Le guardie rosse del quartiere Vyborgski
Alla fine di agosto 1917 arrivai a Pietrogrado proveniente
dal fronte occidentale dopo aver scontato una pena per propaganda di idee bolsceviche.
Il reggimento dove io ero semplice soldato, mi aveva informato che, in virtù
di un ordine di Kerenski emanato subito dopo i fatti di luglio, ero, insieme
a migliaia di altri, radiato per sempre dall'esercito in quanto" traditore
e figlio indegno della patria".
Ciò però non mi turbava affatto. Dopo aver trascorso un po' di
tempo sul fronte imperialista in mezzo ai soldati, ardevo dal desiderio di partecipare
alla rivoluzione proletaria, al rovesciamento del governo Kerenski. Non parlo
qui delle mie motivazioni teoriche, dal momento che appartenevo al partito bolscevico
fin dal 1910, quando aderii al circolo socialdemocratico di Pietroburgo, diretto
da Kudelli.
Senza attendere le istruzioni ufficiali del partito decisi di cercare, con l'aiuto
dei miei amici, un lavoro di semplice militante che fosse però sempre
nell'ambito militare. A settembre ero istruttore della Guardia Rossa. In quel
momento, la situazione della rivoluzione e della Guardia Rossa non erano affatto
brillanti.
Dopo gli avvenimenti dal 3 al 5 luglio, la controrivoluzione rialzava la testa.
Il governo provvisorio perseguitava le organizzazioni e la stampa bolscevica,
assassinava i nostri, arrestava i capi del proletariato, metteva i nostri militanti
fuori legge.
Il governo, composto soprattutto dai rappresentanti della sedicente "democrazia
rivoluzionaria", mirava essenzialmente a disarmare il proletariato, a sciogliere
la Guardia Rossa.
In quel periodo una parte della Guardia Rossa era costretta a farsi passare
per una semplice milizia di officina. Certo gli effettivi di questa milizia
erano un po' troppi per la protezione delle imprese. Dato che gli operai facevano
la guardia a turno, nessuno ignorava che si trattasse della Guardia Rossa. Impotenti
ad annientarla, la borghesia e il Governo Provvisorio volevano almeno confiscare
una certa quantità di armi, ma non riuscivano a fare neppure questo.
Ciononostante, all'inizio di settembre, gli organi della Guardia Rossa nelle
officine ("commissioni", "terne", qualche volta si diceva
"stato maggiore") erano abbastanza dispersi. Così, al mio arrivo
all'officina "Novy-Lessner" in qualità di istruttore, non vi
era praticamente nel quartiere né commissioni né stato maggiore.
Oltre a me, c'erano nel quartiere altri quattro o cinque istruttori dell'organizzazione
militare del comitato di partito; da Pietroburgo eravamo destinati nelle fabbriche
"Novy Lessner», "Eriksson" e qualche altra.
Distaccamenti della Guardia Rossa erano presenti in altri stabilimenti, si può
dire dappertutto sebbene allora non ci fossero né questionari né
statistiche. Ce n'erano non solo nelle grandi fabbriche, ma anche nelle piccole.
L'influenza però della sezione militare del Comitato Centrale del Partito
era allora poco avvertita. E' quanto le si rimproverava, e giustamente, alla
seduta del C.C e alle riunioni dei militanti in ottobre, quando si contavano
le nostre forze alla vigilia dell'insurrezione.....
Decidemmo di approfittare del tempo a nostra disposizione per istruire gli operai
che ne avevano molto bisogno. Poichè lavoravano per la difesa non erano
stati mobilitati e, a parte qualche rara eccezione, non avevano alcuna pratica
militare.
Ci mettemmo all'opera. All'inizio, esitavamo ad effettuare degli esercizi nelle
strade e non uscivamo dal recinto dell'officina. Così avvenne a Novy
Lessner e altrove. Passando però dall'istruzione individuale all'istruzione
per gruppi, fummo obbligati a uscire in strada. D'altra parte, le nostre esitazioni
non durarono a lungo, infatti non avevamo ragioni di temere gran ché
nel nostro solido quartiere operaio. Ci si impadronì rapidamente di qualche
terreno vicino alle officine. Là ci si esercitava ad allinearsi, a formare
le file, ad avanzare, ad andare all'assalto, a marciare al passo, a maneggiare
le armi. Il lavoro procedeva a pieno ritmo.
Per tutto il giorno si istruivano distaccamenti operai che si alternavano.
Non avevamo di ché lamentarci dei nostri allievi. Nei ranghi della Guardia
Rossa, vi erano non solo delle giovani guardie, ma anche degli uomini di una
certa età e perciò si marciava a meraviglia. Gli operai, più
sviluppati e più decisi dei contadini che formavano il grosso delle truppe
del vecchio esercito, imparavano fretta, con interesse e ardore, i segreti dell'arte
militare e progredivano a passi da gigante, più rapidamente di quanto
avrebbero fatto nelle caserme zariste...
All'epoca dell'avventura di Kornilov, la Guardia Rossa si componeva di volontari.
Per entrarvi, occorreva essere presentati da due Guardie Rosse o due membri
del partito, oppure dai consigli di fabbrica e dai sindacati.....
Gli effettivi della Guardia Rossa non facevano che aumentare. Non mi ricordo
più quante unità avevamo esattamente previsto. Dalla fine di settembre
però, si formò un battaglione alla Novy Lessner e durante l'insurrezione
si arrivò a mille uomini, ossia due battaglioni.
Delle mitragliatrici avevano fatto la loro apparizione in numerosi distaccamenti,
si imparava con passione a meneggiarle, e si formarono parecchi gruppi di mitraglieri....
Venne la notte del 25 ottobre. Il «Centro» ha preso la decisione
di agire. Nei quartieri si diede l'ordine di nascondere, a ogni buon fine, libri,
documenti, liste di membri del partito e della Guardia Rossa, ecc. Si avvertiva
un non so ché di solenne, i nervi erano tesi. La Guardia Rossa del nostro
quartiere era allora un appoggio solido per la città e così si
riponevano in essa le più serie speranze. Durante la giornata ma soprattutto
alla sera avemmo il tempo di mettere non pochi distaccamenti a disposizione
del Comitato militare rivoluzionario e di concentrarne una parte allo stato
maggiore... Il morale era così alto, la voglia di combattere così
forte, che nessun gruppo di guardie bianche e di allievi ufficiali, che disarmavano
e assassinavano le guardie rosse nel centro della città, rischiava di
mostrarsi alle nostre postazioni.
Nella notte tuonò il cannone dell'Aurora, sibilarono i proiettili, crepitarono
le mitragliatrici. I nostri distaccamenti parteciparono alla conquista del Palazzo
d'Inverno, della Centrale Telefonica, della Banca di Stato, della fortezza Pietro
e Paolo ecc.
Si sa che l'insurrezione si svolse senza quasi spargimento di sangue. La reazione
non poté opporre alcuna resistenza fino a domenica 28 ottobre. Quel giorno
cominciammo a ricevere tristi notizie sulle nostre sconfitte e sui successi
delle guardie bianche. Ci furono dei sollevamenti in alcune scuole militari,
agitazioni in alcune unità cosacche, la centrale telefonica cadde nelle
mani di alcuni allievi ufficiali, ecc. Mi ricordo che il compagno Orlov arrivò
dallo Smolny e espose la situazione poco brillante a una seduta dello stato
maggiore della Guardia Rossa. Per alcuni minuti ci sentimmo abbattuti. Si sarebbe
detto che lo spettro della sconfitta passasse davanti agli occhi di tutti noi...
Ma ci si riprese... Si tenta il colpo.... Comunque avremo tenuti al bando per
quattro giorni i ministri capitalisti... Come al solito si chiacchierò,
si scherzò, poi di nuovo ci si tuffò nel lavoro.
In realtà gli affari non andavano poi così male. In capo a qualche
ora, verso sera, incominciarono ad arrivarci le buone notizie: "Abbiamo
rioccupato la centrale telefonica, gli allievi ufficiali sono sconfitti, i cosacchi,
dopo alcune esitazioni e tentennamenti, si sono schierati col potere dei soviet".
Non era tutto naturalmente. Le nostre guardie rosse ebbero non poco da fare
davanti a Pulkovo. Nel corso di questi combattimenti si capì che la guardia
rossa non era affatto adatta a imprese del genere. E' vero che i combattenti
diedero prova di un eroismo e di una abnegazione straordinaria, si dimostrarono
pronti a soffrire la fame, il freddo e a sacrificare la loro stesso vita; con
il loro entusiasmo sollevarono e trascinarono i soldati della guarnigione; richiesero
l'invio di obici e di cartucce sulle prime linee; eseguirono senza brontolare
tutti gli ordini; andarono coraggiosamente all'attacco senza il minimo desiderio
di disertare... Nessuno potrebbe dire che gli operai di Pietrogrado abbiano
ceduto anche solo per un momento; no sicuramente. D'altra parte, questa intrepida
armata non avrebbe potuto durare a lungo senza una buona organizzazione centralizzata;
la cosa più grave poi era l'equipaggiamento rudimentale di questi meravigliosi
soldati che, lasciando il tornio per gettarsi nella battaglia, si trovarono
privi di rifornimenti e di munizioni sufficienti. Se all'interno delle città
si poteva, volendo, passarci sopra, non era la stessa cosa sulle alture di Pulkovo,
dove la situazione era ben altrimenti difficile. Non si poteva vincere di un
sol colpo Krasnov e Kerenski; la lotta andava per le lunghe ma bisognava fornire
ai combattenti almeno un po' di cibo...
Un altro difetto caratteristico e serio della Guardia Rossa era una specie di
«spavalderia». Durante gli attacchi, quando si avanzava a balzi
successivi, i combattenti non si chinavano affatto, da ciò non poche
inutili perdite. Già durante gli esercizi molte Guardie Rosse si erano
distinte per tali prodezze. Quando noi istruttori dicevamo loro che ciò
era inammissibile rispondevano che chinarsi e mettersi ventre a terra era vergognoso
per dei rivoluzionari, era indice di codardia. Non era facile persuaderli che
si trattava di regole militari praticate da molto tempo e che non erano affatto
destinate a dei paurosi e che in verità, non vi era alcun buon senso
ad offrire la fronte ai colpi nemici.
Finalmente finirono i combattimenti, le guardie bianche furono sconfitte nella
città e nei dintorni. Il nostro lavoro però non diminuiva affatto,
bisognava sempre fare sforzi sovrumani in una situazione straordinariamente
difficile.
Apparso su lotta comunista n° 87 - novembre, 1977