Frasi e commenti
dal libro di Neuberg «L’insurrezione armata»
«In presenza di una spinta rivoluzionaria, quando le classi dominanti sono disorganizzate,
quando le masse sono in stato di fermento rivoluzionario, quando gli elementi
intermedi esitano a favore del proletariato, quando le masse sono pronte
all’azione e al sacrificio, allora al Partito del proletariato incombe il
dovere di guidarle all’attacco diretto contro lo stato borghese. Tale risultato
si ottiene con la propaganda di parole d’ordine transitorie sempre più attive
(Soviet, controllo operaio sulla produzione, consigli dei contadini per
l’occupazione dei latifondi, disarmo della borghesia e riarmo del proletariato)
e con l’organizzazione di azioni di massa, alle quali vanno subordinate
tutte le ramificazioni dell’agitazione di partito e della propaganda, ivi
compresa l’azione parlamentare. In queste azioni delle masse rientrano: gli
scioperi, gli scioperi abbinati a dimostrazioni o a manifestazioni armate, e
infine lo sciopero generale di concerto con l’insurrezione armata contro il
potere della borghesia. L’insurrezione armata, che è la forma più alta della
lotta, poggia sulle regole dell’arte militare, presuppone un piano
militare, reca il carattere offensivo delle operazioni militari, presuppone nel
proletariato la dedizione assoluta e l’eroismo assoluto. Condizione
indispensabile di tali azioni è l’organizzazione delle grandi masse in unità di
combattimento, la cui stessa forma abbracci e metta in movimento il più alto
numero possibile di lavoratori (Soviet dei deputati operai e contadini, soviet
dei soldati, ecc.) nonché un’opera rivoluzionaria intensificata.
Passando a nuove e più accentuate
parole d’ordine, bisogna lasciarsi guidare dalla regola essenziale della
politica e del leninismo: saper condurre le masse su posizioni rivoluzionarie
in modo che siano le masse stesse a convincersi per propria esperienza, della
giustezza e della linea seguita dal Partito. La mancata osservanza di questa
norma conduce fatalmente al distacco dalle masse, al “golpismo” ed alla
degenerazione ideologica del comunismo, in un dottrinarismo di sinistra, in un
“avventurismo” rivoluzionario “piccolo borghese”. Né sono minori i pericoli
quando, per converso, si tralascia di approfittare del momento critico della situazione
rivoluzionaria che impone al Partito del proletariato l’attacco decisivo, con
estrema arditezza, contro il nemico: lasciar trascorrere questo momento senza
scatenare l’insurrezione significa lasciare l’iniziativa all’avversario e
condannare la rivoluzione alla sconfitta.».
Programma dell’Internazionale
Comunista, capitolo IV.
In Neuberg: «L’insurrezione armata», pag. 55
Nel libro si arriva alla conclusione
che la rivoluzione proletaria avviene:
a)
Con
l’azione di propaganda e d’agitazione fra le masse, e loro mobilitazione nella
lotta per le rivendicazioni quotidiane della classe operaia nei periodi
d’espansione e stasi del capitalismo;
b)
All’approssimarsi
della crisi, con l’aumento della propaganda sulla necessità della conquista del
potere politico da parte del proletariato, l’organizzazione di scioperi a
carattere politico, l’espansione del lavoro nell’esercito borghese con il
tentativo di formare cellule comuniste;
c)
All’aggravarsi
della crisi, con lo sviluppo ulteriore dell’agitazione sulla necessità del
rovesciamento violento della borghesia, l’impulso alla formazione della Guardia
Rossa, l’intensificazione del lavoro di massa nell’esercito;
d)
All’approssimarsi
del “punto critico”, la propaganda e l’organizzazione seguono quanto già
riportato nella citazione, contemporaneamente si da l’avvio alla costruzione
dei Comitati Rivoluzionari.
In questo schema, un po’ forzato ma
sostanzialmente aderente a quanto scritto nel libro, la determinazione del
“punto critico”, del momento cioè in cui viene dato il via in maniera cosciente
all’insurrezione armata, tende a sopravvalutarsi al punto da sembrare un’ora
“x”, determinabile in un numero ristretto di giorni, se non NEL GIORNO. Perdere
questo momento voleva dire irrimediabilmente ricominciare tutto daccapo, in più
con una nuova sconfitta, più o meno utile a seconda della conduzione del
Partito, sulle spalle della classe operaia. La degenerazione di queste
posizioni ha dato origine ad una serie di volgarizzazioni a base di “treni
persi” ed altre amenità del genere. Ciò non ha nulla a che vedere con la
capacità scientifica d’analisi della situazione concreta atta a comprendere le
fasi rivoluzionarie e a determinarne il momento topico (si prenda ad esempio la
battaglia di Lenin per frenare l’insurrezione di luglio e spingere su quella
d’ottobre).
Un’altra conseguenza importante delle
concezioni espresse dagli autori del libro è quella di una serie di
deviazionismi che possono ingenerarsi nel Partito e, primi fra tutti, il
parlamentarismo da una parte e il militarismo, dall’altra. Il fatto che il
Partito abbia due facce e due comportamenti, a seconda che la situazione sia o
non sia vicina al punto critico, si rispecchia al suo interno in una
separazione fra politico e militare così netta da comprendere due apparati totalmente
separati fra loro ed uniti solamente da un sottilissimo filo: nella
“commissione militare”, infatti, è previsto che sia presente un membro degli
organismi dirigenti del Partito.
Ma, se da una parte questo è previsto, dall’altra le funzioni delle commissioni militari sono vastissime, esse consistono: «… nel condurre e dirigere, a seconda delle direttive impartite dai corrispondenti comitati di Partito, il lavoro presso l’esercito, la polizia, la flotta e le associazioni militari borghesi; nell’organizzare le informazioni per il Partito; nel formare i quadri militari della futura Guardia Rossa; nel procurarsi le armi; nel pubblicare e diffondere, su decisione del Comitato Centrale o dei comitati provinciali, tutto il materiale a stampa (volantini, opuscoli, periodici militari); nel fornire materiali alle redazioni della rubrica militare dei fogli di Partito, ecc.».
ibid. pag. 193
Queste enormi competenze non possono
non provocare contraddizioni ed infatti gli stessi autori sono costretti a dire
più avanti: « E’ evidente
che, per motivi vari, si manifestano talvolta, nell’organizzazione militare,
delle tendenze autonomiste».
Ibid. pag. 194
Descrizione delle situazioni
preinsurrezionali (pagine copiate quasi integralmente):
INSURREZIONE DI AMBURGO 1923.
Nel gennaio del ’23 l’occupazione
militare della Ruhr e delle province renane aveva privato la Germania delle
grandi basi vitali della sua economia: l’80% della produzione siderurgica e il
71% delle sue risorse estrattive. Di qui una crisi economica grave che
raggiunse l’apice al termine della “resistenza passiva” contrapposta dal
governo tedesco agli alleati. Le condizioni catastrofiche dell’economia tedesca
erano caratterizzate da tre elementi: il marasma dell’industria e il
diffondersi della disoccupazione, la disgregazione delle finanze e la
svalutazione del marco.
Nel terzo trimestre del ’23 il totale
dei disoccupati e degli operai sottoccupati (pochi giorni alla settimana o
qualche ora al giorno) raggiunse la cifra di 8 milioni, pari ad oltre il 50%
della classe operaia. Le ingenti spese provocate dalla politica delle braccia
incrociate e l’esenzione fiscale concessa alle classi possidenti fecero
aumentare vertiginosamente e incessantemente il disavanzo del bilancio
nazionale. Pertanto, nell’agosto del 1923, la proporzione delle entrate
rispetto alle uscite era dell’1,8%; alla fine dello stesso mese il debito
consolidato era salito a 1.666.667 miliardi di marchi. Le entrate erariali
toccavano nel novembre appena i 12,4 milioni di marchi oro.
A questo punto quasi tutte le spese
governative venivano coperte con emissione di carta-moneta, cioè con
l’inflazione. Fu un processo di inflazione che portò la moneta ad annullarsi:
il 18 ott0bre il dollaro era quotato a Berlino, Amburgo e Francoforte 4
miliardi la mattina e 6 la sera; il 22/10 46 miliardi; il 23/10 75 miliardi. Le
conseguenze sociali portarono ad una pauperizzazione estrema della classe
operaia e dei ceti medi.
Alla crisi economica corrispose la
crisi politica: ai primi di agosto lo sciopero generale promosso dai comitati
di fabbrica fa cadere il governo nazionalista di Cuno. Stresemann, deputato dal
Presidente della Repubblica (socialdemocratico), dichiara di essere a capo
dell’ultimo governo borghese.
L’insurrezione fu fatta dal 23 al
25/10/1923; nella fissazione della data si tenne conto del congresso di
Chemnitz (dei comitati di fabbrica) del 21/10.
INSURREZIONE DI REVAL 1924.
Estonia: paese indipendente dal 1918 in
seguito alla Rivoluzione d’Ottobre, aveva un territorio di 48.100 kmq e il 70%
della popolazione di contadini (dal 1940 è stata una Repubblica Socialista
Sovietica).
Fino al 1924 l’industria e il commercio
erano stati finanziati con sussidi governativi a spese delle riserve auree.
All’inizio del ’24 le riserve erano quasi esaurite; in Parlamento si formò una
coalizione di centro appoggiata dai socialdemocratici che fu costretta a
bloccare i crediti agli agenti di cambio, alla grande borghesia e agli agrari.
In conseguenza ci fu la serrata e, nell’estate del ’24, i disoccupati erano
15.000 (su 34.000 occupati, del 1922), alla fine dell’estate gli occupati erano
6.000. In autunno, con la caduta del marco, il costo della vita salì al 150% e
i salari rimasero immutati, la bilancia commerciale con l’estero era in
passivo; il bilancio nazionale era sommerso da uno spaventoso disavanzo; la
crisi industriale e commerciale si aggravò con la crisi agricola.
La criminalità: dai 28.000 reati puniti
nel ’19, era aumentata al ’22 del 60% e al ’24 del 130%. Nell’esercito la disciplina era allentata ed ogni soldato o
marinaio in media una volta all’anno andava in cella di rigore.
La classe dirigente aveva grossi
problemi di stabilità: la coalizione di centro era dilaniata dalle liti, la
destra premeva per un governo forte e i comunisti erano incarcerati e fucilati.
L’insurrezione si attuò l’1/12/1924: la
data dell’insurrezione fu decisa su motivazioni esclusivamente militari.