Biblioteca Multimediale Marxista


Alla compagna "Mara"

Nota degli autori
Questa ricerca vuole colmare innanzitutto una lacuna. In Italia sono state pubblicate decine di libri sui Tupamaros, sui Black Panthers, sulla guerriglia urbana in Palestina, Brasile, Irlanda, Venezuela, Spagna ecc. Addirittura due volumi sulla RAF e altrettanti sugli Weathermen! Ma per quel che riguarda quanto accade in materia di guerriglia urbana qui da noi, in Italia, l'informazione viene delegata all'estrema destra. Avviene cosí che è il MSI-DN a editare il volumetto Brigate Rosse, è la rivista "La Destra" a pubblicare un numero monografico sul terrorismo, sono le edizioni del Borghese a stampare La Strage contro 1o Stato in cui una parte di rilievo è riservata ai GAP e alle BR. La stessa regola vale per l'editoria periodica. Non se ne sottraggono nemmeno i quotidiani di sinistra e di estrema sinistra, che pure scrivono su ETA, IRA, MIR, MIL, ERP, ecc. Da cosa deriva questa scelta che fa prendere in considerazione l'uso delle armi solo quando queste sparano a una latitudine discretamente lontana dalla propria redazione?
Ma evidentemente non è solo un astratto dovere di informazione che ci ha spinto a sobbarcarci questa non lieve fatica. Noi crediamo che non sia difficile scorgere, nell'operazione repressiva in atto contro le BR, un disegno di ampia provocazione che tende a coinvolgere anche settori di sinistra estranei a questa organizzazione (caso Lazagna) e settori moderati (caso De Vincenzo).
Con questo libro ci vogliamo ricollegare alla migliore tradizione della pubblicistica militante italiana. Nella prefazione a La strage di Stato si diceva: "La repressione preferiamo chiamarla rappresaglia. Essa rappresenta un parametro di incidenza rivoluzionaria: sappiamo che il sistema colpisce con tanta piú virulenza quanto piú i modi e gli obiettivi della lotta sono giusti e che l'unica vera amnistia che conti sarà promulgata il giorno in cui lo stato borghese sarà abbattuto.”
Noi ora aggiungiamo che la repressione è nello stesso tempo selettiva e di massa. Selettiva, nel duplice significato che colpisce sia coloro che attaccano piú duramente lo stato borghese, sia coloro che, di volta in volta, appaiono piú esposti e piú isolati. Cosí è stato con gli anarchici nel '69-70, con LC nel '72, con PO nel '72-73. Ora è la volta dei compagni dell'autonomia e, appunto, delle Brigate Rosse. Ma, allora, come ora, il vero bersaglio era l'intero movimento, ed è in questo senso che la repressione è anche di massa.
Da La strage di Stato molto tempo è trascorso. Allora, si era nel '70, si trattava di smascherare, sul piano della controinchiesta, una montatura politico-giudiziaria, per dimostrare l'innocenza degli anarchici e la colpevolezza dello stato. Ora, a sei anni di distanza, non si tratta piú di dimostrare la estraneità delle BR agli atti loro imputati, anche se certamente in non pochi casi siamo in presenza di montature. Nel momento in cui il potere vuole criminalizzare la lotta di classe, e intende coinvolgere tutta la sinistra servendosi della repressione contro le BR, allora, quello che bisogna fare è affermare con forza la natura politica del fenomeno Brigate Rosse e delle scelte compiute da questi compagni.
Insomma, a un nuovo atteggiamento del potere deve corrispondere un nuovo uso dell'informazione rivoluzionaria. In questo senso va letta una proposta di lavoro che già piú di un anno fa facevamo in un nostro bollettino: "È piú importante dare una chiave di lettura degli usuali mezzi di comunicazione di massa, che ne disveli il contenuto repressivo, spiegandone i meccanismi, piuttosto che pedinare, con fatica, le piste nere con la speranza di fornire al movimento qualche informazione 'inedita'.”
Questo libro quindi non è un dossier, né una storia, né un manuale di guerriglia, né una difesa, né un'accusa, né un proclama politico, né un libro bianco né un libro nero, e nemmeno una guida al processo. Il nostro preciso scopo è lo stesso che animò cinque anni fa gli autori de La strage di Stato: "Offrire ai compagni un modesto strumento di lavoro per l'approfondimento e la diffusione a livello popolare dell'analisi sullo stato borghese, perché, come ha detto Lenin, prima di Gramsci, la verità è rivoluzionaria.”
Anche per quello che riguarda le "fonti di informazione" i tempi sono cambiati. Lo dichiara perfino un nostro nemico, Victor Marchetti, ex agente della CIA, autore di un libro da poco tradotto in Italia, il quale riconosce il declino dei vecchi sistemi di spionaggio. Tutto o quasi si può conoscere dalla stampa e dagli altri mezzi di comunicazione di massa e dai canali ufficiali: "Le fonti palesi (la stampa e gli altri mezzi di comunicazione) e i canali ufficiali [...] danno risultati migliori dei servizi clandestini.”
A questa regola anche noi ci siamo attenuti, studiando con pazienza e attenzione i fatti di tutti i giorni, senza ricorrere a documenti top-secret cui, del resto, non abbiamo accesso.
È opportuno sgomberare il campo da ogni equivoco, e chiarire la nostra posizione riguardo alle BR. Per la loro origine, per la loro pratica politica, per i documenti che hanno prodotto, li riconosciamo come dei compagni, e come tali, nel momento in cui la reazione li attacca, ci sentiamo a loro fianco. "Sentirsi al loro fianco" non significa condividerne la linea politica, significa offrire loro la solidarietà militante, che è fatta di tanti momenti, uno dei quali, certamente non il piú importante, è la difesa legale.
Se è vero che ci siamo impegnati col massimo scrupolo, a volte quasi filologico, a fornire documenti autentici e che, nello stesso tempo, ci asteniamo dal dare valutazioni di merito sulle azioni e sulle proposizioni teoriche delle BR, è altrettanto vero che il libro non vuole essere "asettico." Anzi ne rivendichiamo il carattere di intervento politico. In particolare intendiamo denunciare con energia i limiti e le carenze di metodo che vi sono stati nella informazione sulle BR. Se il metodo della calunnia e della mistificazione ci deve apparire scontato quando è praticato dalla borghesia, esso rappresenta per contro una grave deviazione se accolto dalla sinistra: la calunnia deve essere bandita dalla pratica dei rivoluzionari. Ma non meno colpevole è tacere di fronte alla calunnia e non denunciarla. Perciò, nel senso del metodo e solo, lo ripetiamo, in questo senso, riteniamo utile una polemica, anche aspra, tra i compagni, alla quale anche noi obiettivamente partecipiamo.
Riteniamo inoltre che un giudizio politico sulle BR non vada delegato a un tribunale borghese. Se condanna vi deve essere, è giusto che siano i compagni a darla, ma solo sulla base della conoscenza dei fatti e dei documenti e non sulla scorta delle montature dei carabinieri. La verità è rivoluzionaria: sottovalutare la capacità di giudizio della sinistra rappresenta, a nostro avviso, un grave errore.
Le pochissime discussioni che hanno avuto luogo in Europa sulla lotta armata sono riuscite, forse, a dimostrare una sola cosa: che sull'argomento si deve ancora cominciare un dibattito serio. Fino ad ora, con rarissime eccezioni, la disputa si è ridotta a uno sterile se non ridicolo duello di citazioni, senza esclusioni di colpi, in cui viene opposto un Lenin presunto opportunista a un Lenin presunto ultrasinistro. Certamente non si può fare a meno del patrimonio dei classici, di Marx, di Lenin, di Mao Tse-tung, ecc..., ma riteniamo che non ci si debba lasciar trascinare in queste battaglie retoriche, abusando delle quali è possibile, con un minimo di abilità dialettica, dimostrare tutto e l'opposto di tutto.
La soluzione non è quella di applicare dogmaticamente la posizione di Lenin del 1905 alla situazione attuale. Ma non è nemmeno quella di ritenere l'Italia e l'Europa eccezioni storiche, quasi che nel mondo ci fossero "diversi imperialismi" e non uno solo, lo stesso, che opera contemporaneamente in Vietnam, in Cile, in Cambogia, in Portogallo, in Italia, ecc...
La concezione della "eccezione storica" ha come corollario aberranti proposizioni del tipo "ogni violenza è sempre nera," teorizzazione che segna l'ultimo gradino della pietrificazione del marxismo: ove non si tiene piú conto della sua dialettica, della sua scientificità, del suo essere vivo nella storia.
Il problema è semplice e difficile nello stesso tempo. Posto che la lotta armata è un passaggio obbligato sulla strada della rivoluzione socialista, bisogna individuarne tempi e modi in relazione al rapporto avanguardie-masse nel contesto storico in cui si colloca.
D'altra parte si ritiene generalmente ormai superata l' "ipotesi insurrezionale" che in Europa non appare piú attuabile, e che, con alcune varianti, è stata per l'ultima volta praticata nel maggio francese. Ecco come viene descritto lo schema insurrezionale da uno dei suoi sostenitori: "Sciopero generale [...], occupazioni di fabbriche sempre piú imponenti e forti punti di sciopero, la diretta opposizione a ogni tipo di repressione violenta, dimostrazioni di strada, le quali vanno da condizioni di lotta in costante impatto con le forze della repressione fino alla riapparizione di barricate...”
C'è poco di nuovo e molto di vecchio in queste enunciazioni di Ernest Mandel. Questi errori sono già stati pagati duramente dai partiti comunisti in Algeria, a Cuba, ed anche in Italia, quando il purismo ideologico impedí al PCd'I di scendere in campo nel 1922 a fianco degli Arditi del Popolo .
Ma d'altra parte anche chi aveva scelto la via "originale" della guerriglia urbana e riteneva di aver trovato la giusta ricetta ha dovuto fare la sua autocritica. È il caso dei Tupamaros.
Il comunismo, per essere realizzato, ha bisogno di tutta la nostra fantasia e di tutta la nostra pazienza per saper trarre dall'esperienza di vittorie e di sconfitte le indicazioni per una corretta ipotesi di lotta.
In questo senso è dannoso, oltre che contrario alla morale comunista, tenere nascosti opportunisticamente i cadaveri dei compagni dentro gli armadi, che si fanno oramai sempre piú stretti. Giangiacomo Feltrinelli, Luca Mantini, Sergio Romeo, Bruno Valli, Giuseppe Principe Vitaliano, Giovanni Taras, Margherita Cagol, Anna Maria Mantini esigono da noi una risposta.
È dannoso, oltre che contrario alla morale comunista, onorare con un funerale rivoluzionario solo i morti "comodi," i compagni uccisi incolpevolmente durante pacifiche manifestazioni, oppure "suicidati."
Coloro che sono morti con la convinzione di combattere una guerra giusta nella lotta di classe, di essere soldati della rivoluzione, compiendo magari, secondo taluni, "una scelta suicida," ci pongono degli inquietanti interrogativi che vanno affrontati.
Anche gli errori e gli insuccessi possono far parte del patrimonio storico della sinistra, purché vengano analizzati e discussi. Solo l'esperienza degli errori e la loro analisi, assieme alla capacità di critica, possono trasformare le sconfitte in vittoria.
La commissione informazione e documentazione del Soccorso Rosso - segreteria di coordinamento nazionale
15 ottobre 1975


1. La strage di Stato, Samonà e Savelli, Roma 1970.

2. "Rivista di controinformazione militante . Bollettino del Soccorso Rosso," maggio 1974

3. La strage di Stato, cit

4. 4V. Marchetti e J. D. MARKS, CIA, Culto e mistica del servizio segreto, Garzanti, Milano 1975.

5. Riportiamo un breve stralcio di alcune citazioni ricorrenti in questa disputa "leninista" che di volta in volta vengono prese a sostegno dell'una o dell'altra interpretazione: "8 assolutamente necessario cominciare subito ad imparare in pratica: non abbiate paura di questi assalti di prova. S'intende, essi possono degenerare in eccessi, ma questo è il male del domani, mentre il male del giorno d'oggi consiste nella nostra inerzia, nel nostro dottrinarismo, nell'immobilità da sapientoni e nel terrore senile dell'iniziativa. Che ogni reparto faccia il suo tirocinio almeno spianando le costole ai poliziotti" (LENrN, 16 ottobre 1905, Opere complete, vol. VIII, p. 326, ed. russa); "I reparti potrebbero essere di tutte le proporzioni cominciando da due-tre uomini" (LENIN, fine ottobre 1905, Opere complete, vol. VIII, p. 327); "Il nucleo di queste organizzazioni deve essere costituito da gruppi molto piccoli di volontari composti di dieci, cinque forse anche tre persone [...] Questi gruppi debbono essere composti da membri del partito e da senza partito [...] debbono formarsi nel modo piú largo e in ogni caso prima di ricevere le armi, indipendentemente dalla questione delle armi. Nessuna organizzazione di partito può armare le masse. Invece l'organizzazione delle masse in piccoli gruppi di combattimento, dotati di una grande mobilità potrà rendere un grande servizio nel momento propizio per ottenere delle armi" (LENIN, 20-30 luglio 1906, Opere complete, vol. X, pp. 15-16, ed. russa); "La lotta armata persegue due scopi differenti: 1) l'uccisione di singoli individui; 2) la confisca di denaro [...]. Non sono le azioni partigiane che disorganizzano il movimento ma la debolezza del partito che non sa prendere queste operazioni nelle sue mani..." (LENIN, "Proletari," n. 5, 13 ottobre (30 settembre) 1906, Opere complete, vol. X, pp. 80 sgg., ed. russa); "Quando il movimento rivoluzionario penetra sino in fondo nelle classi popolari veramente rivoluzionarie, e inoltre si sviluppa non solo in profondità ma anche in ampiezza, promettendo di divenire ben presto una forza invincibile, è vantaggioso per il governo provocare le migliori forze rivoluzionarie e lanciarle alla caccia dei volgari dirigenti della piú ripugnante violenza. Ma noi non dobbiamo lasciarci provocare" (LENIN, 1902, I compiti del movimento socialdemocratico, Opere, vol. VI); "La tattica del piccolo gruppo di intellettuali terroristi è una tattica che accentua quel distacco tra i rivoluzionari e le masse, che è la fonte principale della nostra debolezza, dell'incapacità nostra di incominciare subito la lotta risoluta" (Ibidem); "Si, il terrorismo degli intellettuali e il movimento operaio di massa erano separati e la separazione li ha privati di qualsiasi forza. Proprio questo ha sempre sostenuto la socialdemocrazia rivoluzionaria. Proprio per questo ha sempre lottato non solo contro il terrorismo, ma anche contro quelle oscillazioni verso il terrorismo di cui piú di una volta i rappresentanti dell'ala intellettuale del nostro partito hanno dato prova" (LENIN, 1905, Nuovi avvenimenti e vecchi problemi, Opere, vol. VI).

6. ERNEST MANDEL, Die Lehre Von Mai 1968, in Revolution in Frankreiche, Eva, Frankfurt/Main-Koln 1968, p. 123.

7. Nell'agosto 1956, il FLN algerino in lotta, espresse nella piattaforma politica del SOUMMAN le proprie perplessità sull'atteggiamento ambiguo del Partito comunista algerino rispetto alla lotta armata: "Il Partito comunista algerino 1...] non è riuscito ad avere una funzione meritevole di essere segnalata. La direzione comunista burocratica, senza alcun contatto con il popolo, non è stata capace di analizzare correttamente la situazione rivoluzionaria. E' per questo che ha condannato il 'terrorismo' e ordinato, fin dai primi mesi dell'insurrezione, ai militanti dell'Aurès venuti ad Algeri a cercare direttive, di non prendere le armi."

8. All'indomani dell'attacco di Fidel al Moncada, prima azione della rivoluzione cubana, mentre molti patrioti erano morti, e altri continuavano a lottare in galera, cosí si esprimeva il Partito comunista cubano (PSP) in un comunicato pubblicato sul "Daily Worker" del 10 agosto 1953: "Noi ripudiamo i metodi putschisti, peculiari delle fazioni borghesi, dell'azione a Santiago di Cuba e Bayamo che è stata un tentativo avventuristico di conquistare le rispettive piazzeforti. L'eroismo dei partecipanti è falso e sterile perché guidato da errate concezioni borghesi. L'intero paese sa chi ha organizzato l'azione contro la caserma e sa che il partito comunista non ha niente a che vedere con tale azione. Il PSP afferma la necessità di un fronte unito delle masse 1...I. Il PSP basa la sua battaglia sull'azione delle masse, sulla lotta delle masse e denuncia il putschismo avventuristico perché contrario alla lotta delle masse e contrario alla soluzione democratica che il popolo desidera."

9. La posizione settaria del PCd'I, a proposito degli Arditi del Popolo, è ormai storicamente accertata. Lo riconosce Paolo Spriano nella sua Storia del PCI, e perfino Amendola (nell'introduzione al volume Barricate a Parma)! Quello che forse è meno noto è che la direzione leninista della III Internazionale fu pronta, fin da allora, a condannare il settarismo dei dirigenti della sezione italiana: "È chiaro che agli inizi avevamo a che fare con un'organizzazione di massa proletaria e in parte piccolo-borghese che si ribellava spontaneamente contro il terrorismo [...]. Dove erano in quel momento i comunisti? Erano occupati ad esaminare con una lente d'ingrandimento il movimento per decidere se era sufficientemente marxista e conforme al programma? Il PCI doveva penetrare subito energicamente nel movimento degli Arditi, fare schierare attorno a sé gli operai e in tal modo convertire in simpatizzanti gli elementi piccolo-borghesi."

10. Alla fine del mese di luglio 1973, un mese dopo 1'autogolpe militare in Uruguay, l'MLN-Tupamaros diffondeva un comunicato nel quale erano contenuti elementi interessanti di autocritica. Il documento inedito in Italia è stato pubblicato sulla rivista "Frères du Monde," n. 83 del 1973: "Noi abbiamo subito una sconfitta provvisoria 1...7. Sconfitta dovuta principalmente a nostre deficienze e ai tradimenti. Le nostre mancanze furono: da un lato, sottovalutare il nemico, giacché questo era molto piú potente di quanto pensassimo, soprattutto dopo che gli USA gli diedero un aiuto tecnico e finanziario senza limite. D'altra parte, non abbiamo saputo valutare l'immensa capacità di lotta del popolo, ed abbiamo contato eccessivamente sulle nostre forze. Senza la partecipazione e la direzione della classe operaia la rivoluzione è impossibile