Biblioteca Multimediale Marxista
Questo articolo è stato scritto nel 1929 dal compagno Voroshilov, in
occasione del cinquantesimo compleanno del compagno Stalin
Il periodo pacifico, costruttivo della nostra storia è pieno di avvenimenti
della più grande importanza. Questi ultimi anni, effettivamente, valgono
per noi quanto secoli. Sono avvenuti attorno a noi cambiamenti grandiosi; le
nostre prospettive si sono modificate; le nostre prospettive e le scale dei
valori universalmente ammessi si sono capovolte. A tutti questi avvenimenti
è indissolubilmente legata la ricca e multiforme attività rivoluzionaria
del compagno Stalin. Durante gli ultimi 5-6 anni il compagno Stalin è
stato al centro della lotta che si è vivacemente combattuta. Solo tenendo
conto di queste circostanze si può spiegare che l’importanza del
compagno Stalin, quale uno fra i più eminenti organizzatori della vittoria
della guerra civile, sia stata, in questo campo, in una certa misura ignorata
e non sia stata ancora valutata nel modo dovuto.
Oggi, nel cinquantesimo compleanno del nostro amico, voglio, almeno in parte,
colmare questa lacuna.
Non ho affatto la pretesa, beninteso, di dare in un articolo di giornale un
quadro completo dell'attività militare del compagno Stalin. Voglio soltanto
tentare di rinfrescare nella memoria dei compagni alcuni fatti di un passato
non lontano, pubblicare alcuni documenti poco noti per mettere in rilievo, sulla
base della semplice testimonianza dei fatti, la parte veramente eccezionale
avuta dal compagno Stalin nei momenti più difficili della guerra civile.
Nel periodo 1918-1920, il compagno Stalin fu, forse, l’unico uomo che
il Comitato Centrale gettò da un fronte di lotta all’altro, nei
posti dove più grande era il pericolo, più grande la minaccia
per la rivoluzione. Dove la situazione era relativamente calma e favorevole,
dove ottenevamo dei successi, ivi Stalin non lo si vedeva. Ma dove, per tutta
una serie di ragioni, le armate rosse piegavano, dove le forze controrivoluzionarie,
sviluppando i loro successi, minacciavano l'esistenza stessa del potere sovietico,
dove il turbamento e il panico potevano ad ogni momento trasformarsi in disperazione,
in catastrofe, ivi appariva il compagno Stalin. Egli non dormiva per notti intere,
organizzava, prendeva la direzione nelle sue mani di ferro, spezzava tutti gli
ostacoli, procedeva implacabile e operava la svolta, risanava l’ambiente.
Il compagno Stalin stesso scrisse a questo proposito, in una delle sue lettere
al Comitato Centrale, nel 1919: “Mi si trasforma in specialista per la
pulizia delle stalle del commissariato della guerra”.
Tsaritsyn
Il compagno Stalin iniziò la sua attività militare
sui fronti di Tsaritsyn (poi Stalingrado n.d.r.), e in modo abbastanza fortuito.
Al principio di giugno del 1918 il compagno Stalin, con un distaccamento di
soldati rossi e due autoblindate, è inviato a Tsaritsyn per organizzare
tutti gli approvvigionamenti della Russia meridionale. A Tsaritsyn trova non
soltanto un caos incredibile nelle organizzazioni sovietiche, sindacali e di
partito, ma una confusione ancora peggiore, e una situazione inestricabile negli
organi del comando militare. Il compagno si urta ad ogni passo in ostacoli di
carattere generale, che gli impediscono di adempiere il suo compito immediato.
Questi ostacoli erano dovuti soprattutto al rapido sviluppo della controrivoluzione
cosacca che, in quel momento, era fortemente appoggiata dai tedeschi che avevano
occupato l’Ucraina. Le bande controrivoluzionarie cosacche occupano in
poco tempo tutta una serie di località vicine a Tsaritsyn e in questo
modo non soltanto distruggono ogni possibilità di incetta sistematica
del grano per le popolazioni affamate di Mosca e di Leningrado ma creano una
situazione estremamente pericolosa per la stessa Tsaritsyn.
Né in quel momento la situazione è migliore altrove. A Mosca scoppia
la rivolta dei socialisti-rivoluzionari di sinistra, all'est Muraviev tradisce;
negli Urali si sviluppa e si rafforza la controrivoluzione cecoslovacca; alla
frontiera meridionale, gli inglesi marciano su Bakù. Si è circondati
da un cerchio di fuoco. La rivoluzione attraversa le più terribili prove.
Pei fili del telegrafo ci succedono, uno dietro l'altro, i telegrammi di Lenin
al compagno Stalin e di Stalin a Lenin. Lenin preavvertito dei pericoli, incoraggia,
esige misure decisive. La situazione di Tsaritsyn acquista una importanza enorme.
Se il Don insorge e se perdiamo Tsaritsyn corriamo il rischio di perdere tutto
il Caucaso del Nord, ricco produttore di grano. E questo il compagno Stalin
lo comprende perfettamente. Rivoluzionario esperto, egli giunge presto alla
convinzione che il suo lavoro darà un risultato a una sola condizione,
- che egli riesca ad esercitare una influenza sul comando militare la cui funzione,
nelle condizioni del momento, diventa decisiva.
“La linea al sud di Tsaritsyn non è ancora ristabilita” scrive
egli a Lenin in una nota del 7 luglio, seguita da un poscritto caratteristico:
“Mi affretto verso il fronte, scrivo soltanto di ciò che riguarda
il lavoro”.
“Scaccio e rimprovero chi di dovere. Spero che la linea sarà presto
ristabilita. Potete esser certo che non risparmieremo nessuno, né noi
stessi né gli altri e il grano lo daremo ad ogni costo. Se i nostri “specialisti”
militari (ciabattini!) non dormissero e non fossero dei fannulloni, la linea
del fronte non sarebbe stata spezzata; e se la linea sarà ristabilita
lo sarà non grazie ai militari, ma loro malgrado”.
E poi, rispondendo alla preoccupazione di Lenin circa la possibilità
di un'azione dei socialisti rivoluzionari di “sinistra” a Tsaritsyn,
scrive in termini brevi, ma fermi e chiari:
“Quanto agli isterici, state sicuro che non ci tremerà la mano;
coi nemici agiremo da nemici”.
Esaminando sempre più attentamente l'apparato militare, il compagno Stalin
si convince della completa impotenza di esso e del fatto che in parte manca
persino la volontà di organizzare la resistenza alla controrivoluzione
che diventa arrogante.
E già l’11 luglio 1918 il compagno Stalin telegrafa a Lenin:
“Le cose si complicano per il fatto che lo stato maggiore del Caucaso
settentrionale si dimostra assolutamente incapace di adeguarsi alle condizioni
della lotta contro la controrivoluzione. Il grave è che non soltanto
i nostri “specialisti” sono psicologicamente inadatti a una lotta
decisiva contro la controrivoluzione, ma che essi nella loro qualità
di ufficiali “di stato maggiore”, capaci solo di “abbozzare
dei tracciati” e di fare dei piani di rimaneggiamento delle formazioni,
guardano con assoluta indifferenza alle azioni operative… e, in generale,
si considerano come degli estranei, degli ospiti. I commissari militari non
sono riusciti a colmare questa lacuna... “.
Il compagno Stalin non si limita a dare questa caratteristica implacabile; nella
stessa nota egli trae la conclusione pratica per la sua attività:
“Non mi sento in diritto di rimanere indifferente davanti a questo stato
di cose, quando il fronte di Kalinin (che allora dirigeva le operazioni nel
Caucaso settentrionale, V.) è tagliato fuori dai punti di vettovagliamento
e il Nord lo è dalle regioni cerealicole. Metterò fine, sul posto,
a queste ed a molte altre insufficienze. Prendo una serie di misure e ne prenderò
delle altre sino alla destituzione dei funzionari e comandanti che compromettono
la nostra causa, e ciò malgrado le difficoltà di forma, che all'occorrenza
saprò spezzare. Naturalmente prendo su di me tutta la responsabilità
di fronte a tutti gli organi superiori”.
La situazione diventava sempre più tesa. Il compagno Stalin spiega un'energia
colossale e, in breve, da commissario straordinario per l'approvvigionamento
diventa, di fatto, il dirigente di tutte le forze rosse del fronte di Tsaritsyn.
Questa situazione, riceve una sanzione ufficiale a Mosca e al compagno Stalin
sano affidati i compiti di:
“Ristabilire l'ordine, riunire i reparti in unità regolari, costituire
un vero comando, cacciare tutti quelli che rifiutano di obbedire” (dal
telegramma del Consiglio Militare Rivoluzionario della Repubblica che porta
la menzione: “Il presente telegramma è spedito in accordo con Lenin”).
In quel momento si trovavano sotto a Tsaritsyn i resti delle armate rivoluzionarie
dell'Ucraina, ritiratesi attraverso le steppe del Don sotto la pressione delle
truppe tedesche.
Sotto la direzione del compagno Stalin si crea un Consiglio Militare Rivoluzionario
che procede all'organizzazione di un esercito regolare. L'ardente natura del
compagno Stalin, la sua energia e volontà ottennero ciò che il
giorno prima pareva ancora impossibile. In un periodo di tempo brevissimo si
creano divisioni, brigate e reggimenti. Lo stato maggiore, gli organi del vettovagliamento
e tutte le retrovie sono ripulite radicalmente degli elementi controrivoluzionari
e ostili. L’apparato sovietico e di partito si migliora e si mostra più
energico. Attorno al compagno Stalin si raccoglie un gruppo di vecchi bolscevichi
e di operai rivoluzionari e invece di uno stato maggiore impotente sorge nel
sud, alle porte del Don controrivoluzionario, una rossa fortezza bolscevica.
In quel periodo Tsaritsyn rigurgitava di controrivoluzionari di tutte le risme,
dai socialisti rivoluzionari di destra e dai terroristi sino ai monarchici incarogniti.
Tutti questi signori, sino all'arrivo del compagno Stalin e a quello dei reparti
rivoluzionari dell'Ucraina, si sentivano quasi completamente liberi e vivevano
aspettando giorni migliori. Per assicurare la riorganizzazione delle forze rosse
al fronte, bisognava spazzare le retrovie con mano ferrea, implacabile. Il Consiglio
Militare Rivoluzionario, diretto dal compagno Stalin, crea una Cekà speciale,
a cui affida il compito di epurare Tsaritsyn dalla controrivoluzione.
La testimonianza del nemico è talvolta preziosa e interessante. Ecco
come nella rivista delle guardie bianche “Donskaja Voinà”
(“L’onda del Don”) del 3 febbraio 1919, il colonnello Nossovic
(ex-capo della direzione delle operazioni dell'armata), che ci aveva tradito
ed era passato al servizio di Krassnov, descrive questo periodo e la parte avuta
in esso del compagno Stalin:
“Il compito principale affidato a Stalin era l'approvvigionamento delle
province settentrionali e, per adempiere questo incarico, egli era stato investito
di poteri illimitati…
“La linea Griazi-Tsaritsyn era stata definitivamente tagliata. Al nord
era rimasta una sola possibilità di ricevere munizioni e di mantenere
i collegamenti: il Volga. Nel sud, dopo l'occupazione di Tighoretski da parte
dei volontari, la situazione era pure diventata molto precaria. E per Stalin,
il quale attingeva le sue risorse esclusivamente dalla provincia di Stavropol,
questa situazione significava quasi la fine della sua missione nel sud. Ma,
evidentemente, rinunciare a portare a buon termine un compito affidatogli non
era nelle abitudini di un uomo come Stalin. Si deve rendergli la giustizia di
riconoscere che la sua energia può destare l'invidia di qualsiasi vecchio
amministratore e che molti potrebbero imparare da lui la capacità di
applicarsi al lavoro e alle circostanze.
“A poco a poco, nella misura in cui il suo lavoro diminuiva, o, più
giustamente, mano a mano che il suo compito diretto si restringeva, Stalin incominciò
a penetrare in tutti i rami dell'amministrazione della città e soprattutto
a occuparsi del grave problema della difesa di Tsaritsyn e, in particolare,
di tutto il cosiddetto fronte rivoluzionario del Caucaso”
E più avanti, passando a dare una caratteristica della situazione di
Tsaritsyn, Nossovic scrive:
“Da quel momento a Tsaritsyn, in generale, l’atmosfera si fece irrespirabile.
La Cekà di Tsaritsyn lavorava in pieno. Non passava giorno senza che
si scoprissero dei complotti nei luoghi che parevano più sicuri e segreti.
Tutte le prigioni della città rigurgitavano...
“La lotta al fronte aveva raggiunto il più alto grado di tensione…
“Dal 20 luglio Stalin si trovò ad essere il principale propulsore
e dirigente. Una semplice conversazione per filo diretto col centro sulle insufficienze
e gli inconvenienti della organizzazione della direzione della regione bastò
perché Mosca, per filo diretto, emanasse l'ordine col quale Stalin veniva
messo a capo di tutta l'amministrazione militare e civile...”.
Ma Nossovic stesso più avanti riconosce quanto era fondata questa repressione.
Ecco quanto scrive circa le organizzazioni controrivoluzionarie di Tsaritsyn:
“In quel momento anche l’organizzazione controrivoluzionaria, che
aveva come programma l’Assemblea Costituente, si era considerevolmente
rafforzata e, ricevuto denaro da Mosca, si preparava a entrare in azione per
aiutare i cosacchi del Don nella loro lotta per liberare Tsaritsyn.
“Disgraziatamente, l'ingegnere Alekseiev, capo di questa organizzazione,
e i suoi due figli, venuti da Mosca, erano poco al corrente della situazione
reale e, causa una errata impostazione del piano, che prevedeva di far partecipare
all’azione il battaglione serbo, già al servizio dei bolscevichi
presso la Cekà, l'organizzazione fu scoperta...
“La risoluzione di Stalin fu breve: <<Fucilare>>. L’ingegnere
Alekseiev, i suoi due figli e con essi un numero considerevole di ufficiali,
parte dei quali appartenevano all’organizzazione e parte erano soltanto
sospetti di farne parte, furono presi della Cekà e, senza alcun giudizio,
immediatamente fucilati”.
Passando in seguito alla ripulitura delle retrovie (lo stato maggiore del Caucaso
settentrionale e i suoi servizi) dalle guardie bianche, Nossovic scrive:
“Caratteristica di questa ripulitura fu l’atteggiamento di Stalin
verso i telegrammi dal centro che gli davano delle direttive. Quando Trotskij
preoccupato perché si sconvolgeva la direzione delle regioni militari,
messa in piedi da lui con tanta fatica, inviò un telegramma circa la
necessità di lasciare immutati lo stato maggiore e il commissariato e
di dar loro la possibilità di lavorare, Stalin scrisse sul telegramma
una nota categorica e molto significativa:
<<Non prendere in considerazione>>.
“E infatti, il telegramma non fu preso in considerazione e tutta la direzione
dell'artiglieria e parte dello stato maggiore continuarono a vivere su una chiatta
a Tsaritsyn”.
La fisionomia di Tsaritsyn divenne in breve tempo irriconoscibile. La città,
nella quale ancor poco tempo prima suonava la musica nei giardini, dove la borghesia
profuga gironzolava, apertamente, con ufficiali bianchi in folla per le vie,
si trasformò in un campo militare rosso, dove vige per tutti l'ordine
più severo e una disciplina militare. Questo rafforzamento delle retrovie
ha immediatamente una ripercussione favorevole sullo stato d'animo dei nostri
reggimenti che si battono al fronte. Il corpo dei comandanti e dei commissari
politici e tutta la massa dei soldati russi incominciano a rendersi conto che
una solida mano rivoluzionaria li dirige, una mano che conduce la lotta per
gli interessi degli operai e dei contadini, che colpisce implacabilmente tutti
coloro che si frappongono sul cammino di questa lotta.
Il compagno Stalin non si limita a dirigere dal suo ufficio. Ristabilita la
disciplina indispensabile, ricostituita l'organizzazione rivoluzionaria, egli
parte per il fronte che in quel momento aveva un'estensione di circa 600 chilometri.
E bisognava essere Stalin e possedere la sua enorme capacità organizzativa
per comprendere così bene i problemi specificatamente militari nelle
condizioni estremamente difficili del momento, pur non avendo alcuna preparazione
militare (il compagno Stalin non aveva mai prestato servizio militare!).
Ricordo, come fosse ora, il principio dell'agosto 1918. Le unità cosacche
di Krassnov muovono all'attacco di Tsaritsyn, tentando, con attacco concentrico,
di gettare nel Volga i reggimenti rossi. Per molti giorni le truppe rosse, alla
testa delle quali si trovava una divisione comunista composta esclusivamente
di operai del Bacino del Don, respingono con un vigore eccezionale l’attacco
delle unità cosacche magnificamente organizzate. Furono giorni di estrema
tensione. Bisognava vedere il compagno Stalin in quei momenti. Come sempre calmo,
immerso nei suoi pensieri egli non dormiva, letteralmente, per giornate intere,
dividendo la sua attività eccezionale tra le posizioni avanzate e lo
stato maggiore dell’armata. La situazione al fronte era diventata quasi
catastrofica. Le unità di Krassnov, sotto il comando di Fitskhalaurov,
Mamontov e altri, con una manovra ben studiata respingevano le nostre truppe,
che erano estenuate e avevano subito perdite enormi. Il fronte del nemico, fatto
a ferro di cavallo, con le estremità poggianti sul Volga, si restringeva
sempre più. Ogni possibilità di ritirata ci era chiusa. Ma Stalin
non se ne preoccupava. Egli era penetrato da una sola convinzione, da un’unica
idea: -Vincere, battere il nemico a qualunque costo.- E questa volontà
incrollabile di Stalin si comunicava a tutti i suoi collaboratori più
vicini e, malgrado la situazione quasi disperata, nessuno dubitava della vittoria.
E vincemmo. Il nemico, disfatto, fu rigettato lontano, verso il Don.
Perm
Alla fine del 1918 si era creata una situazione catastrofica sul fronte orientale
e particolarmente nel settore della III Armata, che era stata costretta ad evacuare
Perm. Stretta dal nemico in un semicerchio, questa armata alla fine di novembre
era completamente demoralizzata. Dopo sei mesi di combattimenti continui, privi
di riserve sicure, con retrovie infide, l'approvvigionamento disorganizzato
(la 29° divisione si batté per cinque giorni di seguito, senza avere,
letteralmente, un pezzo di pane), a 35 gradi sotto zero, in un paese completamente
sprovvisto di strade, su un fronte immenso (più di 400 chilometri) e
con uno stato maggiore debole, la III Armata non era in grado di resistere alla
pressione delle soverchianti forze del nemico.
Per completare questo quadro desolante, si deve aggiungere che gli ex-ufficiali
facenti parte del comando tradivano in massa: che, causa la cattiva selezione
dal punto di vista di classe delle truppe, interi reggimenti si arrendevano
al nemico; e che v'era un comando inetto. In questa situazione la III Armata
si era completamente disfatta e si ritirava in disordine, rinculando in 20 giorni
di 300 chilometri e perdendo, nello stesso periodo di tempo, 18 mila combattenti,
decine di cannoni, centinaia di mitragliatrici ecc.. Il nemico cominciò
ad avanzare rapidamente minacciando seriamente Viatka e tutto il fronte orientale.
Questi avvenimenti posero davanti al C. C. il problema della necessità
di venire in chiaro sulle ragioni della catastrofe e di ristabilire senza indugio
l'ordine nelle unità della III Armata. Chi mandare per adempiere questo
difficilissimo incarico? E Lenin telegrafa al presidente del Consiglio Militare
rivoluzionario della Repubblica:
“Da Perm riceviamo dalle organizzazioni di partito una serie di informazioni
sulla situazione catastrofica dell'armata e sull’ubriachezza che vi regna.
Ho pensato di mandare Stalin: temo che Smilga sia debole verso... il quale a
quanto si dice beve e non è in grado di ristabilire l'ordine”.
Il C. C. prende la decisione seguente:
“Nominare una commissione d’inchiesta di partito composta dei membri
del C. C. Dzerzinsky e Stalin, per procedere a un’indagine approfondita
sulle cause della resa di Perm e delle ultime sconfitte sul fronte degli Urali,
come pure per spiegare tutte le circostanze che hanno accompagnato gli avvenimenti
suddetti. Il C. C. incarica la commissione di prendere tutte le misure necessarie
per il rapido ristabilimento del lavoro sia di partito che dei Soviet in tutto
il territorio della III e della II Armata”. (Telegramma di Sverdrlov.
N°00079).
Questa decisione pare limiti le funzioni dei compagni Stalin e Dzerzinsky a
“un’inchiesta sulle cause della resa di Perm e delle ultime sconfitte
sul fronte degli Urali”. Ma il compagno Stalin porta il centro di gravità
del suo lavoro di “inchiesta di partito”, sulle misure pratiche
da prendere per raddrizzare la situazione, rinforzare il fronte, ecc.. Già
nel primo telegramma a Lenin del 5 gennaio 1919, sui risultati del lavoro della
commissione, Stalin non fa parola delle “cause della catastrofe”
e pone, invece il problema di ciò che occorre fare per salvare l'Armata.
Ecco il telegramma:
“Al compagno Lenin, presidente del Consiglio della difesa.
“Abbiamo incominciato l’inchiesta. Vi terremo al corrente del suo
andamento. Per ora riteniamo necessario segnalarvi un bisogno urgente, non dilazionabile,
della III Armata. Si tratta di questo: della III Armata (più di 30 mila
uomini) rimangono appena circa 11 mila soldati stanchi, estenuati, che male
sono in grado di resistere alla pressione del nemico. Le unità mandate
dal comando superiore non sono sicure, in parte ci sono persino ostili e necessitano
di un'accurata selezione. Per salvare i resti della III Armata e allontanare
il pericolo di una rapida avanzata del nemico sino a Viatka (secondo tutti i
dati avuti dai comandanti del fronte della III Armata, questo pericolo è
reale), occorre <<assolutamente>> mandare <<d’urgenza>>
dalla Russia, a disposizione del comandante dell’armata, almeno 3 reggimenti
<<completamente>> sicuri. Preghiamo insistentemente di far pressione
in questo senso sui rispettivi organismi militari. Ripetiamo: se non si prende
questa misura, Viatka è minacciata di subire la sorte di Perm; è
l’opinione generale dei compagni che partecipano al lavoro, opinione alla
quale, basandoci sui dati che possediamo, noi ci associamo. Stalin, Dzerzinsky.
Viatka, 5 gennaio 1919”.
E solo il 13 gennaio 1919, il compagno Stalin invia, insieme col compagno Dzerzinsky,
il suo breve rapporto preliminare sulle “cause della catastrofe”,
le quali si riducono principalmente ai punti seguenti: stanchezza ed esaurimento
dell'armata al momento dell’offensiva nemica; mancanza da parte nostra,
in quel momento, di riserve; distacco dello stato maggiore dall'armata; disordine
nel comando d'armata; metodo inammissibile e criminale, da parte del Consiglio
Militare Rivoluzionario della Repubblica, di dirigere il fronte, paralizzando
con direttive contraddittorie e che gli toglievano ogni possibilità di
dare rapidamente aiuto alla III Armata; poca sicurezza, dovuta ai vecchi metodi
di formazione delle unità, dei rinforzi mandati dalle retrovie; debolezza
estrema delle retrovie, risultato della completa impotenza e incapacità
delle organizzazioni sovietiche e di partito.
Intanto il compagno Stalin indica ed applica, con la rapidità e la fermezza
che gli sono proprie, tutta una serie di misure pratiche per elevare la combattività
della III Armata.
“Fino al 15 gennaio – leggiamo in un suo rapporto al Consiglio della
difesa – sono stati mandati al fronte 1200 soldati sicuri tra fanteria
e cavalleria; il giorno dopo uno squadrone di cavalleria. Il 20 è stato
mandato il 62° reggimento della III brigata (scrupolosamente filtrato prima
della partenza). Queste unità hanno dato la possibilità di contenere
l'offensiva del nemico, hanno radicalmente trasformato il morale della III Annata,
hanno incominciato l’offensiva su Perm che prosegue con successo. Nelle
retrovie dell’armata si procede a una severa epurazione degli organismi
di partito e sovietici. A Viatka e nei capoluoghi di circondario sono stati
organizzati dei comitati rivoluzionari. Tutta l'attività dell'amministrazione
sovietica e delle organizzazioni di partito sta riorganizzandosi su nuove basi.
Il controllo militare è stato epurato e riorganizzato. Epurata e arricchita
di nuovi quadri comunisti la Ceka provinciale. Incominciamo a scongestionare
il nodo ferroviario di Viatka…”, ecc...
In seguito a tutte queste misure, non solo si riuscì a fermare l’avanzata
del nemico, ma nel gennaio 1919 il fronte orientale passava all’offensiva
e alla nostra ala destra veniva occupata Uralsk.
Ecco in qual modo il compagno Stalin comprese e portò a termine il suo
compito di “fare un'inchiesta sulle cause della catastrofe”. Egli
fece l'indagine, mise in chiaro queste cause e, sul posto, con tutte le sue
forze, le eliminò e operò la svolta necessaria.
Pietrogrado
Nella primavera del 1919, l’armata delle guardie bianche
del generale Judenic, per adempiere l'incarico ricevuto da Kolciak di “impadronirsi
di Pietrogrado” e attrarre su di sé le truppe rivoluzionarie del
fronte orientale coll'aiuto delle truppe bianche estoni e finlandesi e della
flotta inglese, passava repentinamente all'offensiva minacciando seriamente
Pietrogrado. La situazione era resa ancora più grave per il fatto che
in Pietrogrado stessa erano stati scoperti dei complotti controrivoluzionari
a capo dei quali si trovavano degli specialisti militari addetti allo stato
maggiore del fronte occidentale, alla VII Armata e alla base navale dl Kronstadt.
Parallelamente all'avanzata di Judenic su Pietrogrado, Bulak-Balakhovic aveva
riportato una serie di successi in direzione di Pskov. Sul fronte incominciarono
i tradimenti. Alcuni dei nostri reggimenti passarono al nemico; tutta la guarnigione
dei forti della “Montagna rossa” e del “Cavallo grigio”
prese apertamente posizione contro il potere sovietico. Lo smarrimento si impadroniva
di tutta la VII Armata: il fronte vacillava; il nemico si avvicinava a Pietrogrado.
Bisognava al più presto salvare la situazione.
Il Comitato Centrale ancora una volta sceglie il compagno Stalin. In tre settimane
Stalin riesce a operare la svolta. Ben presto vien posta fine all'apatia e alla
confusione che regnavano nelle unità: gli stati maggiori si mettono al
lavoro; si procede a mobilitazioni successive degli operai e dei comunisti di
Pietrogrado; si annientano implacabilmente i nemici e i traditori. Il compagno
Stalin si interessa del lavoro operativo del comando militare. Ecco che cosa
telegrafa a Lenin:
“Dopo la <Montagna Rossa> è stato liquidato il <Cavallo
grigio>; i cannoni che vi si trovavano sono completamente in ordine; si procede
rapidamente... (illeggibile)… di tutte le fortezze e di tutti i forti.
Gli specialisti della flotta assicurano che la presa della <Montagna rossa>
dalla parte del mare capovolge tutti i principi della scienza navale. Non mi
resta che piangere sulla cosiddetta scienza. La rapida occupazione della <Montagna>
si spiega col fatto che io e i civili in generale, siamo intervenuti nel modo
più brutale nelle operazioni giungendo sino ad annullare gli ordini per
le operazioni di terra e di mare e ad imporre i nostri propri ordini. Mi sento
in dovere di dichiarare che anche in avvenire agirò in questo modo, nonostante
tutta la venerazione che nutro per la scienza. Stalin”.
Dopo sei giorni il compagno Stalin riferisce a Lenin:
“Nelle nostre unità è cominciata una svolta. Da una settimana
non abbiamo più avuto un solo caso di passaggio individuale e collettivo
al nemico. I casi di passaggio dal campo nemico al nostro si fanno più
frequenti. In una settimana sono venuti a noi 400 uomini, in maggior parte armati.
Ieri, di giorno, è incominciata la nostra offensiva. Malgrado che i rinforzi
promessi non siano ancora giunti, non si poteva rimanere oltre sulla linea a
cui ci eravamo fermati, perché troppo vicina a Pietrogrado. Per ora l'offensiva
si sviluppa con successo; i bianchi fuggono; oggi abbiamo occupato la linea
Kernovo-Voronino-Slepino-Kaskovo. Abbiamo fatto dei prigionieri, preso due o
più cannoni, delle armi automatiche, delle munizioni. Non si segnalano
navi nemiche; a quanto pare, esse temono la <Montagna rossa>, che ora
è interamente in nostro potere. Mandate d'urgenza a mia disposizione
due milioni di cartucce per la VI divisione...”.
Questi due telegrammi danno un'idea completa dell'immenso lavoro creativo svolto
dal compagno Stalin per liquidare la situazione disperata che si era creata
attorno a Pietrogrado rossa.
Il fronte meridionale
L’autunno del 1919 è vivo nella memoria di tutti.
Si avvicinava il momento decisivo, culminante di tutta la guerra civile. Le
orde delle guardie bianche di Denikln, rifornite dagli “Alleati”,
sostenute dai loro stati maggiori, avanzavano su Orel. Tutto l’immenso
fronte del sud rinculava lentamente. All'interno la situazione non era meno
grave. Le difficoltà degli approvvigionamenti erano estremamente aggravate.
L’industria si arrestava per insufficienza di combustibile. All’interno
del paese, persino a Mosca, gli elementi controrivoluzionari si agitavano. Tula
era in pericolo e la minaccia pendeva su Mosca.
Bisognava salvare la situazione. E il C. C. invia sul fronte meridionale il
compagno Stalin in qualità di membro del Consiglio Militare Rivoluzionario.
Non occorre più nascondere, ora, che prima della sua nomina il compagno
Stalin aveva posto al C. C. tre condizioni principali: 1) Trotskji non doveva
immischiarsi negli affari del fronte meridionale e non doveva varcare la linea
che lo delimitava; 2) doveva essere immediatamente richiamata dal fronte meridionale
tutta una serie di collaboratori che il compagno Stalin riteneva inetti a ristabilire
l’ordine tra le truppe; 3) dovevano essere immediatamente trasferiti sul
fronte meridionale dei nuovi militanti, scelti dal compagno Stalin e capaci
di adempiere questo compito. Queste condizioni furono tutte accettate.
Ma per dirigere quell’immensa macchina (dal Volga alla frontiera polacco-ucraina)
chiamata fronte meridionale, che comprendeva parecchie centinaia di migliaia
di uomini, occorreva avere un piano di operazioni preciso, era necessario venisse
chiaramente fissato l'obbiettivo del fronte. Si sarebbe così potuto porre
questo obbiettivo alle truppe e raggruppando e concentrando le forze migliori
nelle direzioni più importanti, colpire il nemico.
Il compagno Stalin trova al fronte una situazione molto incerta e grave. Nella
direzione principale Kursk-Orel-Tula riceviamo durissimi colpi; l'ala orientale,
impotente, segna il passo. Per quanto riguarda il piano di operazioni, gli viene
proposto il vecchio piano (di settembre) che consisteva nel portare il colpo
principale all'ala sinistra da Tsaritsyn a Novorossisk, attraverso le steppe
del Don.
“Il piano fondamentale dell'offensiva del fronte meridionale rimane immutato:
il colpo principale, cioè, deve essere dato dal gruppo speciale di Sciorin,
al quale incombe il compito di sterminare il nemico sul Don e nel Kuban”
(dalle direttive del Comando supremo, settembre 1919).
Dopo essersi reso conto della situazione, il compagno Stalin si decide immediatamente.
Respinge categoricamente il vecchio piano, avanza nuove proposte e le sottopone
a Lenin nella lettera seguente, la quale parla da sé. Essa è così
interessante, mette così brillantemente in rilievo il talento strategico
del compagno Stalin, è così caratteristica per il modo deciso
di impostare le questioni, che crediamo utile riprodurla per intero:
“Circa due mesi fa il Comando supremo non si opponeva, in principio, a
che l'attacco principale fosse sferrato da occidente verso oriente attraverso
il bacino del Don. Se egli tuttavia non sferrò questo attacco fu perché
si basava sulla <<eredità>> ricevuta in conseguenza della
ritirata delle truppe del sud in estate, cioè sulla dislocazione alla
quale spontaneamente sono pervenute le truppe del fronte sud-est, perché
una modificazione di essa avrebbe portato una grave perdita di tempo a vantaggio
di Denikin... Ma ora la situazione e di conseguenza, la disposizione delle forze,
sono sostanzialmente cambiate; la VIII Armata, (armata principale sull’ex
fronte meridionale) si è spostata nell'ambito del fronte meridionale
e si trova direttamente di fronte al bacino del Donetz; anche il corpo di cavalleria
di Budionny (altra forza principale) si è spostato nell’ambito
del fronte meridionale; una nuova forza si è aggiunta, - la divisione
lettone, - che fra un mese, dopo essersi rinnovata, rappresenterà di
nuovo una forza della quale Denikin dovrà tener conto... Che cosa obbliga
dunque il comandante supremo (il quartiere generale) a difendere il vecchio
piano? Evidentemente la sola testardaggine o, se volete, lo spirito di fazione
più ottuso e più pericoloso per la repubblica alimentato al Comando
supremo dal fanfarone <<stratega>> che vi è addetto... Qualche
giorno fa il Comando supremo dette a Sciorin l'ordine di attaccare in direzione
di Novorossisk attraverso le steppe del Don, seguendo una linea lungo la quale
può darsi sia comodo ai nostri aviatori di volare, ma dove la nostra
fanteria e artiglieria non potranno assolutamente avanzare. E’ inutile
dire che questa stravagante spedizione (che ci si propone) attraverso un paese
che ci è ostile, assolutamente sprovvisto di strade, fa pesare su di
noi la minaccia di una disfatta. Non è difficile comprendere che questa
marcia attraverso le <<stanitse>> cosacche, come l'esperienza recente
ha dimostrato, può soltanto avere come risultato una più stretta
unione dei cosacchi intorno a Denikin contro di noi per la difesa delle loro
<<stanitse>>, può soltanto fare di Denikin il salvatore del
Don, può soltanto, cioè, rafforzare Denikin. Appunto per questo
è necessario immediatamente, senza perder tempo, cambiare il vecchio
piano già distrutto dalla pratica, sostituendolo col piano di un attacco
principale su Rostov attraverso Kharkov e il bacino del Donetz. In primo luogo
avremo qui un ambiente che non ci è ostile, ma che al contrario, simpatizza
con noi, il che faciliterà la nostra avanzata; in secondo luogo, conquistiamo
l’importantissima rete ferroviaria (del Donetz) e l’arteria principale
che alimenta l’esercito di Denikin, la linea Voronez-Rostov... In terzo
luogo, questa avanzata taglia l’esercito di Denikin in due parti, di cui
una, quella costituita dall'armata dei <<volontari>>, la lasciamo
in pasto a Makhno, mentre sull'armata cosacca facciamo pesare la minaccia di
una sorpresa alle spalle. In quarto luogo, avremo la possibilità di gettar
la discordia fra i cosacchi e Denikin, che, nel caso di una nostra avanzata
vittoriosa, cercherà di spostare verso ovest le unità cosacche
al che la maggioranza dei cosacchi non acconsentirà... In quinto luogo,
noi otteniamo del carbone, mentre Denikin ne rimarrà privo. Questo piano
deve essere accettato senza perdere tempo… Ricapitolando: il vecchio piano
già distrutto dalla vita stessa, non deve in nessun caso essere galvanizzato;
sarebbe pericoloso per la repubblica e, senza dubbio, migliorerebbe la situazione
di Denikin. Bisogna sostituirlo con un altro piano. Le circostanze e le condizioni
non sono semplicemente mature, ma ci dettano imperiosamente questo cambiamento...
Altrimenti, il mio lavoro sul fronte meridionale non ha ragione di essere, diventa
criminale, inutile, il che mi dà il diritto o, meglio, mi obbliga ad
andarmene in qualsiasi altro posto, anche al diavolo, pur di non rimanere sul
fronte sud. Vostro Stalin”.
Ogni commento a questo documento è superfluo. Quel che più salta
agli occhi è il metro col quale Stalin misura la linea più breve
delle operazioni. Nella guerra civile la semplice aritmetica è talvolta
insufficiente e spesso sbagliata. La via da Tsaritsyn a Novorossisk può
risultare molto più lunga per il fatto che passa per regioni le cui popolazioni
ci sono ostili, per la loro natura di classe. E al contrario, il cammino da
Tula a Novorossisk può dimostrarsi molto più corto per il fatto
che passa per Kharkov, città operaia, per il bacino del Donetz, centro
di minatori. In questa valutazione della direzione da prendere si manifestano
le principali qualità del compagno Stalin come rivoluzionario proletario,
come vero stratega della guerra civile.
Il piano di Stalin fu approvato dal Comitato Centrale. Lenin stesso, di sua
mano, scrisse allo stato maggiore dell’esercito l'ordine di cambiare direttive
che avevano perduto ogni valore. Il colpo principale sul fronte meridionale
fu portato nella direzione Kharkov-Bacino del Donetz-Rostov. Il risultato è
noto: fu una svolta nello sviluppo della guerra civile. Le orde di Denikin furono
gettate nel Mar Nero. L'Ucraina e il Caucaso settentrionale furono liberati
dalle guardie bianche. Il merito immenso di tutto questo spetta al compagno
Stalin.
La I armata di cavalleria
E’ bene soffermarsi ancora su un momento storico tra i più importanti
del fronte meridionale e legato al nome del compagno Stalin. Voglio parlare
della formazione dell'Armata di cavalleria. Fu il primo esempio di un raggruppamento
di divisioni di cavalleria in una formazione così notevole, in una armata.
Stalin aveva osservato la potenza delle masse di cavalleria nella guerra civile.
Egli comprese concretamente la loro enorme importanza per annientare il nemico.
Ma il passato non offriva alcuna esperienza in un campo così nuovo come
quello dell'azione di armate di cavalleria. I trattati di tattica non ne parlavano
e perciò questa misura suscitò o perplessità o resistenza
diretta. Ma Stalin non indietreggiò per questo: una volta convinto dell'utilità
e della giustezza dei suoi piani, sempre procedeva, nonostante ogni difficoltà,
alla loro realizzazione. L’11 novembre il Consiglio Militare Rivoluzionario
riceveva dal fronte meridionale il seguente rapporto:
“Al Consiglio Militare Rivoluzionario della Repubblica.
“ Il Consiglio Militare Rivoluzionario del fronte meridionale, nella sua
seduta dell’11 novembre, tenendo conto delle condizioni della situazione
attuale, ha deciso di formare un'armata di cavalleria composta del I e II corpo
di cavalleria e di una brigata di linea (si aggiungerà in seguito ancora
una seconda brigata).
“Composizione del Consiglio Militare Rivoluzionario dell'armata di cavalleria:
comp. Budionny, comandante dell'armata; membri i comp. Voroscilov e Stciadenko.
“Allegato: Decisione del Consiglio Militare Rivoluzionario del fronte
meridionale dell'11 ottobre 1919, n. 505-a.
“Vi preghiamo di ratificare la decisione indicata”.
L'armata di cavalleria fu creata, malgrado e persino contro la volontà
del centro. L'iniziativa della sua creazione appartiene al compagno Stalin,
il quale vedeva con chiarezza tutta la necessità di una simile formazione.
Le conseguenze storiche di questa decisione sono ben note a tutti.
Un’altra particolarità caratteristica del compagno Stalin si rivelò
nel modo più netto sul fronte meridionale; quella consistente nell'azione
a mezzo di gruppi d'assalto, dopo aver fissato le direzioni principali ove concentrare
le migliori unità e battere il nemico. Sotto questo rapporto, così
come nella scelta della direzione, egli dimostrò una grande capacità.
Il fronte Wrangel
Dopo la disfatta di Denikin, l’autorità del compagno
Stalin come organizzatore e capo militare di prim'ordine diviene incontestabile.
Quando nel gennaio 1920, in seguito ai gravi errori commessi dal comando del
fronte, la nostra offensiva si arresta davanti a Rostov, quando di nuovo pesa
su di noi la minaccia che le guardie bianche, che hanno ripreso forza, possano
annientare i frutti delle nostre vittorie, il Comitato Centrale invia a Stalin
il telegramma seguente:
“Data la necessità di stabilire sul fronte del Caucaso una effettiva
unità di comando, di sostenere l’autorità del comandante
del fronte e dei comandanti di armata, di utilizzare in larga misura le forze
e i mezzi locali, l'Ufficio Politico del C.C. ritiene assolutamente necessario
che voi entriate immediatamente a far parte del Consiglio Militare Rivoluzionario
del fronte del Caucaso... Comunicateci la data della vostra partenza per Rostov”.
Il compagno Stalin acconsente, pur ritenendo che per lo stato della sua salute
non lo si dovrebbe far partire. Inoltre teme che questi continui mutamenti non
saranno ben compresi dalle organizzazioni di partito locali, che tenderanno
ad “accusarmi di passare con leggerezza da un settore del comando a un
altro, dato che non vengono informate delle decisioni del C. C.” (telegramma
del compagno Stalin del 7 febbraio 1920). Il C. C. dà ragione al compagno
Stalin e Lenin il 10 febbraio gli telegrafa: “Non perdo la speranza che...
tutto s'accomodi senza il vostro trasferimento”.
Quando Wrangel, approfittando della campagna delle truppe bianche polacche,
fece una sortita dalla Crimea creando un nuovo, grave pericolo per il Bacino
del Donetz liberato e per tutto il Mezzogiorno, il Comitato Centrale prende
la seguente decisione (3 agosto 1920):
“In considerazione dei successi riportati da Wrangel e della situazione
allarmante nel Kuban, è necessario riconoscere che il fronte di Wrangel
ha un'importanza enorme, e lo si deve considerare come un fronte indipendente
dagli altri. Il compagno Stalin è incaricato di formare un Consiglio
Rivoluzionario, di concentrare tutta la sua attività sul fronte di Wrangel;
Jegorov o Frunze, previo accordo del comandante in capo con Stalin, saranno
incaricati del comando del fronte”.
Lo stesso giorno Lenin scrive a Stalin:
“L'Ufficio Politico ha testé proceduto alla delimitazione dei diversi
fronti, affinché voi vi occupiate esclusivamente dl Wrangel…”.
Il compagno Stalin organizza il nuovo fronte e solo la malattia lo strappa a
questo lavoro.
Il fronte polacco
Durante la campagna contro i polacchi, il compagno Stalin è
membro del Consiglio Militare Rivoluzionario del fronte sud-ovest. La disfatta
delle armate polacche, la liberazione di Kiev e dell'Ucraina della riva destra
del Dnieper, la profonda avanzata in Galizia, l’organizzazione della famosa
incursione della prima Armata di cavalleria, - tutto questo è in misura
considerevole, il risultato della sua direzione abile ed esperta.
Lo sfacelo di tutto il fronte polacco in Ucraina e la distruzione quasi completa
della III Armata polacca sotto Kiev, gli attacchi fulminei su Berdicev e Gitomir,
l'avanzata della I Armata di cavalleria in direzione di Rovno, crearono una
situazione che permise anche al nostro fronte occidentale di passare all'offensiva
generale. Le successive operazioni del fronte sud-ovest portano le truppe rosse
sino alle porte di Leopoli, e soltanto lo scacco delle nostre truppe presso
Varsavia impedisce l’attacco su Leopoli, nel momento in cui l’armata
di cavalleria, che si trovava a soli 10 chilometri di distanza stava preparandolo.
Ma questo periodo è così ricco di avvenimenti che per illustrarlo
occorrerebbe una documentazione così larga e un'analisi così scrupolosa
che questo compito sorpassa il limite che si è posto il nostro articolo.
Questa breve descrizione dell’attività militare del compagno Stalin
è lontana dal dare la caratteristica anche solo delle principali sue
qualità di capo militare e di rivoluzionario proletario.
Quel che più salta agli occhi è la capacità del compagno
Stalin di afferrare rapidamente la situazione concreta e di agire in conseguenza.
Nemico acerrimo della negligenza, dell’indisciplina, Stalin, quando gli
interessi della rivoluzione lo esigevano, non esitò mai a prendere su
di sé la responsabilità di misure estreme e di cambiamenti radicali;
se la situazione rivoluzionaria lo richiedeva, egli era pronto a infrangere
tutti i regolamenti, tutte le gerarchie.
Il compagno Stalin fu sempre partigiano della disciplina militare e della centralizzazione
più stretta, ma a condizione di un’attenta e ferma direzione da
parte dei supremi organi militari. Nel rapporto sopra citato al Consiglio della
difesa del 31 gennaio 1919, il compagno Stalin scrive, insieme con Dzerzinsky:
“Un’armata non può agire come un’unità a sé
stante, completamente autonoma; nelle sue azioni essa dipende interamente dalle
armate vicine e soprattutto dalle direttive del Consiglio militare rivoluzionario
della Repubblica; l’armata più combattiva può essere sbaragliata,
pur rimanendo uguali le altre condizioni, se le direttive date dal centro sono
sbagliate e se è priva di un contatto effettivo con le armate contigue.
E’ necessario stabilire sui fronti, soprattutto sul fronte orientale,
un regime di severa centralizzazione delle operazioni delle diverse armate,
per realizzare una direttiva strategica determinata, elaborata seriamente. L'arbitrio
o la leggerezza nel fissare le direttive senza un serio esame di tutti i dati,
e il rapido cambiamento di direttive che ne consegue, nonché l’incertezza
delle direttive stesse, - come il Consiglio militare rivoluzionario della Repubblica
lascia che avvenga, - escludono ogni possibilità di una direzione delle
armate, portano a uno spreco di forze e di tempo, disorganizzano il fronte”.
Il compagno Stalin ha sempre insistito sulla necessità della responsabilità
personale per ogni incarico ricevuto ed ha sempre avuto una vera insofferenza
fisica per lo “scaricabarile” tra i vari organismi competenti.
Stalin dedicava una enorme attenzione all'organizzazione del vettovagliamento
delle truppe. Egli sapeva e comprendeva che cosa significano per il combattente
un buon vitto e dei vestiti caldi. E a Tsaritsyn, a Perm e sul fronte meridionale
non si arrestò di fronte a nessun ostacolo pur di rifornire le truppe
e renderle così più forti e più resistenti. Nel compagno
Stalin riscontriamo i tratti più tipici dell'organizzatore del fronte
di classe proletario. Consacrava un’attenzione speciale alla composizione
di classe dell’esercito, perché nelle sue file non ci fossero effettivamente
che operai e contadini, “elementi che non sfruttano il lavoro altrui”.
Egli attribuiva un'enorme importanza allo sviluppo del lavoro politico nell'esercito
e fu più volte l’iniziatore della mobilitazione dei comunisti,
ritenendo necessario che una forte percentuale di essi fosse mandata al fronte
come semplici soldati. Il compagno Stalin era molto esigente nella scelta dei
commissari militari. Egli criticò aspramente l’Ufficio panrusso
dei commissari militari per aver inviato dei “ragazzi”. Egli diceva:
“I Commissari militari devono essere l'anima del lavoro militare, devono
saper trascinare al loro seguito gli specialisti”. (Telegramma da Tsaritsyn,
1918).
Il compagno Stalin attribuiva un’enorme importanza all’ambiente
politico delle retrovie dell'esercito. Nel suo rapporto sulla III Armata egli
scrive:
“Punto debole della nostra armata è la mancanza di solidità
delle retrovie, mancanza di solidità che va spiegata principalmente colla
negligenza nel lavoro di partito, coll'incapacità dei Soviet di realizzare
le direttive del centro e colla situazione eccezionale, d’isolamento quasi
completo, delle commissioni straordinarie locali”
Il compagno Stalin era particolarmente severo nella scelta delle persone. Senza
riguardo per il posto che occupavano, e senza veramente “guardar nessuno
in faccia”, destituiva nel modo più brusco gli specialisti, i commissari,
i funzionari di partito e dello Stato incapaci. Ma, nello stesso tempo sosteneva
e difendeva sempre, come nessun altro, coloro i quali, secondo la sua opinione,
giustificavano la fiducia che la rivoluzione aveva riposto in loro. Così
il compagno Stalin agiva verso i comandanti rossi sicuri, di cui conosceva i
meriti. Quando uno dei veri eroi proletari della guerra civile, il compagno
Porkhomenko, che fu più tardi comandante della XIV divisione di cavalleria
e cadde nella lotta contro le bande di Mahkno, fu, al principio del 1920, condannato
per un malinteso, alla pena capitale, il compagno Stalin, saputa la cosa, richiese
immediatamente e categoricamente la sua liberazione. Si potrebbe citare una
grande quantità di fatti simili a questo. Il compagno Stalin sapeva apprezzare
profondamente, meglio di chiunque altro, i militanti che avevano dedicato la
loro vita alla rivoluzione proletaria, e questo lo sapevano i comandanti, come
lo sapevano tutti coloro che ebbero occasione di lottare sotto la sua direzione,
per la nostra causa.
Tale fu il compagno Stalin nella guerra civile. E tale egli rimane negli anni
che seguirono, anni di lotta per il socialismo.
La guerra civile richiese dal compagno Stalin una enorme tensione di forze,
di energia, di volontà e di intelligenza. Egli vi si dedicò intieramente
e senza restrizioni. Ma nello stesso tempo ne trasse una grandissima esperienza
per il lavoro che egli doveva svolgere in seguito.
Durante la guerra civile, nelle condizioni più diverse e più complicate,
il compagno Stalin, grazie alle sue grandi qualità di stratega rivoluzionario,
determinò sempre esattamente la direzione fondamentale dell'attacco principale,
e, applicando magistralmente i metodi tattici appropriati alla situazione, riuscì
a raggiungere i risultati voluti. Questa qualità di stratega e di tattico
proletario gli è rimasta anche dopo la guerra civile. Questa sua qualità
è nota a tutto il Partito. Meglio di chiunque altro ne potrebbero dir
qualche cosa i Trotskji e consorti, che hanno imparato a loro spese che cosa
costa il tentativo di sostituire la loro ideologia piccolo-borghese alla grande
dottrina di Marx e di Lenin. Lo sanno anche gli opportunisti di destra che,
or non molto, sono stati pienamente disfatti.
Anche nella situazione di pace, il compagno Stalin, insieme col C. C. leninista
conduce senza posa, e con non minor successo che nella guerra civile, una lotta
implacabile contro tutti i nemici, consci ed inconsci, del partito e dell'edificazione
del socialismo nel nostro paese.
Benché il compagno Stalin da molto tempo non appartenga più formalmente,
all’esercito, pure non ha mai cessato di interessarsi profondamente dei
problemi della difesa dello Stato proletario. E anche ora, come negli anni passati,
egli conosce l’Armata Rossa della quale è l’amico più
vicino e più caro.