Biblioteca Multimediale Marxista


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Dalla fabbrica al sociale: Sinistra Proletaria


Il CPM cambia nome

I compagni del CPM si servono come strumento di agitazione di un foglio di lotta, di discontinua periodicità, senza titolo, o col titolo: "Sinistra Proletaria." Generalmente di 2 o 4 facciate formato tabloid, zeppo di parole d'ordine, con enormi disegni dallo stile aggressivo, grezzo ed essenziale, svolge il suo ruolo di agile strumento di propaganda all'interno dell'area metropolitana milanese. Verso la metà del 1970, nasce tra i compagni del collettivo l'esigenza di disporre anche di un altro strumento, forse meno agile del foglio, ma con un respiro maggiore che permetta di dibattere tutte le questioni di portata generale, comprese quelle di ordine teorico e soprattutto fornisca il naturale collegamento tra le diverse situazioni di lotta che si vanno sviluppando in tutta la penisola. Nasce cosí nel luglio 1970 la rivista "Sinistra Proletaria." Sotto la testata del numero zero la dicitura "a cura del CPM." La stessa denominazione viene data ai fogli di lotta i quali continuano a uscire anch'essi a cura del CPM, finché, a partire da luglio, quest'ultima dicitura scompare, per lasciare posto al simbolo: falce, martello e fucile incrociati. Da questo momento la sigla CPM non viene piú usata, per essere sostituita dal nome della rivista. Si tratta, come si vede, di un semplice cambio di nome del collettivo, la cui sede rimane in via Curtatone 12.
Se il cambiamento è solo formale, non avviene però in maniera del tutto indolore: proprio in quel periodo si registra nel collettivo una serie di lacerazioni interne e di defezioni, che tuttavia ne lasciano pressoché intatta la consistenza numerica. Oggetto della controversia è il problema della violenza e della clandestinità, che già fino da allora si imponeva all'odg. Quello che con il cambiamento si vuole ottenere, o comunque stimolare, è l'allargamento della base, ed un salto in avanti organizzativo che permetta di stare al passo con le condizioni imposte dalla borghesia. A partire da settembre i compagni di Sinistra Proletaria si preparano alla clandestinità. Contemporaneamente cominciano a segnalarsi le prime azioni delle BR. L'ultimo foglio di lotta è datato febbraio 1971: da allora l'etichetta Sinistra Proletaria non verrà piú usata.

Crisi del capitale

Le lotte dell'autunno 1969 e quelle della primavera 1970 producono, come risultato piú rilevante, una vera e propria crisi di regime. I padroni che ad un certo punto, dopo le bombe di Milano, si erano illusi di poter piegare la classe operaia e di incanalarne la conflittualità entro vie istituzionali, debbono tornare sui loro passi. È questo uno dei momenti centrali dell'analisi di Sinistra Proletaria.

Scriveva la rivista "Successo," legata alla corrente "avanzata" della Confindustria, che l'autunno caldo andava valutato positivamente perché aveva consentito al sistema di "lasciarsi alle spalle le ultime frange di una competitività basata sui bassi salari" [...]. Il commentatore intendeva sostenere la validità e l'importanza dell'uso capitalistico della lotta operaia, ai fini di un adeguamento progressivo degli standard attuali della produttività del capitale ai piú alti livelli europei e mondiali [...]. Agnelli arrivava perfino ad augurarsi che: "sindacati ed imprenditori arrivino ad una difesa comune di certi obiettivi magari verso lo stesso potere politico" [...]. Il sindacato diventa cosí il perno intorno al quale si gioca l'intero processo di ristrutturazione del capitale in fabbrica e nella società [...]. Il sindacato ha cercato di far pesare tutta la propria forza organizzativa per imbrigliare i moti della spontaneità e dell'autonomia operaia [...] ha lanciato un nuovo grande ciclo di lotte: il ciclo delle "lotte sociali."[1]

Ma padroni e sindacati sbagliano i loro conti. Infatti: "La rivolta delle masse non è certo arrestabile con una operazione simile a quella attuata intorno agli anni '60 e che ha portato alla costituzione del centro-sinistra. Questa volta la crisi è molto piú profonda ed ha dimensioni internazionali, destinata a `rimbalzare da un paese all'altro' all'interno di un sistema economico-politico destinato ad integrarsi sempre maggiormente.[2]
Infatti:

Il contratto non è servito a portare la pace in fabbrica [...]. Nelle fabbriche si è consolidato il metodo dell'insubordinazione, delle lotte improvvise, e non vi sono controlli che tengano. L'autorità del capitale è crollata [...]. Anche quegli strati della popolazione piú fedeli al potere: bancari, ospedalieri, statali, professori, ecc., sono usciti dal torpore. L'insubordinazione sta generalizzandosi: ecco la vera crisi [...1. La classe operaia è all'attacco in tutta Italia ed il padrone ha deciso di difendersi nell'unico modo possibile, dichiarandoci la guerra: FIAT (21.000 sospesi), Autobianchi (3.000 sospesi), FATME (serrata) ecc. [...]. Il potere ha deciso una svolta a destra: se noi non pieghiamo la testa il padrone non mette via il bastone. Questo oggi dobbiamo capire: il potere è in crisi, e noi, la classe operaia in lotta siamo il suo cancro.[3]

Posizione rispetto al PCI e ai sindacati

L'occasione per la sterzata a destra è fornita dallo sciopero generale di 24 ore per le riforme programmato per il 7 luglio 1970. Considerato da un portavoce di Agnelli "forse il piú insensato e colpevole di tutti gli scioperi mai promossi nel dopoguerra,”[4] viene scelto dalla borghesia come banco di prova. Il 6 luglio, un giorno prima, il governo Rumor dà le dimissioni.
PCI e CGIL che SP, rispolverando una definizione classica di Lenin, chiama "Movimento operaio borghese," non accettano la sfida, anzi si adoperano per mostrare il proprio spirito di collaborazione.
La direzione del PCI emette un comunicato secondo cui "La classe operaia è cosciente che le sue conquiste si difendono e si consolidano sulla via dell'espansione produttiva, e questa via essi, responsabilmente, indicano al potere."
La segreteria della CGIL rispetto a "questa grave provocazione politica" decide, con la sola opposizione di Vittorio Foa, "la sospensione dello sciopero e [...] invita tutti i lavoratori a vigilare contro ogni provocazione ...”[5]
Gli altri sindacati non sono da meno.
Contro queste posizioni di rinuncia insorge "Sinistra Proletaria": "Il PCI si schiera contro i lavoratori in lotta che non hanno paura e dà assicurazione al governo dei padroni della sua volontà di collaborazione [...]. I sindacati hanno paura, calano le brache e ritirano lo sciopero.”[6] 'Con tre comunicati diversi, ma uniti nella fuga hanno fatto marcia indietro.”[7]
Insomma:
"Il padrone sospende gli operai ed i sindacati sospendono la lotta."[8]
E' a questo punto che i padroni passano all'offensiva: "Il licenziamento politico, l'aggressione fascista, la galera e l'assassinio, sono ormai la pratica normale con cui si amministra questa sporca società... Revisionisti e collaboratori, a modo loro, con discorsi polizieschi sull'operato delle avanguardie politiche e di lotta danno una mano ai porci a soffocare ogni moto di liberazione."[9] Ma il tono con cui "Sinistra Proletaria" attacca i sindacati e i partiti revisionisti che definisce, come si è detto, "Movimento operaio borghese," sono altrove molto meno accesi: "Il partito ed il sindacato non sono traditori o vigliacchi. In questo caso basterebbe cambiare la gente che li dirige e metterci dentro compagni fidati, e tutto andrebbe a posto. Il problema è piú complesso: CGIL, PCI e PSIUP portano avanti una strategia fallimentare, perché mai una società socialista si è costruita contrattandola con i padroni."[10] La conclusione è che: "La via pacifica al socialismo è una via senza fine disseminata di proletari morti."[11]

Polemica con LC

Ma se è da scartare la via riformista della "collaborazione" col capitale, nemmeno la pratica della "non collaborazione" può portare molto lontano. In proposito viene sviluppata una polemica con LC, accusata di inseguire sogni anarco-sindacalisti:

Porre la questione nei termini "bene i Fedayn sparano, noi liinitiamo la produzione, cosí poi arriverà anche i1 nostro turno di sparare" significa viaggiare sulle ali dell'idealismo puro. Perché la questione non è dire "blocchiamo la produzione," ennesima versione del vecchio sogno anarco-sindacalista, ma semmai è come colpire nei suoi punti vitali il capitale. E allora si vedrà che oggi tra il dire e il fare della "lotta continua in fabbrica" c'è lo scontro con la destra imperialistica, e che su questo scontro bisogna unificare e organizzare la sinistra proletaria. [12]

Sulla situazione dei movimento

Qual è nell'autunno 1970 lo stato di salute del movimento? È in grado di rispondere all'offensiva della destra imperialista? SP ritiene che:


Il livello soggettivo d'organizzazione è inadeguato ad affrontare lo scontro che oggi il capitale imperialistico impone alla sinistra proletaria [...]. Il limite principale del movimento appare evidente di fronte al salto di qualità operato dal capitale, il quale è passato dalla fase di difesa degli equilibri e di contenimento dell'autonomia, alla fase della destra imperialistica [...]. L'autonomia proletaria è in grado attualmente di opporre soltanto la violenza di massa "disarmata."[13]


La crisi del movimento è, però, una crisi di crescita:

La prima fase si è sviluppata a partire dal '68 lungo due filoni: l'ideologismo e lo spontaneismo. L'uno e l'altro avevano valide motivazioni storiche ed hanno contribuito in modo decisivo alla crescita del movimento di classe. L'ideologismo poneva [...] il problema del recupero e dello sviluppo del marxismo rivoluzionario nei confronti della degenerazione revisionista [...]. Lo spontaneismo attaccava a fondo l'opportunismo pratico [...], la rinuncia alla lotta anticapitalista. Tuttavia oggi, nel momento in cui il movimento rivoluzionario sta superando la sua fase primitiva, ideologismo e spontaneismo diventano ostacoli obiettivi allo sviluppo dell'autonomia proletaria. Quello che è in gioco è la possibilità di contrapporre all'egemonia complessiva del movimento operaio borghese la egemonia complessiva del proletariato rivoluzionario, che è qualcosa di piú della lotta dura e continua e del purismo marxistaleninista, contrapposti rispettivamente all'opportunismo e allo spappolamento teorico gramscian-togliattiano .[14]

Per esempio, prendendo in considerazione la scuola si rileva come: "La vecchia concezione assembleare sia ormai d'impaccio per la lotta."[15] "Il rifiuto della delega diventa rifiuto dell'organizzazione."[16] "La lotta [...] la conduce non il vecchio MS che univa il 100% degli studenti, ma la sinistra degli studenti, che, pur essendo una minoranza, è la sola ad esprimere nella scuola la giusta lotta del proletariato internazionale."[17]

II problema dell'organizzazione

Gli ostacoli posti alla crescita del movimento si possono solo superare con l'organizzazione: obiettivo a cui tende e per cui è nata Sinistra Proletaria:

Per noi si tratta di superare la fase di un movimento fluido, spontaneo, e di affrontare le scelte strategiche, tattiche e di organizzazione imposte dalla situazione attuale."[18]
Noi oggi siamo un esercito che ha vinto delle battaglie, che ha fatto qualche volta ritirare il nemico, ma ora il nemico ha deciso di armarsi di piú, diventa piú duro, piú potente. Un esercito che combatte senza conoscere il nemico, senza sapere dove sono i suoi punti forti, senza sapere concentrare le forze, senza sapersi ritirare ed attaccare al momento giusto, è un esercito che può anche, per caso, vincere una battaglia, ma non può vincere una guerra [...]. Gli anni di lotte autonome non sono passati invano, noi oggi sappiamo che incontro al padrone armato [...] non si va disarmati [...] noi oggi siamo forti ma siamo sempre disarmati [...] siamo ancora senza ORGANIZZAZIONE RIVOLUZIONARIA. Costruire l'organizzazione capace di dirigere non la lotta rivendicativa, ma lo scontro politico contro il potere dei padroni, è oggi il primo compito dell'autonomia proletaria [...]. Incominciamo subito nei posti di lotta, unendo saldamente la sinistra proletaria. La sola forza è l'unità dei compagni nelle fabbriche, nei quartieri, nelle scuole, negli uffici: unità senza sigle, né tessere, rifiutando ogni divisione che minacci la vera unità di classe, cioè l'unità sulla strategia rivoluzionaria [...]. Da questa unità nasce la sinistra proletaria. E solo la sinistra proletaria può costruire nella lotta l'organizzazione rivoluzionaria"
[19]

Ma il cammino da percorrere è difficile:

Organizzarsi non è facile, è una lotta


... È, una lotta prima di tutto contro lo spontaneismo e la confusione, contro la tendenza ad accettare lo scontro frontale che ci vorrebbero imporre i padroni. Abbiamo bisogno di un'organizzazione complessiva che sappia portare avanti la lotta che abbiamo ingaggiato, non in una fabbrica o in un quartiere, ma in tutta la società [...]. Il proletariato è uscito dalla sua prima fase: quella dello scontro comunque, del "o la va o la spacca," e incomincia a capire che la lotta di classe è come una guerra. Bisogna imparare a colpire all'improvviso concentrando le proprie forze per l'attacco, disperdendosi rapidamente quando il nemico si riprende [...]. Quando l'esercito americano ha invaso la Cambogia, non ha trovato l'ombra di un vietcong, poi ha dovuto subire attacchi improvvisi da tutte leparti, in Vietnam del Sud, nelle retrovie, dove era piú debole. Questa è l'indicazione da seguire.
[20]

Perciò:

Chi pensa di colpirci impunemente, di licenziarci, di aggredirci, deve trovare una dura risposta. Ma non solo: dobbiamo imparare a colpirlo prima noi, quando è ancora impreparato [...]. Costruiamo NUCLEI OPERAI DI DIFESA E DI ATTACCO, impariamo a proteggerci le spalle, a difendere un compagno quando viene aggredito [...]. L'organizzazione della violenza è una necessità della lotta di classe.[21]

Senza teoria niente organizzazione rivoluzionaria

Ma l'organizzazione che sappia condurre una lotta vincente non si può creare senza disporre di una teoria rivoluzionaria. Sinistra Proletaria supera l'imprecisione ideologica che aveva caratterizzato gli inizi del CPM e fa propria la fase di Mao Tse-tung: "Senza teoria niente rivoluzione" che era stata la bandiera di Lavoro Politico. Ne viene ora però superato il livello "ideologistico" con la sottolineatura che senza una teoria non è nemmeno possibile un'organizzazione rivoluzionaria: "Quello che va oggi intrapreso è una lotta nella lotta, il cui nesso è il rapporto teoria-prassi. Direzione, strategia e organizzazione non piovono dal cielo o dalla volontà individuale di pochi leader, ma sono il frutto di un processo politico cosciente, di una battaglia politica [...]. Si tratta [...] di un confronto politico [...], sulle prospettive strategiche, sulle forme d'organizzazione. E che non può eludere il nodo del marxismo rivoluzionario, l'esperienza storica della rivoluzione russa e cinese, il pensiero di Lenin e Mao Tse-tung [...]. Il proletariato [...] non può rinunciare al marxismo scientifico, pena la ricaduta su posizioni storicamente superate e perdenti: economicismo, spontaneismo, operaismo, terrorismo [...]. Perché se tutti sembrano d'accordo che 'senza teoria niente rivoluzione,' molti sembrano dimenticare che senza teoria non è possibile nessuna organizzazione che non sia destinata a scivolare nell'opportunismo o a sfaldarsi.”[22]

Prendiamoci la città

Oltre a un salto del livello teorico rispetto al CPM, SP si caratterizza soprattutto per una accentuazione dell' aspetto pratico, che si esplica su due direttrici convergenti: quella della fabbrica e quella del sociale. Nella prima viene sviluppata e approfondita l'opera di radicamento, specialmente alla Sit-Siemens, all'Alfa e alla Pirelli. Per quanto riguarda il sociale, terreno scelto dai riformisti per deviare le lotte dalla fabbrica, si accetta la sfida del "Movimento operaio borghese" lanciando, contemporaneamente a LC, la parola d'ordine "Prendiamoci la città," sulla cui problematica si innesta il tema della Giustizia Proletaria.

Chiedere o prendere? Prendere!


Dalla nostra parte sta la sinistra rivoluzionaria e proletaria, e cioè chi ha capito e imparato che questa violenza, questa forza, questa guerra non la si può affrontare piú se non con la violenza rivoluzionaria, con la giustizia proletaria, con la sola legalità sancita e riconosciuta dalle masse popolari.
Da questa parte sta chi lotta per l'uguaglianza e per il comunismo. Sta chi oppone alla Guerra Repressiva e Sporca dei padroni una Guerra Rivoluzionaria e Pulita.
Sta chi lotta non tanto contro la repressione ma contro l'intero sistema di sfruttamento: contro il regime.
Non sta chi chiede ma chi prende!
- prende la casa
- prende i trasporti
- prende i libri
- prende con la lotta ciò che rivendica nelle fabbriche e nella società perché ha imparato a sue spese che i padroni danno a chi vogliono, quando vogliono e solo quando ne hanno un interesse.
Dalla fabbrica al sociale: Sinistra Proletaria
In una parola SI PRENDE CIÒ CHE E' SUO, SI PRENDE LA CITTÀ perché ha imparato e capito che tutto ciò che esiste, tutto, proprio tutto, lo ha fatto lui insieme a milioni di altri come lui sfruttati ed esclusi.
[23]

Anche se divisi dai compagni di LC sulla questione dello spontaneismo o dell'organizzazione, sono evidenti le non poche convergenze tra queste due forze. Ecco come viene spiegato da LC cosa vuol dire prendersi la città:

Noi abbiamo un programma. È innanzitutto quello dell'unificazione di tutto il proletariato, della lotta armata contro lo stato borghese, dell'abolizione delle classi [...]. PRENDIAMOCI LA CITTÀ è una parola d'ordine generale. Non è uno strumento per fare lavoro nei quartieri [...], è il modo reale per dare oggi uno sbocco politico e un senso a due anni di lotte operaie autonome, alle riprese delle lotte studentesche, ai fermenti di lotta nei quartieri...[24]

Sul terreno sociale SP promuove una serie di lotte. Le piú incisive sono senza dubbio quelle per i trasporti e per la casa.

Lotte per i trasporti

Con gli slogan "PRENDIAMO I TRASPORTI," "IL TRASPORTO SI PRENDE L'ABBONAMENTO NON SI PAGA," SP lancia nel febbraio 1971 una martellante campagna presso i pendolari dell'area milanese.


Lo sfruttamento piú odioso lo subiamo tutti i giorni sui treni e sulle corriere [...]. Ora è chiaro che è interesse dei padroni che noi si vada a lavorare [...]. La proprietà è una invenzione dei padroni, una invenzione che vuol coprire il fatto che tutto ciò che esiste lo abbiamo fatto noi, eppure non ci appartiene. Ma oggi [...] diciamo se $ ROBA NOSTRA CE LA PRENDIAMO! Ci prendiamo i trasporti, come i proletari di Reggio Emilia che hanno occupato i pulman sino a che non hanno ottenuto i trasporti gratuiti. Ci prendiamo con la forza IL POTERE: perché solo la logica del PRENDERE paga! [...]. Il tempo che perdiamo nei trasporti è tempo che ci deve essere pagato. Per questo è giusto cominciare col non pagare l'abbonamento [...]. Però compagni, la lotta del proletariato pendolare [...] è solo un momento dell'assalto al potere dei maiali, per un potere proletario che, solo, potrà soddisfare i nostri reali interessi .[25]

Ma la lotta dei trasporti non può essere portata avanti ancora per molto tempo da SP che, proprio a febbraio, scompare come sigla scegliendo la clandestinità. I risultati pratici immediati non sono quindi molto apprezzabili. Tuttavia viene gettato un seme: dopo tre anni questo tema verrà ripreso e la lotta per i trasporti esploderà a livello di massa. In alcune province, sarà addirittura il sindacato a recuperarla e a farsi promotore di lotte analoghe, seppure dal contenuto piú annacquato (non piú trasporti gratis, ma autoriduzioni).

Lotte per la casa

Tra le lotte promosse da SP, quelle che hanno dato risultati pratici piú rilevanti sono senza dubbio quelle per la casa. Molto probabilmente furono proprio i compagni di Sinistra Proletaria a inventare lo slogan "LA CASA SI PRENDE L'AFFITTO NON SI PAGA" (giugno 1970) e a farne per primi un uso politico.
La lotta per la casa, come già quella per i trasporti, viene vista da questi compagni non come una rivendicazione a sé stante per migliorare le condizioni di vita dei proletari ma come un momento particolare dell'assalto al potere statuale: in questo senso bisogna essere preparati a fronteggiare la violenza della reazione, con la consapevolezza che non è possibile "prendere il potere in un quartiere solo" ma che la lotta va estesa a tutto il sistema:

Lo sciopero degli affitti non deve piú essere inteso come sciopero di difesa del nostro salario, ma [...] come momento di attacco alla struttura di potere [...] Nella misura in cui il nostro attacco saprà esprimersi a livello di massa sotto la forma di non pagare l'affitto, la violenza del sistema si espliciterà in tutta la sua chiarezza [...] noi dobbiamo saper esprimere la violenza necessaria per sconfiggere la violenza del sistema [...]. Con questo non ci dobbiamo illudere che sia possibile "prendere il potere in un quartiere solo" [...]. E' una lotta che segue i tempi dello scontro di classe aperto [...] che si esprime nelle fabbriche con la "non collaborazione," con l'attacco al rapporto salario-produttività, salario-mansione, con la lotta sulla limitazione dell'orario ecc., che individua nel riformismo e nel revisionismo due implacabili nemici della rivoluzione.[26]

SP promuove o dirige praticamente tutte le lotte per la casa sviluppatesi negli anni 1970-71 a Milano: Quarto Oggiaro, Gallaratese, Mac Mahon. Esiste una interessante testimonianza diretta della lotta nel Gallaratese, pubblicata sul n. 1/2 della rivista "Sinistra Proletaria."
Dopo un periodo di lavoro politico nel centro sfrattati di Novate, i compagni di SP promuovono un comitato di lotta. Dopo un assaggio di occupazione di due case a Quarto Oggiaro si decide di compiere un'azione di massa. Come obbiettivo viene scelto un palazzo di 14 piani dell'IACP nel Gallaratese:

Il comitato nominò tre capofamiglia che avevano il compito di occuparsi dei problemi tecnici, solo i componenti di questo comitato ristretto avrebbero saputo il giorno dell'occupazione [...]. Il problema piú complesso consisteva nel fare una occupazione improvvisa [...]. L'occupazione fu decisa per la notte del 2425 settembre. Solo il comitato ristretto dei tre capofamiglia conosceva il giorno esatto [...]. Le famiglie sono partite scaglionate: se la polizia avesse seguito e fermato una macchina le altre potevano proseguire...
Un compagno staffetta doveva trovarsi li e comunicare se nelle vicinanze c'era la polizia [...]. La polizia non c'era [...]. Alle 10,45 tutte le famiglie erano nel palazzo [...] l'azione era stata molto rapida
e silenziosa [...]. Immediatamente è stato organizzato un minimo di difesa portando dentro [...] mattoni e sassi [...]. La polizia saprà dell'occupazione la mattina dopo, leggendo il giornale! Nel corso della notte le case vicine sono state tappezzate da giornali (Di chi sono le nostre case) [Foglio di lotta di SP N.d.R.] e da manifesti (La casa si prende l'affitto non si paga). Una scritta enorme CASE OCCUPATE con l'aggiunta di bandiere rosse ha fatto andare in bestia la polizia [...]. Nel corso della mattinata è stata fatto l'errore piú grave dell'azione. Fidandosi di una voce messa in giro dalla polizia [...] i compagni hanno trascurato la difesa. L'errore lo si pagherà [...], 300 poliziotti interverranno con una azione molto rapida [...] sono riusciti a sfondare la porta nonostante il bombardamento con sassi e mattoni [...] dalle finestre. La polizia ha cacciato fuori tutti [...]. La risposta degli occupanti soprattutto delle donne proletarie è stata immediata [...]. La volontà di lottare e di vincere è apparsa [...] chiara nell'assemblea popolare [...] tutti gli interventi sono giunti alla stessa conclusione: la lotta sino alla vittoria, nessun cedimento, il bivacco davanti al palazzo sino a quando tutte le famiglie non avessero avuto una casa, se la polizia fosse intervenuta ancora erano pronti a resistere con la violenza [...]. Alle 23 c'è stata la prima carica, violentissima. Rabbiosa la risposta: parecchi poliziotti sono finiti all'ospedale, tra questi un capitano cui una donna ha fracassato in testa il bottiglione con dentro il latte per i suoi bambini. Cariche violente, uso di lacrimogeni.
[27]

Il giorno dopo, 26 settembre, vista la decisione mostrata dai proletari e la solidarietà da questi ricevuta nel quartiere, il potere deve cedere: la lotta violenta paga! Sinistra Proletaria diffonde il suo comunicato di vittoria:


Questa mattina le 20 famiglie proletarie hanno vinto e la loro vittoria è una vittoria di tutto il proletariato. I padroni dell'IACP hanno piegato la testa e sono stati costretti a "mollare" la casa a tutti e subito. Hanno vinto contro i padroni sconfiggendo le loro manovre, rispondendo con la violenza giusta e necessaria alla loro violenza bastarda. Hanno vinto contro i revisionisti e tutti gli altri "falsi amici del popolo" che predicavano la moderazione, che si affidavano unicamente alla trattativa, che accusavano il popolo che lotta di estremismo e di avventurismo. Dicevano che saremmo stati sconfitti, i revisionisti d'ogni specie! E invece abbiamo vinto! Ha vinto la nuova legge del popolo. [28]


Chiamata in causa, "l'Unità" replica il giorno dopo condannando la parola d'ordine di non pagare l'affitto "che non può essere accettata dal movimento operaio."

È del tutto evidente che la parola d'ordine di prendersi la casa e di non pagare l'affitto non può essere accettata dal movimento operaio. E' una parola d'ordine infantile e provocatoria che danneggia la lotta generale dei lavoratori per conquiste che assicurino a tutti migliori condizioni di vita [...]. Contro questo pericoloso tentativo di creare una situazione generale di violenza favorevole alle forze reazionarie, il movimento operaio e democratico deve reagire -con fermezza, isolando i gruppi della provocazione e rafforzando lo schieramento popolare e la lotta delle masse per una nuova politica di avanzata democratica.[29]

L'apparizione delle "Brigate Rosse"

Gli esempi di resistenza all'offensiva della destra imperialista si fanno sempre piú numerosi ed incisivi e cominciano a svilupparsi in termini militari. Il 20 ottobre 1970 in un foglio di lotta di SP, viene cosí data notizia dell'apparizione sulla scena politica delle Brigate Rosse:

L'autunno rosso è già cominciato


L'autunno che abbiamo davanti si presenta [...] come una scadenza di lotta decisiva nello scontro di potere [...]. Contro le istituzioni che amministrano il nostro sfruttamento, contro le leggi e la giustizia dei padroni, la parte piú decisa e cosciente del proletariato in lotta ha già cominciato a combattere per costruire una nuova legalità, un nuovo potere. Per costruire la sua organizzazione. Ne sono esempi: il sequestro e la gogna messi in atto a Trento dagli operai della Ignis contro i fascisti provocatori che avevano premeditatamente accoltellato due di loro; l'occupazione e la difesa delle case occupate, come unico modo per avere finalmente la casa [...]; l'apparizione di organizzazioni operaie autonome (Brigate Rosse) che indicano i primi momenti di autoorganizzazione proletaria per combattere i padroni e i loro servi sul loro terreno "alla pari," con gli stessi mezzi che essi utilizzano contro la classe operaia: diretti, selettivi, coperti come alla Siemens.
[30]

Appello per la nuova resistenza

Il discorso di SP si andrà, col tempo, sviluppando sempre piú in termini militari, fino al lancio di un appello per ORGANIZZARE LA NUOVA RESISTENZA:

Organizziamo la resistenza delle masse popolari...


È il tempo di organizzarci sulla linea di fuoco per radicare nelle lotte i contenuti della nuova pratica rivoluzionaria: la strategia della guerriglia di popolo. È il tempo di farsi avanti nello scontro generale per:
- radicare nelle masse proletarie in lotta il principio "non si ha potere politico se non si ha potere militare";
- educare attraverso l'Azione partigiana la sinistra proletaria e rivoluzionaria alla resistenza, alla lotta armata;
- smascherare la struttura oppressiva e repressiva del potere e gli apparati di disorganizzazione dell'unità di classe.
[31]


Questo appello riecheggia quello lanciato alcuni mesi prima dalla Gauche Proletarienne, l'organizzazione francese nata dalle ceneri del maggio '68, e sviluppatasi nel seno dell'autonomia operaia. Per riferimenti teorici, pratica sociale, forme di lotta, profonde sono le affinità di questa organizzazione con SP: "La nostra politica ha un nome la NUOVA RESISTENZA: la lotta violenta popolare dei partigiani [...]. L'ora della guerriglia è suonata."[32]
Quando la GP viene messa fuori legge cosí ne dà l'annuncio SP:

La GP è stata messa fuori legge. Perché? La risposta ufficiale è che la Gauche pratica la violenza di classe e che [...] fa propaganda per l'abbattimento violento dello stato borghese. È vero [...]. Gli operai sequestrano i padroni, sabotano la produzione, viaggiano gratis in metropolitana, gli studenti si battono contro i poliziotti, i piccoli commercianti lottano contro il governo, le avanguardie politiche sequestrano i prodotti dei supermercati di lusso e li distristribuiscono ai lavoratori immigrati baraccati [...]. Piú difficile sarà mettere fuori legge il proletariato francese. L'Indocina è molto piú vicina di quanto appaia sulla carta geografica"[33]

La lotta armata sembra diffondersi in tutta Europa. Anche in Germania è posta all'ordine del giorno dalla RAF, formazione derivata dalle lotte studentesche che però, operando in una situazione completamente diversa, è caratterizzata dalla mancanza di un minimo di radicamento in fabbrica e dalla scelta di forme di lotta diverse da quelle attuate dai compagni francesi e italiani.
"La guerriglia ormai uscita dalla sua fase iniziale [...] non appare piú come puro e semplice detonatore [...] ma ha conquistato l'ampiezza dell'unica prospettiva strategica che possa superare storicamente quella insurrezionale, ormai inadeguata e [...] penetra nella metropoli, saldando in una forma comune di lotta e strategia il proletariato mondiale. Il Capitale unifica il mondo nel suo progetto di contro-rivoluzionale armata; il proletariato si unifica nella guerriglia a livello mondiale.
L'ITALIA E L'EUROPA NON SONO ECCEZIONI STORICHE."[34]
Nel febbraio 1971 termina cosí la breve vita di SP. I compagni che l'avevano promossa, bruciano in pochi mesi questa esperienza legale, il cui naturale sbocco appare ormai la clandestinità.

  1. "Sinistra Proletaria," rivista, n. zero, luglio 1970.
  2. Ibidem.
  3. Foglio di lotta di Sinistra Proletaria, Chi ha paura della crisi, luglio 1970.
  4. Dall'editoriale del "Corriere della Sera," 7 luglio 1970.
  5. "Corriere della Sera," 7 luglio 1970.
  6. Foglio di lotta di Sinistra Proletaria del 20 ottobre 1970.
  7. Foglio di lotta di Sinistra Proletaria, Chi ha paura della crisi, luglio 1970.
  8. Ibidem.
  9. Foglio di lotta di Sinistra Proletaria del 21 novembre 1970.
  10. Foglio di lotta di Sinistra Proletaria, Chi ha paura della crisi, luglio 1970.
  11. Da "Sinistra Proletaria," foglio di lotta del CPM, giugno 1970.
  12. "Sinistra Proletaria," rivista, n. 1/2, settembre-ottobre 1970
  13. Ibidem.
  14. "Sinistra Proletaria," rivista, n. zero, luglio 1970.
  15. Dal ciclostilato Unica scuola lotta di classe, novembre 1970, reperibile presso l'Istituto Feltrinelli di Milano.
  16. Da "Sinistra Proletaria," rivista, n. zero, luglio 1970.
  17. Dal ciclostilato Unica scuola..., cit.
  18. Foglio di lotta di Sinistra Proletaria, I padroni la guerra ce l'hanno dichiarata, luglio 1970.
  19. Foglio di lotta di Sinistra Proletaria, Chi ha paura della crisi, luglio 1970.
  20. Sinistra Proletaria, foglio di lotta del CPM, Lotta per le riforme, lotte per il potere, giugno 1970.
  21. .Foglio di lotta di Sinistra Proletaria, 1 padroni la guerra..., cit.
  22. "Sinistra Proletaria," rivista, n. zero, luglio 1970.
  23. Foglio di lotta di Sinistra Proletaria, 21 novembre 1970.
  24. "Lotta Continua," quindicinale, 11 dicembre 1970.
  25. Foglio di lotta di Sinistra Proletaria, Prendiamoci i trasporti, febbraio 1971.
  26. "Sinistra Proletaria," rivista, n. 1/2, settembre-ottobre 1970.
  27. Ibidem.
  28. Volantino distribuito da Sinistra Proletaria, pubblicato anche su "Sinistra Proletaria," rivista, n. 112.
  29. "l'Unità," 27 settembre 1970.
  30. Foglio di lotta di Sinistra Proletaria del 20 ottobre 1970.
  31. Foglio di lotta di Sinistra Proletaria, Organizziamo la nuova resistenza, gennaio 1971.
  32. Da "Cahiers de la Gauche Proletarienne," n. 2, maggio 1970.
  33. Da Sinistra Proletaria, foglio di lotta del CPM, Lotta per le riforme, lotta per il potere, giugno 1970.
  34. "Sinistra Proletaria," rivista, n. 1/2, settembre-ottobre 1970.