Biblioteca Multimediale Marxista


La concezione proletaria del mondo


Estratto dall'opuscolo di Giovanni Scuderi "Mao, la concezione del mondo e le due culture"

16 settembre 2001

Ampi estratti del discorso pronunciato il 9 settembre 1986 del compagno Giovanni Scuderi: La concezione di Mao del mondo e l'attuale lotta di classe

(...)Già Gramsci e Togliatti, che non si sono mai liberati della loro origine e formazione idealistica crociana, avevano accortamente e gradualmente svuotato dei suoi contenuti di classe e distorto il marxismo-leninismo, ma i loro successori - Longo, Berlinguer e Natta - hanno completato tale opera cancellando nella mente del proletariato -- e non solo nello statuto del partito -- ogni traccia dell'ideologia e della teoria comunista. Fino al punto che il proletariato italiano di oggi, specialmente le nuove generazioni, non conosce quasi per niente la concezione del mondo che gli è propria.
E' quindi nostro compito rivoluzionario imprescindibile ostacolare il processo di deideologizzazione, decomunistizzazione e socialdemocratizzazione e armare le masse operaie, lavoratrici, contadine, giovanili e femminili con la concezione proletaria del mondo. Il presidente Mao ha indicato: ``Nell'epoca presente dello sviluppo della società, la storia ha posto sulle spalle del proletariato e del suo partito la responsabilità della giusta conoscenza e della trasformazione del mondo''(1).
Certamente noi non abbiamo la forza, la capacità, l'esperienza e le conoscenze del presidente Mao, e mentre lui è un faro anche sul piano filosofico e teorico, noi siamo un semplice lucignolo, eppure abbiamo il dovere di fare quanto ci sarà possibile affinché finalmente gli operai e le masse conoscano, si impadroniscano e usino la concezione proletaria del mondo per trasformare il mondo e se stessi.
Due concezioni del mondo si contendono l'egemonia delle masse
``Per quel che concerne la concezione del mondo- afferma Mao - nel mondo attuale ci sono fondamentalmente solo due `scuole', quella della borghesia e quella del proletariato. O si accetta la concezione proletaria del mondo o si accetta quella della borghesia. La concezione comunista del mondo è la concezione del mondo del proletariato e non la concezione del mondo di altre classi(2). Si tratta di due concezioni del mondo antagonistiche e inconciliabili che riflettono sul piano del pensiero gli interessi contrastanti fra il proletariato e la borghesia. Esse si contendono palmo a palmo il terreno culturale, filosofico e ideologico, la concezione del mondo investe globalmente ogni singolo individuo nel modo di pensare, vivere, vedere le cose, operare. La posizione di classe, l'atteggiamento e i sentimenti politici e sociali, lo spirito, l'intelletto e il cuore dipendono tutti dalla concezione del mondo.
Ogni individuo, classe o partito ha i suoi maestri, i suoi ideologi cui si riferisce e si ispira per difendere i propri interessi economici e sociali. Indipendentemente dal fatto che se ne abbia coscienza o no. Questa è una verità riscontrabile continuamente nella pratica. Non a caso Mao rileva che ``nella società divisa in classi, ogni individuo vive come membro di una determinata classe e ogni pensiero, senza eccezioni, porta un'impronta di classe"(3). Chiunque può rendersene conto riflettendo su se stesso, sui compagni, sulle persone che gli stanno accanto e analizzando e confrontando il pensiero e il modo di fare dei grandi capitalisti con quello del proletariato cosciente.
Da quando si sono costituite le classi, verso la fine del comunismo primitivo e col sorgere della proprietà privata, si sono formate due concezioni del mondo: quella degli sfruttati e degli oppressi e quella degli sfruttatori e oppressori. Tali concezioni del mondo a un certo punto, quando l'uomo è stato capace di sintetizzare il suo pensiero e trasmetterlo in qualche forma, si sono concentrate rispettivamente nel materialismo e nell'idealismo, i quali si sono confrontati e scontrati per contendersi l'egemonia culturale e morale delle masse. Nel corso della storia, il materialismo ha avuto fondamentalmente un carattere progressivo, mentre l'idealismo, specie se sposato con la metafisica, tendeva a bloccare l'emancipazione ideologica, sociale e politica dei lavoratori.
Mao sottolinea che ``Nella storia della conoscenza umana sono sempre esistite due concezioni delle leggi di sviluppo del mondo: una metafisica, l'altra dialettica; esse danno vita a due concezioni del mondo opposte fra loro. Lenin dice: `Le due concezioni fondamentali (o le due possibili? o le due osservate nella storia?) dello sviluppo (evoluzione) sono: lo sviluppo come diminuzione e aumento, come ripetizione, e lo sviluppo come unità degli opposti (sdoppiamento dell'uno in opposti che si escludono reciprocamente, e loro rapporto reciproco).' Lenin si riferisce qui appunto a queste due diverse concezioni del mondo''(4).
Va tuttavia ricordato che la dialettica, così come il materialismo, assume un carattere veramente scientifico con la elaborazione da parte di Marx ed Engels del materialismo dialettico e del materialismo storico, che vengono così a costituire la concezione proletaria del mondo. La dialettica con Hegel e il materialismo con Feuerbach avevano già ricevuto un grosso sviluppo sul piano della filosofia borghese, ma è con Marx e con Engels che esse fanno un salto di qualità, ripuliti da ogni scoria e residuo idealistici diventano scientifici, un metodo per conoscere e trasformare la realtà in senso socialista, una concezione proletaria del mondo.
Il materialismo dialettico e storico non cade quindi dal cielo, non è nato improvvisamente e da elucubrazioni astratte, ma è il frutto dell'assimilazione e della rielaborazione da parte di Marx ed Engels di quanto era stato elaborato fino a quel momento in campo filosofico. La grande scoperta scientifica del materialismo dialettico e storico costituisce in un tempo lo sviluppo del pensiero filosofico progressista di tutti i tempi e la formulazione originale e inedita della filosofia proletaria, cioè la concezione proletaria del mondo.
Il materialismo dialettico e storico è quindi il prodotto della lotta di classe, ed è nato e si è sviluppato nella lotta contro la concezione borghese del mondo, segnatamente contro il liberalismo e l'idealismo, per la distruzione del sistema ideologico borghese, nonché l'intero ordinamento capitalistico.
Mao così spiega l'apporto dei maestri suoi predecessori al materialismo dialettico e storico: ``Al tempo della società feudale, non era possibile conoscere in antecedenza le leggi della società capitalistica perché, non essendo ancora apparso il capitalismo, mancava la pratica ad esso corrispondente. Il marxismo poteva essere soltanto un prodotto della società capitalistica. Al tempo del capitalismo premonopolistico, Marx non poteva conoscere in antecedenza e in concreto certe leggi specifiche proprie dell'epoca dell'imperialismo, poiché l'imperialismo, fase suprema del capitalismo, non era ancora apparso e mancava la pratica a esso corrispondente; soltanto Lenin e Stalin furono in grado di assumersi questo compito. Marx, Engels, Lenin e Stalin poterono formulare le loro teorie non solo per la loro genialità ma, soprattutto, perché parteciparono alla pratica della lotta di classe e della sperimentazione scientifica del loro tempo; se fosse mancata questa condizione, nessun genio avrebbe potuto riuscirvi''(5).
La concezione proletaria del mondo si fonda dunque sul materialismo dialettico e storico. Ma quali sono i caratteri fondamentali di tale filosofia? Eccoli in estrema sintesi e in base a ciò che ci preme mettere in risalto in questa occasione.
Il materialismo dialettico ha scoperto -- e continua a scoprire -- le leggi che regolano e governano lo sviluppo del movimento, della natura, dei fenomeni, delle cose e dell'universo. Engels sostiene che ``la dialettica non è niente altro che la scienza delle leggi generali del movimento e dello sviluppo della natura, della società umana e del pensiero''(6).
Il materialismo dialettico considera la realtà, la natura, la materia, fonte di ogni conoscenza e produttrice dello spirito e del pensiero. Esso dà una risposta scientifica basata sui fatti, sui fenomeni naturali, sulla realtà obiettiva, sul passato della Terra e sulla creazione del mondo. Come rileva Lenin, il materialismo dialettico dimostra ``che la terra esisteva prima di qualsiasi altra forma sociale, prima del genere umano, prima della materia organica, che essa è esistita per un tempo determinato, in uno spazio determinato rispetto agli altri pianeti''(7).
Il materialismo dialettico esclude pertanto che al di fuori e al di sopra della natura, della materia e dell'universo ci sia una forza esterna, superiore e divina che abbia creato il mondo e l'essere umano.
Il materialismo dialettico è il contrario del dogmatismo, delle certezze assolute e perentorie, da accettare ``per fede''. è il contrario anche della metafisica, cioè delle affermazioni che non hanno un fondamento nella realtà, non dimostrabili nella pratica attraverso l'esperienza dell'uomo.
``La metafisica, o evoluzionismo volgare, - afferma Mao - considera tutte le cose del mondo come isolate e statiche, le considera unilateralmente. Una tale concezione del mondo considera tutte le cose del mondo, le loro forme e categorie, come eternamente isolate le une dalle altre ed eternamente immutabili. Anche se riconosce le modificazioni, le considera soltanto come aumento o diminuzione quantitativa o come semplice spostamento. E le cause di questo aumento, diminuzione o spostamento non si trovano nelle cose stesse, ma fuori di esse, ossia nell'azione di forze esterne.
I metafisici ritengono che le diverse cose del mondo e le loro proprietà rimangono immutate dal momento in cui cominciano a esistere, e che le loro successive modificazioni siano soltanto aumenti o diminuzioni di quantità. Essi ritengono che una cosa possa soltanto riprodursi all'infinito, ma non trasformarsi in un'altra cosa, in una cosa diversa.
Secondo i metafisici, lo sfruttamento capitalistico, la concorrenza capitalistica, l'ideologia individualistica della società capitalistica, ecc., tutto questo si trova anche nell'antica società schiavistica, anzi persino nella società primitiva, ed esisterà eternamente e immutabilmente. Essi spiegano le cause dello sviluppo della società ricorrendo a condizioni a esse esterne: l'ambiente geografico, il clima, ecc.. Cercano in modo semplicistico di trovare le cause dello sviluppo fuori delle cose, negando la tesi della dialettica materialistica, secondo cui lo sviluppo è determinato dalle contraddizioni interne, inerenti alle cose. Perciò essi non sono in grado di spiegare né la molteplicità qualitativa delle cose né il fenomeno della trasformazione di una qualità in un'altra. In Europa questo modo di pensare trovò nei secoli XVII e XVIII la sua espressione nel materialismo meccanicistico e, verso la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, nell'evoluzionismo volgare''(8).
Vi è un altro aspetto molto importante nel materialismo dialettico, si tratta di questo: negli oggetti e nei fenomeni della natura -- la quale è in perpetuo stato di movimento, di cambiamento, di rinnovamento e di sviluppo -- vi sono delle contraddizioni interne attraverso le quali -- nella lotta tra gli opposti, tra il nuovo e il vecchio, tra ciò che nasce e ciò che muore, tra ciò che si sviluppa e ciò che deperisce -- avviene, per salti di qualità dopo un accumulo di cambiamenti quantitativi il processo di sviluppo della natura. Secondo il materialismo dialettico, la legge dell'unità degli opposti è la legge fondamentale della natura, della società e del pensiero umano.
A tale proposito Mao esprime dei concetti molto chiari e convincenti. Eccoli: ``Secondo la dialettica materialistica, le modificazioni della natura sono dovute principalmente allo sviluppo delle sue contraddizioni interne.
Le trasformazioni della società sono dovute principalmente allo sviluppo delle contraddizioni esistenti all'interno di questa, cioè delle contraddizioni tra le forze produttive e i rapporti di produzioni, delle contraddizioni tra le classi, delle contraddizioni tra il vecchio e il nuovo. è lo sviluppo di queste contraddizioni che spinge la società in avanti, che conduce alla sostituzione della vecchia società con la nuova. Esclude la dialettica materialistica le cause esterne? No, non le esclude. Secondo la dialettica materialistica, le cause esterne sono la condizione delle trasformazioni e le cause interne ne sono la base; le cause esterne operano attraverso quelle interne. L'uovo, quando riceve un'adeguata quantità di calore, si trasforma in pulcino; ma il calore non può trasformare in pulcino una pietra, perché la base è diversa''(9).
Come abbiamo visto rapidamente, il materialismo dialettico si basa e dipende dalla pratica e serve la pratica. Mao infatti afferma: ``Da dove provengono le idee giuste? Cadono dal cielo? No. Sono innate? No. Esse provengono dalla pratica sociale, e solo da questa. Provengono da tre tipi di pratica sociale: la lotta per la produzione, la lotta di classe e la sperimentazione scientifica''(10). Cosicché il materialismo dialettico può essere sintetizzato con questa immagine: ``l'uomo che cammina sulle gambe'', mentre l'idealismo con l'immagine opposta: ``un uomo che cammina sulla testa''.
Diciamo ora qualcosa sul materialismo storico. Il materialismo storico, avvalendosi della dialettica, ha scoperto -- e continua a scoprire -- le leggi che regolano e governano lo sviluppo storico della società umana. ``Il materialismo storico - spiega Stalin - estende i principi del materialismo dialettico allo studio della vita sociale, li applica ai fenomeni della vita sociale, allo studio della società, allo studio della storia della società''(11).
Il materialismo storico è quindi la concezione scientifica della storia, una concezione militante e non contemplativa il cui scopo fondamentale è quello di cambiare il mondo. Infatti nelle ``Tesi su Feuerbach'' stese nella primavera del 1845, che costituiscono, come dice Engels, ``il germe geniale della nuova concezione del mondo'', Marx afferma: ``I filosofi hanno solo interpretato il mondo in modi diversi; si tratta però di mutarlo''.
Così possono essere riassunti gli elementi costitutivi del materialismo storico.
Primo. Come afferma il ``Manifesto del Partito comunista'' di Marx ed Engels, un'opera fondamentale che esprime in maniera sistematica e integrale il materialismo storico e la concezione proletaria del mondo, ``la storia di ogni società finora esistita è storia di lotta di classe''. Engels preciserà successivamente: ``ad eccezione della storia delle comunità primitive''(12). Ciò costituisce un colpo definitivo all'idealismo storico che da millenni afferma che la storia dell'umanità non è fatta dai popoli ma dagli imperatori, dai re, dai condottieri militari, dai governi e dai parlamentari, in genere dai capi, dagli eroi e dalle personalità; e che non è la rivoluzione sociale all'origine del cambiamento della situazione ma i favori concessi dai suddetti personaggi.
Quasi cento anni dopo, Mao riprenderà e rafforzerà tale concetto storico di Marx ed Engels con questa stupenda ed efficace espressione: ``Il popolo, e solo il popolo, è la forza motrice che crea la storia del mondo''(13).
Secondo. La struttura economica è la base di ogni società sulla quale si edifica la sovrastruttura statale, cioè l'ordinamento istituzionale, militare, giuridico e amministrativo, la cultura, la morale, le idee sociali, ecc. Questo significa che ogni tipo di società, del passato e del presente ``si modella -- come dice Engels -- su ciò che si produce, sul modo come si produce e sul modo come si scambia ciò che si produce''(14). Questo significa che lo sviluppo della storia umana avviene, in ultima istanza, per i diversi mutamenti dei vari sistemi economici e dei vari modi di produzione e di scambio. Le diverse e successive economie finora conosciute delle comunità primitive, della società schiavistica, della società feudale, della società capitalistica e della società socialista rappresentano le varie tappe dello sviluppo della storia umana. I cambiamenti sociali e i rivolgimenti politici non vanno dunque ricercati, sempre a detta di Engels, ``nella filosofia, ma nell'economia dell'epoca che si considera''(15).
Ma ciò non vuol dire che l'economia sia l'unico fattore determinante dello sviluppo storico. Anche le diverse componenti della sovrastruttura, comprese le idee delle persone, esercitano la loro influenza nella storia. A riprova, basti pensare al ruolo che ha svolto la sovrastruttura nella rivoluzione e nella controrivoluzione in Russia e in Cina.
Terzo. Come afferma Marx, ``non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere sociale, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza''(16). Ciò significa che viene prima l'essere e poi le idee, il pensiero e la coscienza, le quali sono tutte quante il riflesso nella mente degli esseri umani di ciò che è nella realtà oggettiva. è questa realtà oggettiva, la vita materiale della società, che forma in ultima analisi le idee, il pensiero e la coscienza degli individui e non viceversa. Più in generale, le condizioni della vita materiale e non la sovrastruttura sono l'origine delle idee e delle teorie sociali, della vita spirituale della società, delle concezioni politiche e delle istituzioni politiche. Cosicché a ogni differente periodo della storia dell'umanità, corrispondono determinate idee sociali, teorie, concezioni e istituzioni politiche della società.
Di conseguenza è necessario basare la nostra azione politica non sui principi astratti ma sulle condizioni della vita materiale della società, sulle esigenze reali e concrete dello sviluppo della vita materiale della società. Inoltre perché vi sia uno sconvolgimento e un cambiamento radicale nella coscienza delle persone, occorre che cambino il sistema sociale, le condizioni materiali dell'essere.
Quarto. L'origine dello sfruttamento capitalistico sta nel plusvalore, cioè nell'``appropriazione di lavoro non pagato''(17). Questa geniale scoperta di Marx ha svelato il carattere più nascosto del capitale, il meccanismo recondito della produzione capitalistica e della produzione del capitale. Con ciò Marx ha tolto ai revisionisti e ai riformisti ogni argomentazione seria per fare accettare agli operai la collaborazione con i capitalisti.
Quinto. Le forze produttive, a un certo punto del loro sviluppo, entrano inevitabilmente in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, e ciò genera una serie di conflitti sociali che, prima o poi, sboccano nella rivoluzione sociale.
``I rapporti di produzione borghesi -- rivela Marx -- sono l'ultima forma antagonistica del processo di produzione sociale''(18). Questo antagonismo può essere risolto solo con la rivoluzione socialista. Solo così sarà soppresso lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, i lavoratori potranno godere interamente, in forma diretta e indiretta, i frutti della produzione sociale e sarà possibile gettare le condizioni per l'abolizione delle classi e per l'emancipazione di tutta l'umanità.
L'essenziale sul materialismo dialettico e storico è stato detto. Una sola cosa va aggiunta: esso è una concezione del mondo integrale e completa, refrattaria a ogni compromissione idealistica borghese e revisionista, purtuttavia estremamente aperta verso le nuove scoperte scientifiche.
Il materialismo dialettico e storico non si cristallizzerà mai in un dogma, perché è un corpo filosofico vivo e in continuo sviluppo, profondamente connesso con la realtà oggettiva. Il suo sviluppo è cadenzato dallo sviluppo delle scienze naturali (fisica, matematica, chimica, meccanica, ecc.), delle scienze sociali (economia, statistica, ecc.) e dalla lotta di classe. Esso seguirà sempre il corso della storia e dell'emancipazione dell'umanità. ``La storia dell'umanità - dice Mao - è uno sviluppo costante dal regno della necessità al regno della libertà. Questo processo è senza fine. In una società ove esistono le classi, la lotta di classe continuerà all'infinito. In una società senza classi, la lotta tra il nuovo e il vecchio e tra il giusto e l'errato non avrà mai fine. Nel campo della lotta per la produzione e sperimentazione scientifica l'umanità progredisce incessantemente e la natura si sviluppa di continuo; esse non si fermano mai a un certo livello. Perciò l'uomo deve costantemente fare il bilancio delle sue esperienze e continuare a scoprire, inventare, creare e progredire. Tutte le idee che si basano sull'immobilismo, il pessimismo, l'inerzia e la presunzione sono erronee. Sono erronee perché non corrispondono alla realtà storica dello sviluppo della società umana da un milione d'anni a questa parte, né alla realtà storica della natura per quello che di essa conosciamo fino ad ora (per esempio, la natura come appare dalla storia dei corpi celesti, della terra, della vita e delle altre scienze naturali)''(19).
Da tutto ciò si capisce perché il materialismo dialettico e storico rappresenti la bestia nera della borghesia e dei suoi lacché revisionisti e riformisti, i quali ovviamente non hanno alcun interesse che le masse acquistino una mentalità scientifica e rivoluzionaria e mettano in discussione il sistema capitalistico.
Anche papa Wojtyla è contrario ad esso. Nell'enciclica del maggio scorso dedicata allo ``Spirito santo'' infatti ha detto che ``La resistenza allo Spirito Santo... trova la sua massima espressione nel materialismo, sia nella sua forma teorica -- come sistema di pensiero -- sia nella sua forma pratica -- come metodo di lettura e di valutazione dei fatti -- e come programma, altresì, di condotta corrispondente. Il sistema che ha dato il massimo sviluppo e ha portato alle estreme conseguenze operative questa forma di pensiero, di ideologia e di prassi, è il materialismo dialettico e storico, riconosciuto tuttora come sostanza vitale del marxismo''.
Precisato che il marxismo non ha nulla a che fare né col materialismo volgare né col materialismo liberale, riconosciamo che il papa dal suo punto di vista, data la classe dei capitalisti che difende, ha più di una buona ragione per opporsi al materialismo dialettico e storico, ma non lo stesso interesse ci sembra dovrebbero averlo gli operai cattolici e, in genere, i cattolici progressisti e democratici.
è fuori discussione che a livello ideologico e filosofico non può non esserci una ferma e intransigente lotta di principio, senza tuttavia demonizzare l'avversario, tra il materialismo dialettico e storico e l'idealismo, la metafisica e il dogmatismo della chiesa cattolica, come del resto con qualsiasi altra religione. Ma ciò non dovrebbe portare ad alcuna separazione e divisione tra credenti e non credenti sul piano della ricerca della verità, della giustizia sociale e della lotta contro ogni forma di imperialismo e di sfruttamento dell'uomo sull'uomo.
Noi non vogliamo imporre ai credenti la concezione marxista del mondo, lo stesso dovrebbero fare loro nei confronti dei marxisti-leninisti e dei non credenti. Vorremmo invece insieme, non credenti e credenti, cambiare il mondo, almeno in quella parte economica, materiale, istituzionale e spirituale che può essere di comune interesse e vantaggio.
L'imperialismo americano, il socialimperialismo sovietico e il governo del neoduce Craxi potrebbero benissimo essere identificati come il comune ``demonio'' e su di esso, non credenti e credenti, potrebbero far fuoco per eliminarlo.
Comunque sia noi ci atterremo al seguente insegnamento di Mao: ``Un gruppo di idealisti, ad esempio, può approvare il regime politico ed economico socialista e non la concezione marxista del mondo. I patrioti dei gruppi religiosi fanno altrettanto. Noi siamo atei, essi credono in dio. Non possiamo costringerli ad accettare la concezione marxista del mondo''(20).
L'elemento centrale della concezione proletaria del mondo è che gli sfruttati e gli oppressi devono sviluppare fino in fondo la lotta di classe per liberarsi dal giogo della classe dominante sfruttatrice e oppressiva. Al contrario, l'elemento centrale della concezione borghese è sostituito dal concetto secondo il quale tutte le classi devono convivere pacificamente nel regime capitalistico, apportando il proprio contributo allo sviluppo della società borghese senza mettere in discussione la collocazione economica e sociale di ciascuna di esse.
Tale concezione reazionaria si esprime, per esempio, attraverso il parlamentarismo, il patto sociale, la cogestione, l'autoregolamentazione degli scioperi, l'azionariato operaio. Ed anche mediante iniziative umanitarie e ``solidaristiche'' che vorrebbero essere universali, come quelle che avvengono nel campo della lotta alla fame che ha visto insieme Piccoli, il papa, Pannella, i revisionisti e i riformisti, oppure nel campo della lotta contro la povertà che ha visto persino Reagan partecipare alla ``catena di mani'' che si è snodata nella primavera scorsa in Usa dall'Atlantico al Pacifico.
La borghesia non perde certo occasioni per tentare di ammortizzare e spengere la lotta di classe, le contraddizioni di classe e i conflitti di classe. E attualmente sta conducendo una grande campagna tesa a dimostrare che le classi non esistono più, in particolare sarebbe scomparsa la classe operaia, e che nessuno pensa più al socialismo. Si vuole insomma dare ad intendere che non vi sono più i motivi delle divisioni di classe esistenti nel passato.
Craxi si vanta di aver pressoché cancellato il conflitto sindacale. Andreotti si compiace di constatare che ``oggi quasi nessuno contesta più i grandi indirizzi di politica estera, l'interclassismo, il solidarismo. Di lotta di classe non si sente quasi più parlare e questo va ascritto alla grande concezione degasperiana''(21). De Mita addirittura afferma che ``le stesse distinzioni di destra e di sinistra, sono, per qualche verso, ormai categorie improprie... Il nuovo, che si è creato, qualifica in concreto, in termini di progresso e di conservazione, gli atteggiamenti politici e le stesse forze politiche e non più secondo gli schemi rigidi propri delle impostazioni di un tempo. Sicché certe antiche distinzioni dialettiche appaiono per così dire stanche e rivolte indietro, cioè capaci di spiegare il passato ma non di cogliere e giudicare l'avvenire''(22).
I revisionisti italiani, sono talmente rincretiniti e imbolsiti dal parlamentarismo e dal riformismo e così vogliosi di entrare nel governo borghese, che non hanno più la forza di reagire a queste falsità e provocazioni. Natta anzi si è associato al coro dei politicanti borghesi facendo attenzione a non fare una benché minima ``stecca''. Egli infatti ha detto che ``le profonde trasformazioni sociali degli ultimi decenni hanno cambiato anche la impostazione del `concetto stesso di lotta di classe'... un termine che usiamo sempre meno tutti''(23). Ed ancora: ``Ci sono dei comunisti ai quali la Borsa interessa. L'immagine di un PCI fatto solo di disperati, di proletari che hanno da perdere solo le loro catene, mi sembra francamente un po' passata''(24).
Con ciò è evidente che dopo 65 anni di ininterrotte pressioni, i capitalisti sono riusciti a corrompere l'intero gruppo dirigente del PCI e a trasformarlo in un pericoloso strumento di propaganda della concezione borghese del mondo. Un motivo di più per spingere gli operai coscienti e la gioventù rivoluzionaria, alla cui testa amiamo pensare le ragazze, ad armarsi o riarmarsi della concezione proletaria del mondo per recuperare il terreno perduto, ristabilire la verità rivoluzionaria, e annientare, nel corso di un'accanita lotta di classe anche sul piano filosofico, ideologico e teorico, la concezione borghese del mondo che attualmente costituisce uno dei fattori fondamentali che frenano lo sviluppo della lotta del proletariato verso il socialismo e l'emancipazione.
Il contributo di Mao alla concezione proletaria del mondo
Mao ha dato un contributo storico al processo di emancipazione ideologica del proletariato iniziato da Marx ed Engels e proseguito da Lenin e Stalin e alla lotta contro la concezione borghese del mondo sul piano filosofico, teorico e culturale. Egli è stato il più grande teorico proletario rivoluzionario dei nostri tempi.
Grazie al suo apporto straordinario e incalcolabile la concezione proletaria del mondo è divenuta più chiara e più facilmente accessibile alle masse, ha subìto un grosso sviluppo sulla base delle nuove esperienze del proletariato internazionale e cinese, con particolare riferimento alla lotta contro il revisionismo moderno, e si è arricchita di nuove cognizioni ed elementi che le consentiranno di affrontare con successo le grandi lotte di classe del duemila.
I goffi tentativi della banda revisionista del neoimperatore Deng Xiaoping tesi a snaturare e manipolare il pensiero di Mao, anziché comprometterne la genuinità e i caratteri rivoluzionari di classe finiranno per far risaltare di più tutto il suo splendore e la sua irresistibile forza e verità dialettiche e di classe.
Il primo grande, evidente e innegabile merito di Mao a livello internazionale è quello di aver rilanciato la concezione proletaria del mondo appannata e progressivamente stravolta e rinnegata da parte dei revisionisti moderni.
Nessun sincero marxista-leninista potrà scordare che nel '56 Mao ebbe il coraggio e la risolutezza storica e politica, pressoché da solo, di innalzare la grande bandiera rossa del marxismo-leninismo e con essa far da barriera all'incalzare del liquidazionismo e del capitolazionismo di Krusciov e delle cricche revisioniste dei vari paesi, compresa la Cina.
Nessun movimento di liberazione nazionale potrà mai dire di non aver fatto ricorso per un lungo periodo, finché la Cina era socialista e internazionalista, al pensiero di Mao per risolvere i problemi della propria lotta rivoluzionaria.
Nessun ``sessantottino'', ex o no, potrà mai smentire che le lotte studentesche del '68 in Italia e nel mondo furono segnate profondamente dal pensiero di Mao e dalla concezione proletaria del mondo. Allora, e finché era in vita Mao, una schiera sconfinata di giovani dei cinque continenti furono attratti per la prima volta nella loro vita dal comunismo e andavano orgogliosi di fregiarsi del nobile e ambito titolo di marxisti-leninisti.
Tuttavia i meriti maggiori, più duraturi, eterni, Mao li ha conquistati con la sua grande opera teorica che spazia in tutti i campi. In riferimento al nostro tema, possiamo dire che Mao ha ereditato, difeso e sviluppato la concezione proletaria del mondo per quanto riguarda la filosofia (in particolare la teoria della conoscenza, la dialettica e le contraddizioni nella natura e nella società), l'ideologia, la cultura, la letteratura, l'arte, l'educazione, la morale, i costumi e le abitudini. Addentrandosi con ciò in settori nuovi, esplorati per la prima volta dal marxismo-leninismo.
Spiegare in questa circostanza tutto quello che egli ha elaborato e scoperto è impossibile. Possiamo solo elencare le sue opere filosofiche, di cui abbiamo già avuto modo di apprezzare dei passaggi importanti, ed illustrare qualche altro punto della concezione di Mao del mondo.
Le opere filosofiche di Mao rese pubbliche sono: Sulla pratica (luglio 1937), Sulla contraddizione (agosto 1937), Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo (27 febbraio 1957), Da dove provengono le idee giuste (maggio 1963).
Le prime due opere sono state scritte nel periodo della prima guerra civile rivoluzionaria per combattere il dogmatismo e l'empirismo esistenti allora nel Partito comunista cinese. Le altre due sono state scritte nel periodo della costruzione del socialismo in Cina per combattere il revisionismo di destra che prendeva campo nel Partito sotto la spinta di Liu Shaoqi e Deng Xiaoping.
Altri brani fondamentali riguardanti la concezione proletaria del mondo si trovano nelle seguenti opere: Sulla nuova democrazia (gennaio 1940), Riformiamo il nostro studio (maggio 1941), Discorsi alla Conferenza di Yan'an sulla letteratura e l'arte (maggio 1942), Discorso alla Conferenza nazionale di propaganda del Partito comunista cinese (12 marzo 1957).
Importanti sono anche gli ``scritti più letti'' durante la Grande rivoluzione culturale proletaria: In memoria di Norman Bethune (21 dicembre 1949), Al servizio del popolo (8 settembre 1944), Come Yu Kung rimosse le montagne (11 giugno 1945) nei quali viene tracciata l'immagine ideale del marxista-leninista e della persona nuova socialista.
Nel complesso delle opere su menzionate si ritrovano in sintesi e in forma chiara tutte le grandi scoperte sul materialismo dialettico e storico di Marx, Engels, Lenin e Stalin, arricchite dagli apporti inediti di Mao.
Per dare un saggio della potenza del pensiero di Mao circa la dialettica e le contraddizioni, citiamo un brano ripreso dall'opera ``Sulla contraddizione'': ``La legge della contraddizione inerente alle cose, cioè la legge dell'unità degli opposti, è la legge fondamentale della natura e della società, e quindi anche del pensiero. Essa è in opposizione con la concezione metafisica del mondo. La sua scoperta ha costituito una grande rivoluzione nella storia della coscienza umana.
Secondo il materialismo dialettico, la contraddizione esiste in tutti i processi che si verificano nelle cose oggettive e nel pensiero soggettivo, essa penetra tutti i processi dal principio alla fine: in questo consiste il carattere universale e assoluto della contraddizione. Ogni contraddizione e ciascuno dei suoi aspetti hanno le loro proprie caratteristiche: in questo consiste il carattere particolare e relativo della contraddizione. Agli opposti è inerente in determinate condizioni l'identità che rende possibile la loro coesistenza in una singola entità, e inoltre la loro trasformazione nei rispettivi opposti: anche in questo consiste il carattere particolare e relativo della contraddizione. Ma la lotta degli opposti è ininterrotta; essa continua tanto durante la coesistenza degli opposti quanto durante la loro reciproca trasformazione, momento in cui questa lotta si manifesta con una evidenza particolare: in questo consiste ancora il carattere universale e assoluto della contraddizione. Quando studiamo il carattere particolare e relativo della contraddizione dobbiamo tener presente la differenza fra la contraddizione principale e quelle secondarie, fra l'aspetto principale e quello secondario della contraddizione e la lotta degli opposti, dobbiamo tener presente le differenze fra le varie forme di lotta; altrimenti gli errori sono inevitabili''.
Rispetto ai maestri del proletariato internazionale precedenti, Mao si è trovato in una posizione nuova: portare la rivoluzione socialista nella sovrastruttura e nel profondo dell'essere umano.
La Grande rivoluzione culturale proletaria, da egli ideata, promossa e diretta, è stato lo strumento che gli doveva consentire di trasformare la sovrastruttura per renderla conforme alla base socialista e di rivoluzionarizzare la mente e la coscienza delle masse e delle nuove generazioni, e così estirpare le radici dell'ideologia borghese e del revisionismo.
``La Grande rivoluzione culturale proletaria -- sottolinea Mao -- è una grande rivoluzione che tocca l'uomo in quanto ha di più profondo, e tende a risolvere il problema della sua concezione del mondo''(25).Si trattava evidentemente di un avvenimento senza precedenti nella storia, la cui validità rimane intatta e fonte di ispirazione e di insegnamenti per tutti coloro che lottano per il socialismo e per un mondo nuovo, nonostante che tale esperienza sia stata violentemente interrotta dalla restaurazione del capitalismo in Cina.
Le teorizzazioni inedite di Mao sulle classi, le contraddizioni di classe e la lotta di classe nella società socialista rimarranno comunque in eterno come il suo più grande e prezioso contributo dato al materialismo dialettico e storico. La teoria dei due tipi di contraddizioni scoperte da Mao nella società socialista -- le contraddizioni in seno al popolo, che vanno risolte con la dialettica, il ragionamento e la convinzione, e le contraddizioni antagonistiche tra il nemico e noi, che vanno risolte con la forza e la rivoluzione --, costituisce la stella polare di coloro che costruiscono la società socialista.
Ma anche di chi, come noi, si trova nella fase della lotta per il socialismo ed ha lo stesso problema, sia pure in forma diversa, della risoluzione dei due tipi di contraddizione. Infatti mentre dobbiamo convincere le masse di sinistra con la dialettica, le argomentazioni, i fatti, l'esempio e l'azione che la via del PCI non porta al socialismo, non bisogna deflettere dallo stare all'opposizione del sistema capitalistico per combatterlo e distruggerlo.
Sulla base dell'esperienza storica, Mao sottolinea che ``Nella società divisa in classi, le rivoluzioni e le guerre rivoluzionarie sono inevitabili, che senza di esse è impossibile compiere un salto nello sviluppo della società, è impossibile rovesciare le classi dominanti reazionarie e permettere al popolo di prendere il potere. I comunisti devono denunciare la propaganda menzognera dei reazionari, i quali affermano per esempio che la rivoluzione sociale non è necessaria, né realizzabile; i comunisti devono attenersi fermamente alla teoria marxista-leninista della rivoluzione sociale per aiutare il popolo a comprendere che la rivoluzione sociale non solo è assolutamente necessaria ma anche pienamente possibile''(26).
Per evitare l'odio, la ribellione delle masse e la rivoluzione, la borghesia e i suoi lacché inventano e ricorrono a molti trucchi filosofici e teorici. Alcuni di questi sono la teoria della natura umana, dell'unità del genere umano e della difesa della specie, l'umanitarismo, lo Stato di tutto il popolo, la democrazia e la libertà al di sopra delle classi, la fraternità, l'amore e l'altruismo universali. Con ciò si tenta di sfumare e cancellare ogni differenza e contraddizione di classe, addolcire ideologicamente il proletariato e indurlo a trasferire ogni dissidio e dissenso nel quadro istituzionale e costituzionale.
Mao invece si è battuto affinché su ogni tema e questione risultassero chiari i termini della contraddizione e le differenti vedute del proletariato rispetto alla borghesia e la lotta di classe non conoscesse soste. In tal modo egli ha fatto una grande opera di pulizia e riordino ideologico secondo lo spirito dei delegati del Congresso di fondazione della Lega dei comunisti (giugno 1847), in pratica la prima organizzazione marxista internazionale, che adottarono la storica parola d'ordine ``Proletari di tutti i paesi, unitevi'', sopprimendo quella idealistica precedente che suonava così: ``Che gli uomini siano fratelli''.
Riguardo la natura umana, Mao ha detto: ``Esiste una natura umana? Certamente sì, ma solamente una natura umana concreta e non una natura umana astratta. Nella società divisa in classi esiste solo una natura umana con un carattere di classe, e non una natura umana al di sopra delle classi. Noi siamo per la natura umana del proletariato e delle grandi masse popolari, mentre i proprietari fondiari e la borghesia sono per la natura umana delle proprie classi; solo che non lo dicono e la presentano come l'unica natura umana. La natura umana esaltata da certi intellettuali piccolo-borghesi è staccata anch'essa dalle masse popolari o ha addirittura, un carattere antipopolare. La natura umana di cui essi parlano, in fondo non è che l'individualismo borghese, perciò ai loro occhi la natura umana proletaria non ha nulla a che vedere con la natura umana''(27).
Parole altrettanto chiare Mao l'ha pronunciate in riferimento all'amore. Per estensione, quanto egli dice in proposito vale per la democrazia, la libertà, la morale, la cultura, la letteratura e l'arte poiché tutte quante, viene dimostrato in altri passi, portano un'impronta di classe e servono il proletariato o la borghesia.
``Al mondo -- dice Mao -- non esiste amore senza cause, così come non esiste odio senza cause. Quanto al cosiddetto `amore per l'umanità', da quando l'umanità è divisa in classi non è mai esistito un amore come questo, un amore che abbraccia tutto e tutti. Alle varie classi dominanti del passato piaceva predicare un tale amore, e molti saggi hanno fatto altrettato, ma nessuno l'ha messo realmente in pratica, perché nella società divisa in classi questo amore è impossibile. Un vero amore per l'umanità sarà possibile soltanto quando le classi saranno state eliminate in tutto il mondo. Le classi hanno diviso la società in gruppi antagonistici, e soltanto dopo l'eliminazione delle classi si avrà l'amore universale, non ora. Noi non possiamo amare i nostri nemici, non possiamo amare i mali della società, il nostro obiettivo è distruggerli''(28).
L'unità del genere umano, della specie, esiste dunque solo sulla carta, meglio nei sogni idealistici, nella realtà, come chiunque può constatare con mano, l'umanità è profondamente spaccata e divisa. Bisogna allora partire da qui, da questa realtà generata dalla divisione in classi della società, se si vuole veramente raggiungere l'unità dell'umanità e la fraternità universale.
A tale unità un giorno, nei secoli e millenni a livello planetario, bisognerà pure arrivarci e ci arriveremo, purché non si facciano dei voli utopistici, idealistici e antidialettici e si capisca che il primo passo che bisogna compiere per andare verso quella direzione è di abbattere il capitalismo e poi costruire il socialismo.
Noi marxisti-leninisti dobbiamo ringraziare profondamente Mao, non solo per il nutrimento e l'orientamento ideologici che egli continuamente ci fornisce tramite la sua opera teorica, ma anche per averci fatto scoprire la bellezza e l'importanza di essere compartecipi del grande processo di emancipazione del proletariato e dell'intera umanità.
Occorre trasformare la propria concezione del mondo
La trasformazione della propria concezione del mondo è essenziale per dare un contributo all'emancipazione del proletariato, per fare avanzare la lotta di classe, per combattere la borghesia, per capire la realtà, per affrontare correttamente e con successo tutte le prove della lotta di classe, per liberarsi da ogni influenza e condizionamento borghesi, revisionisti e riformisti, per amalgamarsi alla classe operaia e per dare un orientamento di classe alla propria vita personale, sociale e politica.
Le scelte quotidiane e le più minute, come quelle generali e le grandi opzioni derivano tutte quante dalla concezione del mondo che si possiede. Se domina in noi l'ideologia borghese, anche se apparteniamo alla classe operaia e al partito del proletariato, compiremo inevitabilmente delle scelte borghesi, se invece il nostro spirito e la nostra mente sono permeate dal materialismo dialettico e storico tutta la nostra vita privata e pubblica sarà interamente rivoluzionaria.
Essere proletari e marxisti-leninisti non significa avere automaticamente una concezione proletaria del mondo. Perché, nonostante l'origine di classe e la militanza politica rivoluzionaria, siamo pur sempre figli di questa società capitalistica che fin dalla culla ci educa in maniera borghese.
Non è quindi facile acquisire una mentalità proletaria e rivoluzionaria completa e coerente in tutte le sue manifestazioni ideologiche e politiche, dal momento che l'ideologia delle classi sfruttatrici che si sono succedute nel nostro Paese basata sulla proprietà privata dei mezzi di produzione è millenaria ed è radicata profondamente nella società.
è innegabile che attualmente le idee dominanti sono le idee della classe borghese in quanto essa è al potere e dispone di tutti i mezzi economici, istituzionali, culturali, educativi e dell'informazione per imporre alle masse la sua egemonia culturale e i suoi canoni di vita. Tanto più che i partiti storici della classe operaia non hanno mai opposto una seria resistenza di classe al dilagare dell'influenza borghese nel proletariato, e oggi addirittura le tengono bordone persino nella satira, ne è un esempio lo squallido ``Tango''.
Questa è la realtà da cui dobbiamo partire per trasformare la nostra concezione del mondo. Comprendendo la serietà, l'importanza, la necessità e l'urgenza dell'impresa. Comprendendo che il cambiamento di mentalità e del modo di agire e di combattere può avvenire solo con un atto cosciente e deliberato, dando una svolta alla propria vita, tracciando una netta linea di demarcazione tra sé e la borghesia, prendendo la lotta di classe come asse, imparando ad osservare, analizzare, trattare e valutare tutto dal punto di vista di classe e della lotta di classe; comprendendo insomma che è necessario espellere dalla nostra mente ogni pur minima traccia della cultura borghese affinché essa sia vivificata dalla cultura proletaria.
Ma questo non sarà mai possibile se non si studia seriamente, sistematicamente e quotidianamente il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, secondo le proprie esigenze e necessità. Quanto più ci sentiremo influenzati dalla borghesia, tanto più dobbiamo studiare le opere dei grandi maestri del proletariato internazionale. Oggi, date le circostanze, questo studio assume un carattere prioritario rispetto a qualsiasi altro compito rivoluzionario.
Specie gli operai coscienti e avanzati, coloro cui spetta il diritto e il dovere di dirigere anche sul piano culturale il partito del proletariato e le larghe masse popolari, dovrebbero con slancio accogliere questa esortazione di Mao: ``Dobbiamo scuoterci e studiare facendo duri sforzi. Prendete nota di queste tre parole: `fare', `duri', `sforzi'. Bisogna assolutamente scuoterci e fare duri sforzi. Adesso molti compagni non ne fanno e alcuni impiegano le energie che restano loro dopo il lavoro soprattutto per giocare a carte o a mahjong e per ballare: questa, secondo me, non è una buona cosa. Le energie che restano dopo il lavoro dovrebbero essere impiegate soprattutto nello studio, facendo in modo che diventi un'abitudine. Che cosa studiare? Il marxismo e il leninismo, la tecnologia, le scienze naturali. Poi c'è la letteratura, soprattutto le teorie artistico-letterarie: i quadri dirigenti devono intendersene un po'. C'è il giornalismo, la pedagogia, discipline, anche queste, di cui bisogna intendersi un po'. Per farla breve, le discipline sono molte e bisogna almeno farsene un'idea in generale. Dobbiamo dirigere queste faccende, no!? Gente come noi in che cosa è specialista? In politica. Come possono andare bene le cose se non capiamo niente di queste faccende e non ci mettiamo a dirigerle?''(29).
Certo, lo studio al di fuori della lotta di classe, non avrebbe alcun senso, avrebbe solo un carattere di curiosità intellettuale. Noi però intendiamo lo studio come una necessità, uno strumento per trasformare il mondo e noi stessi.
La trasformazione della concezione del mondo non avviene infatti a tavolino, nel chiuso di una stanza, ma nel corso della lotta di classe, nel corso del processo della conoscenza della realtà.
è perché noi vogliamo trasformare il mondo che acquisiamo una cultura adeguata allo scopo. Noi vogliamo in un tempo trasformare il mondo e noi stessi, e l'unico modo per farlo è porsi in prima fila nella lotta di classe, addossandosi con generosità rivoluzionaria tutti i compiti che il suo sviluppo richiede, oggi in primo luogo la costruzione e lo sviluppo nazionale del PMLI.
Siamo consapevoli che il nostro mondo soggettivo può trasformarsi solo mentre trasformiamo il mondo oggettivo. La rivoluzione si impara facendola. Il mondo lo si conosce trasformandolo. Perciò buttiamo anche il nostro cuore nella lotta di classe, lavorando per la trasformazione della concezione del mondo a livello di massa, ispirati da questa verità enunciata da Marx ed Engels: ``Tanto per la produzione in massa di questa coscienza comunista quanto per il successo della cosa stessa è necessaria una trasformazione in massa degli uomini, che può avvenire soltanto in un movimento pratico, in una rivoluzione; che quindi la rivoluzione non è necessaria soltanto perché la classe dominante non può essere abbattuta in nessun'altra maniera, ma anche perché la classe che l'abbatte può riuscire solo in una rivoluzione a levarsi di dosso tutto il vecchio sudiciume e a diventare capace di fondare su basi nuove la società''(30).
La parola d'ordine di Mao ``Servire il popolo'', ``completamente'' e ``interamente''(31), è lo spirito che deve animare e mobilitare i marxisti-leninisti e tutti gli operai coscienti e i giovani rivoluzionari nel corso della lotta per la trasformazione del mondo.
Servire il popolo significa distruggere in sé, e aiutare i compagni di lotta a fare altrettanto, ogni concezione e pratica egoistiche tipiche delle classi sfruttatrici e dedicarsi interamente e completamente alla causa del Partito, del proletariato e del socialismo.
Servire il popolo significa pensare in primo luogo agli interessi della classe operaia e delle masse lavoratrici, e condurre una lotta a coltello contro i nemici di classe e i loro lacché, senza farsi abbindolare dalle manovre corruttrici della borghesia.
è da borghesi pensare sempre a sé, solo ai propri interessi personali, alla carriera, al guadagno, alla felicità e al godimento individuali, al potere personale, alla gloria, disprezzare il lavoro collettivo e il lavoro pratico e manuale, e non pensare se non raramente e sporadicamente e quando siamo sollecitati, agli altri fratelli di classe, agli interessi collettivi del proletariato, ai problemi del Partito e della rivoluzione.
Lavorare per sé o per la causa del proletariato riflettono due concezioni del mondo diametralmente opposte; il primo atteggiamento è quello borghese, l'altro è quello proletario.
Infatti l'altruismo e la generosità rivoluzionari sono il contrassegno dei marxisti-leninisti, mentre l'individualismo e l'egoismo sono le caratteristiche dei borghesi e di tutti coloro che sono sotto l'influenza borghese.
Attualmente attorno all'individualismo si trovano assieme e a braccetto tutti i politicanti borghesi delle varie correnti, solo che i revisionisti e i riformisti per mimetizzarsi un po' si nascondono dietro la foglia di fico costituita dalla parola d'ordine dell'``individualismo di sinistra'', coniata dalla socialdemocrazia tedesca, segnatamente da Glotz, e rilanciata in Italia da Occhetto.
Evidentemente si tratta di una ridicola mascheratura, perché l'individualismo, comunque lo si rigiri, imbelletti e dipinga è sempre l'espressione classica della borghesia e fa ai pugni col collettivismo marxista e del proletariato.
Il terrorismo, l'avventurismo degli ``ultrasinistri'', il ribellismo individuale, anche se vissuti soggettivamente con generosità e abnegazione, sono anch'essi una forma di individualismo borghese, perché si sostituiscono alle masse e bruciano forze vive e attive mandandole allo sbaraglio e distogliendole dai reali compiti rivoluzionari del momento.
L'emancipazione sociale non è e non potrà mai essere un progresso individuale ma dell'intero proletariato, se la classe si disgrega, se ciascuno pensa a sé e solo ai propri problemi e non mette gli interessi della classe e della rivoluzione al di sopra dei propri interessi personali, l'emancipazione del proletariato non potrà mai realizzarsi e i lavoratori rimarranno per sempre sotto il tallone della borghesia.
Perciò la classe dominante borghese propone alle ragazze e ai ragazzi di oggi i suoi modelli tipo Rambo, Rocky II e gli Yuppies, mercenari al servizio del vecchio mondo, mentre noi marxisti-leninisti proponiamo il modello del pioniere rivoluzionario al servizio del popolo per aprire in Italia la via del socialismo.
Sappiamo di chiedere molto alle nuove generazioni, ma senza il loro protagonismo e il loro sacrificio sarà impossibile che si dischiudano le porte del nuovo mondo.
La nostra speranza e il nostro auspicio è che gli intellettuali progressisti e democratici, il cui ruolo sul piano culturale, ideologico e filosofico è insostituibile, capiscano la situazione e le proprie responsabilità, escano dal pantano revisionista e riformista in cui sono caduti, e ci diano man forte per far splendere in Italia in tutto il suo fulgore il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, per combattere e mandare in frantumi la cultura e l'ideologia borghesi e per far trionfare a livello di massa la concezione proletaria del mondo.
L'attualità della concezione proletaria del mondo
L'attuale situazione internazionale e nazionale ha forse scompaginato le idee che compongono la concezione proletaria del mondo? Non ci sembra proprio!
Esiste ancora l'imperialismo con la sua insaziabile fame di terre, materie prime, mercati, zone di influenza, conquiste e guerre. Esiste ancora il capitalismo che si nutre dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo e della miseria delle masse. Esistono ancora i popoli e le nazioni oppresse, in certe zone come il Sud-Africa esiste persino l'apartheid, e la classe operaia ovunque è esclusa dall'esercizio del potere politico.
Lo sviluppo delle contraddizioni, nella natura e nella società, è inarrestabile, mentre il plusvalore continua il furto del lavoro operaio.
La rivoluzione tecnologica in atto nei paesi capitalistici non ha mutato nella sostanza i termini fondamentali delle questioni e delle contraddizioni. Anzi i problemi si sono decuplicati, in quanto il progresso tecnologico, gestito dalla borghesia, avanza a discapito della classe operaia e dei popoli, devastando, inquinando e avvelenando l'ambiente, seminando la via di morte come è successo a Chernobyl e preparando le guerre stellari.
La riduzione del peso numerico della classe operaia non ha cambiato affatto la contraddizione principale esistente nel capitalismo, cioè la contraddizione tra il proletariato e la borghesia.
Pur di fronte all'emergere dei tecnici e all'espansione del terziario, rimane intatto il ruolo storico della classe operaia il cui peso oggettivo è aumentato, proprio in considerazione della nuova situazione economica, politica e sociale, poiché essa è l'unica classe che porta in grembo la via della salvezza, del progresso, della libertà e dell'emancipazione sociale. Essa sola infatti possiede una concezione del mondo veramente rivoluzionaria, scientifica e antagonistica alla concezione borghese del mondo, nonché un progetto politico completo e sperimentato in più paesi e la capacità di unire a sé tutte le classi e i gruppi sociali anticapitalistici e di guidarli di tappa in tappa nella lotta per la trasformazione del mondo.
Come è possibile allora decretare l'invecchiamento, il superamento se non addirittura la morte del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, quando è tuttora vivo il capitalismo di cui è un prodotto, e l'umanità non è ancora giunta al dominio totale della natura? Evidentemente la concezione proletaria del mondo ha una longevità di gran lunga superiore al capitalismo, al di là dei flussi e riflussi della storia e delle sconfitte subite.
Quasi in coincidenza con la riconquista della Cina socialista, il liberalismo -- la vecchia ideologia borghese -- sull'onda dell'avvento di Reagan e della Thatcher ha ripreso quota in tutto il mondo e in Italia ispirando l'opera nefasta dei governanti borghesi.
Oggi vecchi e nuovi liberali, vecchi e nuovi riformisti si trovano sostanzialmente uniti nella difesa e nella pratica del liberalismo. Si è arrivati persino a parlare di ``socialismo liberale''. Rivolgendosi al PCI, all'apertura del XVII Congresso, l'``Avanti!'', in un editoriale attribuito a Craxi, gli ha chiesto esplicitamente di accettare il valore ``ideale oltre che storico delle grandi rivoluzioni liberali e democratiche dell'Occidente'', nonché di ``identificarsi pienamente e senza riserve di alcun genere in quello sfondo di valori e di principi che esistevano anche prima della nascita del movimento operaio''(32).
La risposta congressuale è stata sostanzialmente favorevole. E Napolitano l'ha ricordato in un'intervista a ``Panorama'' del 5 maggio scorso dicendo che ``Gramsci stesso ci insegnò a distinguere tra le condizioni e le prospettive del socialismo `in Occidente e in Oriente'. Ci siamo via via riappropriati di valori storici dell'Occidente, valori di libertà e di democrazia, di tolleranza e di pluralismo, come qualcosa di nostro, di inseparabile dalla nostra visione di socialismo''.
Certo, non si tratta di praticare un liberalismo sbracato e sfrenato ma il più addolcito possibile, un ``liberalismo sociale''. Ed è Natta a sottolinearlo con una stupefacente frase: ``Lo diceva già John Stuart Mill (cioè uno dei principali teorici del liberalismo, precisiamo noi): liberalismo, sì, ma temperato da leggi sociali, per impedire che l'individualismo, diventi pernicioso. Questo è un punto di contatto anche teorico fra noi e il pensiero liberaldemocratico''(33).
Con il che è ammesso a chiare lettere che il gruppo dirigente del PCI ha compiuto il ``salto della quaglia'' anche sul piano ideologico, congiungendosi con la socialdemocrazia e la borghesia. All'inizio della storia del PCI, i revisionisti hanno deformato la dottrina marxista, poi l'hanno messa in dubbio, quindi l'hanno attaccata ed ora la ripudiano apertamente, perché ormai hanno trovato la loro collocazione nel palazzo e aspettano solo di aver un qualsiasi posto nel governo centrale borghese.
La natura e il carattere di classe del PCI sono quindi qualitativamente cambiati. Abbandonando la concezione proletaria del mondo, sposando il liberalismo e con la scelta congressuale di essere ``parte integrante della sinistra europea'', in altre parole della socialdemocrazia e della borghesia riformista, esso è divenuto a tutti gli effetti un partito borghese, liberale, riformista e controrivoluzionario, che si oppone alla classe operaia e al socialismo.
In questi ultimi trent'anni, a cominciare dall'VIII Congresso, dopo che nel '44-'45 col ``partito nuovo'' ne erano state gettate le fondamenta, si è concluso l'ultimo tratto della parabola revisionista e riformista del PCI e del suo passaggio in campo borghese. Il XVII congresso dell'aprile scorso costituisce lo spartiacque tra il passato revisionista del PCI e il presente borghese, liberale e riformista.
Il PCI formalmente sta ancora nel movimento operaio, però non per servirlo ma per strumentalizzarlo e integrarlo nel sistema capitalistico. Il suo scopo è quello di ``tenere buono'' quel ``terzo della società'' -- gli esclusi dal benessere -- che tendenzialmente sfugge a ogni controllo istituzionale e della stessa socialdemocrazia.
I nuovi borghesi riformisti assomigliano come due gocce d'acqua ai vecchi revisionisti, così bene raffigurati da Lenin: ``Sul piano politico il revisionismo ha tentato di rivedere il fondamento reale del marxismo, la dottrina della lotta di classe; la libertà politica, la democrazia, il suffragio universale, ci è stato detto, distruggono le basi stesse della lotta di classe e confutano la vecchia tesi del Manifesto comunista secondo cui gli operai non hanno patria. In regime di democrazia, dove domina la `volontà della maggioranza', non si può più considerare lo Stato come un organo di dominio di classe e non ci si può più sottrarre all'alleanza con la borghesia progressista, propugnatrice di riforme sociali, contro i reazionari.
è incontestabile che queste obiezioni dei revisionisti danno vita a un sistema abbastanza organico di idee, cioè al sistema già noto da un pezzo delle concezioni liberali borghesi. I liberali hanno sempre sostenuto che il parlamentarismo borghese distrugge le classi e la divisione in classi, perché tutti i cittadini senza distinzione hanno diritto al voto, hanno diritto di partecipare agli affari dello Stato. Ma tutta la storia dell'Europa nella seconda metà del XIX secolo, tutta la storia della rivoluzione russa all'inizio del secolo XX dimostrano chiaramente quanto siano assurde queste concezioni. Con la libertà del capitalismo `democratico' le differenze economiche non si attenuano, ma si accentuano e si inaspriscono. Il parlamentarismo non elimina ma mette a nudo l'essenza delle repubbliche borghesi più democratiche come organi dell'oppressione di classe. Aiutando a illuminare e ad organizzare masse popolari infinitamente più grandi di quelle che partecipavano prima attivamente alle vicende politiche, il parlamentarismo non contribuisce per questa via a eliminare le crisi e le rivoluzioni politiche, ma contribuisce a rendere più acuta la guerra civile nel corso di queste rivoluzioni. Gli avvenimenti di Parigi nella primavera del 1871 e quelli di Russia nell'inverno del 1905 hanno dimostrato nel modo più chiaro come si giunga inevitabilmente a questo inasprimento della guerra civile. La borghesia francese, per soffocare il movimento del proletariato, non ha esitato un istante ad accordarsi con il nemico di tutta la nazione, ad accordarsi con l'esercito straniero, che le aveva saccheggiato la patria. Chi non comprende l'inevitabile dialettica interna del parlamentarismo e della democrazia borghese, che porta a risolvere i conflitti ricorrendo a forme sempre più aspre di violenza di massa, non saprà mai condurre nemmeno sul terreno del parlamentarismo un'agitazione e una propaganda di principio che preparino realmente le masse operaie a partecipare vittoriosamente a questi `conflitti'. L'esperienza delle alleanze, degli accordi e dei blocchi con il liberalismo socialriformistico in Occidente e con il riformismo liberale (cadetti) nella rivoluzione russa ha dimostrato persuasivamente che questi accordi possono solo annebbiare la coscienza delle masse, non accentuando ma attenuando il significato reale della loro lotta, legando i combattenti agli elementi più inetti alla lotta, più instabili e inclini al tradimento. Il millerandismo francese -- cioè l'esperienza più significativa nell'applicazione della tattica politica revisionista su vasta scala, su una scala realmente nazionale -- ha dato del revisionismo un giudizio pratico che il proletariato del mondo intero non dimenticherà mai''(34).
In effetti l'involuzione ideologica dei revisionisti e il loro assillo di prendere comunque parte al governo borghese aprono facilmente le porte alla reazione. Come sta succedendo oggi ai nuovi liberali riformisti che non si accorgono, o fanno finta di non accorgersi, che il neoduce Craxi sta introducendo materialmente la seconda repubblica autoritaria e fascista, secondo il vecchio ``piano di rinascita democratica'' di Gelli e della P2. E anziché denunciare e combattere il ``golpe bianco'' implorano l'alleanza governativa col suo artefice maggiore finendo col coprire e favorire il suo disegno.
Si chiede solo di entrare nel governo, pur anche con la DC e il partito liberale, come la panacea per risolvere i mali storici e attuali del Paese. Che inganno, che infamia, che opportunismo! Quale pericolo per l'avvenire della classe operaia e dei lavoratori!
La degenerazione della democrazia borghese e la putrefazione del capitalismo sono giunti a un punto di non ritorno. Il Mezzogiorno va alla deriva, la disoccupazione distrugge moralmente se non fisicamente quasi 3 milioni di persone per lo più donne e giovani, l'Italia si riarma nuclearmente e convenzionalmente per sostenere le rinate velleità egemoniche ed espansionistiche dell'imperialismo nostrano nel Mediterraneo, l'inquinamento ha reso il nostro bel Paese come una pattumiera, e i nuovi borghesi liberali riformisti continuano ancora ad illudere le masse che con l'elettoralismo, il parlamentarismo e l'alleanza con Craxi o con De Mita, nonché con Altissimo, Spadolini e Nicolazzi, sia possibile cambiare le cose.
Mentre i fatti, duri a morire, di 40 anni di Repubblica borghese sono lì a dimostrare che per via parlamentare, pacifica, legale e istituzionale, soffocando le contraddizioni e i conflitti di classe e andando incontro alle necessità economiche e politiche della borghesia, tutto resta come prima e peggio di prima, i rapporti di forza restano pressoché immutati, e anche se cambiano a favore del proletariato vengono gestiti lo stesso dalla borghesia. Si deve ormai storicamente registrare che per questa via, per una ragione o per un'altra, le porte del potere politico sono sbarrate alla classe operaia.
Le contraddizioni tra proletariato e borghesia, tra progresso e reazione, tra capitalismo e socialismo, tra marxismo-leninismo-pensiero di Mao e liberalismo sono troppo importanti e decisive per lo sviluppo sociale da poter essere risolte con la collaborazione tra le classi e accettando le ``regole del gioco'' imposte dalla borghesia. Esse si risolvono solo con la lotta di classe, con la rivoluzione socialista, ponendo al centro di tale lotta la questione del potere politico da parte della classe operaia.
Nell'immediato -- come ha indicato il comunicato del Comitato centrale del PMLI dell'11 agosto -- bisogna sbarrare la strada al neoduce Craxi sviluppando la lotta per la chiusura delle centrali nucleari, della base atomica di Comiso e delle basi Usa e Nato nel nostro territorio, l'uscita dell'Italia dalla Nato, la pace nel Mediterraneo e nel mondo. Ed ancora: per l'occupazione, il risanamento del Mezzogiorno, la casa, gli aumenti salariali e pensionistici; la riduzione dell'orario di lavoro a 35 ore settimanali, gli sgravi fiscali, la sanità pubblica e gratuita, per una scuola pubblica intesa come servizio sociale goduto e controllato dal popolo, i servizi sociali, la salvaguardia dell'ambiente e la parità donna-uomo.
Il nostro sguardo però deve rimanere sempre fisso sull'avvenire, che è il socialismo.
Il socialismo è una tappa obbligata del cammino dell'umanità verso l'emancipazione e quindi un giorno la mèta sarà raggiunta. Non sappiamo quanto tempo ci impiegheremo, però possiamo dire fin d'ora che più lunga e travagliata sarà l'attesa, tanto più radioso sarà l'avvenire socialista.
La lotta per il socialismo in Italia è la lotta per lo sviluppo nazionale del PMLI
La lotta per il socialismo in Italia è strettamente legata allo sviluppo nazionale del PMLI. Tanto più veloce sarà tale sviluppo, tanto più si avvicinerà l'ora della rivoluzione e dell'avvento del socialismo. ``Questa è la peculiarità della rivoluzione socialista italiana'', ha rilevato il III Congresso nazionale del Partito sulla base dell'esperienza pratica.
E come potrebbe essere diversamente dal momento che il PMLI è l'unico partito del nostro Paese che ha al centro del programma la conquista del socialismo e si basa sul marxismo-leninismo-pensiero di Mao?
La pratica dimostra che se non avanza il PMLI non avanza la lotta di classe perché nessuno ha interesse a farla uscire dallo stallo in cui si trova attualmente. La lotta di classe segna il passo non perché le masse non hanno voglia di lottare. Basti pensare ai grandi movimenti dei lavoratori contro il taglio della scala mobile e per il sindacato di classe, allo straordinario movimento dei ``ragazzi dell'85'', ai grandiosi movimenti popolari per la pace e contro il riarmo atomico, alle dure e prolungate lotte di massa degli ``abusivi per necessità'' della Sicilia e della Calabria.
La forza e la volontà di far mordere la polvere ai capitalisti ci sono, solo che l'attuale direzione delle masse non dà a queste tutta la corda che vorrebbero e agisce in modo da ricondurre le lotte che è costretta a subire, o che sfuggono temporaneamente al suo controllo, nell'ambito costituzionale e parlamentare. E questo vale non solo per il PCI ma anche per DP, il cui riformismo, parlamentarismo e pacifismo sono divenuti proverbiali.
Da questa situazione perciò non se ne esce se il PMLI non viene conosciuto e non si afferma come la nuova guida rivoluzionaria. Finché il PMLI non conquisterà la direzione delle masse, la lotta di classe rimarrà sempre sul terreno borghese e non potrà mai trasformarsi in lotta cosciente per il socialismo.
Questo è ciò che dovrebbero comprendere gli operai di avanguardia e tutti coloro che lottano per il socialismo, e trarne le dovute conseguenze politiche e organizzative. Non si può stare sull'albero a cantare e a fare i conti su quello che si perde e si guadagna sul piano personale, quando c'è un urgente bisogno di cervelli e di braccia che si adoperino per dare una direzione rivoluzionaria alla classe operaia e alle masse.
La questione dello sviluppo nazionale del PMLI è quindi una questione che riguarda non solo i membri del Partito ma tutti coloro che hanno speso la vita, o vogliono spenderla, per l'emancipazione della classe operaia.
Noi marxisti-leninisti abbiamo in mano la metà della chiave dello sviluppo del PMLI, l'altra metà è in mano ai rivoluzionari che si trovano dentro e fuori ai partiti della sinistra parlamentare o ai gruppi ultrasinistri. Quanto prima le due metà della chiave saranno congiunte, tanto prima sarà impressa una svolta alla lotta di classe.
Lo sviluppo della lotta di classe e lo sviluppo del PMLI si condizionano e si influenzano reciprocamente. Non ci può essere sviluppo dell'una senza lo sviluppo dell'altro, è una questione dialettica. Ma in ultima analisi è lo sviluppo del Partito che determina il corso, il carattere, i tempi e la finalità della lotta di classe. Da qui la necessità e l'urgenza che tutti i rivoluzionari si uniscano nel PMLI, rompano col revisionismo di destra e di ``sinistra'', e diano un grande impulso allo sviluppo nazionale del Partito.
Diciannove anni fa abbiamo iniziato una lunga marcia organizzativa per costruire un grande, forte e combattivo Partito, capace di guidare la classe operaia e le larghe masse popolari verso il socialismo. Siamo all'inizio dell'opera, e il più resta da fare, e lo faremo avvalendoci delle nuove e fresche energie che via via capiranno la nostra nobile causa e si uniranno a noi.
Quando partimmo eravamo incoraggiati dalla forte presenza del presidente Mao, oggi che egli non c'è più e che una nera cappa è scesa sulla Cina è più difficile proseguire il cammino. Eppure dobbiamo andare ugualmente avanti con lo stesso ardore e la stessa fiducia di quando compimmo i primi passi. Il proletariato è ancora prigioniero delle catene del capitalismo ed ha bisogno del suo Partito che gliele spezzi.
è la storia, è la classe operaia cosciente, è la causa del socialismo che ci chiedono di andare avanti, di continuare e completare l'opera che da pionieri abbiamo iniziato guardando sempre fiduciosi verso l'avvenire.
``Noi comunisti - dice Mao - siamo famosi per non temere le difficoltà. Sul piano tattico dobbiamo prendere in considerazione tutte le difficoltà concrete e nei riguardi di ciascuna di esse dobbiamo adottare un atteggiamento serio, creare le condizioni necessarie, mettere l'accento sulle misure per affrontarle e superarle una per una, gruppo per gruppo. In base alla nostra esperienza di alcuni decenni abbiamo sempre trionfato su ogni difficoltà che abbiamo incontrato. I comunisti hanno costretto alla ritirata ogni genere di difficoltà in cui si sono imbattuti, è vero che `Le alte montagne debbono abbassare la testa, i fiumi debbono cedere il passo'. Abbiamo acquisito l'esperienza che ci permette di poter disprezzare le difficoltà. Quello che diciamo vale sul piano strategico e su quello generale. Malgrado che le difficoltà siano enormi, con un'occhiata possiamo valutarne l'importanza. Esse provengono soltanto dai nostri nemici esistenti nella società e dal mondo della natura. Noi sappiamo che l'imperialismo, gli elementi controrivoluzionari all'interno del paese e i loro agenti nei ranghi del nostro partito, ecc., non sono altro che forze moribonde, mentre noi rappresentiamo le forze nascenti, la verità sta dalla nostra parte. Di fronte a loro siamo sempre invincibili. Solo se riflettiamo un po' sulla nostra storia possiamo riuscire a comprendere ciò. Quando nel 1921 fondammo il partito eravamo soltanto alcune decine di uomini, da un numero così insignificante in seguito, ci siamo talmente sviluppati da rovesciare i potenti nemici all'interno del paese. C'è anche modo di assoggettare quel nemico che è la natura. Sia nella natura, sia nella società, tutte le forze nascenti -- parlando della loro essenza -- sono sempre invincibili, mentre tutte le vecchie forze, per quanto gigantesche, dal punto di vista numerico, vengono sempre annientate. Perciò noi possiamo e anzi dobbiamo disprezzare le più grosse difficoltà che si incontrano nel mondo e considerarle un `problema insignificante'. Questo è il nostro ottimismo. Ottimismo che è basato sulla scienza. Se noi riusciamo a capire meglio il marxismo e il leninismo, se riusciamo a capire meglio le scienze naturali, in una parola, se riusciamo a conoscere meglio le leggi del mondo oggettivo e commetteremo meno errori di soggettivismo allora potremo raggiungere lo scopo del nostro lavoro rivoluzionario e in quello della edificazione''(35).
Stai certo, compagno Mao, il tuo ottimismo rivoluzionario è anche il nostro ottimismo. Ce la faremo.
Compagne e compagni, impugnamo risolutamente, difendiamo e propagandiamo la concezione proletaria del mondo per trasformare il mondo e noi stessi!
Gloria eterna al presidente Mao Zedong, grande maestro del proletariato internazionale, dei popoli e delle nazioni oppresse!


NOTE
(1) Mao, Sulla pratica, (luglio 1937), Opere scelte, vol. 1, p. 326
(2) Mao, Discorso alla Conferenza nazionale di propaganda del Partito comunista cinese, (12 marzo '57), Opere scelte, vol. 5 (Edizioni Einaudi), p. 590
(3) Mao, Sulla pratica, idem, p. 314
(4) Mao, Sulla contraddizione, (agosto 1937), idem, p. 330
(5) Mao, Sulla pratica, idem, pp. 317-318
(6) Engels, Anti-Dühring, (settembre 1876-giugno 1878), Opere complete, vol. 25, p. 135
(7) Lenin, Materialismo ed empiriocriticismo, (febbraio-settembre 1908), Opere complete, vol. 14, p. 183
(8) Mao, Sulla contraddizione, idem, pp. 330-331
(9) Mao, Idem, p. 332
(10) Mao, Da dove provengono le idee giuste, (maggio 1963)
(11) Stalin, Materialismo dialettico e materialismo storico, (settembre 1938), in ``Questioni del leninismo'', Edizioni Rinascita, p. 645
(12) Engels, L'evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza, (1877-1878)
(13) Mao, Sul governo di coalizione, (24 aprile 1945), Opere scelte, vol. 3, p. 213
(14) Engels, Anti-Dühring, idem, p. 256
(15) Engels, Idem
(16) Marx, Prefazione a ``Per la critica dell'economia politica'', (gennaio 1859)
(17) Engels, L'evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza, idem
(18) Marx, Prefazione a ``Per la critica dell'economia politica'', idem
(19) Mao, Citato nel ``Rapporto del primo ministro Zhou Enlai sui lavori del governo, presentato alla I sessione della III Assemblea popolare nazionale'', (21-22 dicembre 1964)
(20) Mao, Discorso alla Conferenza nazionale di propaganda del Partito comunista cinese, idem, p. 586
(21) Giulio Andreotti, Intervista a ``la Repubblica'' del 22.8.86
(22) Ciriaco De Mita, Relazione al XVII Congresso nazionale della DC, 26 maggio 1986
(23) Alessandro Natta, Intervista a ``Der Spiegel'' del 27.5.86
(24) Alessandro Natta, Intervista a ``Panorama'' n. 1056 del 13.7.86
(25) Mao, Citato in ``Avanziamo lungo la via aperta dalla Rivoluzione socialista d'Ottobre'', articolo delle redazioni di ``Quotidiano del popolo'', ``Bandiera rossa'' e ``Quotidiano dell'esercito di liberazione'' del 6.11.67
(26) Mao, Sulla contraddizione, idem, p. 362
(27) Mao, Discorsi alla Conferenza di Yenan sulla letteratura e l'arte, (23 maggio 1942), Opere scelte, vol. 3, pp. 89-90
(28) Mao, Idem, p. 90
(29) Mao, Essere elementi di stimolo per la rivoluzione, (9 ottobre 1957), Opere scelte, vol. 5 (Edizioni Einaudi), p. 680
(30) Marx-Engels, L'ideologia tedesca, scritta fra il 1845 e il 1846, Opere complete, vol. 5, p. 38
(31) Mao, Al servizio del popolo, (8 settembre 1944), Opere scelte, vol. 3, p. 181
(32) Editoriale dal titolo ``Una riflessione per un Congresso'', ``Avanti!'' del 9 aprile 1986
(33) Alessandro Natta, Intervista a ``Panorama'' n. 1056 del 13 luglio 1986
(34) Lenin, Marxismo e revisionismo, (aprile 1908), Opere complete, vol. 15, pp. 30-31
(35) Mao, Discorso alla Conferenza nazionale del Partito comunista cinese, (21 marzo 1955), Opere scelte, vol. 5 (Edizioni Einaudi), pp. 180-181