Biblioteca Multimediale Marxista
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Le Categorie della Logica 21
L’astrazione 22
La Legge 24
Universale e particolare 28
Causa ed effetto 29
Errore 30
La destrutturazione del testo 34
Le categorie della logica dialettica.
Nel processo di conoscenza della realtà oggettiva si formano nella mente
degli uomini determinati concetti, tramite i quali essi esprimono e fissano
le proprietà ed i nessi degli oggetti e dei fenomeni del mondo esterno,
concetti che sono le immagini ideali di questi oggetti e fenomeni.
I concetti che riflettono i lati ed i nessi più essenziali di questo
o quell’ordine dei fenomeni si chiamano categorie.
Ogni scienza ha le proprie categorie. Sono ritenute categorie dell’economia
politica i concetti di merce, denaro, valore, plusvalore, profitto, forza-lavoro,
ecc.; le categorie della biologia sono concetti come organismo, ambiente, assimilazione,
dissimilazione, ereditarietà, genere, specie, ecc.; le categorie della
giurisprudenza sono il diritto, la norma giuridica, la legge, il rapporto giuridico,
la trasgressione della legge, ecc. Le categorie della Logica esprimono non semplicemente
le proprietà ed i nessi più essenziali, male proprietà
ed i nessi universali, cioè proprietà e nessi comuni a tutti i
fenomeni della realtà e della conoscenza. Le categoria della Logica sono
concetti universali, applicati a qualsiasi campo della realtà.
Dal loro novero fanno parte concetti come il singolare ed il generale, la quantità
e la qualità, la causa e l’effetto, il contenuto e la forma, la
necessità e la casualità, la contraddizione, ecc.
Nel corso del processo storico della conoscenza le categorie non sono apparse
tutte insieme e contemporaneamente. Ciascuna di esse è legata ad uno
stadio rigorosamente determinato di sviluppo del sapere. Fissando i lati ed
i nessi universali, scoperti in una dato stadio di sviluppo, le categorie esprimono
le peculiarità di questo stadio e sono una specie di punto di appoggio
di un processo che vede l’uomo elevarsi al di sopra della natura. Le categorie
riflettono i lati ed i nessi universali del mondo esterno, sono i gradini dello
sviluppo del sapere, sono i momenti che fissano il passaggio della conoscenza
da uno stadio ad un altro.
L’apparizione di ogni nuova categoria è necessariamente condizionata
dal corso stesso dello sviluppo del sapere. Essa appare perché la conoscenza,
penetrando sempre più profondamente nel mondo dei fenomeni, scopre nuovi
lati e nessi universali, che non possono essere rispecchiati, espressi dalle
categorie già esistenti e richiedono per essere espressi e fissati nuove
categorie. Una volta apparsa, ogni nuova categoria entra in rapporti necessari
con le categorie già esistenti. Disponendo le categorie in quell’ordine
di successione in cui sono apparse nel processo di sviluppo della conoscenza
e della prassi sociale, si può stabilire il necessario rapporto fra di
esse, la loro interconnessione. In questo processo, infine, alcune categorie
decadono, in tutto o in parte, ed al loro postone sorgono di nuovo, o vengono
diversamente definite
Le categorie della dialettica sono, infine, anche le forme del pensiero: Attraverso
di esse si prende coscienza di questo o quel materiale concreto, ottenuto nel
processo della ricerca scientifica e di modificazione della realtà Nel
corso della elaborazione mentale dei dati scientifici, si mettono in luce le
caratteristiche più essenziali dell’oggetto.
Le categorie proprio per il loro riflettere i nessi ed i rapporti e per il loro
riflettere i nessi universali del mondo esterno non possono essere considerate
separatamente, ma nella loro interconnessione ed interdipendenza naturale, come
gli anelli necessari di un unico sistema, logicamente armonioso, in cui spetti
ad ogni categoria un posto rigorosamente determinato. In sostanza ciascuna singola
categoria ci consente di legger ed un lato generale, un lato universale del
problema, è solo l’insieme di queste categorie che ci consente
di leggere il fenomeno, l’oggetto nella sua essenza. Spiegare unicamente
il rapporto causa-effetto di un fenomeno e non anche il suo rapporto universale-particolare,
quantità-qualità, ecc. significa limitarsi ad una lettura parziale
ed assolutamente insufficiente del fenomeno stesso.
Passiamo adesso ad analizzare alcune categorie della Logica,
quelle che nell’economia di questo corso, occorre che voi dovete padroneggiare
con grande sicurezza:
a. l’astrazione,
b. la legge,
c. universale e particolare
il tutto e la parte,
d. causa effetto.
Oltre queste ve ne sono altre quali: contenuto e forma,
essenza e contenuto,
caso e necessità,
Libertà e Necessità,
Possibilità e la realtà, ecc.
L’astrazione.
Che cos’è un’astrazione?
La comunità-uomo entra in rapporto con la realtà esterna attraverso
i cinque sensi nella sua azione di trasformazione della natura ed è investito
da questa realtà da mille, infinite, sensazioni.
Moltissime di queste sensazioni sono differenti tra di loro, ma molte sono connesse
tra di loro: ma tutte ci segnalano aspetti, lati e forme diverse della realtà
che è una e divine in infinite forme.
Si presentano quindi nella loro molteplicità.
Ci presentano la molteplicità della materia, del reale.
Ma in questa forma caotica e disorganica, ove sensazioni diverse, di cose ed
aspetti diversi investono nello stesso spazio temporale il soggetto, noi non
possiamo capire, intelligere, il reale. Il reale è intelligibile nella
sua unità.
I fenomeni, le cose, le sensazioni pur nella loro infinita varietà possono
essere ricondotti a loro elementi comuni e sotto questo elemento comune essere
raggruppati, In questo essere raggruppati vengono ricondotti dalla loro molteplicità
ad una loro unità.
questo processo di ricondurre una molteplicità di fenomeni, cose, sensazioni,
ad una loro unità si chiama:
processo di astrazione
d il risultato che si ottiene si chiama
astrazione.
Poste così le cose sono assai poco chiare e possono sembrare astruserie.
Ma nella realtà quello che io ho espresso voi lo fate mille volte nella
vostra quotidianità.
Se i vi chiedo “ Chi c’è ad ascoltare questo seminario?”,
voi mi rispondete: “ Compagni”,
“ Persone”, “ Marxisti”, ecc.
Voi avete qui operato un processo di astrazione.
“ Compagni”, “ Persone”, “ Marxisti” sono!
astrazioni.
Vediamo perché.
“ Compagni”?
Uomini o Donne?,
giovani o anziani?,
alti, bassi, magri,
capelli chiari, scuri, calvi,
attivisti sindacali, di partito,
operai, studenti, casalinghe, pensionati, ecc.
E così potrei continuare all’infinito.
Bene. Voi avete astratto da tutti questi elementi concreti, materiali ed avete
ricondotto questa molteplicità ad un solo punto comune, ad una sua unità,
tale o ritenuta tale.
Questa da voi attuata è la forma più elementare, e spontanea,
del processo di astrazione.
Ma già a questa prima forma elementare, spontanea occorre ben fermare
che l’astrazione è un’operazione mentale, logica, operata
dall’uomo e che essa non esiste nella natura.
Nella natura, nella realtà effettiva, non esistono “ compagni,
“ marxisti” ma ben precisi ed esatti individui con le loro esatte
e precise individualità, è l’uomo che per una gestione di
questa molteplicità di dati interviene ed attua una operazione del pensiero,
un’operazione logica.
Quelli che poi agiscono non sono “ compagni”, o “ marxisti”
ma questi esatti, precisi, singole individualità con le loro esatte e
precise specificità, i loro percorsi e vissuti, le loro sensibilità.
Attuata, giustamente, l’astrazione, non bisogna poi dimenticarsi di averla
attuata e pretendere che poi questa massa agisca nella forma che noi abbiamo
attuato, ossia che agisca allo stesso modo, nella forma dell’astrazione.
Nella vita reale esistono i singoli soggetti e non l’astrazione, esiste
il particolare e non il generale; agisce il particolare e non il generale. Fermiamo
qui questo problema che riprenderemo quando studieremo la legge ed il rapporto
generale – particolare.
Tornando adesso all’astrazione.
Quella da voi operata, si è detto, è la forma più elementare,
spontanea dell’astrazione.
esistono altre forme e più complesse del processo di astrazione, quelle
che ci consentono di elaborare idee, teorie, sistemi, scienze.
Idee, teorie, sistemi, scienze sono legati tra di loro dal processo di astrazione:
un insieme di idee inerente uno stesso campo, sussunte sotto un unico principio,
ci dà la teoria,
un insieme di teorie inerente uno stesso campo ci dà un sistema,
un insieme di sistemi inerenti uno stesso campo ci dà una scienza.
Questo avviene attraverso un processo di astrazione, ossia vengono isolati fattori
comuni e costruite unitariamente teorie, sistemi, scienze.
Dobbiamo però subito precisare queste idee, teorie, sistemi, scienze
possono avere una qualche speranza di essere solo se esprimono e sintetizzano
la pratica sociale degli uomini, ossia se sono l’espressione, il riflesso
nella mente degli uomini della realtà oggettiva, riflesso nella mente
degli uomini della realtà oggettiva che avviene tramite, con, attraverso,
per il Lavoro.
Il come avviene l’isolare ed evidenziare i fattori comuni, il come avviene
cioè l’azione di sussunzione di una molteplicità di dati
sotto un fattore comune e la costruzione consequenziale sulla base di questi
dati così raccolti disaggregati e riaggregati sulla base del fattore
comune di teorie, sistemi scienze ci dà la correttezza o erroneità
della costruzione teorica.
La costruzione in teoria, sistema, scienza è non solo l’isolare,
cioè il disaggregare dati, ma anche successivamente diversamente riaggregarli
ed il modo di come avviene questa riaggregazione dà la correttezza o
meno della costruzione, giacché essa deve riflettere la realtà
oggettiva, esprimerla e l’astrazione deve essere funzionale ad un maggior
padroneggiamento dei dati del reale per meglio intelligerli e penetrare così
di più la natura ed approfondire la conoscenza.
Dico questo perché abbiamo potuto legare, fatti, fenomeni cose, sensazioni
in una consequenzialità non corretta, cioè, arbitraria e quindi
sussunto tali dati in maniera non corretta. E questo è il campo della
critica e delle leggi della critica, ramo particolare della Logica.
Ora il processo di astrazione è infinito sia nel suo moto ascensionale
che in quello discensionale.
E’ possibile sempre sussumere una massa di dati sotto un fattore comune.
Prendiamo una Biblioteca.
In essa vi sono Libri, ma non abbiamo detto quali: di Storia, filosofia, letteratura,
scienze, narrativa.
Ma se prendiamo quelli di Storia prendiamo tutti i libri che parlano di Storia
e li abbiamo sussunti sotto questo termine “ Storia”, ma non abbiamo
detto di quale periodo, adesso raggruppiamo tutti i libri di Storia sotto i
vari periodo, ma non abbiamo detto di quale nazione, città ed anche qui
scendendo dall’astratto “ Libri” entriamo sempre più
nel particolare ed il processo di astrazione è più selettivo.
E possiamo scendere ancora e sussumere questa massa di testi di storia inglese
in periodi, nelle sue varie, regioni e paesi, sulla base della popolazione,
delle attività produttive, dello sviluppo urbano, ecc. fino a giungere
al singolo libro di storia agraria inglese del periodo di Crowmell. Ma noi possiamo
anche attuare un processo ascensionale, ossia procediamo a processi di astrazione
sempre più elevati. Libri può essere sussunto per astrazione con
tutti gli altri oggetti che sono cartacei, e questi con tutti quelli prodotti
dalla trasformazione di un certo tipo di albero, e questo sussunto sotto la
voce di produzione naturale, e poi di oggetti che attuano la sintesi clorofilliana,
e questi ancora sotto la voce di elementi naturali, e qui procedere sulla base
della loro composizione chimico-fisica, fino a giungere agli elementi primi.
Nel processo ascensionale vi è il carattere estensivo dell’astrazione,
sempre maggiori oggetti vengono sussunti e soggetti all’azione di astrazione,
nel processo discensionale si ha l’inverso, sempre minori sono gli oggetti
e fenomeni soggetti all’azione di astrazione, fino ad arrivare qui all’individuazione
del particolare libro, di quel particolare e specifico autore.
Questo carattere “ assoluto”, diciamo così, dell’astrazione
deve essere sempre tenuto presente, come vedremo quando affronteremo la tematica
della destrutturazione, ossia della critica e delle leggi della critica.
L’astrazione è quindi l’isolare da un insieme di dati, cose,
fenomeni, fattori comuni e costruire così tale dati, cose, fenomeni unitariamente.
Il processo di astrazione è questa operazione, si chiama processo di
astrazione questa operazione. Il risultato che si ottiene da questo processo
si chiama astrazione.
Va qui ancora una volta ribadito che l’astrazione in Natura non esiste,
essa è un’operazione logica che opera l’uomo, per meglio
intelligerli la molteplicità dei fenomeni.
La legge.
L’uomo è un animale di tipo particolare, che vive trasformando
e modificando il suo rapporto con la realtà a lui esterna per poter attuare
la trasformazione del suo rapporto con la natura e tramite tale azione, che
è il lavoro, riprodurre le condizioni materiali della sua esistenza.
Per poter attuare questa trasformazione l’uomo conosce per poter attrezzare
gli strumenti adeguati, sufficienti e necessari: non si taglia un albero con
un pezzo di carta e non si taglia un vetro con una sega; non tutti i cibi si
cuociono e non tutti allo stesso modo e non tutti sono utili per l’uomo.
L’uomo, quindi, per sua natura, ossia per la natura conforme al suo essere
animale di tipo particolare, tende a conoscere la realtà per renderla
utile a sé.
Nel lavoro, con, per e attraverso il lavoro, l’uomo accumula esperienze,
l’esperienza per processo di astrazione viene elaborata in leggi e le
leggi in teorie, sistemi, scienze.
a. L’esperienza.
Cos’è l’esperienza?
Non è la sensazione, è più della sensazione.
Non è una legge, è meno di una legge, possiamo dire che è
quasi una legge.
Diviene legge solo nel senso comune e nel buon senso, ossia lo diviene ad un
livello di astrazione basso, popolare e perciò stesso il senso comune
ed il buon senso si presentano con una loro validità e forza di convinzione,
proprio per avere questa base nell’esperienza. Essa però, per il
fatto il basso livello di astrazione, si ferma ai dati più immediati,
più tangibili di quell’esperienza, o di quell’insieme di
esperienze, senza cogliere il nesso che le unisce ad altre, il che consentirebbe
una validità maggiore ed una esattezza e rigorosità maggiore:
tutte cose queste che avvengono, invece, con la legge. Il senso comune, il buon
senso si fermano alla frammentarietà dandovi un’ombra di unitarietà,
ma non ricostruiscono e non riflettono l’unitarietà della materia.
Diciamo che essi costituiscono i momenti di astrazione della conoscenza spontanea,
naturale o empirica. L’esperienza è la base comune sia della conoscenza
empirica che di quella scientifica o teorica; nella empirica l’esperienza
si ferma ai dati fenomenici, nella teorica l’esperienza costituisce il
dato su cui si sviluppa la riflessione, la ricerca.
Quando un fenomeno è costante, ossia di ripete con una sufficiente regolarità
in condizioni costanti e ad esso fa seguito quel determinato effetto noi abbiamo
un’esperienza.
Ma perché si abbia “ esperienza” non basta che un fenomeno
si ripeta con sufficiente regolarità, occorre che questo fenomeno sia
riflesso nella coscienza degli uomini, ossia che gli uomini prendano coscienza
di quella regolarità. Ma prima che gli uomini ne abbiano coscienza occorre
che quel fenomeno si ripeta migliaia di volte e che le esigenze degli uomini
siano rivolte alla comprensione di quel fenomeno, o di quella massa di fenomeni,
al fine della modifica del rapporto uomo-natura. Occorre, inoltre, che la conoscenza
degli uomini sia in grado di cogliere e leggere quella cadenza regolare. L’addensarsi
delle nuvole p fenomeno comune in tutta una vasta zona, ma solo i contadini
sanno in linea generale leggere quella cadenza del presentarsi di quel determinato
fenomeno e consequenzialmente prevedere pioggia, bel tempo, o .. . L’addensarsi
di nuvole ed il momento dei venti è fenomeno comune in tutta una vasta
zona, ma solo i marinai sanno leggere il presentarsi di quel fenomeno come cadenza
e consequenzialmente prevedere. I contadini ed i marinai hanno per bagaglio
questa enorme esperienza, ossia hanno come patrimonio la conoscenza del presentarsi
di un determinato fenomeno come annuncio di altri fenomeni consequenziali. Ma
così facendo essi fanno tesoro dell’osservazione millenaria, dell’esperienza
millenaria dei contadini e dei marinai che hanno pagato a caro prezzo il riconoscere
quel fenomeno come annuncio di ben altri fenomeni. Ma questo richiede che vengano
letti unitariamente, in maniera congiunta, diversi fatti e ricomposti unitariamente:
formazione delle nuove, periodo in cui avviene, spirare del vento e tutto questo
combinato con la situazione di quel momento. piovosa, secca, ecc.
la lettura dei fenomeni e della loro consequenzialità nell’esperienza
del contadino o del marinaio è limitata ad una massa ristretti di fenomeni
e dati. Essi sono in grado di leggere i fenomeni ultimi annunciatori dell’imminenza
di questo o quello, ma non sono in grado, procedendo a ritroso di leggere il
fenomeno del fenomeno che poi porterà al presentarsi di quel fenomeno
annuncio dell’imminenza di questo o di quello. Noi diciamo, infatti, che
quella del contadino o del marinaio è una grande esperienza, ricca a
non diciamo che è una scienza. La meteorologia, ossia un momento più
alto di quell’esperienza, mette a frutto l’esperienza di un campo
più vasto: coniuga, ed è momento di sintesi, l’esperienza
del contadino dei Balcani ( Grecia, Turchia, Albania, Jugoslavia ), del contadino
dell’Alto Adriatico, di quello del basso Mediterraneo: dà cioè
una lettura a tutto campo di una vasta area, ben maggiore di quella entro cui
si muove il contadino o il marinaio, e sa che se si presenta una determinata
situazione in Grecia ed il momento dei venti è di un certo tipo, allora
significa che nell’Adriatico ci sarà e nel basso Mediterraneo per
il presentarsi del tal altro fenomeno che si coniugherà con il fenomeno
dei Balcani determinerà questo o quello; agirà, cioè, da
mediazione o da rafforzamento di quel determinato fenomeno.
Per fare questo, per poter leggere una catena ben più vasta ed ampia
ed articolati di rapporti causa – effetto, che non l’immediato rapporto
causa-effetto che, invece viene letto dal contadino e dal marinaio, la meteorologia
deve attrezzare strumenti scientifici in grado di conoscere tutti quei dati
ed elaborare i corretti strumenti teorici e ricomporli unitariamente: da tutto
questo e come momento di sintesi elabora i tratti comuni, formula, cioè,
leggi in merito, fissa, cioè, l’essenziale del fenomeno. La meteorologia
così facendo ha coniugato le esperienze di questi contadini. a quel fenomeno
annuncio segue questo e quello, con una lettura a più lungo campo e non
tanto il fenomeno annuncio ultimo, ma i fenomeni annunci precedenti dell’ultimo
e dove quel fenomeno annuncio è causa dei successivi, ma è effetto,
è la risultante dei precedenti.
L’esperienza del contadino non è in grado di leggere fenomeni precedenti,
ma solo quello ultimo che annuncia tempesta o necessità di seminare,
raccogliere, ecc., la meteorologia, invece, agendo a tutto campo è in
grado di vedere che quel fenomeno annuncio è lì causa, ma è
esso stesso effetto ed in grado di leggere di cosa è effetto, e quindi
delle cause più remote, ossia di leggere i fenomeni annunci precedenti,
il che gli consente di prevedere in tempo maremoti, periodi di secca o di piovosità
abbondante. La meteorologia ha cioè un campo di azione più vasto,
sintetizza più processi e più lati di processi diversi che convergono
verso un punto. La meteorologia in sostanza legge un’intera catena causa-effetto.
Noi infatti chiamiamo la meteorologia scienza e non esperienza.
L’esperienza è, cioè, il risultato di un processo di astrazione
delle percezioni: ed in quanto tale limitato, è angolazione limitata
di lettura limitata ad una massa limitata e percepita nell’ambito ristretto
di una comunità p di un territorio ed avente validità limitata
e ristretta a quel territorio, a quella comunità.
L’esperienza costituisce la ricomposizione limitata dell’unitarietà
dei fenomeni del mondo oggettivo esterno all’uomo.
La Legge.
La legge è, invece, il risultato di un processo di astrazione di esperienze,
ed in quanto tale più ampio, dato da un’angolazione di lettura
ed in un ambito di comunità e territorio più ampio, fino a comprendere
la totalità territoriale e la totalità della comunità-uomo.
La legge si ottiene ricomponendo un’infinità di processi, fenomeni,
dati – a cui già l’esperienza aveva dato una prima ricomposizione,
ma che in àmbiti più vasti occorre riconsiderare per vedere quali
interconnessioni vi siano e che non sono stati visti, colti, nell’ambito
più ristretto delle esperienze, per coglierne il meccanismo, per spiegarci
come quel determinato fatto accade e quando si ripresenterà o possiamo
farlo ripresentare. La sintesi di tutto questo noi la esprimiamo in una formula,
in una definizione. Questa formula o definizione noi definiamo legge. Ma per
poterlo fare abbiamo dovuto condurre all’unità una massa di esperienze,
costituite esse stesse, e ciascuna di esse, da una massa di percezioni, ossia
da massa di fenomeni, dati, ecc. Nel ricondurre all’unità, e per
poter ricondurre correttamente all’unità, occorre che abbiamo colto
l’intima struttura dell’oggetto in esame, ossia il suo movimento.
L’oggetto in esame ci si è presentato sotto diverse forme ed in
svariatissime condizioni e perciò stesso diverso, e letto ciascuno come
diverso dall’altro; solo attraverso un processo intellettivo siamo riusciti
a riconoscere sotto quelle svariate, infinte, forme il presentarsi di quel fenomeno.
Ma il ricondurre un’infinità di processi, di fenomeni ad una loro
unitarietà ci dà la coscienza della connessione oggettiva dei
singoli processi dell’oggetto in esame. Ma l’attività sociale
– e quindi materiali, spirituale, manuale ed intellettuale – della
comunità-uomo, e dei singoli uomini, non si esplica attorno ad un singolo
oggetto in esame e nemmeno attorno ai fenomeni degli oggetti inerenti un unico
campo, ma inerisce i fenomeni degli oggetti di tutti i campi in cui si esplica
l’attività sociale, in cui si esplica, cioè, la trasformazione
del rapporto uomo-natura, in cui si esplica la riproduzione delle condizioni
materiale di esistenza degli uomini. La comunità-uomo, ed i singoli uomini,
quotidianamente sono investiti da una massa di conoscenze e sintesi di settori
particolari, che per processi di astrazione superiore, vengono elaborati in
sistemi più complessi, fino a configurarsi in scienze. Dall’insieme
di fenomeni inerenti un unico campo del sapere noi riceviamo la coscienza della
connessione oggettiva di tutti quei fenomeni, che pur si presentavano sotto
diverse e svariatissime forme e di cui all’inizio era difficile riconoscere
il loro inerire un unico campo d’indagine; la coscienza della connessione
è la coscienza dei rapporti causa-effetto che legano tra di loro quella
massa di fenomeni, è la coscienza del rapporto particolare-generale che
unisce tra di loro quella massa di fenomeni. Dall’insieme dei campi di
indagine noi riceviamo la coscienza dell’unitarietà, della connessione
oggettiva di tutti i campi e della loro stretta interdipendenza e del loro reciproco
condizionarsi. condizionarsi cioè di campi diversi e di fenomeni diversi
in campi e su campi diversi, ossia la modifica di un fenomeno in un campo comporta
la modifica del campo e la modifica di tutti, o parte, dei campi d’indagine
e quindi la modifica del mondo oggettivo esterno.
Ci viene così restituita l’unitarietà della materia ed il
suo divenire in infinite forme.
Noi non riusciamo, come si è detto, a cogliere l’unitarietà
assoluta del mondo oggettivo, riusciamo a cogliere aspetti più o meno
ampi e non sempre riusciamo a leggere i molti aspetti più o meno ampi
nella loro interconnessione. Noi, infatti, di un oggetto non leggiamo immediatamente
il suo complesso movimento interno, il suo divenire, ma leggiamo il suo momento
statico.
Per poter intelligere il movimento della materia noi possiamo leggere il momento
di quiete e quello che fermiamo, quello che fissiamo, è la quiete. Questo
momento di quiete è la legge.
Il moment5o di quiete è cioè il nostro fermare il momento costante
dell’eterno movimento della materia e fissiamo questa costante, questa
“ quiete” dei fenomeni in Leggi.
Tramite la legge scientifica noi operiamo una sintesi dei nostri speri, gli
diamo una organicità e attraverso questa organicità e sistematicità,
che noi, e solo noi uomini gli diamo, operiamo e trasformiamo la realtà
esterna, ossia attuiamo il ricambio organico uomo-natura, ossia riproduciamo
le condizioni materiali di esistenza della nostra esistenza.
Occorre qui dire due cose, prima di procedere innanzi:
1. le leggi scientifiche hanno portata e valenza diverse.
Alcune vengono ad avere una funzione più generale, altre invece, e sono
la stragrande maggioranza, esplicano la loro azione limitatamente al loro campo
d’indagine e limitatamente a quel fenomeno. Questo significa che le leggi
scientifiche valide in un determinato campo, non lo sono in un altro e non è
possibile mutuarle in altri campi, in altre situazioni.
2. la legge scientifica è un’operazione compiuta dal pensiero logico,
è un’operazione della Logica.
Il fissare la quiete è un’azione che compiamo noi uomini attraverso
processi e procedimenti
logici. In natura non esistono affatto leggi. Le leggi sono operazioni, sono
atti coscienti del
pensiero logico dell’uomo, sono azioni coscienti e volontarie degli uomini,
giacché essi sono
fermando la “ quiete” riescono ad intelligere il movimento. Ma in
natura non esiste alcuna legge.
In natura esiste il particolare, il fenomeno particolare che accade, ma il fenomeno
non ha alcuna coscienza che è causa di ed effetto di, o che esso accade
in base ad una serie di catene consequenziali di causa-effetto. Esso accade
e basta. Siamo noi uomini che per poterlo comprendere, per poterlo governare
e renderlo utile per noi, attuiamo dei processi logici che vanno dall’astrazione
alla legge scientifica.
La legge prende ciò che è quieto. e quindi la legge, ogni legge,
è ristretta, incompleta, approssimativa. Proprio per il fatto che essa
esprime il generale è ristretta, giacché il generale non abbraccia
mai completamente il particolare, ma solo in maniera incompleta, approssimativa,
l’abbraccia, cioè, per i suoi tratti comuni, ma abbracciandola,
e per abbracciarla, per i suoi tratti comuni perde la strada gli aspetti specifici,
che sono poi quelli che caratterizzano il fenomeno, il particolare, di cui il
generale vuole inglobare, abbracciare, esprimere.
Questo fa si che la legge ogni legge ha una validità relativa, fino a
quando la conoscenza dell’uomo procedendo in avanti non ne evidenzia limiti,
carenze, insufficienze, cioè fino a quando la conoscenza dell’uomo
non ne evidenzia i tratti di ristrettezza e limitatezza e l’amplia, passando
così ad un diverso livello di limitatezza, incompletezza ed approssimazione.
Fino a quando tale legge è operante, fino a quando cioè quella
legge esprime il punto più alto della conoscenza degli uomini, essa ha
un valore assoluto, ma limitatamente a tale fase, ma in generale e sul lungo
periodo essa ha una validità relativa.
Siamo, cioè, noi uomini che introduciamo nella natura l’immobilità
ed il carattere assoluto.
Tutti i fenomeni della natura sono movimento ed il loro differenziarsi è
dovuto unicamente al fatto che noi, uomini, leggiamo, percepiamo questo movimento
in forme diverse, leggiamo cioè di questo movimento generale della materia
particolari angolazioni, particolari movimenti.
E consequenzialmente leggiamo queste forme diverse nella loro quiete.
Universale e Individuale.
Il tutto e la parte.
Nel processo di sviluppo, unitamente alla categoria “ astrazione”
la categoria “ generale-particolare” è la più ostica,
assai scarsamente padroneggiata, o causa di molte inconseguenze teoriche e pratiche.
Unitamente alla ” astrazione” concorre alla formazione di altre
categoria;
trova esplicazione in altre categorie.
Il rapporto universale e particolare si esprime nei modelli materiali, ossia
si trova nella realtà oggettiva, e si esprime nei modelli ideali, o logici,
costruiti dagli uomini per intelligere il reale.
I due modelli esprimono il rapporto universale –particolare in maniera
diversa, e le leggi che vi operano si presentano diverse nella forma nei due
modelli.
Il modello ideale o logico è rappresentato qui dal modello denominato:
A.
A.
Un fenomeno è costituito da un insieme di elementi.
Un insieme di fenomeni costituiscono un dato sperimentale.
Un insieme di dati sperimentali concorrono alla formazione di una idea.
Un insieme di idee dello stesso genere, sussunte sotto un fattore comune per
il processo di
astrazione, concorre alla formazione di una legge ?teoria.
Un insieme di leggi?teorie concorre alla formazione di un sistema teorico.
Un insieme di sistemi teorici concorre alla formazione di una scienza.
Il modello materiale, o oggettivo, è rappresentato qui
dal modello denominato B.
B.
Un atomo è costituito da un insieme di nucleo ed elettroni.
Un insieme di atomi costituisce una molecola.
Un insieme di molecole dello stesso tipo costituisce un organo, tessuto, corpo,
ecc.
ecc.
Questi due modelli ci mostrano come ciascuno è al tempo stesso generale
rispetto ad alcuni e particolare rispetto a tutti gli altri, in una struttura
ascendente, ossia in una struttura sempre più complessa.
Si tratta, come per il rapporto causa-effetto, di vedere da quale angolazione
si legge il processo, da quale punto iniziamo a leggere il processo, quale momento
del divenire della materia noi fermiamo, viene privilegiato.
Nel modello A, fino ad un certo punto noi abbiamo dati materiali: gli elementi
di un fenomeno, i dati sperimentali, ma già l’insieme dei dati
sperimentali ci dà un ente immateriale: l’idea e poi la legge,
la teoria, il sistema teorico, che trovano la loro consistenza nell’effettiva
corrispondenza nei dati materiali di cui sono astrazione, diversamente sono
astruserie.
Nel modello A si combina l’elemento materiale con l’elemento immateriale,
esso è retto dal processo ascensione dell’astrazione. In questo
modello il rapporto universale-particolare si pone in maniera diversa dal modello
materiale, modello B, e gli elementi agiscono in maniera diversa.
Nel modello ideale o logico, modello A, l’insieme dei dati sperimentali
è già una costruzione logica dell’uomo. Un tale generale
nella realtà non esiste, è una costruzione dell’attività
logica dell’uomo, è una costruzione dell’attività
del pensiero dell’Uomo. Tale costruzione è data da una massa di
fenomeni che si sono riflessi nel cervello dell’uomo ed hanno subito un
processo logico, un processo di astrazione. Essa può corrispondere in
maniera più o meno esatta alla realtà, essere, cioè, un
riflesso più o meno corretto della realtà oggettiva, che tale
costruzione intende esprimere e rappresentare. Attraversa questa attività
del pensiero dell’uomo, dell’attività logica dell’uomo,
l’uomo ascende a livelli sempre superiori: la legge, la teoria, il sistema
teorico, la Scienza, l’insieme dei Saperi degli Uomini.
Diversamente avviene nel modello materiale, il modello B.
Qui tutte le forme sono tutte reali e costituiscono le forme reali della materia,
le forme reali del movimento e del divenire della materia. Qui il rapporto universale-particolare
è retto da leggi diverse. Qui esiste sia il particolare che il generale,
ciascuno è generale di ed è particolare di tutte le altre forme
superiori. Ciascuno nel suo essere generale abbraccia in maniera imperfetta,
incompleta, insufficiente i particolari da cui è costituito; ma nel suo
essere particolare di tutte le altre forme superiori del divenire della materia
agisce in maniera individuale, secondo sue specifiche leggi e movimenti di quel
preciso, esatto, particolare. Agisce cioè secondo le leggi dell’indeterminatezza
della fisica quantistica, delle leggi scoperte da Heisenberg, ove ciascuno è
la goccia in un fiume Lenin il fiume, le gocce.. citare
La forma del generale è la risultante dell’equilibrio di tutti
i sui singoli momenti che lo compongono, il fiume e le gocce del fiume.
Il punto qui da fermare è questo particolare rapporto che salda il particolare
all’universale, ed il complesso rapporto e modo di esprimersi ed essere
del generale e del particolare, unitamente ai due modelli in cui esso agisce.
Se si confondono i due diversi modelli, se si applicano i modi di esprimersi
delle leggi e dei rapporti universale-particolare di un modello all’altro,
se si scambiano i due modelli, diviene assai difficile comprendere la realtà.
E’ il caso per esempio della legge scientifica e della sua validità.
Una legge scientifica o una teoria costituisce il generale rispetto ai fenomeni
Causa ed effetto
Noi abbiamo visto nell’esempio del contadino e del marinaio il rapporto
causa-effetto, e di come ciascuna causa è al tempo stesso effetto: è
causa di un evento o fenomeno ed è effetto di una qualche causa.
Si tratta adesso di approfondire meglio queste categorie della logica ed il
rapporto causa-effetto.
Nel mondo oggettivo osserviamo una costante interazione dei fenomeni, a seguito
del quale alcuni di essi ne generano altri, i quali a loro volta danno origine
ad altri ancora, e così via.
Un fenomeno o un gruppo di fenomeni interagenti che ne precedono altri e li
generano vengono definiti causa. Il fenomeno che viene invece generato dall’azione
di una causa si dice effetto.
La causa precede sempre l’effetto, tuttavia la semplice successione nel
tempo non è caratteristica sufficiente per individuare la causa un fenomeno.
La notte segue al giorno, ma “ giorno” non è la causa di
notte, entrambi invece sono l’effetto della rotazione che la Terra compie
intorno al proprio asse. Un fenomeno causale tra due fenomeni ha luogo solamente
quando uno di essi non solo precede l’altro, ma lo genera inevitabilmente.
La causa non deve però essere confusa con il pretesto. Il pretesto è
un avvenimento che precede direttamente una conseguenza, ma non ne è
affatto la causa, ma semplicemente uno stimolo. L’assassinio dell’arciduca
d’Austria nel 1914 non fu la causa della 1a guerra mondiale, ma il pretesto.
La causa era determinata dalle contraddizioni tra i vari paesi e gruppi monopolistici
per una nuova spartizione del mondo tra i briganti imperialisti.
La causa deve, altresì, essere distinta dalle condizioni nelle quali
agisce. Il lavoro produttivo è la causa di ogni ricchezza sociale. Ma
perché sia tale occorre che esista un oggetto del lavoro e che vi siano
gli strumenti con i quali lavorare questo oggetto. Né l’oggetto
del lavoro né gli strumenti portano di per sé ricchezza, ma costituiscono,
tuttavia, le indispensabili condizioni per l’attività lavorativa.
Perché una causa possa esperirsi, esserci, occorre che vi siano anche
le condizioni, che determinano poi la forma concreta in cui la causa si esperisce
e le forme concrete nelle quali la causa genera gli effetti.
La causalità è un dato oggettivo, non viene messa in essere dall’uomo,
dalla sua volontà, dalla sua azione e meno che mai da una qualche forza
sovrannaturale o divina: la causalità è insita nella materia stessa
e viene ricercata e scoperta dall’uomo tramite l’attività
scientifica, concorre la formazione della coscienza scientifica, e viene ricercata
sulla base della conoscenza scientifica, che arricchisce, una volta scoperta
la causa che origina quel fenomeno.
Come si è visto nell’esempio della pioggia e del contadino esiste
un legame reciproco tra causa ed effetto, giacché uno stesso fenomeno
è in un certo rapporto causa ed in un altro effetto, come si è
visto; quello a cui questo legame dialettico causa-effetto dà vita è
l’infinita catena di interazioni universali, che è poi la base
dell’intera vita, dell’intero divenire della materia e delle sue
infinite forme.
La combustione del carbone nei forni di una centrale elettrica rappresenta la
causa della trasformazione dell’acqua in vapore. Ed il vapore, che è
quindi effetto della combustione del carbone, è a sua volta causa del
movimento del rotore che genera corrente elettrica, la quale a sua volta è
causa del movimento di innumerevoli macchine e meccanismi e fornisce all’uomo
luce, calore, elettricità, ecc. e questa rete di causa-effetto potrebbe
continuare all’infinito.
La causalità caratterizza questa infinita catena di interazioni universali
fra gli oggetti ed i fenomeni del mondo, nella quale ogni anello è causa
ed effetto nello stesso momento.
La conoscenza della dipendenza causale dei fenomeni ha grandissima importanza
nel lavoro scientifico e pratico. Scoprendo le cause dei fenomeni utili, l’uomo
può facilitarne l’azione, accelerando così il manifestarsi
di eventi e processi a lui necessari.
La ricerca delle cause fondamentali dà la possibilità di interpretare
correttamente l’origine e l’essenza di un fenomeno, la sua collocazione
in una serie di altri fenomeni, e di comprendere inoltre le leggi secondo le
quali un fenomeno si evolve.
La causa principale è quella è quella che in mancanza della quale
un dato fenomeno non è in grado di verificarsi.
Infine, la causalità è il nesso più generale, ma la causalità
non esaurisce da sola tutta la molteplicità dei nessi della realtà,
non rappresenta che una parte del nesso universale. Nella complessità
dei nessi causali hanno importanza anche i nessi necessari ed i nessi casuali.
Il rapporto necessità e casualità, oltre che richiedere una più
attenta definizione di “ necessità” e di “ caso”,
rimanda al più generale rapporto tra potenza ed atto, possibilità
che un dato fenomeno si manifesta ( potenza, potenzialità ) e manifestarsi
del fenomeno stesso ( atto ).
Il rapporto è stato studiato nella logica formale da Aristotele.
Il dibattito sulla legge 40, ossia sulla fecondazione assistita, e quello scaturito
nel corso della campagna referendaria aveva alla base anche questo rapporto
potenza-atto, necessità-caso.
Fermiamo qui la tematica, che rimandiamo ad altra data, per la complessità
di essa.
Errore
La categoria logica di errore.
In generale, e nella vita di tutti i giorni, quando una cosa non riesce, allora
significa che o quella cosa, obiettivo, finalità, è sbagliata,
oppure che sono stati commessi errori tali da deviare le cose, determinandone
il fallimento.
Non raggiungimento dell’obiettivo?fallimento?errore: questa la struttura
di pensiero.
In generale si parte dall’assunto che se una cosa è fallita, o
non è entrata, è perché essa era sbagliata. Si costruisce
cioè un segno di uguaglianza tra non riuscita, fallimento, di una cosa
ed errore.
Fatto questo si va alla ricerca del punto di origine di questo errore: nella
teoria, in qualche punto della teoria, o a partire da un determinato momento.
In entrambi i casi vi è una impostazione idealista del problema: entrambi
presuppongono una teoria pura, che viene definita una volta per tutte e che
tale teoria o ha all’origine una tara, oppure è stata tradita,
nel senso che non è stata applicata in maniera corretta, di qui il fallimento.
Queste cose possono essere, ma non stanno in rapporto strettamente consequenziale,
ossia è possibile anche altro.
La quintessenza della struttura logica è l’identificazione di ciò
che si ritiene fallimento in quanto errore e quindi: errore? negativo? cattivo:
successo? positivo? buono.
L’impianto come si vede sui più immediati aspetti fenomenici, ossia
tutto dentro la conoscenza e coscienza empirica.
Il primo problema che dobbiamo affrontare è quello del rapporto:
non-conoscenza - conoscenza.
Successivamente dovremo affrontare il concetto di errore in sé ed i vari
tipi di errori.
L’intera storia dell’Uomo è costituita dall’eterno
passaggio dalla non-conoscenza alla conoscenza.
Come avviene questo passaggio?
L’Uomo nel trasformare la Natura, ricambio organico, accumula esperienza
e formula una certa idea della realtà che trasforma, questa esperienza,
ossia questa accumulazione quantitativa nel tempo, viene sottoposta ad un processo
di astrazione ed elaborata in teorie scientifiche. Nel corso successivo del
ricambio organico l’uomo acquisisce sempre nuovi elementi: modifica alcune
visioni, ne abbandona altre. Quello che in precedenza sembrava un tutt’uno
si rivela invece diverso da quelle leggi e criteri che fino ad allora erano
stati utilizzati mostrano i loro limiti e richiedono che quei campi vengano
separati, agendo leggi, metodi e categorie concettuali diversi.
Con l’esperienza gli uomini conoscono sempre nuove cose ed imparano che
determinate cose posso avere anche usi diversi da quelli che fino ad allora
essi attribuivano. Attraverso questo processo essi complessificano le loro conoscenze
e quindi il loro rapporto con la realtà esterna, e questo si traduce
in una capacità maggiore dell’uomo di incidere nella realtà
e di trasformarla più profondamente. Nel trasformarla più in profondità
l’uomo scopre nuovi nessi e legami che uniscono le varie cose e che per
l’innanzi ritenevano non esistessero rapporti o nessi, o che se lo ritenevano
li davano o molto vaghi e quindi sostanzialmente ininfluenti o in rapporti diversi.
La comprensione di questi nessi, legami, che uniscono le cose, i processi consentono
all’uomo di spiegare nel rapporto causa/effetto una serie di fenomeni,
che essi per l’innanzi non riuscivano a spiegarsi e che attribuivano al
caso, consentendo così all’Uomo un miglioramento nel processo di
trasformazione del rapporto con la Natura, o ricambio organico. L’uomo
passa così costantemente dalla spiegazione e comprensione casuale, del
caso, dei fenomeni a quelli causali, ossia prodotti ed espressione del rapporto
causa/effetto.
L’errore è cioè parte della conoscenza.
L’errore è cioè una discrasia tra la visione che abbiamo
di un processo ed il processo stesso, abbiamo cioè un riflesso sostanzialmente
non corretto di quel processo e quindi non riusciamo a spiegare i rapporti causa/effetto
che quel processo comporta, di qui gli insuccessi e sono quegli insuccessi che
ci spingono a ristudiare il fenomeno, a riesaminarne i dati, prendere una massa
maggiore di dati, cercare nuovi ed altri dati e riformulare una nuova ipotesi,
ecc.
La teoria tolemaica, ossia la teoria che considera la Terra ferma ed il Sole
chele gira attorno e la teoria eliocentrica con il Sole al centro della Galassia
e gli altri pianeti che ruotano attorno al Sole.
La teoria tolemaica viene elaborata nel 160 dc, ma in precedenza era stata elaborata
già una teoria eliocentrica - che era alla base poi di tutti gli studi
dell’Astronomia egiziana, assiro-babilonese del 2000-1500 ac. In specifico
Aristarco 500 anni prima di Tolomeo aveva sviluppato studi ed elaborato un complesso
sistema teorico sulla centralità del Sole, il sistema eliocentrico appunto.
Nonostante tutto ciò si afferma la teoria di Tolomeo, ossia la teoria
geocentrica. Occorreranno 1700 anni ed una battagli ad una e spesso cruenta
per giungere a ristabilire la teoria di Aristarco e superare quella di Tolomeo.
Questa esperienza è di fondamentale importanza e vale la pena d soffermarsi
ed analizzarla a fondo, essa ci insegna molte cose sul rapporto scientifico
verità-errore.
E’ indubbio che la teoria tolemaica era errata e quella di Aristarco era
corretta, ma perché gli uomini ritennero valida quella di Tolomeo? Indubbiamente
essa costituì una scelta ideologica, giacché confermava tutta
la teoria cristiana, così come scritta nella Bibbia, dopo il 350 dc.
Ma questo non basta, altrimenti finiremmo come abbiamo iniziato, ossia con il
ritenere che tutto dipende da qualcuno che impone e tutti gli altri zitti ad
acconsentire. Al di là di cosa singoli, gruppi o classi possono imporre,
esiste un rapporto oggettivo dell’uomo con la realtà esterna, determinata
dalla necessità di trasformare il rapporto Uomo-Natura, ossia di attuare
attraverso il lavoro il ricambio organico. Qualsiasi impostazione di classe
che sia non può violare questo fondamentale e principale rapporto, esso
deve o essere in linea o comunque non entrare in rotta di collisione, altrimenti
gli uomini capovolgono quel gruppo di persone, classi, che sia, perché
essi agiscono da ostacolo non tanto all’affermazione di questa o quella
teoria, idea, ma all’esistenza stessa degli uomini in quanto tale.
Quindi la teoria di Tolomeo è palesamene errata.
Ne esisteva una superiore e corretta.
Nonostante tutto questo per circa 1450 anni gli uomini riterranno valida la
Tolomeo.
E’ questo quello che ora dobbiamo sforzarci di spiegare.
Il fatto è che per il livello di trasformazione del rapporto Uomo-Natura,
per il livello, cioè, a cui avveniva il ricambio organico era assolutamente
indifferente per la vita degli uomini se fosse vera l’una o l’altra
teoria. Tuttora nella vita quotidiana degli uomini è assolutamente indifferente
se vera la teoria eliocentrica o geocentrica; lo spostarsi da un punto all’altro
è indifferente quale teoria, la semina e raccolta e tutta la vita quotidiana
degli uomini non interseca, non intercetta l’una o l’altra teoria.
La intercetta allorquando, per esempio, si intende acquisire una conoscenza
più profonda per una trasformazione del rapporto uomo-natura, la intercetta
quando, per esempio, si tratta di sviluppare tutta la teoria delle forze ed
il sollevamento-spostamento di dette masse in base alle forze agenti su tali
masse. Ma occorre che le masse da spostare siano di una certa entità,
tali che non siamo più bastevole le elementari leve, l’intercetta
allorquando si tratta di spostarsi non più a cavallo ma con l’aereo.
Un altro esempio ci viene dallo sviluppo della Fisica all’inizio del secolo,
quando la teoria classica di Newton non è più n grado di spiegare
certi fenomeni e si giunge ad una nuova teoria, che non elimina la precedente,
quella di Newton, ma la incorpora. La nuova costituisce una teoria generale
della Fisica, quella newtoniana solo una parte specifica, valida in determinate
circostanze. Gli sviluppi scientifici sempre di inizio secolo ed in modo particolare
della Chimica, della Biologia, dell’Ottica, ecc. portarono l’uomo
a superare la precedente concezione della materia, che essi avevano e leggerla
come energia in movimento liquidando in questo caso del tutto la precedente
concezione, che era errata. Era errata, è vero, ma aveva pur ben funzionato
fino a quel momento ed aveva messo l’uomo in grado di giungere ad una
verità superiore. Un esempi più immediato è dato dall’idea
che si aveva dell’atomo: nel giro di 40-50 anni si assiste alla nascite
di teorie, ciascuna superata dall’altra, la cui definitiva affermazione
avverrà tra il 1930-40.
Ora noi siamo convinti che queste nuove teorie siano giuste ed operiamo in base
a queste, in base a queste noi operiamo il ricambio organico Uomo-Natura, ma
come è successo per il passato, anche qui molte teorie si riveleranno
errate o insufficienti e dovremo sostituirle, ciononostante queste teorie, come
quelle del passato, le utilizziamo ed esse, come per il passato, ci aiuteranno
a superarle, ci sono servite per riprodurre le condizioni materiali di esistenza
degli uomini, ci aiuteranno a superarle e ci aiuteranno a pervenire ad una visione
della realtà un po’ più fedele di quella che avevamo in
precedenza e così per tutto il futuro dell’uomo.
Ora riprendendo ancora l’esempio delle due teorie: eliocentrica e geocentrica.
Copernico giunge a comprendere in base a studi la correttezza delle teorie di
Aristarco e l’erroneità di quella di Tolomeo, lo stesso Galilei
accumulerà prove, ma per poterlo fare sarà occorso che l’Ottica
facesse dei passi in avanti tali da consentire a Galilei di costruire un cannocchiale,
e lo metterà a punto nel 1601. Ma le dimostrazioni di Copernico e di
Galilei pur se forti, richiedevano ulteriori sviluppi non solo di altri campi,
ma che fossero sviluppati nuovi strumenti di calcolo e di studio, quella che
noi oggi chiamiamo l’Analisi matematica. ossia la teoria delle funzioni,
delle derivate e degli integrali, che consentissero di calcolare il movimento
degli astri in maniera rigorosa ed a questo provvidero Leibnitz e Newton. Solo
allora la teoria geocentrica sarà in grado di soppiantare definitivamente
la precedente. Come ben si vede il problema non era legato unicamente all’Astronomia,
ma coinvolgeva altre scienze e richiedeva tutta un’altra concezione delle
cose e nuovi strumenti di indagine: il cannocchiale, ma anche tutta una nuova
matematica, che costituisce la matematica moderna fondata da Leibnitz e Newton.
I risultati a cui giunge non si limitano all’Astronomia, ma si coniugano
con la Fisica e la fondazione della Fisica meccanica e la liquidazione di tutto
l’apparato teorico-scientifico-concettuale-metodologico che fino a quel
momento aveva costituito la cultura, la coscienza, la tradizione degli uomini,
ossia l’apparato teorico concettuale di Aristotele.
E tutto questo non basta ancora.
L’affermazione di questa nuova concezione delle cose: relatività
classica - Galilei soleva dire ai suoi oppositori “ Eppur si muove”,
con il che voleva dire che occorreva cambiare punto di riferimento per giudicare
il processo: se si prendeva la Terra allora essa non si muoveva, ma se si prendeva
il movimento più generale, ossia si prendeva lo Spazio, allora la Terra
si muoveva, questa teoria va sotto il nome di relatività classica - è
andata di pari passo con l’affermarsi di una nuova classe economica, che
ha fatto sua l’intera rivoluzione che si era andata sviluppando in tutti
i campi a partire dal 1200. Una sintesi organico di tutto il nuovo pensiero,
che oggi si dispiega dinanzi a noi con una sua organicità - il pensiero
borghese - troverà sistematizzazione soltanto nel 1700 e sul piano della
metodologia sarà sistematizzato da Newton in “ Principia Mathematica”.
Un altro esempio del rapporto verità-errore ci è dato da Archimede
di Siracusa, insigne matematico greco e tra i più grandi di tutti i tempi,
come vedremo.
Nel 271 ac Archimede era giunto alla soluzione della misurazione delle figure
curve: sia della circonferenza che di un suo tratto. Questa soluzione implicava
l’accettazione del concetto di infinitesimo e di infinito, di infinitamente
grande e infinitamente piccolo: sono queste poi le basi su cui potrà
svilupparsi la matematica moderna, o Analisi Matematica, basata sulla funzione,
derivata, integrale e differenziale,. Questi strumenti matematici sono fondamentali
per lo sviluppo della Fisica. Calcolare un punto in movimento al momento t,
ossia la velocità istantanea, è possibile solo tramite l’Analisi
Matematica ed in definitiva con il metodo di soluzione scoperto da Archimede.
Orbene per la concezione teorica generale dell’epoca, ossia la logica
formale di Aristotele, non poteva essere accettato il concetto di infinito in
quanto tale. Tale metodo venne semplicemente messo da parte, anche per il ruolo
di secondo piano di Siracusa e la successiva sottomissione a Roma, per cui venne
a perdere qualsiasi momento di sviluppo di questa scuola di pensiero e sia per
la morte di Archimede, assassinato da un soldato romano durante l’aggressione
di Roma a Siracusa.
Successivamente alcuni matematici del 1100 dc, ossia 1300 anni dopo, giungono
spontaneamente alla stessa soluzione di Archimede, pur senza conoscere quanto
Archimede aveva elaborato. Ma anche questi si scontrano con la tradizione di
pensiero dell’epoca, ossia la logica formale e l’aristotelismo,
che negava a priori qualsiasi concetto di infinito.
Passano ancora 500 anni e l’aristotelismo e Bonaventura Cavalieri, allievo
di Galilei, giunge anche lui, per la seconda volta, alla stessa soluzione di
Archimede, ma come Galilei si era scontrato con l’aristotelismo e la logica
formale, così lo stesso Cavalieri fu messo a tacere, ancora una volta
perché quella stantia concezione non poteva concepire il concetto, la
categoria, di infinito. In campo venne tirato lo stesso Archimede.
Sarà solo un cinquantenni dopo con Leibnitz e Newton, che elaborano i
principi della nuova Matematica, di cui si è detto, che inizia a farsi
strada anche la scoperta di Archimede. In pratica iniziava ad utilizzarsi questo
metodo, senza il quale gli stessi studi sul movimento dei corpi celesti di Newton
ed altri poteva aver luogo, ma più come fatto
spontaneo, che come atto cosciente, razionalizzato: persisteva ancora l’actoritas
di Aristotele, questa volta sostenuta da Archimede, di cui si diceva che egli
sempre si era attenuto ad Euclide, grande matematico greco, fondatore degli
Elementi di Geometria, che fonderà la Geometria Euclidea: punto, retta,
piano, angoli, figure geometriche piani: triangoli, ecc. ecc.
Sarà solo nel 1906, quando Heiberg scopre un documento di Archimede,
che per incuria su quella stessa pergamena erano state apportate cancellature
per scrivervi cose di poco conto, ristabilitone quindi il testo originario,
venne fuori la lettera di Archimede ad Erastotene, che all’epoca di Archimede
dirigeva la Biblioteca di Alessandria . In questa lettera Archimede illustra
ad Erastotene quale metodo aveva impiegato per “ farsi un’idea”
delle misure di superfici e di solidi, che è il metodo dell’analisi
infinitesimale.
E così gli uomini giungono dopo 1850 anni alle stesse ed identiche conclusioni
a cui erano pur giunti 1850 anni prima! E non solo: gli uomini respingono ripetutamente
quel risultato nel corso di questi 1850 anni: prima 1300 anni dopo, successivamente
dopo altri 300 anni.
Anche qui nella loro vita quotidiana gli uomini non intercettavano quella teoria
e quel metodo, essa cioè era indifferente al modo materiale di come gli
uomini trasformavano il rapporto tra se stessi e la Natura, ossia era indifferente
al ricambio organico. Dentro quel preciso, esatto, modo di attuare il ricambio
organico, ossia dentro quel preciso, esatto, livello del rapporto tra forze
produttive e rapporti di produzione, ossia dentro quel livello dello sviluppo
scientifico e tecnologico e quindi della conoscenza, quel metodo era ininfluente.
Su questa base reale, concreta, materiale poggiava la forza della classe dominante,
che fissava con la violenza la diversità, ed imponeva una determinata
concezione del mondo e quindi teorie, idee, concezioni e quindi livelli di sviluppo
della conoscenza, ecc. Ma quando queste si sono scontrate con lo sviluppo successivo
delle forze produttive, con l’avanzamento delle conoscenze e quindi con
la modifica e l’avanzamento di quel ricambio organico, di quel rapporto
Uomo-Natura, tramite il quale l’uomo riproduce le condizioni materiali
della sua esistenza, allora non sono bastati actoritas, forche, tradimenti,
assassini: l’uomo ha spazzato via tutto ed ha ripristinato i livelli di
sviluppo, per poter attuare quel ricambio organico nelle nuove condizioni, ossia
per poter essere in grado di riperpetuare le condizioni materiali della sua
esistenza.
Ed in verità ancora prima di Archimede, nel 350 ac, ossia 600 anni prima,
- così come ci attesta lo stesso Archimede, Eudosso vi era giunto e per
il calcolo aveva elaborato i principi fondamentali dell’Analisi Matematica,
che prenderà il nome di metodo di esaustione. Eudosso cioè giunge
al calcolo integrale.
La destrutturazione.
La Logica è lo strumento fondamentale non solo per la conoscenza ma anche
per una visione e mentalità critica dei processi. L’elemento fondamentale
per una visione critica è la destrutturazione del testo, la destrutturazione
del dato, della teoria che viene presentato.
Per poter operare con sicurezza la destrutturazione del testo occorre padroneggiare
innanzitutto la categoria dell’astrazione.
La massa di informazioni che vi viene data è basata su un processo di
astrazione in base al quale sono stati accorpati fatti, dati, fenomeni e costruiti
in una determinata sequenza logica, temporale e logico-temporale. La destrutturazione
può avvenire innanzitutto componendo la massa presentata compatta dalla
teoria, dall’informazione per capire quali sono i momenti dell’astrazione
che sono stati operati, in base a quali sono stati scelti i dati, i fatti, i
fenomeni, le idee che hanno poi consentito, tramite tale astrazione, la formulazione
di quella teoria, la legittimazione di quella informazione, di quella teoria,
di quell’idea esposta in quell’informazione, in quel testo, ecc.
Occorre operare la scomposizione innanzitutto della massa e verificare i dati,
la loro veridicità, correttezza sia nella loro sequenzialità logica
che nella sequenzialità temporale.
A riguardo ben metteva in guardia Cattaneo: “ La cronologia è l’occhio
della Storia.”
E qui di grande aiuto è la logica formale e l’apparato teorico
che nel corso del tempo gli uomini hanno elaborato: i criteri di somiglianza,
la premessa maggiore, minore, la conclusione, ecc.
Successivo a questo è il passaggio dell’analisi dei dati omessi,
ossia quella massa di dati, teorie, che sono state escluse. Questo consente
di leggere la controlaterale di quanto ci viene presentato e costituisce il
primo grimaldello per penetrare e sgretolare l’intima struttura di quanto
ci viene presentato ed operare la critica, attuando così il primo distacco
e superamento critico.
E questo ci consente di verificare la stabilità, la consistenza interna
del sistema. Consente di leggere le altre angolazioni di lettura e quindi più
complessa e razionale lettura del problema.
Il passaggio successivo è quello dall’interno, entro cui sino ad
esso ci siamo mossi, all’esterno, ossia il verificare alla luce della
pratica, alla luce della realtà oggettiva la veridicità di quanto
è stato presentato: la sussistenza dei presupposti, le condizioni materiali
entro cui sono stati calati quei presupposti e quelle conclusioni.
Abbiamo così costruito attraverso questi momenti il superamento critico
di quella idea, teoria, informazione, concezione. Abbiamo, adesso, le basi sostanziali
per la ricerca per essere in grado di elaborare una teoria alternativa e condurre
poi una battaglia contro quella teoria, informazione, concezione.
La destrutturazione del testo è di fondamentale per la formazione di
una coscienza critica, per la formazione di una concezione autonoma del proletariato,
per la formazione di quadri teorici del proletariato, che oltre che essere critica,
e quindi liberarsi di quelle teorie acriticamente stratificatesi, come indicava
Gramsci, sia in grado di elaborare il nuovo. La sola critica, la sola coscienza
critica è ancora il restare sul terreno dell’avversario, è
ancora lo stato di subordinazione ideologica, è ancora il restare classe
subalterna, è ancora essere lo spillo, è ancora insistere sul
piano dello spillo e non, invece, il punto che si muove per creare una linea
su di un altro piano.
Biblioteca Multimediale Marxista
istcom@libero.it
http://digilander.libero.it/istcom
Convegno:
“ Il ruolo e la funzione della classe operaia
nel Novecento per il progresso sociale, civile,
democratico ed economico.”
La presente relazione rimanda ai lavori dell’Istituto:
La rivoluzione borghese in Italia 1646-1648, ‘ Masaniello’,
Storia del Capitalismo Italiano,
Storia del Movimento Operaio Italiano,
Gramsci.
Lunedì, 30. Aprile, 2001 – Hotel Terminus
Il processo rivoluzionario borghese in Italia si caratterizza
come Rivoluzione Passiva, si caratte-rizza cioè come assenza del movimento
contadino e del movimento di massa cittadino; per l’assenza della riforma
agraria, frammentazione del latifondo nobiliare-feudale e formazione della piccola
proprietà contadina; per l’assenza di un movimento rivoluzionario
e quindi per l’assenza di un’esperienza storica rivoluzionaria delle
classe subalterne e consequenzialmente di una coscienza nazionale borghese.
L’unità d’Italia si farà cioè attraverso gli
accordi diplomatici e l’esercito regio professionale: l’esercito
sabaudo.
Questa strategia moderata, di Cavour, diviene linea per l’intero movimento
rivoluzionario dopo il 1849, ossia dopo la sconfitta di Novara e la chiusura
disastrosa della 1a guerra d’Indipendenza.
E’ importante fermare l’attenzione sul come Cavour diviene maggioranza.
Il periodo 1830-1847 è caratterizzato dal tentativo di Mazzini di assorbire
la Carboneria, che costi-tuiva l’ala sinistra ed esprimeva gli interessi
della borghesia rivoluzionaria.
Attraverso proclami fumosi, azioni sconsiderate ed avventuristiche il mazzinianesimo
lavorò per Cavour, giacché le sue azioni screditavano la via rivoluzionaria
e consequenzialmente la via della mobilitazione delle masse, mostrandone attraverso
azioni individualiste l’inconsistenza e la imprati-cabilità di
una via rivoluzionaria, accreditando così la via moderata.
Oltre a ciò il mazzinianesimo mandava al massacro sincere forze rivoluzionarie,
demoralizzandone altre, spingendone altre ancora alla passività; dissanguando
il movimento rivoluzionario lo impove-riva ed inaridiva, cacciandolo nelle secche
dell’inattività o del cavourismo.
Il punto di svolta è caratterizzato dalla conduzione della 1a guerra
d’Indipendenza.
Piero Pieri in “ Storia militare del Risorgimento” dimostra come
l’ala cavouriana, ossia lo Sta-to sabaudo, durante la 1a guerra d’Indipendenza
massacra, umilia, mortifica, sfianca l’ala rivoluzio-naria.
Non solo ghettizzando e massacrando le ‘ camicie verdi’ di Carlo
Cattaneo, ma l’intera conduzione della guerra avviene al fine di perdere
la guerra. Nella sostanza delle cose viene condotta contro le forze rivoluzionarie,
che in massa avevano aderito al moto rivoluzionario risorgimentale e che ave-va
conquistato l’Italia intera: Milano, Venezia, Brescia, Napoli, Palermo,
Firenze.
La conduzione militare della guerra mostra la volontà soggettiva di portare
il movimento alla scon-fitta per rendere così sostenibile la via moderata
cavouriana, per rendere credibile la via della con-quista regia., Il problema
stava nel fatto che una vittoria delle forze popolari e contadine avrebbe poi
significato la distruzione del latifondo nobiliare e la distribuzione della
terra ai contadini ed il riconoscimento di un ruolo alle forze popolari nel
futuro Stato nazionale. tutte cose che l’ala cavou-riana non poteva accettare,
essendo essa stessa una forza agrario-nobiliare, che aveva interessi, pe-rò,
nel processo capitalistico e quindi spingeva per un allargamento del mercato
sabaudo all’intera Italia centro-settentrionale.
Durante la tregua che i Savoia concessero a Radetzky gli consentirono di trincerarsi
nel quadrilatero e quindi accettarono poi battaglia quando il Radetzky, riorganizzatosi
e ricomposte le linee interne e di collegamento con Vienna, si presentò
a battaglia, concedendogli anche il luogo.
L’esisto della battaglia di Novara nonostante ciò non era assolutamente
scontata per gli austro-ungarici, ma le forze moderate sabaude avevano già
deciso di farla finita e di perdere.
Carlo Alberto dopo aver buttato in maniera scoordinata le forze regie che aveva
in battaglia, si ar-rende, capitola fino all’abdicazione pur di non far
scendere in battaglia 10.000 uomini, tutti sinceri patrioti, rivoluzionari in
grado di capovolgere le sorti della battaglia. Carlo Alberto non tenta neppu-re
una minima sortita con queste truppe fresche ed altamente motivate: si arrende,
capitola, abdica. E questa la dice lunga sulla reale volontà di vincere
o di contrastare gli austro-ungarici.
Ma l’ombra di Novara aleggerà minacciosa su tutto il futuro corso
della storia d’Italia e già nel giro di un cinquantennio ne presenterà
tutto il conto amaro alla borghesia italiana.
Sarà, Novara, la Villabar italiana!
La stessa esposizione del 1848, delle “ Cinque giornate di Milano”,
di Cattaneo è indicativa di quanto le forze sabaude tramassero ai danni
delle forze rivoluzionarie e lavorassero per la loro scon-fitta.
La 1a guerra d’Indipendenza venne in realtà condotta contro le
forze rivoluzionarie e popolari al fi-ne di rendere spendibile la via moderata.
Sono soprattutto i varchi provocati da questa azione violenta, repressiva -
vi sono attendibili docu-mentazioni di favori che la casa Savoia assieme alla
Reale casa britannica fece agli organi di repres-sione austriaci per tutto il
periodo 1821-1859 - che consente all’interno dell’ala sinistra spazi
ad e-lementi centristi e filomoderati di prevalere e quindi consentire poi lo
spostamento verso l’ala mo-derata e che consentirono l’accettazione
in tutto il movimento della linea moderata.
E’ l’assenza di queste forze sinceramente rivoluzionarie, isolate
o morte o imprigionate che facilita il processo, essendo state nelle condizioni
di non poter contrastare l’omologazione al centro.
Si origina qui, e così, quel fenomeno che più tardi sarà
chiamato “ trasformismo” e che caratterizza l’intera storia
dell’Italia borghese.
Il passaggio all’ala cavouriana è stato frammentario per cui la
modifica progressiva della composi-zione delle forze moderate è stato
un fenomeno più complesso.
Da una parte ed in un primo momento tali forze hanno avuto modo di assorbirle;
appunto perché sono esse che si sono spostate, e si sono spostate ‘
annacquando’, diluendo, le loro originarie posi-zioni. E questo ne facilita
l’assorbimento, la metabolizzazione.
E’ solo successivamente che parte di quegli elementi innovatori, già
passati per il doppio pesante setaccio del passaggio e delle lenti delle forze
moderate verranno accettati, ma oramai hanno perso tutta la loro carica rinnovatrice
e poi pesi isolatamente ed in un ben altro contesto.
Il “ trasformismo” è poi questo ben più complesso
processo di metabolizzazione, questo complesso processo di interazione.
E sarà poi questo il corposo processo da cui formerà la classe
dirigente italiana: la classe della bor-ghesia più l’intellettualità
borghese.
Sarà così questa esatta, concreta, materiale classe della borghesia
che ne uscirà e guiderà il Paese.
Il danno sui medi e lunghi tempi - l’ombra di Novara - sarà di
enorme portata.
La borghesia pagherà a caro prezzo la via scelta della via moderata,
privandosi di forze, intelligenze e tradizioni di pensiero in grado di dinamicizzare
i cambi generazionali ed intelligenze in grado di intelligere ed affrontare
le sfide dei tempi. Dovrà così affrontare le sfide dei tempi senza
alcun rap-porto con le corrente più vive della società, avendole
massacrate e sconfitte. Dovrà affrontare le sfi-de dei tempi senza alcun
rapporto con il movimento popolare: operaio e contadino, avendo in pre-cedenza
abbattuto con la violenza tutti i ponti con esso e con quanti potevano fungere
da ‘ cinghia di trasmissione’.
La disgregazione del Partito d’Azione, mazziniano, aveva determinato che
la democrazia borghese non seppe mai crearsi una base popolare; la democrazia
non diversamente lo Stato e la società civi-le, culturale e sociale borghesi.
La classe della borghesia italiana si trova così assediata e circondata
da forze ostili o indifferenti e da turbe minacciose di manifestanti decisamente
che sentivano il nuovo Stato ostile e nei migliori dei casi indifferente e non
diversamente il Parlamento baronale dell’Italia unita.
Si trova accerchiata, ed accerchiatasi da sola, per non aver voluto svolgere
alcun ruolo di educazio-ne politica della coscienza nazionale borghese.
Alla sconsideratezza post 1849 si associa la sciagura politica di Bronte, ove
all’alienazione del so-stegno contadino sostituisce l’odio e l’opposizione
profondi, radicali, che fu fenomeno nazionale e che nel mezzogiorno d’Italia
si espresse nella forma armata; che coinvolse nel resto del Paese non solo masse
contadine, ma anche la piccola e media borghesia intellettualizzata: impiegatizia,
ammi-nistrativa e scolastica.
A questo quadro va aggiunta la situazione della classe della borghesia all’indomani
del Congresso di Vienna, 1815, che ci consentirà di leggere l’altra
componente chiave della rivoluzione passiva.
Nel Paese esistevano nuclei di classe dirigente omogenei territorialmente, prodotto
dal fenomeno Comune-Signoria-Principato non evolto in Stato nazionale ma ossificatosi
in baronie dinastiche, ma la cui tendenza ad una unificazione era assai problematica.
Ciascun nucleo nel suo àmbito territoriale non erano ‘ dirigenti’.
Questi nuclei non volevano ‘ dirigere’ nessuno, cioè non
volevano accordare i loro interessi ed aspi-razioni con le aspirazioni ed interessi
di altri gruppi.
E’ cioè il “ particulare” guicciardiano l’essenza
della politica della classe borghese italiana.
Essi volevano ‘ dominare’ non dirigere. Di qui l’affidarsi
al Piemonte quale forza arbitra.
E così non un gruppo sociale è il dirigente di altri gruppi, ma
uno Stato: il Piemonte, quale forza ar-bitra.
E così non un gruppo sociale è il dirigente, ma uno Stato: il
Piemonte che assolve così ad una mol-teplicità di funzioni:
* di Partito, ossia personale dirigente di un gruppo sociale,
** Stato/gruppo sociale dirigente.
Il movimento più generale della rivoluzione passiva è caratterizzato
cioè dalla egemonia della classe degli agrari, della nobiltà agraria
che aveva spostato i suoi interessi nell’alveo della produ-zione industriale.
In quanto tale essa non poteva perseguire una politica che preferisse e privilegiasse
i rapporti con tutta la nobiltà agraria e latifondista della penisola
e consequenzialmente in netta opposizione alla classe contadina ed qualsiasi
riforma agraria.
Il blocco sociale che viene quindi a cementarsi vede un nucleo di borghesia
industriale letteralmente accerchiato e decisamente minoranza e postosi su posizioni
decisamente moderate.
L’intero blocco sociale si caratterizza così come un blocco sociale
di conservazione, di resistenza alle innovazioni, ben delineato dal Lampedusa
ne “ Il Gattopardo”.
La via italiana al capitalismo sarà allora, come bene la caratterizzerà
V. I. Lenin, la “ via prussia-na”, la via cioè dove invece
dell’abbattimento dei vecchi rapporti di produzione feudale, si ha l’innesto
sul vecchio troncone feudale dei rapporti di produzione capitalistici.
Nasce così lo Stato italiano e consequenzialmente la borghesia italiana,
già conservativo, ossia già strumento delle scelte conservatrici
del blocco sociale, che guiderà il Paese.
Nasce quale frutto del compromesso con le classi reazionarie dell’ancient
régime.
E’ quindi una borghesia bottegaia nel senso pieno della parola, i cui
confini non vanno oltre i limiti della propria azienda, del “ profittarello”,
del “ particulare” e della categoria degli “ ostinati”
di guicciardiana memoria. La cui cultura, ossia la cui coscienza, non va oltre
il populismo demagogico e la roboante retorica coniugantesi con le idee e concezioni
più generali, sciatte ed ovvie: “ gli osti-nati” del Guicciardini
appunto! e dove l’insulso e mentecatto umanesimo retorico ne vorrebbe
co-prire la coscienza usuraia e parassitaria.
Incapace, e messasi da sola, di svolgere ad un qualche ruolo di direzione, di
assolvere ad un benché minimo ruolo se non di avanguardia di timido democratismo,
non sa che mettersi nelle mani di una intellettualità sorta e formatisi
sul terreno agrario ed affidare ad essi la direzione dello Stato e dell’Amministrazione,
riservando per sé la conta dell’incasso giornaliero.
Federico Engels nella lettera del 26. gennaio,. 1894 a Filippo Turati così
ne scriveva:
“ La borghesia, giunta al potere durante e dopo l’emancipazione
nazionale, non seppe né volle completare la sua vittoria, Non ha distrutto
i residui di feudalità né ha riorganizzato la produzione nazionale
sul modello borghese moderno. Incapace di far partecipare il Paese ai relativi
e tempora-nei vantaggi del regime capitalistico, esso gliene impose tutti i
carichi, tutti gli inconvenienti. Non contenta di ciò, perdette in ignobili
bindolerie bancarie, quel che le restava di rispettabilità e di cre-dito.”
E’ questa esatta, concreta, materiale situazione che si riflette nel Movimento
Operaio Italiano, costi-tuendone le tare ereditarie, le stimmate. La classe
del proletariato esce dalla classe della borghesia e ne porta le stimmate. E’
la borghesia, infatti, che nella sua lotta di emancipazione prima e poi nella
lotta contro tutte le altri borghesie ed in quella chela vede contrapposta al
suo interno tra le varie fa-zioni che forma ed educa il proletariato.
E’ la classe della borghesia che in quanto classe dirigente informa di
sé tutta la società e quindi il livello tecnico e culturale e
sociale e civile dell’intera società.
Esiste cioè un ben preciso, esatto, concreto, materiale rapporto che
salda la classe della borghesia alla classe del proletariato. esse in effetti
sono le due facce della stessa medaglia. Ciascuna forma l’altra. Ciascuna
interagendo nella lotta che li vede antagoniste educa l’altra ed entrambe
costitui-scono la realtà oggettiva costituiscono cioè l’unità
dialettica.
Il proletariato francese viene educato dalla classe della borghesia francese
che a partire dal 1760 la educa alla lotta ed alla coscienza di classe nazionale
borghese e le insegna i primi elementi di organizzazione. Ed è poi dall’ala
sinistra del processo rivoluzionario francese che escono gli e-lementi avanzati
della classe del proletariato.
E’ il naturale processo della rivoluzione borghese che comporta che ad
un livello dello scontro di classe l’ala sinistra entra in rotta di collisione
con il centro e la destra del processo rivoluzionario, ossia con la classe della
borghesia.
In Francia, per esempio, questa rottura dell’ala sinistra porta alla Costituzione
del 1793 ed è dal gia-cobinismo che nascono e si formano le prime avanguardie
della classe del proletariato, il cui atto di nascita è la costituzione
francese del 1793.
Il movimento proletario nasce cioè avendo un’esperienza rivoluzionaria
positiva, che ne informerà tutto il futuro sviluppo.
Il movimento rivoluzionario non ha al suo attivo alcuna vittoria, ma solo sconfitte,
emarginazioni ed umiliazioni: la sua base di partenza è appunto la rivoluzione
passiva.
La classe del proletariato italiano viene educata, formata ed organizzata, tramite
le casse di Mutuo Soccorso, dall’ala moderata ed esce da questo processo
mortificata ed umiliata e senza un’esperienza politica rivoluzionaria
positiva. Nel periodo 1848-1860 è organizzata ed egemonizza-ta da Cavour,
tramite Boldrini: successivamente la direzione cade nelle mani del mazzinianesimo
[ Salvi] per poi cadere in quelle bakuniane.
L’intero processo, e di grande importanza ed a cui rimandiamo, è
stato analizzato in
“ Storia del Movimento Operaio Italiano”.
Le condizioni materiali in cui si attua questa prima forma di educazione politica
ed organizzativa è il plumbeo clima dei rapporti agrari e della cultura
cattolica, saldamente ancorate alle sue posizioni più conservatrici.
I rapporti di produzione capitalistici si sviluppano timidamente e tra mille
com-promessi con le forze nobiliari ed in quelle condizioni delle singole unità
dagli àmbiti territoriali ben circoscritti con quel ‘ particulare’
guicciardiano di cui si è detto.
Il Movimento Operaio Italiano allora per tutto il periodo 1848-1875 dovrà
condurre da solo una lot-ta per trovare una sua strada passando per i cavouriani,
i mazziniani, i bakuniani ed infine i massoni ed i cui tratti, che si porterà
fino al 1919, sarà il passare dal massimalismo parolaio al più
sconcio evoluzionismo riformistico e la cui carta d’identità sarà
il rivendicazionismo spicciolo all’operaismo esasperato e subordinazione
ideologica ed i cui quadri non andrà oltre i turati, i La-briola ed i
Costa.
Ed in questa battaglia per costituirsi con una sua autonomia di classe, dovrà
farsi carico, ed essere soggetto trainante, dei processi di democratizzazione
dello Stato e di rinnovamento culturale a cui la classe della borghesia aveva
allegramente abdicato.
Ricadrà, cioè, sulle spalle del giovane proletariato italiano
il compito di allentare i pesanti vincoli della proprietà agraria e latifondista
e della sua ideologia fondante il clericalismo.
I princìpi della tolleranza, dell’eguaglianza, della democrazia
saranno portati avanti contro la bor-ghesia stessa dalla giovane classe del
proletariato italiano, che imprimendo il suo orientamento, pur debole e contraddittorio,
costringe frange borghesi a staccarsi dal carrozzone e farsi portatrici di quelle
istanze, ben pronte a disfarsene non appena si apre uno spiraglio di un seggio
parlamentare, di una prebenda, di una commissione. E comunque e sempre in cambio
di accordi: legislazioni, de-creti favorevoli a quei nuclei industriali, alla
borghesia agraria nobiliare.
Saranno infatti le forze della giovane classe del proletariato italiano che
condurranno tra il 1880-1890 la battaglia per l’estensione del suffragio
universale maschile, tirandosi indietro frange della borghesia. E sarà
la fermezza dei suoi elementi avanzati che determinerà una proficua spaccatura
nel fronte borghese pro-suffragio, quella che attraverserà il gruppo
di Cavallotti e la rivista “ Cuore e Critica” da cui fuoriusciranno
forze che approderanno al movimento socialista: Turati e la rivista “
Critica Sociale”.
Sarà infatti la giovane classe del proletariato delle campagne assieme
alla classe dei contadini che inizierà ad incrinare i rapporti agrari
con i “ Fasci Siciliani” e con l’organizzazione delle leghe
con-tadine e delle prime forme di organizzazione sindacale dei braccianti nella
pianura padana, che de-terminerà spazi nuovi per la penetrazione capitalistica
nelle campagne e che spingerà per l’ammodernamento tecnico e delle
culture.
In questa lotta essi troveranno l’intero blocco sociale borghese-agrario
nobiliare contro, che temeva l’introduzione di innovazione per non turbare
gli asfittici equilibri nel terrore parossistico che tali spazi sarebbero potuti
essere utilizzati dalla nuova classe. A riguardo illuminate è l’artico
della con-tessa Pasolini sul “Giornale degli Economisti” dell’epoca,
come riporta e ben inquadra Emilio Sere-ni in “ Il capitalismo nelle campagne”.
Sarà cioè la classe del proletariato che nella lotta per migliorare
le sue condizioni di vita e di lavoro si fa carico di incrinare l’equilibrio
moderato e spostare i rapporti tra la rendita agraria-nobiliare e la borghesia
industriale. E’ cioè il proletariato che si fa carico del più
generale e complessivo ammo-dernamento ella società civile. La giovane
classe del proletariato italiano sin da qui da prova della sua natura generale:
nella sua lotta per liberare se stesso libera l’intera società
civile ed è motore di progresso e civiltà e democrazia per tutti.
E’ il proletariato che con le sue lotte attira nel suo campo le migliori
energie intellettuali, spaccando il vecchio archetipo dell’intellettuale
retorico-umanistico dell’Italia preunitaria ed introducendo e-lementi
rinnovatori ed imprimendo dinamismo e vivacità all’ambiente culturale.
La borghesia italiana aveva subito all’indomani dell’unità
d’Italia bruciato sull’altare della via mo-derate le migliori energie
intellettuali del centro nord, che vi si ribelleranno dando vita al movimen-to
della “ scapigliatura”; resterà alla borghesia il melenso
movimento postunitario degli Abba.
Parte consistente di questo intellettuale attirato nel campo del proletariato
costituirà l’intellettualità dello Stato borghese. Sarà
infatti l’asse Giolitti-Turati il vero motore delle trasformazioni del
Paese.
L’ottusa e rigida organizzazione di classe del potere borghese, imbalsamatosi
nell’asse agrario-nobiliare e nuclei industriali, comporterà che
qualsiasi movimento di critica, non ancora di opposi-zione poteva avvenire soltanto
appoggiandosi al campo del proletariato.
La cosiddetta sinistra di governo non sarà portatrice di alcun rinnovamento,
ma continuatore in forme diverse, l’operazione gattopardesca, del blocco
sociale uscito dal Risorgimento.
Non poteva essere diversamente, mancando alle forze borghesi dominanti l’humus
ed il retroterra teorico-culturale, avendo tagliato i ponti con questo con la
battaglia di Novara.
L’organizzazione delle masse bracciantili nelle leghe e di masse di lavoratori
nel sindacato, assieme allo sviluppo delle cooperative costituirà quel
legame e quella base di popolo, chela borghesia non era stata in grado di costruire,
agendo così da possente fattore di trasformazione dell’eversivismo
protestatario delle masse in azione politica programmatica. E sarà attraverso
questa azione che si verrà formando, in condizioni diverse, una coscienza
nazionale statuale.
E’ ancora la giovane classe del proletariato che liberando se stesso libera
l’intera società dai ceppi agrario-nobiliare, che porta avanti
la rivoluzione democratico-borhese, che sposta in questa direzio-ne forze e
forma coscienze e questo nella più violenta e brutale opposizione della
classe borghese e del blocco sociale che lo governava: i massacri dei “
Fasci Siciliani”, i cannoni di Bava Beccaris, ecc., l’imprigionamento
di centinaia di migliaia di lavoratori e migliaia di dirigenti sindacali, delle
cooperative, del partito socialista.
Ed è ancora il proletariato che deve farsi carico dell’ammodernamento
culturale del Paese, rompen-do la plumbea cappa cristianea, che costituiva l’intelaiatura
ideologica dell’intero blocco sociale, e per nuovi rapporti tra gli uomini.
Saranno infatti le forze intellettuali attratte nel campo del proleta-riato
che si faranno carico di critiche alle teorie religiose, spingendo al rinnovamento
e che trove-ranno nella giovane classe del proletariato sostegno, asilo e legittimazione.
Le lotte operaie, bracciantili, contadine costringeranno a timide innovazioni
tecniche, rompendo quella morta gora basata unicamente sullo sfruttamento intensivo
ed in assenza di progresso tecnico.
Spinge la stessa intellettualità borghese al puro fine di reggere il
confronto, al fine di attrezzarsi per i nuovi livelli ed alle nuove condizioni
di rammodernare il suo apparato concettuale ed a rivisitare, sia pure nella
forma dell’imbellettamento tutto il suo bagaglio teorico concettuale.
Ma potrà farlo solo per contrappasso alla classe del proletariato, tant’è
che il suo massimo teorico Croce, attratto egli stesso dal campo del proletariato,
trarrà da questo campo gli spunti per attrezzare il suo arma-mentario
proprio ed esattamente in opposizione al proletariato, al fine di costituire
una risposta cre-dibile da contrapporre ed in netta rottura a quella del proletariato:
non diversamente Gentile.
Nonostante questa immensa forza di spinta per il rinnovamento, la classe della
borghesia opporrà una forsennata resistenza, vanificando in parte tali
spinte rinnovatrici.
Questa classe, nata accerchiata ed assediata da forze ostili, conosce solamente
il terrore più puro delle classi subalterne e dal quale è letteralmente
paralizzata: ed è questa la spinta fondamentale che la tiene unita, che
le fa serrare le fila a qualsiasi cambiamento, giacché non sa intendere
altro equili-bro che quello che la sorregge e non sa immaginare altra società,
altra gerarchizzazione e stratifica-zione sociale che quella che quel blocco
sociale esprime. Una classe in ultima istanza di vedute de-cisamente ristrette,
in questo senso ottusa.
Quando si troverà nelle condizioni, sotto la duplice spinta delle lotte
operaie popolari e delle nuove condizioni tecniche: il fordismo più la
Rivoluzione d’Ottobre, di dover attuare un serio processo di riammodernamento
produttivo, di dover rompere l’alleanza con la classe agrario-latifondista,
pur esistendone tutte le condizioni, essa sceglierà la via dell’opposizione
netta, la via della compensa-zione dei nuovi processi produttivi: il fordismo
appunto, la via dello sfruttamento bestiale della ma-nodopera e la saldatura
con il blocco sociale agrario-nobiliare: il fascismo.
Il fascismo fu sostanzialmente questa reazione, come ben documenta Gramsci in
“ Americanismo e fordismo”.
In opposizione alle nuove tendenze scatenate dal blocco sociale, Gramsci annota:
“ Un’analisi accurata della storia italiana prima del 1922 ed anche
prima del 1926 .. deve giungere alla conclusione che proprio gli operai sono
stati i portatori delle nuove e più moderne esigenze industriali ed a
modo loro le affermarono strenuamente; si può dire anche che qualche
industria-le capì questo movimento e cercò di accaparrarselo (
così è da spiegare il tentativo fatto da Agnelli di assorbire
l’ ” Ordine Nuovo” e la sua scuola nel complesso Fiat, e di
istituire così una scuola di operai e di tecnici specializzati per un
rivolgimento industriale e del lavoro con sistemi ‘ razionaliz-zati”:
.. .”
Il fascismo non era l’unica strada percorribile per il sistema capitalistico
italiano, fu la via adottata dall’ottusità della classe borghese,
dalla sua piccineria, da quel suo ‘ particulare’.
Il sistema capitalistico italiano aveva ancora margini oggettivi di manovra,
aveva ancora scelte da operare per attutire e metabolizzare l’assalto
delle forze del proletariato. Aveva ancora da manovra-re sul gap di crescita
della classe rispetto ai compiti rivoluzionari che la situazione le poneva dinan-zi.
Aveva ancora da proporre modifiche all’assetto agrario tale da spostare
verso di sé parte consi-stente del movimento contadino. Era nelle condizioni
ottimali per liquidare tout court l’eredità po-strisorgimentale
e rinnovare dal profondo il blocco sociale sul quale era sorto e sul quale si
era man-tenuto: il blocco agrario-nobiliare più nuclei industriali.
Questo le avrebbe consentito nel corso degli anni 1917-1921 di spostare il movimento
contadino e l’ala destra del proletariato, imprimendo dinamismo al quadro
sociale ed imprimendo dinamismo in quel blocco amorfo e ricettacolo delle più
insulse teorie: il blocco della piccola borghesia italiana.
L’eversivismo di questa classe poteva essere diversamente indirizzato
e diversamente inquadrata questa classe.
Avrebbe potuto nelle modificate condizioni internazionali, determinate dalla
Rivoluzione d’Ottobre, allentare quei pesanti e soffocanti vincoli inglesi
e francesi e seppe solamente mettersene di nuovi e più pericolosi: quelli
statunitensi.
Avrebbe potuto, infine, attingere dalle più complessive riserve strategiche
del sistema capitalistico.
La proposta avanzata dalla Fiat al gruppo dell’Ordine Nuovo, di cui si
è detto, aveva alla base que-sto attingere.
Ma ciò avrebbe richiesto un ben altro quadro politico ed un ben altro
personale intellettuale: politico ed amministrativo, che non poteva esserci
per il modo come aveva perseguito l’emancipazione na-zionale, giacché
per la fissità del blocco sociale, veniva incementata qualsiasi seria
politica di ri-cambio generazionale.
Venivano così al pettine quelle scelte del 1848-49.
L’ombra di Novara, si staglia minacciosa e presente l’amaro conto.
L’ombra di Cattaneo tornava minacciosa a ricordare tutta l’inanità
e piccinerie del ’48 milanese, che implacabilmente Cattaneo aveva messo
alla berlina, ma che la stessa borghesia milanese aveva messo a tacere. Minacciosa
tornava l’ombra del Politecnico cattaneo!
Con quella scelta del 1848-49 la classe della borghesia si era cioè preclusa
la strada a qualsiasi serio sviluppo futuro, autoinchiodandosi ad un ruolo subalterno
e mentecatto: “ imperialismo straccione” e consegnandosi così
legata ostaggio delle forze agrarie nobiliari.
E su questo cammino non poteva trovare un Cattaneo, ma fu costretta a raccattare
un Croce ed un Gentile che di quella sciagurata scelta se ne fecero, invece,
sostenitori e teorici dotti, proiettando co-sì tutta una falsa e mendace
coscienza: ideologia, “ Filosofia dello Spirito” e “ Logica”
di don Be-nedetto ben fermano e sublimano: l’aulica e rarefatta contrapposizione
delle scienze umaniste alle scienze naturali, non ritenute degne dell’appellativo
di Scienze per la loro natura pratica e per il loro perseguire fini materiali
e non della conoscenza in sé; e che costituisce la quintessenza della
teorica agrario-nobiliare, di quella cultura agrario-latifondista universalistica
ed enciclopedica, ma non po-litecnica, che invece era “ il Politecnico”
cattaneo.
La reazione fascista in verità sorse prima sul terreno agrario-nobiliare
e solo successivamente di-venne scelta della borghesia industriale e finanziaria.
Accettato come momento transitorio, divenne scelta definitiva nel corso della
crisi Matteotti. All’interno del gruppo industriale vi era un gruppo che
tenta soluzioni diverse, quella della Fiat, ma che poi si sottomise alle più
generali scelte della classe borghese.
Gramsci Ordine Nuovo.
gli stessi primi interventi del governo Mussolini e quelli durante la crisi
Matteotti furono scelte che favorivano ed allettavano gli strati parassitari
della borghesia italiana. Costituivano autentici regali al capitale, ma non
avevano alcun fine di incentivare l’ammodernamento tecnologico.
citare i provvedimenti e breve commento
In definitiva la classe degli industriali accetto la decisione agrario-nobiliare
e solo successivamente lavorò per sottomettere a sé il fascismo:
l’ingresso di Volpi nel governo Mussolini segna la definiti-va sottomissione
del fascismo al gruppo finanziario-industriale.
L’intero periodo mussoliniano non costituì alcun momento di incentivo
alla ricerca, all’introduzione dei nuovi metodi di lavorazione: il fordismo
e di incentivare i nuovi rami produttivi: energia elettri-ca e la chimica. Costituì
invece il cane da guardia contro l’innovazione e l’ammodernamento
tecno-logico, il garante del più brutale sfruttamento della manodopera
in sostituzione dell’ammodernamento come strumento per reggere la concorrenza
sul piano internazionale.
Le stesse opere di bonifica non si risolsero in una penetrazione capitalistica
nelle campagne con conseguente introduzione di macchinari e nuovi sistemi di
produzione, la messa coltura di nuove terre si basò ancora una volta
sullo sfruttamento più bestiale del lavoro umano.
Una politica di autentica rapina fiscale impoveriva il popolo lavoratore: cercava
attraverso questa via di reggere la concorrenza internazionale. Ma questa massa
monetaria rapinata al popolo lavora-tore non si risolse in finanziamenti al
progresso tecnico. Le scelte che venivano operate in altri paesi erano di incentivo
alla produzione, ammodernamento tecnologico, sostegno alla ricerca e sviluppo
dei nuovi settori: energia elettrica, chimica, automobilistica e settori collegati:
radio, elettrodomesti-ci, ecc. ecc.
Sarà solo dopo la 2a guerra mondiale che vi sarà l’introduzione
del sistema fordista, l’ammodernamento tecnico e lo sviluppo della politica
dei consumi, ma questo avverrà in un ben diverso quadro, dentro le linee
strategiche di politica economica mondiale degli Stati Uniti e co-munque in
funzione subalterna.
L’intero periodo 1848-1919 è allora caratterizzato nel Movimento
Operaio da un lento, faticoso e contraddittorio processo di separazione dalla
borghesia e costituzione come forza autonoma di clas-se.
Questa processo avviene all’insegna di essere forza trainante dell’ammodernamento
culturale, civile e sociale.
E’ un processo maledettamente contraddittorio che presenta due facce:
una borghese, assolve cioè a quanto la classe della borghesia non compie,
a quanto tale classe ab-dica ed è spinta a ciò dal moto oggettivo
di respingere le insopportabili condizioni di vita e di lavo-ro. Ed in questo
processo si salda alla classe della borghesia, divenendo de facto l’alter
ego, l’alter ego del rinnovamento. In questa veste e funzione attira nel
suo campo forze borghesi oppresse e schiacciate, che trovano schierandosi in
questo campo il modo di avviare un processo di ammoder-namento.
una proletaria che cerca di costruire una propria identità distinta,
autonoma. Le forme sono allora l’operaismo ed il massimalismo come tratti
principali, ma si intreccia e si sovrappone alle lotte ed all’organizzazione
sindacale delle cooperative e delle partecipazioni ai consigli comunali.
La solidarietà di classe, le lotte economico rivendicative, la difesa
dello sciopero come atto politico, la difesa delle organizzazioni di classe
come strumento di lotta costituiscono i momento dell’affermarsi della
propria identità di classe. Saranno queste le linee guide proletarie
che lo guide-ranno nell’indirizzare le lotte per la democrazia, per la
Pace e le libertà democratiche.
Il PSI del periodo 1882-1919 è il crogiolo di queste tendenze e movimenti
contraddittori, ove le va-rie correnti riflettevano il movimento reale di classe
e delle classi nella società civile.
E tale complessità ci viene restituita, infatti, solo dalla lettura unitaria
del PSI dell’intero periodo. Sostanzialmente la sua vita sarà caratterizzata
dalla lotta tra l’ala massimalista e quella riformista, che per certi
tratti non sono identificabili tout court con quelle che ad inizio secolo animavano
Mo-vimento Operaio Internazionale: riformismo e rivoluzione.
Il massimalismo non era identificabile con la tematica della rottura rivoluzionaria.
Esso era attraver-sato dalla corrente estrema dell’ammodernamento: area
mazziniana, De Marinis, massonica, Costa e dall’ala operaista: Osvaldo
Gnocchi Viani ed il gruppo “ La Plebe” ed all’interno di questa
in fun-zione di pura rappresentanza Cuno e l’ala marxista.
E l’anima riformista non era identificabile tout court con socialriformismo
inglese, francese, tede-sco, se non per la sua ala destra più estrema,
caratterizzata più da carrierismo e trasformismo, ma si innesta su di
essa la più generale istanza dell’ammodernamento.
L’intera politica sindacale e cooperativistica rappresentava una complessità
che attraversava en-trambi e non era immediatamente identificabile con l’ala
riformista: c’è una complessità, uno spo-starsi continuo
di confini ed uno sfumare continuo l’uno nell’altro, data dalla
situazione contingen-te, la scelta politica attuata, il quadro dirigente che
lo portava avanti, i modi e le forme dell’articolazione di questa.
Entrambe trovano nell’evoluzionismo e nel positivismo la comune base teorica,
che li unificava in un solo blocco, facendone una unità dialettica.
E’ cioè il positivismo evoluzionistico la teoria che anima e di
sé informa l’intero movimento ope-raio italiano con le sue spinte
al rinnovamento, che ben si prestava con il suo determinismo mecca-nicistico
ad essere ponte per la componente del cattolicesimo sociale.
E’ il positivismo evoluzionistico più che l’hegelismo, che
costituirà un elemento di poco conto, più delle classi colte,
dell’intellettualità agrario-nobiliare, intrisa di studi classici,
di umanesimo retorico e disquisizioni retoriche ed oratoria forense, ma estraneo
agli stessi capi del movimento operaio e sindacale italiano. L’operazione
labriolana esaspererà questo distacco, con la sua lettura tutta hege-listica
del marxismo, con il suo forzare l’appiattimento di Marx su Hegel.
E lo stesso Labriola non sarà che figura marginale nel Movimento Operaio
Italiano, senza influenza e più dedito a distribuire consigli al gruppo
turatiano ed a brigare dietro le quinte congressuali.
Lo stesso marxismo maturerà nel grembo del massimalismo, nel grembo del
positivismo evoluzio-nistico più che in quello hegeliano.
E non poteva che essere così dato che la massa dei quadri dirigenti provenivano
dalle fila della pic-cola borghesia urbana e rurale.
Il processo è quello ben descritto da Federico Engels, Engels a Turati,
gennaio 1894:
“ Il popolo lavoratore: contadini, artigiani, operai delle industrie e
delle campagne si trova dunque schiacciato da una parte da antichi abusi, retaggio
non solo dei tempi feudali, ma benanche dell’antichità ( mezzadri,
latifundia del mezzogiorno, ove il bestiame surroga l’uomo) ; dall’altra
parte dalla più vorace fiscalità che mai sistema borghese abbia
mai inventato.
[..]. Nel Paese la produzione agricola prevale, e di gran lunga, sulla urbana:
poche, nelle città, le in-dustrie sviluppate, scarso quindi il proletariato
tipico. La maggioranza è composta di artigiani, di piccoli bottegai,
di spostati, massa fluttuante tra la piccola borghesia ed il proletariato.
E' la piccola e media borghesia del Medioevo in decadenza e disintegrazione,
la più parte proletari futuri, non ancora proletari dell’oggi.
E questa classe, sempre faccia a faccia con la rovina economi-ca ed ora spinta
alla disperazione che sola potrà fornire e la massa dei combattenti ed
i capi di un movimento rivoluzionario. Su queste la seconderanno i contadini,
ai quali il loro sparpagliamento sul territorio ed il loro analfabetismo vietano
ogni iniziativa efficace, ma che saranno ad ogni modo ausiliari potenti ed indispensabili.”
E sarà questa massa della classe della piccola borghesia che costituirà
i quadri e la massa dei com-battenti: parte importante di essa nel corso dei
primi del Novecento subirà un forte processo di pro-letarizzazione. Sarà
allora attraverso le lenti di questi che l’intero processo sarà
filtrato, gettando so-lide radici dell’egemonia di questa classe sul proletariato.
Questa massa viene attraversata e trasversalizzata dalla più generale
opposizione: riformismo-massimalismo.
La lotta del proletariato e del popolo lavoratore per migliori condizioni e
di lavoro attrae questa massa amorfa di piccola borghesia e la salda a quel
processo di creare un base di popolo alla demo-crazia borghese, che avrebbe
dovuto essere portato avanti dalla classe della borghesia.
Un discorso tutto a parte merita l’associazionismo cattolico operaio,
che si salda al più genera-le movimento operaio italiano sulla base del
cristianesimo sociale, sulla base delle teorie egualitarie cristiane, riallacciandosi
così, rinnovandoli, rinverdendoli, quei movimenti ereticali che attraversa-rono
costantemente il mondo cattolico.
Il caso Davide Lazzaretti ed il movimento del Monte Amiata ne costituisce l’aspetto
più emblemati-co e significativo, ma esso non fu isolato, ma in forme
e sfumature diverse attraversò l’intero mo-vimento delle classi
subalterne, che andava dall’antipretismo al messianesimo sociale. Ma questo
stesso movimento agirà nella direzione della dissoluzione della plumbea
cappa vaticanea, impri-mendovi modernità, dinamismo ed imponendo infine
mutamenti.
Senza questi movimenti molecolari sono poi incomprensibili una serie di orientamenti
della chiesa cattolica e la sua svolta verso il cristianesimo sociale. L’enciclica
in opposizione alle correnti mate-rialiste, costituiva da una parte il disperato
tentativo di far argine alla diffusione di tali teorie nel mondo contadino e
popolare cattolico e dall’altro …………………..
-?-?
Ma è ancora il movimento di lotta del proletariato e dei contadini ad
imprimere dinamismo nella piatta società civile che la classe della borghesia
aveva imposto ed imponeva.
Anche in questo sarà il proletariato e l’intero movimento delle
classi subalterne ad assolvere a quei compiti, elementari compiti, che alla
classe della borghesia competeva ed a cui aveva abdicato, di cui alla lunga
beneficiò, ma a cui contrappose i cannoni di Bava Beccaris, la legislazione
contro i socialisti ed il movimento sindacale, le leggi contro l’associazionismo
operaio, contro gli scioperi.
Dentro questo quadro, entro questo complesso, policromo, movimento occorre iscrivere
il processo di formazione della classe del proletariato in quanto classe autonoma,
della sua coscienza, iscrivere la formazione dell’identità di classe
e consequenzialmente la sua coscienza di classe.
In questo quadro vanno allora iscritti il riformismo ed il massimalismo: essi
costituiscono, entrambi, momenti del processo di formazione della classe del
proletariato, della sua identità e della sua co-scienza. Esso approderà
nel 1919.
Lungo questo processo due sono i momenti di svolta ove riformismo e massimalismo
iniziano a di-varicarsi, si avvia al loro interno la differenziazione e nei
loro tratti sostanziali vanno a configurarsi ed iscriversi nelle due più
complessive correnti che attraversano il movimento operaio e socialista:
il congresso di Rimini
la settimana rossa.
[…]
La crisi Matteotti segna definitivamente la separazione tra riformismo e rivoluzione
e la decaden-za della corrente socialista italiana.
La crisi Matteotti segna una forte crisi nel socialismo italiano con conseguenti
divisioni al suo in-terno, che darà vita al Partito d’Azione: formazione
decisamente minoritaria, ma che avrà il pregio di unire le migliori intelligenze
del socialismo democratico italiano da una parte e la corrente Serra-ti, che
confluirà nel Partito Comunista d’Italia.
L’intero periodo fascista, messo a tacere con la violenza il proletariato,
vede il dominio assoluto della classe della borghesia mostrandone appieno tutta
la sua inettitudine.
La stessa soluzione alla crisi Matteotti non era la dittatura terroristica della
borghesia. Il 1924 vede-va un riaprirsi di orizzonti internazionali e la possibilità
di inserirsi nel quadro internazionale e nel contempo accelerare il processo
di ammodernamento tecnologico. Fu scelta, invece, la via dell’imbalsamazione
del processo produttivo. Il ciclo 1923-1928 vede un forte movimento di inve-stimento
in settori nuovi di punta: la telefonia, l’automobilistica, l’energia
elettrica, la chimica e l’estensione del fordismo.
L’intera politica italiana fu l’assoluta inettitudine come si è
detto.
Le scelte di politica economica sono decisamente di basso profilo:
la costituzione della Banca d’Italia non comporta un ammodernamento del
sistema finanziario, ma solo l’arroccarsi delle posizioni parassitarie;
la costituzione dell’IRI è solo un salvataggio di aziende fallimentari
ed elargizioni di denaro pubblico ad una borghesia avida ed incapace di perseguire
qualsiasi progetto a medio termine.
Poteva costituire un momento di direzione per l’ammodernamento e la centralizzazione
di risorse: finanziarie ed intelligenze per la ricerca ed il posizionamento
in alcuni punti nevralgici di avanguar-dia. Seppe soltanto disperdere, oltre
che mortificare, il gruppo di Panisberga.
Le stesse opre di bonifica non si tradussero in modifica nella struttura economica
italiana, non si tradussero cioè nel superamento della struttura agrario-indusriale
per quella industriale-agraria, che avverrà invece solo dopo il 1948.
Gli stessi disastri del fascismo non furono sufficienti per spingere la borghesia
a liberarsi di Musso-lini e del suo governo. Saranno invece i possenti scioperi
del Marzo 1943 che spingeranno la bor-ghesia a porsi il problema del ricambio,
ma non ancora l’abbandono del fascismo.
Essa - e non solo essa: era qui in buona ed abbondante compagnia - appuntò
tutte le sue speranze ed il rinvio di qualsiasi decisione definitiva sull’offensiva
tedesca delle armate del gruppo Nord sul fronte di Leningrado. L’offensiva
germanica fu possente, furono impiegati oltre un milione e cin-quecento mila
uomini, aveva il compito di forzare la situazione e attuare la congiunzione
dell’Armata del Nord con quella del Centro al fine di correre in soccorso
delle Armate sul fronte sud, sbaragliate a Stalingrado e che subivano la pesante
offensiva dell’Armata Rossa, retrocedendo e così facendo mettevano
in serio pericolo la retrovia nevralgica: i pozzi di petrolio rumeni.
Per questo fine furono concentrate le migliori divisioni e molte furono ritirate
dalla Francia, dal Belgio e dall’Olanda e dallo stesso fronte africano:
delle due divisioni sotto il comando di Rommell la migliore venne ritirate ed
inviata sul fronte russo.
L’offensiva ebbe inizio ai primi di luglio: dopo gli iniziali e scontati
vantaggi dell’offensiva: alleg-gerimento delle pressioni dell’Armata
rossa si spense tra il 2 ed il 3 luglio e tra il 3 ed il 4 luglio tentò
di arginare la possente controffensiva dell’Armata Rossa per esserne poi
travolta. Churchill volerà a Washington da Roosevelt per concordare l’avvio
del “ programma Manhattan”, mentre in Italia hanno inizio le grandi
manovre per la riunione del Gran Consiglio del 24. luglio ed il dimis-sionamento
di Mussolini e la nascita del governo Badoglio.
L’intero periodo 1943-1947 è caratterizzato dalla forte presenza
del proletariato italiano. Anche qui la borghesia non seppe che raggranellare
- diciamo così? - intellettualità dell’Azione Cattolica
e del-la FUCI, ossia quadri della tradizione vaticanea e costruire con essi
il nuovo gruppo dirigente.
Sarà la forza del proletariato che spingerà a serie modifiche:
dall’assetto repubblicano, contro le forze borghesi che volevano il mantenimento
del regime monarchico, alla forma definitiva della Carta Costituzionale.
L’intera politica degasperiana non andrà mai oltre gli asfittici
àmbiti che avevano caratterizzato l’intera politica dello Stato
italiano. Anche qui la soluzione De Gasperi adottata non era l’unica per-corribile.
Non vengono sfruttati gli spazi nuovi che vengono a determinarsi nel quadro
internaziona-le all’indomani del 1945 e poi del 1949. La borghesia italiana
preferirà i tranquilli lidi newyorchesi e si appiattirà su Washington.
Non seppe e non volle utilizzare quelle forze che pure si erano andate forando
attorno a Giustizia e Libertà ed al Partito d’Azione.
Lo stesso socialismo italiano non sarà in grado di metabolizzarli, isolandoli.
E queste stesse forze non furono in grado di uscire dal minoritarismo culturale.
Atterrita dal proletariato riperpetuerà il vecchi blocco sociale.
Sarà ancora il proletariato che con le lotte per la terra ridurrà
in briciole il vecchio blocco agrario, che aveva subito un’oggettiva erosione
e che cercava di rinserrare le sue fila con l’aiuto delle truppe e della
mafia americane. Le lotte per la terra videro la feroce repressione, un autentico
bagno di sangue e la rinnovata alleanza tra la malavita organizzata: mafia,
camorra e la borghesia italiana:
Portella della Ginestra ed il bandito Giuliano.
Ed alla fine riuscirà a stemperare la forza d’urto del movimento
rivoluzionario per la terra per giungere alla legge stralcio.