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V. Ilic. LENIN

 


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La politica è una Scienza.

E’ infatti la Scienza della Politica.

Non si può improvvisarla e meno che mai pretendere di conoscerla solo perché ci riguarda direttamente, perché ciascun nostro atto è “ politico”. Allo stesso modo che non si è fisici o chimici o medici solo perché mangiando avvengono processi chimico-fisici e la nutrizione interviene nella formazione del nostro corpo.

La Scienza della Politica in quanto Scienza ha le sue leggi e come ogni scienza si evolve: alcune parti decadono, altre ne nascono, altre ancora si modificano.

Il processo di sviluppo è determinato dagli sviluppi più complessivi della società, ossia dagli sviluppi in ogni campo della Scienza, ossia dagli sviluppi delle forze produttive.

Una teoria, una tattica, un programma, una strategia che pure per molti decenni hanno consentito successi, tramontano e conducono a sconfitte, se non li si abbandonano e se ne elaborano altri.

Come per ogni Scienza, anche per la Scienza della Politica non esistono verità eterne, principi immutabili, sacri simulacri e déi pagani.

V. I. Lenin vive in una fase di grandi scoperte scientifiche nei campi della fisica, della chimica, delle comunicazioni e dei trasporti e di grandi innovazioni tecniche: il fordismo ed il taylorismo.

Un periodo che conosce una più ampia ed estesa applicazione delle scienze ai processi produttivi.

Conosce un innalzarsi dei processi di concentrazione monopolistica ed una più stretta integrazione del capitale industriale con il capitale bancario, che determina il capitale finanziario, quale simbiosi tra il capitale industriale e quello bancario, e la sottomissione di quello industriale a quello bancario proprio nella forma del capitale finanziario.

Un periodo che vede, ma i cui tratti aveva già individuato Federico Engels, la formazione e sviluppo di una forma particolare del capitale, il capitale monopolistico di Stato, insieme alla feroce spartizione del mondo in sfere di influenza e la totale sottomissione delle colonie.

Lo sviluppo di gruppi industriali a struttura monopolistica determina sia la formazione di cartelli, trust, sindacati che la sottomissione totale dello Stato a questi gruppi monopolistici, acutizzando il carattere dello Stato quale “ comitato d’affari” della borghesia e quindi il carattere di “ dittatura della classe della borghesia” accanto ed assieme allo sviluppo delle forme repubblicane e democratico-parlamentare.

Innovazioni importanti erano avvenute nel campo militare e nella conduzione della guerra.

Tutto questo determina l’evoluzione del capitalismo nella sua forma di Imperialismo, ossia di stadio supremo del capitale, forma suprema del parassitismo e dello sfruttamento.

Le innovazioni scientifiche e tecniche, gli sviluppi successivi del capitalismo determinano delle profonde modifiche nelle classi, nella composizione delle classi. La stessa borghesia vede la formazione di uno strato superiore: la borghesia monopolistica, la borghesia legata al capitale finanziario che vive esclusivamente staccando cedole azionarie. Lo stesso proletariato vede modificata la sua composizione, il sistema fordista e taylorista determinano la nascita di una nuova figura operaia: l’operaio di linea ed il tramonto o la trasformazione delle precedenti. La classe dei contadini e della piccola borghesia conosce profonde modifiche sia nelle colonie che nei paesi imperialisti.

L’equilibrio più complessivo del sistema capitalista mondiale, che aveva come baricentro l’Europa e quindi la lotta franco-inglese viene a modificarsi con lo sviluppo del capitalismo negli Stati Uniti, che dopo la guerra civile conosce uno sviluppo impetuoso. Agli inizi del Novecento il confronto Europa – Usa è ancora a favore dell’Europa, ma se il confronto si effettua tra gli Usa e ciascuna potenza imperialista europea il divario è già incolmabile. In agricoltura la produttività è la più alta del mondo, per l’impiego massiccio ed estensivo della meccanizzazione e dei fertilizzanti. Nella siderurgia con i 32milioni di tonnellate d’acciaio quella nord-americana produce due volte quella della Germania e tre dell’Inghilterra ed otto della Francia. La produzione automobilistica, grazie all’applicazione estensiva del taylorismo, raggiunge nel 1914 un milione di auto contro le centomila dell’intera Europa. La produzione americana è schiacciante sul piano quantitativo, su quello qualitativo rivaleggia con quella tedesca ritenuta la migliore nel mondo.

Il capitale statunitense controlla già le principali attività inglesi ed in generale nella produzione tradizionale l’inglese stenta a mantenere le sue posizioni, nelle nuove non ha nessuna possibilità di reggere e cede terreno. Di qui la discesa della centralità del movimento operaio e comunista tedeschi, già individuato da Marx in una lettera sul finire degli anni Settanta e lo spostamento del baricentro verso la Russia, quale anello debole della catena capitalista.

La realtà, quindi, che Lenin vive costituisce lo sviluppo dell’analisi condotta da Marx ed Engels, confermandola, ma non le condizioni nelle quali operavano Marx ed Engels.

Tutta l’attività di Lenin è allora lo studio e la comprensione scientifica della nuova realtà e l’elaborazione del marxismo alle nuove condizioni nelle quali si svolge la lotta di classe, la lotta per la società socialista.

Lenin cioè esprime, ed è espressione teorica organica, del nuovo livello raggiunto dallo sviluppo delle forze produttive nella loro lotta contro l’ancient regime dei rapporti di produzione capitalistici.

Lenin apporta allora importanti contributi in tutti i campi del marxismo, arricchendolo.

La lotta che vedrà contrapposto Lenin a tutti gli altri capi della IIa Internazionale è proprio nella comprensione delle condizioni e dei caratteri nuovi contro chi continua mantenersi sul consolidato terreno della teoria e della pratica precedenti, che pur avevano portato ad importanti successi e poderosi passi in avanti.

L’essersi ostinati da parte di questi capi su questo terreno, ha poi comportato la sconfitta di quei partiti e di quei movimenti operai quando i nodi sono venuti al pettine, ed essi erano totalmente impreparati al nuovi.

La lotta che va sotto il nome di “ revisionismo” condotta da Lenin è esattamente la lotta contro chi si ostinava a non voler leggere i caratteri nuovi nella dinamica marxiana, ma in maniera dogmatica si ostinava a voler far entrare tutti i cammelli per la cruna dell’ago, ossia la nuova realtà dentro l’impianto elaborato da Marx ed Engels senza elaborarlo ulteriormente.

La teoria di Kausky sull’Imperialismo, sullo Stato, sulla tattica non erano altro che il forzare il nuovo dentro il precedente impianto e quindi nell’ostinarsi a leggere quegli elementi che in qualche modo si adattavano a stare dentro quell’impianto. Consequenzialmente Kautsky, dinanzi alla nuova tattica, alla nuova teoria del capitalismo è disarmato e finisce per essere elemento tattico della strategia e della teoria più ampie dell’imperialismo.

Non diversamente Bernstein, Turati, e tutti gli altri.

Essi si ostinano a considerare il capitalismo nelle condizioni in cui Marx ed Engels avevano elaborato la tattica e la teoria e quindi non comprendono come l’esponenziarsi dell’innovazione tecnica comporta da una parte la necessità di porre in chiaro, quanto in Marx ed Engels era implicito, e svilupparlo.

Lenin infatti introduce nell’analisi economica, nei tempi di rotazione del capitale, nei tempi della crisi e della caduta del saggio medio generale del profitto e quindi nella circolazione del capitale il progresso tecnico.

Questo ostinarsi non fa loro comprendere il carattere della guerra imperialista e questo li porta a schierarsi con le proprie borghesie in sostegno alle guerre coloniali con la giustificazione teorica che diversamente si sarebbe avuto una decadenza del proprio stato nazionale. Confondono la precedente tattica elaborata da Marx ed Engels del 1848-1868 e si ostinano ad applicarla in condizioni totalmente diverse. Pezza a colori di tutta la loro elaborazione diviene, allora, il famoso passo di Marx ed Engels del “ Manifesto” circa la progressività della borghesia, che diviene, così, tutto “ il Manifesto”.

Sul piano della tattica parlamentare non avendo compreso il carattere nuovo del capitalismo e che cosa comportava la sua evoluzione in Imperialismo non leggono la totale sottomissione dello Stato e dei suoi apparati ed organi istituzionali ai gruppi monopolistici, come Lenin indicherà in Stato e Rivoluzione e nell’Imperialismo, per cui continuano a considerare la democrazia parlamentare borghese dentro l’elaborazione della tattica elaborata da Marx ed Engels della “ rivoluzione permanente”. Il fatto che Marx ed Engels stessi l’avevano abbandonata all’indomani della Comune di Parigi e delle innovazioni militari introdotte in maniera stabile con la guerra franco-prussiana del 1871 questo non viene preso affatto in considerazione, ma costituisce, invece, punto saldo dell’elaborazione di Lenin sul piano della teoria e della tattica.

Lo sfruttamento e la rapina delle colonie consente per un certo periodo ai paesi imperialisti di estorcere un sovraprofitto, che permette il mantenimento di uno strato agiato del proletariato, la formazione di una aristocrazia operaia ed una fonte finanziaria cospicua per la corruzione di capi del proletariato ed in combinata per raffreddare i conflitti sociali, ossia le condizioni materiali per una politica oggi definita socialdemocratica.

E sarà la difesa di tutte queste condizioni che spingerà i partiti della IIa Internazionale a sostenere le rispettive borghesie prima nell’aggressione militare e nello sfruttamento dei popoli coloniali, poi nella lotta contro tutte le altre borghesie per la spartizione del mondo ed infine nella 1a guerra mondiale, ossia nella guerra interimperialista per una nuova spartizione del mondo.

Le nuove condizioni in cui viene a trovarsi il rapporto imperialismo-colonie determina una modica delle Tesi coloniali, giacché i paesi coloniali diventano base di opposizione e lotta all’imperialismo e quindi un secondo fronte che si apre contro l’imperialismo e questo determina le basi oggettive di un’alleanza tra il proletariato delle cittadelle dell’imperialismo ed i popoli coloniali, base oggettiva dell’alleanza del proletariato mondiale con i contadini, la piccola borghesia e la borghesia nazionale dei paesi coloniali.

L’oppressione, lo sfruttamento, la rapina imperialista richiedono l’oppressione culturale e la divisione tra varie etnie e credi religiosi, i pogrom e le guerre di religione alimentate dall’Imperialismo e dalle varie fazioni del capitale finanziario e dai paesi imperialisti in guerra tra loro.

Sul piano del Partito, il famoso Che Fare?, non avendo compreso le modifiche che il sistema taylorista comporta e più in generale il forte incremento del progresso tecnico che si combina con il processo produttivo, essi si ostinano a riproporre la struttura-partito di Marx ed Engels basata sulla sezione territoriale a cui Lenin contrappone la struttura del partito sui luoghi di lavoro: la cellula.

Nelle condizioni tecniche in cui avveniva il processo produttivo dell’epoca di Marx ed Engels quella struttura se da una parte consentiva un prevalere del ceto intellettuale-impiegatizio: avvocati, medici, professori, costituiva l’unica forma possibile di circolazione e centralizzazione delle idee dei quadri operai che venivano formandosi ed un accelerazione della loro formazione per quel prevalere di quel ceto intellettuale. Nelle mutate condizioni tecniche, che vedevano il tramonto di una qualche centralità di quel ceto intellettuale e l’ascesa dei nuovi ceti tecnici, questi, a differenza dei primi, parte integrante del proletariato – “ classe operaia scientificamente evoluta” li definisce Karl Marx – quella struttura avrebbe solo determinato da una parte l’uso di questi vecchi ceti al tramonto di fare del proletariato massa di manovra delle loro carriere politiche ed impedito al proletariato di elevarsi a funzione egemone e dirigente.

Il problema è allora quello di dare al Partito una struttura che consente al proletariato di esercitare la sua funzione, di porre al centro la centralità del lavoro e della classe operaia: il Partito bolscevico.

Ma per fare questo occorreva spostare tutto, interamente, il centro del Partito sui luoghi di lavoro, ossia lì dove il proletariato è: la cellula sul luogo di lavoro.

Antonio Gramsci, nel suo intervento alla Commissione Politica al III Congresso del Pcd’i, sezione della IIIa Internazionale, spiega bene questo passaggio; in Americanismo e Fordismo vi ritorna.

Tranquilla consequenziale di questo impianto è allora lo sviluppo della democrazia proletaria, ossia del centralismo democratico: nel momento che si spostava tutto sul luogo di lavoro si determinava un impatto forte di tutte le contraddizioni della società, di cui il proletariato ne è totalmente investito,di qui lo sviluppo di nuove forme che consentissero l’intervento e la presenza della classe del proletariato tutto nei processi decisionali e quindi lo sviluppo ulteriore della democrazia proletaria, ossia del centralismo democratico.

Essi si ostinano a non voler comprendere la svolta storica, epocale, che la Comune di Parigi determina nella lotta tra proletariato e borghesia e lo spostamento in avanti di tutto lo scontro di classe e di tutte le classi, “ La storia di ogni società è storia di lotte di classi”.

Si ostinano a non voler comprendere come la Comune di Parigi combinandosi con gli sviluppi, di cui si è detto all’inizio, determinava l’esaurimento e l’obsolescenza di tutta la precedente tattica e delle forme dell’organizzazione e della lotta della tattica: Partito, Sindacato, Parlamento, associazionismo più vario e quindi la necessità di elaborare una nuova tattica e consequenzialmente nuove forme della tattica: nuove forme dell’organizzazione e della lotta.

Lo sviluppo scientifico e tecnologico avevano determinato modifiche nella teoria della conoscenza e la necessità di adeguare il materialismo storico-dialettico alle nuove scoperte, invenzioni ed innovazioni tecniche.

Da una parte lo studio di questi consentivano la comprensione della nuova realtà, cioè delle linee di sviluppo tendenziali, ossia dei progressi oggettivi della maturazione dentro l’ancient regime della nuova società, ossia dello sviluppo della contraddizione che oppone i rapporti di produzione capitalistici allo sviluppo delle forze produttive.

Lenin, per esempio, sarà l’unico tra tutti gli studiosi del nuovo fenomeno dell’Imperialismo a saper leggere il suo momento di transizione, di passaggio, al socialismo e le nuove contraddizioni ed il nuovo livello delle contraddizioni sia tra le forze produttive ed i rapporti di produzione, sia nel campo dell’imperialismo, e sia tra l’imperialismo ed i popoli coloniali e quindi il nuovo livello in cui si veniva a svilupparsi la lotta tra il proletariato e la borghesia, tra capitalismo e socialismo.

Dall’altra parte questo sviluppo scientifico e tecnologico consente un nuovo livello dell’egemonia della classe della borghesia sul proletariato. In nome di alcune scoperte scientifiche, specie nel campo di alcune branche della Fisica, si sostiene la non conoscibilità oggettiva della materia, la non esistenza di leggi oggettive, che sul piano della conoscenza si traduce nella teoria dell’agnosticismo, che nelle nuove condizioni in cui esso si sviluppa prende la forma dell’empiriocriticismo, presentato come nuove verità a cui la Scienza conduceva e la necessità di liberarsi delle vecchie teorie del materialismo, del superamento della contrapposizione tra materialismo ed idealismo, avendo oramai la Scienza consentito di superare quell’antica e superata contrapposizione per un nuovo livello: l’empiriocriticismo, o machismo – da Ernest Mach.

Lenin comprende bene il pericolo di una tale teoria nelle fila del proletariato:

innanzitutto l’avvelenamento delle coscienze, una visione idealista della realtà e quindi, attraverso la teoria della non conoscibilità della realtà oggettiva, della non esistenza di leggi oggettive, della non esistenza di una netta linea di demarcazione tra materialismo ed idealismo, il disarmo teorico del proletariato e la sua messa nell’assoluta impossibilità di costruirsi una sua autonomia ideologica e quindi l’assoluta impossibilità di costruire la sua identità e quindi di presentarsi, essere e divenire classe egemone e dirigente.

Questo è, infatti, il quadro teorico sostanziale dentro il quale avviene la lotta al marxismo da parte dell’Imperialismo, che va sotto il nome di revisionismo, ossia la riduzione del marxismo a quanto è accettabile dalla borghesia ed il riciclaggio, e quindi la legittimazione, di tutte le teorie reazionarie, che adesso vengono fatte passare, e possono passare dopo la rimozione della netta linea di demarcazione tra materialismo ed idealismo, come risultati dei nuovi progressi della Scienza. Punto centrale di questo attacco è la riduzione del marxismo a filosofia, a “ canone di interpretazione storica”, una teoria filosofica tra le tante.

In queste condizioni il proletariato non è più in grado di avere una sua teoria, una sua analisi, una sua lettura dei processi ed allora la sua teoria, la sua analisi, la sua lettura dei processi sono la teoria, l’analisi, la lettura della classe della borghesia. Attraverso il mito della scienza, che i progressi scientifici e tecnici comportano, uniti alla politica socialdemocratica, la borghesi ristabilisce e rafforza ad un nuovo livello il controllo sul proletariato, ossia l’egemonia.

Lenin conduce una lotta senza quartiere contro Mach ed il machismo, giacché quelle teorie sono poi penetrate nelle fila del proletariato ed condizionano quadri, che hanno abbandonato l’analisi e l’impianto scientifico per correre dietro alle mode filosofiche che dalle cattedre venivano lanciate; per correre dietro a questo o quel professore del “ socialismo della cattedra”, divenendo base di massa e strumento docile.

L’attacco più pericolo al marxismo è esattamente questo.

Lenin lo comprende bene: scende, come aveva fatto già Engels, sul piano delle scoperte scientifiche e dimostra come esse non smentivano affatto il materialismo, non confermavano affatto le teorie filosofiche di Mach ed i machisti, le mode filosofiche e le teorizzazioni dei “ socialisti della cattedra” dietro cui correvano i quadri, ma confermavano appieno la natura dialettica dei processi e del procedere della natura.

Lenin apporta in questo campo importanti contributi, chiarendo bene, nelle nuove condizioni dello sviluppo scientifico, l’importanza e la validità delle leggi scientifiche, costituendo per tutti gli anni Sessanta-Ottanta un decisivo orientamento in questo campo e continuando a costituirlo alla luce delle scoperte ed invenzioni scientifiche degli anni Novanta a seguire. Questo ovviamente non esaurisce affatto il problema di aggiornare ed arricchire il materialismo storico-dialettico delle nuove scoperte, invenzioni ed innovazioni tecniche ed attrezzare risposte all’altezza delle sfide dei tempi.

Lenin è in grado di leggere il nuovo proprio perché aveva letto il progresso tecnico, di cui si è detto all’inizio; non diversamente da Gramsci che con Americanismo e Fordismo legge la stessa problematica da altra angolazione, arricchendo così la tematica.

La Rivoluzione d’Ottobre è allora la consequenziale tranquilla di questa analisi e di questo lavoro di Lenin per formare i quadri bolscevichi.

La tattica, le forme di lotte: Parlamento, sindacato, associazionismo vario, le parole d’ordine di propaganda, agitazione, organizzazione e quindi la politica delle alleanze e prima fra tutte quella tra proletariato e contadini poveri e medio poveri, Tutto il potere ai Soviet sarà allora il Governo operaio e contadino; non diversamente da un sapiente lavoro di corretta disposizione delle forze in campo, che gli consentirà nel momento di crisi rivoluzionaria di sferrare l’attacco decisivo nei punti chiave del sistema economico russo e quindi del sistema politico, sociale, istituzionale russi.

Lenin sulla base dell’analisi generale, ossia mondiale del capitalismo, e dell’analisi e dello studio della realtà russa comprende sin dal 1903-1904 che lo sviluppo oggettivo della realtà russa era quella del superamento dello zarismo per una repubblica democratico-borghese. Ma questa rivoluzione borghese avveniva tardi, troppo tardi, quando ormai gli altri paesi europei e gli Stati Uniti erano non solo giunti alla rivoluzione borghese ma anche ad uno stadio superiore del capitalismo, nella fase in cui il mercato era già stato spartito tra i più feroci predoni d quindi non esistevano le base reali, oggettive per uno sviluppo capitalistico in Russia, giacché le altre potenze imperialiste l’avrebbero impedito e le esigenze della loro esistenza era la sottomissione della Russia e la rapina delle sue materie prime, oltre che come cane da guardia dei popoli.

I paesi imperialisti, quindi, avrebbero consentito ed aiutato la transizione russa verso la repubblica democratico-borghese, più o meno democratico-parlamentare, al fine di poter meglio controllare e sfruttare la Russia, ma non le avrebbero consentito alcun sviluppo come paese borghese, e quindi alcun sviluppo di una classe borghese autonoma. Per la Russia non vi era alcuna possibilità di sviluppo se non l’opposizione alla borghesia ed all’imperialismo e quindi l’unica via di sviluppo possibile che le forze produttive potevano avere era quella della costruzione di una società socialista. Diversamente vi sarebbe stato unicamente per la Russia la via della miseria, dello sfruttamento e della rapina imperialista delle sue materie prime, della sua forza-lavoro e cane da guardia dei popoli.

Questo significava che ci si sarebbe dovuti venire a trovare nella situazione in cui la transizione avviene, ossia avviene l’abbattimento o superamento dello zarismo, ma la borghesia non può fare il passo successivo, questo significava che in quello stesso momento si sarebbero venute a bruciare tutte le idee, teorie, illusioni, speranze che settori borghesi e popolari e contadini avevano riposto nella lotta contro lo zarismo e che l’unico sbocco possibile sarebbe stato quello della Dittatura del Proletariato.

Lenin, campione nello studio e nella comprensione dell’esperienza storica rivoluzionaria mondiale, aveva ben compreso, come Marx ed Engels avevano insegnato, che i processi rivoluzionari borghesi presentano una caratteristica, quella che nel corso della rivoluziona borghese si spostano a sinistra fasce sempre più consistenti di classi ed avviene la separazione della borghesia dalle altre classi, che spingono sempre più a sinistra il processo rivoluzionario. Questo avrebbe consentito, come consentiva e l’esperienza storica mondiale confermava, la formazione e crescita di una coscienza rivoluzionaria delle masse e delle classi e quindi anche di quelle vicine al proletariato e del proletariato stesso. La rottura rivoluzionaria e le energie che esso liberava si sarebbe impattata violentemente contro le resistenze dei rapporti di produzione capitalistici mondiali che impedivano il proseguimento borghese della rivoluzione russa. Questo forze se dirette dal proletariato, se cioè il proletariato aveva in precedenza adeguato “ con esattezza, cura e meticolosità, i mezzi adeguati, sufficienti e necessari” e quindi un programma, nelle condizioni russe un programma minino ed un programma massimo, una teoria, una tattica, tale da consentire a tali energie di liberarsi in tutta la loro potenza, potevano approdare alla Dittatura del Proletariato.

Lo sviluppo raggiunto dal capitalismo, portando un innalzamento dell’oppressione, dello sfruttamento e della rapina dei popoli coloniali avrebbe determinato che questi sarebbero stati alleati oggettivi della Rivoluzione e così il proletariato dei paesi imperialisti, in considerazione dell’assenza di una Internazionale Comunista; mentre le contraddizioni che opponevano i paesi imperialisti tra di loro avrebbero costituito alleati temporanei della rivoluzione. L’Imperialismo nella fase 1890-1917 determinava una particolare acutizzazione delle contraddizioni interimperialiste tale da consentire al proletariato russo di manovrare all’interno di queste sia per attuare il completamento della rivoluzione in atto, rivoluzione proletaria, e sia al nuovo stato, la Repubblica dei Soviet, di esistere e sfruttare tale momentanea disunità del campo imperialista per procedere ad uno sviluppo delle forze produttive, secondo le indicazioni della strategia stabilite da Marx ed Engels, nel “ Manifesto del Partito Comunista” e fatte proprie dalla Ia e dalla IIa Internazionale.

Lenin, infine, ricava la nuova forma di Stato non dalle teorie politiche sino ad allora sviluppate: tutte le teorie sullo Stato avutesi a partire dalla fine del XVI secolo e per tutto il XIX secolo e meno che mai sulla base delle teorie delle dottrine politiche. Basandosi saldamente sulla teoria dello Stato elaborata da Marx ed Engels, Lenin, sulla base dell’insegnamento di Marx ed Engels, che avevano sottoposto ad attenta indagine la prima esperienza storica del potere proletariato mondiale moderno, la Comune di Parigi, ricava la nuova forma di Stato e dell’organizzazione della nuova società dall’esperienza di lotta del proletariato russo, ossia dall’esperienza della Rivoluzione russa del 1905, che aveva dato vita in maniera spontanea, e sostanzialmente “ effimera”, ai Soviet. Lenin intuisce che lo sviluppo spontaneo delle forze produttive in quel momento di rottura rivoluzionaria russa e dell’intero sistema capitalistico mondiale, di cui la Russia ne era il punto nodale, il crocevia decisivo, aveva espresso le nuove forme del nuovo stato: il Soviet, la Repubblica del Soviet, ossia la forma embrionale del superamento dello Stato: il Soviet, la Repubblica dei Soviet.