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Classe e nazione


Questo articolo è stato pubblicato sul n. 3 del 1949 della rivista teorica mensile dell'Istituto di Filosofia dell'Accademia delle Scienze dell'Urss "Voprosy filosofii". I titolini sono nostri.


Nei suoi ricordi su Lenin N. Krupskaja racconta che quando, nel 1902, Lenin arrivò a Londra, egli con grande interesse studiò la vita della capitale inglese, che era allora la principale fortezza del capitalismo. Egli "amava viaggiare per delle ore intere sull'imperiale degli omnibus e in tutti i sensi della città. L'intenso traffico di quella enorme città commerciale esercitava una grande attrazione su di lui. Si vedevano silenziose squares, con le loro ville lussuose, con le grandi finestre a specchi, circondate di verde e dove correvano carrozze sfavillanti, ma anche i vicoli sporchi dove abitavano gli operai londinesi, dove era esposta all'aria aperta la biancheria e sulle scale giocavano dei bambini pallidi. In questi posti noi ci recammo a piedi e Il'ic, contemplando il contrasto stridente tra la ricchezza e la miseria scrollava spesso la testa e diceva: "Two nations!"".
Sì, "Due nazioni!" - questa osservazione non potrebbe rendere più precisamente quella che è una delle particolarità più caratteristiche della società capitalistica, dove il popolo e la nazione - sia pure uniti e legati da tutti i fili dell'economia -, sono divisi da inconciliabili contraddizioni di classe. "Proprietari e operai salariati, un insignificante numero (`poco più di diecimila') di ricconi e decine di milioni di non abbienti e lavoratori, - queste, invero, sono `due nazioni"' scrisse Lenin.

Imperialismo e movimenti nazionali
Marx e Engels accertarono scientificamente e specificarono che la storia di tutte le società finora esistite (dopo la dissoluzione del sistema comunitario primitivo) è sempre stata storia di lotte di classe, vedendo in questo la principale forza motrice del processo storico. Inoltre, la divisione della società (e quindi di ogni nazione) in classi antagonistiche essi la consideravano come la più profonda e radicale divisione socialmente esistente, e quindi ancor più di quella in nazioni.
è noto che nell'epoca dell'imperialismo e delle rivoluzioni proletarie, l'epoca della vittoria del socialismo nell'Urss, la questione nazionale ha rivestito un rilievo incomparabilmente maggiore che all'epoca di Marx e di Engels, quando in Occidente i movimenti nazionali appartenevano ormai al passato, mentre in Oriente essi ancora non si erano dispiegati. Non meraviglia quindi che essi, Marx e Engels, volgendo l'attenzione principale alla teoria delle classi e della lotta di classe, poterono dare soltanto le idee principali e direttive sulla questione nazionale. Nell'epoca dell'imperialismo, invece, quando il movimento di liberazione nazionale assunse su scala mondiale proporzioni di grande rilievo, si rese necessario ordinare queste idee di Marx e di Engels in un organico sistema di concezioni sulle rivoluzioni nazionali e coloniali e legare tale questione a quella del rovesciamento dell'imperialismo, considerandola come parte integrante del problema generale della rivoluzione proletaria internazionale. Ed è ciò che è stato fatto da Lenin e da Stalin.
I fondatori del marxismo-leninismo rilevarono più volte la comunanza degli interessi di classe dei proletari delle diverse nazioni e la contrapposizione dei loro interessi a quelli della borghesia "nazionale" o extranazionale. L'emancipazione definitiva dell'umanità lavoratrice dall'oppressione di classe può esser conseguita soltanto con gli sforzi congiunti dei proletari dei differenti paesi. Di qui il grido di battaglia dei partiti comunisti: "Proletari di tutti i paesi, unitevi!". Di qui l'internazionalismo proletario quale uno dei più significativi tratti della concezione comunista del mondo.
Tuttavia, pur ripudiando nel modo più deciso e risoluto il nazionalismo borghese, il marxismo-leninismo non nega affatto il valore dei movimenti nazionali progressisti, non disdegna affatto gli interessi nazionali, come pure non predica il nichilismo nazionale. Rilevando la presenza di "due nazioni" nel corpo di ogni nazione borhese, noi non vogliamo negare affatto la realtà della nazione in quanto comunità di persone che si è storicamente formata. E questo perché porsi su di un'altra via significherebbe scivolare verso un cosmopolitismo senza patria oggi predicato da molti politici, sociologi e lacché borghesi al servizio dell'imperialismo americano. (1)
Lenin e Stalin hanno più volte dimostrato l'indissolubile legame che esiste tra gli interessi della lotta di classe del proletariato e quelli della liberazione dei popoli oppressi dal giogo del dominio imperialistico. Essendo il più conseguente e irriducibile avversario dell'oppressione di classe, il proletariato non può restare indifferente verso la lotta dei popoli per la propria emancipazione dal giogo nazionale. Esso non può liberarsi senza aver distrutto ogni giogo, e quindi anche quello nazionale.
Da tutto questo deriva, in primo luogo, il riconoscimento della necessità di un sostegno deciso e attivo, da parte del proletariato, al movimento di liberazione nazionale dei popoli oppressi e dipendenti che scuota il sistema dell'imperialismo. Sostenendolo, il proletariato non fa che utilizzare, con ciò stesso, le possibilità rivoluzionarie racchiuse nelle sue viscere, e questo nell'interesse di un abbattimento del nemico comune, - l'imperialismo.
In secondo luogo, da questo poi deriva il riconoscimento della necessità di subordinare la soluzione della questione nazionale alla soluzione del problema più generale della emancipazione del proletariato dall'oppressione di classe.
Nei suoi scritti Stalin applica conseguentemente la teoria marxista-leninista delle classi alla elaborazione della teoria della questione nazionale. Già nel suo giovanile articolo "Come intende la social-democrazia la questione nazionale?" (1904) egli osservò che "la `questione nazionale' in tempi diversi serve interessi diversi, e assume sfumature diverse in ragione di quale classe e quando la propone". Questo principio presenta un grande interesse innanzitutto dal lato metodologico. Esso infatti dimostra in che modo si deve far emergere il contenuto di classe della questione nazionale e dei movimenti nazionali nelle diverse condizioni storiche. è noto che Lenin insegnò ai marxisti russi a non limitarsi alla constatazione della necessità di determinati processi storici, ma di chiarire "quale è propriamente la formazione socio-economica che dà il contenuto a questo processo, e quale classe propriamente determina questa necessità". Questa esigenza dell'analisi materialistico-dialettica, che Lenin opponeva all'oggettivismo borghese, da Stalin è stata brillantemente applicata alla elaborazione della questione nazionale.

Proletariato e questione nazionale
Nelle sue più tarde opere, e in particolare nei classici lavori "Il marxismo e la questione nazionale" (1913) e "La questione nazionale e il leninismo" (1929), egli ha poi mostrato quale ruolo svolgono le differenti classi nella formazione e nello sviluppo delle nazioni. La nazione rappresenta una categoria storica che sorge per la prima volta soltanto nell'epoca del capitalismo ascendente. Diversi elementi della nazione - lingua, territorio, comunanza culturale, ecc. - si sono formati poco alla volta ancora nel periodo precapitalistico. Tuttavia, essi allora si trovavano in una condizione embrionale e costituivano non più che una possibilità di formazione della nazione nell'avvenire, e a certe condizioni favorevoli. Questa possibilità poi si trasformò in realtà nel periodo del capitalismo ascendente, con il suo mercato nazionale e i suoi centri economici e culturali. Lo sviluppo del capitalismo portò alla distruzione del frazionamento feudale, a un rafforzamento dei legami economici tra le singole regioni di un paese e alla unificazione dei mercati locali in un unico mercato nazionale. In tal modo venne a formarsi la comunanza della vita economica e, su questa base, si sviluppò anche quella culturale, ecc. E, dato che base di questo processo fu lo sviluppo del modo di produzione capitalistico, come ha indicato Lenin, "la creazione di legami nazionali non fu nient'altro che la creazione di legami borghesi".
Il processo di formazione della base economica delle nazioni borghesi si svolge in notevole misura in modo spontaneo, soggiacendo innanzitutto alla forza spontanea di un mercato che crea la comunanza della vita economica a seguito dello sviluppo della produzione mercantile. Il che, però, non significa affatto che l'intero processo di formazione delle nazioni borghesi sia anch'esso spontaneo. Esprimendo le tendenze economiche del crescente modo di produzione capitalistico, la borghesia e i suoi partiti cercano coscientemente di conseguire l'unificazione e l'allargamento del territorio nazionale, l'abbattimento delle barriere doganali e delle divisioni in ceti, e l'industrializzazione di un libero scambio tra tutte le regioni di uno stesso paese. Al che corrisponde, poi, anche una determinata ideologia, elaborata dai partiti nazionalisti della borghesia, che richiede da parte delle diverse classi l'"unità della nazione".
Il proletariato, invece, viene a formarsi in quanto classe, ed esce sull'arena di una autonoma lotta economica e politica, assai più tardi rispetto alla borghesia. Per cui il suo consolidamento come classe avviene già all'interno delle nazioni borghesi venutesi a formare, del che si servono poi la borghesia e i suoi partiti nazionalisti al fine di imporre al proletariato un'"unica" ideologia nazionale. La predica della pace di classe all'interno della nazione viene da essi utilizzata per dissimulare l'antagonismo di classe con la bandiera nazionale e per impedire così l'unificazione e la coesione dei proletari in quanto classe.
Stalin osserva che le nazioni si distinguono per la loro grande forza di stabilità. Il sentimento dell'unità nazionale rappresenta una potentissima forza particolarmente quando la nazione oppressa deve difendere la propria esistenza nella lotta contro una eventuale politica di assimilazione perseguita dalle classi dominanti della nazione opprimente. Tuttavia, questo sentimento viene anche meno dopo che la nazione si è liberata dal giogo straniero e lo sviluppo del capitalismo la divide sempre più in "due nazioni". Il che significa che, a misura dello sviluppo del capitalismo, vengono anche meno l'unità e la coesione delle nazioni borghesi, e questo sia dall'interno, - grazie all'inasprirsi della lotta di classe, - sia dall'esterno, - a seguito dello sviluppo e della crescita delle relazioni tra nazioni legate alla formazione di un mercato mondiale e di una economia mondiale.
Certamente, "la lotta di classe, per quanto aspra essa sia, non può portare alla disgregazione della società... Fino a quando esisterà il capitalismo, i borghesi e i proletari saranno legati tra loro da tutti i fili dell'economia come parti di un'unica società capitalistica" (Stalin)
Sulle rovine delle vecchie nazioni borghesi sorgono oggi le nuove nazioni socialiste, e le cementa e rafforza la classe operaia con il suo partito internazionalista. La classe operaia vittoriosa liquida i rapporti economici del capitalismo che costituivano la base materiale delle nazioni borghesi e crea una economia socialista che forma la base della comune vita economica delle nazioni socialiste.(2) Dopo aver realizzato l'alleanza con i contadini lavoratori per liquidare i residui del capitalismo e dopo la vittoriosa edificazione del socialismo la classe operaia unisce ora attorno a sé la stragrande maggioranza della popolazione. L'alleanza della classe operaia con i contadini lavoratori all'interno della nazione, sotto la guida della classe operaia, diventa il fondamento di classe delle nuove nazioni socialiste, venendo così a mutare radicalmente, conformemente a ciò, anche il loro volto spirituale: "Alleanza della classe operaia e dei contadini lavoratori all'interno della nazione per liquidare i residui di capitalismo in nome della vittoriosa edificazione del socialismo, distruzione dei residui di oppressione nazionale in nome della parità di diritti e di libero sviluppo di nazioni e delle minoranze nazionali, distruzione dei residui di nazionalismo in nome della creazione di una amicizia tra i popoli e dell'affermazione dell'internazionalismo; fronte unico con tutte le nazioni oppresse e prive di diritti nella lotta contro le politiche di conquista e l'imperialismo", - tale, secondo la definizione di Stalin, il volto spirituale e socio-politico delle nuove nazioni socialiste.
Inoltre, il processo di formazione di queste nazioni non può non distinguersi da quello delle nazioni borghesi, dato che il loro consolidamento si attua non sulla base di un capitalismo ascendente, ma su quella di un socialismo ascendente; e poi, dato che la forza dirigente ed egemone di questo processo è non la borghesia e i suoi partiti nazionalisti, ma la classe operaia con il suo partito internazionalista. Poi, non soltanto il volto spirituale delle nuove nazioni socialiste, ma anche le basi economiche e materiali della loro esistenza si formano sotto l'azione direttiva e dirigente dello Stato socialista e del Partito comunista. Il che risponde alla natura stessa del modo di produzione socialista che, a differenza di quello capitalistico, sorge e si sviluppa non in modo spontaneo, ma a seguito di una cosciente e direttiva azione della dittatura della classe operaia.
Lotta di classe e lotta nazionale
La lotta di classe e la lotta nazionale non sono affatto due linee parallele non dipendenti l'una dall'altra, come invece affermano i sociologi borghesi. Nella loro rappresentazione la storia mondiale presenta due opposizioni attorno alle quali, come attorno a due poli, si muove l'intera storia contemporanea: l'opposizione sociale e quella nazionale. Non è difficile comprendere il senso di un simile raziocinio: essi, con questo, vogliono dimostrare che la lotta nazionale (come anche la lotta tra Stati) è qualcosa che non dipende dalla lotta delle classi, ma che essa può diventare una causa comune di tutte le classi.
Il marxismo-leninismo rigetta ogni tentativo di considerare gli interessi nazionali come separati da quelli di classe. L'esperienza storica dimostra che, quali portatrici del movimento nazionale, intervengono sempre determinate classi e che la lotta nazionale ha sempre un determinato contenuto di classe. E ciò anche se da questo non si deve concludere che i loro interessi siano identici. Ogni classe partecipa a questa lotta a modo suo, perseguendo propri scopi che determinano la sua posizione nella società.
Riconosciamo apertamente che per noi la soluzione della questione nazionale è subordinata agli interessi di classe del proletariato. Ma in antitesi agli egoistici interessi di classe della borghesia, quelli del proletariato sono anche gli interessi di tutti i lavoratori, cioè dell'enorme maggioranza della nazione. Come Stalin ha indicato in uno dei proclami da lui scritti nel 1905 "...difendere gli interessi di classe del proletariato significa al tempo stesso difendere gli interessi del progresso dell'intera società e lottare in generale per la giustizia e la parità di diritti, poiché il proletariato, con la sua lotta di emancipazione, è costretto a liberare l'intera umanità; con la vittoria dei suoi interessi di classe esso darà la libertà a tutti i lavoratori e agli oppressi, e distruggerà la tirannia di classe e lo sfruttamento".La Rivoluzione socialista dell'Ottobre non soltanto ha infranto il fronte dell'imperialismo mondiale in uno dei più grandi paesi capitalistici, aprendo con ciò stesso l'epoca delle rivoluzioni proletarie nei paesi dell'imperialismo: essa, oltre a ciò, ha posto inizio alle rivoluzioni nazional-coloniali nei paesi oppressi del mondo, e questo in alleanza col proletariato e sotto la direzione del proletariato.
Ancora nel "Manifesto del Partito comunista" Marx e Engels proclamarono: "Insieme con l'antagonismo delle classi all'interno delle nazioni cadranno anche gli ostili rapporti delle nazioni tra di loro". Dal che ne segue che principale premessa per liquidare l'oppressione nazionale è la liquidazione dell'oppressione di classe.
Nell'Urss invece non si può non vedere che il modo di produzione socialista rappresenta la base comune sia di nuove classi che di nuove nazioni. Al tempo stesso, però, si deve anche rilevare la diversità di impostazione del problema delle classi e delle nazioni all'interno della società socialista sovietica.
Il sistema socialista non genera di nuovo le classi, ma, al contrario, le distrugge. La classe operaia e i contadini vi hanno radicalmente mutato la propria natura sociale e, in questo senso, sono diventate delle nuove classi. Questi mutamenti, tuttavia, non provano affatto la comparsa di nuove differenze di classe, ma che noi stiamo procedendo sulla via del definitivo superamento di ogni differenza di classe. I nuovi aspetti della classe operaia, dei contadini e degli intellettuali sono quelli di lavoratori di un'unica società senza classi, e i cui tratti si sviluppano a misura che vengono sempre meno le differenze che ancora si hanno tra loro.
Un po' diversamente stanno le cose per quanto invece riguarda le nazioni. Il sistema socialista non soltanto trasforma radicalmente le vecchie nazioni borghesi mutandole in nuove nazioni socialiste, ma genera anche nuove nazioni che durante il capitalismo non esistevano. Tante nazionalità che prima della rivoluzione socialista non potevano formarsi in nazioni ed erano condannate dallo zarismo e dal capitalismo a una lenta e graduale estinzione, hanno poi avuto la possibilità di consolidarsi in nazioni solo durante l'epoca sovietica. Poi, le differenze tra le nazioni in genere non possono estinguersi entro i limiti di un solo paese; le condizioni reali per una graduale confluenza di tutte le nazioni in un insieme unico possono essere create soltanto dopo la vittoria del socialismo su scala mondiale, quando cioè sarà stato liquidato l'imperialismo in tutti i paesi e quando le nazioni saranno unite in un comune sistema di economia socialista mondiale. Inoltre, la scomparsa delle nazioni sarà preceduta da un lungo periodo di crescita e di fioritura delle nazioni prima oppresse e delle culture nazionali che hanno avuto il loro libero sviluppo soltanto dopo il rovesciamento dell'imperialismo e la liquidazione dell'oppressione nazionale. "La fioritura delle culture nazionali per la forma e socialiste per il contenuto nelle condizioni della dittatura del proletariato in un solo paese, per la loro confluenza in un'unica e comune cultura socialista (sia per la forma che per il contenuto) e con una sola lingua comune, sarà possibile soltanto quando il proletariato vincerà in tutto il mondo e il socialismo entrerà in essere", - così Stalin caratterizza la dialettica di sviluppo delle nazioni durante la transizione dal capitalismo al comunismo. Dal che deriva che le nazioni, dopo essere sorte assai più tardi delle classi, scompariranno soltanto dopo che saranno state distrutte le classi (e quindi non in un solo paese, ma in tutto il mondo).
Sotto la possente azione dello Stato socialista sovietico si è avuto un serio mutamento nel rapporto di forze a livello internazionale. "Al posto della precedente situazione - ha dichiarato Molotov, - quando esisteva un unico Stato socialista, l'Urss, che si trovava circondato dal mondo capitalistico, si è creata una nuova situazione nella quale l'Unione Sovietica è uscita dalla sua condizione di isolamento internazionale e che non si può non riconoscere come una grandissima acquisizione della direzione staliniana".
Oggi, sia in Occidente che in Oriente, ci circondano popoli che si sono emancipati dal giogo dell'imperialismo e che, sul nostro esempio, risolvono ad ogni passo le radicali questioni dell'edificazione di una nuova e libera vita, tra cui la questione nazionale. La teoria di Lenin e Stalin sulla questione nazionale, che ha conseguito una brillante vittoria ed è provata dalla pratica dell'edificazione socialista nell'Urss, serve loro quale sicura guida per l'azione.