Biblioteca Multimediale Marxista
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1902-2002:
1° Centenario della lotta degli Edili di Firenze
Dalla scissione sindacale
alle elezioni delle Commissioni interne del 1955
Piano delle monografie
Storia del Movimento Sindacale Italiano 1943-1980
1. Il Sindacato nella Resistenza: 1943-1945
2. L’Unità Sindacale: 1944-1948
3. 1948-1955: Dalla rottura dell’unità sindacale alle elezioni
del 1955 delle
Commissioni Interne,
4. 1956-1963: Dal Convegno “ I lavoratori ed il Progresso Tecnico”
al 1963
5. La ripresa operaia: 1963-1968
6. L’Autunno caldo: 1969-1974
7. 1975-1984: dalla ristrutturazione capitalistica al movimento degli autoconvocati.
8. Monografia tematica: La stagione dei Consigli
9. La contrattazione: dalla centralizzazione alla trattazione decentrata.
Nel luglio 1948 si consuma la scissione sindacale.
Nella precedente monografia – L’Unità sindacale, cui rinviamo
– abbiamo analizzato le motivazioni
“ teoriche” e gli “ alti ideali” che hanno ispirato
quella scissione, rinviando un più attento esame della scissione ad una
monografia che abbracciasse l’intero periodo 1948-1955.
Innanzitutto va ben fermato che la scissione del 1948 in Italia
si inquadra nella più generale a-zione di scissione del Movimento Operaio
e Sindacale Mondiale, con la scissione nella Federazione Sindacale Mondiale.
In Italia come in Francia ed in molti altri paesi europei emerse una corrente
che faceva capo al sindacato statunitense AFL-CIO ed a quello inglese, le Trade
Unions, TUC.
Nel marzo del 1948 si riuniscono a Londra i rappresentanti dei sindacati dei
paesi aderenti al Piano Marshall e usciti dalla FSM cui vi partecipa la corrente
democristiana, ben prima, cioè, della scis-sione che sarà del
luglio 1948!
La scissione consumata nel luglio 1948 era stata in realtà a lungo preparata
da una serie di atti che rompevano l’unità sindacale da parte della
corrente democristiana, che darà poi vita alla Cisl.
Atti gravi che a partire dal 1947 invitavano esplicitamente a boicottare le
azioni di lotta che la C.G.I.L. indiceva contro i licenziamenti, il carovita,
gli assassini di lavoratori e contadini da parte delle forze di polizia. La
scissione era stata preparata da riunioni ed incontri, da accordi e garanzie
di coperture più generali.
Tre furono, in ordine di importanza, le forze che spinsero per la scissione.
1. L’imperialismo americano sia in maniera diretta sia attraverso l’organizzazione
sindacale AFL-CIO, entrambi si fecero carico degli sforzi finanziari, atti a
dare vita a sindacati ostili ai lavoratori e portatori di interessi del grande
capitale nel movimento sindacale.
2. La Chiesa, in maniera diretta ed esplicita e per bocca di Pacelli, ossia
Pio XII, incitò e lavorò alla scissione sindacale.
3. La borghesia italiana, il blocco agrario-industriale, vedeva un ostacolo
nella presenza di un for-te movimento sindacale unito.
Ciascuno voleva trasformare il sindacato in cinghia di trasmissione dei suoi
interessi e della sua ideologia.
L’incoraggiamento americano fu concreto e costante.
Dagli Stati Uniti giunsero in quei giorni i sindacalisti americani Antonini
e Dubinsky, il primo dei quali fu ricevuto da Pio XII. Più tardi nel
1957 J. Palombara nel suo The Italian Labor Movement: Problems and Prospects
afferma che in una conferenza stampa tenuta il 20. luglio 1949 Irving Brown
a nome dell’AFL ed Elmer Cope a nome della CIO dichiararono che “
le loro confederazioni erano state preparate ad estendere la loro assistenza
morale e finanziaria ai sindacati liberi d’Italia.”.
Nel 1961 lo storico americano Norman Kogan, in La politica estera italiana,
rifacendosi alla posi-zione filoamericana della Cisl e della Uil scrive che
tale posizione “ è tanto più decisa per il fatto che la
Cisl,come del resto la Uil, è stata finanziata dai fondi del Piano Marshall
e dal sindacato ame-ricano AFL-CIO.”.
Candeloro, Il Movimento sindacale Italiano, scrive:
“ La verità è che la scissione fu il risultato di una pressione
fortissima esercitata sulla corrente de-mocristiana dall’esterno dal Vaticano
ed in misura maggiore da parte americana.”.
Nel marzo 1948 il segretario di Stato americano Marshall convoca i leaders del
CIO Murray e Ca-rey per avvertirli della oramai imminente scissione sindacale
in Italia, affinché possano “ essere di grande aiuto nel sostenere
le minoranze della C.G.I.L. a uscirne e nel garantire a questo l’appoggio
morale e gli aiuti finanziari.”.
Il 16 giugno l’incaricato Usa in Italia per i problemi sindacali il colonnello
Lana, incontra Pastore.
Il colonnello preme perché la scissione venga accelerata. Pastore gli
risponde che la rottura non po-trà avvenire “ finché la
minoranza della C.G.I.L. non sarà meglio organizzata”. Dalle relazioni
del dipartimento di Stato appare chiara la linea seguita: isolare la corrente
comunista per costituire un sindacato che raggruppa tutte le altre correnti
e sia capace di influenzare e attirare anche i socialisti.
Non deve meravigliare più di tanto la pesante ingerenza dell’AFL-CIO,
giacché essa rientrava nel più complessivo piano egemonico dell’imperialismo
americano all’indomani della 2° guerra mon-diale ed aveva il compito
di controllare i movimenti operai e sindacali europei. Infatti la scissione
sindacale italiana avviene dentro la più generale provocazione al Movimento
Sindacale Mondiale, organizzato nella Federazione Sindacale Mondiale, FSM .
In tutti i paesi sottoposti all’imperialismo americano, ossia in tutti
i paesi aderenti alla Nato, vi fu-rono scissioni e nascite di organizzazione
sindacale di ispirazione democristiana e socialista, che andarono a costituire
una centrale sindacale mondiale a guida diretta AFL-CIO e Trade Unions in-glesi.
La presenza del doppio sindacato giallo in Italia, Cisl e Uil, va inscritta
dentro la diversa filia-zione, la Cisl dall’AFL-CIO la Uil invece dalle
Trade Unions.
La cosa diviene scoperta allorquando la Uil chiede di far parte della nuova
centrale sindacale mon-diale e la Cisl vi si oppone e con essa l’AFL-CIO,
ma non le Trade Unions che imposero, invece, la presenza della Uil nella centrale
sindacale.
Entrambe si rimbeccavano peggio delle comari: Pastore invia al sindacalista
americano Vanni Mon-tana fotocopie di inviti Uil alla C.G.I.L. per sostenere
la necessità di respingere la richiesta Uil di entrare nel nuovo Sindacato
Internazionale a gestione AFL-CIO.
Per tutta risposta: Italo Viglianesi su Il Lavoro italiano, 24. luglio.1951,
scrive che i “ gli americani, per quanto riguarda la Cisl, hanno una particolare
tendenza a farsi prendere in giro ed a gettare i quattrini del contribuente
americano dalla finestra”, finendo così per scoperchiare una brutta
pattu-miera, che buon senso avrebbe consigliato di tenere ben sigillata.
I finanziamenti dovevano passare solo attraverso i sindacati statunitensi. A
questo proposito è indi-cativo un dispaccio top secret inviato il 21
settembre 1948, quando cioè la scissione è già avvenuta,
dall’ambasciatore in Italia James Dunn al segretario di Stato Marshall
dopo un nuovo colloquio con Giulio Pastore. Porta il numero 865. 5043:
“ Pastore ha sottolineato che l’aspetto finanziario del nuovo sindacato
lo preoccupa considerevol-mente. Ha ricevuto molte offerte di finanziamento
da gruppi di industriali ma è sua ferma intenzio-ne rifiutarle giacché
comprometterebbe il futuro della sua organizzazione quando si troverà
di fron-te agli imprenditori nelle prossime rivendicazioni.”. Pastore
consegna all’ambasciatore un resoconto particolareggiato delle necessità
finanziarie pari a 900.milioni . L’ambasciatore conclude la nota al Segretario
di Stato confidando che “ Il dipartimento di Stato esplorerà tutte
le possibilità per ottene-re l’assistenza finanziaria del gruppo.”.
Il 30 novembre 1951 con nove voti contro cinque e due astensioni la Uil entra
nella Cisl internazio-nale, nonostante l’opposizione oltre che della Cisl
anche di Gorge Meany dell’AFL.
Il New York Times del 2 febbraio 1952 racconta che Meany chiede di ‘ ricontare
i voti’. Al che gli fu risposto dal rappresentante delle Trade Unions
inglesi, Tuc, che presiedeva la riunione:
“ A cosa serve? Volete forse prendere nota di chi noi si è allineato
per decurtargli i finanziamenti?”.
L’imperialismo britannico ha sempre mantenuto una pesante presenza in Italia attraverso formazioni politiche, associazioni, ecc. e questo a partire dal Seicento, ma poi intensificatasi nell’Ottocento, basti qui pensare che la spedizione dei Mille di Garibaldi giunse al porto di Marsala scortata dalla possente marina da guerra britannica; basta vedere come alcuni come Mazzini trovavano rifugio in Inghilterra altri in Fran-cia e durante il fascismo alcuni in Usa, Salvemini, altri in Inghilterra altri,infine, in Francia.
Attraverso le Acli, la Chiesa preme per rompere gli indugi.
Il 18 giugno, il Consiglio naziona-le dell’Associazione esprime la necessità
di un sindacalismo veramente libero e democratico, nel quale tutti i lavoratori
possano ritrovarsi per collaborare al comune sforzo di ricostruzione del pae-se.
Pacelli, ossia Pio XII, nel discorso agli aclisti il 29. giugno 1948 sottolinea
con forza come il sindacato doveva essere “ un saldo sostegno della società
economica dei nostri tempi, “
Ai 60.000 aclisti radunati in san Pietro per la festa di Pietro e Paolo dichiara:
“ Se la forma presente del sindacato venisse a mettere in pericolo il
vero scopo del movimento dei lavoratori, allora le ACLI non verrebbero certamente
meno a quel dovere di vigilanza e di azione che la gravità del caso richiedesse.”.
L’occasione, ben vile per la verità, per la rottura viene data
dall’attentato a Palmiro Togliatti del 14. luglio. 1948. La risposta operaia
e popolare è immediata con scioperi e manifestazioni spontanee a cui
fa riscontro l’indizione dello sciopero generale da parte della C.G.I.L.
La corrente democristiana oramai pronta ne approfitta dichiarando che era uno
sciopero politico per cui abbandona la C.G.I.L. e dà vita prima alla
Lcgil, ossia Libera C.G.I.L., poi dopo contatti con so-cialisti e repubblicani
alla Cisl, anche qui con pressioni esplicite degli Usa: in aprile vi è
un viaggio negli Stati Uniti di Pastore, Dc, Canini Psli e Rocchi, Pri ove i
tre uomini si convincono e danno la loro adesione alla nuova organizzazione
entro giugno 1949.
Al Congresso Nazionale delle Acli del 15-18ottobre la corrente democristiana
della C.G.I.L. dà vita alla Lcgil, ossia Libera C.G.I.L. Il Congresso
si svolse in Laterano alla presenza dei padrini Fanfani, Taviani, Rumor, eletto
presidente del Congresso. Donat Cattin sostenne con forza la necessità
di un
sindacato confessionale
A quasi un anno di distanza il 4. giugno 1949 socialdemocratici, Psli, e repubblicani
danno vita alla Fim, Federazione italiana del Lavoro, che il 5. febbraio 1950
assieme alla Lcgil darà vita alla Cisl.
Una parte dei dissidenti invece nel maggio 1950 dava vita alla Uil.
Si tende ad attirare tutta l’attenzione sulla scissione
sindacale, finendo, poi, per non coglierne i motivi di fondo, finendo, inoltre
per non cogliere quello che più conta: l’importanza centrale, deci-siva,
del periodo in esame per tutta la futura storia del Movimento Sindacale e per
l’intero movi-mento democratico e progressista italiano.
E’ indubbio che le forze reazionarie dovettero subire l’unità
sindacale almeno fino alla metà del 1946. Quando si posero i problemi
della riconversione industriale da una economia di guerra ad una di pace e la
ristrutturazione dell’intero apparato produttivo del paese, esse vollero
avere mano libe-ra, per piegare il paese alla legge del profitto. Questo comportava
miseria, licenziamenti in massa, chiusura di fabbriche da una parte ed una maggiore
penetrazione del capitalismo nelle campagne che avrebbe comportato una massa
di oltre 2milioni di sottoccupati oltre al milione e mezzo di di-soccupati;
un aumento dei prezzi. In una parola: una feroce e brutale ridistribuzione della
ricchezza sociale prodotta a favore dei grandi gruppi monopolistici. Questo
comportava la liquidazione delle libertà democratiche nella sostanza
ed una feroce e spietata dittatura del capitale.
Questi i motivi di fondo che saldarono l’imperialismo americano, la borghesia
monopolistica ed il Vaticano, maggiore esponente della rendita fondiaria e parassitaria.
Essi erano convinti che la scissione sindacale avrebbe indebolito il movimento
operaio, imposta la pace sociale e quindi la piena libertà di movimento
che garantisse loro l’arricchimento.
Dopo aver portato il paese alla distruzione, dopo essersi arricchiti con i tedeschi
e gli americani, do-po aver abbandonato le fabbriche in mano ai tedeschi ed
alla loro azione di distruzione, salvate dalla classe operaia, adesso volevano
imporre nuove miserie al popolo lavoratore e nuove ricchezze per se stessi.
Illusione.
La scissione sindacale si rivelò una tremenda ed amara illusione.
Questo determinò la ferocia sanguinaria, la spietatezza nella repressione
e nella persecuzione dei la-voratori, il dare il più libero ed incontrollato
sfogo alla vendetta personale contro singoli dirigenti, militanti, iscritti
e sostenitori della C.G.I.L. e dei partiti di sinistra: Pci e Psi.
Il periodo in esame è un periodo di grandi lotte del movimento operaio
italiano, che la ferocia san-guinaria della borghesia non riuscì a fermare.
Nel periodo 1948 primi mesi del 1950 si ebbero
62 operai e braccianti assassinati,
3126 feriti
92. 169 arresti , tra i quali 77segretari di Camere di Lavoro
e 375dirigenti di sindacato e leghe
19.306 condannati
8.441 anni di carcere
Il padronato da parte sua:
674 membri di commissioni interne licenziati in tronco per rappresaglia
1.128 attivisti sindacali della C.G.I.L. licenziati.
Il governo da parte sua.
Nel solo pubblico impiego:
3.000 quadri ed attivisti sindacali licenziati
decine di migliaia di trasferimenti-rappresaglia.
La C.G.I.L. passa nel pubblico impiego così da 40.000 iscritti a meno
di 5.000 organizzati.
E’ questa la risposta al grande movimento di lotta, la grande stagione
di lotta, che si sviluppa e che la borghesia sperava di fermare, di allontanare
da sé, con la scissione sindacale.
L’azione sindacale, in questa fase è caratterizzata
dalle lotte per la difesa del posto di lavoro contro le repressioni padronali
all’interno delle fabbriche e da grandi scioperi politici che vedono impegnati
sotto la guida della C.G.I.L. milioni di lavoratori di tutti i settori produttivi.
In particolare nelle campagne venne attuata una forma di lotta: lo sciopero
a rovescio: vedono i lavoratori impe-gnati nel coltivare la terra abbandonata
dai grandi proprietari latifondi, impegnati nelle esecuzione di opere pubbliche
non iniziate o abbandonate.
Complessivamente dal 1948 al 1954 si è avuto un vero e proprio blocco
salariale; infatti è stato calcolato che in questo periodo il tasso di
incremento medio annuo dei salari è del 4% di cui il 3,2% dovuto agli
aumenti di scala mobile.
Dopo gli accordi interconfederali del 14. aprile. 1948 – alla vigilia
delle elezioni politica del 18 a-prile 1948 – e del 5. agosto 1949 che
rivalutano le retribuzione per gli impiegati e gli operai, fino al 1954 viene
stipulato un solo accordo interconfederale a carattere salariale: il 14. giugno
1954 che non prevede alcun aumento salariale, ma il conglobamento nei minimi
contrattuali dell’indennità di contingenza e l’aumento degli
assegni familiari.
Scala Mobile.
Con l’accordo del marzo 1951 il meccanismo della scala mobile subisce
delle modifiche.
Vengono contratte le voci inerenti l’alimentazione per i capitoli inerenti
l’abbigliamento e le spese varie. Le variazioni vengono determinate sulla
base di un indice nazionale ed introdotti valori diffe-renziali per i punti
di contingenza in base alla qualifica, al sesso, all’età.
Si disse per “ evitare l’appiattimento di stipendi e salari”.
In realtà tale accordo si tradusse in una guadagno netto per la Confindustriale
dentro la sua strategia di ulteriore divisione dei lavoratori oltre ad una contrazione
reale della scala mobile.
La modifica alimenti-vestiari va letta dentro il quadro reale delle condizioni
di vita reali della mag-gioranza dei lavoratori e quindi questo comportò
che quelle voci di spese: olio, pane, carne, burro, pesce se aumentavano non
determinavano un aumento del punto di contingenza, ma lo determina-vano cose
che le masse popolari non acquistavano: abbigliamento e vari.
Qui occorre considerare che in quel periodo i vestiti si passavano di padre
in figlio e dal fratello maggiore a quello minore, le scarpe erano più
volte risuolate ed i pantaloni e le giacche, e…
Conglobamento.
vertenza per conglobare nella paga base l’assegno di carovita e varie
indennità e per ottenere un adeguato aumento salariale delle retribuzioni
oramai ferme da alcuni anni.
La C.G.I.L. chiede un aumento del 15%, mentre la Cisl aumento differenziato
per ogni settore indu-striale in rapporto alla loro propria produttività.
La Confindustria assunse un atteggiamento di chiu-sura e solo dopo le elezioni
del febbraio 1953 e la costituzione del governo Scelba apre il negoziato, che
vide la C.G.I.L. indotta ad abbandonare il tavolo delle trattative.
I Contratti di Categoria.
Anche se i contratti hanno una durata di 2-3anni in realtà i tempi dei
rinnovi si dilatano.
I metalmeccanici riescono a rinnovare il loro contratto nazionale di lavoro
solo nel 1956 otto anni dalla stipula del precedente.
I Chimici nel 1949 e poi dopo 5anni nel 1954; i tessili nel 1950, gli alimentaristi
nel 1952 e nel 1954, gli edili nel 1950 e nel 1952: comunque e sempre con scarsi
risultati salariali.
La non collaborazione
In questo periodo viene sperimentata una nuova forma di sciopero: la non collaborazione
Essa iniziò alla Fiat nell’ottobre 1948 e dalla Fiat si estese
a tutte le altre fabbriche del nord e nel novembre anche a quelle del centro
e del sud ( cantiere navale di Taranto, miniere sarde, ecc. ).
Alla Fiat la produzione calò di colpo del 30% , del 50% nelle miniere
sarde.
Essa consisteva nella rigida applicazione, da parte degli operai, delle norme,
contrattate, di compor-tamento nell’azienda. Se si guastava una macchina,
l’operaio e l’intero reparto, invece di ripararla al più
presto o di aiutare gli addetti alla riparazione, come era avvenuto sino ad
allora, si mettevano a braccia conserte. Se un ordine di lavoro o di servizio,
un progetto dell’ufficio tecnico contenevano n errore o una lacuna venivano
eseguiti lo stesso con il risultato di rendere inutilizzabile intere partire
produttive. L’operaio si atteneva scrupolosamente alle sole mansioni affidategli
dall’azienda.
Non collaborava insomma.
La direzione Fiat, come tutte le altre direzioni, dovettero cedere
Le lotte operaie contro i licenziamenti e per la difesa dell’industria,
se resero più difficili le lotte per le rivalutazioni salariali e rinviarono
quelle per un aumento dei salari reali, permisero tuttavia di mantenere una
forte unità tra operai occupati e disoccupati. La presenza in Italia
di due milioni di sottoccupati, che la trasformazione mercantile dell’agricoltura
liberava dalle vecchie condizioni servili e spingeva a cercare una occupazione
stabile nell’industria e nei servizi terziari, pesò certamente
nel rendere più difficili i movimenti rivendicativi per l’aumento
salariale ed anche le lotte per la difesa delle libertà democratiche
nelle fabbriche.
A fronte di queste si svilupparono in tutto il paese lotte
per la difesa dell’occupazione, per il lavoro, per la terra, che segnarono
decisamente il periodo in esame.
Esse si svilupparono in opposizione al piano capitalistico statunitense di ristrutturazione
dell’economia italiana e interessarono sia l’industria che l’agricoltura,
che i settori impiegatizi.
Il Paese intero si sollevò in lotte estese e prolungate, che indebolirono,
fiaccarono, spezzarono la te-nacia reazionaria della borghesia e dell’imperialismo
statunitense, costrinse il Vaticano: preti e car-dinali, vescovi e monsignori
a smascherarsi, aggravando il solco profondo tra loro ed il popolo la-voratore.
L’intero Paese fu percorso da una possente ondata di lotte, nonostante
gli efferati eccidi, le vili per-secuzioni e le autentiche mascalzonate padronali
con le loro vendette personali contro operai comu-nisti e sindacalisti della
C.G.I.L., contro donne, bambini, anziani, dando sfogo a tutto l’odio accu-mulato
ed a bocconi amari che avevano dovuto inghiottire nel periodo 1943-1948.
LOTTE CONTADINE:
Il 1° maggio 1947, a Portella della Ginestra in Sicilia, il movimento operai
era stato fatto segno della prima, sanguinosa aggressione della sua storia più
recente. Vennero massacrati decine di lavoratori- Dieci giorni prima, il 20
aprile 1947, era stata eletta la prima assemblea regionale siciliana che aveva
visto una forte avanzata del Blocco del Popolo ( Pc, Psi, Pd’a ) ed un
arretramento della Dc rispetto alle elezioni generali del 2. giugno. 1946
A Catania bande di mafiosi attaccano le sedi sindacali dei comuni dove i contadini
avevano occupa-to i latifondi di proprietà della Chiesa e dei baroni.
In risposta la Camera del Lavoro proclama uno sciopero: la corrente democristiana
vota contro ed abbandona la Camera del Lavoro in dichiarato ed aperto sostegno
alla mafia siciliana
In sostegno il ministro Scelba dirama una circolare ( 8 luglio 1947 ) con la
quale vieta qualsiasi co-mizio all’interno delle fabbriche e proclama
l’intoccabilità del prefetto, vietandone qualsiasi critica. Gli
scioperi proclamati contro la circolare Scelba costringono il governo ad annacquarne
il signifi-cato fino a vanificarlo.
Tra le lotte per la terra, le più possente in tutta la storia dell’Italia
unitaria, vi sono quelle dei braccianti e contadini; del meridione con l’occupazione
dei latifondi incolti o malcoltivati di cui si chiedeva la divisione con i consequenziali
feroci eccidi: Melissa, Torremaggiore, Monte-scaglioso, Portella delle Ginestre
ove furono uccisi decine di braccianti e contadini, migliaia i feriti, decine
di migliaia gli arrestati, inquisiti, fermati.
La mafia che adesso si era legata agli Stati Uniti, tramite le grandi famiglie
mafiose americane, i cui uomini erano stati fatti sbarcare con le truppe da
sbarco americane nel sud d’Italia e che durante l’occupazione avevano
provveduto ad insediare in ruoli di sindaci ecc mafiosi e camorristi locali,
non fu in grado di proteggere le sacre proprietà, in maggior parte del
Vaticano oltre che dei baroni siciliani, calabresi e napoletani.
La saldatura con la mafia e la camorra per il controllo popolare non avviene
solo a livello delle campagne, ma anche al livello delle fabbriche, come vedremo
da qui a poco.
Accanto a queste grandiose lotte per la terra, sfociate poi nella legge stralcio
del 1953, si sviluppa-rono possenti le lotte dei salariati agricoli e dei braccianti
culminate nello sciopero di oltre un mese ( 18 maggio – 23 giugno 1949
) che fece registrare una significativa vittoria operaia. Iniziato nella Valle
Padana,che rimase l’epicentro della lotta, lo sciopero si estese al Lazio,
Puglia, Sicilia, Cam-pania, Sardegna, Basilicata, Toscana. Vi presero parte
oltre un milioni di braccianti e salariati, men-tre non meno di 4milini di operai
delle fabbriche delle città si mobilitarono n appoggio agli sciope-ranti
con proteste e lotte durissime. Lo sciopero era rivolto unicamente contro gli
agrari, escludendo i mezzadri, i compartecipanti,i coltivatori diretti, come
era già avvenuto nel 1947, rappresentò un ulteriore passo in avanti
in quella politica delle alleanze nel mondo contadino, avviato durante la re-sistenza
e proseguito con le lotte del 1947.
La lotta dovette rivolgersi anche sul fronte del crumiraggio organizzato dagli
agrari, assieme alla mafia al caporalato e la camorra, che poi molte volte si
identificavano, con lo spostamento di lavo-ratori da altre zone e particolarmente
contro le pesanti provocazioni poliziesche che accompagnaro-no tutta la lotta.
Lo sciopero costituì, effettivamente, una delle tappe più alte
della lotta dei lavorato-ri per la difesa delle libertà costituzionali
e per la democrazia. Il prezzo pagato fu altissimo: 6 assas-sinati, centinaia
di feriti, decine di migliaia di arresti, fermati, denunciati. L’accordo
raggiunto costituì un autentico sfondamento in tutta la linea padronale,
a nulla erano valsi il correre in soccor-so degli agrari del grande padronato
dell’industria, del Vaticano: mai si erano visti tanti preti e ve-scovi
e cardinali in giro e dell’imperialismo statunitense, oltre ai Cislini
e Cislini che fomentavano la discordia, la disunità, il crumiraggio,
la delazione, la corruzione.
L’accordo firmato il 23 giugno 1949 conquistava l’aumento dell’indennità
infortuni, l’indennità di caropane, il sussidio e l’indennità
di disoccupazione per tutti i braccianti ed i salariati, l’impegno a stipulare
i patti salariali in ogni provincia ed un patto nazionale normativo entro il
mese di novem-bre, la revoca delle disdette per tutti i salariati fissi.
Nel Mezzogiorno, nell’Italia centrale, nel Delta padano la lotta investe
direttamente la grande proprietà latifondista.Le lotte per l’occupazione
delle terre, che si estendono dalla Sicilia alla Valle padana hanno il loro
centro nella grande battaglia calabrese e nel sacrificio dei caduti di Melissa.
E’ dopo Melissa che De Gasperi è obbligato ad andare in Calabria
e quel viaggio segna l’inizio del-la svolta nella Dc di toccare le posizioni
della grande proprietà fondiaria latifondista per iniziare uno stralcio
di riforma agraria. Le lotte per la terra vengono inquadrate in una piattaforma
meridio-nalistica e collegano la classe operaia, le masse contadine e le popolazioni
urbane in un movimento unitario di lotta per la rinascita dl Mezzogiorno. Modena,
nel febbraio 1950, unisce con il sacrificio di suoi cauti le lotte per la terra
a quelle del lavoro e pone il problema della libertà e della Costitu-zione.
Lotte popolari per l’occupazione
A Roma alla fine dell’anno l’episodio più clamoroso che segna
la volontà ed il perseguimento fred-do dell’obiettivo della scissione
sindacale.
Da mesi il sindacato premeva perché il governo attuasse interventi straordinari
contro la disoccupa-zione , mail democristiano Tupini, ministro dei lavori pubblici,
si rifiuta di ricevere una delegazio-ne. Manifestazioni spontanee nei quartieri
popolari vengono repressi dalla polizia con la morte di un giovane disoccupato:
Giuseppe Tanas. L’assemblea delle commissioni interne della città,
convocata nella notte. aveva approvato all’unanimità la richiesta
di 10 miliardi e la punizione dei responsabili della morte del giovane Tanas.
Lo sciopero dell’11. dicembre è imponente e la violenza sanguinaria
della repressione non lo ferma.
Il 12 dicembre avvengono violente cariche della polizia in piazza Montecitorio
ove vengono aggre-diti e picchiati deputati comunisti. La corrente democristiana
invita pubblicamente al boicottaggio della lotta. La polizia da parte sua effettua
indiscriminati ed illegali arresti e perquisizioni in cerca di armi, che ovviamente
non trova. La Camera del Lavoro risponde estendendo lo sciopero ai fer-rovieri,
fino ad allora rimasti fuori dallo sciopero e minaccia di estenderlo agli elettrici.
In serata il governo convoca il sindacato e recepisce tutte le richieste.
Il 15 novembre a Cerignola era stati assassinati 2 braccianti, il 18 novembre
due lavoratori, un uomo ed una donna, a Corano, ed altri due a Campi Salentina,
Lecce. Il 20 a Gravina, Bari, un bracciante viene ucciso durante un corteo.
Modena.
Il 9 gennaio 1950 la polizia spara sulla folla raccolta per una manifestazione
a sostegno della lot-ta degli operai delle Fonderie Riunite di Modena, condannate
alla smobilitazione, Sei operai vengo-no uccisi ed altri 50feriti più
o meno gravemente.
I fatti di Modena segnano il punto più tragico della repressione antioperaia
dei governi democristia-ni e sottolineò la funzione di supporto militare
assegnata all’apparato poliziesco dello Stato per im-porre la riconversione
capitalistica selvaggia e mantenere inalterati i vecchi assetti di potere.
Alle “ Officine Reggiane” di Reggio Emilia, occupate dal giugno
1950 all’ottobre 1951 e dove si costruirono diversi esemplari del tiratore
R60, sostenuti da una vasta solidarietà operaia e popolare.
Ove vi furono numerose vittime fra uccisi, feriti ed imprigionati. Qui la polizia
assedia gli operai dentro la fabbrica , esprimendo così in forma militare,
di piazza, quella stessa logica che si aveva a livello politico, quella di far
marcire le lotte, isolare gli operai delle fabbriche da smobilitare e da battere
una ad una. La polizia interviene,invece, quando questi escono, quando nelle
famose “ co-lonne mute” si recano nel centro cittadino o nelle campagne
a propagandare la loro lotta, secondo una prassi che risaliva al periodo della
Resistenza. L’intervento di disturbo della polizia è puntuale,
incessante, Raramente si producono scontri in quanto l’obiettivo operaio,
quasi sempre felicemente raggiunto, è di evitare l’impatto per
poter liberamene comunicare.
La classe operaia nonostante il pesante prezzo che pagava non si piegò
mai. Dinanzi ad una durezza impari dello scontro contro il padronato, il Vaticano,
gli Usa e la Cisl e la Cisl. i quadri del-la C.G.I.L. seppero resistere e contrattaccare,
mantenendo e rafforzando salda la forza della C.G.I.L., il suo legame con le
masse. Seppero non solo mantenere un’opposizione antagonista e di classe
del sindacato, ma soprattutto le condizioni e le premessa per la riconquista
negli anni succes-sivi dell’unità perduta, difendere in ogni momento
le istituzioni democratiche e repubblicane, man-tenere viva la prospettiva di
una trasformazione profonda delle strutture della società.
Senza questa tenuta della C.G.I.L. e dei suoi militanti la ripresa del processo
unitario sul finire degli anni Sessanta sarebbe stata impossibile. Le lotte
che a partire dalla metà degli anni Sessanta e fino al 1975-80 trovano
le premesse e le condizioni nella tenuta della C.G.I.L. e della classe operaia
tutta negli anni Cinquanta e dove la corrente socialista della C.G.I.L. dimostrerà
una lealtà unitaria, che contribuì enormemente alla tenuta ed
allo sviluppo ed alla costruzione di quelle premesse per le fu-ture lotte.
Va infine annotato, messo bene in risalto, come dinanzi alla brutalità
sanguinarie di una borghesia, dinanzi allo scatenamento di una vera e propria
caccia al comunista ed al militante C.G.I.L. ad una rivincita e vendetta personale
dei singoli padroni e dell’intera classe dei padroni e suoi accoliti fatte
di licenziamenti, persecuzioni, intimidazioni, ricatti che coinvolgevano il
lavoratore, la sua famiglia, parenti ed amici, la classe operaia e la C.G.I.L.
seppero sempre mantenere il terreno della democra-zia e della difesa quale terreno
esclusivo. Ai reparti di confino, ai licenziamenti, al fuoco della poli-zia
e dei carabinieri e dell’esercito, al carcere risposero sempre con la
mobilitazione democratica e di massa: al terrorismo dei padroni, del Vaticano
e degli Usa opposero la forza della legalità demo-cratica. infliggendo
loro su questo terreno pesanti sconfitte.
La Legge truffa
Il 19. gennaio. 1953 la C.G.I.L. proclama lo sciopero generale che ha un notevole
successo, contro il progetto di legge elettorale maggioritaria, che attribuiva
la maggioranza assoluta ai partiti appa-rentati che avessero superato il 50%
dei suffragi.
Qualche mese dopo, al momento dell’approvazione definitiva della legge
contro la “ legge truffa” la C.G.I.L. indice un nuovo sciopero generale.
Allo sciopero del 30. marzo prende parte oltre il 60% dei lavoratori italiani,nonostante
l’azione contraria svolta dai quadri della Cisl e della Cisl e le mi-nacce
della Confindustria, contenute in una circolare alle aziende associate, in cui
si indicavano come ‘ illegali’ gli scioperi attuati per motivi non
economici. Le aziende in occasione dello sciopero di gennaio e di marzo comunicarono
minacciosamente ai lavoratori che la partecipazione alle azioni sindacali della
C.G.I.L. equivaleva ad incorrere in gravi sanzioni compreso il licenziamento.
Ed i licenziamenti giunsero puntuali a conclusione di ciascun sciopero.
Alle elezioni politiche del 7. giugno. 1953 il meccanismo maggioritario non
scatta per 57.000 voti e così la legge truffa si trasforma in legge beffa
per i proponenti.
Questa battaglia della classe operaia in difesa della legalità democratica
e della libertà costituisce un autentico spartiacque, segna l’arresto
definitivo dell’offensiva capitalistica, giacché apre contraddi-zioni
nel blocco sociale sorto non più di 5anni prima.
Il primo segnale sono due scioperi generali indetti nel dicembre del 1953, proclamati
per lo stesso giorno, separatamente dalla C.G.I.L. e dalla Cisl-Uil.
Il blocco sociale si inizia a sgretolare, le alleanze e gli alleati cominciano
a vacillare, la grande bor-ghesia monopolistica il Vaticano e gli Usa vedono
miseramente naufragare i loro sogni.
Scatena quindi una repressione violenta, sanguinaria, attuando gravi misure
liberticide nel disperato tentativo di far arrestare lo sfaldamento del blocco
sociale costituitosi non più di 5anni prima ed in subordine con l’intento
di indebolire la C.G.I.L. per averne una meno forte ad un futuro tavolo di trattative,che
da lì a qualche anno avrebbe dovuto aprire, visto che il movimento non
si spezzava.
Una possente offensiva repressiva venne scatenata nelle fabbriche avente per
obiettivo unicamente ed esclusivamente la C.G.I.L. i suoi quadri ed i suoi militanti.
I reparti confino della Fiat conobbero una nuova stagione: licenziamenti e repressione
si combinarono contro la C.G.I.L. i comunisti ed i quadri sindacali, gli iscritti
e quanti mostrano simpatia per la C.G.I.L.
Nel disperato tentativo di frenare l’emorragia la Cisl e la Cisl vengono
richiamate all’ordine ed in ossequia risposta vengono stabilite regole
ferree sui rapporti con la C.G.I.L. Firmare congiuntame-ne con la C.G.I.L. una
lettera alle controparti equivaleva al deferimento agli organi statutari per
l’adozione di misure disciplinari. Ancor peggio volantini, manifesti,
proclamazione di azioni di lot-ta. Queste regole ferree non trovarono l’accordo
della base dei lavoratori della Cisl che nel 1959 diede vita ad un complesso
caso con strascichi notevoli e decisamente mortificanti per il gruppo di-rigente
cislino e la Confindustria tutta.
Suscitò scalpore la firma di un volantino siglato dalla Fim-Cisl e Fiom-C.G.I.L.
alla OM-Fiat di Brescia nel 1959. La locale Associazione degli industriali si
rivolse formalmente alla Cisl confede-rale, deplorando in una lettera che la
Fim avesse rotto con quell’atto quelle tradizioni di ‘ sincera collaborazione’
cui si ispirava la Cisl e si fosse accostata con quel volantino “ ad una
posizione classista dei rapporti sindacali”. Il centro confederale ossequioso
degli ordini ricevuti scrisse imme-diatamente una lettera alla Cisl di Brescia
ed alla Fim nazionale, chiedendo di riportare la locale se-zione della Fim al
rigido rispetto delle norme sull’unità d’azione. L’intervento
fu respinto solo dopo una vera sollevazione della base operaia della Fim.
L’elezione della Commissione Interna del 1955.
Nelle elezioni alla Fiat per la Commissione Interna del marzo 1955 la Cisl diviene
il primo sindacato con il 46% dei voti, la C.G.I.L. con il 36% e la Cisl con
il 23%.
La C.G.I.L. che aveva mantenuto sin dalla Liberazione la maggioranza assoluta,
veniva ridimensio-nata in queste elezioni. Indubbiamente avevano pesato, si
è detto, pressioni, intimidazioni, vere e proprie persecuzioni verso
i militanti della Fiom. Il padronato era intervenuto direttamene e pesan-temente
scendendo in campo aperto, ricorrendo ad ogni sorta di espediente, compreso
ad esempio quello dell’aumento dei seggi elettorali al fine di consentire
un controllo capillare, reparto per repar-to, del voto.
Ma la sconfitta indicava un deficit e la C.G.I.L. aprì subito una profonda
riflessione al suo interno, individuandone i limiti della sua azione, che avevano
comportato la sconfitta, ponendovi rimedio, che costituì le condizioni
della ripresa forte poi già sul finire degli anni Cinquanta e poi per
tutti gli anni Sessanta-Settanta.
La questione merita tutta una particolare attenzione e noi vi dedicheremo parte
sostanziale della 4° monografia. Qui ci interessa fermare questo problema.
Ma a quanto è stato detto occorre aggiungere il pesante intervento dell’imperialismo
americano e dell’ambasciatore Usa in Italia, la signora Luce e la questione
non è limitata alla Fiat, questo fu il risultato più eclatante,
ma l’elezione coinvolgeva tutte le fabbriche italiane.
Il ricatto consisteva nel fatto che la Direzione ed i quadri Cisl e Uil andavano
dicendo che se in quella fabbrica vinceva la C.G.I.L. si sarebbero interrotte
le commissioni dall’America, ma che se invece la Cisl ci sarebbero state
le conferme delle commissioni e nuove commissioni.
Gli operai nel periodo elettorale ricevevano a firma del Direttore/Direzione
una lettera, inviata pres-so il domicilio dell’operaio ed indirizzata
alla moglie:
“ Il lavoro può essere assicurato o mancare; dipende anche da te;
convinci il tuo uomo a votare
per la CISL.”.
I capi giravano per i reparti dicendo che miliardi di commesse erano sospese
al ministero: si aspet-tava l’esito delle elezioni. Aggiungevano: “
Il governo è DC e le commesse vengono date solo se abbiamo una commissione
interna aderente ai sindacati democristiani: vota perciò Cisl.!”
Cislini e Uillini giravano riportando quanto l’ambasciatrice Usa in Italia,
la signora Luce, aveva di-chiarato: che non ci sarebbero state commesse per
le fabbriche ove vinceva la C.G.I.L.
Un altro elemento da tenere ben fermo è il pesantissimo dissanguamento
che i quadri e gli iscritti della C.G.I.L. avevano subito dal 1949 tra licenziamenti,
persecuzioni, reparti confino, chiusura di fabbriche, assassini, oltre il naturale
ricambio generazionale di quei quadri che erano stati in Fiat negli anni Trenta.
Un altro elemento infine da tenere in seria considerazione, che anche questo
viene sottaciuto, è l’intervento pesante della camorra e della
mafia nel voto e nell’iscrizione ai sindacati gialli padrona-li, ossia
alla Cisl ed alla Uil, oltre quello diretto della parrocchia e del prete, tramite
il quale avveni-va la raccomandazione e l’assunzione, che comportava l’iscrizione
alla Cisl e la fedeltà alla Cisl
A partire dalla fine degli anni Quaranta e per tutta la prima metà degli
ani Cinquanta vi fu una forte emigrazione di contadini e braccianti dal sud
d’Italia, dal Veneto, dal Lazio verso i grandi centri in-dustriali e primo
fra tutti la Fiat. Si ha per tutti gli anni Cinquanta un ricambio generazionale,
di giovani provenienti dalle campagne, con una scarsa coscienza di classe, che
se la formeranno in as-sai breve tempo: testimonianza ne saranno i fatti di
Piazza Statuto del luglio 1962 a Torino, che vide per protagonisti in modo particolare
proprio questa giovane classe operaia, che aveva avuto il primo grande battesimo
nelle giornate del luglio ’60.
La mafia e la camorra si diceva.
Nei paesi del sud d’Italia l’emigrazione verso i centri industriali
avveniva tramite la gestione e l’organizzazione della mafia e della camorra
locale, che poi garantiva la manodopera a basso costo, riperpetuando le forme
del caporalato esistenti nelle campagne. Queste masse di giovani operai en-travano
in fabbrica proprio tramite la camorra e la mafia, che ne costituiva garanzia
di fedeltà e strumento feroce di repressione per quanti ‘sgarravano’.
Questo è un tratto assai poco indagato che mostra il legame di sangue
che salda la Fiat alla camorra ed alla mafia e di come il suo potere si salda
con la mafia e la camorra.
Il PIANO DI LAVORO
Al Congresso di Genova del 1949 e poi lanciato nel 1950, la C.G.I.L. propone
il Piano del Lavo-ro. Punti centrali della proposta erano la nazionalizzazione
dell’energia elettrica, la costituzione di un ente per lo sviluppo agricolo
e di un ente nazionale per l’edilizia popolare e sociale, la realizza-zione
di un piano di opere pubbliche essenziali. Il Piano intendeva perseguire l’obiettivo
di condi-zionare con alcune scelte essenziali dello Stato il disegno di rilancio
economico e di ricostruzione che governo e forze economiche intendevano lasciare
alla assoluta discrezionalità dell’iniziativa.
Il Piano era un tentativo di aggregare attorno ad una proposta di politica economica,
finalizzata ala ricostruzione ed allo sviluppo dell’occupazione, le masse
lavoratrici e, più in generale, l’insieme della nazione.
Costituiva il primo tentativo del sindacato di avanzare una proposta organica,
dettata certo dall’emergenza, di risanamento dell’economia e di
sviluppo del paese. Puntava sul ruolo nazionale e dirigente della classe operaia
e sulla funzione condizionatrice dello Stato verso i monopoli, nel tentativo
di sottrarre ad essi la possibilità di concentrare gli investimenti nelle
direzioni propizie ai loro profitti.
Il fatto democratico principale è l’irruzione delle masse lavoratrici
nella vita nazionale. La clas-se operaia si afferma come classe dirigente nazionale,
la sola capace di interpretare nel momento stesso in cui si difende i propri
interessi, le esigenze generali della nazione.
Sotto la spinta e la guida della classe operaia avviene un risveglio delle masse
contadine, una ri-scossa politica e sociale delle popolazioni meridionali, un’attivazione
sociale dei ceti medi.
Attraverso il Piano del Lavoro si afferma la centralità operaia: la classe
prospetta la possibilità di un altro sviluppo ed un altro indirizzo di
politica economica, costruisce attorno a sé una fitta rete di alle-anze.
Il Piano del Lavoro, cioè, si presenta come parte del Programma della
classe operaia, momento centrale dell’egemonia gramsciana.