono capovolte. A tutti questi avvenimenti è indissolubilmente legata la ricca e multiforme attività rivoluzionaria del compagno Stalin. Durante gli ultimi 5-6 anni il compagno Stalin è stato al centro della lotta che si è vivacemente combattuta. Solo tenendo conto di queste circostanze si può spiegare che l’importanza del compagno Stalin, quale uno fra i più eminenti organizzatori della vittoria della guerra civile, sia stata, in questo campo, in una certa misura ignorata e non sia stata ancora valutata nel modo dovuto.
Oggi, nel cinquantesimo compleanno del nostro amico, voglio, almeno in parte, colmare questa lacuna.
Non ho affatto la pretesa, beninteso, di dare in un articolo di giornale un quadro completo dell'attività militare del compagno Stalin. Voglio soltanto tentare di rinfrescare nella memoria dei compagni alcuni fatti di un passato non lontano, pubblicare alcuni documenti poco noti per mettere in rilievo, sulla base della semplice testimonianza dei fatti, la parte veramente eccezionale avuta dal compagno Stalin nei momenti più difficili della guerra civile.
Nel periodo 1918-1920, il compagno Stalin fu, forse, l’unico uomo che il Comitato Centrale gettò da un fronte di lotta all’altro, nei posti dove più grande era il pericolo, più grande la minaccia per la rivoluzione. Dove la situazione era relativamente calma e favorevole, dove ottenevamo dei successi, ivi Stalin non lo si vedeva. Ma dove, per tutta una serie di ragioni, le armate rosse piegavano, dove le forze controrivoluzionarie, sviluppando i loro successi, minacciavano l'esistenza stessa del potere sovietico, dove il turbamento e il panico potevano ad ogni momento trasformarsi in disperazione, in catastrofe, ivi appariva il compagno Stalin. Egli non dormiva per notti intere, organizzava, prendeva la direzione nelle sue mani di ferro, spezzava tutti gli ostacoli, procedeva implacabile e operava la svolta, risanava l’ambiente. Il compagno Stalin stesso scrisse a questo proposito, in una delle sue lettere al Comitato Centrale, nel 1919: “Mi si trasforma in specialista per la pulizia delle stalle del commissariato della guerra”.


Tsaritsyn

Il compagno Stalin iniziò la sua attività militare sui fronti di Tsaritsyn (poi Stalingrado n.d.r.), e in modo abbastanza fortuito. Al principio di giugno del 1918 il compagno Stalin, con un distaccamento di soldati rossi e due autoblindate, è inviato a Tsaritsyn per organizzare tutti gli approvvigionamenti della Russia meridionale. A Tsaritsyn trova non soltanto un caos incredibile nelle organizzazioni sovietiche, sindacali e di partito, ma una confusione ancora peggiore, e una situazione inestricabile negli organi del comando militare. Il compagno si urta ad ogni passo in ostacoli di carattere generale, che gli impediscono di adempiere il suo compito immediato. Questi ostacoli erano dovuti soprattutto al rapido sviluppo della controrivoluzione cosacca che, in quel momento, era fortemente appoggiata dai tedeschi che avevano occupato l’Ucraina. Le bande controrivoluzionarie cosacche occupano in poco tempo tutta una serie di località vicine a Tsaritsyn e in questo modo non soltanto distruggono ogni possibilità di incetta sistematica del grano per le popolazioni affamate di Mosca e di Leningrado ma creano una situazione estremamente pericolosa per la stessa Tsaritsyn.
Né in quel momento la situazione è migliore altrove. A Mosca scoppia la rivolta dei socialisti-rivoluzionari di sinistra, all'est Muraviev tradisce; negli Urali si sviluppa e si rafforza la controrivoluzione cecoslovacca; alla frontiera meridionale, gli inglesi marciano su Bakù. Si è circondati da un cerchio di fuoco. La rivoluzione attraversa le più terribili prove. Pei fili del telegrafo ci succedono, uno dietro l'altro, i telegrammi di Lenin al compagno Stalin e di Stalin a Lenin. Lenin preavvertito dei pericoli, incoraggia, esige misure decisive. La situazione di Tsaritsyn acquista una importanza enorme. Se il Don insorge e se perdiamo Tsaritsyn corriamo il rischio di perdere tutto il Caucaso del Nord, ricco produttore di grano. E questo il compagno Stalin lo comprende perfettamente. Rivoluzionario esperto, egli giunge presto alla convinzione che il suo lavoro darà un risultato a una sola condizione, - che egli riesca ad esercitare una influenza sul comando militare la cui funzione, nelle condizioni del momento, diventa decisiva.
“La linea al sud di Tsaritsyn non è ancora ristabilita” scrive egli a Lenin in una nota del 7 luglio, seguita da un poscritto caratteristico: “Mi affretto verso il fronte, scrivo soltanto di ciò che riguarda il lavoro”.
“Scaccio e rimprovero chi di dovere. Spero che la linea sarà presto ristabilita. Potete esser certo che non risparmieremo nessuno, né noi stessi né gli altri e il grano lo daremo ad ogni costo. Se i nostri “specialisti” militari (ciabattini!) non dormissero e non fossero dei fannulloni, la linea del fronte non sarebbe stata spezzata; e se la linea sarà ristabilita lo sarà non grazie ai militari, ma loro malgrado”.
E poi, rispondendo alla preoccupazione di Lenin circa la possibilità di un'azione dei socialisti rivoluzionari di “sinistra” a Tsaritsyn, scrive in termini brevi, ma fermi e chiari:
“Quanto agli isterici, state sicuro che non ci tremerà la mano; coi nemici agiremo da nemici”.
Esaminando sempre più attentamente l'apparato militare, il compagno Stalin si convince della completa impotenza di esso e del fatto che in parte manca persino la volontà di organizzare la resistenza alla controrivoluzione che diventa arrogante.
E già l’11 luglio 1918 il compagno Stalin telegrafa a Lenin:
“Le cose si complicano per il fatto che lo stato maggiore del Caucaso settentrionale si dimostra assolutamente incapace di adeguarsi alle condizioni della lotta contro la controrivoluzione. Il grave è che non soltanto i nostri “specialisti” sono psicologicamente inadatti a una lotta decisiva contro la controrivoluzione, ma che essi nella loro qualità di ufficiali “di stato maggiore”, capaci solo di “abbozzare dei tracciati” e di fare dei piani di rimaneggiamento delle formazioni, guardano con assoluta indifferenza alle azioni operative… e, in generale, si considerano come degli estranei, degli ospiti. I commissari militari non sono riusciti a colmare questa lacuna... “.
Il compagno Stalin non si limita a dare questa caratteristica implacabile; nella stessa nota egli trae la conclusione pratica per la sua attività:
“Non mi sento in diritto di rimanere indifferente davanti a questo stato di cose, quando il fronte di Kalinin (che allora dirigeva le operazioni nel Caucaso settentrionale, V.) è tagliato fuori dai punti di vettovagliamento e il Nord lo è dalle regioni cerealicole. Metterò fine, sul posto, a queste ed a molte altre insufficienze. Prendo una serie di misure e ne prenderò delle altre sino alla destituzione dei funzionari e comandanti che compromettono la nostra causa, e ciò malgrado le difficoltà di forma, che all'occorrenza saprò spezzare. Naturalmente prendo su di me tutta la responsabilità di fronte a tutti gli organi superiori”.
La situazione diventava sempre più tesa. Il compagno Stalin spiega un'energia colossale e, in breve, da commissario straordinario per l'approvvigionamento diventa, di fatto, il dirigente di tutte le forze rosse del fronte di Tsaritsyn. Questa situazione, riceve una sanzione ufficiale a Mosca e al compagno Stalin sano affidati i compiti di:
“Ristabilire l'ordine, riunire i reparti in unità regolari, costituire un vero comando, cacciare tutti quelli che rifiutano di obbedire” (dal telegramma del Consiglio Militare Rivoluzionario della Repubblica che porta la menzione: “Il presente telegramma è spedito in accordo con Lenin”).
In quel momento si trovavano sotto a Tsaritsyn i resti delle armate rivoluzionarie dell'Ucraina, ritiratesi attraverso le steppe del Don sotto la pressione delle truppe tedesche.
Sotto la direzione del compagno Stalin si crea un Consiglio Militare Rivoluzionario che procede all'organizzazione di un esercito regolare. L'ardente natura del compagno Stalin, la sua energia e volontà ottennero ciò che il giorno prima pareva ancora impossibile. In un periodo di tempo brevissimo si creano divisioni, brigate e reggimenti. Lo stato maggiore, gli organi del vettovagliamento e tutte le retrovie sono ripulite radicalmente degli elementi controrivoluzionari e ostili. L’apparato sovietico e di partito si migliora e si mostra più energico. Attorno al compagno Stalin si raccoglie un gruppo di vecchi bolscevichi e di operai rivoluzionari e invece di uno stato maggiore impotente sorge nel sud, alle porte del Don controrivoluzionario, una rossa fortezza bolscevica.
In quel periodo Tsaritsyn rigurgitava di controrivoluzionari di tutte le risme, dai socialisti rivoluzionari di destra e dai terroristi sino ai monarchici incarogniti. Tutti questi signori, sino all'arrivo del compagno Stalin e a quello dei reparti rivoluzionari dell'Ucraina, si sentivano quasi completamente liberi e vivevano aspettando giorni migliori. Per assicurare la riorganizzazione delle forze rosse al fronte, bisognava spazzare le retrovie con mano ferrea, implacabile. Il Consiglio Militare Rivoluzionario, diretto dal compagno Stalin, crea una Cekà speciale, a cui affida il compito di epurare Tsaritsyn dalla controrivoluzione.
La testimonianza del nemico è talvolta preziosa e interessante. Ecco come nella rivista delle guardie bianche “Donskaja Voinà” (“L’onda del Don”) del 3 febbraio 1919, il colonnello Nossovic (ex-capo della direzione delle operazioni dell'armata), che ci aveva tradito ed era passato al servizio di Krassnov, descrive questo periodo e la parte avuta in esso del compagno Stalin:
“Il compito principale affidato a Stalin era l'approvvigionamento delle province settentrionali e, per adempiere questo incarico, egli era stato investito di poteri illimitati…
“La linea Griazi-Tsaritsyn era stata definitivamente tagliata. Al nord era rimasta una sola possibilità di ricevere munizioni e di mantenere i collegamenti: il Volga. Nel sud, dopo l'occupazione di Tighoretski da parte dei volontari, la situazione era pure diventata molto precaria. E per Stalin, il quale attingeva le sue risorse esclusivamente dalla provincia di Stavropol, questa situazione significava quasi la fine della sua missione nel sud. Ma, evidentemente, rinunciare a portare a buon termine un compito affidatogli non era nelle abitudini di un uomo come Stalin. Si deve rendergli la giustizia di riconoscere che la sua energia può destare l'invidia di qualsiasi vecchio amministratore e che molti potrebbero imparare da lui la capacità di applicarsi al lavoro e alle circostanze.
“A poco a poco, nella misura in cui il suo lavoro diminuiva, o, più giustamente, mano a mano che il suo compito diretto si restringeva, Stalin incominciò a penetrare in tutti i rami dell'amministrazione della città e soprattutto a occuparsi del grave problema della difesa di Tsaritsyn e, in particolare, di tutto il cosiddetto fronte rivoluzionario del Caucaso”
E più avanti, passando a dare una caratteristica della situazione di Tsaritsyn, Nossovic scrive:
“Da quel momento a Tsaritsyn, in generale, l’atmosfera si fece irrespirabile. La Cekà di Tsaritsyn lavorava in pieno. Non passava giorno senza che si scoprissero dei complotti nei luoghi che parevano più sicuri e segreti. Tutte le prigioni della città rigurgitavano...
“La lotta al fronte aveva raggiunto il più alto grado di tensione…
“Dal 20 luglio Stalin si trovò ad essere il principale propulsore e dirigente. Una semplice conversazione per filo diretto col centro sulle insufficienze e gli inconvenienti della organizzazione della direzione della regione bastò perché Mosca, per filo diretto, emanasse l'ordine col quale Stalin veniva messo a capo di tutta l'amministrazione militare e civile...”.
Ma Nossovic stesso più avanti riconosce quanto era fondata questa repressione. Ecco quanto scrive circa le organizzazioni controrivoluzionarie di Tsaritsyn:
“In quel momento anche l’organizzazione controrivoluzionaria, che aveva come programma l’Assemblea Costituente, si era considerevolmente rafforzata e, ricevuto denaro da Mosca, si preparava a entrare in azione per aiutare i cosacchi del Don nella loro lotta per liberare Tsaritsyn.
“Disgraziatamente, l'ingegnere Alekseiev, capo di questa organizzazione, e i suoi due figli, venuti da Mosca, erano poco al corrente della situazione reale e, causa una errata impostazione del piano, che prevedeva di far partecipare all’azione il battaglione serbo, già al servizio dei bolscevichi presso la Cekà, l'organizzazione fu scoperta...
“La risoluzione di Stalin fu breve: <<Fucilare>>. L’ingegnere Alekseiev, i suoi due figli e con essi un numero considerevole di ufficiali, parte dei quali appartenevano all’organizzazione e parte erano soltanto sospetti di farne parte, furono presi della Cekà e, senza alcun giudizio, immediatamente fucilati”.
Passando in seguito alla ripulitura delle retrovie (lo stato maggiore del Caucaso settentrionale e i suoi servizi) dalle guardie bianche, Nossovic scrive:
“Caratteristica di questa ripulitura fu l’atteggiamento di Stalin verso i telegrammi dal centro che gli davano delle direttive. Quando Trotskij preoccupato perché si sconvolgeva la direzione delle regioni militari, messa in piedi da lui con tanta fatica, inviò un telegramma circa la necessità di lasciare immutati lo stato maggiore e il commissariato e di dar loro la possibilità di lavorare, Stalin scrisse sul telegramma una nota categorica e molto significativa:
<<Non prendere in considerazione>>.
“E infatti, il telegramma non fu preso in considerazione e tutta la direzione dell'artiglieria e parte dello stato maggiore continuarono a vivere su una chiatta a Tsaritsyn”.
La fisionomia di Tsaritsyn divenne in breve tempo irriconoscibile. La città, nella quale ancor poco tempo prima suonava la musica nei giardini, dove la borghesia profuga gironzolava, apertamente, con ufficiali bianchi in folla per le vie, si trasformò in un campo militare rosso, dove vige per tutti l'ordine più severo e una disciplina militare. Questo rafforzamento delle retrovie ha immediatamente una ripercussione favorevole sullo stato d'animo dei nostri reggimenti che si battono al fronte. Il corpo dei comandanti e dei commissari politici e tutta la massa dei soldati russi incominciano a rendersi conto che una solida mano rivoluzionaria li dirige, una mano che conduce la lotta per gli interessi degli operai e dei contadini, che colpisce implacabilmente tutti coloro che si frappongono sul cammino di questa lotta.
Il compagno Stalin non si limita a dirigere dal suo ufficio. Ristabilita la disciplina indispensabile, ricostituita l'organizzazione rivoluzionaria, egli parte per il fronte che in quel momento aveva un'estensione di circa 600 chilometri. E bisognava essere Stalin e possedere la sua enorme capacità organizzativa per comprendere così bene i problemi specificatamente militari nelle condizioni estremamente difficili del momento, pur non avendo alcuna preparazione militare (il compagno Stalin non aveva mai prestato servizio militare!).
Ricordo, come fosse ora, il principio dell'agosto 1918. Le unità cosacche di Krassnov muovono all'attacco di Tsaritsyn, tentando, con attacco concentrico, di gettare nel Volga i reggimenti rossi. Per molti giorni le truppe rosse, alla testa delle quali si trovava una divisione comunista composta esclusivamente di operai del Bacino del Don, respingono con un vigore eccezionale l’attacco delle unità cosacche magnificamente organizzate. Furono giorni di estrema tensione. Bisognava vedere il compagno Stalin in quei momenti. Come sempre calmo, immerso nei suoi pensieri egli non dormiva, letteralmente, per giornate intere, dividendo la sua attività eccezionale tra le posizioni avanzate e lo stato maggiore dell’armata. La situazione al fronte era diventata quasi catastrofica. Le unità di Krassnov, sotto il comando di Fitskhalaurov, Mamontov e altri, con una manovra ben studiata respingevano le nostre truppe, che erano estenuate e avevano subito perdite enormi. Il fronte del nemico, fatto a ferro di cavallo, con le estremità poggianti sul Volga, si restringeva sempre più. Ogni possibilità di ritirata ci era chiusa. Ma Stalin non se ne preoccupava. Egli era penetrato da una sola convinzione, da un’unica idea: -Vincere, battere il nemico a qualunque costo.- E questa volontà incrollabile di Stalin si comunicava a tutti i suoi collaboratori più vicini e, malgrado la situazione quasi disperata, nessuno dubitava della vittoria.
E vincemmo. Il nemico, disfatto, fu rigettato lontano, verso il Don.


Perm

Alla fine del 1918 si era creata una situazione catastrofica sul fronte orientale e particolarmente nel settore della III Armata, che era stata costretta ad evacuare Perm. Stretta dal nemico in un semicerchio, questa armata alla fine di novembre era completamente demoralizzata. Dopo sei mesi di combattimenti continui, privi di riserve sicure, con retrovie infide, l'approvvigionamento disorganizzato (la 29° divisione si batté per cinque giorni di seguito, senza avere, letteralmente, un pezzo di pane), a 35 gradi sotto zero, in un paese completamente sprovvisto di strade, su un fronte immenso (più di 400 chilometri) e con uno stato maggiore debole, la III Armata non era in grado di resistere alla pressione delle soverchianti forze del nemico.
Per completare questo quadro desolante, si deve aggiungere che gli ex-ufficiali facenti parte del comando tradivano in massa: che, causa la cattiva selezione dal punto di vista di classe delle truppe, interi reggimenti si arrendevano al nemico; e che v'era un comando inetto. In questa situazione la III Armata si era completamente disfatta e si ritirava in disordine, rinculando in 20 giorni di 300 chilometri e perdendo, nello stesso periodo di tempo, 18 mila combattenti, decine di cannoni, centinaia di mitragliatrici ecc.. Il nemico cominciò ad avanzare rapidamente minacciando seriamente Viatka e tutto il fronte orientale.
Questi avvenimenti posero davanti al C. C. il problema della necessità di venire in chiaro sulle ragioni della catastrofe e di ristabilire senza indugio l'ordine nelle unità della III Armata. Chi mandare per adempiere questo difficilissimo incarico? E Lenin telegrafa al presidente del Consiglio Militare rivoluzionario della Repubblica:
“Da Perm riceviamo dalle organizzazioni di partito una serie di informazioni sulla situazione catastrofica dell'armata e sull’ubriachezza che vi regna. Ho pensato di mandare Stalin: temo che Smilga sia debole verso... il quale a quanto si dice beve e non è in grado di ristabilire l'ordine”.
Il C. C. prende la decisione seguente:
“Nominare una commissione d’inchiesta di partito composta dei membri del C. C. Dzerzinsky e Stalin, per procedere a un’indagine approfondita sulle cause della resa di Perm e delle ultime sconfitte sul fronte degli Urali, come pure per spiegare tutte le circostanze che hanno accompagnato gli avvenimenti suddetti. Il C. C. incarica la commissione di prendere tutte le misure necessarie per il rapido ristabilimento del lavoro sia di partito che dei Soviet in tutto il territorio della III e della II Armata”. (Telegramma di Sverdrlov. N°00079).
Questa decisione pare limiti le funzioni dei compagni Stalin e Dzerzinsky a “un’inchiesta sulle cause della resa di Perm e delle ultime sconfitte sul fronte degli Urali”. Ma il compagno Stalin porta il centro di gravità del suo lavoro di “inchiesta di partito”, sulle misure pratiche da prendere per raddrizzare la situazione, rinforzare il fronte, ecc.. Già nel primo telegramma a Lenin del 5 gennaio 1919, sui risultati del lavoro della commissione, Stalin non fa parola delle “cause della catastrofe” e pone, invece il problema di ciò che occorre fare per salvare l'Armata. Ecco il telegramma:
“Al compagno Lenin, presidente del Consiglio della difesa.
“Abbiamo incominciato l’inchiesta. Vi terremo al corrente del suo andamento. Per ora riteniamo necessario segnalarvi un bisogno urgente, non dilazionabile, della III Armata. Si tratta di questo: della III Armata (più di 30 mila uomini) rimangono appena circa 11 mila soldati stanchi, estenuati, che male sono in grado di resistere alla pressione del nemico. Le unità mandate dal comando superiore non sono sicure, in parte ci sono persino ostili e necessitano di un'accurata selezione. Per salvare i resti della III Armata e allontanare il pericolo di una rapida avanzata del nemico sino a Viatka (secondo tutti i dati avuti dai comandanti del fronte della III Armata, questo pericolo è reale), occorre <<assolutamente>> mandare <<d’urgenza>> dalla Russia, a disposizione del comandante dell’armata, almeno 3 reggimenti <<completamente>> sicuri. Preghiamo insistentemente di far pressione in questo senso sui rispettivi organismi militari. Ripetiamo: se non si prende questa misura, Viatka è minacciata di subire la sorte di Perm; è l’opinione generale dei compagni che partecipano al lavoro, opinione alla quale, basandoci sui dati che possediamo, noi ci associamo. Stalin, Dzerzinsky. Viatka, 5 gennaio 1919”.
E solo il 13 gennaio 1919, il compagno Stalin invia, insieme col compagno Dzerzinsky, il suo breve rapporto preliminare sulle “cause della catastrofe”, le quali si riducono principalmente ai punti seguenti: stanchezza ed esaurimento dell'armata al momento dell’offensiva nemica; mancanza da parte nostra, in quel momento, di riserve; distacco dello stato maggiore dall'armata; disordine nel comando d'armata; metodo inammissibile e criminale, da parte del Consiglio Militare Rivoluzionario della Repubblica, di dirigere il fronte, paralizzando con direttive contraddittorie e che gli toglievano ogni possibilità di dare rapidamente aiuto alla III Armata; poca sicurezza, dovuta ai vecchi metodi di formazione delle unità, dei rinforzi mandati dalle retrovie; debolezza estrema delle retrovie, risultato della completa impotenza e incapacità delle organizzazioni sovietiche e di partito.
Intanto il compagno Stalin indica ed applica, con la rapidità e la fermezza che gli sono proprie, tutta una serie di misure pratiche per elevare la combattività della III Armata.
“Fino al 15 gennaio – leggiamo in un suo rapporto al Consiglio della difesa – sono stati mandati al fronte 1200 soldati sicuri tra fanteria e cavalleria; il giorno dopo uno squadrone di cavalleria. Il 20 è stato mandato il 62° reggimento della III brigata (scrupolosamente filtrato prima della partenza). Queste unità hanno dato la possibilità di contenere l'offensiva del nemico, hanno radicalmente trasformato il morale della III Annata, hanno incominciato l’offensiva su Perm che prosegue con successo. Nelle retrovie dell’armata si procede a una severa epurazione degli organismi di partito e sovietici. A Viatka e nei capoluoghi di circondario sono stati organizzati dei comitati rivoluzionari. Tutta l'attività dell'amministrazione sovietica e delle organizzazioni di partito sta riorganizzandosi su nuove basi. Il controllo militare è stato epurato e riorganizzato. Epurata e arricchita di nuovi quadri comunisti la Ceka provinciale. Incominciamo a scongestionare il nodo ferroviario di Viatka…”, ecc...
In seguito a tutte queste misure, non solo si riuscì a fermare l’avanzata del nemico, ma nel gennaio 1919 il fronte orientale passava all’offensiva e alla nostra ala destra veniva occupata Uralsk.
Ecco in qual modo il compagno Stalin comprese e portò a termine il suo compito di “fare un'inchiesta sulle cause della catastrofe”. Egli fece l'indagine, mise in chiaro queste cause e, sul posto, con tutte le sue forze, le eliminò e operò la svolta necessaria.


Pietrogrado

Nella primavera del 1919, l’armata delle guardie bianche del generale Judenic, per adempiere l'incarico ricevuto da Kolciak di “impadronirsi di Pietrogrado” e attrarre su di sé le truppe rivoluzionarie del fronte orientale coll'aiuto delle truppe bianche estoni e finlandesi e della flotta inglese, passava repentinamente all'offensiva minacciando seriamente Pietrogrado. La situazione era resa ancora più grave per il fatto che in Pietrogrado stessa erano stati scoperti dei complotti controrivoluzionari a capo dei quali si trovavano degli specialisti militari addetti allo stato maggiore del fronte occidentale, alla VII Armata e alla base navale dl Kronstadt. Parallelamente all'avanzata di Judenic su Pietrogrado, Bulak-Balakhovic aveva riportato una serie di successi in direzione di Pskov. Sul fronte incominciarono i tradimenti. Alcuni dei nostri reggimenti passarono al nemico; tutta la guarnigione dei forti della “Montagna rossa” e del “Cavallo grigio” prese apertamente posizione contro il potere sovietico. Lo smarrimento si impadroniva di tutta la VII Armata: il fronte vacillava; il nemico si avvicinava a Pietrogrado. Bisognava al più presto salvare la situazione.
Il Comitato Centrale ancora una volta sceglie il compagno Stalin. In tre settimane Stalin riesce a operare la svolta. Ben presto vien posta fine all'apatia e alla confusione che regnavano nelle unità: gli stati maggiori si mettono al lavoro; si procede a mobilitazioni successive degli operai e dei comunisti di Pietrogrado; si annientano implacabilmente i nemici e i traditori. Il compagno Stalin si interessa del lavoro operativo del comando militare. Ecco che cosa telegrafa a Lenin:
“Dopo la <Montagna Rossa> è stato liquidato il <Cavallo grigio>; i cannoni che vi si trovavano sono completamente in ordine; si procede rapidamente... (illeggibile)… di tutte le fortezze e di tutti i forti. Gli specialisti della flotta assicurano che la presa della <Montagna rossa> dalla parte del mare capovolge tutti i principi della scienza navale. Non mi resta che piangere sulla cosiddetta scienza. La rapida occupazione della <Montagna> si spiega col fatto che io e i civili in generale, siamo intervenuti nel modo più brutale nelle operazioni giungendo sino ad annullare gli ordini per le operazioni di terra e di mare e ad imporre i nostri propri ordini. Mi sento in dovere di dichiarare che anche in avvenire agirò in questo modo, nonostante tutta la venerazione che nutro per la scienza. Stalin”.
Dopo sei giorni il compagno Stalin riferisce a Lenin:
“Nelle nostre unità è cominciata una svolta. Da una settimana non abbiamo più avuto un solo caso di passaggio individuale e collettivo al nemico. I casi di passaggio dal campo nemico al nostro si fanno più frequenti. In una settimana sono venuti a noi 400 uomini, in maggior parte armati. Ieri, di giorno, è incominciata la nostra offensiva. Malgrado che i rinforzi promessi non siano ancora giunti, non si poteva rimanere oltre sulla linea a cui ci eravamo fermati, perché troppo vicina a Pietrogrado. Per ora l'offensiva si sviluppa con successo; i bianchi fuggono; oggi abbiamo occupato la linea Kernovo-Voronino-Slepino-Kaskovo. Abbiamo fatto dei prigionieri, preso due o più cannoni, delle armi automatiche, delle munizioni. Non si segnalano navi nemiche; a quanto pare, esse temono la <Montagna rossa>, che ora è interamente in nostro potere. Mandate d'urgenza a mia disposizione due milioni di cartucce per la VI divisione...”.
Questi due telegrammi danno un'idea completa dell'immenso lavoro creativo svolto dal compagno Stalin per liquidare la situazione disperata che si era creata attorno a Pietrogrado rossa.


Il fronte meridionale

L’autunno del 1919 è vivo nella memoria di tutti. Si avvicinava il momento decisivo, culminante di tutta la guerra civile. Le orde delle guardie bianche di Denikln, rifornite dagli “Alleati”, sostenute dai loro stati maggiori, avanzavano su Orel. Tutto l’immenso fronte del sud rinculava lentamente. All'interno la situazione non era meno grave. Le difficoltà degli approvvigionamenti erano estremamente aggravate. L’industria si arrestava per insufficienza di combustibile. All’interno del paese, persino a Mosca, gli elementi controrivoluzionari si agitavano. Tula era in pericolo e la minaccia pendeva su Mosca.
Bisognava salvare la situazione. E il C. C. invia sul fronte meridionale il compagno Stalin in qualità di membro del Consiglio Militare Rivoluzionario. Non occorre più nascondere, ora, che prima della sua nomina il compagno Stalin aveva posto al C. C. tre condizioni principali: 1) Trotskji non doveva immischiarsi negli affari del fronte meridionale e non doveva varcare la linea che lo delimitava; 2) doveva essere immediatamente richiamata dal fronte meridionale tutta una serie di collaboratori che il compagno Stalin riteneva inetti a ristabilire l’ordine tra le truppe; 3) dovevano essere immediatamente trasferiti sul fronte meridionale dei nuovi militanti, scelti dal compagno Stalin e capaci di adempiere questo compito. Queste condizioni furono tutte accettate.
Ma per dirigere quell’immensa macchina (dal Volga alla frontiera polacco-ucraina) chiamata fronte meridionale, che comprendeva parecchie centinaia di migliaia di uomini, occorreva avere un piano di operazioni preciso, era necessario venisse chiaramente fissato l'obbiettivo del fronte. Si sarebbe così potuto porre questo obbiettivo alle truppe e raggruppando e concentrando le forze migliori nelle direzioni più importanti, colpire il nemico.
Il compagno Stalin trova al fronte una situazione molto incerta e grave. Nella direzione principale Kursk-Orel-Tula riceviamo durissimi colpi; l'ala orientale, impotente, segna il passo. Per quanto riguarda il piano di operazioni, gli viene proposto il vecchio piano (di settembre) che consisteva nel portare il colpo principale all'ala sinistra da Tsaritsyn a Novorossisk, attraverso le steppe del Don.
“Il piano fondamentale dell'offensiva del fronte meridionale rimane immutato: il colpo principale, cioè, deve essere dato dal gruppo speciale di Sciorin, al quale incombe il compito di sterminare il nemico sul Don e nel Kuban” (dalle direttive del Comando supremo, settembre 1919).
Dopo essersi reso conto della situazione, il compagno Stalin si decide immediatamente. Respinge categoricamente il vecchio piano, avanza nuove proposte e le sottopone a Lenin nella lettera seguente, la quale parla da sé. Essa è così interessante, mette così brillantemente in rilievo il talento strategico del compagno Stalin, è così caratteristica per il modo deciso di impostare le questioni, che crediamo utile riprodurla per intero:
“Circa due mesi fa il Comando supremo non si opponeva, in principio, a che l'attacco principale fosse sferrato da occidente verso oriente attraverso il bacino del Don. Se egli tuttavia non sferrò questo attacco fu perché si basava sulla <<eredità>> ricevuta in conseguenza della ritirata delle truppe del sud in estate, cioè sulla dislocazione alla quale spontaneamente sono pervenute le truppe del fronte sud-est, perché una modificazione di essa avrebbe portato una grave perdita di tempo a vantaggio di Denikin... Ma ora la situazione e di conseguenza, la disposizione delle forze, sono sostanzialmente cambiate; la VIII Armata, (armata principale sull’ex fronte meridionale) si è spostata nell'ambito del fronte meridionale e si trova direttamente di fronte al bacino del Donetz; anche il corpo di cavalleria di Budionny (altra forza principale) si è spostato nell’ambito del fronte meridionale; una nuova forza si è aggiunta, - la divisione lettone, - che fra un mese, dopo essersi rinnovata, rappresenterà di nuovo una forza della quale Denikin dovrà tener conto... Che cosa obbliga dunque il comandante supremo (il quartiere generale) a difendere il vecchio piano? Evidentemente la sola testardaggine o, se volete, lo spirito di fazione più ottuso e più pericoloso per la repubblica alimentato al Comando supremo dal fanfarone <<stratega>> che vi è addetto... Qualche giorno fa il Comando supremo dette a Sciorin l'ordine di attaccare in direzione di Novorossisk attraverso le steppe del Don, seguendo una linea lungo la quale può darsi sia comodo ai nostri aviatori di volare, ma dove la nostra fanteria e artiglieria non potranno assolutamente avanzare. E’ inutile dire che questa stravagante spedizione (che ci si propone) attraverso un paese che ci è ostile, assolutamente sprovvisto di strade, fa pesare su di noi la minaccia di una disfatta. Non è difficile comprendere che questa marcia attraverso le <<stanitse>> cosacche, come l'esperienza recente ha dimostrato, può soltanto avere come risultato una più stretta unione dei cosacchi intorno a Denikin contro di noi per la difesa delle loro <<stanitse>>, può soltanto fare di Denikin il salvatore del Don, può soltanto, cioè, rafforzare Denikin. Appunto per questo è necessario immediatamente, senza perder tempo, cambiare il vecchio piano già distrutto dalla pratica, sostituendolo col piano di un attacco principale su Rostov attraverso Kharkov e il bacino del Donetz. In primo luogo avremo qui un ambiente che non ci è ostile, ma che al contrario, simpatizza con noi, il che faciliterà la nostra avanzata; in secondo luogo, conquistiamo l’importantissima rete ferroviaria (del Donetz) e l’arteria principale che alimenta l’esercito di Denikin, la linea Voronez-Rostov... In terzo luogo, questa avanzata taglia l’esercito di Denikin in due parti, di cui una, quella costituita dall'armata dei <<volontari>>, la lasciamo in pasto a Makhno, mentre sull'armata cosacca facciamo pesare la minaccia di una sorpresa alle spalle. In quarto luogo, avremo la possibilità di gettar la discordia fra i cosacchi e Denikin, che, nel caso di una nostra avanzata vittoriosa, cercherà di spostare verso ovest le unità cosacche al che la maggioranza dei cosacchi non acconsentirà... In quinto luogo, noi otteniamo del carbone, mentre Denikin ne rimarrà privo. Questo piano deve essere accettato senza perdere tempo… Ricapitolando: il vecchio piano già distrutto dalla vita stessa, non deve in nessun caso essere galvanizzato; sarebbe pericoloso per la repubblica e, senza dubbio, migliorerebbe la situazione di Denikin. Bisogna sostituirlo con un altro piano. Le circostanze e le condizioni non sono semplicemente mature, ma ci dettano imperiosamente questo cambiamento... Altrimenti, il mio lavoro sul fronte meridionale non ha ragione di essere, diventa criminale, inutile, il che mi dà il diritto o, meglio, mi obbliga ad andarmene in qualsiasi altro posto, anche al diavolo, pur di non rimanere sul fronte sud. Vostro Stalin”.
Ogni commento a questo documento è superfluo. Quel che più salta agli occhi è il metro col quale Stalin misura la linea più breve delle operazioni. Nella guerra civile la semplice aritmetica è talvolta insufficiente e spesso sbagliata. La via da Tsaritsyn a Novorossisk può risultare molto più lunga per il fatto che passa per regioni le cui popolazioni ci sono ostili, per la loro natura di classe. E al contrario, il cammino da Tula a Novorossisk può dimostrarsi molto più corto per il fatto che passa per Kharkov, città operaia, per il bacino del Donetz, centro di minatori. In questa valutazione della direzione da prendere si manifestano le principali qualità del compagno Stalin come rivoluzionario proletario, come vero stratega della guerra civile.
Il piano di Stalin fu approvato dal Comitato Centrale. Lenin stesso, di sua mano, scrisse allo stato maggiore dell’esercito l'ordine di cambiare direttive che avevano perduto ogni valore. Il colpo principale sul fronte meridionale fu portato nella direzione Kharkov-Bacino del Donetz-Rostov. Il risultato è noto: fu una svolta nello sviluppo della guerra civile. Le orde di Denikin furono gettate nel Mar Nero. L'Ucraina e il Caucaso settentrionale furono liberati dalle guardie bianche. Il merito immenso di tutto questo spetta al compagno Stalin.


La I armata di cavalleria

E’ bene soffermarsi ancora su un momento storico tra i più importanti del fronte meridionale e legato al nome del compagno Stalin. Voglio parlare della formazione dell'Armata di cavalleria. Fu il primo esempio di un raggruppamento di divisioni di cavalleria in una formazione così notevole, in una armata. Stalin aveva osservato la potenza delle masse di cavalleria nella guerra civile. Egli comprese concretamente la loro enorme importanza per annientare il nemico. Ma il passato non offriva alcuna esperienza in un campo così nuovo come quello dell'azione di armate di cavalleria. I trattati di tattica non ne parlavano e perciò questa misura suscitò o perplessità o resistenza diretta. Ma Stalin non indietreggiò per questo: una volta convinto dell'utilità e della giustezza dei suoi piani, sempre procedeva, nonostante ogni difficoltà, alla loro realizzazione. L’11 novembre il Consiglio Militare Rivoluzionario riceveva dal fronte meridionale il seguente rapporto:
“Al Consiglio Militare Rivoluzionario della Repubblica.
“ Il Consiglio Militare Rivoluzionario del fronte meridionale, nella sua seduta dell’11 novembre, tenendo conto delle condizioni della situazione attuale, ha deciso di formare un'armata di cavalleria composta del I e II corpo di cavalleria e di una brigata di linea (si aggiungerà in seguito ancora una seconda brigata).
“Composizione del Consiglio Militare Rivoluzionario dell'armata di cavalleria: comp. Budionny, comandante dell'armata; membri i comp. Voroscilov e Stciadenko.
“Allegato: Decisione del Consiglio Militare Rivoluzionario del fronte meridionale dell'11 ottobre 1919, n. 505-a.
“Vi preghiamo di ratificare la decisione indicata”.
L'armata di cavalleria fu creata, malgrado e persino contro la volontà del centro. L'iniziativa della sua creazione appartiene al compagno Stalin, il quale vedeva con chiarezza tutta la necessità di una simile formazione. Le conseguenze storiche di questa decisione sono ben note a tutti.
Un’altra particolarità caratteristica del compagno Stalin si rivelò nel modo più netto sul fronte meridionale; quella consistente nell'azione a mezzo di gruppi d'assalto, dopo aver fissato le direzioni principali ove concentrare le migliori unità e battere il nemico. Sotto questo rapporto, così come nella scelta della direzione, egli dimostrò una grande capacità.


Il fronte Wrangel

Dopo la disfatta di Denikin, l’autorità del compagno Stalin come organizzatore e capo militare di prim'ordine diviene incontestabile. Quando nel gennaio 1920, in seguito ai gravi errori commessi dal comando del fronte, la nostra offensiva si arresta davanti a Rostov, quando di nuovo pesa su di noi la minaccia che le guardie bianche, che hanno ripreso forza, possano annientare i frutti delle nostre vittorie, il Comitato Centrale invia a Stalin il telegramma seguente:
“Data la necessità di stabilire sul fronte del Caucaso una effettiva unità di comando, di sostenere l’autorità del comandante del fronte e dei comandanti di armata, di utilizzare in larga misura le forze e i mezzi locali, l'Ufficio Politico del C.C. ritiene assolutamente necessario che voi entriate immediatamente a far parte del Consiglio Militare Rivoluzionario del fronte del Caucaso... Comunicateci la data della vostra partenza per Rostov”.
Il compagno Stalin acconsente, pur ritenendo che per lo stato della sua salute non lo si dovrebbe far partire. Inoltre teme che questi continui mutamenti non saranno ben compresi dalle organizzazioni di partito locali, che tenderanno ad “accusarmi di passare con leggerezza da un settore del comando a un altro, dato che non vengono informate delle decisioni del C. C.” (telegramma del compagno Stalin del 7 febbraio 1920). Il C. C. dà ragione al compagno Stalin e Lenin il 10 febbraio gli telegrafa: “Non perdo la speranza che... tutto s'accomodi senza il vostro trasferimento”.
Quando Wrangel, approfittando della campagna delle truppe bianche polacche, fece una sortita dalla Crimea creando un nuovo, grave pericolo per il Bacino del Donetz liberato e per tutto il Mezzogiorno, il Comitato Centrale prende la seguente decisione (3 agosto 1920):
“In considerazione dei successi riportati da Wrangel e della situazione allarmante nel Kuban, è necessario riconoscere che il fronte di Wrangel ha un'importanza enorme, e lo si deve considerare come un fronte indipendente dagli altri. Il compagno Stalin è incaricato di formare un Consiglio Rivoluzionario, di concentrare tutta la sua attività sul fronte di Wrangel; Jegorov o Frunze, previo accordo del comandante in capo con Stalin, saranno incaricati del comando del fronte”.
Lo stesso giorno Lenin scrive a Stalin:
“L'Ufficio Politico ha testé proceduto alla delimitazione dei diversi fronti, affinché voi vi occupiate esclusivamente dl Wrangel…”.
Il compagno Stalin organizza il nuovo fronte e solo la malattia lo strappa a questo lavoro.


Il fronte polacco

Durante la campagna contro i polacchi, il compagno Stalin è membro del Consiglio Militare Rivoluzionario del fronte sud-ovest. La disfatta delle armate polacche, la liberazione di Kiev e dell'Ucraina della riva destra del Dnieper, la profonda avanzata in Galizia, l’organizzazione della famosa incursione della prima Armata di cavalleria, - tutto questo è in misura considerevole, il risultato della sua direzione abile ed esperta.
Lo sfacelo di tutto il fronte polacco in Ucraina e la distruzione quasi completa della III Armata polacca sotto Kiev, gli attacchi fulminei su Berdicev e Gitomir, l'avanzata della I Armata di cavalleria in direzione di Rovno, crearono una situazione che permise anche al nostro fronte occidentale di passare all'offensiva generale. Le successive operazioni del fronte sud-ovest portano le truppe rosse sino alle porte di Leopoli, e soltanto lo scacco delle nostre truppe presso Varsavia impedisce l’attacco su Leopoli, nel momento in cui l’armata di cavalleria, che si trovava a soli 10 chilometri di distanza stava preparandolo.
Ma questo periodo è così ricco di avvenimenti che per illustrarlo occorrerebbe una documentazione così larga e un'analisi così scrupolosa che questo compito sorpassa il limite che si è posto il nostro articolo.
Questa breve descrizione dell’attività militare del compagno Stalin è lontana dal dare la caratteristica anche solo delle principali sue qualità di capo militare e di rivoluzionario proletario.
Quel che più salta agli occhi è la capacità del compagno Stalin di afferrare rapidamente la situazione concreta e di agire in conseguenza. Nemico acerrimo della negligenza, dell’indisciplina, Stalin, quando gli interessi della rivoluzione lo esigevano, non esitò mai a prendere su di sé la responsabilità di misure estreme e di cambiamenti radicali; se la situazione rivoluzionaria lo richiedeva, egli era pronto a infrangere tutti i regolamenti, tutte le gerarchie.
Il compagno Stalin fu sempre partigiano della disciplina militare e della centralizzazione più stretta, ma a condizione di un’attenta e ferma direzione da parte dei supremi organi militari. Nel rapporto sopra citato al Consiglio della difesa del 31 gennaio 1919, il compagno Stalin scrive, insieme con Dzerzinsky:
“Un’armata non può agire come un’unità a sé stante, completamente autonoma; nelle sue azioni essa dipende interamente dalle armate vicine e soprattutto dalle direttive del Consiglio militare rivoluzionario della Repubblica; l’armata più combattiva può essere sbaragliata, pur rimanendo uguali le altre condizioni, se le direttive date dal centro sono sbagliate e se è priva di un contatto effettivo con le armate contigue. E’ necessario stabilire sui fronti, soprattutto sul fronte orientale, un regime di severa centralizzazione delle operazioni delle diverse armate, per realizzare una direttiva strategica determinata, elaborata seriamente. L'arbitrio o la leggerezza nel fissare le direttive senza un serio esame di tutti i dati, e il rapido cambiamento di direttive che ne consegue, nonché l’incertezza delle direttive stesse, - come il Consiglio militare rivoluzionario della Repubblica lascia che avvenga, - escludono ogni possibilità di una direzione delle armate, portano a uno spreco di forze e di tempo, disorganizzano il fronte”.
Il compagno Stalin ha sempre insistito sulla necessità della responsabilità personale per ogni incarico ricevuto ed ha sempre avuto una vera insofferenza fisica per lo “scaricabarile” tra i vari organismi competenti.
Stalin dedicava una enorme attenzione all'organizzazione del vettovagliamento delle truppe. Egli sapeva e comprendeva che cosa significano per il combattente un buon vitto e dei vestiti caldi. E a Tsaritsyn, a Perm e sul fronte meridionale non si arrestò di fronte a nessun ostacolo pur di rifornire le truppe e renderle così più forti e più resistenti. Nel compagno Stalin riscontriamo i tratti più tipici dell'organizzatore del fronte di classe proletario. Consacrava un’attenzione speciale alla composizione di classe dell’esercito, perché nelle sue file non ci fossero effettivamente che operai e contadini, “elementi che non sfruttano il lavoro altrui”. Egli attribuiva un'enorme importanza allo sviluppo del lavoro politico nell'esercito e fu più volte l’iniziatore della mobilitazione dei comunisti, ritenendo necessario che una forte percentuale di essi fosse mandata al fronte come semplici soldati. Il compagno Stalin era molto esigente nella scelta dei commissari militari. Egli criticò aspramente l’Ufficio panrusso dei commissari militari per aver inviato dei “ragazzi”. Egli diceva:
“I Commissari militari devono essere l'anima del lavoro militare, devono saper trascinare al loro seguito gli specialisti”. (Telegramma da Tsaritsyn, 1918).
Il compagno Stalin attribuiva un’enorme importanza all’ambiente politico delle retrovie dell'esercito. Nel suo rapporto sulla III Armata egli scrive:
“Punto debole della nostra armata è la mancanza di solidità delle retrovie, mancanza di solidità che va spiegata principalmente colla negligenza nel lavoro di partito, coll'incapacità dei Soviet di realizzare le direttive del centro e colla situazione eccezionale, d’isolamento quasi completo, delle commissioni straordinarie locali”
Il compagno Stalin era particolarmente severo nella scelta delle persone. Senza riguardo per il posto che occupavano, e senza veramente “guardar nessuno in faccia”, destituiva nel modo più brusco gli specialisti, i commissari, i funzionari di partito e dello Stato incapaci. Ma, nello stesso tempo sosteneva e difendeva sempre, come nessun altro, coloro i quali, secondo la sua opinione, giustificavano la fiducia che la rivoluzione aveva riposto in loro. Così il compagno Stalin agiva verso i comandanti rossi sicuri, di cui conosceva i meriti. Quando uno dei veri eroi proletari della guerra civile, il compagno Porkhomenko, che fu più tardi comandante della XIV divisione di cavalleria e cadde nella lotta contro le bande di Mahkno, fu, al principio del 1920, condannato per un malinteso, alla pena capitale, il compagno Stalin, saputa la cosa, richiese immediatamente e categoricamente la sua liberazione. Si potrebbe citare una grande quantità di fatti simili a questo. Il compagno Stalin sapeva apprezzare profondamente, meglio di chiunque altro, i militanti che avevano dedicato la loro vita alla rivoluzione proletaria, e questo lo sapevano i comandanti, come lo sapevano tutti coloro che ebbero occasione di lottare sotto la sua direzione, per la nostra causa.
Tale fu il compagno Stalin nella guerra civile. E tale egli rimane negli anni che seguirono, anni di lotta per il socialismo.
La guerra civile richiese dal compagno Stalin una enorme tensione di forze, di energia, di volontà e di intelligenza. Egli vi si dedicò intieramente e senza restrizioni. Ma nello stesso tempo ne trasse una grandissima esperienza per il lavoro che egli doveva svolgere in seguito.
Durante la guerra civile, nelle condizioni più diverse e più complicate, il compagno Stalin, grazie alle sue grandi qualità di stratega rivoluzionario, determinò sempre esattamente la direzione fondamentale dell'attacco principale, e, applicando magistralmente i metodi tattici appropriati alla situazione, riuscì a raggiungere i risultati voluti. Questa qualità di stratega e di tattico proletario gli è rimasta anche dopo la guerra civile. Questa sua qualità è nota a tutto il Partito. Meglio di chiunque altro ne potrebbero dir qualche cosa i Trotskji e consorti, che hanno imparato a loro spese che cosa costa il tentativo di sostituire la loro ideologia piccolo-borghese alla grande dottrina di Marx e di Lenin. Lo sanno anche gli opportunisti di destra che, or non molto, sono stati pienamente disfatti.
Anche nella situazione di pace, il compagno Stalin, insieme col C. C. leninista conduce senza posa, e con non minor successo che nella guerra civile, una lotta implacabile contro tutti i nemici, consci ed inconsci, del partito e dell'edificazione del socialismo nel nostro paese.
Benché il compagno Stalin da molto tempo non appartenga più formalmente, all’esercito, pure non ha mai cessato di interessarsi profondamente dei problemi della difesa dello Stato proletario. E anche ora, come negli anni passati, egli conosce l’Armata Rossa della quale è l’amico più vicino e più caro.