Biblioteca Multimediale Marxista
Ultimo numero - Novembre '73
Atti del seminario di Padova
28 luglio - 4 agosto 73
Perchè usciamo dal gruppo
Perchè scegliamo l' Autonomia organizzata
Non torniamo indietro andiamo avanti
Perchè ricominciamo daccapo dopo dieci anni da quella Piazza Statuto,
mai abbastanza maledetta da padroni e riformisti, che è stata il nostro
congresso di fondazione? Perchè crediamo oggi fondamentale una radicale
campagna di rettifica di linea e di dissoluzione della "struttura di gruppo",
una vera e propria rivoluzione culturale nell' ambito della organizzazione della
sinistra rivoluzionaria? Perchè e come riproponiamo il tema dell' organizzazione
di classe, dopo questi dieci anni di crescita del movimento ed alcuni momenti
di egemonia sul movimento rivoluzionario complessivo? Quali sono le prime scadenze,
i primi elementi di programma e le forme di organizzazione che una fase di chiarimento,
di dibattito e di lotta politica ha enucleato e sulla quale dobbiamo provarci?
Autonomia operaia e rifiuto del lavoro sono la forma e il contenuto del formidabile
salto in avanti che, da Piazza Statuto a Corso Traiano, da Via Tibaldi all'
11 marzo '72, dalle prime azioni di lotta armata al marzo '73 di Mirafiori,
la classe operaia, e l'intero movimento rivoluzionario del proletariato sotto
la sua direzione, hanno compiuto. Ma autonomia operaia e rifiuto del lavoro
non sono mai riusciti a trovare una mediazione organizzativa che non fosse momentanea
e spontanea. Ogni tentativo organizzativo ha al contrario scisso e separato
questi termini complementari : questa scissione è stata il fondamento
dell' opportunismo di destra e di sinistra. L'opportunismo di destra ha esaltato
l'autonomia, rinnegando i contenuti materiali di cui questa si nutriva : al
rifiuto del lavoro, agli obiettivi comunisti di appropriazione ha di nuovo sostituito
l'orizzonte socialista della contrattazione istituzionale, la cosiddetta autonomia
del politico e un conseguente programma di più equa ripartizione dei
redditi. L'opportunismo di sinistra ha istericamente esaltato la volontà
di rottura e di scontro delle avanguardie del rifiuto del lavoro, disperdendo
tuttavia nel delirio gauchista ogni capacità di interpretare il movimento
di massa, cedendo alla tentazione di un terrorismo senza principi, preda perciò
di nuovo dell' iniziativa provocatoria dei livelli istituzionali del capitale.
Sul piano politico sia l'opportunismo di destra che quello di sinistra sono
quindi necessariamente scivolati in una pratica burocratica, delegata, tardocomunista:
i gruppi sono oggi extraparlamentari solo di nome, in realtà tutte le
loro scadenze hanno finito con l'essere parlamentari ed istituzionali ed ogni
loro struttura ha finito per ripetere i modelli obsoleti della rappresentanza
politica, della delega, della tradizione terzinternazionalista. Migliaia di
compagni sono stati costretti ad una piccola e meschina pratica minoritaria
laddove poche decine di operai, negli anni '60, legati alle masse, ogni giorno
rinnovando la scoperta del rifiuto del lavoro, erano riusciti a formare l'avanguardia
maggioritaria del proletariato, ad imporre un salto in avanti qualitativo, fondamentale
ed irreversibile, ai comportamenti operai ed alle lotte. Solo una direzione
operaia, diretta ed immediata, può oggi ricongiungere autonomia e rifiuto
del lavoro. La direzione operaia si esercita prima di tutto nel mantenimento
dei livelli di potere raggiunti nel rapporto tra operai e capitale. Livelli
di potere che si chiamano assenteismo, sabotaggio, rifiuto di tutte le forme
incentivanti e nocive del lavoro, soldi; che si chiamano capacità di
lotta contro la crisi e contro lo sviluppo, contro ogni forma del comando capitalistico;
che si chiamano rifiuto di ogni forma di contrattazione e di partecipazione,
di ogni tentativo istituzionale, sindacale o partitico, di controllo dell'autonomia.
Ma tutto ciò non basta. La direzione operaia non si svolge oggi solamente
sul terreno dei rapporti di forza fra operai e capitale. Essa affronta anche
i problemi della seconda fase: i problemi cioè del rapporto classe-partito.
I livelli di potere che l'autonomia operaia sa tenere in fabbrica e nella società
tendono necessariamente a trasformarsi in livelli di attacco. La coscienza di
massa del potere operaio si traduce in forza soggettiva ed in iniziativa di
avanguardia. Il rifiuto della contrattazione si trasforma in comportamento di
appropriazione. La lotta contro gli infiniti tentativi padronali di repressione,
si sviluppa in capacità di sostenere e dirigere primi momenti di lotta
armata anticapitalistica. Il tempo è maturo perchè questa seconda
fase sia percorsa interamente dalle forze di massa autonome della classe operaia.
Operai e capitale, classe e partito; autonomia e rifiuto del lavoro, appropriazione
e militarizzazione: questi sono i temi su cui si prova la maturità della
direzione di classe operaia. Il loro legame è dialettico, e cioè
unitario ed articolato: solo una direzione operaia centralizzata può
dominare questa articolazione ed imporre questa unità. Ciò significa
che la parola d'ordine della centralizzazione, maturata attraverso l'esperienza
dei gruppi, non è da noi abbandonata. Ma si tratta di dare carne e sangue
a quella che è stata una parola d'ordine puramente ideologica. E' per
questo che, di fronte al fallimento necessario dei gruppi, la fusione materiale
del potenziale di direzione può darsi solo alla base, solo dentro l'autonomia
operaia. La centralizzazione, il partito non sono dei miti, non sono la soluzione
delegata del problema della direzione collettiva del proletariato: sono invece
un processo di lotte e di organizzazione, vissuto ogni giorno, nel difficile
cammino della formazione organizzativa del programma. Il nostro problema non
è altro che quello di congiungere in modo corretto, e quindi efficace,
la compatta autonomia della classe operaia e i movimenti della sua avanguardia.
La classe operaia si fa partito attraverso la centralizzazione dei propri movimenti.
Questo processo di partito può essere anticipato solo attraverso la centralizzazione
di base, pratica e non ideologica, attuata nella concentrazione di una forza
di massa e di un' iniziativa di attacco. E' per questo che la centralizzazione
che proponiamo e cominciamo a mettere in atto per noi stessi si presenta come
forza espansiva, come struttura espansiva, che raccoglie per esaltare (e non
per illanguidire, come avviene nei gruppi) ogni iniziativa proletaria contro
il lavoro. Ciò nondimeno questa centralizzazione è un fatto reale:
è fusione di volontà soggettiva, è capace di battere la
ciclicità delle lotte dominate dal sindacato e dal padrone, per imporre
sempre l'iniziativa di attacco. Ma quello che deve essere chiaro è di
nuovo questo: che la mediazione teorica, l' articolazione pratica, la centralizzazione
decisionale di attacco contro la ciclicità del movimento, noi non le
riconosciamo a nessun meccanismo delegato, non le poniamo dentro a nessuna divisione
del lavoro, non le fissiamo in nessuna struttura verticale. Se un partito operaio
adeguato all' attuale composizione politica della classe operaia, e cioè
impiantato sull'esperienza che le lotte ed il rifiuto del lavoro hanno determinato
nella classe operaia, deve nascere, esso nascerà solo dalla diretta capacità
operaia di appropriarsi prima di tutto della propria organizzazione.
L' Autonomia organizzata
Prime esperienze dell'autonomia organizzata, nelle grandi fabbriche e sul terreno
sociale, sono date. Un primo processo di organizzazione nazionale di queste
emergenze dell'autonomia è comiciato. Noi riconosciamo in questo primo
processo un'indicazione organizzativa valida e quindi una sede di lavoro politico.
Noi riteniamo che l'inserimento di quadri esterni nel lavoro politico delle
assemblee e dei comitati autonomi debba portare ad una fusione completa, e che
questo sia importantissimo per la costruzione di una capacità generale
di direzione e di egemonia politica sul movimento da parte degli operai d'avanguardia.
Il processo dell'autonomia organizzata va ulteriormente spinto in avanti, accelerato
dentro le scadenze di lotta e di organizzazione che l'autonomia si dà.
La campagna di massa per l'affermazione della direzione operaia sul movimento,
per la dissoluzione di ogni esternità o delega organizzativa va immediatamente
sviluppata. Nella formidabile continuità del movimento italiano abbiamo
la possibilità di usare la crisi dei gruppi come momento positivo per
l'allargamento della concezione e dell'organizzazione della gestione autonoma
del potere operaio: questa possibilità non dobbiamo perderla! Se organizzazione
operaia è organizzazione dell'organizzazione, se lotte e organizzazione
operaia in termini di gestione, di potere, sono la stessa cosa, il processo
di partito è interamente un processo di lotte. Oggi a noi spetta di vedere
assieme la soluzione iniziale del problema dell'organizzazione, così
come siamo venuti affrontandolo, e il progetto di riaprire la lotta per l'organizzazione?
La scadenza è vicina. Il riformismo tenta disperatamente di stabilizzarsi:
ma tutto ci dimostra come il tentativo sia vano. Il problema non è di
sapere se il riformismo riuscirà a passare oppure no: questo problema
lo abbiamo risolto con le lotte degli anni '60, dimostrando la definitiva sconfitta
storica di ogni proposta di accompagnare lo sviluppo dello sfruttamento al consenso
della classe operaia. Il problema è di sapere se la sconfitta del riformismo
troverà la classe operaia pronta a gestire il processo rivoluzionario
della presa del potere e dell'instaurazione del comunismo. E' questa l' ultima
scadenza che ci interessa. Il nostro sforzo organizzativo è quindi volto
alla preparazione di questo momento, attraverso un esercizio continuo del potere
operaio nelle fabbriche e nella società, insieme causa della crisi capitalistica
e processo di organizzazione operaia per il comunismo. Le lotte che stanno aprendosi,
sul salario contro gli effetti repressivi dell'inflazione, contro il lavoro
sull'orario e la giornata lavorativa, queste lotte ci impegnano a svilupparle
in questo senso radicale, come prefigurazione dello sbocco rivoluzionario. Lotte
e organizzazione sono tutt'uno perchè vincere e sviluppare l'organizzazione
comunista della società è tutt' uno. Questo è l'ultimo
numero di <<Potere Operaio>>. La crescita della direzione operaia
delle lotte e dell'organizzazione ha dissolto le istanze organizzative dei gruppi.
Parte dei compagni che oggi sottoscrivono quest'ultimo numero di <<Potere
Operaio>> ne hanno vissuto l'intera esperienza. E non la rinnegano. I
gruppi, interpretando in maniera sbagliata un problema vero, quello cioè
dell' omogeneizzazione nazionale dell' intervento, hanno permesso a noi tutti
di crescere nella coscienza di classe e nella disciplina dell'organizzazione.
Ma ora i compagni debbono di nuovo, come sempre hanno fatto, confrontare gli
esiti della loro esperienza alle esigenze dell' organizzazione operaia e al
processo della sua crescita: con determinazione, senza timidezza, senza rimorsi
ognuno deve decidere da che parte stare. Noi abbiamo scelto l'autonomia organizzata
e la direzione operaia. Se gli altri compagni intendono continuare a gridare
lo slogan <<potere operaio>>, si rallegrino, anche noi continueremo
a farlo: qui non ci sono maggioranze o minoranze, la nostra esperienza riconosce
questi rapporti di comando e di disciplina solo alla e nei confronti della direzione
operaia. Potere operaio, dunque, ma - e in questo siamo settari - solo nella
forma e nei tempi riconosciuti e guidati dall' autonomia operaia organizzata.
Abbiamo rifiutato il gruppo e la sua logica per essere nel movimento reale per
essere nell' Autonomia organizzata