Biblioteca Multimediale Marxista
Ampi estratti del discorso pronunciato il 9 settembre 1986 del compagno Giovanni Scuderi: La concezione di Mao del mondo e l'attuale lotta di classe
(...)Già Gramsci e Togliatti, che non si sono mai liberati
della loro origine e formazione idealistica crociana, avevano accortamente e
gradualmente svuotato dei suoi contenuti di classe e distorto il marxismo-leninismo,
ma i loro successori - Longo, Berlinguer e Natta - hanno completato tale opera
cancellando nella mente del proletariato -- e non solo nello statuto del partito
-- ogni traccia dell'ideologia e della teoria comunista. Fino al punto che il
proletariato italiano di oggi, specialmente le nuove generazioni, non conosce
quasi per niente la concezione del mondo che gli è propria.
E' quindi nostro compito rivoluzionario imprescindibile ostacolare il processo
di deideologizzazione, decomunistizzazione e socialdemocratizzazione e armare
le masse operaie, lavoratrici, contadine, giovanili e femminili con la concezione
proletaria del mondo. Il presidente Mao ha indicato: ``Nell'epoca presente dello
sviluppo della società, la storia ha posto sulle spalle del proletariato
e del suo partito la responsabilità della giusta conoscenza e della trasformazione
del mondo''(1).
Certamente noi non abbiamo la forza, la capacità, l'esperienza e le conoscenze
del presidente Mao, e mentre lui è un faro anche sul piano filosofico
e teorico, noi siamo un semplice lucignolo, eppure abbiamo il dovere di fare
quanto ci sarà possibile affinché finalmente gli operai e le masse
conoscano, si impadroniscano e usino la concezione proletaria del mondo per
trasformare il mondo e se stessi.
Due concezioni del mondo si contendono l'egemonia delle masse
``Per quel che concerne la concezione del mondo- afferma Mao - nel mondo attuale
ci sono fondamentalmente solo due `scuole', quella della borghesia e quella
del proletariato. O si accetta la concezione proletaria del mondo o si accetta
quella della borghesia. La concezione comunista del mondo è la concezione
del mondo del proletariato e non la concezione del mondo di altre classi(2).
Si tratta di due concezioni del mondo antagonistiche e inconciliabili che riflettono
sul piano del pensiero gli interessi contrastanti fra il proletariato e la borghesia.
Esse si contendono palmo a palmo il terreno culturale, filosofico e ideologico,
la concezione del mondo investe globalmente ogni singolo individuo nel modo
di pensare, vivere, vedere le cose, operare. La posizione di classe, l'atteggiamento
e i sentimenti politici e sociali, lo spirito, l'intelletto e il cuore dipendono
tutti dalla concezione del mondo.
Ogni individuo, classe o partito ha i suoi maestri, i suoi ideologi cui si riferisce
e si ispira per difendere i propri interessi economici e sociali. Indipendentemente
dal fatto che se ne abbia coscienza o no. Questa è una verità
riscontrabile continuamente nella pratica. Non a caso Mao rileva che ``nella
società divisa in classi, ogni individuo vive come membro di una determinata
classe e ogni pensiero, senza eccezioni, porta un'impronta di classe"(3).
Chiunque può rendersene conto riflettendo su se stesso, sui compagni,
sulle persone che gli stanno accanto e analizzando e confrontando il pensiero
e il modo di fare dei grandi capitalisti con quello del proletariato cosciente.
Da quando si sono costituite le classi, verso la fine del comunismo primitivo
e col sorgere della proprietà privata, si sono formate due concezioni
del mondo: quella degli sfruttati e degli oppressi e quella degli sfruttatori
e oppressori. Tali concezioni del mondo a un certo punto, quando l'uomo è
stato capace di sintetizzare il suo pensiero e trasmetterlo in qualche forma,
si sono concentrate rispettivamente nel materialismo e nell'idealismo, i quali
si sono confrontati e scontrati per contendersi l'egemonia culturale e morale
delle masse. Nel corso della storia, il materialismo ha avuto fondamentalmente
un carattere progressivo, mentre l'idealismo, specie se sposato con la metafisica,
tendeva a bloccare l'emancipazione ideologica, sociale e politica dei lavoratori.
Mao sottolinea che ``Nella storia della conoscenza umana sono sempre esistite
due concezioni delle leggi di sviluppo del mondo: una metafisica, l'altra dialettica;
esse danno vita a due concezioni del mondo opposte fra loro. Lenin dice: `Le
due concezioni fondamentali (o le due possibili? o le due osservate nella storia?)
dello sviluppo (evoluzione) sono: lo sviluppo come diminuzione e aumento, come
ripetizione, e lo sviluppo come unità degli opposti (sdoppiamento dell'uno
in opposti che si escludono reciprocamente, e loro rapporto reciproco).' Lenin
si riferisce qui appunto a queste due diverse concezioni del mondo''(4).
Va tuttavia ricordato che la dialettica, così come il materialismo, assume
un carattere veramente scientifico con la elaborazione da parte di Marx ed Engels
del materialismo dialettico e del materialismo storico, che vengono così
a costituire la concezione proletaria del mondo. La dialettica con Hegel e il
materialismo con Feuerbach avevano già ricevuto un grosso sviluppo sul
piano della filosofia borghese, ma è con Marx e con Engels che esse fanno
un salto di qualità, ripuliti da ogni scoria e residuo idealistici diventano
scientifici, un metodo per conoscere e trasformare la realtà in senso
socialista, una concezione proletaria del mondo.
Il materialismo dialettico e storico non cade quindi dal cielo, non è
nato improvvisamente e da elucubrazioni astratte, ma è il frutto dell'assimilazione
e della rielaborazione da parte di Marx ed Engels di quanto era stato elaborato
fino a quel momento in campo filosofico. La grande scoperta scientifica del
materialismo dialettico e storico costituisce in un tempo lo sviluppo del pensiero
filosofico progressista di tutti i tempi e la formulazione originale e inedita
della filosofia proletaria, cioè la concezione proletaria del mondo.
Il materialismo dialettico e storico è quindi il prodotto della lotta
di classe, ed è nato e si è sviluppato nella lotta contro la concezione
borghese del mondo, segnatamente contro il liberalismo e l'idealismo, per la
distruzione del sistema ideologico borghese, nonché l'intero ordinamento
capitalistico.
Mao così spiega l'apporto dei maestri suoi predecessori al materialismo
dialettico e storico: ``Al tempo della società feudale, non era possibile
conoscere in antecedenza le leggi della società capitalistica perché,
non essendo ancora apparso il capitalismo, mancava la pratica ad esso corrispondente.
Il marxismo poteva essere soltanto un prodotto della società capitalistica.
Al tempo del capitalismo premonopolistico, Marx non poteva conoscere in antecedenza
e in concreto certe leggi specifiche proprie dell'epoca dell'imperialismo, poiché
l'imperialismo, fase suprema del capitalismo, non era ancora apparso e mancava
la pratica a esso corrispondente; soltanto Lenin e Stalin furono in grado di
assumersi questo compito. Marx, Engels, Lenin e Stalin poterono formulare le
loro teorie non solo per la loro genialità ma, soprattutto, perché
parteciparono alla pratica della lotta di classe e della sperimentazione scientifica
del loro tempo; se fosse mancata questa condizione, nessun genio avrebbe potuto
riuscirvi''(5).
La concezione proletaria del mondo si fonda dunque sul materialismo dialettico
e storico. Ma quali sono i caratteri fondamentali di tale filosofia? Eccoli
in estrema sintesi e in base a ciò che ci preme mettere in risalto in
questa occasione.
Il materialismo dialettico ha scoperto -- e continua a scoprire -- le leggi
che regolano e governano lo sviluppo del movimento, della natura, dei fenomeni,
delle cose e dell'universo. Engels sostiene che ``la dialettica non è
niente altro che la scienza delle leggi generali del movimento e dello sviluppo
della natura, della società umana e del pensiero''(6).
Il materialismo dialettico considera la realtà, la natura, la materia,
fonte di ogni conoscenza e produttrice dello spirito e del pensiero. Esso dà
una risposta scientifica basata sui fatti, sui fenomeni naturali, sulla realtà
obiettiva, sul passato della Terra e sulla creazione del mondo. Come rileva
Lenin, il materialismo dialettico dimostra ``che la terra esisteva prima di
qualsiasi altra forma sociale, prima del genere umano, prima della materia organica,
che essa è esistita per un tempo determinato, in uno spazio determinato
rispetto agli altri pianeti''(7).
Il materialismo dialettico esclude pertanto che al di fuori e al di sopra della
natura, della materia e dell'universo ci sia una forza esterna, superiore e
divina che abbia creato il mondo e l'essere umano.
Il materialismo dialettico è il contrario del dogmatismo, delle certezze
assolute e perentorie, da accettare ``per fede''. è il contrario anche
della metafisica, cioè delle affermazioni che non hanno un fondamento
nella realtà, non dimostrabili nella pratica attraverso l'esperienza
dell'uomo.
``La metafisica, o evoluzionismo volgare, - afferma Mao - considera tutte le
cose del mondo come isolate e statiche, le considera unilateralmente. Una tale
concezione del mondo considera tutte le cose del mondo, le loro forme e categorie,
come eternamente isolate le une dalle altre ed eternamente immutabili. Anche
se riconosce le modificazioni, le considera soltanto come aumento o diminuzione
quantitativa o come semplice spostamento. E le cause di questo aumento, diminuzione
o spostamento non si trovano nelle cose stesse, ma fuori di esse, ossia nell'azione
di forze esterne.
I metafisici ritengono che le diverse cose del mondo e le loro proprietà
rimangono immutate dal momento in cui cominciano a esistere, e che le loro successive
modificazioni siano soltanto aumenti o diminuzioni di quantità. Essi
ritengono che una cosa possa soltanto riprodursi all'infinito, ma non trasformarsi
in un'altra cosa, in una cosa diversa.
Secondo i metafisici, lo sfruttamento capitalistico, la concorrenza capitalistica,
l'ideologia individualistica della società capitalistica, ecc., tutto
questo si trova anche nell'antica società schiavistica, anzi persino
nella società primitiva, ed esisterà eternamente e immutabilmente.
Essi spiegano le cause dello sviluppo della società ricorrendo a condizioni
a esse esterne: l'ambiente geografico, il clima, ecc.. Cercano in modo semplicistico
di trovare le cause dello sviluppo fuori delle cose, negando la tesi della dialettica
materialistica, secondo cui lo sviluppo è determinato dalle contraddizioni
interne, inerenti alle cose. Perciò essi non sono in grado di spiegare
né la molteplicità qualitativa delle cose né il fenomeno
della trasformazione di una qualità in un'altra. In Europa questo modo
di pensare trovò nei secoli XVII e XVIII la sua espressione nel materialismo
meccanicistico e, verso la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, nell'evoluzionismo
volgare''(8).
Vi è un altro aspetto molto importante nel materialismo dialettico, si
tratta di questo: negli oggetti e nei fenomeni della natura -- la quale è
in perpetuo stato di movimento, di cambiamento, di rinnovamento e di sviluppo
-- vi sono delle contraddizioni interne attraverso le quali -- nella lotta tra
gli opposti, tra il nuovo e il vecchio, tra ciò che nasce e ciò
che muore, tra ciò che si sviluppa e ciò che deperisce -- avviene,
per salti di qualità dopo un accumulo di cambiamenti quantitativi il
processo di sviluppo della natura. Secondo il materialismo dialettico, la legge
dell'unità degli opposti è la legge fondamentale della natura,
della società e del pensiero umano.
A tale proposito Mao esprime dei concetti molto chiari e convincenti. Eccoli:
``Secondo la dialettica materialistica, le modificazioni della natura sono dovute
principalmente allo sviluppo delle sue contraddizioni interne.
Le trasformazioni della società sono dovute principalmente allo sviluppo
delle contraddizioni esistenti all'interno di questa, cioè delle contraddizioni
tra le forze produttive e i rapporti di produzioni, delle contraddizioni tra
le classi, delle contraddizioni tra il vecchio e il nuovo. è lo sviluppo
di queste contraddizioni che spinge la società in avanti, che conduce
alla sostituzione della vecchia società con la nuova. Esclude la dialettica
materialistica le cause esterne? No, non le esclude. Secondo la dialettica materialistica,
le cause esterne sono la condizione delle trasformazioni e le cause interne
ne sono la base; le cause esterne operano attraverso quelle interne. L'uovo,
quando riceve un'adeguata quantità di calore, si trasforma in pulcino;
ma il calore non può trasformare in pulcino una pietra, perché
la base è diversa''(9).
Come abbiamo visto rapidamente, il materialismo dialettico si basa e dipende
dalla pratica e serve la pratica. Mao infatti afferma: ``Da dove provengono
le idee giuste? Cadono dal cielo? No. Sono innate? No. Esse provengono dalla
pratica sociale, e solo da questa. Provengono da tre tipi di pratica sociale:
la lotta per la produzione, la lotta di classe e la sperimentazione scientifica''(10).
Cosicché il materialismo dialettico può essere sintetizzato con
questa immagine: ``l'uomo che cammina sulle gambe'', mentre l'idealismo con
l'immagine opposta: ``un uomo che cammina sulla testa''.
Diciamo ora qualcosa sul materialismo storico. Il materialismo storico, avvalendosi
della dialettica, ha scoperto -- e continua a scoprire -- le leggi che regolano
e governano lo sviluppo storico della società umana. ``Il materialismo
storico - spiega Stalin - estende i principi del materialismo dialettico allo
studio della vita sociale, li applica ai fenomeni della vita sociale, allo studio
della società, allo studio della storia della società''(11).
Il materialismo storico è quindi la concezione scientifica della storia,
una concezione militante e non contemplativa il cui scopo fondamentale è
quello di cambiare il mondo. Infatti nelle ``Tesi su Feuerbach'' stese nella
primavera del 1845, che costituiscono, come dice Engels, ``il germe geniale
della nuova concezione del mondo'', Marx afferma: ``I filosofi hanno solo interpretato
il mondo in modi diversi; si tratta però di mutarlo''.
Così possono essere riassunti gli elementi costitutivi del materialismo
storico.
Primo. Come afferma il ``Manifesto del Partito comunista'' di Marx ed Engels,
un'opera fondamentale che esprime in maniera sistematica e integrale il materialismo
storico e la concezione proletaria del mondo, ``la storia di ogni società
finora esistita è storia di lotta di classe''. Engels preciserà
successivamente: ``ad eccezione della storia delle comunità primitive''(12).
Ciò costituisce un colpo definitivo all'idealismo storico che da millenni
afferma che la storia dell'umanità non è fatta dai popoli ma dagli
imperatori, dai re, dai condottieri militari, dai governi e dai parlamentari,
in genere dai capi, dagli eroi e dalle personalità; e che non è
la rivoluzione sociale all'origine del cambiamento della situazione ma i favori
concessi dai suddetti personaggi.
Quasi cento anni dopo, Mao riprenderà e rafforzerà tale concetto
storico di Marx ed Engels con questa stupenda ed efficace espressione: ``Il
popolo, e solo il popolo, è la forza motrice che crea la storia del mondo''(13).
Secondo. La struttura economica è la base di ogni società sulla
quale si edifica la sovrastruttura statale, cioè l'ordinamento istituzionale,
militare, giuridico e amministrativo, la cultura, la morale, le idee sociali,
ecc. Questo significa che ogni tipo di società, del passato e del presente
``si modella -- come dice Engels -- su ciò che si produce, sul modo come
si produce e sul modo come si scambia ciò che si produce''(14). Questo
significa che lo sviluppo della storia umana avviene, in ultima istanza, per
i diversi mutamenti dei vari sistemi economici e dei vari modi di produzione
e di scambio. Le diverse e successive economie finora conosciute delle comunità
primitive, della società schiavistica, della società feudale,
della società capitalistica e della società socialista rappresentano
le varie tappe dello sviluppo della storia umana. I cambiamenti sociali e i
rivolgimenti politici non vanno dunque ricercati, sempre a detta di Engels,
``nella filosofia, ma nell'economia dell'epoca che si considera''(15).
Ma ciò non vuol dire che l'economia sia l'unico fattore determinante
dello sviluppo storico. Anche le diverse componenti della sovrastruttura, comprese
le idee delle persone, esercitano la loro influenza nella storia. A riprova,
basti pensare al ruolo che ha svolto la sovrastruttura nella rivoluzione e nella
controrivoluzione in Russia e in Cina.
Terzo. Come afferma Marx, ``non è la coscienza degli uomini che determina
il loro essere sociale, ma è, al contrario, il loro essere sociale che
determina la loro coscienza''(16). Ciò significa che viene prima l'essere
e poi le idee, il pensiero e la coscienza, le quali sono tutte quante il riflesso
nella mente degli esseri umani di ciò che è nella realtà
oggettiva. è questa realtà oggettiva, la vita materiale della
società, che forma in ultima analisi le idee, il pensiero e la coscienza
degli individui e non viceversa. Più in generale, le condizioni della
vita materiale e non la sovrastruttura sono l'origine delle idee e delle teorie
sociali, della vita spirituale della società, delle concezioni politiche
e delle istituzioni politiche. Cosicché a ogni differente periodo della
storia dell'umanità, corrispondono determinate idee sociali, teorie,
concezioni e istituzioni politiche della società.
Di conseguenza è necessario basare la nostra azione politica non sui
principi astratti ma sulle condizioni della vita materiale della società,
sulle esigenze reali e concrete dello sviluppo della vita materiale della società.
Inoltre perché vi sia uno sconvolgimento e un cambiamento radicale nella
coscienza delle persone, occorre che cambino il sistema sociale, le condizioni
materiali dell'essere.
Quarto. L'origine dello sfruttamento capitalistico sta nel plusvalore, cioè
nell'``appropriazione di lavoro non pagato''(17). Questa geniale scoperta di
Marx ha svelato il carattere più nascosto del capitale, il meccanismo
recondito della produzione capitalistica e della produzione del capitale. Con
ciò Marx ha tolto ai revisionisti e ai riformisti ogni argomentazione
seria per fare accettare agli operai la collaborazione con i capitalisti.
Quinto. Le forze produttive, a un certo punto del loro sviluppo, entrano inevitabilmente
in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, e ciò genera
una serie di conflitti sociali che, prima o poi, sboccano nella rivoluzione
sociale.
``I rapporti di produzione borghesi -- rivela Marx -- sono l'ultima forma antagonistica
del processo di produzione sociale''(18). Questo antagonismo può essere
risolto solo con la rivoluzione socialista. Solo così sarà soppresso
lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, i lavoratori potranno godere interamente,
in forma diretta e indiretta, i frutti della produzione sociale e sarà
possibile gettare le condizioni per l'abolizione delle classi e per l'emancipazione
di tutta l'umanità.
L'essenziale sul materialismo dialettico e storico è stato detto. Una
sola cosa va aggiunta: esso è una concezione del mondo integrale e completa,
refrattaria a ogni compromissione idealistica borghese e revisionista, purtuttavia
estremamente aperta verso le nuove scoperte scientifiche.
Il materialismo dialettico e storico non si cristallizzerà mai in un
dogma, perché è un corpo filosofico vivo e in continuo sviluppo,
profondamente connesso con la realtà oggettiva. Il suo sviluppo è
cadenzato dallo sviluppo delle scienze naturali (fisica, matematica, chimica,
meccanica, ecc.), delle scienze sociali (economia, statistica, ecc.) e dalla
lotta di classe. Esso seguirà sempre il corso della storia e dell'emancipazione
dell'umanità. ``La storia dell'umanità - dice Mao - è uno
sviluppo costante dal regno della necessità al regno della libertà.
Questo processo è senza fine. In una società ove esistono le classi,
la lotta di classe continuerà all'infinito. In una società senza
classi, la lotta tra il nuovo e il vecchio e tra il giusto e l'errato non avrà
mai fine. Nel campo della lotta per la produzione e sperimentazione scientifica
l'umanità progredisce incessantemente e la natura si sviluppa di continuo;
esse non si fermano mai a un certo livello. Perciò l'uomo deve costantemente
fare il bilancio delle sue esperienze e continuare a scoprire, inventare, creare
e progredire. Tutte le idee che si basano sull'immobilismo, il pessimismo, l'inerzia
e la presunzione sono erronee. Sono erronee perché non corrispondono
alla realtà storica dello sviluppo della società umana da un milione
d'anni a questa parte, né alla realtà storica della natura per
quello che di essa conosciamo fino ad ora (per esempio, la natura come appare
dalla storia dei corpi celesti, della terra, della vita e delle altre scienze
naturali)''(19).
Da tutto ciò si capisce perché il materialismo dialettico e storico
rappresenti la bestia nera della borghesia e dei suoi lacché revisionisti
e riformisti, i quali ovviamente non hanno alcun interesse che le masse acquistino
una mentalità scientifica e rivoluzionaria e mettano in discussione il
sistema capitalistico.
Anche papa Wojtyla è contrario ad esso. Nell'enciclica del maggio scorso
dedicata allo ``Spirito santo'' infatti ha detto che ``La resistenza allo Spirito
Santo... trova la sua massima espressione nel materialismo, sia nella sua forma
teorica -- come sistema di pensiero -- sia nella sua forma pratica -- come metodo
di lettura e di valutazione dei fatti -- e come programma, altresì, di
condotta corrispondente. Il sistema che ha dato il massimo sviluppo e ha portato
alle estreme conseguenze operative questa forma di pensiero, di ideologia e
di prassi, è il materialismo dialettico e storico, riconosciuto tuttora
come sostanza vitale del marxismo''.
Precisato che il marxismo non ha nulla a che fare né col materialismo
volgare né col materialismo liberale, riconosciamo che il papa dal suo
punto di vista, data la classe dei capitalisti che difende, ha più di
una buona ragione per opporsi al materialismo dialettico e storico, ma non lo
stesso interesse ci sembra dovrebbero averlo gli operai cattolici e, in genere,
i cattolici progressisti e democratici.
è fuori discussione che a livello ideologico e filosofico non può
non esserci una ferma e intransigente lotta di principio, senza tuttavia demonizzare
l'avversario, tra il materialismo dialettico e storico e l'idealismo, la metafisica
e il dogmatismo della chiesa cattolica, come del resto con qualsiasi altra religione.
Ma ciò non dovrebbe portare ad alcuna separazione e divisione tra credenti
e non credenti sul piano della ricerca della verità, della giustizia
sociale e della lotta contro ogni forma di imperialismo e di sfruttamento dell'uomo
sull'uomo.
Noi non vogliamo imporre ai credenti la concezione marxista del mondo, lo stesso
dovrebbero fare loro nei confronti dei marxisti-leninisti e dei non credenti.
Vorremmo invece insieme, non credenti e credenti, cambiare il mondo, almeno
in quella parte economica, materiale, istituzionale e spirituale che può
essere di comune interesse e vantaggio.
L'imperialismo americano, il socialimperialismo sovietico e il governo del neoduce
Craxi potrebbero benissimo essere identificati come il comune ``demonio'' e
su di esso, non credenti e credenti, potrebbero far fuoco per eliminarlo.
Comunque sia noi ci atterremo al seguente insegnamento di Mao: ``Un gruppo di
idealisti, ad esempio, può approvare il regime politico ed economico
socialista e non la concezione marxista del mondo. I patrioti dei gruppi religiosi
fanno altrettanto. Noi siamo atei, essi credono in dio. Non possiamo costringerli
ad accettare la concezione marxista del mondo''(20).
L'elemento centrale della concezione proletaria del mondo è che gli sfruttati
e gli oppressi devono sviluppare fino in fondo la lotta di classe per liberarsi
dal giogo della classe dominante sfruttatrice e oppressiva. Al contrario, l'elemento
centrale della concezione borghese è sostituito dal concetto secondo
il quale tutte le classi devono convivere pacificamente nel regime capitalistico,
apportando il proprio contributo allo sviluppo della società borghese
senza mettere in discussione la collocazione economica e sociale di ciascuna
di esse.
Tale concezione reazionaria si esprime, per esempio, attraverso il parlamentarismo,
il patto sociale, la cogestione, l'autoregolamentazione degli scioperi, l'azionariato
operaio. Ed anche mediante iniziative umanitarie e ``solidaristiche'' che vorrebbero
essere universali, come quelle che avvengono nel campo della lotta alla fame
che ha visto insieme Piccoli, il papa, Pannella, i revisionisti e i riformisti,
oppure nel campo della lotta contro la povertà che ha visto persino Reagan
partecipare alla ``catena di mani'' che si è snodata nella primavera
scorsa in Usa dall'Atlantico al Pacifico.
La borghesia non perde certo occasioni per tentare di ammortizzare e spengere
la lotta di classe, le contraddizioni di classe e i conflitti di classe. E attualmente
sta conducendo una grande campagna tesa a dimostrare che le classi non esistono
più, in particolare sarebbe scomparsa la classe operaia, e che nessuno
pensa più al socialismo. Si vuole insomma dare ad intendere che non vi
sono più i motivi delle divisioni di classe esistenti nel passato.
Craxi si vanta di aver pressoché cancellato il conflitto sindacale. Andreotti
si compiace di constatare che ``oggi quasi nessuno contesta più i grandi
indirizzi di politica estera, l'interclassismo, il solidarismo. Di lotta di
classe non si sente quasi più parlare e questo va ascritto alla grande
concezione degasperiana''(21). De Mita addirittura afferma che ``le stesse distinzioni
di destra e di sinistra, sono, per qualche verso, ormai categorie improprie...
Il nuovo, che si è creato, qualifica in concreto, in termini di progresso
e di conservazione, gli atteggiamenti politici e le stesse forze politiche e
non più secondo gli schemi rigidi propri delle impostazioni di un tempo.
Sicché certe antiche distinzioni dialettiche appaiono per così
dire stanche e rivolte indietro, cioè capaci di spiegare il passato ma
non di cogliere e giudicare l'avvenire''(22).
I revisionisti italiani, sono talmente rincretiniti e imbolsiti dal parlamentarismo
e dal riformismo e così vogliosi di entrare nel governo borghese, che
non hanno più la forza di reagire a queste falsità e provocazioni.
Natta anzi si è associato al coro dei politicanti borghesi facendo attenzione
a non fare una benché minima ``stecca''. Egli infatti ha detto che ``le
profonde trasformazioni sociali degli ultimi decenni hanno cambiato anche la
impostazione del `concetto stesso di lotta di classe'... un termine che usiamo
sempre meno tutti''(23). Ed ancora: ``Ci sono dei comunisti ai quali la Borsa
interessa. L'immagine di un PCI fatto solo di disperati, di proletari che hanno
da perdere solo le loro catene, mi sembra francamente un po' passata''(24).
Con ciò è evidente che dopo 65 anni di ininterrotte pressioni,
i capitalisti sono riusciti a corrompere l'intero gruppo dirigente del PCI e
a trasformarlo in un pericoloso strumento di propaganda della concezione borghese
del mondo. Un motivo di più per spingere gli operai coscienti e la gioventù
rivoluzionaria, alla cui testa amiamo pensare le ragazze, ad armarsi o riarmarsi
della concezione proletaria del mondo per recuperare il terreno perduto, ristabilire
la verità rivoluzionaria, e annientare, nel corso di un'accanita lotta
di classe anche sul piano filosofico, ideologico e teorico, la concezione borghese
del mondo che attualmente costituisce uno dei fattori fondamentali che frenano
lo sviluppo della lotta del proletariato verso il socialismo e l'emancipazione.
Il contributo di Mao alla concezione proletaria del mondo
Mao ha dato un contributo storico al processo di emancipazione ideologica del
proletariato iniziato da Marx ed Engels e proseguito da Lenin e Stalin e alla
lotta contro la concezione borghese del mondo sul piano filosofico, teorico
e culturale. Egli è stato il più grande teorico proletario rivoluzionario
dei nostri tempi.
Grazie al suo apporto straordinario e incalcolabile la concezione proletaria
del mondo è divenuta più chiara e più facilmente accessibile
alle masse, ha subìto un grosso sviluppo sulla base delle nuove esperienze
del proletariato internazionale e cinese, con particolare riferimento alla lotta
contro il revisionismo moderno, e si è arricchita di nuove cognizioni
ed elementi che le consentiranno di affrontare con successo le grandi lotte
di classe del duemila.
I goffi tentativi della banda revisionista del neoimperatore Deng Xiaoping tesi
a snaturare e manipolare il pensiero di Mao, anziché comprometterne la
genuinità e i caratteri rivoluzionari di classe finiranno per far risaltare
di più tutto il suo splendore e la sua irresistibile forza e verità
dialettiche e di classe.
Il primo grande, evidente e innegabile merito di Mao a livello internazionale
è quello di aver rilanciato la concezione proletaria del mondo appannata
e progressivamente stravolta e rinnegata da parte dei revisionisti moderni.
Nessun sincero marxista-leninista potrà scordare che nel '56 Mao ebbe
il coraggio e la risolutezza storica e politica, pressoché da solo, di
innalzare la grande bandiera rossa del marxismo-leninismo e con essa far da
barriera all'incalzare del liquidazionismo e del capitolazionismo di Krusciov
e delle cricche revisioniste dei vari paesi, compresa la Cina.
Nessun movimento di liberazione nazionale potrà mai dire di non aver
fatto ricorso per un lungo periodo, finché la Cina era socialista e internazionalista,
al pensiero di Mao per risolvere i problemi della propria lotta rivoluzionaria.
Nessun ``sessantottino'', ex o no, potrà mai smentire che le lotte studentesche
del '68 in Italia e nel mondo furono segnate profondamente dal pensiero di Mao
e dalla concezione proletaria del mondo. Allora, e finché era in vita
Mao, una schiera sconfinata di giovani dei cinque continenti furono attratti
per la prima volta nella loro vita dal comunismo e andavano orgogliosi di fregiarsi
del nobile e ambito titolo di marxisti-leninisti.
Tuttavia i meriti maggiori, più duraturi, eterni, Mao li ha conquistati
con la sua grande opera teorica che spazia in tutti i campi. In riferimento
al nostro tema, possiamo dire che Mao ha ereditato, difeso e sviluppato la concezione
proletaria del mondo per quanto riguarda la filosofia (in particolare la teoria
della conoscenza, la dialettica e le contraddizioni nella natura e nella società),
l'ideologia, la cultura, la letteratura, l'arte, l'educazione, la morale, i
costumi e le abitudini. Addentrandosi con ciò in settori nuovi, esplorati
per la prima volta dal marxismo-leninismo.
Spiegare in questa circostanza tutto quello che egli ha elaborato e scoperto
è impossibile. Possiamo solo elencare le sue opere filosofiche, di cui
abbiamo già avuto modo di apprezzare dei passaggi importanti, ed illustrare
qualche altro punto della concezione di Mao del mondo.
Le opere filosofiche di Mao rese pubbliche sono: Sulla pratica (luglio 1937),
Sulla contraddizione (agosto 1937), Sulla giusta soluzione delle contraddizioni
in seno al popolo (27 febbraio 1957), Da dove provengono le idee giuste (maggio
1963).
Le prime due opere sono state scritte nel periodo della prima guerra civile
rivoluzionaria per combattere il dogmatismo e l'empirismo esistenti allora nel
Partito comunista cinese. Le altre due sono state scritte nel periodo della
costruzione del socialismo in Cina per combattere il revisionismo di destra
che prendeva campo nel Partito sotto la spinta di Liu Shaoqi e Deng Xiaoping.
Altri brani fondamentali riguardanti la concezione proletaria del mondo si trovano
nelle seguenti opere: Sulla nuova democrazia (gennaio 1940), Riformiamo il nostro
studio (maggio 1941), Discorsi alla Conferenza di Yan'an sulla letteratura e
l'arte (maggio 1942), Discorso alla Conferenza nazionale di propaganda del Partito
comunista cinese (12 marzo 1957).
Importanti sono anche gli ``scritti più letti'' durante la Grande rivoluzione
culturale proletaria: In memoria di Norman Bethune (21 dicembre 1949), Al servizio
del popolo (8 settembre 1944), Come Yu Kung rimosse le montagne (11 giugno 1945)
nei quali viene tracciata l'immagine ideale del marxista-leninista e della persona
nuova socialista.
Nel complesso delle opere su menzionate si ritrovano in sintesi e in forma chiara
tutte le grandi scoperte sul materialismo dialettico e storico di Marx, Engels,
Lenin e Stalin, arricchite dagli apporti inediti di Mao.
Per dare un saggio della potenza del pensiero di Mao circa la dialettica e le
contraddizioni, citiamo un brano ripreso dall'opera ``Sulla contraddizione'':
``La legge della contraddizione inerente alle cose, cioè la legge dell'unità
degli opposti, è la legge fondamentale della natura e della società,
e quindi anche del pensiero. Essa è in opposizione con la concezione
metafisica del mondo. La sua scoperta ha costituito una grande rivoluzione nella
storia della coscienza umana.
Secondo il materialismo dialettico, la contraddizione esiste in tutti i processi
che si verificano nelle cose oggettive e nel pensiero soggettivo, essa penetra
tutti i processi dal principio alla fine: in questo consiste il carattere universale
e assoluto della contraddizione. Ogni contraddizione e ciascuno dei suoi aspetti
hanno le loro proprie caratteristiche: in questo consiste il carattere particolare
e relativo della contraddizione. Agli opposti è inerente in determinate
condizioni l'identità che rende possibile la loro coesistenza in una
singola entità, e inoltre la loro trasformazione nei rispettivi opposti:
anche in questo consiste il carattere particolare e relativo della contraddizione.
Ma la lotta degli opposti è ininterrotta; essa continua tanto durante
la coesistenza degli opposti quanto durante la loro reciproca trasformazione,
momento in cui questa lotta si manifesta con una evidenza particolare: in questo
consiste ancora il carattere universale e assoluto della contraddizione. Quando
studiamo il carattere particolare e relativo della contraddizione dobbiamo tener
presente la differenza fra la contraddizione principale e quelle secondarie,
fra l'aspetto principale e quello secondario della contraddizione e la lotta
degli opposti, dobbiamo tener presente le differenze fra le varie forme di lotta;
altrimenti gli errori sono inevitabili''.
Rispetto ai maestri del proletariato internazionale precedenti, Mao si è
trovato in una posizione nuova: portare la rivoluzione socialista nella sovrastruttura
e nel profondo dell'essere umano.
La Grande rivoluzione culturale proletaria, da egli ideata, promossa e diretta,
è stato lo strumento che gli doveva consentire di trasformare la sovrastruttura
per renderla conforme alla base socialista e di rivoluzionarizzare la mente
e la coscienza delle masse e delle nuove generazioni, e così estirpare
le radici dell'ideologia borghese e del revisionismo.
``La Grande rivoluzione culturale proletaria -- sottolinea Mao -- è una
grande rivoluzione che tocca l'uomo in quanto ha di più profondo, e tende
a risolvere il problema della sua concezione del mondo''(25).Si trattava evidentemente
di un avvenimento senza precedenti nella storia, la cui validità rimane
intatta e fonte di ispirazione e di insegnamenti per tutti coloro che lottano
per il socialismo e per un mondo nuovo, nonostante che tale esperienza sia stata
violentemente interrotta dalla restaurazione del capitalismo in Cina.
Le teorizzazioni inedite di Mao sulle classi, le contraddizioni di classe e
la lotta di classe nella società socialista rimarranno comunque in eterno
come il suo più grande e prezioso contributo dato al materialismo dialettico
e storico. La teoria dei due tipi di contraddizioni scoperte da Mao nella società
socialista -- le contraddizioni in seno al popolo, che vanno risolte con la
dialettica, il ragionamento e la convinzione, e le contraddizioni antagonistiche
tra il nemico e noi, che vanno risolte con la forza e la rivoluzione --, costituisce
la stella polare di coloro che costruiscono la società socialista.
Ma anche di chi, come noi, si trova nella fase della lotta per il socialismo
ed ha lo stesso problema, sia pure in forma diversa, della risoluzione dei due
tipi di contraddizione. Infatti mentre dobbiamo convincere le masse di sinistra
con la dialettica, le argomentazioni, i fatti, l'esempio e l'azione che la via
del PCI non porta al socialismo, non bisogna deflettere dallo stare all'opposizione
del sistema capitalistico per combatterlo e distruggerlo.
Sulla base dell'esperienza storica, Mao sottolinea che ``Nella società
divisa in classi, le rivoluzioni e le guerre rivoluzionarie sono inevitabili,
che senza di esse è impossibile compiere un salto nello sviluppo della
società, è impossibile rovesciare le classi dominanti reazionarie
e permettere al popolo di prendere il potere. I comunisti devono denunciare
la propaganda menzognera dei reazionari, i quali affermano per esempio che la
rivoluzione sociale non è necessaria, né realizzabile; i comunisti
devono attenersi fermamente alla teoria marxista-leninista della rivoluzione
sociale per aiutare il popolo a comprendere che la rivoluzione sociale non solo
è assolutamente necessaria ma anche pienamente possibile''(26).
Per evitare l'odio, la ribellione delle masse e la rivoluzione, la borghesia
e i suoi lacché inventano e ricorrono a molti trucchi filosofici e teorici.
Alcuni di questi sono la teoria della natura umana, dell'unità del genere
umano e della difesa della specie, l'umanitarismo, lo Stato di tutto il popolo,
la democrazia e la libertà al di sopra delle classi, la fraternità,
l'amore e l'altruismo universali. Con ciò si tenta di sfumare e cancellare
ogni differenza e contraddizione di classe, addolcire ideologicamente il proletariato
e indurlo a trasferire ogni dissidio e dissenso nel quadro istituzionale e costituzionale.
Mao invece si è battuto affinché su ogni tema e questione risultassero
chiari i termini della contraddizione e le differenti vedute del proletariato
rispetto alla borghesia e la lotta di classe non conoscesse soste. In tal modo
egli ha fatto una grande opera di pulizia e riordino ideologico secondo lo spirito
dei delegati del Congresso di fondazione della Lega dei comunisti (giugno 1847),
in pratica la prima organizzazione marxista internazionale, che adottarono la
storica parola d'ordine ``Proletari di tutti i paesi, unitevi'', sopprimendo
quella idealistica precedente che suonava così: ``Che gli uomini siano
fratelli''.
Riguardo la natura umana, Mao ha detto: ``Esiste una natura umana? Certamente
sì, ma solamente una natura umana concreta e non una natura umana astratta.
Nella società divisa in classi esiste solo una natura umana con un carattere
di classe, e non una natura umana al di sopra delle classi. Noi siamo per la
natura umana del proletariato e delle grandi masse popolari, mentre i proprietari
fondiari e la borghesia sono per la natura umana delle proprie classi; solo
che non lo dicono e la presentano come l'unica natura umana. La natura umana
esaltata da certi intellettuali piccolo-borghesi è staccata anch'essa
dalle masse popolari o ha addirittura, un carattere antipopolare. La natura
umana di cui essi parlano, in fondo non è che l'individualismo borghese,
perciò ai loro occhi la natura umana proletaria non ha nulla a che vedere
con la natura umana''(27).
Parole altrettanto chiare Mao l'ha pronunciate in riferimento all'amore. Per
estensione, quanto egli dice in proposito vale per la democrazia, la libertà,
la morale, la cultura, la letteratura e l'arte poiché tutte quante, viene
dimostrato in altri passi, portano un'impronta di classe e servono il proletariato
o la borghesia.
``Al mondo -- dice Mao -- non esiste amore senza cause, così come non
esiste odio senza cause. Quanto al cosiddetto `amore per l'umanità',
da quando l'umanità è divisa in classi non è mai esistito
un amore come questo, un amore che abbraccia tutto e tutti. Alle varie classi
dominanti del passato piaceva predicare un tale amore, e molti saggi hanno fatto
altrettato, ma nessuno l'ha messo realmente in pratica, perché nella
società divisa in classi questo amore è impossibile. Un vero amore
per l'umanità sarà possibile soltanto quando le classi saranno
state eliminate in tutto il mondo. Le classi hanno diviso la società
in gruppi antagonistici, e soltanto dopo l'eliminazione delle classi si avrà
l'amore universale, non ora. Noi non possiamo amare i nostri nemici, non possiamo
amare i mali della società, il nostro obiettivo è distruggerli''(28).
L'unità del genere umano, della specie, esiste dunque solo sulla carta,
meglio nei sogni idealistici, nella realtà, come chiunque può
constatare con mano, l'umanità è profondamente spaccata e divisa.
Bisogna allora partire da qui, da questa realtà generata dalla divisione
in classi della società, se si vuole veramente raggiungere l'unità
dell'umanità e la fraternità universale.
A tale unità un giorno, nei secoli e millenni a livello planetario, bisognerà
pure arrivarci e ci arriveremo, purché non si facciano dei voli utopistici,
idealistici e antidialettici e si capisca che il primo passo che bisogna compiere
per andare verso quella direzione è di abbattere il capitalismo e poi
costruire il socialismo.
Noi marxisti-leninisti dobbiamo ringraziare profondamente Mao, non solo per
il nutrimento e l'orientamento ideologici che egli continuamente ci fornisce
tramite la sua opera teorica, ma anche per averci fatto scoprire la bellezza
e l'importanza di essere compartecipi del grande processo di emancipazione del
proletariato e dell'intera umanità.
Occorre trasformare la propria concezione del mondo
La trasformazione della propria concezione del mondo è essenziale per
dare un contributo all'emancipazione del proletariato, per fare avanzare la
lotta di classe, per combattere la borghesia, per capire la realtà, per
affrontare correttamente e con successo tutte le prove della lotta di classe,
per liberarsi da ogni influenza e condizionamento borghesi, revisionisti e riformisti,
per amalgamarsi alla classe operaia e per dare un orientamento di classe alla
propria vita personale, sociale e politica.
Le scelte quotidiane e le più minute, come quelle generali e le grandi
opzioni derivano tutte quante dalla concezione del mondo che si possiede. Se
domina in noi l'ideologia borghese, anche se apparteniamo alla classe operaia
e al partito del proletariato, compiremo inevitabilmente delle scelte borghesi,
se invece il nostro spirito e la nostra mente sono permeate dal materialismo
dialettico e storico tutta la nostra vita privata e pubblica sarà interamente
rivoluzionaria.
Essere proletari e marxisti-leninisti non significa avere automaticamente una
concezione proletaria del mondo. Perché, nonostante l'origine di classe
e la militanza politica rivoluzionaria, siamo pur sempre figli di questa società
capitalistica che fin dalla culla ci educa in maniera borghese.
Non è quindi facile acquisire una mentalità proletaria e rivoluzionaria
completa e coerente in tutte le sue manifestazioni ideologiche e politiche,
dal momento che l'ideologia delle classi sfruttatrici che si sono succedute
nel nostro Paese basata sulla proprietà privata dei mezzi di produzione
è millenaria ed è radicata profondamente nella società.
è innegabile che attualmente le idee dominanti sono le idee della classe
borghese in quanto essa è al potere e dispone di tutti i mezzi economici,
istituzionali, culturali, educativi e dell'informazione per imporre alle masse
la sua egemonia culturale e i suoi canoni di vita. Tanto più che i partiti
storici della classe operaia non hanno mai opposto una seria resistenza di classe
al dilagare dell'influenza borghese nel proletariato, e oggi addirittura le
tengono bordone persino nella satira, ne è un esempio lo squallido ``Tango''.
Questa è la realtà da cui dobbiamo partire per trasformare la
nostra concezione del mondo. Comprendendo la serietà, l'importanza, la
necessità e l'urgenza dell'impresa. Comprendendo che il cambiamento di
mentalità e del modo di agire e di combattere può avvenire solo
con un atto cosciente e deliberato, dando una svolta alla propria vita, tracciando
una netta linea di demarcazione tra sé e la borghesia, prendendo la lotta
di classe come asse, imparando ad osservare, analizzare, trattare e valutare
tutto dal punto di vista di classe e della lotta di classe; comprendendo insomma
che è necessario espellere dalla nostra mente ogni pur minima traccia
della cultura borghese affinché essa sia vivificata dalla cultura proletaria.
Ma questo non sarà mai possibile se non si studia seriamente, sistematicamente
e quotidianamente il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, secondo le proprie
esigenze e necessità. Quanto più ci sentiremo influenzati dalla
borghesia, tanto più dobbiamo studiare le opere dei grandi maestri del
proletariato internazionale. Oggi, date le circostanze, questo studio assume
un carattere prioritario rispetto a qualsiasi altro compito rivoluzionario.
Specie gli operai coscienti e avanzati, coloro cui spetta il diritto e il dovere
di dirigere anche sul piano culturale il partito del proletariato e le larghe
masse popolari, dovrebbero con slancio accogliere questa esortazione di Mao:
``Dobbiamo scuoterci e studiare facendo duri sforzi. Prendete nota di queste
tre parole: `fare', `duri', `sforzi'. Bisogna assolutamente scuoterci e fare
duri sforzi. Adesso molti compagni non ne fanno e alcuni impiegano le energie
che restano loro dopo il lavoro soprattutto per giocare a carte o a mahjong
e per ballare: questa, secondo me, non è una buona cosa. Le energie che
restano dopo il lavoro dovrebbero essere impiegate soprattutto nello studio,
facendo in modo che diventi un'abitudine. Che cosa studiare? Il marxismo e il
leninismo, la tecnologia, le scienze naturali. Poi c'è la letteratura,
soprattutto le teorie artistico-letterarie: i quadri dirigenti devono intendersene
un po'. C'è il giornalismo, la pedagogia, discipline, anche queste, di
cui bisogna intendersi un po'. Per farla breve, le discipline sono molte e bisogna
almeno farsene un'idea in generale. Dobbiamo dirigere queste faccende, no!?
Gente come noi in che cosa è specialista? In politica. Come possono andare
bene le cose se non capiamo niente di queste faccende e non ci mettiamo a dirigerle?''(29).
Certo, lo studio al di fuori della lotta di classe, non avrebbe alcun senso,
avrebbe solo un carattere di curiosità intellettuale. Noi però
intendiamo lo studio come una necessità, uno strumento per trasformare
il mondo e noi stessi.
La trasformazione della concezione del mondo non avviene infatti a tavolino,
nel chiuso di una stanza, ma nel corso della lotta di classe, nel corso del
processo della conoscenza della realtà.
è perché noi vogliamo trasformare il mondo che acquisiamo una
cultura adeguata allo scopo. Noi vogliamo in un tempo trasformare il mondo e
noi stessi, e l'unico modo per farlo è porsi in prima fila nella lotta
di classe, addossandosi con generosità rivoluzionaria tutti i compiti
che il suo sviluppo richiede, oggi in primo luogo la costruzione e lo sviluppo
nazionale del PMLI.
Siamo consapevoli che il nostro mondo soggettivo può trasformarsi solo
mentre trasformiamo il mondo oggettivo. La rivoluzione si impara facendola.
Il mondo lo si conosce trasformandolo. Perciò buttiamo anche il nostro
cuore nella lotta di classe, lavorando per la trasformazione della concezione
del mondo a livello di massa, ispirati da questa verità enunciata da
Marx ed Engels: ``Tanto per la produzione in massa di questa coscienza comunista
quanto per il successo della cosa stessa è necessaria una trasformazione
in massa degli uomini, che può avvenire soltanto in un movimento pratico,
in una rivoluzione; che quindi la rivoluzione non è necessaria soltanto
perché la classe dominante non può essere abbattuta in nessun'altra
maniera, ma anche perché la classe che l'abbatte può riuscire
solo in una rivoluzione a levarsi di dosso tutto il vecchio sudiciume e a diventare
capace di fondare su basi nuove la società''(30).
La parola d'ordine di Mao ``Servire il popolo'', ``completamente'' e ``interamente''(31),
è lo spirito che deve animare e mobilitare i marxisti-leninisti e tutti
gli operai coscienti e i giovani rivoluzionari nel corso della lotta per la
trasformazione del mondo.
Servire il popolo significa distruggere in sé, e aiutare i compagni di
lotta a fare altrettanto, ogni concezione e pratica egoistiche tipiche delle
classi sfruttatrici e dedicarsi interamente e completamente alla causa del Partito,
del proletariato e del socialismo.
Servire il popolo significa pensare in primo luogo agli interessi della classe
operaia e delle masse lavoratrici, e condurre una lotta a coltello contro i
nemici di classe e i loro lacché, senza farsi abbindolare dalle manovre
corruttrici della borghesia.
è da borghesi pensare sempre a sé, solo ai propri interessi personali,
alla carriera, al guadagno, alla felicità e al godimento individuali,
al potere personale, alla gloria, disprezzare il lavoro collettivo e il lavoro
pratico e manuale, e non pensare se non raramente e sporadicamente e quando
siamo sollecitati, agli altri fratelli di classe, agli interessi collettivi
del proletariato, ai problemi del Partito e della rivoluzione.
Lavorare per sé o per la causa del proletariato riflettono due concezioni
del mondo diametralmente opposte; il primo atteggiamento è quello borghese,
l'altro è quello proletario.
Infatti l'altruismo e la generosità rivoluzionari sono il contrassegno
dei marxisti-leninisti, mentre l'individualismo e l'egoismo sono le caratteristiche
dei borghesi e di tutti coloro che sono sotto l'influenza borghese.
Attualmente attorno all'individualismo si trovano assieme e a braccetto tutti
i politicanti borghesi delle varie correnti, solo che i revisionisti e i riformisti
per mimetizzarsi un po' si nascondono dietro la foglia di fico costituita dalla
parola d'ordine dell'``individualismo di sinistra'', coniata dalla socialdemocrazia
tedesca, segnatamente da Glotz, e rilanciata in Italia da Occhetto.
Evidentemente si tratta di una ridicola mascheratura, perché l'individualismo,
comunque lo si rigiri, imbelletti e dipinga è sempre l'espressione classica
della borghesia e fa ai pugni col collettivismo marxista e del proletariato.
Il terrorismo, l'avventurismo degli ``ultrasinistri'', il ribellismo individuale,
anche se vissuti soggettivamente con generosità e abnegazione, sono anch'essi
una forma di individualismo borghese, perché si sostituiscono alle masse
e bruciano forze vive e attive mandandole allo sbaraglio e distogliendole dai
reali compiti rivoluzionari del momento.
L'emancipazione sociale non è e non potrà mai essere un progresso
individuale ma dell'intero proletariato, se la classe si disgrega, se ciascuno
pensa a sé e solo ai propri problemi e non mette gli interessi della
classe e della rivoluzione al di sopra dei propri interessi personali, l'emancipazione
del proletariato non potrà mai realizzarsi e i lavoratori rimarranno
per sempre sotto il tallone della borghesia.
Perciò la classe dominante borghese propone alle ragazze e ai ragazzi
di oggi i suoi modelli tipo Rambo, Rocky II e gli Yuppies, mercenari al servizio
del vecchio mondo, mentre noi marxisti-leninisti proponiamo il modello del pioniere
rivoluzionario al servizio del popolo per aprire in Italia la via del socialismo.
Sappiamo di chiedere molto alle nuove generazioni, ma senza il loro protagonismo
e il loro sacrificio sarà impossibile che si dischiudano le porte del
nuovo mondo.
La nostra speranza e il nostro auspicio è che gli intellettuali progressisti
e democratici, il cui ruolo sul piano culturale, ideologico e filosofico è
insostituibile, capiscano la situazione e le proprie responsabilità,
escano dal pantano revisionista e riformista in cui sono caduti, e ci diano
man forte per far splendere in Italia in tutto il suo fulgore il marxismo-leninismo-pensiero
di Mao, per combattere e mandare in frantumi la cultura e l'ideologia borghesi
e per far trionfare a livello di massa la concezione proletaria del mondo.
L'attualità della concezione proletaria del mondo
L'attuale situazione internazionale e nazionale ha forse scompaginato le idee
che compongono la concezione proletaria del mondo? Non ci sembra proprio!
Esiste ancora l'imperialismo con la sua insaziabile fame di terre, materie prime,
mercati, zone di influenza, conquiste e guerre. Esiste ancora il capitalismo
che si nutre dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo e della miseria delle masse.
Esistono ancora i popoli e le nazioni oppresse, in certe zone come il Sud-Africa
esiste persino l'apartheid, e la classe operaia ovunque è esclusa dall'esercizio
del potere politico.
Lo sviluppo delle contraddizioni, nella natura e nella società, è
inarrestabile, mentre il plusvalore continua il furto del lavoro operaio.
La rivoluzione tecnologica in atto nei paesi capitalistici non ha mutato nella
sostanza i termini fondamentali delle questioni e delle contraddizioni. Anzi
i problemi si sono decuplicati, in quanto il progresso tecnologico, gestito
dalla borghesia, avanza a discapito della classe operaia e dei popoli, devastando,
inquinando e avvelenando l'ambiente, seminando la via di morte come è
successo a Chernobyl e preparando le guerre stellari.
La riduzione del peso numerico della classe operaia non ha cambiato affatto
la contraddizione principale esistente nel capitalismo, cioè la contraddizione
tra il proletariato e la borghesia.
Pur di fronte all'emergere dei tecnici e all'espansione del terziario, rimane
intatto il ruolo storico della classe operaia il cui peso oggettivo è
aumentato, proprio in considerazione della nuova situazione economica, politica
e sociale, poiché essa è l'unica classe che porta in grembo la
via della salvezza, del progresso, della libertà e dell'emancipazione
sociale. Essa sola infatti possiede una concezione del mondo veramente rivoluzionaria,
scientifica e antagonistica alla concezione borghese del mondo, nonché
un progetto politico completo e sperimentato in più paesi e la capacità
di unire a sé tutte le classi e i gruppi sociali anticapitalistici e
di guidarli di tappa in tappa nella lotta per la trasformazione del mondo.
Come è possibile allora decretare l'invecchiamento, il superamento se
non addirittura la morte del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, quando è
tuttora vivo il capitalismo di cui è un prodotto, e l'umanità
non è ancora giunta al dominio totale della natura? Evidentemente la
concezione proletaria del mondo ha una longevità di gran lunga superiore
al capitalismo, al di là dei flussi e riflussi della storia e delle sconfitte
subite.
Quasi in coincidenza con la riconquista della Cina socialista, il liberalismo
-- la vecchia ideologia borghese -- sull'onda dell'avvento di Reagan e della
Thatcher ha ripreso quota in tutto il mondo e in Italia ispirando l'opera nefasta
dei governanti borghesi.
Oggi vecchi e nuovi liberali, vecchi e nuovi riformisti si trovano sostanzialmente
uniti nella difesa e nella pratica del liberalismo. Si è arrivati persino
a parlare di ``socialismo liberale''. Rivolgendosi al PCI, all'apertura del
XVII Congresso, l'``Avanti!'', in un editoriale attribuito a Craxi, gli ha chiesto
esplicitamente di accettare il valore ``ideale oltre che storico delle grandi
rivoluzioni liberali e democratiche dell'Occidente'', nonché di ``identificarsi
pienamente e senza riserve di alcun genere in quello sfondo di valori e di principi
che esistevano anche prima della nascita del movimento operaio''(32).
La risposta congressuale è stata sostanzialmente favorevole. E Napolitano
l'ha ricordato in un'intervista a ``Panorama'' del 5 maggio scorso dicendo che
``Gramsci stesso ci insegnò a distinguere tra le condizioni e le prospettive
del socialismo `in Occidente e in Oriente'. Ci siamo via via riappropriati di
valori storici dell'Occidente, valori di libertà e di democrazia, di
tolleranza e di pluralismo, come qualcosa di nostro, di inseparabile dalla nostra
visione di socialismo''.
Certo, non si tratta di praticare un liberalismo sbracato e sfrenato ma il più
addolcito possibile, un ``liberalismo sociale''. Ed è Natta a sottolinearlo
con una stupefacente frase: ``Lo diceva già John Stuart Mill (cioè
uno dei principali teorici del liberalismo, precisiamo noi): liberalismo, sì,
ma temperato da leggi sociali, per impedire che l'individualismo, diventi pernicioso.
Questo è un punto di contatto anche teorico fra noi e il pensiero liberaldemocratico''(33).
Con il che è ammesso a chiare lettere che il gruppo dirigente del PCI
ha compiuto il ``salto della quaglia'' anche sul piano ideologico, congiungendosi
con la socialdemocrazia e la borghesia. All'inizio della storia del PCI, i revisionisti
hanno deformato la dottrina marxista, poi l'hanno messa in dubbio, quindi l'hanno
attaccata ed ora la ripudiano apertamente, perché ormai hanno trovato
la loro collocazione nel palazzo e aspettano solo di aver un qualsiasi posto
nel governo centrale borghese.
La natura e il carattere di classe del PCI sono quindi qualitativamente cambiati.
Abbandonando la concezione proletaria del mondo, sposando il liberalismo e con
la scelta congressuale di essere ``parte integrante della sinistra europea'',
in altre parole della socialdemocrazia e della borghesia riformista, esso è
divenuto a tutti gli effetti un partito borghese, liberale, riformista e controrivoluzionario,
che si oppone alla classe operaia e al socialismo.
In questi ultimi trent'anni, a cominciare dall'VIII Congresso, dopo che nel
'44-'45 col ``partito nuovo'' ne erano state gettate le fondamenta, si è
concluso l'ultimo tratto della parabola revisionista e riformista del PCI e
del suo passaggio in campo borghese. Il XVII congresso dell'aprile scorso costituisce
lo spartiacque tra il passato revisionista del PCI e il presente borghese, liberale
e riformista.
Il PCI formalmente sta ancora nel movimento operaio, però non per servirlo
ma per strumentalizzarlo e integrarlo nel sistema capitalistico. Il suo scopo
è quello di ``tenere buono'' quel ``terzo della società'' -- gli
esclusi dal benessere -- che tendenzialmente sfugge a ogni controllo istituzionale
e della stessa socialdemocrazia.
I nuovi borghesi riformisti assomigliano come due gocce d'acqua ai vecchi revisionisti,
così bene raffigurati da Lenin: ``Sul piano politico il revisionismo
ha tentato di rivedere il fondamento reale del marxismo, la dottrina della lotta
di classe; la libertà politica, la democrazia, il suffragio universale,
ci è stato detto, distruggono le basi stesse della lotta di classe e
confutano la vecchia tesi del Manifesto comunista secondo cui gli operai non
hanno patria. In regime di democrazia, dove domina la `volontà della
maggioranza', non si può più considerare lo Stato come un organo
di dominio di classe e non ci si può più sottrarre all'alleanza
con la borghesia progressista, propugnatrice di riforme sociali, contro i reazionari.
è incontestabile che queste obiezioni dei revisionisti danno vita a un
sistema abbastanza organico di idee, cioè al sistema già noto
da un pezzo delle concezioni liberali borghesi. I liberali hanno sempre sostenuto
che il parlamentarismo borghese distrugge le classi e la divisione in classi,
perché tutti i cittadini senza distinzione hanno diritto al voto, hanno
diritto di partecipare agli affari dello Stato. Ma tutta la storia dell'Europa
nella seconda metà del XIX secolo, tutta la storia della rivoluzione
russa all'inizio del secolo XX dimostrano chiaramente quanto siano assurde queste
concezioni. Con la libertà del capitalismo `democratico' le differenze
economiche non si attenuano, ma si accentuano e si inaspriscono. Il parlamentarismo
non elimina ma mette a nudo l'essenza delle repubbliche borghesi più
democratiche come organi dell'oppressione di classe. Aiutando a illuminare e
ad organizzare masse popolari infinitamente più grandi di quelle che
partecipavano prima attivamente alle vicende politiche, il parlamentarismo non
contribuisce per questa via a eliminare le crisi e le rivoluzioni politiche,
ma contribuisce a rendere più acuta la guerra civile nel corso di queste
rivoluzioni. Gli avvenimenti di Parigi nella primavera del 1871 e quelli di
Russia nell'inverno del 1905 hanno dimostrato nel modo più chiaro come
si giunga inevitabilmente a questo inasprimento della guerra civile. La borghesia
francese, per soffocare il movimento del proletariato, non ha esitato un istante
ad accordarsi con il nemico di tutta la nazione, ad accordarsi con l'esercito
straniero, che le aveva saccheggiato la patria. Chi non comprende l'inevitabile
dialettica interna del parlamentarismo e della democrazia borghese, che porta
a risolvere i conflitti ricorrendo a forme sempre più aspre di violenza
di massa, non saprà mai condurre nemmeno sul terreno del parlamentarismo
un'agitazione e una propaganda di principio che preparino realmente le masse
operaie a partecipare vittoriosamente a questi `conflitti'. L'esperienza delle
alleanze, degli accordi e dei blocchi con il liberalismo socialriformistico
in Occidente e con il riformismo liberale (cadetti) nella rivoluzione russa
ha dimostrato persuasivamente che questi accordi possono solo annebbiare la
coscienza delle masse, non accentuando ma attenuando il significato reale della
loro lotta, legando i combattenti agli elementi più inetti alla lotta,
più instabili e inclini al tradimento. Il millerandismo francese -- cioè
l'esperienza più significativa nell'applicazione della tattica politica
revisionista su vasta scala, su una scala realmente nazionale -- ha dato del
revisionismo un giudizio pratico che il proletariato del mondo intero non dimenticherà
mai''(34).
In effetti l'involuzione ideologica dei revisionisti e il loro assillo di prendere
comunque parte al governo borghese aprono facilmente le porte alla reazione.
Come sta succedendo oggi ai nuovi liberali riformisti che non si accorgono,
o fanno finta di non accorgersi, che il neoduce Craxi sta introducendo materialmente
la seconda repubblica autoritaria e fascista, secondo il vecchio ``piano di
rinascita democratica'' di Gelli e della P2. E anziché denunciare e combattere
il ``golpe bianco'' implorano l'alleanza governativa col suo artefice maggiore
finendo col coprire e favorire il suo disegno.
Si chiede solo di entrare nel governo, pur anche con la DC e il partito liberale,
come la panacea per risolvere i mali storici e attuali del Paese. Che inganno,
che infamia, che opportunismo! Quale pericolo per l'avvenire della classe operaia
e dei lavoratori!
La degenerazione della democrazia borghese e la putrefazione del capitalismo
sono giunti a un punto di non ritorno. Il Mezzogiorno va alla deriva, la disoccupazione
distrugge moralmente se non fisicamente quasi 3 milioni di persone per lo più
donne e giovani, l'Italia si riarma nuclearmente e convenzionalmente per sostenere
le rinate velleità egemoniche ed espansionistiche dell'imperialismo nostrano
nel Mediterraneo, l'inquinamento ha reso il nostro bel Paese come una pattumiera,
e i nuovi borghesi liberali riformisti continuano ancora ad illudere le masse
che con l'elettoralismo, il parlamentarismo e l'alleanza con Craxi o con De
Mita, nonché con Altissimo, Spadolini e Nicolazzi, sia possibile cambiare
le cose.
Mentre i fatti, duri a morire, di 40 anni di Repubblica borghese sono lì
a dimostrare che per via parlamentare, pacifica, legale e istituzionale, soffocando
le contraddizioni e i conflitti di classe e andando incontro alle necessità
economiche e politiche della borghesia, tutto resta come prima e peggio di prima,
i rapporti di forza restano pressoché immutati, e anche se cambiano a
favore del proletariato vengono gestiti lo stesso dalla borghesia. Si deve ormai
storicamente registrare che per questa via, per una ragione o per un'altra,
le porte del potere politico sono sbarrate alla classe operaia.
Le contraddizioni tra proletariato e borghesia, tra progresso e reazione, tra
capitalismo e socialismo, tra marxismo-leninismo-pensiero di Mao e liberalismo
sono troppo importanti e decisive per lo sviluppo sociale da poter essere risolte
con la collaborazione tra le classi e accettando le ``regole del gioco'' imposte
dalla borghesia. Esse si risolvono solo con la lotta di classe, con la rivoluzione
socialista, ponendo al centro di tale lotta la questione del potere politico
da parte della classe operaia.
Nell'immediato -- come ha indicato il comunicato del Comitato centrale del PMLI
dell'11 agosto -- bisogna sbarrare la strada al neoduce Craxi sviluppando la
lotta per la chiusura delle centrali nucleari, della base atomica di Comiso
e delle basi Usa e Nato nel nostro territorio, l'uscita dell'Italia dalla Nato,
la pace nel Mediterraneo e nel mondo. Ed ancora: per l'occupazione, il risanamento
del Mezzogiorno, la casa, gli aumenti salariali e pensionistici; la riduzione
dell'orario di lavoro a 35 ore settimanali, gli sgravi fiscali, la sanità
pubblica e gratuita, per una scuola pubblica intesa come servizio sociale goduto
e controllato dal popolo, i servizi sociali, la salvaguardia dell'ambiente e
la parità donna-uomo.
Il nostro sguardo però deve rimanere sempre fisso sull'avvenire, che
è il socialismo.
Il socialismo è una tappa obbligata del cammino dell'umanità verso
l'emancipazione e quindi un giorno la mèta sarà raggiunta. Non
sappiamo quanto tempo ci impiegheremo, però possiamo dire fin d'ora che
più lunga e travagliata sarà l'attesa, tanto più radioso
sarà l'avvenire socialista.
La lotta per il socialismo in Italia è la lotta per lo sviluppo nazionale
del PMLI
La lotta per il socialismo in Italia è strettamente legata allo sviluppo
nazionale del PMLI. Tanto più veloce sarà tale sviluppo, tanto
più si avvicinerà l'ora della rivoluzione e dell'avvento del socialismo.
``Questa è la peculiarità della rivoluzione socialista italiana'',
ha rilevato il III Congresso nazionale del Partito sulla base dell'esperienza
pratica.
E come potrebbe essere diversamente dal momento che il PMLI è l'unico
partito del nostro Paese che ha al centro del programma la conquista del socialismo
e si basa sul marxismo-leninismo-pensiero di Mao?
La pratica dimostra che se non avanza il PMLI non avanza la lotta di classe
perché nessuno ha interesse a farla uscire dallo stallo in cui si trova
attualmente. La lotta di classe segna il passo non perché le masse non
hanno voglia di lottare. Basti pensare ai grandi movimenti dei lavoratori contro
il taglio della scala mobile e per il sindacato di classe, allo straordinario
movimento dei ``ragazzi dell'85'', ai grandiosi movimenti popolari per la pace
e contro il riarmo atomico, alle dure e prolungate lotte di massa degli ``abusivi
per necessità'' della Sicilia e della Calabria.
La forza e la volontà di far mordere la polvere ai capitalisti ci sono,
solo che l'attuale direzione delle masse non dà a queste tutta la corda
che vorrebbero e agisce in modo da ricondurre le lotte che è costretta
a subire, o che sfuggono temporaneamente al suo controllo, nell'ambito costituzionale
e parlamentare. E questo vale non solo per il PCI ma anche per DP, il cui riformismo,
parlamentarismo e pacifismo sono divenuti proverbiali.
Da questa situazione perciò non se ne esce se il PMLI non viene conosciuto
e non si afferma come la nuova guida rivoluzionaria. Finché il PMLI non
conquisterà la direzione delle masse, la lotta di classe rimarrà
sempre sul terreno borghese e non potrà mai trasformarsi in lotta cosciente
per il socialismo.
Questo è ciò che dovrebbero comprendere gli operai di avanguardia
e tutti coloro che lottano per il socialismo, e trarne le dovute conseguenze
politiche e organizzative. Non si può stare sull'albero a cantare e a
fare i conti su quello che si perde e si guadagna sul piano personale, quando
c'è un urgente bisogno di cervelli e di braccia che si adoperino per
dare una direzione rivoluzionaria alla classe operaia e alle masse.
La questione dello sviluppo nazionale del PMLI è quindi una questione
che riguarda non solo i membri del Partito ma tutti coloro che hanno speso la
vita, o vogliono spenderla, per l'emancipazione della classe operaia.
Noi marxisti-leninisti abbiamo in mano la metà della chiave dello sviluppo
del PMLI, l'altra metà è in mano ai rivoluzionari che si trovano
dentro e fuori ai partiti della sinistra parlamentare o ai gruppi ultrasinistri.
Quanto prima le due metà della chiave saranno congiunte, tanto prima
sarà impressa una svolta alla lotta di classe.
Lo sviluppo della lotta di classe e lo sviluppo del PMLI si condizionano e si
influenzano reciprocamente. Non ci può essere sviluppo dell'una senza
lo sviluppo dell'altro, è una questione dialettica. Ma in ultima analisi
è lo sviluppo del Partito che determina il corso, il carattere, i tempi
e la finalità della lotta di classe. Da qui la necessità e l'urgenza
che tutti i rivoluzionari si uniscano nel PMLI, rompano col revisionismo di
destra e di ``sinistra'', e diano un grande impulso allo sviluppo nazionale
del Partito.
Diciannove anni fa abbiamo iniziato una lunga marcia organizzativa per costruire
un grande, forte e combattivo Partito, capace di guidare la classe operaia e
le larghe masse popolari verso il socialismo. Siamo all'inizio dell'opera, e
il più resta da fare, e lo faremo avvalendoci delle nuove e fresche energie
che via via capiranno la nostra nobile causa e si uniranno a noi.
Quando partimmo eravamo incoraggiati dalla forte presenza del presidente Mao,
oggi che egli non c'è più e che una nera cappa è scesa
sulla Cina è più difficile proseguire il cammino. Eppure dobbiamo
andare ugualmente avanti con lo stesso ardore e la stessa fiducia di quando
compimmo i primi passi. Il proletariato è ancora prigioniero delle catene
del capitalismo ed ha bisogno del suo Partito che gliele spezzi.
è la storia, è la classe operaia cosciente, è la causa
del socialismo che ci chiedono di andare avanti, di continuare e completare
l'opera che da pionieri abbiamo iniziato guardando sempre fiduciosi verso l'avvenire.
``Noi comunisti - dice Mao - siamo famosi per non temere le difficoltà.
Sul piano tattico dobbiamo prendere in considerazione tutte le difficoltà
concrete e nei riguardi di ciascuna di esse dobbiamo adottare un atteggiamento
serio, creare le condizioni necessarie, mettere l'accento sulle misure per affrontarle
e superarle una per una, gruppo per gruppo. In base alla nostra esperienza di
alcuni decenni abbiamo sempre trionfato su ogni difficoltà che abbiamo
incontrato. I comunisti hanno costretto alla ritirata ogni genere di difficoltà
in cui si sono imbattuti, è vero che `Le alte montagne debbono abbassare
la testa, i fiumi debbono cedere il passo'. Abbiamo acquisito l'esperienza che
ci permette di poter disprezzare le difficoltà. Quello che diciamo vale
sul piano strategico e su quello generale. Malgrado che le difficoltà
siano enormi, con un'occhiata possiamo valutarne l'importanza. Esse provengono
soltanto dai nostri nemici esistenti nella società e dal mondo della
natura. Noi sappiamo che l'imperialismo, gli elementi controrivoluzionari all'interno
del paese e i loro agenti nei ranghi del nostro partito, ecc., non sono altro
che forze moribonde, mentre noi rappresentiamo le forze nascenti, la verità
sta dalla nostra parte. Di fronte a loro siamo sempre invincibili. Solo se riflettiamo
un po' sulla nostra storia possiamo riuscire a comprendere ciò. Quando
nel 1921 fondammo il partito eravamo soltanto alcune decine di uomini, da un
numero così insignificante in seguito, ci siamo talmente sviluppati da
rovesciare i potenti nemici all'interno del paese. C'è anche modo di
assoggettare quel nemico che è la natura. Sia nella natura, sia nella
società, tutte le forze nascenti -- parlando della loro essenza -- sono
sempre invincibili, mentre tutte le vecchie forze, per quanto gigantesche, dal
punto di vista numerico, vengono sempre annientate. Perciò noi possiamo
e anzi dobbiamo disprezzare le più grosse difficoltà che si incontrano
nel mondo e considerarle un `problema insignificante'. Questo è il nostro
ottimismo. Ottimismo che è basato sulla scienza. Se noi riusciamo a capire
meglio il marxismo e il leninismo, se riusciamo a capire meglio le scienze naturali,
in una parola, se riusciamo a conoscere meglio le leggi del mondo oggettivo
e commetteremo meno errori di soggettivismo allora potremo raggiungere lo scopo
del nostro lavoro rivoluzionario e in quello della edificazione''(35).
Stai certo, compagno Mao, il tuo ottimismo rivoluzionario è anche il
nostro ottimismo. Ce la faremo.
Compagne e compagni, impugnamo risolutamente, difendiamo e propagandiamo la
concezione proletaria del mondo per trasformare il mondo e noi stessi!
Gloria eterna al presidente Mao Zedong, grande maestro del proletariato internazionale,
dei popoli e delle nazioni oppresse!
NOTE
(1) Mao, Sulla pratica, (luglio 1937), Opere scelte, vol. 1, p. 326
(2) Mao, Discorso alla Conferenza nazionale di propaganda del Partito comunista
cinese, (12 marzo '57), Opere scelte, vol. 5 (Edizioni Einaudi), p. 590
(3) Mao, Sulla pratica, idem, p. 314
(4) Mao, Sulla contraddizione, (agosto 1937), idem, p. 330
(5) Mao, Sulla pratica, idem, pp. 317-318
(6) Engels, Anti-Dühring, (settembre 1876-giugno 1878), Opere complete,
vol. 25, p. 135
(7) Lenin, Materialismo ed empiriocriticismo, (febbraio-settembre 1908), Opere
complete, vol. 14, p. 183
(8) Mao, Sulla contraddizione, idem, pp. 330-331
(9) Mao, Idem, p. 332
(10) Mao, Da dove provengono le idee giuste, (maggio 1963)
(11) Stalin, Materialismo dialettico e materialismo storico, (settembre 1938),
in ``Questioni del leninismo'', Edizioni Rinascita, p. 645
(12) Engels, L'evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza, (1877-1878)
(13) Mao, Sul governo di coalizione, (24 aprile 1945), Opere scelte, vol. 3,
p. 213
(14) Engels, Anti-Dühring, idem, p. 256
(15) Engels, Idem
(16) Marx, Prefazione a ``Per la critica dell'economia politica'', (gennaio
1859)
(17) Engels, L'evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza, idem
(18) Marx, Prefazione a ``Per la critica dell'economia politica'', idem
(19) Mao, Citato nel ``Rapporto del primo ministro Zhou Enlai sui lavori del
governo, presentato alla I sessione della III Assemblea popolare nazionale'',
(21-22 dicembre 1964)
(20) Mao, Discorso alla Conferenza nazionale di propaganda del Partito comunista
cinese, idem, p. 586
(21) Giulio Andreotti, Intervista a ``la Repubblica'' del 22.8.86
(22) Ciriaco De Mita, Relazione al XVII Congresso nazionale della DC, 26 maggio
1986
(23) Alessandro Natta, Intervista a ``Der Spiegel'' del 27.5.86
(24) Alessandro Natta, Intervista a ``Panorama'' n. 1056 del 13.7.86
(25) Mao, Citato in ``Avanziamo lungo la via aperta dalla Rivoluzione socialista
d'Ottobre'', articolo delle redazioni di ``Quotidiano del popolo'', ``Bandiera
rossa'' e ``Quotidiano dell'esercito di liberazione'' del 6.11.67
(26) Mao, Sulla contraddizione, idem, p. 362
(27) Mao, Discorsi alla Conferenza di Yenan sulla letteratura e l'arte, (23
maggio 1942), Opere scelte, vol. 3, pp. 89-90
(28) Mao, Idem, p. 90
(29) Mao, Essere elementi di stimolo per la rivoluzione, (9 ottobre 1957), Opere
scelte, vol. 5 (Edizioni Einaudi), p. 680
(30) Marx-Engels, L'ideologia tedesca, scritta fra il 1845 e il 1846, Opere
complete, vol. 5, p. 38
(31) Mao, Al servizio del popolo, (8 settembre 1944), Opere scelte, vol. 3,
p. 181
(32) Editoriale dal titolo ``Una riflessione per un Congresso'', ``Avanti!''
del 9 aprile 1986
(33) Alessandro Natta, Intervista a ``Panorama'' n. 1056 del 13 luglio 1986
(34) Lenin, Marxismo e revisionismo, (aprile 1908), Opere complete, vol. 15,
pp. 30-31
(35) Mao, Discorso alla Conferenza nazionale del Partito comunista cinese, (21
marzo 1955), Opere scelte, vol. 5 (Edizioni Einaudi), pp. 180-181