Biblioteca Multimediale Marxista


Lenin teorico del bolscevismo



 

 

Gennaio 1944


VINCENZO LA ROCCA


Lenin teorico del bolscevismo


Edizioni del
Partito Comunista Italiano


Edizioni della FEDERAZIONE CAMPANA
del PARTITO COMUNISTA ITALIANO
Via Salvatore Tommasi, 62 - Napoli




Prezzo: Lire 2


 

 

 

La vita di Lenin è dominata dall'attività rivoluzionaria, dall'attività pratica critica; e sembra veramente incarnare le sentenze goethiane che l'azione è tutto e che in principio era l'Azione.
Lenin pensa, come Marx, che ogni passo innanzi sulla via rivoluzionaria, ogni movimento reale importa più di una dozzina di programmi.
Ma sarebbe un errore gravissimo giudicare Lenin soltanto, o essenzialmente, come un realizzatore del marxismo,come colui che ha convertito in atti alcune tesi del marxismo, come la guida del proletariato russo nell' " assalto al cielo " .
Lenin è, senza dubbio, un pratico; (nell'interrompere un suo lavoro per la crisi politica dell'autunno del 1917, Lenin noto con gioia che è più utile e piacevole " fare l'esperienza di una rivoluzione ", anzi che scrivere intorno ad essa); ma egli è anche ma teorico, che non si limita a combattere le deviazioni del marxismo, o a ristabilire su molte questioni il vero pensiero marxista, deformato, travisato, falsificato dagli opportunisti.
Lenin è, prima di tutto, un teorico, ed un teorico geniale, nel senso che, fedelissimo alla dottrina di Marx e di Engels, continua il marxismo, lo arricchisce del contenuto dei progressi delle scienze, (Engels affermava che il materialismo deve mutare il suo aspetto alla stregua delle scoperte scientifiche), lo sviluppa in molte parti e lo applica al corso dell'evoluzione, alla fase imperialista del capitalismo, alle nuove condizioni di lotta del proletariato nel periodo imperialista.
- Senza teoria rivoluzionaria, non c'è movimento rivoluzionario, - egli dice, categoricamente.
Poi, aggiunge: - Solo un partito diretto da una teoria d'avanguardia può assolvere il compito di combattente d'avanguardia. -
Ed accetta senza riserve l'insegnamento marxista sull'importanza della teoria; mette sul medesimo piano, come Engels, la lotta teorica e quella politica ed economica; si dimostra, sul terreno dei principii, di un'intransigenza assoluta; coglie, in tutti gli altri, la minima sfumatura ideologica, che sa di concessione teorica, e la condanna con estremo rigore; sostiene che il marxismo è unione indissolubile della teoria e della pratica.
Ora, in che consiste la dottrina leninista, che sviluppa il marxismo, adeguandolo alle nuove condizioni del capitalismo e della lotta di classe del proletariato?
E quali sono gli elementi nuovi apportati da Lenin all'edificio teorico di Marx e di Engels? Accenniamo, brevemente, all'essenziale.

1

Marx fornì l'analisi delle basi del capitalismo, Engels presentì, in una certa misura, i problemi dell'epoca imperialista. (Lettera a Kautsky sul progetto del programma d'Erfurt). Ma i due fondatori del socialismo scientifico, se intuirono le nuove condizioni dello sviluppo capitalista, vissero nell'epoca in cui il capitalismo mostrava una qualche disposizione alla paca e si svolgeva, senza troppi urti né scosse, propagandosi nel mondo.
Tra la fine del secolo XIX e l'inizio del XX, il capitalismo si trasformò in imperialismo, cioè nel capitalismo dei monopoli.
Il carattere fondamentale dell'imperialismo, - dice Lenin, - è che il capitale ha raggiunto proporzioni gigantesche, che il monopolio schiacciante ha sostituito la libera concorrenza, che un'infima minoranza capitalista è riuscita a impadronirsi d'interi rami d'industria, che essa si è costituita in società, cartelli, sindacati, trusts, spesso internazionali.
E il tratto caratteristico dell'imperialismo, - insiste nelle sue tesi Lenin, - è che il mondo si divide attualmente in un gran numero di popoli oppressi e in un numero infimo di popoli oppressori.


Da un lato, l'imperialismo è l'onnipotenza delle oligarchie finanziarie, l'esportazione dei capitali verso le sorgenti di materie prime, ecc.
Dall'altro, per effetto dello sviluppo ineguale dei paesi capitalisti, esso è la lotta tra le nazioni più forti per gli sbocchi e i mercati d'esportazione dei capitali: la lotta per una nuova spartizione del mondo e delle sfere d'influenza.
Le guerre che, inevitabilmente, ne derivano, sono motori storici, che accelerano la marcia dell'evoluzione; e sono pure le doglie del parto per la vecchia società capitalista incinta di una società nuova.
Il capitalismo dei monopolii, che, per via di crescenza, diventa il capitalismo dei monopolii di Stato, è la preparazione materiale più compiuta del socialismo, è l'anticamera del socialismo, è il grado della storia, che non è separato dal grado, chiamato socialismo, da alcun grado intermedio.
L'imperialismo è, quindi, lo stadio più alto del capitalismo; ma è, nello stesso tempo, il capitalismo che deperisce, perchè porta le contraddizioni del capitalismo fino ai loro limiti estremi, dopo i quali comincia la rivoluzione.
Lenin definisce, infatti, l'imperialismo <<il preludio della rivoluzione socialista>>.
Le condizioni obiettive mettono all'ordine del giorno, nei tempi nostri, la preparazione diretta e multiforme del proletariato alla conquista del potere politico per l'applicazione delle misure economiche e politiche che caratterizzano la rivoluzione socialista.
E l'antico modo di considerare la rivoluzione proletaria è superato.
I postulati della rivoluzione non si esaminano più alla stregua dell'esistenza o meno delle condizioni obbiettive in questo o quel paese avanzato. Si studia, invece, la condizione economica della totalità o della maggioranza dei paesi; si parte dal punto di vista dello stato dell'economia mondiale, in quanto le economie nazionali isolate non sono più unità economiche indipendenti, ma formano gli anelli di una catena unica chiamata economia mondiale, e in quanto, il capitalismo essendo diventato un sistema universale di asservimento e di oppressione, essendo diventato imperialismo, i diversi fronti nazionali del capitale rappresentano anch'essi gli anelli di un'unica catena: <<il fronte mondiale dell'imperialismo, a cui dev'essere opposto il fronte unico del movimento rivoluzionario di tutti i paesi>> (Stalin).
E la breccia della rivoluzione non si apre necessariamente dove il capitalismo è più sviluppato; ma il fronte capitalista si spezza, de regola, nei settori più deboli.
Questa concezione di Lenin è stata suggellata dai fatti.
Nell'autunno del 1917, il capitalismo russo, cresciuto nel seno dell'impero feudal militare degli zar, si dimostrò la maglia più fragile della catena imperialista, per effetto del suo estremo ritardo; e, dalla rottura del fronte imperialista nel suo punto di minore resistenza, nacque la Rivoluzione d'Ottobre, che, nel pensiero di Lenin, era, a sua volta, un anello nella catena della rivoluzione internazionale: <<la prima tappa della rivoluzione mondiale e la base potente del suo sviluppo futuro>> (Stalin).

2

Al centro dell'opera di Lenin sta l'insegnamento per la conquista integrale della democrazia borghese.
Già il Manifesto precisava che i comunisti lavorano, dovunque, all'unione e all'accordo dei partiti democratici e aiutano ogni movimento della borghesia contro lo stato sociale e politico esistente, per fare la rivoluzione borghese il preludio necessario della rivoluzione proletaria.


Nel settembre del 1870, Marx invitava gli operai di Parigi a servirsi della <<libertà repubblicana>> per consolidare la loro organizzazione di classe.
In una lettera a Trier (1889), Engels raccomandava di sostenere momentaneamente gli altri partiti, nella misura in cui quest'appoggio giovava al proletariato o costituiva un progresso <<nella direzione dello sviluppo economico o della libertà politica>>, ponendo come condizione che il carattere di classe del Partito non fosse minimamente intaccato.
Lenin ribadisce, e spinge fino in fondo, il principio marxista sulla necessità, per le masse lavoratrici, di utilizzare gl'istituti democratici borghesi, allo scopo di prepararsi alla lotta per il rovesciamento della borghesia.
Il proletariato, per organizzarsi, ecc. ha bisogno della libertà politica; perciò ogni passo innanzi sulla via della libertà presenta un grande vantaggio per i lavoratori.
Il fulcro del pensiero di Lenin può dirsi questo: per giungere al socialismo, bisogna passare per la democrazia; la rivoluzione democratica non è che una prima tappa verso l'emancipazione totale del lavoro da ogni sfruttamento; la classe operaia, secondo il precetto di Engels, non può arrivare al potere che sotto la forma della Repubblica democratica.
E nel 1905, - quando, nella Russia semi-feudale degli zar, è all'ordine del giorno la rivoluzione democratica borghese, - Lenin, da una parte, insiste sull'intervento attivo dei bolscevichi nel movimento, non al rimorchio della borghesia, ma come guida e motore delle masse, e, dall'altra, sostiene la possibilità e la convenienza, nettamente riconosciute dal punto di vista dei principii, della partecipazione del Partito del proletariato, con la sua piena indipendenza politica e con la sua fisionomia, ad un governo rivoluzionario provvisorio, inteso come organo di lotta per la vittoria immediata dei tentativi contro-rivoluzionari, e allo scopo di tutelare e garantire, dall'alto, gl'interessi dei lavoratori.(1)
3

Qui non ci è consentito di riassumere, neppure a grandi tratti, le altre tesi fondamentali di Lenin:
1°) Il problema della dittatura del proletariato e delle condizioni del suo stabilirsi e del suo consolidarsi: questione essenziale di tutta la rivoluzione.
Marx ed Engels affermarono la necessità della dittatura come strumento del dominio politico del proletariato, per schiacciare la resistenza della borghesia, nel passaggio dal capitalismo al comunismo.
Lenin, giovandosi dell'esperienza della Comune di Parigi e dell'iniziativa storica delle masse nella <<prova generale>> della rivoluzione del 1905, scoprì il regime sovietico, come la forma statale della dittatura del proletariato: cioè, come un tipo superiore d'istituzioni democratiche e come la forma politica più suscettibile di assicurare l'emancipazione economica del proletariato e il trionfo completo, <<la realizzazione meno dolorosa>> del socialismo; concepì la dittatura come un insieme di forme nuove della lotta di classe del proletariato, come una fase nuova di questa lotta per l'attuazione di nuovi compiti, e la concepì come la forma particolare di alleanza di classe fra il proletariato, avanguardia dei lavoratori, e i numerosi strati non proletari dei lavoratori, (piccola borghesia, contadini, intellettuali, ecc.): la concepì come distruzione della democrazia borghese, che è la democrazia dei ricchi, la democrazia di una minoranza sfruttatrice, e come creazione della democrazia proletaria, che è la democrazia della maggioranza sfruttata.
E insegnò che, per la rivoluzione, è necessaria una <<crisi nazionale>>, che deve estendersi agli sfruttati ed agli sfruttatori, nel senso che le <<classi basse>> non vogliono più, e le <<classi superiori>> non possono più, continuare a vivere all’antica maniera.


2°) La possibilità, all’inizio, della vittoria del socialismo in alcuni paesi, o anche in un solo paese, presi separatamente, per la <<legge assoluta del capitalismo>> sulla irregolarità dello sviluppo economico e politico. Il proletariato, dopo la conquista del potere, e dopo avere trasformati tutti i mezzi di produzione in proprietà dello Stato, si trova nelle <<condizioni necessarie e sufficienti>> per procedere, con la cooperazione, cioè col far entrare nella cooperazione l’universalità della popolazione, alla costruzione pratica della società socialista, che può essere interamente edificata, a condizione che il paese della dittatura proletaria non sia strangolato da un intervento militare delle nazioni capitaliste che lo circondano. (2)
E, nel quadro internazionale, il compito della rivoluzione vittoriosa in un paese consiste nel <<fare il massimo per sviluppare, sostenere ed accendere la rivoluzione negli altri paesi>>, anche per garantirsi definitivamente, con l’appoggio del proletariato di altre nazioni, contro i tentativi d’intervento e di restaurazione capitalista.
In concreto, il principio leninista sulla possibilità di edificare, in un primo tempo, il socialismo anche in un solo paese, si è trasformato, sotto la guida di Stalin, in un formidabile realtà vivente.
Oggi, la Russia Sovietica, con la sua organizzazione economica e con la sua potenza militare, s’impone all’ammirazione di tutti i popoli della terra.
3°) La questione nazionale e coloniale, già trattata da Marx e da Engels a proposito della Cina, dell’Ungheria, della Polonia, ecc. ma svolta con ampiezza da Lenin, sulla base delle idee direttive marxiste, in ordine alle rivoluzioni nazionali e coloniali nell’epoca imperialista, collegando il problema nazionale e coloniale a quello del rovesciamento dell’imperialismo, innestando il problema nazionale e coloniale al problema più vasto della rivoluzione proletaria mondiale.
4°) La trasformazione della rivoluzione democratica borghese in rivoluzione proletaria, come una delle forme che incarnano la rivoluzione permanente di Marx. (3)
5°) L’egemonia del proletariato, già abbozzata da Marx e da Engels: cioè, la direzione politica di tutte le masse sfruttate, della città e della campagna, ad opera del proletariato, che riunisce queste masse attorno a sé, le stacca dalla borghesia e si batte per impadronirsi del potere e per utilizzarlo, nel suo proprio interesse, contro il capitalismo.
6°) La questione e l’importanza delle masse rurali, considerate come la grande riserva di forze del proletariato. (E già Marx ammoniva che, nelle <<nazioni contadine>>, la rivoluzione proletaria deve alzare un <<coro>>, cioè dev’essere appoggiata dalla campagna, o rischia di convertire il suo <<a solo>> in un canto funebre).
7°) Sul binario dei principi marxisti, la struttura e i compiti del Partito, che non è soltanto il distaccamento avanzato del proletariato, ma è l’avanguardia dirigente, la guida del proletariato; è la forma suprema dell’unione della classe operaia; è il distaccamento organizzato di questa classe, retto da una disciplina di ferro; è lo strumento della dittatura.
E l’accenno alle innovazioni e ai nuovi fattori arrecati da Lenin al patrimonio del marxismo, è monco e zeppo di lacune.
A grandi linee, in che consiste la marcia geniale innanzi compiuta da Lenin nella storia del pensiero rivoluzionario? Consiste nell’applicazione della dialettica materialista all’economia politica, alla storia, alle scienze, alla filosofia, alla strategia e alla tattica della classe operaia.
Esattamente, perciò, Stalin ha definito il leninismo il marxismo dell’epoca imperialista e di quella delle rivoluzioni proletarie. (4)

Gennaio ‘44


Note aggiunte (non originali)

1 - Lenin scrisse che “Ancora alcune settimane prima della vittoria della Repubblica dei Soviet e anche dopo questa vittoria, la partecipazione a un parlamento democratico borghese, non solo non nuoce al proletariato rivoluzionario, ma gli rende più facile dimostrare alle masse arretrate perchè tali parlamenti non meritano che di essere sciolti con la forza, rende più facile scioglierli con successo, rende più facile il "superamento politico" del parlamentarismo borghese”. L'estremismo malattia infantile del comunismo (V. Lenin) -
2 – Nel 1952 Stalin, nell’opera ‘Problemi economici del socialismo nell’URSS’, ammise per la prima volta in forma compiuta l’esistenza delle classi e della lotta di classe nella società socialista, ammettendo conseguentemente anche la possibilità di una restaurazione del capitalismo in URSS per un intervento della borghesia interna al Paese (secondo Mao Zedong, ideatore della teoria detta ‘della continuazione della rivoluzione nell’epoca della dittatura del proletariato’, nella quale integra e perfeziona la tesi di Stalin del ’52, Krusce’v e Berjia furono i principali elementi borghesi all’interno dello Stato e del Partito sovietici subito dopo la morte di Stalin) -
3 – In antitesi alla tesi di Trotzki sul completamento della rivoluzione democratico-borghese sotto la dittatura del proletariato, e la conseguente sottovalutazione delle capacità rivoluzionarie dei contadini nella rivoluzione proletaria. “La dittatura del proletariato, giunto al potere come forza dirigente della rivoluzione democratica, sarà posta inevitabilmente e molto rapidamente di fronte a problemi che le imporranno di fare delle incursioni profonde nel diritto borghese di proprietà. La rivoluzione democratica nel corso del suo sviluppo si trasforma direttamente in rivoluzione socialista e diviene così rivoluzione permanente”. La rivoluzione permanente (L. Trotzki) -
4 – Dei principii del leninismo (J. Stalin) -