Biblioteca Multimediale Marxista
Nota biografica
Rivoluzionario e uomo di stato russo. Nato a Verkhnyaya Troitsa,
figlio di contadini poveri, cominciò a lavorare quattordicenne, come
bracciante agricolo e quindi come operaio delle officine Putilov a Pietroburgo.
Nel 1898 si iscrisse al Partito operaio social-democratico russo, dove si segnalò
per la sua attività, così da partecipare ai Congressi di Stoccolma
e Praga. Fu membro della frazione bolscevica alla Duma, e nel 1916 fu arrestato
per la XIV volta. Dopo la rivoluzione d'Ottobre, alla cui preparazione aveva
appassionatamente partecipato fu eletto sindaco di Pietrogrado. Nel 1919 dopo
la morte di Sverdlov, Kalinin ricoprì importanti cariche. Dal 1919 al
1946 fu Presidente del Presidium del Soviet Supremo, cioè capo dello
Stato dell'Unione Sovietica. Ebbe grandissima popolarità per il suo contatto
con il popolo, la comprensione del problema delle nazionalità, dell’educazione
e la sua cura nel valorizzare i Soviet.
Fu insignito di alte onorificenze, fra cui l'Ordine di Lenin, ed è uno
dei fondatori dello Stato Sovietico.
Nel 1946 lasciò la carica di Presidente per ragioni dì salute
e pochi mesi dopo morì. Scomparve il 3 giugno dello stesso anno e fu
elogiato in un grande funerale di stato. La città di Königsberg
(Prussia Orientale), che diede i natali a Kant e che oggi è un enclave
della Russia sul Baltico, fu nominata Kaliningrad in suo onore.
(Rapporto ai quadri dell'organizzazione del
Partito della città di Mosca).
(2 ottobre 1940)
Compagni,
esattamente vent'anni fa, il 2 ottobre 1920, Vladimir Ilic Lenin pronunciava
al III Congresso della Unione della Gioventù Comunista russa un discorso
dedicato all'educazione comunista. Rivolgendosi al Komsomol egli diceva ch'era
poco probabile che la nostra generazione, educata nella società capitalistica
sarebbe riuscita a creare una società comunista, e che questo compito
sarebbe spettato alla gioventù.
Poco fa, quando voi applaudivate, mi son ricordato di queste parole e mi son
ricordato anche che avendo di fronte a me i komsomol di allora, quegli uomini
ai quali Lenin si rivolgeva allora e che ora son diventati adulti, in possesso
dell'esperienza della vita e che prendono parte attiva all'edificazione socialista.
E ho applaudito insieme con voi, ho applaudito a voi, che costruite il socialismo.
Da noi si dedica molta cura all'educazione comunista. Nulla di sorprendente
quindi se la parola « educazione » si legge spesso nella nostra
stampa.
Ma se si tenta di dare una formula più o meno precisa e sintetica all'educazione
in generale si incontrano gravi difficoltà. Spesso si confonde l'educazione
con l'istruzione. Certamente, l'educazione ha molte analogie con l'istruzione,
tuttavia non è la stessa cosa. I pedagoghi che se ne intendono dicono
che la nozione di educazione è più larga di quella d'istruzione.
L'educazione ha le sue caratteristiche particolari.
Io definirei l'educazione un'azione determinata, meditata e sistematica, esercitata
sulla psicologia dell'educando per inculcargli le qualità volute dall'educatore.
Credo che una tale definizione (beninteso che io non voglio imporla a nessuno)
comprende in generale tutto quanto noi intendiamo per educazione: inculcare
una certa concezione del mondo, una determinata morale e alcune regole di vita
sociale e, formare determinati tratti del carattere e della volontà,
dare certi gusti e certe abitudini, per sviluppare certe qualità fisiche,
ecc.
Il problema dell'educazione è uno dei più difficili che esistano.
I migliori pedagoghi affermano che non si tratta solo di una scienza ma anche
di un'arte. Essi pensano all'educazione scolastica che, forzatamente, è
assai limitata. Ma c'è anche la scuola della vita, ove l'educazione si
proietta incessantemente, e ove gli educatori sono la vita stessa, lo Stato,
il Partito e gli educati sono milioni di uomini diversi per esperienze di vita
e per esperienze politiche. Qui il problema diventa molto più complesso.
E’ su questo aspetto dell'educazione, sull'educazione delle masse, che
io desidero soffermarmi in questo rapporto.
I.
Nell' « Anti-Dùhring » (1) Engels ha scritto:
« ... Coscientemente o incoscientemente, gli uomini fondano, in ultima
analisi, le loro idee morali sulle condizioni materiali su cui poggia la situazione
della loro classe sociale, sulle condizioni economiche nelle quali essi producono
e scambiano i loro prodotti... La morale è sempre stata una morale di
classe: o essa ha giustificato il dominio e gli interessi della classe dominante,
o ha rappresentato, dal momento in cui la classe oppressa divenne abbastanza
potente, la rivolta contro tale dominio e gli interessi futuri degli oppressi
... ».
Quindi, in una società divisa in classi, non vi è mai stata, né
può esservi, una educazione al di fuori o al di sopra delle classi.
Nella società borghese l'educazione è fatta di ipocrisia, risente
degli interessi delle classi dominanti; presenta un carattere profondamente
contradditorio che riflette gli antagonismi della società capitalista.
L'ideale dei capitalisti è di fare degli operai e dei contadini servi
docili che sopportano senza lamentarsi il peso dello sfruttamento. Perciò
essi non vorrebbero inculcare negli operai e nei contadini l'ardimento e il
coraggio, non vorrebbero dare loro un’istruzione. Perché è
più facile tenere in pugno uomini ignoranti e inebetiti. Ma con uomini
di questo tipo è impossibile vincere una guerra di conquista e senza
conoscere alcune nozioni fondamentali non è possibile far azionare una
macchina. La concorrenza, nelle condizioni del progresso tecnico, la corsa agli
armamenti, ecc. da una parte; la lotta che conducono operai e contadini per
conquistarsi il diritto all'istruzione dall'altra, obbligano la borghesia a
dare ai lavoratori almeno i principi elementari della conoscenza, e le guerre
di rapina la costringono a insegnar loro la fermezza, il coraggio e altre qualità
pericolose per la borghesia.
Nessun sistema di educazione borghese può sfuggire a queste contraddizioni.
Malgrado queste contraddizioni le quali, come ripeto, sono caratteristiche della
società borghese, le classi dominanti lottano disperatamente per assicurarsi
l'appoggio delle classi popolari e usano ogni mezzo, dalla repressione aperta
fino alla frode più raffinata.
Nella società borghese il lavoratore è sottoposto, dalla nascita
e fino alla morte, all'azione permanente delle idee, dei sentimenti, delle abitudini
che sono vantaggiose per la classe dominante. Tale azione si esercita attraverso
canali innumerevoli e talora assume forme quasi inafferrabili. La Chiesa, la
scuola, l'arte, la stampa, il cinema, il teatro, altre organizzazioni, tutto
è buono per inculcare nelle masse una concezione del mondo, una morale,
delle abitudini borghesi.
Prendete il cinema. Ecco cosa scrive un regista borghese di film americani:
« Molti film moderni sono una specie di narcotico destinato a gente così
stanca che ha un solo desiderio: sedersi in una comoda poltrona e attendere
una qualsiasi imbeccata ».
Questa è la vera natura della educazione borghese.
A questa educazione elaborata nel corso di parecchi secoli, tendente a consolidare
le posizioni della classe dominante dei capitalisti, a riconciliare gli oppressi
con la stessa loro situazione, il Partito comunista, avanguardia del proletariato,
oppone i suoi principi educativi che hanno, in primo luogo, il compito di aiutare
il rovesciamento della borghesia, il trionfo della dittatura del proletariato.
II.
L'educazione comunista si differenzia fondamentalmente dalla
educazione borghese, non soltanto beninteso in rapporto ai compiti che ad essa
sono assegnati ma anche per i suoi metodi. L'educazione comunista è legata
indissolubilmente ai progressi della coscienza politica e della cultura generale,
al miglioramento del livello intellettuale delle masse. A questo tendono tutti
i partiti comunisti.
Anche se lo scopo finale di tutti i partiti comunisti è lo stesso, la
classe operaia dell'Unione Sovietica, per il fatto di vivere in condizioni ben
diverse da quelle dei paesi capitalisti, deve essere appunto una classe operaia
di una situazione diversa. La classe operaia è nel nostro paese la forza
dominante, dirigente sotto l'aspetto materiale e anche sotto l'aspetto spirituale.
Marx ed Engels hanno scritto:
« La classe che detiene i mezzi di produzione materiale dispone anche,
per ciò stesso, dei mezzi di produzione spirituale... Gli individui che
compongono la classe dominante hanno, tra l'altro, una coscienza; quindi essi
pensano; nella misura in cui essi dominano in quanto classe e determinano tutta
una epoca storica, è chiaro che essi lo fanno in tutti i settori; quindi
essi dominano, tra l'altro, anche come esseri pensanti, come produttori di idee,
regolano la produzione e la distribuzione delle idee del loro tempo; di conseguenza
le loro idee sono le idee dominanti dell'epoca ».
Questo non si può dire per la classe operaia che non vive nell'Unione
Sovietica.
L'educazione comunista, come noi la concepiamo, è sempre concreta. Nelle
nostre condizioni essa deve essere subordinata ai compiti che si pongono di
fronte al Partito e allo Stato sovietico. Il compito primo ed essenziale dell'educazione
comunista è di suscitare il desiderio di aiutare al massimo grado la
nostra lotta di classe.
Vedo che siete un poco sorpresi, che cercate di capire ciò che voglio
dire: suscitare il desiderio di aiutare al massimo grado la lotta di classe
nel nostro paese ove le classi sfruttatrici sono state annientate. Mi sembra
tuttavia che siano superflue altre spiegazioni. Mi limiterò a ricordarvi
la memorabile risposta che il compagno Stalin diede al giovane compagno Ivanov:
« ...Ora — scriveva il compagno Stalin — siccome noi non viviamo
in un isola ma " in un sistema di Stati… dei quali una grande parte
è ostile al paese del socialismo, e crea perciò un pericolo di
intervento e di restaurazione, noi diciamo apertamente e onestamente che la
vittoria del socialismo nel nostro paese non è ancora definitiva ».
Gli avvenimenti di quest'ultimo anno hanno confermato, con dei fatti concreti,
le idee esposte in questa risposta del compagno Stalin.
La nostra lotta di classe riveste, è vero, forme diverse di quelle che
si svolgono fuori dell'URSS. Essa si è elevata, per meglio dire, ad un
grado superiore; i suoi risultati sono più effettivi. Ma è chiaro
anche che essa è diventata molto più complessa.
Applicata alla classe operaia sovietica questa tesi di Marx e di Engels: «
le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti »
ci assegna un grande compito. Noi non possiamo limitarci a criticare il regime
borghese. L'essenziale oggi è di lottare per delle realizzazioni pratiche
in tutti i settori della politica, dell'economia, della cultura, della scienza,
dell'arte, ecc. È chiaro che nel nostro paese anche l'educazione comunista
deve seguire questa. strada.
III.
Quali sono i compiti che noi consideriamo oggi essenziali sul
terreno dell'educazione comunista? Sono essi compiti fondamentalmente nuovi,
rispetto a quelli di cui parlava Lenin vent'anni fa al III Congresso del Komsomol?
Certo la situazione dell'URSS, è molto mutata da allora. Però
i problemi dell'educazione comunista posti da Lenin vent'anni fa sono sempre
attuali.
E farebbero bene a ricordarsene un po' più spesso coloro che si sforzano
di tracciare astrattamente i contorni della società comunista. Essi amano
« teorizzare », dissertare « filosoficamente » sui tratti
propri dell'uomo del domani, associando il comunismo ad un avvenire felice ma
vago, ed introducono tali astrazioni nell'educazione comunista. Questo, secondo
me, significa fare delle rosee profezie non prospettare l'avvenire.
Compagni, uno degli elementi essenziali dell'educazione comunista — un
elemento che è anche un arma potente nelle mani dei lavoratori sovietici
nella lotta contro il capitalismo — è un'alta produttività
del lavoro. Lenin ha detto:
«La produttività del lavoro è, in ultima analisi, ciò
che vi è di più importante, di essenziale per la vittoria del
nuovo ordine sociale. Il capitalismo ha creato una produttività del lavoro
sconosciuta nel periodo feudale. Il capitalismo può essere definitivamente
vinto, e lo sarà definitivamente, perché il socialismo crea una
nuova produttività del lavoro molto più elevata. ...Il comunismo
implica una produttività del lavoro superiore a quella capitalista, da
parte di operai coscienti, associati, che sfruttano le tecnica moderna ».
Ecco, compagni, a cosa bisogna pensare, ecco di che cosa bisogna parlare; ecco
in quale senso bisogna sviluppare anzitutto l'educazione comunista: una lotta
per un'alta produttività del lavoro.
Ma questo modo di porre il problema, questo orientamento pratico circa l'educazione
comunista non potrebbe essere, sia detto fra noi, un frutto della mia fantasia?
No, compagni.
Quando ho preparato il mio rapporto e ne ho tracciato il piano nella mia memoria,
sono riandato alla fonte e in primo luogo alla nostra Costituzione ove, nell'art.
12, è detto:
« Il lavoro è nell’URSS dovere e oggetto d'onore per ogni
cittadino atto al lavoro, secondo il principio « Chi non lavora non mangia
».
« Nell'URSS si attua il principio del socialismo: « Da ciascuno
secondo le sue capacità, a ciascuno secondo il suo lavoro ».
E voi sapete, compagni, che gli articoli della Costituzione non sono soltanto
la consacrazione giuridica dei diritti e dei doveri dei cittadini ma anche un
potente fattore di educazione.
Questo articolo della Costituzione parla in termini precisi della grandezza
del lavoro. E ciò è naturale: il compagno Stalin ha sottolineato
il fatto che da lunghi anni ormai sta compiendosi nel nostro paese una profonda
rivoluzione circa il modo di concepire il lavoro. Grazie alla emulazione socialista
« il lavoro in altri tempi considerato come una fatica inutile e disonorevole
diventa un problema di dignità, una gloria, un problema di valore, di
eroismo ».
E ciò ha trovato la sua espressione luminosa, staliniana, nella Costituzione.
Probabilmente qualcuno potrebbe dire: la grandezza del lavoro nel nostro paese
è una cosa e una altra cosa è lottare per una superiore produttività
del lavoro. No, compagni, questo non è vero. Affermare che il lavoro
è grande significa anche dire che bisogna stimolare con tutti i mezzi
la produttività del lavoro. Qui sta l'essenziale.
Per l'assolvimento di questo compito sono state prese dal Partito e dal governo
sovietico alcune misure tanto importanti come la creazione del titolo di «
Eroe del Lavoro socialista », l'istituzione dell'ordine della «
Bandiera rossa del Lavoro », delle medaglie « per la gloria del
Lavoro », « al merito del Lavoro ». Non è più
raro che il governo sovietico e il Partito ricompensino coloro che si sono particolarmente
distinti per il loro lavoro con « l'Ordine di Lenin », o della «
Stella Rossa » o con « Il distintivo d'Onore ».
L'alto titolo di « Eroe del Lavoro socialista » è parificato
a quello di « Eroe dell'Unione Sovietica ». Questo titolo, questi
ordini e queste medaglie non sono attribuite per la cura messa nel lavoro né
per il fatto che si è lavorato, ma precisamente perché si sono
realizzati indici di rendimento più elevati, per successi eccezionali
riportati nella lotta per una superiore produttività del lavoro.
Questo scopo persegue anche la risoluzione del Presidium del Soviet Supremo
dell'Unione Sovietica del 26 giugno 1940.
Sembrerebbe a prima vista che vi sia completa opposizione tra le due cose: da
una parte si decreta il titolo di « Eroe del Lavoro socialista »
e altri, l'« Ordine di Lenin » e le diverse medaglie; dall'altra
la risoluzione introduce l'elemento coercitivo per rafforzare la disciplina
nel lavoro. Ma in realtà si tratta di due misure dello stesso ordine.
0 meglio esse tendono agli stessi risultati.
Stimolando e ricompensando i migliori rappresentanti del lavoro socialista e
punendo i disorganizzatori della produzione il Partito e il governo sovietico
indicano in quale direzione deve effettuarsi la educazione comunista dei lavoratori
dell'URSS.
Compagni, tra voi sono rari coloro che hanno lavorato in officina prima della
Rivoluzione. Costoro diventano di giorno in giorno sempre meno numerosi, Vi
è quindi da supporre che voi non conosciate abbastanza bene quale era
prima della Rivoluzione l'atteggiamento nei confronti del lavoro. Disgraziatamente
tale atteggiamento continua ad esercitare una grande influenza.
Noi rivoluzionari non badavamo molto, allora, ai buoni operai specializzati,
ai vecchi operai che avevano lavorato per quarant'anni in officina. Tuttavia
si trattava di lavoratori qualificati, che conoscevano bene il loro mestiere;
essi erano dei campioni nella disciplina nel lavoro e non si assentavano mai
dalla fabbrica. Quando scoppiava uno sciopero bisognava talora semplicemente
cacciarli dall'officina. Essi non avrebbero mai osato interrompere il lavoro
di loro iniziativa, per tema di urtarsi con la Direzione. Noi non stimavamo
molto simili operai, in quei tempi. Perché? Perché essi erano
zelanti nell'interesse dei capitalisti.
Oggi in regime socialista è tutt'altra cosa. Oggi coloro che hanno lavorato
quarant'anni all'officina, che sono dei modelli di disciplina nel lavoro, che
conoscono bene il proprio mestiere e forniscono i più alti indici di
rendimento, li eleviamo al di sopra degli altri, conferiamo loro medaglie e
decorazioni, li festeggiamo, doniamo loro dei premi perché sono tra i
migliori cittadini sovietici.
Qui vi è, tra l'altro, un sorprendente esempio di dialettica. Un tempo
noi « negavamo » un simile atteggiamento nei confronti del lavoro.
Oggi noi « neghiamo » quella « negazione ». Abbiamo
così, come avete visto, una « negazione della negazione »,
l'affermazione di un atteggiamento socialista verso il lavoro.
Perché il nostro modo di considerare questi operai è mutato così
radicalmente? Perché li consideriamo oggi i cittadini più utili
e più preziosi dell'Unione Sovietica? Semplicemente perché essi
sono all'avanguardia della nostra lotta di classe pervenuta ad uno stadio superiore
di sviluppo. Perché la lotta di classe non è soltanto la lotta
al fronte, con le armi in pugno. Attualmente la lotta di classe segue altre
vie. E la lotta per una più alta produttività del lavoro è,
in questo momento, uno dei principali settori della lotta di classe. Una volta,
prima del regime sovietico se si lavorava bene si aiutava obiettivamente il
capitalismo, si saldavano più strettamente le sue catene e quelle di
tutta la classe operaia. Ma oggi, nella società socialista, chiunque
lavori bene si allinea per questo stesso fatto a fianco del socialismo e con
le sue realizzazioni non solo apre la strada al comunismo ma spezza le catene
del proletariato mondiale; si tratta dunque di un combattimento attivo per la
causa del comunismo.
Abbiamo migliorato di molto la produttività del lavoro nel nostro paese?
Io non direi che registriamo grandi risultati in questo campo. In teoria si
afferma che la produttività del lavoro socialista deve superare di molto
la produttività del lavoro capitalista. Che cosa ne pensate compagno
Scerbakov (2): è vero o no? (Scerbakov, molto giusto, molto giusto!;
animazione nella sala). Ma nella pratica? Nella pratica noi non abbiamo ancora
raggiunto il livello più elevato della produttività del lavoro
in Europa, per non parlare dell'America. Bisogna quindi dedicarsi, in primo
luogo, al miglioramento della produttività del lavoro. Un accresciuto
rendimento nel lavoro ci permetterà di vedere meglio i contorni della
futura società comunista.
Ma, compagni, una superiore produttività del lavoro, non riguarda solo
la quantità ma anche la qualità di ciò che si produce.
Certuni nel nostro paese sono inclini a considerare il comunismo come qualche
cosa di astratto, non danno a questa nozione un contenuto concreto. Ma che cosa
significa il comunismo? Esso significa: fornire il più possibile una
produzione della migliore qualità. Intendo parlare di ciò che
si produce non soltanto col lavoro fisico ma anche con quello intellettuale,
di ciò che producono ingegneri, architetti, scrittori, maestri, medici,
attori, pittori, musicisti, cantanti, ecc.
Diciamolo francamente: noi non siamo ancora soddisfatti della qualità
e del numero dei nostri prodotti. È un fatto caratteristico che ognuno
di noi si arrabbia quando gli capita fra le mani un prodotto di cattiva qualità.
Ma noi stessi non ci curiamo neppure lontanamente della produzione che gli altri
ricevono da noi. In breve: ognuno vuole che ci sia tutto in abbondanza e che
tutto sia di buona qualità. Ma, ditemi, come realizzare ciò se
ciascuno — chiunque esso sia — non si sforza di ottenere i migliori
indici nel proprio particolare lavoro? Bisognerebbe, una volta per tutte capire
bene questa vecchia verità: si raccoglie ciò che si semina.
Ancora: noi non risparmiamo le misure di incoraggiamento quando si tratta della
qualità della produzione. Voi sapete che la risoluzione del Presidium
del Soviet Supremo dell'URSS in data 10 luglio 1940 dice che « la produzione
di articoli industriali di cattiva qualità o incompleti, e la produzione
di articoli che non corrispondono agli « standard » obbligatori,
costituisce un crimine contro lo Stato alla stessa maniera del sabotaggio ».
I direttori, gli ingegneri capi e i capi servizio del controllo tecnico delle
aziende industriali responsabili della produzione di articoli di cattiva qualità
o incompleti, debbono essere deferiti all'Autorità giudiziaria e sono
passibili di incarceramento da cinque a otto anni.
Inutile dire che questa risoluzione tocca certa gente in modo molto sensibile,
punisce severamente chiunque ha consegnato una produzione di cattiva qualità.
Ma d'altra parte essa fornisce ai capi di azienda un'arma potente per lottare
contro l'influenza nefasta del loro ambiente. Perché, normalmente, qual'è
il ragionamento di molti di essi? Essi si dicono: vale veramente la pena di
fare degli scandali, di guastare i miei rapporti con le organizzazioni pubbliche,
i compagni, ecc.? Un prodotto anche difettoso passerà in mezzo agli altri.
Ed è ciò che avviene. Un simile atteggiamento ha, nel nostro paese,
messo qualche radice nella produzione.
Queste radici bisogna scoprirle, annientarle. Bisogna farlo nell'interesse della
società socialista e di ciascuno di noi in particolare. Delle due cose
l'una: o noi costruiamo il comunismo o non facciamo che parlare del comunismo,
e andare lentamente verso il comunismo, zoppicando, per così dire, stiracchiandoci
e sbadigliando. Ma non dimenticate che si arrischia, in questo modo, di andare
troppo per le lunghe per passare dal socialismo al comunismo.
Parlare di comunismo senza legarsi concretamente materialmente, a questioni
tanto brucianti come quella della qualità della produzione significa
parlare a vanvera.
Mi ricordo come se fosse ieri — forse sono passati una quarantina d'anni
o forse trentanove, o trentotto, la mia età come vedete, si aggira sui
quarant'anni, (risa) — nella clandestinità, nacque tra noi una
discussione: un operaio rivoluzionario è tenuto a far bene ciò
che fa, cioè a curarsi della qualità della produzione? Gli uni
dicevano: noi non possiamo, organicamente, produrre con le nostre mani un pezzo
di cattiva qualità; questo ci ripugna, ci umilia nella nostra dignità
umana. Gli altri dicevano invece: non spetta a noi preoccuparci della qualità
della produzione. Spetta ai capitalisti. E’ per essi che noi lavoriamo.
In ogni modo essi ci obbligheranno a far bene. Ed è soltanto nella misura
in cui i capitalisti ci obbligheranno, essi aggiungevano, che noi lavoreremo
bene. Ma noi non dobbiamo mostrare troppo zelo e spirito di iniziativa.
Vedete dunque, compagni, che anche prima della Rivoluzione, in regime capitalista,
una parte degli operai che lottavano contro i capitalisti consideravano che
tutto ciò che si deve fare si deve fare bene; essi avrebbero provato
disgusto, si sarebbero vergognati di se stessi agendo diversamente. Ma oggi,
nel nostro paese, nella società socialista ove tutti lavoriamo per noi
stessi e non per i capitalisti, davvero tutti provano disgusto e vergogna a
produrre articoli dì cattiva qualità? Io non posso, disgraziatamente,
affermarlo. Eppure come sarebbe meglio se si avesse più vergogna e più
ripugnanza nel consegnare prodotti di cattiva qualità!
Per educazione comunista noi intendiamo anzitutto la necessità di inculcare
ad ogni lavoratore il dovere di dar prova di un minimo di onestà nel
suo lavoro. Dobbiamo insegnargli che se vuol essere davvero un bolscevico o,
ancora più semplicemente, un cittadino sovietico cosciente, deve fare
tutto ciò che è necessario fare con un minimo di onestà
e di consegnare dei prodotti di qualità conveniente.
È chiaro dunque che la lotta per il comunismo è la lotta per una
produttività del lavoro superiore sia nella quantità che nella
qualità. Questo è il primo principio, il principio fondamentale
di una educazione comunista dei lavoratori dell'URSS.
IV.
Compagni, l'articolo 131 della Costituzione sovietica dice:
« Ogni cittadino dell'URSS è tenuto a salvaguardare e a consolidare
la proprietà sociale, socialista, base sacra e inviolabile del regime
sovietico, fonte della ricchezza e della potenza della patria, fonte dell'agiatezza
e della vita civile di tutti i lavoratori.
Coloro che attentano alla proprietà sociale, socialista, sono nemici
del popolo ».
Salvaguardare e consolidare la proprietà sociale è un problema
la cui importanza intrinseca è più grande di quanto non possa
apparire a prima vista. Salvaguardare la proprietà sociale è una
qualità comunista. Io credo che in tutta la storia dell'umanità
non vi sia una società più economica di quella comunisti. Ciò
è del tutto naturale, perché soltanto nella società comunista
i produttori stessi dispongono di tutte le risorse e le distribuiscono. Credo
che non vi sia bisogno di diffonderci oltre per comprovare che il produttore
risparmia di più dello sfruttatore o di colui che si impadronisce dei
beni altrui.
La storia non ha insegnato agli uomini a salvaguardare la proprietà sociale;
e i dilapidatori di questa proprietà sono sempre stati sufficientemente
numerosi. La concussione era un tratto caratteristico della vecchia amministrazione;
e il Tesoro pubblico era per i funzionari una vera vacca da latte. Un simile
regime, si capisce, provocava la noncuranza e la prodigalità, anche quando
si trattava dei beni personali; il disprezzo della proprietà sociale
era generale.
Ma questa dilapidazione del patrimonio pubblico, del lavoro umano, nel passato,
non è paragonabile allo spreco del lavoro umano che noi osserviamo nella
moderna società capitalista. Si può benissimo affermare che oggi
milioni di giornate lavorative sono quotidianamente sprecate soltanto per distruggere
i frutti del lavoro passato. Quanti doni preziosi della natura, che sono tuttavia
così limitati, vengono in tal modo distrutti! Non foss'altro che per
questi crimini contro l'umanità il capitalismo meriterebbe di essere
annientato al più presto possibile.
Nella bilancia generale della produzione di Stato il risparmio rappresenta una
parte del patrimonio nazionale. E questa parte deve aumentare di anno in anno,
nella misura in cui si eleverà il nostro livello culturale.
Compagni, l'articolo 131 della Costituzione, fornisce un ricco materiale di
educazione comunista. Esso è diretto contro la seguente concezione borghese:
« La casa è mia, non voglio saper nulla di nulla, non lascerò
entrare nessuno nel mio guscio ».E' un dovere salvaguardare la proprietà
sociale e porre gli interessi generali al di sopra degli interessi particolari,
individuali, perché soltanto nella collettività, nella società
socialista, la situazione di ciascuno è veramente garantita.
Lenin ha detto, alla fine del primo anno del potere sovietico: « Fai accuratamente
e coscienziosamente i tuoi conti, non sprecare il denaro, non lasciarti prendere
dalla pigrizia, non rubare, osserva nel lavoro la più stretta disciplina
— sono esattamente queste le parole d'ordine giustamente derise dai proletari
rivoluzionari quando era la borghesia a presentarle per camuffare il suo dominio
di classe sfruttatrice, — sono le stesse parole d'ordine che divengono
ora, dopo il rovesciamento della borghesia, le principali parole d'ordine del
momento attuale ».
Quanto ai ladri, ai dilapidatori della proprietà sociale, e agli altri
« custodi delle tradizioni del capitalismo », dobbiamo applicare
nei loro confronti delle misure di coercizione. Precisamente a questo scopo,
in particolare, furono prese e la decisione, da parte del Comitato esecutivo
centrale e del Consiglio dei Commissari del popolo dell'URSS in data 7 agosto
1932 « Per la protezione dei beni delle aziende di Stato, dei colcos,
e delle cooperative e per il consolidamento della proprietà sociale (socialista)
» e la risoluzione del Presidium del Soviet supremo dell'URSS in data
10 giugno 1940 « Della responsabilità penale per i piccoli furti
alla produzione e per cattiva condotta ».
È chiaro dunque, compagni, che è necessario anzitutto imparare
a lavorare secondo le nostre capacità, imparare a salvaguardare il bene
pubblico; e quando noi avremo prodotto sufficientemente e imparato ad economizzare
i frutti del nostro lavoro, allora potremo dare a ciascuno secondo i suoi bisogni.
Questo è il secondo punto dell'educazione comunista.
V.
Un elemento necessario dell'educazione comunista è anche l'amore per
la patria, per la patria socialista; il patriottismo sovietico.
La parola « patriota » è apparsa per la prima volta durante
la Rivoluzione francese del 1789-1793. Allora i patrioti erano coloro che lottavano
per la causa del popolo, che difendevano la Repubblica, contro i traditori e
i vili del campo monarchico.
Ma in seguito la parola fu ripresa dai reazionari e le classi dirigenti la utilizzarono
ai loro scopi egoistici. Ciò spiega il perché in Europa e ancor
più nella Russia zarista, gli uomini più onesti, coloro che avevano
a cuore i bisogni del popolo, hanno sempre diffidato della parola « patriottismo
», perché vi scorgevano l'espressione di uno sciovinismo nazionale
e di una presunzione ingiustificata delle classi dirigenti. Infine i satrapi
dello zar innalzarono questa parola come una bandiera quando si diedero alla
rapina contro i popoli annessi.
I Cento-Neri (3) si arrogarono il monopolio del «patriottismo »;
essi manifestavano i loro « sentimenti patriottici » organizzando
i progrom, trucidando gli operai, gli intellettuali e gli ebrei. In breve: questo
« patriottismo » raggruppava allora ogni sorta di elementi loschi
e di avventurieri appartenenti ai bassifondi della società.
Agli occhi del popolo la parola « patriottismo » venne profanata.
Un uomo onesto non poteva dirsi « patriota »
E, naturalmente, i popoli incorporati nella Russia, oppressi, sfruttati, rapinati
e umiliati ad ogni passo dai funzionari e dai colonizzatori, odiavano lo Stato
russo.
Di contro al « patriottismo » dei cavalieri del pugnale e della
frusta, si sviluppava con una rapidità sempre crescente il movimento
progressivo diretto contro l'autocrazia.
In un primo tempo le forze progressive consolidarono la lotta contro la reazione
nel campo della letteratura, della musica, della pittura, ovunque era possibile,
almeno a mezzo di allusioni indirette, esprimere la propria riprovazione per
quanto stava avvenendo in quel tempo.
Poco a poco gli strati democratici si unirono in questa lotta che andò
assumendo un carattere sempre più radicale. Questo processo moltiplicò
e raggruppò gli avversari dell'autocrazia, di quella che veniva chiamata
la Russia ufficiale e creò, per il nostro grande popolo, un baluardo
nazionale nella persona dei suoi rappresentanti migliori. Apparve in quel tempo
tutta una schiera di scrittori, di critici e di pubblicisti geniali e forniti
di talento che portarono in alto la nostra letteratura, la imposero all'attenzione
del mondo. La musica, la pittura, la scienza russa contavano anch'esse brillanti
rapsentanti, veri patrioti della nostra cultura nazionale.
Fieri del loro onore, della loro dignità umana, della loro reputazione
sociale essi ripudiavano categoricamente il volgare « patriottismo »
ufficiale. Essi si preoccupavano anzitutto di servire il loro popolo e dì
risvegliare in esso il vero patriottismo. E a questo grande compito essi dedicavano
tutti i loro sforzi, tutto il loro talento. I loro contemporanei e le generazioni
che seguirono si sono formate alla loro scuola, si sono ispirate al loro esempio,
e hanno raggiunto un'alta concezione del patriottismo. L'azione profondamente
patriottica di questi uomini ha lasciato molte belle pagine appassionanti nella
storia del popolo russo. Se essi non godevano di grandi simpatie da parte della
Russia ufficiale, avevano però l'appoggio del popolo che ha onorato e
onorerà sempre la loro memoria.
Questo processo della lotta delle forze progressive contro le forze reazionarie,
questo processo di crescenza e di consolidamento delle forze culturali ha permesso,
almeno agli elementi più coscienti delle nazionalità oppresse,
di vedere un'altra Russia, una Russia generosa, amante della libertà,
nemica di ogni oppressione, colta, piena di talento, che aiutava a diffondere
la cultura tra le larghe masse del popolo. Il movimento operaio rivoluzionario
mise all'ordine del giorno questo compito immediato: la unità effettiva
dei proletari e dei lavoratori di tutte le nazionalità dell'Impero russo
nella loro lotta contro lo zarismo e il capitalismo. Gli sforzi di Lenin e di
Stalin per la creazione di un partito della classe operaia in tutta la Russia,
partito senza il quale l’affrancamento del popolo russo e delle nazionalità
oppresse sarebbe stato impossibile; una propaganda infaticabile a favore della
politica nazionale leninista-staliniana, la lotta condotta dai bolscevichi contro
ogni manifestazione di sciovinismo grande-russo e di nazionalismo locale; tutto
ciò ha avvicinato al popolo russo le nazionalità oppresse; ha
incitato gli elementi più coscienti di tali nazionalità alla conoscenza
della letteratura, dell'arte, della scienza russa, dei capi e dei militanti
rivoluzionari russi e con ciò li ha messi in contatto con la cultura
russa, ha fatto di essi dei partigiani della lotta comune e organizzata, ne
ha fatto cioè uomini il cui pensiero abbracciava tutta la Russia.
Non si potrebbe predicare il patriottismo sovietico isolandolo, staccandolo
dalla storia passata del nostro popolo. Bisogna invece avere la fierezza patriottica
di tutto ciò che questo popolo ha fatto. Perché il patriottismo
sovietico è l'erede diretto dell'opera dei nostri avi che hanno guidato
il nostro popolo sulla via del progresso.
. La vita sovietica comprova in modo luminoso quanto sto per dire. Non citerò
che un esempio: l'entusiasmo col quale i popoli liberati dalla schiavitù
fanno rivivere le grandi figure dei loro eroi epici e storici. Essi li rappresentano
nelle migliori produzioni artistiche che vengono esposte a Mosca, cuore delle
repubbliche sovietiche, e attraverso le quali ciascuno di essi sembra voler
dire a tutti gli altri popoli dell'URSS: vedete, se io sono membro della nostra
grande associazione di popoli è perché l'ho meritato, perché
io non sono di origine vaga ed oscura; ecco la mia genealogia, di cui sono fiero,
che voglio farvi ammirare, miei fratelli di lavoro, che difendete con me i migliori
ideali dell'umanità.
Quindi, il patriottismo sovietico ha le sue radici in un passato lontano, che
risale all’epopea popolare, e permeato di tutto quanto il popolo ha creato
di più bello, di migliore, e considera come un onore insigne il salvaguardarne
tutte le conquiste.
La grande Rivoluzione proletaria non ha soltanto operato delle grandi distruzioni;
essa ha anche segnato l'inizio di un lavoro creatore senza precedenti. Inoltre
essa è passata come un potente uragano purificatore nei cervelli di decine
di milioni di esseri, portando in essi l'ottimismo e la fiducia nelle proprie
forze. Essi si sono allora sentiti degli eroi capaci di trionfare su tutti i
nemici delle masse lavoratrici.
Così è nata l'epopea sovietica, che si è riallacciata alla
tradizione delle opere popolari di un lontano passato, tradizione spezzata dal
capitalismo, ostile a questo settore dell'attività spirituale. Il processo,
della edificazione socialista della società, sviluppandosi, ha scoperto
una moltitudine di soggetti fecondi, degni del pennello dei grandi artisti.
E il popolo, attingendo da ciò che essi hanno fatto di migliore, crea
poco a poco l'abbozzo dei poemi eroici dedicati alla nostra grande epoca e alle
sue grandi figure, come Lenin e come Stalin.
I nostri scrittori e i nostri artisti non debbono restare indietro. Mai essi
hanno avuto a disposizione un materiale tanto ricco. Soltanto ora essi hanno
illimitate possibilità di servire il loro popolo e di inculcare alle
masse un profondo patriottismo sulla base dell'opera grandiosa che le attuali
generazioni stanno compiendo.
Io vedo in Maiakovski (4) l'esempio magnifico di un artista che si è
posto al servizio del popolo sovietico. Maiakovski si considera un combattente
al servizio della rivoluzione, com'era in realtà, e come lo prova lo
spirito di tutta l'opera sua. Egli tentava di fondere con lo spirito popolare
non soltanto il contenuto ma anche la forma delle sue opere e gli storici futuri
certamente diranno che le sue opere appartengono ad una grande epoca di completa
trasformazione dei rapporti umani.
Per questo io ritengo che Maiakovski abbia il diritto di dire alle generazioni
future:
Verrà verso di voi nel futuro comunista
ma non come un pigolante paladino alla Essenin.
Il mio verso sorvolerà la cresta dei secoli
sopra le teste dei poeti e dei governanti.
Il mio verso verrà ma non come
una freccia nel gioco dell'amore
né come una moneta usata che capita al numismatico
né come il luccicare delle stelle spente.
Il mio verso per il lavoro squarcerà la diga degli anni
e sorgerà ponderoso brutale tangibile
come nella nostra età irrompe l'acquedotto
così come è stato costruito dagli schiavi di Roma.
In queste fiere parole, noi percepiamo la voce grandiosa della nostra epoca,
delle nostre generazioni che trasformano il mondo su basi nuove.
Compagni, la storia ci ha dato una missione piena di responsabilità e
che ci onora: quella di condurre la nostra lotta di classe fino alla vittoria
completa del comunismo.
«Noi dobbiamo marciare in avanti in modo che la classe operaia di tutto
il mondo, guardandoci, possa dire: ecco il mio reparto d'avanguardia, ecco la
mia brigata d'assalto, ecco il potere operaio, ecco la mia Patria... »
(Stalin)
Per questo noi dobbiamo educare tutti i lavoratori dell'URSS nello spirito di
un patriottismo ardente, di un amore della Patria senza limiti Non di un amore
astratto, platonico, ma di un amore impetuoso, attivo, appassionato, che nulla
riesca a spezzare, di un amore che non dà quartiere al nemico e che,
quando si tratta della patria, non retrocede davanti a nessun sacrificio.
Questo è il terzo compito fondamentale dell'educazione comunista dei
lavoratori dell'URSS.
VI.
Credo sia necessario fermarsi ancora su un problema, quello
dello spirito collettivo. Non ho bisogno di dimostrare dettagliatamente che
lo spirito collettivo è un elemento essenziale dell'educazione comunista.
Non intendo parlare qui dei principi teorici del collettivismo, ma della necessità
di introdurre abitudini sociali nella produzione, nella morale, nella vita quotidiana;
di creare le condizioni nelle quali lo spirito collettivo sarà una parte
integrante delle nostre abitudini e delle nostre norme di condotta, non soltanto
quando agiamo in modo cosciente, riflessivo, ma anche quando agiamo istintivamente,
in modo organico. Chiarirò il mio pensiero con degli esempi
Coloro tra voi che hanno letto il paese di Dio (5) di Ilf e Petrov si ricordano
senza dubbio di una interessante osservazione che gli autori fecero durante
il loro viaggio.
Se un viaggiatore è vittima di un incidente i passanti non mancheranno
di venirgli benevolmente in aiuto. È caratteristico il fatto che in un
caso simile gli americani, che hanno per divisa « il tempo è denaro
» non si preoccupano del tempo che perdono. La necessità di dare
il pieno aiuto all'infortunato è considerato come un dovere sociale.
Altro esempio. Una volta, nella campagna russa, all'epoca in cui i lavori erano
al colmo e si trattava di mettere al sicuro il raccolto al più presto
possibile, i contadini, appena terminato il raccolto, si recavano ad aiutare
qualche mietitrice rimasta indietro col lavoro. Di solito si trattava di una
donna carica di figlioli, sola a lavorare. In questo caso veniva considerato
del tutto naturale andarle collettivamente in aiuto.
In tale senso, compagni, intendo l'educazione allo spirito collettivo come normale
abitudine. Una volta abitudini di questo genere si stabilivano spontaneamente.
Ed io dico che ora bisogna invece far sì che nel popolo esse siano sviluppate
coscientemente.
Non si deve confondere lo spirito collettivo con lo spirito di corpo. Quando
una volta la folla dei contadini accoppava i ladri di cavalli o quando i clienti
di una banca in fallimento fracassavano nel loro furore i vetri della banca,
non manifestavamo, secondo me, dello spirito collettivo.
Nella vita pratica della nostra società, lo spirito collettivo ha una
grande funzione, perché esso è la base del collettivismo. Alla
società capitalista noi opponiamo il collettivismo, il comunismo, convinti
che essi sono infinitamente superiori al capitalismo. Riuscire a inserire abitudini
collettive nella produzione, nella vita sociale, nella morale, significa assicurarsi
in larga misura il successo nell'edificazione comunista.
Il lavoro collettivo, la cooperazione sono alla base della produzione. Per quanto
riguarda l'industria socialista ciò non ha bisogno di dimostrazioni,
ciò è evidente per gli operai e per tutti coloro che lavorano
all'officina. Se nella società capitalista il lavoro del proletario perde
ogni individualità; se materializzato in un oggetto esso scompare alla
vista non soltanto dell'operaio ma anche del fabbricante che non si interessa
che del profitto, da noi l'operaio vede il proprio lavoro materializzato non
solo nella officina, ma anche nel consumo e nell'uso. Anche un produttore il
cui orizzonte non è molto esteso potrà dunque rendersi conto dei
risultati della sua fatica. Tuttavia dobbiamo, col nostro lavoro di educazione,
aiutare ogni operaio ad acquisire una coscienza più larga e più
profonda della propria partecipazione individuale al lavoro comune, collettivo.
Ma dobbiamo soprattutto concentrare la nostra attenzione sull'educazione allo
spirito collettivo nelle campagne, nelle campagne colcosiane. Esse passano attualmente
attraverso una grande scuola di collettivismo, mentre prima l'abitudine al lavoro
collettivo era quasi completamente sconosciuta. Se nel passato venivano pronunciate
qualche volta le parole « società », « interessi sociali
» alle riunioni di villaggio, non vi era in tutto ciò gran che
di collettivo: le parole « interessi sociali », società »
servivano ai kulak (6) come paravento per portare a termine i loro piccoli affari.
Con il passaggio alla collettivizzazione sono stati posti ai contadini compiti
difficili, rinnegare tutto il passato, spezzare la loro psicologia o piuttosto
darvi un orientamento diametrale opposto passando dal lavoro egoistico al lavoro
per la collettività. Era un processo difficile che poté svilupparsi
vittoriosamente solo grazie ad una pressione considerevole e con l'aiuto dello
Stato.
Il passaggio dal lavoro semplice, individuale, al lavoro collettivo, forma più
alta ,e più complessa, richiede dall'uomo capacità organizzative
infinitamente maggiori. Nella misura in cui il contadino colcosiano si spoglia
dei propri istinti di proprietario per acquisire abitudini collettiviste, la
sua esperienza in materia di organizzazione si accresce mentre applica metodi
collettivi di lavoro.
Ecco in quali condizioni deve compiersi l'educazione comunista nelle campagne.
È, chiaro che l'appello puro e semplice al lavoro collettivo, la pura
e semplice agitazione a favore dei vantaggi che esso presenta rispetto al lavoro
individuale non sono già più sufficienti. Il propagandista, l'agitatore,
l'educatore devono insegnare ai colcosiani i metodi di lavoro più efficaci
o almeno dar loro esempi concreti d'un lavoro efficace e analizzare i motivi
della sua efficacia.
Così quindi, anche una cosa talmente complicata come l'educazione allo
spirito collettivo ha bisogno, per essere il più efficace possibile,
di essere adattata al lavoro pratico. In altri termini l'educazione allo spirito
collettivo deve farsi concretamente. Quando si dimostrano i vantaggi di questo
o quel processo pratico l'educatore s'arricchisce di una documentazione pratica
per il proprio sviluppo teorico. Qui vi è — sia detto di passaggio
— un esempio concreto dell'unità della teoria e della pratica.
Questo è il quarto elemento dell'educazione comunista.
VII.
La cultura è un fattore che rende fecondo ogni lavoro
positivo. Più un lavoro è complesso, più è qualificato,
e più richiede cultura da parte di chi lo esegue. La cultura ci è
indispensabile come l'aria che respiriamo: tutta la cultura, da quella più
elementare, indispensabile a tutti gli uomini, a quella che viene chiamata alta
cultura.
La cultura è un indice del grado di sviluppo di un uomo. E come un uomo
sviluppato è sempre oggetto della più grande attenzione; certuni
si pongono a imitare le forme esteriori della cultura.
Come regola generale si dice di essi: è una gazza mascherata con piume
dì pavone. Ma a mio avviso il ragionamento è falso e nuoce allo
sviluppo della cultura. Certo, nella loro grande maggioranza, gli uomini adottano
in primo luogo le forme esteriori. Ma se l'uomo si sforza di acquisire le forme
esteriori della cultura queste ultime a loro volta contribuiscono a elevare
il suo livello di cultura generale.
Perché la necessità di elevare il livello di cultura generale
si fa particolarmente sentire oggi? È che in ventitré anni di
regime sovietico la nostra economia ha realizzato enormi progressi. Il livello
tecnico della produzione è infinitamente più elevato, macchine
e attrezzi più complessi richiedono da colui che li maneggia maggiore
attenzione e maggiori cure. Se passiamo in rassegna un'industria dopo l'altra
noi sentiremo ripetere dovunque: ci occorrono lavoratori più colti di
una volta. Ed è comprensibile che le esigenze siano aumentate nei diversi
stabilimenti.
La campagna colcosiana a sua volta presenta una domanda enorme di uomini colti.
Oltre la conoscenza del loro mestiere il conduttore di trattori o di mietitrici
o trebbiatrici, il meccanico, l'agronomo, lo zootecnico debbono possedere almeno
una cultura elementare. Prendiamo altre professioni, addirittura quella del
palafreniere. È relativamente facile a un contadino essere palafreniere
quando non ha che due o tre cavalli. Ma quando la stalla ne ospita venti o quaranta
bisogna avere una certa esperienza in materia di organizzazione e una certa
cultura. Lo stesso dicasi in tutte le branche dell'economia colcosiana. La cultura
è indispensabile al progresso.
Inoltre non è superfluo ricordarsi dei bisogni della difesa. Su questo
terreno le esigenze in fatto di cultura aumentano non di giorno in giorno ma
di ora in ora.
A parte tutto il resto la cultura significa anche pulizia nell'officina e nella
propria casa.
Immaginate, compagni, un ingegnere, un buon ingegnere. Egli ha molto studiato,
è un uomo istruito: egli è alla testa dell'officina e lo si considera
come un lavoratore prezioso. Ma, dentro l'officina, il diavolo stesso non vi
si ritroverebbe (risa). In queste condizioni possiamo parlare di cultura? Se
l'ingegnere in parola non si rende conto di questo stato di cose vuol dire che
gli manca la più elementare delle culture, significa che egli non ha
menomamente a cuore la sua officina, la sua produzione.
Io parlo qui della lotta per la cultura nel suo significato più largo.
Essa deve avere per obiettivo, ad esempio, che i rubinetti non perdano acqua,
che non vi siano più delle cimici negli appartamenti di Mosca, ecc. Le
cimici sono una cosa intollerabile. Una vergogna! Ma in luogo di distruggerle
taluno si chiede come sarà l'uomo nel regime comunista e quali saranno
le sue caratteristiche! (risa). Mentre si predica sull'educazione dei fanciulli
l'appartamento è diventato un vero nido di cimici. Che dire? Possiamo
chiamare questa gente colta? No, si tratta di aristocratici rammolliti, di ruderi
della vecchia società russa! (Risa).
Compagni, avrei potuto soffermarmi su parecchie altre questioni relative all'educazione
comunista, per esempio sulla funzione del Partito, dei sindacati, del Komsomol,
delle organizzazioni sportive, degli istituti d'insegnamento superiore, della
scuola, della letteratura, dell'arte, del teatro, del cinema, della famiglia,
ecc. Ma ciò ci avrebbe portati troppo lontano e avremmo perduto di vista
l'essenziale, ciò che determina i compiti e il contenuto dell'educazione
comunista dei lavoratori dell'URSS nella tappa attuale della lotta di classe.
Credo che le nostre organizzazioni e le nostre istituzioni, e tutti coloro che
se ne preoccupano direttamente, debbono impostare l'educazione comunista sulla
base dei principi fondamentali da me esposti. Essi debbono risolvere le questioni
pratiche dal punto di vista del contenuto principale e dello scopo essenziale
della educazione comunista.
Se la nostra educazione sarà esteriormente eccellente ma astratta, cioè
se essa non sarà concretamente, materialmente, legata alla lotta condotta
per l'ulteriore sviluppo dello Stato socialista e il rafforzamento delle sue
posizioni nella lotta di classe attuale, sarà una parodia di educazione.
Nell'attuale situazione internazionale, così complessa, il nostro popolo
deve dar prova di una vigilanza particolarmente estesa e sempre pronta, sempre
attenta, perché il nostro Stato socialista sia pronto ad affrontare tutte
le sorprese, tutte le eventualità. Lo sforzo di tutte le nostre organizzazioni
sociali, della letteratura, dell'arte, del cinema, del teatro, ecc. deve realizzare
tutto ciò. Così, compagni, noi saremo veramente all'altezza della
volontà del Partito, delle direttive del compagno Stalin e delle raccomandazioni
di Lenin concernenti l'educazione comunista delle masse nell'attuale periodo
storico. (Tutti si alzano e applaudono lungamente).
NOTE
(1) Anti-Dùhring così è generalmente denominata
l'opera: « La scienza sovvertita dal signor Eugenio Dùhring»
nella quale Engels risponde ai tre volumi del professore Dùhhring di
Berlino, che voleva, polemizzando con il marxismo, spacciare una nuova teoria
pseudo-socialista (n.d.r.).
(2) Scerbakov A., (1901-1945). Uno dei dirigenti più responsabili del
Partito bolscevico e dello Stato sovietico.
(3) Cento Neri - Organizzazione terroristica di estrema destra diretta dai proprietari
fondiari russi (n.d.r.).
(4) Wladimiro Maiakovski (1893.1930). Iscritto sin da ragazzo al Partito bolscevico
gli dedicò tutta la sua attività di uomo e di poeta. « Maiakovski
fu e rimane il migliore e più geniale poeta della nostra epoca sovietica
». (Stalin). (n.d.r.).
(5) « Il Paese di Dio» di Ilf e Petrov è stato in italiano
pubblicato e tradotto a cura della Casa Ed. « Einaudi ». (n.d.r.).
(6) Kulak: Contadini ricchi, oppositori accaniti della collettivizzazione delle
terre, con le loro speculazioni affamavano le città. Il XV Congresso
del Partito Comunista (b) che si aprì il 2 dicembre 1927 decise di sviluppare
l'offensiva contro di loro e di prendere una serie di provvedimenti per limitare
lo sviluppo del capitalismo nelle campagne e di orientare le aziende contadine
verso il socialismo. (n.d.r.).
Tratto da: M. Kalinin “L’educazione comunista”.
Discorsi ed articoli scelti 1920-1945.
1950. Edizioni “Gioventù Nuova . Roma