Biblioteca Multimediale Marxista
STUDENTI !
La prima cosa che la scuola insegna allo studente è che la sua è
una condizione di privilegio; tutto nella scuola serve ad alimentare una prospettiva
illusoria: domani sarà un tecnico, avrà posizione, stipendio,
carriera, la laurea fa diventare «qualcuno», per non parlare poi
delle frottole che gli si fanno bere sulla «formazione» e la cultura.
Se lo studente si vedesse, con la sua laurea o il suo diploma in mano, in cerca
di una occupazione che non viene, o a fare il cronometrista o il sorvegliante
di reparto, o a ripetere centinaia di volte in un giorno la stessa operazione,
o confuso nella schiera di colletti bianchi della burocrazia del grande capitale
pubblico e privato: chi glielo farebbe fare di tirare avanti la sua esistenza
di studente?
La realtà è questa: che il capitale ha bisogno di una massa sempre
crescente di forza lavoro qualificata; per questo, mentre continua ad attingere
dagli strati a più basso reddito forza lavoro grezza, operai che cominciano
a produrre plusvalore a 14-15 anni, dall'altro lato utilizza la scuola come
gigantesco corso di addestramento per i suoi tecnici, quadri medi e dirigenti.
Tutto questo va pianificato: una scuola adatta a preparare la classe dirigente
di ieri va trasformata radicalmente per il nuovo compito che il capitale le
assegna: anche il piano Gui è un aspetto di quel processo di adattamento
della società alle esigenze del capitale che si chiama piano.
1966-'67-'68: anni di lancio del piano capitalistico in Italia, anni di lotte
studentesche. Lotte di tipo nuovo per la continuità, la massificazione,
la capacità di rilanciarsi da un punto all'altro, dall'Università
alla scuola media. Lotte di tipo nuovo per la rapidità con cui superano
e mettono da parte gli obiettivi riformistici di razionalizzazione entro i quali
gli organismi ufficiali di rappresentanza (leggi: controllo) cercano di incanalare
la rabbia degli studenti.
Gli studenti lottano: perché? In primo luogo contro la loro condizione
attuale che non è in nessun modo una condizione di privilegio.
Il capitale addossa ancor oggi in massima parte ai redditi familiari il costo
di questa manodopera in preparazione: è una operazione economica ? grande
risparmio di denaro ? ed una operazione politica: perché in questo modo
il capitale si assicura che le vecchie differenze sociali si trasferiscano nelle
nuove stratificazioni della classe operaia, ottiene che il perito tecnico figlio
di operai e l'ingegnere figlio di papà continuino a sentirsi diversi
anche se oggettivamente sono sempre livellati.
Ma questa operazione viene fatta sulla pelle dello studente: che è sempre
senza un soldo, e così la carota dei consumi futuri lo mena per il naso
fino alla laurea, al diploma, al posto; che diventa maggiorenne ? indipendente
economicamente ? quando è quasi vecchio, e intanto è sottoposto
nello stesso tempo alla violenza diretta della scuola e a quella indiretta della
famiglia ? il ricatto psicologico e morale che viene interiorizzato dallo studente
come senso del dovere, come obbligo a «ripagare i sacrifici».
Ma il peggio, per lo studente, è dentro la scuola. Il sistema dei voti
e degli esami è taylorismo bello e buono, fondato sul principio di premiare
il più svelto e penalizzare il più lento. L'indice di produttività
nella scuola diventa sempre più il grado di accettazione delle norme
scolastiche stesse, esattamente come nella fabbrica, dove l'operaio più
"bravo" è quello che ha interiorizzato più degli altri
l'interesse del padrone. Chi può essere infatti lo studente modello?
Non l'individuo intelligente che si rende conto dell'assurdità delle
regole del giuoco, della stupidità delle cose che gli vengono insegnate
e di coloro che le insegnano, né quello che ha un minimo di vitalità
che si ribella contro la violenza esercitata quotidianamente su di lui; bravo
è solo quello che cede al ricatto, che si immedesima nel ruolo che famiglia-scuola-società
del capitale gli assegnano e per di più accetta di funzionare come allenatore
nei confronti di tutti gli altri. I «tempi» di una classe, di un
corso, li dà lui. Quelli che non ce la fanno, o perché sono meno
«dotati» (svantaggiati socialmente nel punto di partenza) o perché
più intelligenti, debbono sgobbare e adeguarsi o essere ricacciati nella
massa «senza privilegio» di chi è già direttamente
macinato dal capitale nel processo produttivo.
Criterio dell'efficienza, carrierismo, rispetto per le autorità e le
istituzioni in generale, imbecillità totale sono gli elementi attraverso
i quali la scuola di ogni ordine e grado addestra al consenso al sistema.
Le lotte degli studenti contro la struttura autoritaria della scuola, nella
misura in cui non si pongono il falso obiettivo di una democratizzazione della
scuola nella società così com'è (che sarebbe solo una forma
più mistificata e quindi più funzionale di violenza), rappresentano
un rifiuto al consenso, un ele-mento di instabilità sociale del piano.
Altro aspetto del movimento in atto è la critica dei contenuti che la
scuola impone. Nella misura in cui li chiarisce come una serie di specializzazioni
strettamente funzionali ai bisogni del capitale che si sviluppa, come una serie
di tecniche brutalmente al servizio della logica aziendale del massimo profitto,
questa critica serve agli studenti in lotta. Costringe gli studenti a riconoscersi
anche per questo aspetto come forza lavoro, poiché nessuna alternativa
è possibile nell'ambito del sistema: il meccanismo del piano ha permesso
di scoprire la mistificazione della «scienza» e della «cultura».
A questi valori, definitivamente morti con la vecchia società borghese,
crede ormai solo qualche rimbambito umanista.
Le lotte studentesche in occasione del piano devono crescere politicamente come
lotte contro il piano.
Il terreno di scontro fondamentale è la fabbrica: la battaglia decisiva
contro il piano è quella che la classe operaia conduce per il salario.
Ma nel momento in cui il capitale pianifica la società, cerca di farla
funzionare tutta quanta come corpo sociale della propria «anima»
che è la legge dell'accumulazione, crea una serie di tensioni e di conflitti
nuovi; soprattutto sconvolge le vecchie divisioni di ceti e gruppi sociali,
unifica oggettivamente grandi masse sociali proletarizzandole.
Qui emerge una indicazione politica chiara: non c'è più bisogno
di inventare gli alleati degli operai nei contadini che non esistono più,
nei padroncini che hanno interessi di classe opposti ai loro, nei ceti medi
non meglio definiti: gli operai hanno già oggi i propri alleati nelle
masse degli studenti, che già oggi si ribellano contro il dominio del
capitale, prima di passare anche materialmente al suo servizio. La insoddisfazione
degli studenti, la loro rabbia, il senso di impotenza che nasce dalla loro condizione
di «minorenni» debbono trovare un obiettivo che dia vigore e unità
alle loro lotte: salario garantito a tutti gli studenti!
Il capitale ci vuole modellare nella scuola secondo i suoi bisogni, ci vuol
fare funzionare già dalla scuola secondaria come rotelle del suo ingranaggio,
ci sottopone al lavaggio del cervello e alla violenza delle sue istituzioni?
Facciamogliela pagar cara!
SIAMO FORZA LAVORO: DATECI IL SALARIO!
Bologna, febbraio 1968.
«POTERE OPERAIO»
TIP. NEGRI - BOLOGNA