A cura di Diego Fusaro
che ringraziamo per il contributo
Gl' intellettuali fascisti, riuniti in congresso a Bologna, hanno indirizzato
un manifesto agl' intellettuali di tutte le nazioni per spiegare e difendere
innanzi ad essi la politica del partito fascista. Nell' accingersi a tanta impresa
quei volenterosi signori non debbono essersi rammentati di un consimile e famoso
manifesto, che, agli inizi della guerra europea, fu bandito al mondo dagli intellettuali
tedeschi: un manifesto che raccolse, allora, la riprovazione universale, e più
tardi dai tedeschi stessi fu considerato un errore. E, veramente, gl' intellettuali,
ossia i cultori della scienza e dell' arte, se come cittadini, esercitano il
loro diritto e adempiono il loro dovere con l' ascriversi a un partito e fedelmente
servirlo, come intellettuali hanno solo il dovere di attendere, con l' opera
dell' indagine e della critica, e con le creazioni dell' arte, a innalzare parimenti
tutti gli uomini e tutti i partiti a più alta sfera spirituale, affinchè,
con effetti sempre più benefici, combattano le lotte necessarie. Varcare
questi limiti dell' ufficio a loro assegnato, contaminare politica, letteratura
e scienza, è un errore, che, quando poi si faccia, come in questo caso,
per patrocinare deplorevoli violenze e prepotenze e la soppressione della libertà
di stampa, non può dirsi neppure un errore generoso. E non è nemmeno,
quello degl' intellettuali fascisti, un atto che risplenda di molto delicato
sentire verso la Patria, i cui travagli non è lecito sottoporre al giudizio
degli stranieri, incuranti (come, del resto, è naturale) di guardarli
fuori dei diversi e particolari interessi politici delle proprie nazioni. Nella
sostanza, quella scrittura, è un imparaticcio scolaresco, nel quale in
ogni punto si notano confusioni dottrinali e mal filati raziocini: come dove
si prende in iscambio l' atomismo di certe costruzioni della scienza politica
del secolo decimottavo col liberalismo democratico con la concezione sommamente
storica della libera gara e dell' avvicendarsi dei partiti al potere, anche,
mercè l' opposizione, si attua, quasi graduandolo, il progresso; - o
come dove, con facile riscaldamento retorico, si celebra la doverosa sottomissione
degl' individui al Tutto, quasi che sia in questione ciò, e non invece
la capacità delle forme autoritarie a garantire il più efficace
elevamento morale. [ … ] Ma il maltrattamento della dottrina e della storia
è cosa di poco conto, in quella scrittura, a paragone dell' abuso che
vi si fa della parola "religione"; perchè, a senso dei signori
intellettuali fascisti, noi ora in Italia saremmo allietati da una guerra di
religione, dalle gesta di un nuovo evangelo e di un nuovo apostolato contro
una vecchia superstizione, che rilutta alla morte, la quale le sta sopra e alla
quale dovrà pur acconciarsi; - e ne recano a prova l' odio e il rancore
che ardono, ora come non mai, tra italiani e italiani. Chiamare contrasto di
religione l' odio e il rancore che si accendono da un partito che nega ai componenti
degli altri partiti il carattere d' italiani e li ingiuria stranieri, e in quest'
atto stesso si pone esso agli occhi di quelli come straniero e oppressore, e
introduce così nella vita della Patria i sentimenti e gli abiti che sono
propri di altri conflitti; nobilitare col nome di religione il sospetto e l'
animosità sparsi dappertutto, che hanno tolto perfino ai giovani dell'
Università l' antica e fidente fratellanza nei comuni e giovanili ideali,
e li tengono gli uni contro gli altri in sembianti ostili: è cosa che
suona, a dir vero, come un' assai lugubre facezia. In che mai consisterebbe
il nuovo evangelo, la nuova religione, la nuova fede, non si riesce a intendere
dalle parole del verboso manifesto; e, d' altra parte, il fatto pratico, nella
sua muta eloquenza, mostra allo spregiudicato osservatore un incoerente e bizzarro
miscuglio di appelli all' autorità e di demagogismo, di professata riverenza
alle leggi e di violazione delle leggi, di concetti ultramoderni e di vecchiumi
muffiti, di atteggiamenti assolutistici e di tendenze bolsceviche, di miscredenza
e di corteggiamento alla Chiesa cattolica, di aborrimento dalla cultura e di
conati sterili verso una cultura priva delle sue premesse, di sdilinquimenti
mistici e di cinismo. E, se taluni plausibili provvedimenti sono stati attuati
o avviati dal governo presente, non è in essi nulla che possa vantare
un' originale impronta, tale da dare indizio di un nuovo sistema politico, che
si denomini dal fascismo. Per questa caotica e inafferrabile "religione"
noi non ci sentiamo, dunque, di abbandonare la nostra vecchia fede: la fede
che da due secoli e mezzo è stata l' anima dell' Italia che risorgeva,
dell' Italia moderna; quella fede che si compose di amore alla verità,
di aspirazione alla giustizia, di generoso senso umano e civile, di zelo per
l' educazione intellettuale e morale, di sollecitudine per la libertà,
forza e garanzia di ogni avanzamento. Noi rivolgiamo gli occhi alle immagini
degli uomini del Risorgimento, di coloro che per l' Italia patirono e morirono,
e ci sembra di vederli offesi e turbati in volto alle parole che si pronunziano
e agli atti che si compiono dai nostri italiani avversari, e gravi e ammonitori
a noi perchè teniamo salda in pugno la loro bandiera. La nostra fede
non è un' escogitazione artificiosa e astratta o un invasamento di cervello,
cagionato da mal certe o mal comprese teorie; ma è il possesso di una
tradizione, diventata disposizione del sentimento, conformazione mentale e morale.
Ripetono gl' intellettuali fascisti, nel loro manifesto, la trista frase che
il Risorgimento d' Italia fu opera di una minoranza; ma non avvertono che in
ciò appunto fu la debolezza della nostra costituzione politica e sociale
e anzi par quasi che si compiacciano della odierna per lo meno apparente indifferenza
di gran parte dei cittadini d' Italia di fronte ai contrasti tra il fascismo
e i suoi oppositori. I liberali di tal cosa non si compiacquero mai, e si studiarono
a tutto potere di venire chiamando sempre maggior numero d' italiani alla vita
pubblica; e in questo fu la precipua origine anche di qualcuno dei più
disputati loro atti, come la largizione del suffragio universale. Perfino il
favore, col quale venne accolto da molti liberali, nei primi tempi, il movimento
fascistico, ebbe tra i suoi sottintesi la speranza che, mercè di esso,
nuove e fresche forze sarebbero entrate nella vita politica, forze di rinnovamento
e (perchè no?) anche forze conservatrici. Ma non fu mai nei loro pensieri
di mantenere nell' inerzia e nell' indifferenza il grosso della nazione, appagandone
taluni bisogni materiali, perchè sapevano che, a questo modo, avrebbero
tradito le ragioni del Risorgimento italiano e ripigliato le male arti dei governi
assolutistici e quietistici. Anche oggi, nè quell' asserita indifferenza
e inerzia, nè gli impedimenti che si frappongono alla libertà,
c' inducono a disperare o a rassegnarci. Quel che importa, è che si sappia
ciò che si vuole e che si voglia cosa d' intrinseca bontà. La
presente lotta politica in Italia varrà, per ragione di contrasto, a
ravvivare e a fare intendere in modo più profondo e più concreto
al nostro popolo il pregio degli ordinamenti e dei metodi liberali, e a farli
amare con più consapevole affetto. E forse un giorno, guardando serenamente
al passato, si giudicherà che la prova che ora sosteniamo, aspra e dolorosa
a noi, era uno stadio che l' Italia doveva percorrere per rinvigorire la sua
vita nazionale, per compiere la sua educazione politica, per sentire in modo
più severo i suoi doveri di popolo civile.
1 Maggio 1925, Il Mondo