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" Fisica, guardati dalla Metafisica!"
( Isaac Newton )
La relazione rinvia ai lavori dell’Istituto di Studi Comunisti Karl Marx
– Friedrich Engels ed in modo particolare:
Logica, Bioetica, Genetica, Democrazia,
Manipolazione genetica e modi di produzione, Ecologia socialista: cap. 3 e 4,
La concezione materialista del mondo dinanzi alle sfide del VII Millennio
La relazione è limitata al campo specifico di questo Convegno, ossia
la Medicina, di questa alla luce degli sviluppi scientifici ne tratta le consequenziali
sul piano teorico concettuale e teorico categoriale, evidenziando come il processo
fondazionale di una Filosofia della Medicina proprio perché è
un movimento oggettivo, risultato degli sviluppi scientifici, occorre che vi
si presti la massima attenzione. Lo studio esamina quindi le basi oggettive
di tale processo, i problemi oggettivi che tali basi pongono. Dal bilancio complessivo
dell’esperienza medica e dalla più complessiva delle Scienze in
generale formula alcune linee di ipotesi di ricerca e di sviluppo, non condividendo
in massima quanto sin qui trattato in merito alla Filosofia della Medicina,
perché limitativo della problematica e ripercorrente quanto già
in passato, di qui poi quel: " Fisica, guardati dalla Metafisica."
Napoli, 06. 05. 2000
Non sta a noi formulare giudizi e meno che mai indicare soluzioni.
Vogliamo essere, invece, un momento di un ragionamento più complessivo.
Il tratto di questa relazione è quindi più un procedere a larghi
tratti, un fissare problematiche, uno sviscerare singoli momenti di una problematica,
che si ritiene di particolare importanza, ma non per questo unica ed escludente
le altre: è un fissare e non un assolutizzare.
Gli sviluppi tumultuosi della medicina negli ultimi cinquant’anni e sempre
più precipitosi negli anni successivi hanno determinato l’esigenza
di un ripensamento ed una riallocazione più generale della medicina all’interno
della scienza: suoi rapporti con la fisica, chimica, biologia.
Questi sviluppi specie a partire dai primi anni Settanta hanno determinato un
impatto devastante con le più radicate convinzioni degli uomini, determinando
un impatto sociale forte, tale da sconquassare da cima a fondo e fin nei più
profondi recessi della fondamenta le concezioni generali più solide.
I temi specifici di vita, morte, dolore, eutanasia, aborto, trapianto, ecc.
sono stati affrontati nel 1° Incontro del novembre 1995, " Bioetica"
e lì rinviamo.
E questa problematica si coniuga con i temi delle Neuroscienze.
Lo sviluppo delle Neuroscienze pone una massa sconfinata di problemi non solo
e non tanto sul piano dell’Intelligenza, questo è il fenomeno più
eclatante ed in quanto tale maggiormente manipolato e piegato a fini e scopi
ideologici. Qui ciascun orientamento cerca di piegare aspetti e lati della ricerca
al fine di trovare dimostrazione scientifica alle proprie teorie politiche:
quelle elitarie o degli ottimati che vedono nel quoziente d’intelligenza,
Q.I., la dimostrazione dell’ereditarietà da genitori a figlio delle
capacità intellettive e quelle egualitarie che respingono tout court
tali teorie. E’ un discorso ideologico e quindi dogmatico, come sempre
quando si vogliono piegare risultati scientifici ed idee a teorie precostituite.
Cionondimeno lo sviluppo appena agli inizi delle Neuroscienze agisce da pesante
elemento eversivo e devastante delle più radicate convinzioni. Mentre
liquida decisamente qualsiasi teoria animistica e deistica, riducendo l’intera
attività cerebrale, e quindi la stessa attività intellettiva-cognitiva,
ad un ben preciso processo materiale, basato sulle condizioni dello stimolo
nervoso fissandone la natura elettro-chimico-fisico, dando così seguito
alle prime sperimentazioni di Helmotz della metà del XIX secolo che inerivano
la conduzione della contrazione muscolare, alle indagini di Pavlov e dell’intera
scuola pavloviana e di quella americana sui riflessi condizionati. Questi sviluppi
pongono in nuova luce l’intera teoria darwinista sull’evoluzione,
ponendo il problema del rapporto organo-funzione alla luce del patrimonio genetico
e di quella parte che regola la formazione, lo sviluppo e l’attività
degli organi.
Questi sviluppi pongono una serie di problemi nuovi:
* la conoscenza in rapporto alla velocità della trasmissione degli stimoli,
provenienti dagli organi sensoriali;
** lo sviluppo di singoli soggetti determinato dal pieno funzionamento del Sistema
Nervoso Centrale, S.N.C., e questo determinato dal rapporto del soggetto nel
corso dei primi anni di vita con l’ambiente, ossia con l’estrinsecazione
dell’attività sociale.
Viene cioè a configurarsi sul piano teorico una nuova definitoria del
?????????e dell’in actu;
*** le modifiche che avvengono nel corso della vita del singolo soggetto allorquando
uno o più organi sensoriali subiscono modifiche in base a traumi o patologie
debilitanti.
Questo fascio di problemi spinge ad affrontare, introduce, una serie di nuove
categorie e nuovi concetti, fino ad allora fuori dal campo medico o se presenti
inessenziali o letti dal lato più immediato.
Dimostra, infine, l’assoluta infondatezza di teorie e concezioni filosofiche
fino ad allora radicate e che hanno costituito momenti centrali nella formazione
e nell’educazione di tutti.
In concreto, per esempio, viene introdotto il concetto di " ambiente",
ma non più solo come entità sociale, nel senso del rapporto con
l’intera comunità e come momento dove si realizza l’attività
dell’Uomo, che costituiva il leggere il luogo ove avvenivano i processi,
ma in quanto momento dell'interagire della pressione ambientale sul soggetto,
qui l'uomo, e della pressione del soggetto sull'ambiente. Un rapporto molto
più dinamico, che di per se stesso spinge ad una lettura multidisciplinare
del processo. I recenti sviluppi delle Neuroscienze mostrano lo sviluppo e l’affermazione
dell’Uomo dalla scimmia antropomorfa e lo sviluppo di tutta la specificità
dei suoi organi quali funzioni di ben precise ed esatte attività, di
cui lo stesso linguaggio e lo sviluppo consequenziale nel tempo di tutto l’apparato
vocale e quello intellettivo della decodificazione dei suoni in parole, determinano,
qui nel concreto, un interazione struttura anatomica – struttura neuronale
e S.N.C, in quanto risposte alla pressione ambientale e come risposa della pressione
dell’uomo sull’ambiente. Ma occorre che questo termine, " ambiente"
sia correttamente definito, come abbiamo discusso in "Genetica".
La Gnoseologia, ossia il processo della conoscenza, cessa di essere speculazione
filosofica, viene così sottratta a Madame Phylosophie per fondarsi come
scienza della conoscenza.
Alla luce delle neonate Neuroscienze ci appaiono oggi sterili le estenuanti,
ma allora per molti aspetti proficue – il che sta a dirci del livello
di conoscenza più generale di allora – discussioni e trattazioni
sulle sensazioni che hanno attraversato tutta la Filosofia: se le sensazioni
sono fallaci, se esse esistono e se quelle del sonno sono simili a quelle durante
il giorno – Platone!- se il pensiero, l’Idea, ecc. ecc. Crollano
così ed in un sol colpo tutte le più corpose teorie sull’Idea,
crolla Platone ed Hegel, ma crollano anche Hume e Kant, rovinosa è la
precipitazione di Berkley e ritrovare le sue teorie oggi in alcuni trattati
può solo spingere ad un senso di pietas. E non diversamente l’elaborato
delle correnti materialiste, che ci appaiono in tutta la loro angustia con quel
determinismo meccanicistico, quel rapporto causale così primitivo ed
in definitivo infantile, che poi sostanziava quel meccanicismo deterministico.
Il processo della conoscenza si afferma come il prodotto di ben precisi organi
materiali, che trasmettono input che provengono da un mondo esterno all’uomo
e questo è un ben preciso, esatto, concreto processo elettro-chimico-fisico,
ma il cui risultato è un atto spirituale, configurandosi così
l’uomo unità materia-spirito e dove ‘ spirito’ acquisisce
ben altra e sostanziale valenza che non quella precedente che abbrutiva l’uomo
e lo asserviva ad entità metafisiche.
Non c’è più spazio per filosofemi.
Impone una rielaborazione del darwinismo, perché lo arricchisce. Introducendo
il rapporto ambiente – soggetto e lo sviluppo degli organi in base alla
funzione, consente di leggere da un’angolazione più vasta la stessa
selezione naturale. Liquida così e di colpo tutte quelle filosofie che
sulle teorie scientifiche di Charles Darwin si erano sviluppate..
In questo settore in modo particolare un limite, una strozzatura, nell’elaborazione
teorica è la resistenza all’introduzione della categoria lavoro.
Se tale categoria viene introdotta si è in grado di bypassare molte difficoltà
e nuovi campi d’indagine si aprono. Ma la categoria lavoro si trova talmente
sommersa in improprie manipolazioni ideologiche, date dal livello della lotta
politica che si svolge nella società e dalla tradizione di pensiero platoneo-aristoteliana
del ???????per cui lavoro è categoria?disprezzata, deprezzata e non qualificante,
prevalendo cioè la teoretica dell’otium aristoteliano o ???????Le
resistenze sono più di natura ideologica, giacché esse si presentano
anche nella cultura nord americana che è estranea alla tradizione dell’otium
ed il cui patrimonio teorico, invece, è il self made man.
La problematica della categoria lavoro è centrale – come vedremo
per gli stessi sviluppi della medicina e delle Scienze più in generale
– giacché consente di intelligere meglio lo sviluppo della civiltà
umana e del pensiero scientifico.
Essa quindi deve essere ben definita: unica condizione questa per liberarla
da vincoli, impacci e condizionamenti ideologici e dalla tradizione del passato
pensiero.
L’uomo è un animale di tipo particolare, è un animale sociale.
Per vivere l’uomo, a differenza di tutti gli altri animali, non può
utilizzare quanto la natura immediatamente offre, occorre lo che lo trasformi
in utile per sé.
Questo processo di trasformazione si chiama: lavoro, che ovviamente si svolge
nelle condizioni tecniche e scientifiche date. In quanto animale sociale di
tipo particolare l’uomo ha una complessità di bisogni da soddisfare
ed essi sono di natura materiale e spirituale. La riproduzione delle condizioni
materiali di esistenza per l’uomo sono la riproduzione di tutte le condizioni
e quindi sia quelle immediatamente materiali per la sopravvivenza fisica e sia
di tutti gli altri bisogni che in quel momento storicamente si sono sviluppati,
siano essi materiali che spirituali.
Il lavoro è cioè un processo che si svolge fra l’uomo e
la natura, nel quale l’uomo per mezzo della
propria azione, media, regola controlla il ricambio organico fra se stesso e
la natura: contrappone se stesso come una delle forze della natura. Operando
sulla natura fuori di sé e cambiandola l’uomo cambia allo stesso
tempo la natura sua propria.
Ma questa azione, per sua stessa natura, non può essere compiuta dal
singolo uomo, ma sempre da un insieme di uomini, e meglio dalla comunità
uomo, storicamente determinata.
E’ questo che determina la natura sociale dell’uomo, la necessità
per il singolo uomo di vivere in comunità, di associarsi con altri della
sua stessa specie. Diversamente non sarebbe in grado di operare tale ricambio
organico, giacché esso presuppone una molteplicità di intervento
ed una molteplicità di saperi, che si coordinino tra di loro per un unico
fine. Questa natura sociale determina la natura sociale della conoscenza a cui
concorrono tutti gli uomini della comunità uomo, ciascuno nel suo ruolo,
compito e funzione.
Tutto è quindi lavoro, ciascuno vi partecipa in gradi, forme e momenti
diversi.
Altro punto è costituito dalle concezioni e teorie filosofiche che hanno
costituito la base della formazione di intere generazioni per quasi due secoli,
che vengono invece letteralmente spazzate vie e mostratene tutta l’infondatezza
e la natura ideologica.
Ci riferiamo in specifico a tutto il dibattito teorico scaturito dal lavoro
di J. J. Rosseau, Emile,
secondo il quale un bambino fatto vivere isolatamente, senza alcuna conoscenza,
giunge spontaneamente a determinate concezioni religiose. Il più generale
tema era quello delle idee innate, dell’innato ad attitudini sociali e
di pensiero. Su questo si è non solo sviluppato un ricco ed approfondito
dibattito teorico, ma sulla sua base sono sorte e sviluppate teorie pedagogiche
in Italia e nel Nord America, che hanno costituito la base dei programmi scolastici
governativi di insegnamento.
Orbene Richardson scrive:
" Oliver Sacks descrive un ragazzino sordo di undici anni, cui non era
stato insegnato né mai fatto vedere il linguaggio gestuale: un ragazzo
che ‘ sembrava simile ad un animale’, capace di semplici discriminazioni
percettive, ma nulla di più; non era in grado di tenere a mente idee
astratte, riflettere, giocare o pianificare: ‘ Incapace di manipolare
mentalmente immagine e ipotesi, o possibilità, incapace di entrare in
un regno immaginativo o simbolico.’."
Questo impatto viene vissuto e letto nella forma ideologica di " Bioetica".
I problemi nuovi ed assolutamente inediti vengono così a porsi e questo
spinge ad una riflessione più profonda, alla necessità di ripensare
storicamente la medicina, ossia di attuare un bilancio storico.
Di qui la riapertura di studi sulla storia della medicina, che vede la realizzazione
di opere monumentali, tra cui può certamente annoverarsi quella guidata
dal Prof. Mirko Grmek.
Le questioni di Bioetica costituiscono, sono, l’aspetto più superficiale
ed in definitiva ideologico di ben più corpose questioni teoriche e concettuali
che si agitano al fondo e che spingono in prima battuta ad una riflessione filosofica.
Di qui corposi studi che pongo all’attenzione ora questo ora quel pensatore
antico.
Ma a ben guardare, poi, questa riflessione filosofica non soddisfa: i problemi
inediti pongono ben altre domande e richiedono ben altre risposte, che non si
trovano in tutto il passato pensiero, che è, poi, l’espressione
di un precedente livello di conoscenza, esprimeva e sintetizzava la vecchia
concezione scientifica e la vecchia concezione generale.
Si assiste così ad una contraddizione palese: questa riflessione filosofica
viene denominata " Filosofia della Medicina". La disamina di Kuhn,
Popper, Kant, Heiddeger, Husserl non costituisce affatto Filosofia della Medicina,
ma riflessione filosofica attorno ad alcuni problemi, temi, della filosofia,
che possono essere inerenti alla problematica che attraversa ora questo ora
quell’aspetto della medicina. E proprio perché tale, poi, a ben
guardare, è frammentario, mancando in tutti questi sforzi il momento
di sintesi teorica superiore, in grado di unificare l’insieme delle problematiche
e della lettura da angolazione diverse dei processi e dei problemi e dare così
un quadro teorico concettuale e teoretico categoriale tale da configurare un
corpus. Se avessimo questo avremmo una visione filosofica della Medicina, che
non è più la riflessione filosofica, ma non è ancora Filosofia
della Medicina.
Questo modo ideologico di porsi delle cose e l’agitarsi sul fondo di ben
più corpose tematiche, questa assimilazione tra riflessione filosofica
e Filosofia della Medicina, fanno ben intendere che tutto ciò sta a dirci,
vuole dirci, qualcos’altro.
E’ pratica consolidata della metodologica scientifica quella di separare
le varie e contraddittorie forme nelle quali un fenomeno o processo si presenta
ed il fenomeno o processo stesso.
Uno sguardo d’insieme allo stato attuale dello sviluppo delle scienze
ci fa chiaramente intendere che situazione non dissimile è oggi attraversata
da tutte le altre singole scienze naturali e sociali. Ciascuna vede una profonda
e radicale messa in discussione dei suoi campi d’indagine ed i suoi più
complessivi rapporti con tutte le altre scienze. Ciascuna viene attraversata
da un fascio delle altre scienze, e meglio ciascuna viene attraversata da specifiche
sezioni di altre scienze, finendo per costituire con queste nuove ed altre interdisciplinarietà.
In " Genetica" avevamo posto all’attenzione questo processo
in atto, sollevando la problematica teorica se non stessimo assistendo alla
nascita e formazione di un altro organarsi dei Saperi.
Dalla vecchia struttura feudale delle arti del Trivio e del Quadrivio –
che costituiva la struttura e l’organizzazione dei saperi, prodotto della
concezione scientifica dell’epoca – si sono venute separando e formando
nuove ed altre scienze, che hanno costituito, poi, la struttura e l’organarsi
dei saperi, avutisi fino alla metà del XX secolo. Questo processo ha
visto una suddivisione e specializzazione ininterrotta con la formazione di
sempre nuove scienze che dalle prime si dipartivano e si costituivano e con
una forte specializzazione e suddivisine interna, fino a far parlare di pericolo,
di preoccupazione per tale ipersuddivisione, che faceva perdere il momento unitario,
il momento della ricomposizione unitaria. Dicevamo in " Genetica"
che a noi sembra essere in atto un processo per cui le varie scienze vadano,
spontaneamente, riorganizzandosi sulla base non più delle singole scienze
e specializzazioni ma di grandi tematiche comuni sulla cui base tendono ad interrelarsi,
costituendo un nuovo tipo di multidisciplinarietà ed interdisciplinarietà.
" Bioetica" sarebbe cioè solo la forma ideologica nella quale
viene vissuto il processo di una serie di scienze attinenti il campo della vita
ad interrelarsi ed organarsi tra loro.
Dentro questo più generale movimento va allora inscritto il movimento
che attraversa oggi la Medicina.
Non è possibile o pensabile dire qui quale sarà il punto di arrivo
di tale processo, sarà la risultante del più generale movimento
delle scienze, determinato dai singoli sviluppi delle singole scienze.
Sono ancora tutti da abbozzare i tratti della Bioastrofisica ed i nuovi livelli
di intellezione della Biologia nella comparazione con l’evoluzione della
vita almeno nella nostra Galassia, che ci spingerà se non a rivedere
quanto meno a modificare gli assi di riferimento categoriali e concettuali e
l’attuale angolazione di lettura dei processi biologici. Il tema è
stato in maniera sostanzialmente corretto affrontato da Chela Flores e lì
rinviamo. A riguardo molto ci aspettiamo dalle spedizioni su Giove e dai rilevamenti
in specifico su alcuni suoi satelliti, non diversamente da Marte, ma l’attenzione
per quanto attiene i problemi qui in esame è sui satelliti di Giove.
La stessa chimica è sottoposta a forti sollecitazioni assieme alla Fisica,
permanendo ancora allo stadio iniziale – sempre per quanto attiene i temi
qui affrontati – tutta la teoria dell’antimateria in Fisica, che
in Chimica ha per contrappasso la struttura chimica destrogira e levogira inerente
proteine, quindi una forma ben più complessa di quella a cui noi siamo
giunti: stadi iniziali sostanzialmente, prese d’atto senza alcuna intellezione
di come essi agiscono e determinino il più complessivo movimento della
vita.
Ben diverso processo è in atto per quanto attiene la Filosofia.
La peculiarità dello sviluppo della Filosofia consiste nel fatto che
da essa, a misura che si sviluppano le nozioni scientifiche della natura e della
società, si diramavano una dopo l’altra le varie discipline scientifiche.
Di conseguenza il campo della filosofia si è andato restringendo a favore
delle scienze ( e tale processo è ancora in atto) e questo ha costituito
un progresso per le scienze e per la stessa filosofia. I creatori di sistemi
filosofici del passato, i quali pretendevano che si potesse conoscere la verità
assoluta in maniera definitiva, non potevano favorire lo sviluppo delle scienze,
poiché le imprigionavano nei loro schemi, tendevano a porsi al di sopra
delle scienze finendo così per imporre alla conoscenza conclusioni dettate
non dalla vita reale ma dalle esigenze di un sistema. Se poteva pur servire
all’indagine essa era assolutamente inadatta come strumento di conoscenza
del mondo, che per sua natura è atto di trasformazione.
L’ultimo cinquantennio del XX secolo ha visto una forte accelerazione
di questo processo, che oggi coinvolge la Medicina, gettando così le
basi per la transizione della Filosofia da insieme di sistemi omnicomprensivi,
e quindi metafisici, a Scienza del Pensiero. E’ in atto cioè nella
Filosofia un grande e poderoso processo fondazionale, che darà vita ad
una nuova scienza la Scienza del Pensiero, ossia la Scienza delle categorie
concettuali, o Logica razionale, che in un nuovo e diverso rapporto con la Scienza
sappia essere momento metodologico.
Nel campo della filosofia è in atto una battaglia senza quartiere che
vede da una parte il vecchio arroccato nella difesa di quelle vecchie visioni,
di quella filosofia dei massimi sistemi e dall’altra la vita, che spontaneamente,
e quindi in maniera disorganica, cerca e trova nuove ed altre strade, finendo
così di fatto per svuotare Madame Phylosophie di qualunque effettualità
teorica. Questo processo si attua nella la forma di Epistemologia, ossia di
Filosofia della Scienza e la formazione di Filosofie della Scienza specifiche:
Filosofia della Fisica, Filosofia della Biologia, Filosofia della Matematica,
ora Filosofia della Matematica. E sarà da questo processo, attraverso
un lavoro si sintesi e di concettualizzazione, in tutt’uno con lo sviluppo
ulteriore e poderoso delle scienze, che nascerà su solide basi razionali
la nuova scienza: la Scienza del Pensiero.
E’ questo già un corposo fascio di problemi, che viene ad arricchire
la problematica che oggi attraversa, investe, la Scienza Medica, e che spinge
per una sistematizzazione teorica superiore ed una definitoria concettuale e
metodologica, ponendo in essere il processo fondazionale di una Filosofia della
Medicina.
Lo stesso processo in atto della Scienza Medica non è che ai suoi primi
passi. Noi possiamo – in maniera molto arbitraria, ma solo come funzione
tecnica esplicativa - indicare l’attuale fase come processo fondazionale
di una teoretica medica, del processo fondazionale, cioè, della Filosofia
della Medicina, che è cosa ben diversa dalla riflessione filosofica.
Ma occorre tenere ben presente che questa, per quanto si riesce assai malamente
ad intravedere a larghi tratti – è solo una fase di transizione,
un passaggi obbligato per la Medicina.
Il problema è posto dalle condizioni oggettive, dallo stato oggettivo
a cui lo sviluppo della Scienza Medica è giunta.
Essa ha bisogno di un metodo e di una teoria generale in grado di unificare
i vari saperi che afferiscono alla Medicina: Fisica, Chimica, Biologia, Genetica
e poi Anatomia, Fisiologia, Eziologia, Microbiologia, Istologia, ecc. e poi
le varie scienze che afferiscono alla Diagnostica ed alla strumentistica, ecc.
e tutte queste poi afferiscono alla Clinica: Medica e Chirurgica.
Problemi nuovi ed assolutamente inediti spingono ad un ripensare storicamente
la Medicina e ad una più generale riflessione filosofica, fino a configurare
una Filosofia della Medicina.
La stessa vastità e tumultuosità dello sviluppo ed il modo in
cui li pone: le nuove idee e teorie non trovano il tempo di farsi le ossa, che
sono già superate da nuove, spinge, come risposta immediata, a cercare
lidi sicuri di approdo. Spinge a cercare un sistema referente generale, in grado
di essere approdo sicuro. Nasce da qui allora la rivisitazione, la lettura in
chiave moderna, di vecchi pensatori: Kant, Aristotele, D’Aquino, Agostino
d’Ippona, Popper, Heiddeger, Platone, .. .
Questa scelta non ci convince.
La scelta dell’aristotelismo, compiuta nel IV secolo ac è stata
per la Medicina, ma poi per tutta la scienza una vera iattura.
L’aver assunto l’aristotelismo quale sistema referente teorico generale,
ed aver poi filtrato la lezione ippocratica attraverso l’aristotelismo
è stata un’autentica iattura.
La lezione ippocratica era metodologicamente diversa e superiore all’aristotelismo.
Aveva già alla base quello che nel XVII secolo diverrà il metodo
scientifico galileano, ossia il metodo induttivo-deduttivo: osservazione? induzione?
ipotesi? conferma dell’ipotesi, evidenziato con estrema chiarezza ed efficacia
nell’articolo " Riflessione sul concetto di Malattia" ( Medic,
vol. 6, n.3, sett. 1998, autore Prof. Mario Coltorti ).
Ma era pratica quotidiana, naturaliter, che non aveva ricevuto una sistematizzazione
teorica, non era divenuta ancora coscienza teorica e questo consentiva il disperdersi
di questa importante acquisizione scientifica, che sarà ripresa 2000
anni dopo.
E così, una volta assunto l’aristotelismo quale sistema referente
teorico generale, tutti i dati sperimentali che non rientravano in quello schema
venivano o non letti o negati, perché quei dati sperimentali erano in
opposizioni alle esigenze generale del sistema teorico, che si era voluto assumere
come referente generale.
Contro l’aristotelismo si è poi dovuto condurre una battaglia per
circa 1800 anni ( 200ac-1600dc). E sin dall’inizio ha costituito un veto
alle scoperte di Erofilo ed Erasistrato.
Come ben documenta l’intera storia della Medicina, l’aristotelismo
ha costituito una pesante e soffocante schermatura. Nonostante che centinaia
e miglia di dissezioni nel corso di 17 secoli mostrassero non essere il fegato
quanto l’esigenza del sistema aristoteliano pretendeva che fosse, questo
veniva negato, non diversamente per quanto attinente il cuore, il calore, la
cozione, ecc.
Non diversamente in Astronomia ed in Matematica.
In sostanza nel IV secolo ac noi giungiamo in questi campi: Medicina, Astronomia,
Matematica a quanto giungeremo di nuovo 2000 anni dopo, ossia tra il XVII –
XVIII secolo.
In Medicina con Erofilo e poi con Erasistrato giungiamo alla comprensione del
piccolo e grande circolo, l’apparato respiratorio, digerente, visivo e
quindi ad una ben precisa comprensione della funzione dei vari organi: grazie
soprattutto alla pratica delle vivisezioni umane consentite per un cinquantennio;
in Astronomia con Aristarco giungiamo all’eliocentrismo;
in Matematica con Eudosso prima, con Archimede nel II sec. dc. poi, giungiamo
al calcolo infinitesimale, ma in tutti e tre i casi, poiché essi erano
in opposizioni con le esigenze astratte del sistema teorico aristoteliano vennero
negate e contrastate ed imposte quelle teorie che le soddisfacessero.
E’ l’aver accettato l’aristotelismo come sistema referente
teorico generale che ha portato la Medicina sul terreno dell’animismo
e della forza vitale.
Se l’aristotelismo nella sua forma più immediata è decisamente
superato, permane l’essenza dell’aristotelismo, permane quella concezione
di una teoretica in quanto massimo sistema, permane quella concezione di Madame
Phylosophie in quanto scienza delle cause, permane quella concettualizzazione
e quella definitoria di causa e quel rapporto decisamente primitivo di causalità,
ossia la quiddità aristoteliana.
Ed è questo poi che costituisce, al di là delle differenze, la
quiddità delle teorie di Kant, D’Aquino, Heiddeger e le teorie
moderne di Popper, Kuhn, ecc.
Questa scelta non ci convince non solo e non tanto per questo, quanto per il
fatto che tale impianto metodologico, tale taglio della problematica non coglie
specificità e dinamismo della Scienza Medica. Gli sviluppi recenti in
questo campo hanno invece evidenziato, esaltato, una complessità, che
per il passato veniva mortificata; evidenziato rapporti ed interconnessioni,
che la saldano con tutte le altre scienze, non solo nella direzione del ‘
debito’ diciamo così verso tutte le altre scienze, ma anche nella
direzione del ‘ credito’. Stringe la scienza medica in un àmbito
decisamente asfittico che non ci convince, cogliendo l’elemento più
immediatamente fenomenologico: la malattia e non invece, e non anche, la più
complessa pratica medica che porta poi alla cura della malattia. Finisce per
non leggere la complessa interrelazione, interconnessione e forte problematicità
che l’attraversa e trasversalizza e che imprime una forte dinamicità
all’intero corpus della Scienza Medica e ne costituisce particolare ricchezza
per il sapere umano più complessivo.
E cioè:
I
A. Natura della Medicina;
B. Empiria;
C. ruolo sociale della Medicina.
A differenza delle altre Scienze, che sorgono ad un determinato sviluppo della
comunità umana, la pratica medica, assieme alla pratica di procacciare
il cibo, è la pratica primaria e fondamentale dell’uomo per garantire
la sua esistenza. La pratica medica, cioè, sin dal suo esistere è
parte integrante del processo della sopravvivenza.
Questo determina alcune caratteristiche proprie della Scienza Medica, tra queste
in modo particolare l’esistenza di diverse pratiche mediche.
In generale una scienza ha sempre una serie di livelli intermedi, di gradazioni
di conoscenze e di acquisizioni scientifiche e di pratica scientifica, ma questa
molteplicità di medicine è una caratteristica peculiare di questa
scienza, data esattamente dalla sua natura. Mentre l’astronomia, la matematica
e tutte le altre scienze hanno un loro sviluppo legato ai grandi centri e non
intercettano direttamente la più generale vita degli uomini, se non successivamente,
quando quel determinato elaborato ha un impatto, una ricaduta sulla società,
la medicina invece no.
All’inizio la pratica medica è appannaggio delle donne, quando
l’uomo si dedicava alla caccia ed alla pesca e le donne alla raccolta
di radici. Questo consentiva alle donne di avere una certa dimestichezza con
le erbe, che hanno costituito la prima forma di cura: farmaco, bendaggio, ecc.
Qui è la Natura che spontaneamente offre i primi elementi: erbe medicamentose,
legno per lo steccaggio, erbe per fasciare e tamponare ferite. Questa costituisce
la base comune della nascita della pratica medica, che è pratica spontanea,
naturaliter.
In quanto atto del processo primitivo di sopravvivenza la medicina segue nel
suo sviluppo l’intera evoluzione sociale e civile della società
umana.
In generale il progresso di qualunque scienza passa per il superamento di precedenti
teorie: è la normale e tranquilla lotta tra il vecchio ed il nuovo, l’avanzato
e l’arretrato, dove le vecchie teorie una volta " detronizzate"
parte vengono soppresse tout court, parte sopravvivono come mito, alchimie,
vecchie pratiche. Questo è però un processo particolarmente complesso:
ove il vecchio che scompare si mutua, si camaleontizza, parte di esso sopravvive
in forme teoriche, in espressioni linguistiche e le definitorie sono espresse
con il linguaggio del vecchio, ecc. ecc. ecc. La medicina non è estranea
a tale processo, solo che per essa sussiste anche l’altro elemento, quello
dei diversi livelli che poi si intrecciano e si sovrappongono. A volte alcune
pratiche dei livelli inferiori riescono a raggiungere, casualmente, risultati
positivi e questo li proietta, catapulta, ai livelli superiori.
L’attuale sviluppo scientifico in campo telematico e delle comunicazioni
consente il definitivo superamento di questo iato, andandosi sempre più
affermando la metodica dei protocolli.
Nel corso dell’intera storia umana, dinanzi a flagelli, ossia a devastanti
patologie, le momentanee difficoltà della scienza medica a darvi soluzioni
stabili, emergono sempre stregoni, ciarlatani, profeti, guaritori più
o meno miracolati, che conquistano la scena, perché in grado di risolvere
alcuni casi di quella patologia: spesso in modo casuale, ma che l’immaginario
collettivo generalizza. E tali guaritori, santoni, ciarlatani e stregoni sono
poi quelle idee, teorie, concezioni che si non camaleontizzate e che, sempre
pronte a riemergere, trovano spazi nelle difficoltà, nelle sconfitte
della scienza. Quegli stregoni, quei ciarlatani, quei santi e profeti sono poi
l’espressione reale, esatta, precisa della più complessiva concezione
scientifica degli uomini, della coscienza degli uomini, che non è scientificamente
organizzata, ma è la risultante di tutte le precedenti concezioni e teorie,
delle paure antiche, delle presenti e di sempre, che riemergono: ed è
in questo esatto humus, in queste esatte condizioni materiali che quegli stregoni,
santi, guaritori, ciarlatani traggono alimento e sviluppo.
Ma per essere spazzati via non appena la conoscenza umana è riuscita
a superare quella situazione di difficoltà. Ed è questo un processo
ininterrotto, giacché non appena la conoscenza ha raggiunto un certo
livello, determinati risultati, sono questi nuovi livelli e nuovi risultati
che aprono nuovi e più complessi problemi e proiettano verso nuovi livelli.
In generale nelle fasi di transizione da una società all’altra
tutto un intero bagaglio teorico-concettuale viene superato.
E al momento presente permangono forme di medicina empiriche e spiritualiste
in parte nobilitatesi con l’eufemismo di " medicina alternativa".
Il più recente caso "Di Bella" scopre una situazione ben più
profonda, scopre uno stato reale, scopre l’alto livello conflittuale in
atto tra i due livelli. Dice - utilizzi strumentali a parte – della lotta
mortale in atto e di tutta la resistenza che, sotterranea, si agita del vecchio
a cedere il passo ed il suo fare fronte comune mobilitando per l’occasione
timori, incertezze, paure vecchie e nuove.
La Medicina è così immediatamente attraversata dal processo più
generale di sviluppo dell’uomo e ne porta tutte le stimmate.
La Scienza Medica si caratterizza così per essere un Giano Bifronte:
da una parte un incessante movimento di arricchimento, di complessificarsi ed
intrecciarsi di diverse pratiche mediche e dall’altra la necessità
di avere un momento stabilizzante che trovava nei sistemi filosofici esaustivi
in sé ed in modo specifico nell’aristotelismo.
E’ questo processo contraddittorio che la spinge a ricercare lidi sicuri.
Nella fase attuale di profondi sconvolgimenti e rapido succedersi di scoperte
ed innovazioni scientifiche la scelta di un sistema teorico esaustivo è
una iattura ben peggiore di quella del IV secolo. Questa scelta poteva anche
avere un senso ieri, quando le innovazioni e le scoperete avvenivano in tempi
lunghi ed ancora più lunghi e mediati erano gli impatti con la società
civile e le coscienze e le concezioni degli uomini, per cui quella scelta sistemica
aveva tempi lunghi di verifica e le innovazioni non erano mai così devastanti
da spazzarla via, ma le consentiva spazi di manovra e di ritagliarsi spazi.
Oggi questa è assolutamente impossibile. L’uomo è decisamente
entrato nella fase storica dello sconvolgimento delle più radicate e
delle più tradizionali idee e dove le nuove non fanno in tempo a maturare,
che sono già scacciate dalle nuove.
Quando si studia la Storia della Medicina occorre tener ben presente tale complessità,
tale doppio livello, l’osmosi ed i momenti unitari.
Un altro dato è l’intrecciarsi dello sviluppo della Medicina con
idee, teorie filosofiche e religiose.
In generale tutte le scienze al loro sorgere non erano ben distinte e tutte
erano attraversate, influenzate dalle teorie religiose, dalla cultura generale
della società e per tutto il loro corso esse hanno subito tali influenze
e nella lotta e separazione da queste esse sono progredite fino a fondersi in
quanto scienza. Ma questo ha modificato il rapporto di influenza, ma non lo
ha eliminato.
Nella fase attuale – e sempre nelle fasi e scontri epocali – esse
sono sottoposte a pesanti pressioni e condizionamenti e per una lunga fase li
subiscono fino a che il nuovo non si afferma definitivamente, precipitando il
vecchio nell’alchimia, nel mito e con esso tutte le influenze del passato
pensiero.
La Medicina per sua natura ha un più immediato impatto con le idee, concezioni,
coscienze non tanto sulla e nella società civile genericamente intesa,
quanto nella sua azione capillare, quotidiana, che investe sempre e comunque
ed ovunque ogni singolo membro della società. La Medicina si configura
così come un importante veicolo di idee, teorie, concezioni, avanzando,
modifica il rapporto vita-morte, sottraendo l’uomo dallo stato di necessità
e lo spinge in avanti. E questo la espone maggiormente al controllo sociale.
Ancora.
La natura capillare della pratica medica le conferisce una peculiarità
importante, ma totalmente misconosciuta: consente spesso qui l’accumulazione
di importanti esperienze scientifiche e teoretiche di validità generale,
ma mancando una costante disamina e sistematizzazione teorica in grado di sottrarla
all’empiria ne rende impossibile l’utilizzo.
Questa massa empirica resta cioè al livello della quotidianità
senza transitare alla più generale forma della gnoseologia.
Sono questi tutti ben esatti e precisi problemi, che richiedono una corretta
Filosofia della Medicina in grado di evidenziali e di sottrarli all’oblio;
questo importante patrimonio empirico si è rivelato, invece, di grande
importanza per sviluppi in altre scienze, che se avessero potuto valersene avrebbero
di certo evitato di andarsi ad insaccare in dibattiti quanto meno poco fruttuosi.
Già da qui viene profilandosi un ben diverso quadro ed una ben diversa
valenza della Scienza Medica ed il porsi oggettivo, il porsi la necessità,
di una Filosofia della Medicina.
B. Empiria,
La natura capillare della pratica medica le conferisce una peculiarità
importante, ma totalmente misconosciuta: consente spesso qui l’accumulazione
di importanti esperienze scientifiche e teoretiche di validità generale,
ma mancando una costante disamina e sistematizzazione teorica in grado di sottrarla
all’empiria ne rende impossibile l’utilizzo.
Questa massa empirica resta cioè al livello della quotidianità
senza transitare alla più generale forma della gnoseologia.
Dalla Storia della Medicina possiamo fermare due momenti.
1. l’invisibile dal visibile,
2. particolare-generale.
1. l’invisibile dal visibile, ossia inferire l’invisibile, ossia
quanto non si vede, da quanto è visibile. Tutta la ricerca medica è
esattamente questo inferire dai dati più immediati: la sintomatologia
e l’esame obiettivo quanto non visibile.
L’esistenza e sviluppo della Medicina stessa richiedeva la metodologia
critica dell’intellezione dell’invisibile attraverso il visibile,
ma questo richiedeva a monte uno spirito critico che accettasse l’esistenza
di un invisibile conoscibile; ossia che accettasse di avere come struttura teorica
concettuale l’assunto: esistenza di un invisibile ma conoscibile e conoscibile
in maniera indiretta, per deduzione logico-consequenziale. Quindi una gnoseologia
non più basata solo su quanto i sensi percepiscono, ma anche su quanto
i sensi non percepiscono immediatamente, ma la cui esistenza, è in virtù
dell’esistenza di un quid. Era questa la più profonda e radicale
rottura con le più radicate concezioni gnoseologiche pensabili.
La Fisica e l’Astronomia non avevano questo problema, la Zoologia lo risolveva
con la vivisezione, ma qui andava incontro al problema di modificare profondamente
il dato allo studio nel momento in cui attuava la vivisezione, per cui una migliore
intellezione del problema comportava ipso facto la morte dell’oggetto
in esame. Ma anche qui, questa pratica secolare non troverà una sistematizzazione
teorico-metodologica, la troverà, indipendentemente da questa pratica,
nel Novecento con Niels Born e Heisenberg nella Fisica quantistica.
La Fisica e l’Astronomia, si diceva, non avevano questi problemi, giacché
essi si muovevano sul visibile, il problema era semmai gli strumenti in grado
di vedere e questo, per quanto attiene l’Astronomia e la stessa Fisica,
si muoveva su ben precisi dati macroscopici perciostesso ben precisi e verificabili.
La stessa ricerca con i primi rudimenti di microscopio in definitiva pur se
si passava dal macro al microcosmo, sviluppava la ricerca e lo studio su quanto
era immediatamente visibile, il problema era semmai quello di inferire come,
quanto il microscopio consentiva di vedere, andava coniugato con la funzionalità
e lo sviluppo dell’oggetto a cui quel microrganismo apparteneva: che ruolo
aveva e dove si andava ad iscrivere quello che il microscopio consentiva di
vedere.
Il problema si è posto all’inizio del XX secolo in Fisica con Rutherford,
quando si trattava di inferire l’esistenza della struttura dell’atomo
e l’esistenza dell’elettrone, poi, dalla emissione di fotoni di
luce ottenuti bombardando l’atomo e raccogliendo con opportuni specchi
devianti su un pannello la banda spettrale della luce emessa ed inferire così
la struttura dell’atomo, la posizione dell’elettrone. Ma questo
intero campo della ricerca che sfocerà nella Fisica Quantistica e che
vedrà i lavori di Einstein sui fotoni di luce, ecc. non si avvarrà
del pur ricca e plurisecolare esperienza accumulatasi nel campo medico, giacché
era decisamente impossibile separare quella specifica empiria da quella massa
‘ caotica’ e magmatica di dati sperimentali e di metodi diversi,
diversi per ciascuna branca: Anatomia, Fisiologia, ecc., perché non era
stata astratta ed elaborata in quanto teoria e metodo.
Ma l’inferire dal visibile era già pratica teorica e concettuale
e teorico metodologica del sapere umano ed in specifico del campo medico, ma
era ancora nella forma bruta della spontaneità, del naturaliter.
b. rapporto particolare-generale
A partire dagli anni ’30 del XX secolo e per tutti gli anni ’70
si è sviluppato un forte dibattito, che a partire dalla Fisica teorica
, ma che ha poi coinvolto l’intero dibattito scientifico e culturale i
cui maggiori momenti speculativi sono stati la " Scuola di Vienna"
e Popper: la teoria della falsificazione, la teoria del caos e del rapporto
casuale, ecc. che oggi sembra attirare molte attenzioni nel campo della medicina
teorica.
Il punto era questo: la legge generale descrive un processo, ora nel caso particolare
questo andamento si discosta in alcuni punti, divenendo ciascun momento particolare
di una ben precisa ed esatta realtà, che per i tratti più rilevanti
e caratteristici del fenomeno può essere ricondotto a quanto descritto
da quella legge, può essere sussunto sotto il fenomeno più generale
descritto dalla legge e ricondotto al fenomeno in generale. Questo pone il rapporto
di causalità in una dimensione ben più complessa che non la precedente
visione, proprio perché interviene il particolare, il preciso, esatto
fenomeno che qui ed ora si esperisce. Da qui lancia in resta la scuola di Vienna,
Popper, Kuhn partono per …
Le domande metafisiche e retoriche non si contano: ma allora la legge scientifica
esiste?
e la scienza esiste? e la causalità, e....?
La vita aveva già dato una ineccepibile risposta, erano gli uomini che
adesso giungevano alla coscienza teorica del problema, che la vita aveva già
affrontato e risolto.
La risposta era già tutta, totia, nella pratica medica. La pratica medica
plurimillenaria sapeva che individuata la malattia si trattava poi di modellare
sul malato l’azione, che la malattia che si trovava ad affrontare presentava
sicuramente tratti e specificità che la rendevano diversa, unica ed irripetibile,
da quanto in teoria fermato, da quanto in teoria formalizzato. Questo non significava
affatto né che la teoria non era vera, né che quanto di quella
patologia la teoria diceva o quanto in Anatomia e Fisiologia si diceva non era
vero, era che il particolare si presentava sempre con sue specificità.
Ed erano poi quelle specificità che arricchivano la casistica medica,
che complessificavano il sapere, che consentivano di intelligere momenti più
complessi nella funzionalità degli organi e momenti più complessi
della patologia. Sul piano teorico generale era cioè il particolare,
è il particolare!!!, che fa la teoria. E’ il particolare la vita!
E’ il particolare che determina il movimento della conoscenza, mentre
la legge, la teoria fissa, ferma, i momenti più generali ed in quanto
tale è il momento statico.
Si tratta di cogliere il perché di questo.
In realtà non potrebbe essere diversamente.
Una tranquilla lettura dei processi, senza steccati ed ideologismi, ci fa ben
vedere che la pratica medica costituisce il primo momento teorico dell’attività
umana, per il carattere specifico della Medicina in quanto atto fondamentale
e primario per la sopravvivenza dell’uomo.
E’ attraverso questa porta che l’uomo entra in un rapporto più
complesso con la realtà esterna; ed è attraverso questa porta
che l’uomo legge il suo rapporto con la natura e da cui discendono, poi,
consequenzialmente, la sua visione generale del mondo, la sua coscienza, la
sua concezione scientifica generale, giacché è, e rimane, la pratica
quotidiana degli uomini, di tutti gli uomini, che è pratica primaria
e fondamentale a cui nessun uomo può sottrarsi.
Ed in quanto tale viene qui ad accumularsi un ricco patrimonio empirico.
Il problema è una corretta intellezione di tale patrimonio, che implica
una corretta disaggregazione dei dati empirici dalla sconfinata e caotica massa
di dati empirici e ricomposizione teorica metodologica.
C. Ruolo sociale della Medicina.
Non si rifletterà mai abbastanza, e non si insisterà mai abbastanza,
sull’impatto sulle coscienze delle pratiche mediche nella modifica sostanziale
delle idee e concezioni e nella formazione della concezione scientifica generale
degli uomini. Il loro ruolo non è paragonabile a nessuna scoperta scientifica
delle altre scienze, giacché hanno sempre un impatto immediato nella
vita degli uomini di tutti i giorni, che non le altre scienze, e sulla questione
decisiva per l’uomo stesso, quella del rapporto vita-morte.
E’ il caso in passato della circolazione sanguinea di Harvey e l’inoculazione
e poi la vaccinazione antivaiolosa.
Harvey e la vaccinazione antivaiolosa.
Sono questi due momenti chiave nella Storia della Medicina, a cui noi attribuiamo
una particolare importanza. Il periodo 1650-1780 costituisce, almeno così
ci sembra e fermiamo all’attenzione, il grande secolo che fonda la Medicina
scientifica. Sono due momenti centrali di impatto delle scoperte mediche sulle
coscienze degli uomini e che determinano la nuova concezione scientifica.
Con Harvey crolla e definitivamente tutta la teoria non solo della circolazione
sanguinea aristoteliana e tutta l’Anatomia e Fisiologia – diciamo
così? – aristoteliane. Crolla anche la teoria del calore, che ha
sede nel cuore e consequenzialmente la teoria della cozione, che é alla
base del processo della digestione. E’ l’intero impianto che si
sbriciola. In contemporanea un altro mirabile colpo veniva vibrato dal lato
dell’Astronomia con Galilei e poi con la Meccanica dei gravi ed infine
in combinata formidabile Leibitz-Newton sul lato della Matematica con il calcolo
infinitesimale, il calcolo sublime. Indubbiamente i due personaggi decisivi
del XVII secolo sono proprio Harvey e Galilei: sono loro gli autori della grande
rivoluzione scientifica, e che fondano la Scienza moderna.
Ma la teoria harveyana è qualcosa di più, ha cioè un potere
dirompente, devastante, eversivo maggiore della teoria galileiana. Essa consente
ora anche le prime somministrazioni per via endovasale di liquidi che porteranno
allo studio degli organi. L’indagine anatomica progredisce ed inizia ad
essere utilizzata una strumentistica al fine di evidenziare, " in vivo"
e " de visu" la struttura nervosa, sanguinea, linfatica, muscolare
del corpo. Si giunge così all’immettere per via endovasale un liquido
in grado di evidenziare tali strutture: pratica questa già iniziata da
Leonardo da Vinci con l’inchiostro e mercurio e questo fino al gennaio
1667, quando Swammerdam adopera cera bianca intiepidita ed adeguatamente colorata
per visualizzare l’albero vascolare dei genitali femminili. Questo consentiva,
una volta dissolto il parenchima circostante con opportuna corrosione, di ottenere
un’analisi immediata, ma anche illustrazioni didattiche. Frederik Ruysch
ottiene risultati migliori con cera addizionata a cinabro, colofonia, sego diluito
con alcool e trementina.
Il primo passo per la terapia endovenosa e per la diagnostica attraverso immissione
di sostanze per via venosa era stato fatto. Veniva così irrimediabile
incenerita l’intera teoria dell’anima, sede dell’anima, ecc.
e questo non come fatto teorico speculativo ma come pratica degli uomini.
Non si rifletterà mai abbastanza, e non si insisterà mai abbastanza,
sull’impatto sulle coscienze delle pratiche mediche nella modifica sostanziale
nelle idee e concezioni e nella formazione della concezione scientifica generale
degli uomini. Il loro ruolo non è paragonabile a nessuna scoperta scientifica
delle altre scienze, giacché hanno sempre un impatto immediato nella
vita degli uomini di tutti i giorni, che non le altre scienze, e sulla questione
decisiva per l’uomo stesso, quella del rapporto vita-morte.
D’importanza maggiore sono l’inoculazione e poi la vaccinazione
antivaiolosa.
Con l’inoculazione diviene pratica teorica quanto gli uomini nella pratica
spontaneamente facevano, ma di contenuto decisamente diverso è la vaccinazione
antivaiolosa. non bastava qui una migliore
messa a punto della pratica degli uomini, richiedeva un salto di qualità
e già questo è un importante passo in avanti. L’impatto
sulle coscienze, per la pratica di massa che ne avrà, sarà forte:
se potevano ancora esserci sacche sulla sede dell’anima, qui venivano
decisamente incenerite e spazzate via senza tanti riguardi. Ma questo è
ancora l’aspetto non principale. L’aspetto principale è la
svolta che tale innovazione introduce nella Medicina: da pratica di sostanziale
difesa. ove gli uomini attendevano il manifestarsi di una patologia per poi,
qui invece è l’uomo che prende decisamente l’iniziativa e
mette in essere una pratica preventiva, assolutamente sconosciuta fino a quel
momento. Svolta decisiva.
Oggi questo ruolo di impatto delle scoperte mediche sulle coscienze degli uomini
e che determinano la nuova concezione scientifica è svolto dalla Genetica,
dalla pratica medica più avanzata di fecondazione assistita, trapianto,
terapia antalgica, dalle Neuroscienze in modo particolare per quanto attiene
tutta l’inferenza con il campo gnoseologico, ossia per quanto attiene
il S.N.C. e la trasmissione dei dati dagli organi sensoriali e tutta la teoria
dell’intelligenza cognitiva.
Ma questo non è ancora l’aspetto principale.
L’aspetto principale è dato fatto che per la natura sua propria,
il suo essere azione primaria fondamentale dell’esistenza dell’uomo,
la porta ad avere al centro il rapporto vita-morte, affronta tale rapporto e
lo modifica.. Ed è esattamente questo che le conferisce quel ruolo centrale
nella formazione della concezione generale, della concezione scientifica e delle
coscienze degli uomini.
E’ cioè la Medicina che definisce i concetti, per quanto attiene
il suo campo, di vita, morte e tutte le definitorie e concettualizzazioni consequenziali.
In concreto è stata la Scienza Medica che ha definito e stabilito il
concetto di morte e di vita, di quando si deve considerare un soggetto clinicamente
morto e si può procedere all’espianto, in base al quale la giurisprudenza
ha determinato i nuovi livelli di operabilità ed il Parlamento successivamente,
accettando quanto la giurisprudenza, ha legiferato in merito al trapianto. Qui
la Scienza Medica ha messo da parte teorie e filosofemi, sulla base delle più
avanzate conoscenze del corpo umano e delle possibilità reali, concrete
di intervento ha stabilito i criteri di quando vita e quando morte e sono questi
criteri oggettivi che hanno consentito alla giurisprudenza prima ed al Parlamento
poi di esperire i loro ruoli e compiti.
Se la Medicina avesse voluto avere a referente generale Aristotele non ne avrebbe
ricavato un ragno dal buco, non diversamente se Kant, o Hume, o Popper, o….
La Medicina si è attenuta saldamene ai consolidati dati sperimentali
nel campo medico ed ha stabilito i nuovi criteri.
Così facendo stabiliva nuovi ed altri livelli gnoseologici, modificava
le radicate convinzioni degli uomini sulla vita e sulla morte, costringendoli
ad una nuova ed altra concezione scientifica.
E’ questo spazio che oggettivamente occupa e che le compete, che determina
le forti pressioni a cui in tutta la sua storia si è venuta, e si trova,
ad essere sottoposta da parte di quelle teorie e concezioni che pretendono esse
di occupare tale spazio e tendono perciostesso a subordinarla a sé.
Non meno delle teorie deiste, le teorie ateiste si sentono ridimensionate e
scacciate e conducono una battaglia per subordinare a sé la Medicina,
alle loro teorie, alle esigenze del loro sistema. L’ateismo è esso
stesso una forma di religione, ove l’assunto di fede è immagine
speculare delle religioni classicamente intese. Ed il processo di subordinazione
passa attraverso il privilegiare ora questo ora quella angolazione, ora questo
ora quel momento, che più e meglio si presta in maniera più immediata
e dal lato più immediatamente fenomenologico alla dimostrazione delle
sue verità.
Le ateiste e le deiste costituiscono un unico blocco, giacché entrambe
hanno una teoria ab aeterno da dimostrare, ciascuna con la sua fede e le sue
verità e le sue bandiera da far garrire al vento e ciascuna con la sua
strategia tendente ad affermarsi come unica: è già la fede rivelata;
è già l’Inquisizione e di certo la scomunica da lanciare
e la santificazione. Sul rogo dell’Inquisizione andarono non meno protestanti
che cattolici e Calvino e Lutero mandarono al rogo non meno eretici che Roma,
giacché ciascuna riteneva di essere unica depositaria della verità.
Entrambe hanno alla base la negazione dell’uomo, che è l’unità
materia-spirito. Ciascuna elevando uno dei momenti contro l’altro, umilia,
mortifica, asserve l’uomo ad entità metafisiche, avendo poi sempre
qualche ricetta d’accatto dal nome altisonante di " Umanesimo".
La scelta dell’aristotelismo nella sua quiddità mortifica, umilia,
linearizza questa complessità di qui il non convincerci.
II
Ci convince ancor meno alla luce dei problemi che la fase attuale pone.
Il motivo più immediato è dato proprio dal forte carattere di
movimento di cui è assai ben difficile, se non impossibile, intravederne
gli orizzonti futuri ed in cosa andrà a configurarsi ed essere. E già
questo impone di avere una metodica in grado di non chiudersi e di essere aperti
a tutto il divenire, di cui ne stiamo vivendo solo le prime e più timide
fasi, continuando ad agire il vecchio pensiero, le vecchie mentalità:
metodologiche e concettuali, con le sue certezze, le sue consequenzialità,
i suoi miti ed i suoi valori ed una scelta aristoteliana è invece il
fermare, lo stabilizzare.
L’attuale fase della Scienza Medica è similare a quella nella quale
è venuta a trovarsi la Fisica agli inizi degli anni ’50 e ben fermata
da Max Born:
" Siamo alla fine del nostro viaggio nella profondità della materia.
Abbiamo cercato terreni fermi e non ne abbiamo trovati.
Più profondamente penetriamo, più irrequieto diventa l’Universo,
e più vago e più nebuloso." ( Max Born, 1951 ).
E questo è un elemento forte che spinge la Scienza Medica ad approdare
a lidi sicuri e di poterli trovare in un sistema teorico referente generale.
Nasce da qui quella riflessione filosofica, che spinge a rivisitare Kant e Popper,
Kuhn e d’Aquino.
Ancora.
Quella scelta non è in grado di cogliere, valorizzare ed esaltare la
complessa dinamicità interna della Scienza Medica, che è poi quella
che ha messo in essere il processo fondazionale di una Filosofia della Medicina.
E’ una complessa dinamicità che gli sviluppi dell’ultimo
trentennio hanno ben evidenziato e fermato e che per il passato veniva occultato,
mistificato, ottunto. E non è in grado di intelligere come quella istanza
di approdare a lidi sicuri è poi la risultante di una ben più
complessa problematica.
Dallo Schema – ove i tratti sono estremamente semplificati e schizzati
– risulta come alla Medicina afferiscono varie discipline.
Ciascuna branca: Anatomia, Fisiologia, Eziologia, ecc. ha una sua metodica,
un suo apparato concettuale e categoriale, che è il risultato del particolare
e specifico settore, della specifica angolazione di lettura di uno stesso processo.
In ciascuna il concetto di causa, il rapporto causale è differente ed
all’interno di ciascuna è corretto, ma non è mutuabile in
una differente.
Non diversamente nella strumentistica e nella Diagnostica.
Tutta questa complessità si ricompone unitariamente nella Clinica: Medica
e Chirurgica, che è attraversata dalla complessità della categoria
" malattia", che come indicato nello schema ciascuna ha una sua causa,
un suo rapporto causa-effetto, una sua causalità
La Patologia può essere di diversa natura: chimica, anatomica, fisiologica,
microbiologica, genetica e ciascuna è correttamente letta da un pool
di indagine: anatomica, chimica, radiologica, semeiotica, strumentale. E così
possibile che ciascun pool dimostri di essere esaustivo in sé, allorché
prende tutte quelle patologie afferenti quel pool.
Ma non appena si discosta dalla tipologia classica per quel pool incontra difficoltà,
giacché è assai difficile stabilire una netta linea di demarcazione
tra le varie nature. Ciascuna di queste comporta sempre una problematica nella
funzionalità di un organo e quindi una modifica anatomica. Vi è
cioè un intrecciarsi e sfumare l’una nell’altra, pur rimanendo
una predominanza.
E ciascun campo d’indagine, nei limiti della propria specificità,
consente di leggere tutte le patologie, il problema è metodologico, nel
senso che si tratta, poi, di ben operare la lettura dei dati nella loro specificità,
e quindi nella loro limitatezza. Il fatto è che ciascuna dà la
lettura da una particolare angolazione del problema, e solo la lettura unitaria
delle varie angolazioni consente l’intellezione corretta. Ma si tratta
poi sia di ben selezionare ciascun strumento ed angolazione e di questa stabilirne
bene ciascuna delimitazione in rapporto a cosa si intende indagare, ossia calibrando
esattamente sulla specifica patologia l’indagine, e quindi la massa dei
dati, degli input, che si intende avere, raccogliere
E nella realtà delle cose non esiste la malattia, non esiste la patologia,
non esiste cioè la tubercolosi, non esiste l’infarto acuto del
miocardio, non esiste la cirrosi epatica, ecc. ecc.: sono queste astrazioni.
Nella realtà esiste una ben precisa ed esatta patologia, che nei suoi
tratti dominanti è assimilabili per associazione di idee, ossia per un
processo intellettivo, con la tubercolosi. Esiste cioè questa ben precisa
ed esatta e materiale tubercolosi di questo esatto e concreto e materiale soggetto,
con quella esatta e precisa eziopatologia, quella precisa ed esatta anamnesi
recente e remota, perché, poi, la Clinica non affronta la malattia, non
affronta la tubercolosi, non affronta l’infarto acuto del miocardio, quello
che la Clinica deve risolvere è quella esatta e precisa forma di infarto
acuto del miocardi in quel ben preciso e concreto materiale soggetto.
Vi è cioè un movimento costante dal particolare al generale e
dal generale al particolare, che avviene in tutte le sue strette consequenziali,
in tutti i suoi stretti passaggi, passando dai livelli più bassi a quelli
sempre più alti di astrazione e discendendo dalle forme più astratte
a quelle sempre più precise e concrete, fino al fatto concreto.
La Medicina racchiude in sé questo movimento particolare-generale e tutti
i diversi gradi dell’astrazione che vengono percorsi in linea ascendente
e discendente.
Il rapporto causale è diverso nelle singole branche ed è diverso
per patologie e diversamente si combina il concetto di causa ed agente e l’integrazione
ed interazione con " ambiente".
Già qui il concetto di causa diviene estremamente complesso, lo è
ancora di più se introduciamo il rapporto con " ambiente" e
se introduciamo successivamente il concetto di " agente" e poi la
differenziazione tra " causa" ed " agente" ( Lewontin).
Il quadro teorico concettuale si complessifica allorquando dal generale passiamo
allo specifico della malattia ed infine al soggetto in esame. Ed arrivati qui
interagisce l‘esperienza del medico-équipe.
Ancora.
Ciascuna branca: anatomia, ecc. ha una sua metodica, un suo apparato concettuale
e categoriale, e quindi una sua definitoria, che il risultato di quel particolare,
specifico settore d’indagine, dalla specifica angolazione di lettura del
processo.
Il concetto di " causa", il rapporto causale si differenzia per ciascuna
branca ed all’interno di ciascuna sono correttamente definiti , ma non
lo sono più in un’altra branca. Ed in ciascuna assumono valenze
diverse.
Non diversamente per la diagnostica e la strumentistica.
Tutta questa complessità si ricompone unitariamente nella Clinica.
Ma non è una ricomposizione aritmetica, né sommatoria. A livello
della Clinica si ha un altro apparato concettuale-categoriale, una diversa,
se non altra, definitoria, di causa e causalità.
Il punto da ben fermare è: le diverse angolazioni di letture del processo,
le diverse specificità di ciascun settore d’indagine si ricompongono
nella Clinica, che costituisce, oggettivamente, il momento unitario, ossia il
processo reale letto nella sua interezza.
Da ciascuna delle singole angolazioni possiamo, operando correttamente i passaggi
di astrazione, risalire alla totalità ed inversamente dalla totalità
leggere i vari momenti, attraverso un processo discensionale. Tutto ruota, ma
questo riguarda oramai tutte le varie scienze, attorno al processo di astrazione:
se non si padroneggia saldamente questo vitale processo della Logica sostanziale,
si rischia di fare brutti incontri. Ed in realtà la stragrande maggioranza
dei problemi nascono da questa non salda intellezione del processo di astrazione.
Quello che qui è stato descritto è poi quanto spontaneamente,
naturaliter, ciascun clinico quotidianamente fa.
E fin quando si resta su questo terreno, diciamo così per ora ‘
naturaliter’, le cose possono anche restare come sono senza ulteriori
complicazioni teoriche. Si pone unicamente il problema nella quotidianità
della gestione non tanto della massa di input da gestire, che è ancora
gestibile, quanto della massa di input che potenzialmente si è in grado
di reperire ed il problema diviene quello della selezione dei dati da ricercare,
giacché esiste questo gap tra quelli che oggi- a differenza del passato,
ove esisteva una situazione inversa - siamo in grado di avere e quelli che ci
occorrono.
E già questo, a ben vedere, rimanda e richiede – pretende? –
una concezione e metodologia ben più complessa, una teoretica metodologica,
sia pure elementare. Nel quotidiano questa contraddictio trova una sua soluzione
spontanea, naturaliter, data dall’esperienza e dalla media teorica dell’équipe.
Ma già qui, diciamo " dal basso"?, iniziano a salire domande
di una almeno sistematizzazione teorica in grado di consentire quantomeno un
ausilio a quella soluzione naturaliter.
Ma quando questa complessità vuole essere trattata sul piano teorico
richiede ben più corposa elaborazione, ben più alta sistematizzazione
e concettualizzazione.
Nella realtà delle cose le due istanze convergono e spingono a quella
indistinta riflessione filosofica: è cioè da qui che si originano
le istanze alla riflessione filosofica. E’ l’istanza della ricerca
di una sistematizzazione e concettualizzazione in grado di essere momento unificante
delle varie angolazioni di lettura. E questo spinge nelle due direzioni: studi
sulla storia della medicina, in quanto momento più generale per un bilancio,
e riflessione filosofica, che sfociano poi nella direzione di una Filosofia
della Medicina.
Questa complessità sul piano teorico richiede ben più corposa
elaborazione, ben più alta sistematizzazione e concettualizzazione. E
questo spinge, poi, nelle due direzioni: studi sulla storia della medicina,
in quanto momento più generale per un bilancio, e riflessione filosofica,
che sfociano poi nella direzione di una Filosofia della Medicina.
La ricerca allora di un sistema teorico esaustivo, sia Aristotele o Kant, o
Popper, o Kuhn, o.. è allora la forma che prende oggi il tentativo di
stabilizzare, domare quella natura contraddittoria, quel suo essere Giano Bifronte,
mettendosi così, e da soli, nelle condizioni di non intelligere la complessità
e vivacità del reale.
Bisogna ben comprendere cioè come tutto questo pone la causalità,
il rapporto causa-effetto ad un livello radicalmente differente, assolutamente
non gestibile né intellegibile da tutto il passato pensiero.
Tutti i sistemi filosofici sin qui avutisi proponevano un momento di sintesi,
una ricomposizione unitaria dei vari processi della vita, ponendo a base una
ben precisa, esatta definitoria e concettualizzazione della Causalità
e del rapporto causa-effetto. Su questa base in consequenziale costruivano l’intera
scala gerarchica del Sapere e di Saperi. La vita ha dimostrato che quella costruzione
non esiste. Non è mai esistita e proprio per questo tali sistemi finivano
per imbrigliare e sottomettere le scienze naturali ed ostacolarne lo sviluppo,
sottomettendole alle esigenze di quei sistemi. La vita ha dimostrato cioè
che non esistono nette linee di demarcazione che tutto sfuma nell’altro,
tutto è eterno movimento ed in quanto tale qualsiasi sistema che pretende
di essere esaustivo, di poter definire una verità eterna imbriglia, limita,
soffoca lo sviluppo della conoscenza.
Sono cioè totalmente modificati gli assi di riferimento della conoscenza
e della pratica umana che tout court bypassano tutto il passato pensiero.
In " Genetica" dimostravamo come le problematiche poste dallo sviluppo
scientifico ed in specifico dalla Genetica rendevano insufficiente l’intero
apparato teorico-metodologico sul cui base si regge l’intera ricerca scientifica,
ossia i " Principia Mathematica" e " Regulae Philosophandi"
di Isaac Newton e reso evidente l’insufficienza delle risposte attrezzate
nel XX secolo dalla Logica Matematica ( Russell, Withehead, ecc. ).
D. Disamina del dibattito in corso
E’ questa problematica che ha spinto, a partire dagli anni ’70 in
maniera sostanziale, a parlare sempre più di Filosofia della Medicina,
di cosa essa sia e debba essere e cosa debbasi intendere, suo campo d’indagine,
suo rapporto con le altre scienze e con la Filosofia.
Molti sono i lavori a riguardo.
Una disamina mostra, al di là dei diversi orientamenti filosofici, una
unicità di indirizzo:
la messa al centro di questo o quel filosofo e corrente filosofica, il che fa
ben intendere quale sia la strada imboccata e che si intende proseguire.
Questi lavori pure se alcuni contengono spunti interessanti, non ci convincono.
La trattazione della tematica filosofica in sé è in maniera palese
insoddisfacente ed evidenzia una cattiva conoscenza del pensiero filosofico.
In definitiva è la riproposizione di quanto nei manuali liceali.
A questo si associa una lettura molto di parte della corrente filosofica e del
filosofo che si ritiene di mettere al centro. Questi vengono isolati da tutto
il contesto storico e dalle tematiche a cui quell’elaborato proponeva
o formulava soluzioni. Vengono letti, piegati, filtrati sulla base di quelle
esigenze teoriche attuali e che si ritengono centrali, finendo per privilegiare
questo o quell’aspetto. Quello che si ottiene, il risultato finale, non
è il pensiero filosofico di.., si ottiene invece il pensiero filosofico
di chi scrive, presentato nella veste di questo o quell’autore del passato,
presentato nella vesta formale dell’auctoritas, quasi a legittimazione
della validità di quanto si dice: " quarti di nobiltà, insomma!".
In questo modo si spinge a viva forza tutta una complessità teorica attuale
dentro quegli asfittici schemi del passato pensiero. Pensiero filosofico, teoria
filosofica, corrente filosofica e filosofo subiscono così un forte processo
ideologizzante.
Sul piano teorico più generale vi è un utilizzo non corretto delle
fondamentali categorie filosofiche, regnando assai poca chiarezza.
Vi è un utilizzo assai scorretto della terminologia filosofica e si operano
sostituzioni terminologiche, che vorrebbero indicare le stesse categorie ma
solo con parole diverse, ma che poi non solo non sono di alcun aiuto, ma aumentano
la confusone e finiscono per portare fuoristrada. E questo fa ben intendere
il pesante condizionamento ideologico in atto nel campo della stessa Filosofia.
La categoria materialismo è totalmente scomparsa ed al suo posto si pretende
di utilizzare l’espressione realismo e realismo locale. che non è
la stessa cosa sul piano concettuale e semantico, lo stesso per la categoria
idealismo sostituita con varie denominazioni, ma che poi di entrambe realismo
locale e varie denominazione per idealismo non si riesce ad intendere cosa sia
e quale rapporto essi tendono a costruire con la realtà. Altra perla
è l’uso dichiarato di usare indifferentemente gnoseologia ed epistemologia,
ma in realtà si sostituisce epistemologia con gnoseologia sostenendo
che sia la stessa cosa. E la cosa la si passare dicendo che nel mondo anglosassone
da tempo è in atto tale diversa denominazione formale, per cui.. . Ma
ad una attenta disamina si vede bene che i termini non sono mutuabili, che gnoseologia
ha un ben preciso ed esatto significato ben diverso da epistemologia, che viene
invece a configurarsi come momento della gnoseologia.
E di questo furore ideologico occorre che sia tenuto in debito conto, per quel
tanto che può incidere, ma serve per stabilire correttamente il terreno
che si sceglie e su quale ci si inoltra.
I due termini. gnoseologia ed epistemologia in quanto diversi, indicano momento
diversi del processo della conoscenza, rimandiamo in Appendice una specifica
trattazione.
Manca infine la padronanza delle più elementari categorie logiche della
Scienza del Pensiero:
astrazione, categoria, dato sperimentale, sensazione, esperienza, idea, teoria,
sistema.
Per quanto attiene la Filosofia della Medicina le motivazioni di fondo che vengono
addotte conducono più alla riflessione filosofica che ad una Filosofia
della Medicina, operando qui una confusione tra questi due termini, si mostra
di non cogliere la quiddità di un processo fondazionale di una Filosofia
della Medicina, ridotto, invece, a ‘ riflessione’, ed una volta
attuata una tale restrizione concettuale e di orizzonti diviene naturale la
discussione su questo o quel filosofo del passato.
Quando non vi è questo, vi è la teoria che la Scienza Medica approda
alla Filosofia in quanto
" cogliere una serie di inferenze sull’origine e la natura della
‘ mente’ equivale a censire considerazioni di portata generale..
Equivale a cogliere che gli autori ‘ stanno facendo della filosofia."
" I dati prodotti dalle risultanze della ricerca biomedica abbiano un reale
operare ‘ metafisico’."
E " vi è l’esistenza in molti ricercatori e clinici una vocazione
filosofica".
Tutto il discorso ridotto all’osso è che la Medicina approda alla
Filosofia perché le recenti ricerche nel campo biomedico sono giunte
a trattare della ‘ mente’, mente e quindi filosofia.
Indubbiamente i recenti sviluppi nel campo delle Neuroscienze pongono problemi
alla teoria gnoseologica sin qui avutasi, come è stato qui a larghi tratti
schizzato.
Impianto povero come si vede, giacché poi non si coglie le stesse potenzialità
alte delle Neuroscienze sul piano gnoseologico e la fondazione della gnoseologia
su basi scientifiche, ma si opera un ulteriore restrizione del campo di indagine
con la piatta riduzione delle Neuroscienze a ‘ mente’ e questa in
subordine alle vocazioni filosofiche.
Se le cose stessero come in tali testi vengono descritte, tutta la questione
di una Filosofia della Medicina sarebbe unicamente un problema di vocazione,
come a dire..
L’intero impianto poi dovrebbe essere retto da una citazione di Galeno,
che non ha niente a che vedere con la Filosofia, ma la frase di Galeno è
acconciata alle esigenze della teoria che si vuole sostenere: " Il miglior
medico, diceva Galeno, è sempre anche un filosofo."
Dove qui il termine ‘ filosofo’ sta non nell’accezione piena,
ma in quella del senso comune, di filosofo in quanto colui che pensa, ossia
nell’accezione più immediato di pensatore, di soggetto riflessivo,
di soggetto pensante. In questa accezione ciascuno è filosofo, a modo
suo ma filosofo, giacché ciascuno ha una sua visione generale delle cose
in base alla quale giudica, decide ed agisce ed in base alla quale si rapporta
alle cose, alla vita, agli uomini.
Altri testi partono da lontano e pongono il problema se la Medicina sia una
Scienza e sviluppano tutto un ragionamento in pieno stile d’Aquineo della
‘ Summa Teologia’. Altri pongono il problema se la Medicina sia
una scienza, essendo la Biologia la scienza-base della Medicina, per cui parlare
di una Filosofia della Medicina non diventi poi, e non sia nient’altro,
che Filosofia della Biologia, riproducendo in blocco l’impianto teorico
aristoteliano. Altri invece bypassando tutto questo arrivano direttamente a
porre al centro Kant o Popper, o Kuhn o Husserl, o.. .
In questi lavori la Scienza Medica, affinché possa essere promossa a
Filosofia della Medicina, è sottoposta all’esame delle categorie
della vecchia filosofia ed attraverso questa analizzata e poi promossa o respinta.
E’ questo il classico metodo metafisico ed idealistico di partire dalle
idee per tornare alle idee, un impianto in pieno stile della logica formale
aristoteliana: esistono delle categorie a priori, esistono dei principi primi
e delle cause prime a questo vaglio è sottoposta la Scienza Medica atto
a verificare se la vocazione filosofica soddisfa queste cause prime, queste
categorie a priori.
Ossia è già data la definizione di Filosofia si tratta semplicemente
di sovrapporre ciò che a tale aspira a quanto a priori definito.
Ci sono poi molte altre graziose amenità che ineriscono la Storia della
Filosofia e gli accostamenti tra questi autori e teorie e le tematiche della
Scienza medica del XXI sec.:
quella della identificazione della informazione cosmica, del bordo primordiale,
con il ???? anassagoreo, o quell’altra che legge nei quattro elementi
di Empedocle: acqua, aria, terra, fuoco distinti in precedenza in umidi: acqua
ed aria, secchi: terra e fuoco e che sono poi mutuati nei quattro umori ippocratici,
che diventano otto già qui nel VI secolo ac il " calcolo binario"!
Male in verità non ci è andata male, perché poteva aggiungere
la logica platonea la maieutica
Tutti i lavori hanno il limite di non partire dalla Medicina, dai problemi reali
che si pongono oggi, qui ed ora, alla Medicina ed esaminati questi, valutati
questi, porre su tali basi oggettive il processo fondazionale della Filosofia
della Medicina. Sono così già predeterminati il campo d’indagine,
il ruolo, la funzione della Filosofia della Medicina ed il suo rapporto ed interrelarsi
con le altre Filosofie della Scienza e con la Filosofia più in generale.
Da quanto abbiamo invece qui detto esiste una ben precisa ed esatta problematica
che richiede una soluzione, che non sia la riperpetuazione di quanto già
esistente, ma costituisce elaborato nuovo, risposta nuova ai problemi nuovi
ed assolutamente inediti della grande fase di transizione che stiamo attraversando,
dinanzi ai quali tutto il passato pensiero è assolutamente insufficiente,
obsoleto.
= Necessità di una concezione teorica generale in grado di essere momento
unificante delle varie angolazioni del processo;
= Necessità di un apparato teorico concettuale e teorico-categoriale,
ed una definitoria attenta dei termini di vita, morte, dolore, ambiente, ecc.
ed i consequenziali, ecc.;
= Un apparato critico e critico-metodologico, che assuma la critica come momento
immanente del suo essere e divenire in grado sia di sottoporre ad analisi critica
tutto il passato pensiero medico, separando ciò che non è più
valido da quanto può transitare al nuovo; e sia di costituire un momento
permanente di bilancio dell’empiria e la lettura dei sui momenti più
centrali, tali da sottrarli dalla quotidianità ed attraverso un processo
di astrazione costituirli in momenti teorico-metodologici tali da costituire
contributo per tutte le altre Scienze;
= Un apparato teorico in grado di intelligere le modifiche sul piano delle coscienze
e della concezione generale degli uomini quale impatto degli sviluppi della
Scienza Medica. Il solo in grado di sottrarre la Medicina alle manipolazioni
ideologiche, di comodo e del momento e che consenta alla Scienza Medica di occupare
quel posto che le spetta, come momento critico-scientifico-razionale contro
miti, magie ed usi strumentali del dolore e della disperazione dei singoli dinanzi
a patologie devastanti. Che sappia cioè costruire su solide basi l’indipendenza
della Scienza Medica e la faccia assurgere a ruolo di Scienza degli Uomini.
Questo discorso ci porta un po’ lontano: ma non possiamo non accennarlo,
anche se secondo noi deve essere momento di un nuovo incontro.
E’ indubbio che la Scienza Medica nella società civile ha, e mantiene
un ruolo subalterno e se non tale di accondiscendenza tacita e non tacita. Il
problema dell’eticità e del ruolo etico del medico è un
problema che deve essere seriamente affrontato, che non è quello sul
quale oggi si pretende di farla muovere. E’ il terreno che compete alla
Medicina e che la Scienza Medica deve contrastare a chi oggi su basi ideologiche
e di verità ultime intende stabilire il cosa ed il come.
Lanciamo qui la provocazione, al fine di fermare la problematica e stimolo alla
riflessione per la preparazione di un nuovo incontro a quando sarà possibile:
in Fisica è la comunità scientifica dei Fisici che stabilisce
se una teoria è valida o meno;
é la comunità dei Fisici che discute della relatività,
dei problemi che essa pone e valuta i contributi scientifici; e cosi in Chimica,
Biologia, e non diversamente in Storia, Letteratura, Economia: indubbiamente
esistono qui gruppi di interessi che spingono in una o in un’altra direzione
ma questo al di là del fatto contingente è tutto dentro il più
generale processo della lotta tra il vecchio ed il nuovo.
E’ eticamente corretto per la comunista scientifica medica lasciare che
altri dicano e confermino di guarigioni, di miracoli, di terapie?. Indubbiamente
essa deve rendere conto alla comunità civile ma lo deve fare al pari
di tutte le altre scienze nel rapporto complesso ed articolato con le forme
della rappresentanza istituzionale che la comunità uomo si dà:
questo pone problemi più complessi delle forme moderne dell’analfabetismo
denominato analfabetismo scientifico e del più generale problema di come
si pone la democrazia dinanzi agli sviluppi della rivoluzione scientifica e
tecnologica.
Rimandiamo per questo al lavoro dell’Istituto sulla Democrazia.
Ma tornando al problema: è eticamente corretto che la comunità
scientifica medica taccia, si faccia da parte dinanzi a risposte che lei deve
dare?.
Il caso di Bella, che nel convegno che vorremo fare vorremo ben mettere al centro,
come momento
simbolo, di quanto vuoto ci sia qui, di come la comunità scientifica
venga meno al suo compito scientifico ed etico. E’ questo un caso emblematico
che getta sul tavolo un ben nutrito fascio di problemi e che ferma se non la
subalternità il ritrarsi della comunità scientifica dinanzi ai
compiti etici ed intellettuali, che in quella sede dipaneremo. Ma di certo non
può essere messo in sordina la responsabilità morale dell’Intellettuale,
tema certamente poco di moda, ma che terremo a mettere ben al centro del dibattito.
= necessità infine di un poderoso apparato critico-teorico in grado di
una disamina critica delle varie coscienze e concezioni teoriche che si sono
storicamente succedute e dove le vecchie non sono mai state criticamente superate
ma sempre acriticamente stratificatesi, il che determina il persistere di
metodi, teorie e concezione, che non criticamente superate, ma acriticamente
stratificatesi fanno pesantemente sentire tutta la loro pesante eredità.
D. Disamina del dibattito in corso
E’ questa problematica che ha spinto, a partire dagli anni ’70 in
maniera sostanziale, a parlare sempre più di Filosofia della Medicina,
di cosa essa sia e debba essere e cosa debbasi intendere, suo campo d’indagine,
suo rapporto con le altre scienze e con la Filosofia.
Molti sono i lavori a riguardo.
Una disamina mostra, al di là dei diversi orientamenti filosofici, una
unicità di indirizzo:
la messa al centro di questo o quel filosofo e corrente filosofica, il che fa
ben intendere quale sia la strada imboccata e che si intende proseguire.
Questi lavori pure se alcuni contengono spunti interessanti, non ci convincono.
La trattazione della tematica filosofica in sé è in maniera palese
insoddisfacente ed evidenzia una cattiva conoscenza del pensiero filosofico.
In definitiva è la riproposizione di quanto nei manuali liceali.
A questo si associa una lettura molto di parte della corrente filosofica e del
filosofo che si ritiene di mettere al centro. Questi vengono isolati da tutto
il contesto storico e dalle tematiche a cui quell’elaborato proponeva
o formulava soluzioni. Vengono letti, piegati, filtrati sulla base di quelle
esigenze teoriche attuali e che si ritengono centrali, finendo per privilegiare
questo o quell’aspetto. Quello che si ottiene, il risultato finale, non
è il pensiero filosofico di.., si ottiene invece il pensiero filosofico
di chi scrive, presentato nella veste di questo o quell’autore del passato,
presentato nella vesta formale dell’auctoritas, quasi a legittimazione
della validità di quanto si dice: " quarti di nobiltà, insomma!".
In questo modo si spinge a viva forza tutta una complessità teorica attuale
dentro quegli asfittici schemi del passato pensiero. Pensiero filosofico, teoria
filosofica, corrente filosofica e filosofo subiscono così un forte processo
ideologizzante.
Sul piano teorico più generale vi è un utilizzo non corretto delle
fondamentali categorie filosofiche, regnando assai poca chiarezza.
Vi è un utilizzo assai scorretto della terminologia filosofica e si operano
sostituzioni terminologiche, che vorrebbero indicare le stesse categorie ma
solo con parole diverse, ma che poi non solo non sono di alcun aiuto, ma aumentano
la confusone e finiscono per portare fuoristrada. E questo fa ben intendere
il pesante condizionamento ideologico in atto nel campo della stessa Filosofia.
La categoria materialismo è totalmente scomparsa ed al suo posto si pretende
di utilizzare l’espressione realismo e realismo locale. che non è
la stessa cosa sul piano concettuale e semantico, lo stesso per la categoria
idealismo sostituita con varie denominazioni, ma che poi di entrambe realismo
locale e varie denominazione per idealismo non si riesce ad intendere cosa sia
e quale rapporto essi tendono a costruire con la realtà. Altra perla
è l’uso dichiarato di usare indifferentemente gnoseologia ed epistemologia,
ma in realtà si sostituisce epistemologia con gnoseologia sostenendo
che sia la stessa cosa. E la cosa la si passare dicendo che nel mondo anglosassone
da tempo è in atto tale diversa denominazione formale, per cui.. . Ma
ad una attenta disamina si vede bene che i termini non sono mutuabili, che gnoseologia
ha un ben preciso ed esatto significato ben diverso da epistemologia, che viene
invece a configurarsi come momento della gnoseologia.
E di questo furore ideologico occorre che sia tenuto in debito conto, per quel
tanto che può incidere, ma serve per stabilire correttamente il terreno
che si sceglie e su quale ci si inoltra.
I due termini. gnoseologia ed epistemologia in quanto diversi, indicano momento
diversi del processo della conoscenza, rimandiamo in Appendice una specifica
trattazione.
Manca infine la padronanza delle più elementari categorie logiche della
Scienza del Pensiero:
astrazione, categoria, dato sperimentale, sensazione, esperienza, idea, teoria,
sistema.
Per quanto attiene la Filosofia della Medicina le motivazioni di fondo che vengono
addotte conducono più alla riflessione filosofica che ad una Filosofia
della Medicina, operando qui una confusione tra questi due termini, si mostra
di non cogliere la quiddità di un processo fondazionale di una Filosofia
della Medicina, ridotto, invece, a ‘ riflessione’, ed una volta
attuata una tale restrizione concettuale e di orizzonti diviene naturale la
discussione su questo o quel filosofo del passato.
Quando non vi è questo, vi è la teoria che la Scienza Medica approda
alla Filosofia in quanto
" cogliere una serie di inferenze sull’origine e la natura della
‘ mente’ equivale a censire considerazioni di portata generale..
Equivale a cogliere che gli autori ‘ stanno facendo della filosofia."
" I dati prodotti dalle risultanze della ricerca biomedica abbiano un reale
operare ‘ metafisico’."
E " vi è l’esistenza in molti ricercatori e clinici una vocazione
filosofica".
Tutto il discorso ridotto all’osso è che la Medicina approda alla
Filosofia perché le recenti ricerche nel campo biomedico sono giunte
a trattare della ‘ mente’, mente e quindi filosofia.
Indubbiamente i recenti sviluppi nel campo delle Neuroscienze pongono problemi
alla teoria gnoseologica sin qui avutasi, come è stato qui a larghi tratti
schizzato.
Impianto povero come si vede, giacché poi non si coglie le stesse potenzialità
alte delle Neuroscienze sul piano gnoseologico e la fondazione della gnoseologia
su basi scientifiche, ma si opera un ulteriore restrizione del campo di indagine
con la piatta riduzione delle Neuroscienze a ‘ mente’ e questa in
subordine alle vocazioni filosofiche.
Se le cose stessero come in tali testi vengono descritte, tutta la questione
di una Filosofia della Medicina sarebbe unicamente un problema di vocazione,
come a dire..
L’intero impianto poi dovrebbe essere retto da una citazione di Galeno,
che non ha niente a che vedere con la Filosofia, ma la frase di Galeno è
acconciata alle esigenze della teoria che si vuole sostenere: " Il miglior
medico, diceva Galeno, è sempre anche un filosofo."
Dove qui il termine ‘ filosofo’ sta non nell’accezione piena,
ma in quella del senso comune, di filosofo in quanto colui che pensa, ossia
nell’accezione più immediato di pensatore, di soggetto riflessivo,
di soggetto pensante. In questa accezione ciascuno è filosofo, a modo
suo ma filosofo, giacché ciascuno ha una sua visione generale delle cose
in base alla quale giudica, decide ed agisce ed in base alla quale si rapporta
alle cose, alla vita, agli uomini.
Altri testi partono da lontano e pongono il problema se la Medicina sia una
Scienza e sviluppano tutto un ragionamento in pieno stile d’Aquineo della
‘ Summa Teologia’. Altri pongono il problema se la Medicina sia
una scienza, essendo la Biologia la scienza-base della Medicina, per cui parlare
di una Filosofia della Medicina non diventi poi, e non sia nient’altro,
che Filosofia della Biologia, riproducendo in blocco l’impianto teorico
aristoteliano. Altri invece bypassando tutto questo arrivano direttamente a
porre al centro Kant o Popper, o Kuhn o Husserl, o.. .
In questi lavori la Scienza Medica, affinché possa essere promossa a
Filosofia della Medicina, è sottoposta all’esame delle categorie
della vecchia filosofia ed attraverso questa analizzata e poi promossa o respinta.
E’ questo il classico metodo metafisico ed idealistico di partire dalle
idee per tornare alle idee, un impianto in pieno stile della logica formale
aristoteliana: esistono delle categorie a priori, esistono dei principi primi
e delle cause prime a questo vaglio è sottoposta la Scienza Medica atto
a verificare se la vocazione filosofica soddisfa queste cause prime, queste
categorie a priori.
Ossia è già data la definizione di Filosofia si tratta semplicemente
di sovrapporre ciò che a tale aspira a quanto a priori definito.
Ci sono poi molte altre graziose amenità che ineriscono la Storia della
Filosofia e gli accostamenti tra questi autori e teorie e le tematiche della
Scienza medica del XXI sec.:
quella della identificazione della informazione cosmica, del bordo primordiale,
con il ???? anassagoreo, o quell’altra che legge nei quattro elementi
di Empedocle: acqua, aria, terra, fuoco distinti in precedenza in umidi: acqua
ed aria, secchi: terra e fuoco e che sono poi mutuati nei quattro umori ippocratici,
che diventano otto già qui nel VI secolo ac il " calcolo binario"!
Male in verità non ci è andata male, perché poteva aggiungere
la logica platonea la maieutica
Tutti i lavori hanno il limite di non partire dalla Medicina, dai problemi reali
che si pongono oggi, qui ed ora, alla Medicina ed esaminati questi, valutati
questi, porre su tali basi oggettive il processo fondazionale della Filosofia
della Medicina. Sono così già predeterminati il campo d’indagine,
il ruolo, la funzione della Filosofia della Medicina ed il suo rapporto ed interrelarsi
con le altre Filosofie della Scienza e con la Filosofia più in generale.
Da quanto abbiamo invece qui detto esiste una ben precisa ed esatta problematica
che richiede una soluzione, che non sia la riperpetuazione di quanto già
esistente, ma costituisce elaborato nuovo, risposta nuova ai problemi nuovi
ed assolutamente inediti della grande fase di transizione che stiamo attraversando,
dinanzi ai quali tutto il passato pensiero è assolutamente insufficiente,
obsoleto.
= Necessità di una concezione teorica generale in grado di essere momento
unificante delle varie angolazioni del processo;
= Necessità di un apparato teorico concettuale e teorico-categoriale,
ed una definitoria attenta dei termini di vita, morte, dolore, ambiente, ecc.
ed i consequenziali, ecc.;
= Un apparato critico e critico-metodologico, che assuma la critica come momento
immanente del suo essere e divenire in grado sia di sottoporre ad analisi critica
tutto il passato pensiero medico, separando ciò che non è più
valido da quanto può transitare al nuovo; e sia di costituire un momento
permanente di bilancio dell’empiria e la lettura dei sui momenti più
centrali, tali da sottrarli dalla quotidianità ed attraverso un processo
di astrazione costituirli in momenti teorico-metodologici tali da costituire
contributo per tutte le altre Scienze;
= Un apparato teorico in grado di intelligere le modifiche sul piano delle coscienze
e della concezione generale degli uomini quale impatto degli sviluppi della
Scienza Medica. Il solo in grado di sottrarre la Medicina alle manipolazioni
ideologiche, di comodo e del momento e che consenta alla Scienza Medica di occupare
quel posto che le spetta, come momento critico-scientifico-razionale contro
miti, magie ed usi strumentali del dolore e della disperazione dei singoli dinanzi
a patologie devastanti. Che sappia cioè costruire su solide basi l’indipendenza
della Scienza Medica e la faccia assurgere a ruolo di Scienza degli Uomini.
Questo discorso ci porta un po’ lontano: ma non possiamo non accennarlo,
anche se secondo noi deve essere momento di un nuovo incontro.
E’ indubbio che la Scienza Medica nella società civile ha, e mantiene
un ruolo subalterno e se non tale di accondiscendenza tacita e non tacita. Il
problema dell’eticità e del ruolo etico del medico è un
problema che deve essere seriamente affrontato, che non è quello sul
quale oggi si pretende di farla muovere. E’ il terreno che compete alla
Medicina e che la Scienza Medica deve contrastare a chi oggi su basi ideologiche
e di verità ultime intende stabilire il cosa ed il come.
Lanciamo qui la provocazione, al fine di fermare la problematica e stimolo alla
riflessione per la preparazione di un nuovo incontro a quando sarà possibile:
in Fisica è la comunità scientifica dei Fisici che stabilisce
se una teoria è valida o meno;
é la comunità dei Fisici che discute della relatività,
dei problemi che essa pone e valuta i contributi scientifici; e cosi in Chimica,
Biologia, e non diversamente in Storia, Letteratura, Economia: indubbiamente
esistono qui gruppi di interessi che spingono in una o in un’altra direzione
ma questo al di là del fatto contingente è tutto dentro il più
generale processo della lotta tra il vecchio ed il nuovo.
E’ eticamente corretto per la comunista scientifica medica lasciare che
altri dicano e confermino di guarigioni, di miracoli, di terapie?. Indubbiamente
essa deve rendere conto alla comunità civile ma lo deve fare al pari
di tutte le altre scienze nel rapporto complesso ed articolato con le forme
della rappresentanza istituzionale che la comunità uomo si dà:
questo pone problemi più complessi delle forme moderne dell’analfabetismo
denominato analfabetismo scientifico e del più generale problema di come
si pone la democrazia dinanzi agli sviluppi della rivoluzione scientifica e
tecnologica.
Rimandiamo per questo al lavoro dell’Istituto sulla Democrazia.
Ma tornando al problema: è eticamente corretto che la comunità
scientifica medica taccia, si faccia da parte dinanzi a risposte che lei deve
dare?.
Il caso di Bella, che nel convegno che vorremo fare vorremo ben mettere al centro,
come momento
simbolo, di quanto vuoto ci sia qui, di come la comunità scientifica
venga meno al suo compito scientifico ed etico. E’ questo un caso emblematico
che getta sul tavolo un ben nutrito fascio di problemi e che ferma se non la
subalternità il ritrarsi della comunità scientifica dinanzi ai
compiti etici ed intellettuali, che in quella sede dipaneremo. Ma di certo non
può essere messo in sordina la responsabilità morale dell’Intellettuale,
tema certamente poco di moda, ma che terremo a mettere ben al centro del dibattito.
= necessità infine di un poderoso apparato critico-teorico in grado di
una disamina critica delle varie coscienze e concezioni teoriche che si sono
storicamente succedute e dove le vecchie non sono mai state criticamente superate
ma sempre acriticamente stratificatesi, il che determina il persistere di
metodi, teorie e concezione, che non criticamente superate, ma acriticamente
stratificatesi fanno pesantemente sentire tutta la loro pesante eredità.
E. Per una Filosofia della Medicina.
Il problema riveste, come si evince da quanto detto, una importanza capitale,
scelte non corrette in questo campo, comportano serie conseguenze sul piano
della ricerca e dello stesso sviluppo ulteriore della Scienza Medica.
Il problema del momento di unificazione teorica e di elaborazione di una concezione
teorica più generale è un problema vero, forte, insopprimibile,
dato dagli sviluppi della Medicina.
E’ cioè lo sviluppo della Scienza Medica che pone l’istanza
di una Filosofia della Medicina in quanto tale essa sarà soddisfatta.
Il punto è da chi e c o m e.
Ed il c o m e determina lo sviluppo, il blocco o l’arretramento della
Scienza Medica.
In atto è infatti la battaglia del chi e del come.
Chi formulerà la risposta migliore egemonizzerà la Scienza Medica.
Si presentano cioè sotto questa veste quelle pressioni, di cui si è
detto, di quelle idee e teorie che pretendono loro occupare lo spazio che alla
Scienza Medica compete.
Questa battaglia ha sempre attraversato l’intero corso storico della Medicina,
ma il livello dello sviluppo scientifico non determinava l’asprezza dello
scontro, giacché quell’insufficiente livello di sviluppo delle
forze produttive determinava, facilitava, la risposta magica, se non irrazionale
quantomeno ingenua. Quel livello di conoscenza si limitava ad un elementare
intellezione del rapporto causa-effetto e per i dati e gli elementi più
immediatamente fenomenologici ed in cui, in alcuni casi, era assai sottile la
linea di demarcazione tra Scienza Medica e pratica medica. E gli sviluppi della
Medicina assai timidamente mettevano in discussione l’egemonia di teorie
deiste: la circolazione sanguinea e la messa in discussione dello schema aristoteliano,
intaccavano assai marginalmente tale egemonia, rimanendo a queste gli sconfinati
terreni della vita e della morte, del dolore, e del mistero della vita. Gli
sviluppi inerenti la fecondazione assistita, i grandi progressi della rianimatologia,
che hanno poi consentito la pratica del trapianto e la messa a punto di forti
strategie antalgiche, gli sviluppi della Genetica e delle Neuroscienze hanno
definitivamente sottratto tale terreno a tali teorie; mentre gli sviluppi delle
Neuroscienze in modo specifico hanno incenerito quella ingenua visione ateistica
che vedeva la contrapposizione sterile tra materia e spirito. Si pone allora
concretamente il discaccio di queste da tale terreno, di qui allora la lotta
accanita per non essere spodestati. Ed in questa battaglia sfoggia appieno tutto
il ricco e policromo e più che millenario patrimonio teorico: esse si
adattano, si modellano sulle mille pieghe per aderirvi saldamente ed entrambe
poi non sanno che riproporre il vecchio pensiero in combinata con l’agitare
timori, paure e preoccupazioni che il nuovo sempre porta con sé ed in
modo specifico questo tipo di nuovo.
Entrambe tendono a sfruttare appieno i limiti, le contraddizioni proprie della
ricerca per dare sostanzialità al loro progetto. In definitiva il clima
irrazionalista che tende a pervadere la società è alimentato proprio
da questi timori, di questa non chiara visione di dove poi approdi questo sviluppo
tumultuoso, ma questo è parte proprio delle fasi di transizioni, su questi
fanno perno tali teorie, di cui il termine Bioetica ne è un esempio,
per il modo in cui è posta, il modo e la forma in cui vengono sparate
informazioni scientifiche, il terreno sul quale si pretende che essa si muova:
un non ben definito campo etico, che dovrebbe decidere, vagliare e dare assenso
o diniego.
La cosa ha effettivamente del paradosso: il giudizio etico – che poi si
tratterebbe di ben specificare il significato ed in merito bene ne ha scritto
il Prof. Notarrigo – è comunque e sempre un post, la ricerca è
un ante: si tratterebbe qui di capire, di grazia, come un post possa sapere
cosa accadrà. Una cosa sono i problemi che la ricerca pone, come li abbiamo
affrontati come Istituto in Genetica, altro è il porre veti e scomuniche,
intromissioni assolutamente inopportune non qualificate e non richieste.
Un altro legaccio che si cerca di saldare attorno alla Scienza Medica, evidenziamo
questo per evidenziare come sia multiforme l’azione di mantenere in funzione
subordinata la Scienza Medica,
è la cosiddetta teoria produttivistica, che miete messe abbondanti e
di qualità, come il recente appello di un gruppo di ricercatori, pubblicato
sul numero di Marzo delle Scienze.
Quale la strada maestra per una Filosofia della Medicina?
La scelta dell’aristotelismo dovrebbe già di per sé bastarci
dal tenerci lontano da simili tentazioni metafisiche, da simili tentazioni che
ricercano la totalità del sapere, il raggiungimento di verità
eterne, di cause prime e moti primi, da simili tentazioni di approdare a lidi
sicuri. Non vi sono lidi sicuri di approdo, vi sono invece i sempre più
insicuri lidi di approdo, come già la Fisica della metà del XX
secolo ha dovuto constatare, lucidamente fermato da Max Born.
La ricerca allora di un sistema teorico esaustivo, sia Aristotele o Kant, o
Popper, o Kuhn, o.. è allora la forma che prende oggi il tentativo di
stabilizzare, domare quella natura contraddittoria, quel suo essere Giano Bifronte,
mettendosi così, e da soli, nelle condizioni di non intelligere la complessità
e vivacità del reale.
Esiste poi una importante esperienza che merita di essere ben posta al centro
e studiata, che non viene dal campo della Medicina, ma dalla Fisica del XX secolo.
E’ il dibattito sviluppatosi nel campo della Fisica teorica, in specifico
nella Meccanica Quantistica.
Ci riferiamo qui alle scelte filosofiche ed al consequenziale dibattito e non
alle specifiche teorie fisiche.
Dinanzi ai problemi nuovi che coinvolgevano problemi più generali dell’epistemologia
ed a monte, per conseguenza, nel campo della gnoseologia, determinati dalla
Meccanica Quantistica: il rapporto tra lo strumento d’indagine e la conoscenza
dell’oggetto in esame: la conoscenza nel campo della Fisica subatomica
in quanto probabilità statistica, Heisenberg giunge a Platone e Pitagora,
mentre Einstein – De Broglie opponevano le teorie e le categorie classiche
della conoscenza del materialismo meccanicistico.
Sarà un dibattito tra sordi.
La Meccanica Quantistica poneva effettivamente problemi nuovi, ma essi richiedevano
una diversa ed nuova ed altra trattazione.
Sul piano filosofico, ed è questo che vogliamo fermare, Heisenberg, e
poi tutti gli altri: Born, Bohr, Pauli, Dirac, ecc., adatta, legge, Platone
e Pitagora alle sue visioni: cerca in questi auctoritas e quadro referente teorico
generale.
Una conoscenza attenta del pensiero filosofico, che non fosse quella dei manuali
di liceo, l’avrebbe fatto approdare non a Platone bensì al dibattito
sviluppatosi nel V secolo ac. tra Eraclito e Parmenide. Se avesse posto al centro
questa problematica avrebbe dato più solide basi alla ricerca teorica
, che non l’asfittico quadro referente di Platone.
Ma questo non bastava, non bastava. Occorreva leggere quella problematica del
V secolo ac alla luce dei problemi nuovi, e questo avrebbe richiesto una disamina
attenta dei problemi nuovi che la ricerca teorica poneva sul tappeto ed intelligere
che il dibattito del V sec. ac nel XX secolo si presentava a fronti rovesciati.
Heisenberg era cioè giunto a dare sostanzialità teorica al ?????????
eracliteo, determinandone lo sblocco definitivo dall’impasse nella quale
si era venuta a trovare quella geniale intuizione, ma che mancando di tutto
un apparato scientifico e concettuale, finiva per sfociare nel nichilismo filosofico.
Ed in quell’epoca – e questo fino agli anni Settanta del XIX secolo
dc – la posizione corretta era sostenuta da Parmenide ed è stata
la tematica parmenidea che ha consentito lo sviluppo di tutta la futura conoscenza,
mentre quella eraclitea avrebbe condotto ad un blocco sostanziale – rimandiamo
in Appendice ad una disamina attenta. Ma successivamente al 1870 e poi con Heisenber-Born
ed altri la tematica si riapre e continuare a sostenere le coordinate parmenidee
diveniva non corretto: adesso lo sviluppo di tutta la futura conoscenza era
garantita dal nucleo forte della teoria eraclitea.
Ecco i fronti rovesciati.
E così finivano per non cogliere una delle più possenti innovazioni
che le loro ricerche avevano apportato alla conoscenza umana, ossia gnoseologia.
Su questa complessa problematica aperta dalla ricerca teorica della Fisica Quantistica
si sono inseriti poi Popper, Kuhn, il circolo di Vienna senza cogliere questa
complessità, ma prendendo gli aspetti più marginali e di impatto
immediato hanno costruito tutta una serie di teorie, che non hanno retto al
tempo. In maniera diversa ciascuno riproponeva le vecchie coordinate gnoseologiche
o per negarle giungendo agli assurdi: caso-caos-indeterminismo, o per sostenerle,
ma era una difesa disperata.
Tutta questa complessità della Scienza Medica sul piano teorico richiede
ben più corposa elaborazione, ben più alta sistematizzazione e
concettualizzazione. E questo spinge, poi, nelle due direzioni: studi sulla
storia della medicina, in quanto momento più generale per un bilancio,
e riflessione filosofica, che sfociano poi nella direzione di una Filosofia
della Medicina
La ricerca allora di un sistema teorico esaustivo, sia Aristotele o Kant, o
Popper, o Kuhn, o.. è allora la forma che prende oggi il tentativo di
stabilizzare, domare quella natura contraddittoria, quel suo essere Giano Bifronte,
mettendosi così, e da soli, nelle condizioni di non intelligere la complessità
e vivacità del reale.
Bisogna ben comprendere cioè come tutto questo pone la causalità,
il rapporto causa-effetto ad un livello radicalmente differente, assolutamente
non gestibile né intellegibile da tutto il passato pensiero.
Tutti i sistemi filosofici sin qui avutisi proponevano un momento di sintesi,
una ricomposizione unitaria dei vari processi della vita, ponendo a base una
ben precisa, esatta definitoria e concettualizzazione della Causalità
e del rapporto causa-effetto. Su questa base in consequenziale costruivano l’intera
scala gerarchica del Sapere e di Saperi. La vita ha dimostrato che quella costruzione
non esiste. Non è mai esistita e proprio per questo tali sistemi finivano
per imbrigliare e sottomettere le scienze naturali ed ostacolarne lo sviluppo,
sottomettendole alle esigenze di quei sistemi. La vita ha dimostrato cioè
che non esistono nette linee di demarcazione che tutto sfuma nell’altro,
tutto è eterno movimento ed in quanto tale qualsiasi sistema che pretende
di essere esaustivo, di poter definire una verità eterna imbriglia, limita,
soffoca lo sviluppo della conoscenza.
Sono cioè totalmente modificati gli assi di riferimento della conoscenza
e della pratica umana che tout court bypassano tutto il passato pensiero.
In " Genetica" dimostravamo come le problematiche poste dallo sviluppo
scientifico ed in specifico dalla Genetica rendevano insufficiente l’intero
apparato teorico-metodologico sul cui base si regge l’intera ricerca scientifica,
ossia i " Principia Mathematica" e " Regulae Philosophandi"
di Isaac Newton e reso evidente l’insufficienza delle risposte attrezzate
nel XX secolo dalla Logica Matematica ( Russell, Withehead, ecc. )
Nuova concezione scientifica,
Nuova ragione critica.
Il problema che ci si para dinanzi, e che abbiamo cercato di rimuovere andando
in cerca di lidi sicuri, è una nuova concezione scientifica, in grado
di essere risposta alle sfide dei tempi ed ausilio per nuovi e più alti
traguardi, che sappia essere nuovo momento di sintesi e ricomposizione dei saperi.
I cui cardini non possono essere una struttura rigida, ma deve consentire all’incessante
nuovo di trovare esaltazione e stimolo e non soffocamento, condizionamento e
pressioni indebite. Una nuova concezione scientifica che non sia più
sistema, ma metodologia, non sistema ma Logica Scientifica o Razionale, o Scienza
del Pensiero. Ed a questo ed in questo concorreranno le varie Filosofie della
Scienza: Filosofia della Fisica, della Biologia, della Matematica, della Medicina.
Il passato ci opprime.
Ci opprime tutto il passato pensiero, perché è tramite questo
apparato teorico, concettuale, categoriale, definitorio che viene indagato il
reale.
E questo passato non è un tutto organico.
Lo sviluppo scientifico fin qui avutosi ha determinato il formarsi di sempre
nuove idee, teorie, sistemi ove il vecchio non veniva criticamente superato
ed il nuovo vi si sovrapponeva determinando un’acritica stratificazione
ed una consequenziale camaleontizzazione. Questo comporta che tutto il vecchio
pensiero esercita pesanti interferenze, proprio perché mai criticamente
superato e sempre acriticamente stratificatosi.
E’ il caso delle Neuroscienze ove nella formulazione dei processi affiora,
riemerge dalle visceri del passato, la mai criticamente superata teoria vitalista,
allorquando si parla di:
" prendere decisioni da parte dei geni", " geni che dicono dove",
" scelta tra alternative diverse",
" il loro ordine viene raccolto", " mettono in pratica ordini
ricevuti" e potremmo continuare ancora. Il punto è che il processo
sul piano sostanziale è descritto correttamente, ma la terminologia usata
induce a ritenere l’esistenza di una soggettività operante nel
gene, il che assolutamente non è. E questa è sorella gemella alla
teoria esistente in Fisica sull’elettrone, sull’atomo che sa e sul
fotone di luce che sa, determinata dall’ostinarsi a voler continuare ad
utilizzare le vecchie categorie di causalità. In quella sede, "
Genetica", proponevamo di introdurre la categoria equilibrio.
Il passato ci opprime.
E’ tempo di fare i conti, e questa volta fino in fondo, con tutto il passato,
con tutte quelle teorie, concezioni e sistemi mai criticamente superati e sempre
acriticamente stratificatesi ed individuare quanto di ancora valido ed in che
ruolo e valenza.
Molti esempi del XX secolo mostrano come tale acritica stratificazione ha poi
condotto a letture distorte sul piano gnoseologico, che hanno finito per essere
di ostacolo: strozzature, battute d’arresto dello stesso sviluppo scientifico.
E’ il caso del dibattito sviluppatosi agli inizi degli anni Trenta del
XX secolo nella Fisica Teorica che vide contrapposto Einstein-Heisenberg, di
cui si è discusso.
Questa esperienza sta a dimostrare la necessità della lettura del passato
alla luce dei problemi e delle acquisizioni scientifiche del presente.
E’ necessario quindi un riesame critico.
E’ necessario sottoporre al vaglio critico, alla luce delle nuove acquisizioni
scientifiche, tutto il passato pensiero.
Tutto il passato pensiero deve essere chiamato a rispondere dinanzi alla nuova
ragione scientifica.
Non il nuovo deve essere chiamato a rispondere al passato e rintracciare nel
passato pensiero le sue radici e legittimazione: o quarti di nobiltà;
ma l’opposto: tutto il passato pensiero, ogni singolo ramo del sapere,
deve essere sottoposto al vaglio dei nuovi saperi, della nuova ragione critica
e dimostrare dinanzi a tale tribunale della Ragione la sua validità.
E sarà su questa base, sulla base di questo vaglio della nuova ragione
criticante, che potrà essere stabilito quanto ancora valido e quanto
far precipitare al livello della mistica, dell’alchimia. E questo potrà
essere solo il prodotto dell’intelligenza collettiva degli uomini.
Su questa base fondare la nuova coscienza scientifica, che abbia la ragione
critica, come atto immanente.
E’ tempo di liquidare il plumbeo clima oscurantista che soffoca il Paese,
gli uomini, le coscienze.
E’ tempo cioè di aprire una nuova stagione della Ragione.
L’era dell’ottimismo della Ragione.