Biblioteca Multimediale Marxista
(Estratto dall'opuscolo 'Sviluppiamo il lavoro di radicamento del Partito Marxista-Leninista Italiano)
Care compagne e cari compagni,
rivolgo un saluto affettuoso e riconoscente a tutti voi che non vi risparmiate
per sostenere, propagandare e applicare la linea e le indicazioni del 4°
Congresso nazionale del PMLI. Il massimo esempio in ciò lo danno i membri
dell'Ufficio politico che dirigono le Commissioni di lavoro nazionali e "Il
Bolscevico" o che lavorano al Centro.
Interpretando i vostri sentimenti, un saluto particolarmente caldo e fraterno
rivolgo ai tre compagni che il 1° Ottobre 2002 sono stati cooptati nel Comitato
centrale come membri candidati. Dalla loro nomina ad oggi, essi hanno confermato
di meritarsi il titolo di dirigenti nazionali del nostro amato Partito. Riscuotono
la più ampia fiducia nel Partito, rispettano scrupolosamente la linea
del Partito e il centralismo democratico, sono sempre disponibili verso i compagni
della propria città e servono con tutto il cuore il proletariato, il
popolo, il Partito e la causa del socialismo. Indubbiamente con il loro ingresso
il Comitato centrale è divenuto più forte.
Nonostante siano passati due anni e tre mesi dalla precedente Sessione plenaria,
non è stato facile lo stesso riunire oggi l'intero Comitato centrale
per le ragioni economiche, organizzative e di disponibilità di tempo
di ciascuno di noi che ben conoscete. Sarebbe utilissimo e necessario riunirsi
più spesso, molto più spesso, ma purtroppo per ora è impossibile.
Siamo perciò costretti a tenere i nostri rapporti come possiamo. Speriamo
che in un prossimo futuro si possano regolarizzare almeno le riunioni delle
Commissioni di lavoro nazionali.
Date queste nostre difficoltà dobbiamo utilizzare al meglio le riunioni
collettive, come quella odierna in cui dobbiamo trattare "Il ruolo del
PMLI nell'attuale situazione politica".
Fin da quando è stato fondato, ma vanno anche considerati i precedenti
dieci anni della prepazione, il nostro Partito svolge un ruolo fondamentale
per riunire tutti i sinceri rivoluzionari e fautori del socialismo, per rilanciare
la lotta per il socialismo in Italia, per conquistare il proletariato, le masse
popolari e le nuove generazioni al socialismo, per combattere il capitalismo,
il suo Stato e i suoi governi, e per smascherare i falsi comunisti, ossia i
revisionisti di destra e di "sinistra". Tutto questo senza trascurare
di occuparsi quotidianamente dei problemi e dei bisogni immediati delle masse
occupate, disoccupate, in pensione e giovanili.
Quest'ultimo lavoro lo possono svolgere anche altri partiti, anche se in misura
inferiore alla nostra e su un piano riformistico, ma nessuno può sviluppare
il lavoro del PMLI per quanto concerne la lotta contro il capitalismo, l'imperialismo
e per il socialismo. In ciò sta la peculiarità, l'unicità
e l'insostituibilità del ruolo del nostro Partito. Solo il PMLI, infatti,
per ideologia, Statuto, Programma e piattaforma rivendicativa, può andare
a fondo su tutte le questioni - ideologiche, teoriche, culturali, politiche,
istituzionali, legislative, morali, storiche, sindacali e sociali - su un piano
di classe marxista-leninista e rivoluzionario.
Tutti gli altri partiti, anche i più avanzati e democratici, non possono
andare oltre la soglia della legalità costituzionale e borghese e oltre
i confini del sistema capitalistico. Possono esistere dei partiti o dei gruppi
che a parole mettono in discussione il capitalismo e il suo Stato che tuttavia
nei fatti con la loro politica errata e non marxista-leninista non riescono
nemmeno a scalfire.
Il nostro lavoro è durissimo e richiede una grande preparazione culturale
e politica marxiste-leniniste e rivoluzionarie poiché si tratta, come
fecero Marx ed Engels, di dare al proletariato la coscienza di essere una classe
per sé col compito storico di rovesciare la vecchia società e
costruirne una nuova; si tratta anche di convincere le nuove generazioni che
solo il socialismo può soddisfare le loro aspirazioni di giustizia, di
libertà e di pace. In questo immane lavoro avremmo bisogno di avere a
fianco un forte e combattivo esercito della cultura proletaria rivoluzionaria
per competere a un livello più alto possibile con l'esercito della cultura
borghese e controrivoluzionaria. Non dobbiamo perciò stancarci di appellarci
agli intellettuali progressisti e democratici affinché si schierino con
noi e ci diano una mano sul fronte della penna e della cultura per abbattere
l'influenza della borghesia e dei falsi comunisti sul proletariato, le masse
e i giovani.
Che sia riconosciuto o meno, di fatto il PMLI svolge un ruolo fondamentale nella
lotta di classe. Possono passare anni e anni dall'aratura del terreno e dalla
semina ma alla fine arriva il momento della raccolta. Ogni cosa ha bisogno del
suo tempo di maturazione e non tutte le cose maturano in fretta e contemporaneamente.
La pratica dimostra che ci vogliono tempi lunghi e prolungati sforzi per far
maturare nel proletariato e nelle nuove generazioni l'idea del socialismo. Troppo
grande è stato lo sfascio ideologico, politico e organizzativo causato
dai revisionisti, troppo influenti sono i partiti falsamente comunisti, troppo
ridotte sono ancora le nostre forze e i nostri mezzi per poter rapidamente rovesciare
la situazione e rilanciare concretamente la lotta per il socialismo.
Tuttavia la nostra linea politica, organizzativa e programmatica e tutto ciò
che abbiamo elaborato fin qui, un patrimonio di inestimabile valore, costituiscono
delle potenti armi di lotta per gli attuali e i futuri militanti del PMLI. Quanti
più rivoluzionari fautori del socialismo le impugneranno, tanto più
velocemente progredirà il processo dell'acquisizione della coscienza
rivoluzionaria da parte del proletariato e delle nuove generazioni.
Su qualsiasi fronte ci cimentiamo, il ruolo di avanguardia del PMLI emerge con
estrema chiarezza. Chiunque l'ha potuto e lo può constatare su svariati
fronti come la lotta contro il governo del neoduce Berlusconi, la lotta contro
la guerra imperialista all'Iraq, la lotta in difesa dell'articolo 18, la lotta
contro i licenziamenti alla Fiat, la lotta contro la privatizzazione della sanità,
delle pensioni, della scuola e dell'Università.
Mai siamo venuti meno al nostro ruolo d'avanguardia. Nemmeno in occasione del
XIV Congresso nazionale della Cgil, dove, guidati dal compagno Emanuele Sala,
abbiamo tenute ferme le nostre posizioni sindacali di sinistra rispetto a quelle
concertative e riformiste di Cofferati e al capitolazionismo e all'opportunismo
dei dirigenti di "Lavoro società-cambiare rotta".
Ma dove il Partito ha mostrato per intero la sua coerenza, la sua tempra e la
sua combattività e determinazione marxiste-leniniste, e quindi il suo
ruolo di avanguardia cosciente e organizzata della classe operaia, è
stato durante la lunga campagna che ha svolto per far conoscere e apprezzare
Stalin in occasione del 50° anniversario della sua scomparsa. Una campagna
vittoriosa e culminata nell'appassionata commemorazione pubblica che ha avuto
al centro il brillante discorso del compagno Mino Pasca. Un avvenimento storico
realizzato nonostante il tentativo dell'intero gruppo della camera dei fascisti
di AN di costringere il governo a impedircelo, approfittando della connivenza
della "sinistra" parlamentare che non ha mosso un dito per difendere
il diritto di manifestare liberamente.
Grazie a questa nostra coraggiosa e lungimirante iniziativa - forse unica al
mondo - siamo riusciti a rompere, sia pure per un momento, il vergognoso silenzio
stampa che esiste da sempre verso di noi. L'esplosiva intervista su Stalin rilasciata
dal compagno Pasca al programma "ottoemezzo" della emittente televisiva
La7 è stata molto apprezzata all'interno e all'esterno del Partito.
Abbiamo rilanciato alla grande Stalin e fornito a tutti i fautori del socialismo
gli elementi fondamentali, tra cui un magnifico video e una inedita biografia,
per farsi un'idea esatta e veritiera della vita e dell'opera del grande maestro
del proletariato internazionale tanto disprezzato, calunniato e odiato dalla
borghesia.
LA SITUAZIONE INTERNAZIONALE DOPO LA GUERRA ALL'IRAQ
Su ogni questione e in ogni frangente il PMLI svolge un ruolo fondamentale per
chiarire su un piano di classe e marxista-leninista le cose e le situazioni
e per orientare correttamente in senso anticapitalistico e antimperialistico
il proletariato e le masse, soprattutto su questioni intricate, complesse, controverse
e inedite.
A proposito dell'attuale situazione internazionale noi ci sforziamo di chiarire
che esistono ancora l'imperialismo, le contraddizioni tra l'imperialismo e i
popoli e le nazioni oppresse, la contraddizione tra proletariato e borghesia
nei paesi capitalisti e imperialisti, le contraddizioni interimperialistiche,
le guerre imperialistiche ingiuste e le guerre di liberazione nazionale e le
rivoluzioni socialiste giuste.
Mentre gli imbroglioni politici revisionisti e neorevisionisti che ingannano
e influenzano il proletariato e i giovani di sinistra hanno sostituito all'imperialismo
la categoria dell'"impero", per non attirare l'attenzione sul capitalismo,
alla distinzione tra guerre giuste e guerre ingiuste le tesi che tutte le guerre
sono ingiuste, per impedire la rivolta armata dei popoli oppressi dall'imperialismo
e le rivoluzioni socialiste per la conquista del potere politico da parte del
proletariato. Secondo costoro, data la nuova situazione, la nonviolenza e la
disobbedienza civile sarebbero le uniche forme di lotta adeguate per vivere
in pace e risolvere i conflitti sociali.
Noi ci sforziamo di chiarire che l'Unione europea è una superpotenza
imperialista, anche se ancora militarmente molto più debole rispetto
a quella americana, mentre i suddetti imbroglioni politici sostengono che essa
è diversa dagli Usa e che è suscettibile di svolgere un ruolo
pacifico nel mondo. A costoro non dice nulla il fatto che proprio ora, visto
come sono andate le cose in Iraq, essa sta accelerando i tempi per dotarsi di
un proprio esercito per difendere i propri interessi ovunque nel mondo. Esattamente
come gli Usa.
A costoro non dice nulla nemmeno il fatto che nel giro di qualche mese, Berlusconi
spera entro la sua ormai imminente presidenza europea, essa avrà una
costituzione di tipo presidenzialista che le darà un assetto istituzionale
e politico adeguato al suo stato di superpotenza mondiale. Esattamente come
gli Usa, le differenze sono secondarie.
La linea intergovernativa di Giscard d'Estaing, avallata da Italia, Inghilterra
e Spagna, e la linea federalista di Prodi si scontrano essenzialmente sui poteri
del futuro presidente del Consiglio europeo che mettono in subordine quelli
della presidenza della Commissione europea, ma entrambe intendono rafforzare
l'Unione europea.
All'interno dell'Ue non ci sono contraddizioni sulla necessità di rafforzarla
dal punto di vista militare e della politica estera. La contraddizione di fondo
verte esclusivamente sul fatto se essa debba agire di conserva con gli Usa o
in maniera autonoma. Blair, Berlusconi, Aznar ed altri sono per la prima soluzione.
Francia, Germania, Belgio ed altri per la seconda soluzione. Putin è
con questi ultimi. Berlusconi a "Le Figarò" del 20 maggio ha
detto: "L'Europa deve elevarsi al livello degli Stati Uniti, unica grande
potenza sulla scena globale... L'Europa, che è già un gigante
economico ma un nano politico e militare, deve diventare un gigante in tutte
le dimensioni".
Come ha tempestivamente rilevato l'Ufficio politico col documento del 18 marzo
scorso, la guerra all'Iraq "ha spaccato l'Onu, la Ue e la Nato rimescolando
le carte dell'imperialismo mondiale. Siamo quindi entrati in una nuova fase
della situazione mondiale, che porterà inevitabilmente ad acuire le contraddizioni
interimperialistiche, che esploderanno in guerre economiche, finanziarie, commerciali
e finanche in guerre militari tra i più forti e famelici blocchi imperialisti".
è questo nuovo scenario mondiale che noi dobbiamo chiarire alla luce
dei fatti, affinché i movimenti no global e della pace capiscano gli
inganni e le falsità propagandati dagli imbroglioni politici di "sinistra"
e acquisiscano un corretto orientamento antimperialista. In particolare gli
antimperialisti e gli amanti della pace devono capire che l'Onu e l'Ue non sono
assolutamente idonei e affidabili per impedire la guerra imperialista e per
la pace nel mondo, e che ogni popolo, a cominciare da quello italiano, se vuole
la pace se la deve conquistare combattendo in primo luogo il proprio imperialismo.
Per avere la pace e per tenere a freno l'"unipolarismo" degli Usa,
non si può contare sul "multipolarismo", ossia sull'esistenza
di più poli imperialisti - Usa, Ue, Giappone, Cina e Russia - bensì
sulla lotta dei popoli, anche armata quando vi sono le condizioni e le circostanze
la richiedono, contro l'imperialismo e i governi che lo rappresentano. In ultima
analisi occorre che il proletariato conquisti il potere politico in ogni paese
per potersi liberare per sempre dall'imperialismo e quindi dalla guerra.
IL NUOVO FASCISMO DI BERLUSCONI
In riferimento alla situazione nazionale il ruolo di avanguardia che sta svolgendo
il nostro Partito è marcato e visibile. è a partire dalla strage
di Piazza Fontana, avvenuta il 12 dicembre 1969, due giorni prima della fondazione
dell'Organizzazione che poi ha dato vita al PMLI, che noi abbiamo intuito che
la destra borghese economica, finanziaria, istituzionale e politica aveva in
mente di cancellare la prima Repubblica e la Costituzione del '48 democratiche
borghesi e antifasciste per instaurare una seconda repubblica presidenzialista
di stampo fascista mussoliniano sia pure con un volto nuovo e senza orbace.
Da allora abbiamo seguito attentamente e denunciato con forza i suoi passi fatti
a suon di bombe, di minacciati e tentati golpe, di terrorismo di "sinistra",
di governi ad hoc e di atti legislativi e istituzionali. Siamo stati particolarmente
duri e martellanti contro i governi Craxi, Andreotti e Forlani e abbiamo lanciato
il primo allarme antifascista contro il disegno della "Grande riforma"
di Craxi. Successivamente abbiamo smascherato e denunciato il cosiddetto "Piano
di rinascita democratica" e lo "Schema R" della P2 di Gelli,
Craxi e Berlusconi, redatti nel1975, e i governi che li attuavano in pratica,
ivi compreso quelli di "centro-sinistra" di Prodi e di D'Alema, quest'ultimo
addirittura ha presieduto la bicamerale golpista e ha coinvolto l'Italia nell'aggressione
imperialista alla Repubblica Federale Jugoslava.
Quando Berlusconi è salito a Palazzo Chigi per la prima volta nel 1994
noi abbiamo detto senza indugio che eravamo di fronte a una nuova marcia su
Roma. Ancora più chiaramente ci è apparso quando costui è
ritornato di nuovo a Palazzo Chigi nel 2001, e abbiamo detto e ridetto, per
iscritto su "Il Bolscevico" e oralmente anche nelle piazze, che attraverso
il suo governo era stata messa la camicia nera all'Italia e che quindi occorre
buttarlo giù prima che faccia ulteriori danni. Molte piazze d'Italia
e un'infinità di manifestazioni hanno visto i nostri cartelli e striscioni
che lo ritraggono con l'orbace in piazza Venezia.
In questi due anni di governo Berlusconi non abbiamo fatto passare un solo giorno
e una sola manifestazione nazionale in cui non abbiamo gridato con tutto il
fiato che abbiamo nei polmoni "Buttiamolo giù!". Una parola
d'ordine che trova sempre più larghi consensi ma che si affievolisce
e si disperde nell'elettoralismo e nel parlamentarismo per la criminale responsabilità
della "sinistra" borghese che impedisce alla piazza di esplodere e
che rimanda la risoluzione del problema sul piano istituzionale, parlamentare
ed elettorale.
Essa si sta comportando nei confronti di Berlusconi, sottovalutandolo e combattendolo
sul piano dello "Stato di diritto", ossia della democrazia borghese
e del capitalismo, come la "sinistra" borghese di allora si comportò
con Mussolini, prima della presa del potere e per diversi anni dopo. Mentre
il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi rispetto al nuovo fascismo
sta svolgendo lo stesso ruolo del re Vittorio Emanuele III rispetto al vecchio
fascismo.
Avendone le possibilità, noi dovremo continuare, e approfondire, l'analogia
tra il regime di Mussolini e quello di Berlusconi, con particolare riferimento
all'atteggiamento di ieri e di oggi della "sinistra" borghese. Avremmo
tanti insegnamenti da raccogliere e tanti nuovi argomenti e prove da far presente
ai movimenti antiberlusconiani, e soprattutto ai giovani ingannati dalla "sinistra"
borghese, ivi inclusi i trotzkisti.
Vedendo l'inettitudine dell'Ulivo e la sua propensione a collaborare col governo
Berlusconi su certi piani istituzionali e di "interesse generale",
per combattere Berlusconi sono nati diversi movimenti, tra cui i "girotondini"
e "Laboratorio per la democrazia", e si è attivato anche sul
piano organizzativo persino il magnate di "sinistra" Carlo De Benedetti
attraverso "Libertà e giustizia". Ma anch'essi non vanno oltre
la legalità costituzionale e si rimettono al responso elettorale. L'unica
cosa che sono riusciti a fare è di riportare parte degli astensionisti
di "sinistra" all'Ulivo con l'aiuto di Cofferati. Temono di dare la
parola alla piazza e perciò hanno escogitato nuove parole d'ordine riformiste,
quali "democrazia partecipata" che si unisce a "bilancio partecipato"
e a "nuovo municipio", per intrappolare i movimenti nelle istituzioni
rappresentative borghesi.
Ciò nonostante, e anche se i rapporti di forza sono al momento totalmente
a nostro svantaggio, noi dobbiamo insistere sulla parola d'ordine di "Buttar
giù il governo del neoduce Berlusconi" con una spallata della piazza.
Non è vero, come afferma il Segretario nazionale del PdCI, Diliberto,
su "l'Unità" del 29 maggio, che la botta elettorale ricevuta
dalla casa del fascio sia "l'inizio della fine del centrodestra".
Ora che il nuovo Mussolini ha messo le mani sul "Corriere della Sera"
ed è prossimo a ottenere l'immunità parlamentare è più
forte e maggiormente intenzionato a sfruttare al massimo i tre anni di governo
che gli rimangono.
Bisogna quindi continuare a premere nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle
università, negli organismi di massa, nei movimenti, nelle piazze perché
altre forze capiscano che è necessario buttar giù questo governo
al più presto, prima che faccia altri guai.
Noi siamo disposti a unirci con chiunque voglia farla finita col governo Berlusconi,
anche con le forze avverse al socialismo. Ma non saremo soddisfatti se dal "centro-destra"
si passerà al "centro-sinistra", l'altra faccia del capitalismo
e della seconda repubblica in camicia nera. Noi continueremo la nostra lotta
contro i governi borghesi tenendo ferma la nostra strategia rivoluzionaria per
l'Italia unita, rossa e socialista. Non ci fermeremo finché nel nostro
amato Paese non sarà stata fatta tabula rasa del capitalismo e del suo
Stato, non sarà instaurato il socialismo e non saranno eliminate le classi.
Ogni governo borghese dovrà essere travolto dalla lotta di classe finché
il proletariato non avrà conquistato il potere politico.
Una prospettiva, questa, aborrita dall'imbroglione trotzkista Bertinotti, che
inganna i fautori di un "altro mondo possibile" con delle analisi
opportunistiche, anarchiche e controrivoluzionarie. Costui sul giornale zapatista
internazionale, "Rebeldia", di cui il PRC cura l'edizione italiana,
dello scorso aprile, ha scritto la seguente corbelleria infarcita da menzogne
storiche: "Il movimento no global è figlio contestatore (e speriamo
diventi becchino) di questa globalizzazione. Esso oggi appare la sola risorsa
contro la critica della politica e dei suoi modelli, il punto di rottura più
alto e più fertile con quella cultura del novecento dominata da una idea
organizzativa centralizzata, che si pensava detentrice del sapere e del potere
necessario a trascendere il capitalismo. Quella idea ha perso, ha perso in tutto
il mondo con effetti drammatici, come i paesi dell'est europeo stanno a dimostrare
e come dimostra la stessa crisi dei partiti della sinistra europea che, comunque,
a quel modello facevano riferimento. Oggi il movimento no global sta seminando
nuova cultura critica. In questo movimento, nel suo modo di esistere e di crescere
è stata annunciata l'abolizione di ogni differenza fra `esterno' ed 'interno',
fra coscienza e classe. Fra partito avanguardia e masse da `educare' alla rivoluzione.
Ai no global, come agli zapatisti, non interessa la `sedia' del potere, non
interessa raggiungerla e sedercisi sopra. L'obiettivo è quello di un
percorso, di un cammino che trasforma i soggetti e il mondo".
I NOSTRI PROBLEMI E IL NOSTRO LAVORO
La linea di tendenza verso lo sviluppo del Partito e il radicamento locale,
rilevata nella precedente Sessione plenaria del CC, persiste tuttora ed è
divenuta più forte.
Attualmente siamo presenti con militanti in 7 regioni: Sicilia, Campania, Abruzzo,
Toscana, Emilia-Romagna, Lombardia e Piemonte.
Attraverso simpatizzanti siamo presenti anche in Calabria, Puglia, Molise, Lazio,
Marche, Umbria, Trentino-Alto Adige, Liguria, Valle D'Aosta. In totale quindi
il Partito è presente in 16 regioni su 20. In Veneto e in Sardegna abbiamo
degli amici.
I contatti elettronici sono divenuti quotidiani e in costante crescita. A volte
solo per richiedere informazioni sul Partito, su questioni che riguardano i
maestri, l'Urss e la Cina, oppure per richiedere del nostro materiale.
Il bellissimo sito del PMLI, curato con tanta passione e perizia, sta avendo
un importantissimo ruolo per far conoscere il Partito in tutta Italia, specie
tra i giovani.
Vedendo i consensi che ci arrivano dai giovani e dai giovanissimi e il segnale
assai incoraggiante della presenza di un gruppo di operai della Fiat e dell'indotto
di Termini Imerese al dibattito elettorale di Palermo, viene confermata la giustezza
dell'indicazione di svolgere il lavoro di proselitismo verso la classe operaia
e i giovani. Questi ultimi, tramite il nostro lavoro, stanno scoprendo il marxismo-leninismo-pensiero
di Mao e il socialismo e se ne stanno innamorando. Anche se molto spesso trovano
dei duri ostacoli nei loro genitori che in qualche caso arrivano addirittura
a chiuderli in casa o a picchiarli per impedire loro di avvicinarsi al PMLI.
La conquista al Partito e alla causa delle ragazze e dei ragazzi - operai, braccianti,
lavoratori, disoccupati, studenti - è fondamentale per lo sviluppo del
Partito e per penetrare e radicarsi nella classe operaia, nelle campagne, nel
movimento studentesco e negli altri movimenti di massa.
Dobbiamo avere la massima fiducia verso i giovani e i giovanissimi che sono
i primi a capire le novità, ad abbracciare le cause giuste e a lanciarsi
nella lotta.
Dobbiamo tendere a conquistare i giovani più avanzati e combattivi legati
alle masse e che abbiano un'influenza sulle masse, in modo che essi portino
al Partito il proprio "patrimonio" e quello dei loro compagni di lotta.
Dobbiamo essere capaci di conquistare la base di sinistra delle forze che ci
stanno immediatamente a destra (PRC, PdCI, DS, Giovani comunisti, sinistra giovanile)
e la parte di "destra" delle forze che ci stanno normalmente a sinistra
(autonomi, disobbedienti, centri sociali, "ultrasinistri" vari).
Quantunque i nemici di classe sappiano qual è la nostra forza numerica
e organizzativa, temono terribilmente il Partito. Lo dimostrano anche l'esposto
querela di Forza Italia di Firenze e il tentativo de "La Padania",
"Libero", "L'opinione delle libertà" di diffamarci
accusandoci di avere legami con il "fondamentalismo islamico" e addirittura
con Bin Laden. Evidentemente i nostri nemici di classe, a cominciare dal governo
Berlusconi, capiscono che se il PMLI spicca il volo sarà l'inizio della
loro fine.
Se consideriamo che siamo partiti da 4 città - Firenze, Como, Acireale
e Zungri - quando fondammo il PMLI mentre ora siamo presenti con militanti in
27 città, indubbiamente dei passi in avanti sul piano organizzativo e
del proselitismo ne abbiamo fatti. Ma ancora non siamo riusciti ad avere la
forza necessaria per sostenere e far valere il ruolo del Partito. Ci ostacolano
il cammino i cinque grossi macigni che ben conoscete, e cioè: l'intossicazione
parlamentarista, elettoralista, riformista e pacifista della classe operaia
e delle masse, in conseguenza della predicazione di oltre cento anni da parte
dei falsi comunisti; il forte indebolimento dell'attrazione del socialismo a
causa dello sfascio operato dai revisionisti; l'esistenza di un falso partito
comunista, il PRC, creato apposta dalla borghesia, dai neorevisionisti e dai
trotzkisti per contenderci lo spazio e cancellarci; la nostra povertà
di mezzi e di risorse economiche; il ferreo black-out stampa che vige da sempre
su di noi.
Comunque sul piano storico il ruolo di avanguardia del PMLI ormai è acquisito.
Sui piani politico, organizzativo e pratico la battaglia invece è ancora
in corso, e sarà di lunga durata. Essa è legata allo sviluppo
del Partito su scala nazionale e locale. E ciò potrà avvenire
solo se sapremo mettere in pratica, ai vari livelli, la linea e le indicazioni
per costruire un grande, forte e radicato Partito stabilite dal 4° Congresso
nazionale e rilanciate e sviluppate dalla 6¨ Riunione plenaria del 4°
Ufficio politico tenutasi il 15 settembre dell'anno scorso.
Perseverando nei duri sforzi, in certi casi al limite della resistenza umana,
nell'applicare questa linea e queste indicazioni - sintetizzate nella parola
d'ordine "Studiare, concentrarsi sulle priorità, radicarsi; radicarsi,
concentrarsi sulle priorità, studiare" -, sicuramente noi riusciremo
a risolvere la contraddizione tra il ruolo storico del PMLI e la nostra ancora
debole incidenza politica, organizzativa e pratica nella lotta di classe.
Abbiamo però bisogno di prendere delle nuove misure strategiche a livello
centrale per guidare e sostenere adeguatamente questo titanico sforzo del Partito.
Tre misure strategiche sembrano essere le più urgenti e che richiedono
l'attenzione e l'intervento del Comitato centrale.
La prima è quella di allargare l'Ufficio politico e di trasferire a Firenze
tutti i suoi membri attuali e futuri che risiedono in altre città. Prima
o poi ci dovremo arrivare maturando le condizioni, anche economiche. Ma sarebbe
già un successo se riuscissimo in breve periodo ad avere il compagno
Ettore totalmente a disposizione della Commissione di organizzazione poiché
egli è la nostra principale carta in questo nevralgico settore del Partito.
La seconda è quella di allargare la Redazione centrale de "Il Bolscevico",
in vista delle 16 pagine già decise dall'Ufficio politico sia per ampliare,
approfondire e articolare le nostre tematiche, sia per dare maggiore spazio
ai corrispondenti locali e ai lettori de "Il Bolscevico". Per le attuali
Penne Rosse che si fano in quattro per redigere al meglio il glorioso "Bolscevico"
queste misure allieverebbero il loro carico di lavoro.
La terza misura strategica riguarda la nomina di nuovi Responsabili regionali.
Sullo sfondo rimangono il problema del Responsabile per il Mezzogiorno e quello
della Commissione nazionale giovanile. Due problemi strategici fondamentali
che purtroppo è impossibile risolvere ora, ma che vanno tenuti presente.
Speriamo che con l'arrivo di nuovi militanti giovani si possa risolvere presto
il secondo problema. Intanto dobbiamo continuare ad avvalerci del lavoro instancabile
del compagno Malesci che nonostante non appartenga più alla categoria
dei giovani riesce lo stesso ad attirarsi la simpatia e la fiducia dei giovani
e dei giovanissimi militanti e simpatizzanti del Partito.
Rafforzare e allargare il gruppo dirigente nazionale del Partito, riorganizzarlo
secondo le nuove necessità interne ed esterne al Partito, distribuire
gli incarichi mettendo il compagno giusto al posto giusto, educare i suoi membri
alla responsabilità individuale e alla direzione collettiva, è
un lavoro che va fatto quando occorre, specie quando la situazione subisce un
salto di qualità e sorgono nuovi problemi ideologici, politici e strategici.
Non sempre si può aspettare la celebrazione del Congresso. Questo lavoro
serve anche per sperimentare nuovi quadri e creare i successori alla direzione
del Partito. Una cosa non secondaria se si pensa che, purtroppo, non siamo eterni
e che la borghesia in qualsiasi momento può eliminare fisicamente i dirigenti
del Partito più esposti e più rappresentativi.
Se il Partito riesce a produrre tanto lavoro, nonostante sia ancora così
piccolo, è perché tutti quanti, dirigenti e non dirigenti, anziani
e non, a tutti i livelli, siamo uniti e compatti sulla stessa linea e perché
pratichiamo con scrupolosità il centralismo democratico. Ma questo non
significa che all'interno del Partito esista la "pace sociale" e che
tutto fili liscio e senza contraddizioni. Il nostro Partito non si sviluppa
pacificamente ma attraverso la lotta ideologica attiva e una pratica severa
della critica e dell'autocritica. Al vertice e alla base. Questo è un
bene non un male, una necessità. Ci aiuta a crescere politicamente bene
individualmente e collettivamente e a evitare che il Partito o singoli suoi
membri sbandino a destra o a "sinistra".
Voi sapete che all'interno dell'Ufficio politico c'è stata una contraddizione
con un compagno per una grave violazione del centralismo democratico, per la
grave distorsione della linea del PMLI riguardante l'applicazione di certe parole
d'ordine del Partito durante uno sciopero generale a Bologna, per la non corretta
applicazione della linea di massa del Partito in occasione di una manifestazione
antifascista a Forlì e per altre cose minori.
La contraddizione è stata risolta con l'autocritica del compagno criticato
per gli errori commessi e con la sua approvazione della Risoluzione dell'Ufficio
politico in cui si rileva che "gli errori di detto compagno sono dovuti
alla sua tendenza all'individualismo, allo spontaneismo, al soggettivismo, nonché
a una sua non completa assimilazione della linea politica, organizzativa e di
massa del Partito, a una sua riluttanza ad accettare le critiche e a un'ostinata
difesa del suo operato".
Tempo fa da parte di alcuni compagni napoletani sono stati criticati l'uso da
parte del Partito, del Segretario generale del Partito e de "Il Bolscevico"
di certi termini quali "eterno", "immortale", "per
sempre", "gloria", "altro mondo", "questa terra"
ritenuti idealistici e metafisici e in contraddizione col materialismo dialettico
e con la concezione materialistica della storia.
Considerando i contesti politici e le metafore in cui tali termini vengono usati,
in genere si riferiscono ai maestri, all'Ufficio politico non sembra che la
critica sia fondata. E nemmeno che abbia ragione di esistere la preoccupazione
che il loro uso possa ingenerare "fraintendimenti - tra chi ci ascolta
o ci legge" o che possa esserci un "rischio di propagandare una visione
idealistica-religiosa, anche dei maestri". Possiamo sempre fornire l'interpretazione
corretta a chi nutrisse simili dubbi.
Presi a sé i termini denunciati sono effettivamente idealistici e metafisici,
ma perdono tale carattere in base all'uso politico che noi ne facciamo. Quando
usiamo i termini "eterno", "immortale", "per sempre",
"gloria" riferendoci ai maestri, vogliamo dire politicamente che il
loro pensiero, insegnamenti e opere sono attuali e perdureranno nel tempo anche
se conosceranno, inevitabilmente, nuovi sviluppi. Vogliono anche significare
la nostra fedeltà ai maestri e incoraggiare le masse ad amarli, a studiare,
assimilare e applicare i loro insegnamenti.
La lingua italiana è stata creata dal popolo italiano nel corso della
sua storia millenaria. I vocaboli di essa non appartengono a una classe o a
un'altra, fanno parte della lingua comune dell'intera nazione italiana di cui
fa parte anche il proletariato. Essi servono tutte le classi della nostra nazione
e ogni classe se ne serve per i suoi scopi, interessi e lotte. Stalin rileva
che "le classi influiscono sulla lingua, introducono nella lingua le loro
parole e le loro espressioni specifiche, e talvolta intendono in maniera diversa
le medesime parole ed espressioni" ("Il Marxismo e la linguistica,
scritto durante il 1950, Feltrinelli editore, marzo 1968, p. 79).
Stalin inoltre chiarisce che "cultura e lingua sono due cose differenti.
La cultura può essere sia borghese che socialista, mentre la lingua,
in quanto mezzo di comunicazione, è sempre una lingua comune a tutto
il popolo e può servire tanto la cultura borghese che quella socialista"
(idem, p. 42).
Non solo noi, ma anche i maestri hanno usato termini idealistici e metafisici
per esprimere dei concetti politici - non però in campo teorico, ideologico
e filosofico - per dare maggior forza a un ragionamento, per essere più
efficaci e per farsi capire meglio dagli ascoltatori o dai lettori. Non per
questo possiamo accusarli di essere degli idealisti e dei metafisici e in contraddizione
col materialismo dialettico e col materialismo storico.
Mao, in un'intervista allo Snow, ha detto che essendo ormai vecchio si preparava
a "raggiungere Marx". Un'altra volta ha utilizzato l'immagine dell'inferno
con queste parole: "Tuttavia dovrebbero sapere che oggi è cambiato
anche l'inferno. I re laggiù sono, in ordine, Marx, Engels e Lenin"
(in "Respingere gli attacchi della destra borghese", 9 luglio 1957,
opere scelte, 5° volume, Edizioni Einaudi, p. 648). Tutti voi ricorderete
la favola di Yu Kung, scritta l'11 giugno 1945, in cui Mao dice che "impetosì
Iddio, il quale inviò sulla terra due angeli che portarono via le montagne
sulle spalle", quelle montagne che "il vecchio sciocco delle montagne
del Nord" intendeva spianare.
L'espressione "altro mondo" è stata usata anche da Engels il
quale ricordando la sua collaborazione con Marx così si esprimeva: "Quando
si è avuto la fortuna di aver lavorato fianco a fianco, per quarant'anni,
con un uomo come Marx, di solito, finché l'altro rimane in vita, non
si viene apprezzati come si riterrebbe di meritare; ma una volta morto il più
grande, il minore viene allora facilmente sopravalutato, e questo mi pare sia
proprio ora il mio caso. La storia finirà col mettere ordine su tutto
ciò, e da qui a quel tempo per fortuna si è andati all'altro mondo,
e non si sa più niente di niente" (Lettera a Mehring, 14 luglio
1893, in Marx Engels "La concezione materialistica della storia",
Editori Riuniti, p. 185).
In campo politico - non in quello filosofico -, se ci servono e le riteniamo
efficaci per esprimere un concetto non dobbiamo aver paura di utilizzare vocaboli
o termini d'uso comune, finanche religiosi, di per sé idealistici e metafisici.
Come, per esempio, "eterno", "per sempre", "immortale",
"sacro", "peccato", "miracolo", "spirituale",
"fede", "venerazione", ecc. Usati tranquillamente dai maestri
come si è visto. Quante volte Lenin ha usato il termine "imperituro"
sinonimo di immortale? L'ha fatto pure nella sua opera dedicata a Engels. "Sacro"
è stato usato da Marx ed Engels addirittura nel titolo della loro opera
"La sacra famiglia", sia pure in senso ironico.
Lenin, per dimostrare quanto fosse eterna una verità della teoria economica
di Marx, porta quest'esempio: "Nessuna circostanza futura potrà
modificare la concordanza di questa teoria (quella della circolazione del denaro
di Marx, nostra nota) con la pratica per la stessa semplice ragione per la quale
la verità: Napoleone è morto il 5 maggio 1821, è una verità
eterna". (Materialismo ed empiriocriticismo, maggio-giugno 1908, Editori
Riuniti, opere complete, vol. 14, p. 139).
Stalin ha paragonato Hitler al diavolo e per incoraggiare il suo popolo alla
resistenza antinazista ha detto che "il diavolo non è così
terribile come lo si dipinge" (dal Discorso pronunciato alla rivista militare,
il 7 Novembre 1941 sulla Piazza Rossa).
Per concludere sulla critica mossaci possiamo dire che dal vocabolario della
lingua italiana possiamo prendere ciò che ci fa comodo e utilizzarlo
secondo le nostre necessità politiche e dialettiche. Dobbiamo soltanto
evitare, da una parte, di essere fraintesi e di introdurre categorie metafisiche,
idealistiche e religiose nella linea del Partito e, dall'altra, di cadere nel
purismo linguistico e formale e nello schematismo. Si tratta anche in questo
campo di essere guidati dalla dialettica. Poiché esiste una dialettica
tra l'uso di termini e i concetti che si vogliono esprimere.
Dobbiamo studiare tutti quanti di più il marxismo-leninismo-pensiero
di Mao e la linea del Partito e applicarli correttamente secondo le indicazioni
e le interpretazioni del Partito, e facendo ben attenzione a non deviare né
a destra né a "sinistra". Studiando e ristudiando le opere
dei maestri e la linea del Partito si impara sempre qualcosa. Così come
partecipando alla lotta di classe.
LE PROSSIME BATTAGLIE ELETTORALI
Stiamo spendendo bene i cinque anni d'oro del Partito che avevamo individuato.
Ne rimangono ancora tre. Se ci sapremo fare e se gli avvenimenti politici e
sociali ci favoriranno, il riferimento è allo sviluppo della lotta di
classe e all'autosmascheramento dei falsi comunisti e dei DS, potremmo raggiungere
dei risultati politici e organizzativi mai verificatisi in 36 anni della nostra
esistenza come marxisti-leninisti.
Proprio nel prossimo triennio ci attendono delle importanti battaglie elettorali.
Cominciando da quella in corso sul referendum per l'estensione dell'articolo
18 e per l'abrogazione della servitù di elettrodotto e contro l'elettrosmog.
In questa battaglia dobbiamo spendere il massimo delle nostre energie. Nei quindici
giorni che ci rimangono, unendoci a tutte le forze che hanno la nostra stessa
posizione, dobbiamo fare fuoco e fiamme per dimostrare che noi siamo i primi
interessati al successo dei due SI'. è un'eccezionale occasione per far
conoscere e apprezzare il PMLI. Non perdiamola, sarebbe un grave errore.
Nel 2004 vi sarà la battaglia per il rinnovo di tanti importanti comuni,
tra cui Firenze, e quella per l'elezione del parlamento europeo. Nel 2005 la
battaglia per l'elezione dei consigli regionali e, infine, nel 2006 quella per
le elezioni politiche.
Dobbiamo prepararci fin d'ora a tali battaglie. Non possiamo assolutamente aspettare
gli ultimi due mesi per farlo. Sarebbe come andare alle battaglie col fucile
scarico o con poche cartucce.
Per quanto riguarda le elezioni amministrative non c'è altro modo di
prepararsi che quello di calarsi nella propria realtà e di affrontare
concretamente giorno per giorno i problemi materiali delle masse, a partire
dal lavoro, la casa, la sanità, l'istruzione, i servizi sociali, e di
studiare a fondo i bilanci, il programma, i piani regolatori, i progetti urbanistici,
gli Statuti, ecc. delle giunte comunali, provinciali e regionali. Tutto ciò
deve diventare pane quotidiano delle nostre Cellule. Non possiamo arrivare agli
appuntamenti elettorali del 2004 e del 2005 improvvisando all'ultimo momento.
La preparazione a queste battaglie deve costituire d'ora in poi la priorità
delle Cellule interessate. In modo da essere in grado nei 45 giorni della campagna
elettorale di produrre e diffondere dei documenti che smascherino le giunte
uscenti e propongano le nostre alternative. Ma se non si comincia a lavorarci
sopra fin da ora, magari facendosi aiutare da amici esperti in certi campi,
è impossibile che la nostra voce politica ed elettorale abbia nelle masse
l'influenza che vorremmo.
Le Cellule devono capire che spetta in primo luogo a loro condurre le battaglie
elettorali comunali, provinciali e regionali, le quali non vanno considerate
a se stanti ma come parte integrante, e un passaggio fondamentale, della guerra
condotta dalle Cellule contro i governi locali.
Purtroppo è probabile che delle Cellule dovranno fare i comizi e i dibattiti
interamente da sole, se dal Centro mancheranno le forze e i soldi per inviare
sul posto dei propri oratori.
Spetta in primo luogo alle istanze centrali preparare e condurre le battaglie
per le elezioni politiche ed europee. Per quelle politiche siamo in regola inquantoché
non passa giorno che non teniamo sotto tiro il governo e che non ci occupiamo
delle questioni di carattere nazionale. Anche se dobbiamo ricercare aiuto dall'esterno
del Partito per approfondire certi temi di cui occorrono delle competenze e
delle specializzazioni. Per le elezioni europee dobbiamo "pettinare"
a fondo la Costituzione dell'Ue in fattura e non perdere una sola occasione
per denunciare la politica dell'imperialismo europeo.
Per tutte queste battaglie confermiamo il nostro astensionismo elettorale. Chiarendo
però che quello europeo ha un carattere diverso rispetto all'astensionismo
per le elezioni amministrative e politiche. Esso è di principio, strategico,
non tattico, in quanto noi rifiutiamo totalmente l'unione dei paesi imperialisti
europei e chiediamo l'uscita da essa dell'Italia.
I risultati delle elezioni amministrative parziali del 25 e 26 maggio - che
hanno visto avanzare l'astensionismo alle comunali e retrocedere nelle provinciali
- confermano che l'astensionismo è sempre di più una scelta consapevole
e frutto di un ragionamento politico sulla base di considerazioni politiche
di carattere nazionale e locale. Confermano anche che le illusioni elettorali,
parlamentari e governative sono ancora dure a morire.
Il Partito dove è stato presente ha fatto tutto ciò che era possibile
in base alle sue forze e alle sue risorse. I militanti e i simpatizzanti del
Partito, a parte una città in cui non si sono fatti sentire, si sono
battuti bene con grande coraggio e spirito di sacrificio. A loro va il ringraziamento
caldo e riconoscente del Comitato centrale.
Mentre le masse italiane intermedie e relativamente arretrate a milioni hanno
superato l'elettoralismo, esso paradossalmente continua a influenzare la parte
più avanzata e combattiva delle masse. Vedi i voti che in questa tornata
elettorale settori notevoli dei movimenti no global, per la pace, "girotondini",
ecc. hanno riversato a PRC, PdCI, DS e Verdi, vedi gli 8.110 voti che ha ricevuto
un oscuro gruppo romano pseudocomunista e in odore di terrorismo.
Si tratta di quelle forze sociali che elezione per elezione scelgono il partito
parlamentare "meno peggio" da votare. Perché credono, nonostante
che propendono per una politica di sinistra, che sia meglio andare alle urne
anziché astenersi, non avendo una coscienza rivoluzionaria e marxista-leninista
e imbevuti come sono di concezioni democratico-borghesi, parlamentariste e riformiste.
Specialmente quando intravedono un pericolo di destra - come in queste elezioni
- istintivamente votano i partiti della "sinistra" borghese. Non si
rendono conto che così causano un doppio danno: premiano il "centro-sinistra",
che pur non amano e non ritengono ideale, e penalizzano l'astensionismo e il
nostro Partito che lo propaganda e lo sostiene.
Naturalmente dobbiamo essere noi a tirar fuori dalla palude dell'elettoralismo
e del parlamentarismo queste importanti forze, ma ciò sarà possibile
solo nella misura in cui riusciremo a raggiungerle, a farci conoscere e apprezzare
per la nostra proposta strategica e per il nostro lavoro concreto a servizio
delle masse.
Indubbiamente la conquista delle avanguardie dei movimenti di massa anche sul
piano elettorale costituisce la chiave per far compiere all'astensionismo un
salto di qualità trasformandolo a livello di massa in un voto cosciente
al PMLI e al socialismo.
Chiarire e far penetrare nelle masse il concetto che l'astensionismo non è
un non voto ma un voto dato al PMLI e al socialismo è una questione della
massima importanza. Per chiarire meglio questo concetto, e togliere di mezzo
ogni possibilità di confusione, forse è opportuno cambiare la
parola d'ordine delle tre forme dell'astensionismo da "non votare, vota
nullo o bianco" a "Disertare le urne, annulla la scheda o lasciala
in bianco).
Le nostre analisi dei risultati elettorali non devono essere condizionate dall'andamento
dell'astensionismo. Morale alle stelle se sale, morale a terra se segna il passo
o cala. La cosa più importante è capire perché sale, o
è stabile, o scende per aggiustare il nostro tiro. In ogni caso che vada
avanti o vada indietro l'astensionismo, che vadano avanti o indietro la "sinistra"
o la destra borghesi o entrambe, noi non dobbiamo far dipendere la nostra analisi
politica e sociale esclusivamente dai risultati elettorali. Questi sono degli
indici importanti da tenere presente, ma non i soli. Quelli più importanti
riguardano l'andamento della lotta di classe, dei movimenti di massa, delle
lotte nelle piazze, nelle fabbriche, negli altri luoghi di lavoro, nelle scuole
e nelle università.
I risultati elettorali, che siano giudicati da noi buoni o cattivi, non danno
mai il quadro esatto dei rapporti di forza che esistono tra le classi e dello
stato d'animo delle masse. Troppi fattori influiscono nel determinarle. Dal
possesso dei media, dalla disponibilità di mezzi economici e tecnici,
dalla influenza familiare specialmente sui più giovani, ai ricatti, ai
controlli e ai condizionamenti sociali, alla corruzione. Inoltre va considerata
la nostra capacità effettiva di arrivare a tutto l'elettorato. Tutto
ciò non rende veramente libero il voto nell'Italia capitalistica e in
mano alla destra e alla "sinistra" borghese.
La nostra scelta elettorale astensionista non è stata improvvisata e
legata a un fatto contingente. Essa è frutto di un attento studio degli
insegnamenti di Lenin sul parlamentarismo e sul partecipazionismo elettorale
borghesi, nonché della situazione concreta esistente nel nostro Paese.
Ciò che dice Lenin nella celebre opera "L'estremismo, malattia infantile
del comunismo" circa il parlamento borghese e il suo utilizzo da parte
del partito del proletariato, era assolutamente giusto allora e, per quanto
riguarda l'Italia, fino alla Grande Rivolta del Sessantotto. Era la risposta
fulminante e necessaria per mettere Ko gli "ultrasinistri" come Bordiga
che sostenevano l'astensionismo come principio e strategia. Le sue indicazioni
elettorali corrispondevano perfettamente alla situazione di allora per quanto
riguarda la costruzione del Partito, l'esperienza politica e parlamentare e
il livello di coscienza politica delle masse russe e mondiali, specie in occidente,
e la strategia della rivoluzione socialista.
Il nostro Partito ha sempre detto, e lo ha ripetuto anche nel documento elettorale
dell'Ufficio politico del 9 Aprile scorso, che "è finito il tempo
in cui era necessario lottare anche dentro il parlamento e i consigli comunali,
provinciali e regionali per far valere le ragioni e gli interessi del proletariato
e delle masse popolari. Ora la lotta di classe va portata tutta quanta al di
fuori delle istituzioni rappresentative borghesi". Ed ancora: "Lo
sviluppo della lotta di classe, la lotta per la disgregazione e l'abbattimento
dello Stato borghese e per il cambiamento del sistema economico, istituzionale
e sociale, ormai richiedono nel nostro Paese una netta separazione, anche sul
piano istituzionale, tra il proletariato e i suoi alleati e la borghesia e i
suoi alleati. A ciascuno i propri sistemi elettorali e regole assembleari. Il
parlamentarismo alla borghesia la democrazia diretta al proletariato".
E per realizzare ciò proponiamo di creare ovunque le istituzioni rappresentative
delle masse costituite dalle Assemblee popolari e dai Comitati popolari.
Nel documento dell'Ufficio politico del 9 Aprile 2001 sulle elezioni politiche
abbiamo rilevato che "nel passato, in altre condizioni e quando ancora
le masse credevano nel parlamento, i marxisti-leninisti usavano anche la tribuna
parlamentare per combattere la borghesia e il capitalismo. Ma mutata la situazione,
ormai da tempo, esaurita l'esperienza parlamentare, constatando che un numero
rilevantissimo e crescente di elettrici e di elettori ha perso ogni fiducia
nel parlamento... non è più necesasio, utile e opportuno continuare
a usare questa tribuna".
Questa è la chiave per capire la nostra tattica astensionista e i motivi
per cui le giuste indicazioni di Lenin di allora, nel 1920, non possono essere
applicate oggi in Italia, e non solo in Italia.
Il problema di fondo che allora aveva Lenin, e con lui tutti gli autentici marxisti-leninisti
del mondo, era quello di stabilire una tattica elettorale che fosse in grado
di dimostrare alle masse arretrate la natura del parlamento borghese e di spingerle
alla lotta rivoluzionaria per abbattere il parlamento e realizzare il socialismo.
In Italia, ma anche in diversi paesi capitalistici, in base ai dati dell'astensionismo
che dilaga ovunque, la prima parte di questo problema ormai non esiste più
o può essere superato con la presenza e l'azione di un potente Partito
del proletariato. Sempre di più le masse spontaneamente si astengono
alle elezioni delegittimando il parlamento e le istituzioni rappresentative
borghesi. Anche se ideologicamente non hanno ancora compreso la sua natura di
classe e non hanno maturato la scelta per il socialismo. Ma questa coscienza
e questa maturazione è impossibile acquisirla finché le masse
non vengono a contatto col PMLI e noi non riusciamo a far penetrare in esse
le nostre proposte politiche ed elettorali. Rimane aperta la seconda parte di
tale problema, la disponibilità delle masse ad abbattere il parlamento
e realizzare il socialismo, che si risolve solo con la conquista al PMLI della
parte più avanzata del proletariato, delle masse e dei giovani.
Il nostro Partito sapeva benissimo, adottando la tattica elettorale astensionista,
che ci sarebbero stati dei problemi sull'interpretazione corretta degli insegnamenti
elettorali di Lenin. Per questo, nei documenti e nei discorsi elettorali, ha
sempre cercato di argomentare bene la propria posizione antiparlamentare, che
peraltro sarebbe rimasta valida e attiva anche se avessimo scelto di entrare
nelle istituzioni rappresentative borghesi. L'antiparlamentarismo, infatti,
è un dato universale dei marxisti-leninisti in quanto nemici giurati
dello Stato borghese.
Con ciò ci siamo assunti una grossa responsabilità ma era in gioco,
in ultima analisi, il marxismo vivo, lo sviluppo del marxismo-leninismo-pensiero
di Mao circa l'elettoralismo e la lotta allo Stato borghese. La stessa responsabilità
che ci siamo assunti a proposito della nostra linea sindacale.
Con questo ci pare di non aver tolto nulla a Lenin e ai suoi insegnamenti. Anzi
ci siamo avvalsi di essi e del metodo di analisi di Lenin per sviluppare la
linea del PMLI circa la lotta elettorale e il lavoro sindacale.
Un elemento forte del nostro astensionismo elettorale è la proposta delle
istituzioni rappresentative delle masse. Dobbiamo far maggior leva su di essa
per attirare e coinvolgere nella lotta antiparlamentare, antistituzionale e
anticapitalista e per l'Italia unita, rossa e socialista tutti i rivoluzionari
e i fautori del socialismo e i giovani e i giovanissimi che si battono per un
mondo nuovo.
La storia ha caricato sulle nostre modeste spalle delle grandi responsabilità
nei confronti del proletariato nazionale e internazionale. Dobbiamo dimostrare
nella pratica che siamo capaci di sostenerle. Non dobbiamo mai abbandonare il
nostro ruolo di avanguardia costi quel che costi. Dobbiamo essere coerenti con
esso oggi e in futuro.
Dobbiamo essere fermi e incrollabili sui principi e sulla strategia e flessibili
sulle tattiche ma attenti a non travolgere la linea di fondo. Ciò che
la pratica ha decretato giusto va difeso e non va abbandonato. Dobbiamo essere
talmente forti dal punto di vista ideologico e politico da essere capaci di
respingere e combattere le influenze borghesi e revisioniste interne ed esterne
al Partito che inevitabilmente si svilupperanno con la crescita del PMLI e con
l'inasprimento della lotta di classe.
Il 21 gennaio dell'anno prossimo cadrà l'80° anniversario della morte
di Lenin. Lo celebreremo con delle importanti iniziative, già programmate
dall'Ufficio politico. Purtroppo di più non potremo fare mancandoci le
forze necessarie.
Lavoriamo uniti, con perseveranza e fiducia, affinché il PMLI possa svolgere
interamente il suo ruolo di avanguardia!
Costruiamo un grande, forte e radicato PMLI!
Buttiamo giù il governo del neoduce Berlusconi!
Per l'Italia unita, rossa e socialista!
Viva il PMLI e il Comitato centrale!
Coi maestri e il PMLI vinceremo!