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Ultimo aggiornamento teorico (aprile '75)

Nell'aprile 1975 le BR producono il documento teoricocomplessivo Risoluzione della direzione strategica[1] che costituisce a tutt'oggi il loro aggiornamento politico piú recente. Abbandonano per l'occasione il metodo "tupamaro" dell'intervista già adottato nelle tre precedenti occasioni (settembre '71, gennaio '73, maggio '74).

Aspetti economici e sociali della crisi

La nuova forma di esposizione consente di trattare, in maniera piú articolata, gli aspetti economici e sociali della crisi di regime la quale presenta secondo le BR tre caratteri fondamentali:
- sovrapproduzione;
- aumento dei costi delle materie prime (petrolio);
- caduta del saggio medio di profitto.
Dopo aver portato a sostegno delle loro tesi una serie di argomentazioni, su cui non ci soffermiamo, le BR arrivano a concludere che "lo stato assume in campo economico le funzioni di una grossa banca al servizio dei grandi gruppi imperialistici multinazionali [...]. Lo stato diventa espressione diretta dei grandi gruppi imperialistici multinazionali, con polo nazionale.
"Lo stato diventa cioè funzione specifica dello sviluppo capitalistico nella fase dell'imperialísmo delle multinazionali; diventa: STATO IMPERIALISTA DELLE MULTINAZIONALI; cioè anche in Italia si tenta di percorrere il modello americano-tedesco. "[2]
Si passa poi a discutere delle modificazioni sul tessuto di classe intervenute in Italia in questi ultimi anni.

La forte caduta del saggio medio di profitto produce una notevole diminuzione della forza lavoro utilizzata in rapporto alla popolazione complessiva. Tutto ciò produce e produrrà sul tessuto di classe modificazioni stabili che si possono cosí schematizzare. Rispetto alla popolazione complessiva si avrà:
a) una diminuzione continua di salariati con occupazione stabile; b) un aumento dell'esercito di riserva, cioè dei salariati con occupazione instabile;
c) un aumento di emarginati (quella parte della popolazione che sarà espulsa in modo definitivo dal processo capitalista); Rispetto ai comportamenti di classe si può cosí ipotizzare: a) salariati con occupazione stabile: una parte riflette il livello di coscienza immediata di difesa della loro condizione. Costoro formano la base materiale del riformismo. Un'altra parte, ed è lo strato piú produttivo (l'operaio della catena), sviluppa la coscienza rivoluzionaria, dell'abolizione del lavoro salariato.
b) emarginati: sono utilizzati dalla società dei consumi come consumatori senza salario. Da questa contraddizione nasce la "criminalità." L'utilizzo "economico" della criminalità da parte del capitalismo consiste nel fatto che essa contribuisce alla distruzione delle merci necessarie per poter continuare il ciclo. Per intenderci: si potrebbero benissimo costruire automobili a prova di ladro, ma ciò va contro gli interessi della FIAT. Una parte degli emarginati riflette a livello immediato la coscienza borghese: estremo individualismo, aspirazione ad un sempre maggior consumo. Un'altra parte riflette la coscienza rivoluzionaria dell'abolizione della loro condizione di emarginati, da cui l'abolizione della società fondata sul lavoro salariato;
c) esercito di riserva: i livelli di coscienza sono dati dall'intreccio dei livelli riscontrabili all'interno dei salariati con occupazione stabile e degli emarginati.
[3]

Il progetto politico democristiano

Si passa poi a illustrare la sostanza del progetto politico democristiano che vede, nell'aprile 1975, in Fanfani il principale protagonista. Gli argomenti sono in gran parte gli stessi riportati nell'opuscolo Contro il neogollismo, dell'aprile 1974:

Se gli anni 1970-74 sono stati caratterizzati da forti contraddizioni all'interno della borghesia (per esemplificare scontro Montedison-FIAT), contraddizioni che hanno spaccato verticalmente la struttura dello stato, del partiti, delle forze sindacali, il periodo attuale sembra caratterizzato da una raggiunta fase di "armistizio" fra i vari gruppi capitalistici italiani: cioè di fronte all'acutizzarsi della crisi, i vari gruppi capitalistici hanno serrato le fila...
Armistizio non significa però fino delle contraddizioni all'interno del fronte borghese, significa semplicemente un congelamento momentaneo di queste contraddizioni...
Sarebbe comunque un errore pensare che le contraddizioni che dividono il fronte della borghesia siano contraddizioni di carattere antagonista. Esse sono semplicemente varianti tattiche dello stesso progetto: la costruzione dello Stato Imperialista delle Multinazionali...
Il progetto politico della DC, che trova in questo momento il suo piú autorevole interprete in Fanfani, mira a fare della DC stessa l'asse portante di questo progetto dello Stato Imperialista.
Ponendosi in ogni momento come gestore dell"`armistizio" raggiunto, la DC cerca di essere l'elemento di continua mediazione dialettica fra gli interessi dei vari gruppi capitalisti...
È chiaro che questo processo però non avverrà in modo certamente pacifico, ma andrà assumendo sempre piú i caratteri della "guerra civile"...
Piú in particolare il progetto politico democristiano, apertamente sostenuto anche da Tanassi, da Sogno e da Almirante, si propone di costruire intorno al blocco integralista della DC un piú vasto e articolato "blocco storico" apertamente reazionario e controrivoluzionario, funzionale allo Stato Imperialista... Emblematica a riguardo è la questione dell"`ordine pubblico" e della guerra alla "criminalità politica" che, piú che a guadagnare voti, punta alla militarizzazione preventiva del territorio e della lotta di classe, ovvero è direttamente strumentale alla necessità di ricostruire un quadro di valori di massa che consentano la ristrutturazione e la concentrazione di tutti i poteri dello stato nella prospettiva della guerra civile controrivoluzionaria...
Ciò che la DC vuole è uno scontro aperto tra le forze rivoluzionarie e progressive ed il blocco storico controrivoluzionario [...]. Essa si propone di garantire ai padroni delle Multinazionali Imperialiste:
1) il rafforzamento delle strutture e dell'organico militare nei due sensi di una funzionalizzazione ai progetti NATO e della specializzazione antiguerriglia contro la sovversione interna;
2) la creazione di una "magistratura di regime" e l'irrigidimento dei provvedimenti penali su quei capitoli particolarmente inerenti alla guerra di classe, dalle norme sulla detenzione delle armi, a quelle sulla carcerazione preventiva, al fermo di polizia, al confino, alle pene esemplari per i militanti rivoluzionari;
3) l'adozione di misure "preventive" come la militarizzazione delle grandi città, delle istituzioni, degli uomini piú esposti del regime.
E piú in generale, proprio per realizzare questi obiettivi col minor numero di contraddizioni, essa punta ad una precisa riforma costituzionale, all'elezione diretta del presidente della repubblica e ad un deciso aumento di potere dell'esecutivo: in breve alla cosiddetta "Repubblica Presidenziale."
Ristrutturare lo stato per battere il movimento operaio sul terreno della guerra civile: questa è l'essenza del progetto politico democristiano.
[4]

II "patto corporativo"

Mentre Fanfani vuole uno scontro aperto con il movimento operaio e la creazione di un blocco controrivoluzionario, Agnelli propone un patto sociale, di conciliazione tra le classi, che le BR definiscono "patto corporativo."
Questa tendenza del grande capitale secondo le Brigate Rosse non solo non è in contrasto con il progetto fanfaniano, ma ne costituisce addirittura una variante funzionale. Essa non è tattica, ma strategica:

Il tentativo di costruire legami corporativi tra la classe imprenditoriale del regime e le organizzazioni sindacali dei lavoratori è funzionale piú di quanto si creda alla formazione dello Stato Imperialista.
Agnelli, in quanto portavoce dell'intero padronato, lo aveva anticipato nel suo primo discorso da presidente della Confindustria, quando sostenne la necessità di "addivenire ad un patto sociale che, a trent'anni dall'aprile '45, ridifinisca gli obiettivi nazionali del popolo italiano in vista degli anni '80 e '90..."
Ciò che ci interessa è che il "patto sociale" viene giustificato non in funzione "anticongiunturale," dunque come accordo tattico, ma come esigenza intrinseca della società industriale avanzata e perciò come progetto di stabilizzazione per gli anni '80!
L'operazione di ingabbiamento che esso presuppone può essere definita: incorporazione organica della classe operaia dentro il capitale e dentro lo stato. Essa segue la logica che la classe operaia per salvare se stessa, deve salvare il padrone; per salvare il padrone, deve salvare lo stato; per salvare lo stato, deve assumersi i costi economici della riconversione produttiva ed i sacrifici della ristrutturazione imperialista. È una logica miserabile e val la pena di tenerne conto solo perché essa è fatta propria dai vertici sindacali e da quelli del Partito comunista.
[5]

II compromesso storico

Secondo le BR, il PCI non individua l'antagonismo esistente tra socialimperialismo e rivoluzione. Di qui la proposta del compromesso storico, di cui però le Brigate Rosse non sottovalutano "la funzione ambivalente che nei tempi brevi questa linea svolge entro la crisi del regime":

Nella sinistra ufficiale non vi è comprensione delle profonde trasformazioni strutturali e politiche che si stanno compiendo per opera della DC e della Confindustria all'interno della controrivoluzione globale imperialista.
Soprattutto il PCI dimostra la sua incapacità ad indicare una strategia di classe alternativa. La linea ribadita al XIV Congresso ne è una dimostrazione definitiva.
La "strategia" del compromesso storico affonda i suoi presupposti in due incomprensioni decisive: il carattere guerrafondaio dell'imperialismo, e il carattere reazionario e imperialista della DC.
Berlinguer, questo Kautskij in sedicesimo, indica come tendenza a livello mondiale, e ne scorge perfino conferme dal comportamento degli USA, la politica della "coesistenza" e della "cooperazione" giungendo a profetizzare "un sistema di cooperazione e integrazione cosí vasto da superare progressivamente la logica dell'imperialismo e del capitalismo e da comprendere i piú vari aspetti dello sviluppo economico e civile dell'intera umanità."
Non c'è antagonismo per Berlinguer tra imperialismo, socialimperialismo e rivoluzione, ma contraddizioni in via di soluzione «pacifica" e "civile."
La realtà lo smentisce.
La tendenza generale oggi nel mondo è quella che indicano i compagni cinesi: è la rivoluzione.
Imperialismo e socialimperialismo si trovano sempre piú spesso in aperta contraddizione e le guerre di liberazione dei popoli conoscono nuove vittorie. Cosí è in Vietnam, in Cambogia o per altro verso in Portogallo...
... Il compromesso storico non corrisponde ad un bisogno politico di classe, ma piú riduttivamente ad un tornaconto opportunista di uno strato di classe che dal rafforzamento del sistema imperialista realizza alcuni miserabili vantaggi.
Per questo il PCI si oppone ormai violentemente al movimento rivoluzionario e alle forze di classe da cui quest'ultimo trae forza ed alimento.
Per questo i disegni revisionisti verranno certamente sconfitti. Non bisogna tuttavia sottovalutare la funzione ambivalente che nei tempi brevi la linea del "compromesso storico" svolge entro la crisi di regime:
- da un lato costituisce un potente fattore di crisi politica del regime; incute terrore ed accelera contraddizioni nei settori piú conservatori e piú reazionari;
- dall'altro evita che il paese diventi ingovernabile, e cioè ostacola lo sviluppo della guerra di classe.
Perché ciò significa che, mentre i settori conservatori o reazionari, preoccupati della piega degli avvenimenti, progettano e alimentano disegni di sopravvivenza apertamente controrivoluzionari, larghi settori del movimento operaio e popolare rimangono catturati nella trappola paralizzante della linea del "compromesso." E questa linea, congelando le forze di classe, ritarda ed ostacola la presa di coscienza a livello di massa della necessità della guerra, e questo proprio nel momento in cui la situazione è assai favorevole per le forze rivoluzionarie.
[6]

La linea delle BR: l'attacco al cuore dello stato

Oltre alle già note argomentazioni sull'attacco al cuore dello stato, contenute in documenti precedentemente diffusi, si sottolineano, quasi come risposta alle accuse di "megalomania" da piú parti espresse, i limiti dell'accumulazione di forze rivoluzionarie sul terreno della lotta armata, che non consentono il passaggio ad una nuova fase di guerra:

La nostra linea entro questo quadro generale di progetti e di contraddizioni resta quella di unificare e di rovesciare ogni manifestazione parziale de11'antagonismo proletario in un attacco convergente al "cuore dello stato."
Essa prende l'avvio dalla considerazione del tutto evidente che è lo Stato Imperialista [...] ad imporre il progetto complessivo di ristrutturazione [...] e che perciò al di fuori del rapporto classe operaia-stato, non si dà, come del resto non è mai data, lotta rivoluzionaria.
Obbiettivo intermedio è il collasso e la crisi definitiva del regime democristiano, premessa necessaria per una "svolta storica" per il comunismo.
Compito principale dell'azione rivoluzionaria in questa fase è dunque la massima disarticolazione politica possibile tanto del regime, che dello stato. E cioè il massimo sviluppo possibile di contraddizioni politiche tra le istituzioni e all'interno di ognuna di esse; tra i diversi progetti tattici di soluzione della crisi e all'interno di ciascuno di essi.
Il passaggio ad una fase piú avanzata di disarticolazione militare dello stato e del Regime è prematuro e dunque sbagliato per due ordini di motivi:
1) la crisi politica del regime è molto avanzata, ma ancora non siamo vicini al "punto di tracollo";
2) l'accumulazione di forze rivoluzionarie sul terreno della lotta armata, seppure ha visto negli ultimi due anni una grande accelerazione, ancora non è tale per espansione sul territorio e per maturità politica e militare da consentire il passaggio ad una nuova fase della guerra.
La distruzione del nemico e la mobilitazione politica e militare delle forze popolari non possono che andare di pari passo. Il rafforzamento del potere proletario è in altri termini condizione e premessa del passaggio alla fase piú avanzata della disarticolazione militare del regime e dello stato nemico
.[7]

La guerriglia urbana e le "assemblee autonome"

I capitoli riguardanti la guerriglia urbana e le "assemblee autonome," sono di gran lunga i piú importanti del documento. Seppure la critica della dicotomia tra partito e braccio armato è vecchia di anni, il rifiuto ora ribadito dalle Brigate Rosse a considerarsi "braccio armato" della autonomia, introduce un elemento dinamico nella discussione in atto nelle "assemblee autonome" e nel "movimento" in genere:

La guerriglia urbana gioca un ruolo decisivo nell'azione di disarticolazione politica del regime e dello stato. Essa colpisce direttamente il nemico e spiana la strada al movimento di resistenza.
È intorno alla guerriglia che si costruisce ed articola il movimento di resistenza e l'area dell'autonomia e non viceversa. Allargare quest'area vuol dire dunque in primo luogo sviluppare l'organizzazione della guerriglia, la sua capacità politica e di fuoco.
Sono sbagliate tutte quelle posizioni che vedono la crescita della guerriglia come conseguenza dello sviluppo dell'area legale o semilegale della cosiddetta "autonomia."
È bene far chiarezza su questo punto. Entro quella che viene definita "area dell'autonomia" si ammucchiano e stratificano posizioni diversissime. Alcuni, che definiscono la loro collocazione all'interno dello scontro di classe per via "soggettiva," si riconoscono parte di questa area piú per imporre al suo interno bisogni e problemi ad essa estranei e cioè per "recuperarla sul terreno della politica" che per favorirne la progressiva definizione rivoluzionaria, strategica, tattica ed organizzativa.
A nostro giudizio l'intera questione va affrontata a partire dallo `strato di classe che piú di ogni altro subisce l'intensificazione dello sfruttamento conseguente ai progetti di ristrutturazione capitalistica ed imperialistica...
... Le "assemblee autonome" non sono l'avanguardia di questo strato di classe [...]. Al loro sorgere esse hanno costituito un fattore decisivo nel processo di superamento del "gruppismo," ma oggi rischiano di finire esse stesse nel culo di sacco di quella impostazione.
Ciò che le predispone a questo pericolo è il "feticcio della legalità" e cioè l'incapacità di uscire dalla falsa contrapposizione tra "legalità" e "illegalità." In altre parole le assemblee autonome
non riescono a porre la questione della organizzazione a partire dai bisogni politici reali e cosí finiscono per delimitare questi ultimi entro il tipo di organizzazione legale che si sono date.
Tagliano il piede per farlo entrare nella scarpa!
Alcuni maggiormente consapevoli della contraddizione in cui si dibattono, giungono ad ammettere un dualismo d'organizzazione e cosí a riproporre l'improponibile teoria del "braccio armato," nell'antica logica fallimentare terzinternazionalista.
Ma, pena l'estinzione della loro funzione rivoluzionaria, esse in questa nuova situazione devono fare un salto dialettico se vogliono rimanere aderenti all'assunto fondamentale di organizzare sul terreno della guerra di classe l'antagonismo proprio dello strato "oggettivamente" rivoluzionario.
Fuori di questa prospettiva non c'è che minoritarismo o subalternità al revisionismo.
La guerriglia urbana organizza il "nucleo strategico" del movimento di classe, non il braccio armato.
Nella guerriglia urbana non ci sono contraddizioni tra pensare ed agire militarmente e dare il primo posto alla politica. Essa svolge la sua iniziativa rivoluzionaria secondo una linea di massa politicomilitare.
Linea di massa per la guerriglia non vuol dire, come qualcuno fraintende, "organizzare il movimento di massa sul terreno della lotta armata," o perlomeno non vuol dire questo in questo momento.
Nell'immediato, l'aspetto fondamentale della questione rimane la costruzione del Partito Combattente come reale interprete dei bisogni politici e militari dello strato di classe "oggettivamente" rivoluzionario e l'articolazione di organismi di combattimento a livello di classe sui vari fronti della guerra rivoluzionaria.
La differenza non è da poco e vale la pena di esplicitarla poiché essa nasconde una divergenza sulla questione dell'organizzazione che non è secondaria.
La sostanza della divergenza sta nel fatto che la prima tesi appiattisce fino a dissolverla l'organizzazione del "movimento," che nello stesso tempo viene gonfiato fino a raggiungere dimensioni mitiche; la seconda concepisce organizzazione e movimento come realtà nettamente distinte e in perenne dialettica tra loro.
Il Partito Combattente è partito di quadri combattenti. È dunque reparto avanzato e armato della classe operaia e perciò nello stesso tempo distinto e parte organica di essa.
Il movimento è una realtà complessa e disomogenea in cui coesistono e si combattono molteplici livelli di coscienza. E' impensabile, e soprattutto impossibile, "organizzare" questa molteplicità di livelli di coscienza sul "terreno della lotta armata." Vuoi perché questo terreno, pur essendo strategico, non è ancora quello principale; vuoi perché il nucleo che costruisce il Partito Combattente, e cioè le BR, non ha certamente maturato le capacità politiche, militari e organizzative necessarie allo scopo.
Non si tratta di "organizzare il movimento di massa sul terreno della lotta armata" ma di radicare l'organizzazione della lotta armata e la coscienza politica della sua necessità storica nel movimento di classe.
Questo rimane il principale obbiettivo del Partito Combattente in costruzione in questa fase.
Per l'insieme di motivi che abbiamo discusso, il livello di scontro adeguato a questa fase resta quello della propaganda armata.
Gli obiettivi principali dell'azione di propaganda armata sono
tre:
- creare il maggior numero possibile di contraddizioni politiche all'interno dello schieramento nemico e cioè disarticolarlo, disfunzionarlo;
- battere la pista al movimento di resistenza praticando terreni di scontro spesso sconosciuti ma non per questo meno essenziali;
- organizzare lo strato di classe avanzato nel partito e in organismi di combattimento a livello di classe sui vari fronti della guerra.
La propaganda armata realizzata attraverso l'azione di guerriglia indica una fase della guerra di classe e non come qualcuno ritiene una "forma di lotta." A questa fase segue quella della "guerra civile guerreggiata," in cui compito principale dell'avanguardia armata sarà quello di disarticolare, anche militarmente, la macchina burocratica e militare dello stato e spezzarla.
[8]

  1. Risoluzione della direzione strategica, aprile 1975. Ampi stralci sono stati riportati in "Gente," n. 40, 6 ottobre 1975 e in "L'Espresso," n. 41, 12 ottobre 1975.
  2. Ibidem
  3. Ibidem
  4. Ibidem
  5. Ibidem
  6. Ibidem
  7. Ibidem
  8. Ibidem