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Lenin ha sviluppato il marxismo nell'epoca dell'imperialismo e delle rivoluzioni proletarie



1870 - 22 Aprile - 2005. 135° Anniversario della nascita del grande maestro del proletariato internazionale

Ci chiamiamo marxisti-leninisti perché vogliamo rendere esplicito quel cordone ombelicale che ci lega a Marx e Lenin, oltreché agli altri tre grandi maestri del proletariato internazionale.
In occasione del 135° Anniversario della nascita di Lenin noi marxisti-leninisti italiani gli rendiamo omaggio ricordandolo attraverso le illuminanti ed efficaci parole di Stalin, che ne fu il più stretto discepolo e il continuatore nell'opera di edificazione del socialismo in Urss e nella guida del partito bolscevico e dell'allora movimento comunista internazionale. Si tratta della risposta data da Stalin alla prima di dodici domande postegli in un colloquio con la prima delegazione operaia americana avvenuto il 9 settembre 1927. In questa prima risposta Stalin dimostra in modo splendido e in estrema sintesi il rapporto del leninismo con il marxismo spiegando che l'uno non può essere separato e tantomeno contrapposto all'altro ma va considerato come la continuazione e lo sviluppo nell'epoca dell'imperialismo e delle rivoluzioni proletarie.
Il titolo che compare in questa pagina è redazionale.

Domande della delegazione e risposte del compagno Stalin
PRIMA DOMANDA. Quali nuovi principi sono stati praticamente aggiunti al marxismo da Lenin e dal partito comunista? Sarebbe giusto dire che Lenin credeva nella "rivoluzione creatrice" mentre Marx era più propenso ad attendere che lo sviluppo delle forze economiche raggiungesse il punto culminante?
RISPOSTA. Penso che Lenin non "ha aggiunto" nessun "nuovo principio" al marxismo, cosi come non ha abolito nessuno dei "vecchi" principi del marxismo. Lenin è stato e rimane il discepolo più fedele e coerente di Marx ed Engels, un discepolo che si è basato interamente e completamente sui principi del marxismo.
Ma Lenin non è soltanto stato I'esecutore della dottrina di Marx ed Engels. Egli è stato nello stesso tempo il continuatore di questa dottrina.
Che cosa significa ciò?
Significa che egli ha sviluppato ulteriormente la dottrina di Marx ed Engels in conformità con le nuove condizioni di sviluppo, con la nuova fase del capitalismo, con l'imperialismo. Significa che sviluppando ulteriormente la dottrina di Marx nelle nuove condizioni della lotta di classe, Lenin ha apportato al comune tesoro del marxismo qualcosa di nuovo rispetto a quanto era stato dato da Marx ed Engels, rispetto a quanto si poteva dare nel periodo del capitalismo preimperialistico, e quel che di nuovo ha apportato di Lenin al tesoro del marxismo si basa interamente e completamente sui principi enunciati da Marx ed Engels.
Appunto in questo senso noi diciamo che il leninismo è il marxismo dell'epoca dell'imperialismo e delle rivoluzioni proletarie.
Ecco alcune questioni, sulle quali Lenin ha apportato qualcosa di nuovo sviluppando ulteriormente la dottrina di Marx.
In primo luogo, la questione del capitalismo monopolistico, dell'imperialismo, inteso come nuova fase del capitalismo.
Nel Capitale Marx ed Engels hanno analizzato le basi del capitalismo. Ma Marx ed Engels vivevano nel periodo del capitalismo premonopolistico, nel periodo della evoluzione senza scosse del capitalismo, della sua "pacifica" diffusione in tutto il mondo.
Questa vecchia fase è terminata tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX, quando Marx ed Engels non erano più in vita. Si capisce che Marx ed Engels potevano soltanto intuire le nuove condizioni di sviluppo del capitalismo, sopravvenute come risultato della nuova fase del capitalismo subentrata alla vecchia, come risultato della fase monopolistica, imperialistica di sviluppo, quando all'evoluzione senza scosse del capitalismo è subentrato uno sviluppo a salti, catastrofico, in cui l'ineguaglianza dello sviluppo e le contraddizioni del capitalismo si sono manifestate con particolare forza, in cui la lotta per i mercati di sbocco e di esportazione del capitale, data l'estrema ineguaglianza di sviluppo, ha reso inevitabili le guerre imperialistiche periodiche per nuove periodiche spartizioni del mondo in sfere d'influenza.
Il merito di Lenin, e di conseguenza quel che c'è di nuovo in Lenin, è che egli, sulla base dei principi fondamentali del Capitale, ha fatto una argomentata analisi marxista dell'imperialismo come fase suprema del capitalismo, mettendone a nudo le piaghe e scoprendo le condizioni che ne determinano la fine inevitabile. Questa analisi costituisce la sostanza della nota tesi di Lenin secondo cui nelle condizioni dell'imperialismo è possibile la vittoria del socialismo in singoli paesi capitalistici presi separatamente.
In secondo luogo, la questione della dittatura del proletariato.
L'idea fondamentale della dittatura del proletariato, come dominio politico del proletariato e come metodo per abbattere il potere del capitale mediante la violenza, è stata enunciata da Marx ed Engels.
In questo campo quel che in Lenin c'è di nuovo è che egli:
a) ha scoperto il potere sovietico come la forma migliore di governo della dittatura del proletariato, valendosi a questo scopo dell'esperienza della Comune di Parigi e della rivoluzione russa;
b) ha chiarito la formula della dittatura del proletariato dal punto di vista del problema degli alleati del proletariato, definendo la dittatura del proletariato come una forma particolare di alleanza di classe tra il proletariato, che è la forza dirigente, e le masse sfruttate delle classi non proletarie (contadini ecc.), che vengono dirette;
c) ha sottolineato con particolare forza il fatto che la dittatura del proletariato è il tipo più elevato di democrazia in una società di classe, è la forma della democrazia proletaria che esprime gli interessi della maggioranza (gli sfruttati), contrapposta alla democrazia capitalistica che esprime gli interessi della minoranza (gli sfruttatori).
In terzo luogo, la questione delle forme e dei metodi atti ad edificare vittoriosamente il socialismo nel periodo della dittatura del proletariato, nel periodo del passaggio dal capitalismo al socialismo in un paese accerchiato da stati capitalistici.
Marx ed Engels ritenevano che la dittatura del proletariato avrebbe abbracciato un periodo più o meno lungo, pieno di scontri rivoluzionari e di guerre civili, durante il quale il proletariato al potere avrebbe preso tutti quei provvedimenti di carattere economico, politico, culturale e organizzativo necessari per creare al posto della vecchia società capitalistica una nuova società socialista, una società senza classi, senza stato. Lenin ha fondato interamente e completamente la sua dottrina su questi principi fondamentali di Marx ed Engels.
In questo campo, quel che c'è di nuovo in Lenin è che egli:
a) ha provato che è possibile costruire una società socialista integrale in un paese a dittatura proletaria accerchiato da stati imperialistici, a condizione che questo paese non sia soffocato dall'intervento militare degli stati capitalistici che lo circondano;
b) ha tracciato le linee concrete della politica economica (la "nuova politica economica"), mediante le quali il proletariato, avendo nelle sue mani le più importanti leve economiche (industria, terra, trasporti, banche ecc.), salda l'agricoltura all'industria socializzata ("alleanza dell'industria con la agricoltura") e conduce in questo modo tutta l'economia nazionale verso il socialismo;
c) ha tracciato le vie concrete attraverso le quali immettere e attrarre gradualmente le masse fondamentali dei contadini nell'alveo dell'edificazione socialista mediante la cooperazione, la quale nelle mani della dittatura proletaria è il mezzo più importante per trasformare la piccola economia contadina e rieducare le masse fondamentali dei contadini nello spirito del socialismo.
In quarto luogo, la questione dell'egemonia del proletariato nella rivoluzione, in ogni rivoluzione popolare, sia nella rivoluzione contro lo zarismo che nella rivoluzione contro il capitalismo.
Marx ed Engels hanno formulato nelle sue linee fondamentali l'idea dell'egemonia del proletariato. Quel che c'è di nuovo in Lenin è che egli ha sviluppato ulteriormente queste linee nell'armonico sistema dell'egemonia del proletariato, nell'armonico sistema della direzione delle masse lavoratrici della città e della campagna da parte del proletariato, non soltanto ai fini dell'abbattimento dello zarismo e del capitalismo, ma anche ai fini dell'edificazione socialista durante la dittatura del proletariato.
E' noto che, grazie a Lenin e al suo partito, l'idea dell'egemonia del proletariato è stata attuata magistralmente in Russia. Ciò tra l'altro spiega perché la rivoluzione in Russia ha portato il proletariato al potere.
In passato di regola accadeva che durante la rivoluzione gli operai si battevano sulle barricate, versavano il loro sangue, rovesciavano il vecchio ordine, ma il potere finiva nelle mani dei borghesi, i quali, poi, opprimevano e sfruttavano gli operai. Così fu in Inghilterra e in Francia. Così fu in Germania. Ma non così fu da noi in Russia. Da noi gli operai non sono stati soltanto la forza d'urto della rivoluzione. Pur essendo stato la forza d'urto della rivoluzione, il proletariato russo ha cercato nello stesso tempo di essere l'egemone, il dirigente politico di tutte le masse sfruttate della città e della campagna, stringendole attorno a sé, strappandole alla borghesia, isolando politicamente la borghesia. Egemone delle masse sfruttate, il proletariato russo ha lottato per prendere il potere nelle proprie mani e servirsene per il proprio interesse contro la borghesia, contro il capitalismo. Proprio questo spiega perché ogni grande scoppio della rivoluzione in Russia, sia nell'ottobre 1905 che nel febbraio 1917, abbia portato sulla scena i Soviet dei deputati operai, come embrioni del nuovo apparato del potere avente la funzione di schiacciare la borghesia, in opposizione al parlamento borghese, vecchio apparato del potere avente la funzione di schiacciare il proletariato.
Due volte, da noi, la borghesia ha tentato di restaurare il parlamento borghese e metter fine ai Soviet: nel settembre 1917 al tempo del Preparlamento, prima della presa del potere da parte dei bolscevichi, e nel gennaio 1918 al tempo dell'Assemblea costituente, dopo la presa del potere da parte del proletariato, ed entrambe le volte è stata sconfitta. Perché? Perché la borghesia era già politicamente isolata, perché le larghe masse dei lavoratori guardavano al proletariato come all'unico capo della rivoluzione, perché i Soviet erano già stati provati e sperimentati dalle masse come il loro proprio potere operaio, e perché cambiare questo potere con un parlamento borghese sarebbe stato un suicidio. Non c'è quindi da meravigliarsi se il parlamentarismo borghese non ha attecchito da noi. Ecco perché la rivoluzione ha portato in Russia al potere del proletariato.
Questi sono i risultati dell'applicazione del sistema leninista dell'egemonia del proletariato nella rivoluzione.
In quinto luogo, la questione nazionale e coloniale.
Marx ed Engels, analizzando a loro tempo gli avvenimenti in Irlanda, India, Cina, nei paesi dell'Europa centrale, in Polonia e Ungheria, enunciarono le idee essenziali, basilari sulla questione nazionale e coloniale. Nelle sue opere Lenin si è basato su queste idee.
In questo campo quel che c'è di nuovo in Lenin è che egli:
a) ha raccolto queste idee in un armonico sistema di concezioni sulle rivoluzioni nazionali e coloniali nell'epoca dell'imperialismo;
b) ha legato la questione nazionale e coloniale alla questione dell'abbattimento dell'imperialismo;
c) ha dichiarato che la questione nazionale e coloniale è parte integrante della questione generale della rivoluzione proletaria internazionale.
Infine, la questione del partito del proletariato.
Marx ed Engels hanno tracciato i lineamenti fondamentali del partito come reparto d'avanguardia del proletariato, senza il quale (partito) il proletariato non può ottenere la sua emancipazione né nel senso della presa del potere, né nel senso della trasformazione della società capitalistica.
In questo campo quel che c'è di nuovo in Lenin è che egli ha ancora sviluppato questi lineamenti in conformità con le nuove condizioni di lotta del proletariato nell'epoca dell'imperialismo, dimostrando che:
a) il partito è la forma più elevata dell'organizzazione di classe del proletariato rispetto alle altre forme di organizzazione del proletariato (sindacati, cooperazione, apparato dello stato); al partito spetta di generalizzare e dirigere il lavoro di queste organizzazioni;
b) la dittatura del proletariato può essere attuata solo attraverso il partito, che ne è la forza dirigente;
c) la dittatura del proletariato può essere completa solo nel caso in cui essa sia diretta da un solo partito, il partito dei comunisti, il quale non condivide né deve condividere la direzione con altri partiti;
d) se nel partito non c'è una disciplina ferrea non possono essere adempiuti quei compiti della dittatura del proletariato consistenti nella repressione degli sfruttatori e nella trasformazione della società di classe in una società socialista.
Ecco in sostanza il contributo che Lenin ha dato nelle sue opere, concretando e sviluppando la dottrina di Marx conformemente alle nuove condizioni della lotta del proletariato nell'epoca dell'imperialismo.
Ecco perché noi diciamo che il leninismo è il marxismo dell'epoca dell'imperialismo e delle rivoluzioni proletarie.
Da questo appare chiaro che il leninismo non si può separare dal marxismo, e tanto meno può essere contrapposto al marxismo.
Inoltre nella sua domanda la delegazione chiede:
"Sarebbe giusto dire che Lenin credeva nella `rivoluzione creatrice' mentre Marx era più propenso ad attendere che lo sviluppo delle forze economiche raggiungesse il suo punto culminante?".
Penso che dirlo sarebbe assolutamente errato. Penso che ogni rivoluzione popolare, se effettivamente è tale, è una rivoluzione creatrice poiché abbatte il vecchio ordine e crea, mette al mondo un ordine nuovo.
Naturalmente non vi può essere nulla di creativo nelle "rivoluzioni", se così si possono chiamare, che talvolta avvengono in certi paesi arretrati sotto forma di "insurrezioni" in sedicesimo di alcune tribù contro altre. I marxisti non hanno mai considerato come rivoluzioni tali "insurrezioni" in sedicesimo. è chiaro che qui si tratta non già di queste "insurrezioni", ma della rivoluzione popolare, di massa in cui le classi oppresse si sollevano contro le classi che opprimono. E questa rivoluzione non può non essere creatrice. Marx e Lenin sostenevano precisamente questa rivoluzione e soltanto questa. Di conseguenza è comprensibile che una rivoluzione di questo tipo non può nascere in qualsiasi condizione, ma può scoppiare solo in determinate condizioni favorevoli di natura politica ed economica.

(Tratto da Stalin: "Intervista con la prima delegazione operaia americana - 9 settembre 1927, Opere complete, Vol. 10, pagg. 104-112, Edizioni Rinascita, 1956)