Biblioteca Multimediale Marxista


4. Pratiche e soggetti

Il Ministro parla al popolo


Dramma della Commissione elettorale della Cdu
Adattamento di Sonja Brünzels e Luther Blissett
Esecuzione: Commissione per l'Istruzione Popolare della comunicazione-guerriglia

Scena
Primi anni Novanta, un venerdì qualsiasi, ore 18.00, da qualche parte in Germania, sala pubblica di un Municipio. A destra e a sinistra file ininterrotte di finestre. Circa 150 sedie allineate di fronte al palco rialzato, al centro formano un corridoio. Sul palco un podio con microfono e un tavolo. Dietro al tavolo tre sedie. Sul tavolo una bottiglietta di acqua minerale gassata. Su un lato del palco addobbi floreali e altre sedie. Nel passaggio centrale, in fondo alla sala, un microfono sorretto da un'asta, a disposizione del pubblico.


Distribuzione delle parti
Personaggio principale: il Politico, in questo caso il Ministro Federale della Difesa.
Personaggi secondari: il deputato Cdu del collegio elettorale; il Presidente locale della Cdu; i garanti della pubblica sicurezza (atletici figuri in borghese preposti all'incolumità fisica del Ministro. Un paio di tutori dell'ordine in uniforme: in versione amichevole, senza casco e manganello). Un manipolo di addetti al servizio d'ordine del circolo locale.


Il pubblico
Membri della Junge Union (14). Sbarbini dai capelli corti in giacca e cravatta. Notabili cittadini della Cdu. Politici locali in doppiopetto di diversi schieramenti. Rispettive signore in tailleur. Quattro soldati di leva. Singoli cittadini e cittadine assetati di notizie. Il solito sedicente fotografo del paese con macchina fotografica enorme e servizio d'ordine personale. Un'attraente giovane donna dall'abbigliamento superchic. Un adolescente, il cui abbigliamento ordinato non s'abbina all'azzardata acconciatura. Una signora sensibile di mezz'età, che non ne può più.
I coniugi Schulz: Signora Schulz in tailleur, tentativo maldestro di mettere assieme abiti convenzionali dal sacco degli abiti smessi. Il signor Schulz in completo un po' logoro con cravatta. Capelli corti, piuttosto tarchiato, con occhiali e sguardo leggermente collerico.
I coniugi Schmidt: la signora Schmidt in tailleur beige, con taglio di capelli accurato e delicato make-up. Il signor Schmidt in completo da cresima uscito come nuovo dal lavasecco, occhiali con montatura in corno.

Il testo originale
Una manifestazione elettorale piuttosto ordinaria. La sala viene aperta. Arrivano gli spettatori, si salutano, conversano; a poco a poco la sala si riempie. Gli uomini del servizio d'ordine si aggirano qua e là; la prima fila è riservata. La sala è piena. Attesa, brusio di fondo. Il Ministro fa il suo ingresso in sala, con lui il Presidente locale e la deputata. Al loro seguito le guardie del corpo. I primi salgono sul palco e si accomodano al tavolo, gli altri si siedono sulle sedie lasciate libere nella prima fila. Cala il silenzio. Gli sguardi sono rivolti in avanti. Il Presidente locale saluta il pubblico e i notabili e ringrazia il Ministro. Sottolinea la necessità del dialogo coi cittadini e l'importanza di domande e interventi nel corso della manifestazione. Passa la parola, lascia il podio al Ministro e va a sedersi dietro al tavolo. Breve applauso. Il Ministro si dirige verso il podio. Applauso più lungo. A questo punto alcuni disturbatori alzano la voce e sollevano uno striscione, poi vengono allontanati dalla sala con discrezione. Quindi parla il Ministro. Dopo tre quarti d'ora giunge alla conclusione delle sue argomentazioni. Lungo applauso. Il Ministro si siede. Il Presidente locale ringrazia e chiede se qualcuno ha domande. Dopo l'indugio iniziale singoli cittadini raggiungono il microfono, superano eventuali difficoltà tecniche con l'aiuto degli organizzatori e pongono brevi domande. Il Ministro risponde in modo esauriente e competente. Dopo un'ultra mezz'ora e circa cinque domande prende la parola la deputata, si dice dispiaciuta che il tempo sia volato così in fretta e si accomiata dopo aver ringraziato tutti i partecipanti, in particolare il Ministro e gli ospiti. Tutti lasciano ordinatamente la sala.

Versione riadattata e nuova rappresentazione
Tutto si svolge come al solito: la sala si riempie, i personaggi importanti fanno il loro ingresso. Circa venticinque persone manifestano ansiosa attesa che però fortunatamente nessuno nota. Quando il Presidente locale si dirige al podio e in sala cala il silenzio, una donna tra il pubblico si alza e prende la parola. Lamenta che c'è aria viziata in sala: bisognerebbe aprire la finestra. Si alzano voci: smettere di fumare! (nessuno fuma ...). Un addetto del servizio d'ordine socchiude tutte le finestre. Applauso di approvazione. Dopo aver sistemato tutto con la soddisfazione generale, il Presidente locale saluta i presenti e fa l'elogio dello spirito del tempo: "Il comunismo è giunto alla fine!". Applauso interminabile. Ancora applausi. Quando infine prende di nuovo la parola con l'intenzione di passarla al Ministro, una Signora prende il microfono e lamenta che c'è corrente in sala. (Mormorio di approvazione). Un organizzatore chiude la finestra. Risolto l'intoppo, il Ministro riprende la parola: la finestra è a posto. Lungo applauso.
Il Ministro ringrazia. Applauso più lungo. Il Ministro ringrazia. Applauso lunghissimo. Il Ministro non ringrazia. Nessun applauso. Il Ministro inizia il suo discorso. Di nuovo, un interminabile applauso. Il Ministro è un po' seccato dal fatto che le sue parole si perdano nell'applauso. Bisognerebbe smettere di battere le mani e lasciarlo parlare. L'applauso si interrompe. Il Ministro parla delle truppe tedesche. Nessun applauso.
Qualcosa non va. Ogni volta che qualcuno cerca di esprimere la propria approvazione con un timido applauso, l'applauso stesso si gonfia. Quando il Ministro si fa particolarmente prolisso, riceve una rumorosa approvazione, tanto lunga da avere un effetto irritante e imbarazzante, ma non così lunga da poter essere percepita come un disturbo intenzionale. Qualcuno del pubblico si lamenta e chiede che si smetta di applaudire. Non si è mica venuti qui solo per battere le mani, si è venuti per ascoltare. Dello stesso avviso è anche il Ministro, il cui viso s'allunga lentamente verso il basso. Le guardie del corpo, al contrario, sorridono compiaciute. Singoli richiami al silenzio amplificano la confusione. Quando alcuni giovani, nonostante ciò, continuano ad applaudire, il collerico Signor Schulz perde il controllo e si fa manesco. Il suo vicino di posto prova a calmarlo con la tattica della pacificazione: "Stai calmo, cretino! Altrimenti sei proprio tu il disturbatore!". Il Signor Schulz rimane indifferente, mentre sua moglie riesce a calmarlo. Il Signor Schmidt urla: "Questa è colpa della televisione!". Solo dopo circa 60 minuti il Ministro riesce a terminare le sue argomentazioni. L'applauso è decisamente scarso, se ne è avuto abbastanza.
Finalmente inizia il giro delle domande. Dietro al microfono si forma una lunga fila. Un membro della Junge Union fa una breve domanda sulla responsabilità dell'esercito. Il Ministro risponde in modo esauriente e competente. Una signora fa riferimento alle affermazioni del Ministro sul tema crisi. Anche lei ha una teoria sulle crisi: sostiene che soprattutto in primavera i matrimoni vadano in crisi. Se il Ministro potesse, in qualità di esperto di crisi, dire qualcosa della sua esperienza a proposito. Il Ministro cerca di essere spiritoso ma non gli riesce così bene. La giovane signora superchic si preoccupa del futuro dell'esercito, e propone che i deputati celibi del Bundestag donino il loro sperma in eccedenza alle banche del seme, per tenere di scorta future generazioni di soldati. Un organizzatore, furibondo, strappa la signora dal microfono. La poverina oltre tutto ha un braccio ingessato. Per una robusta signora del pubblico questo è troppo: prende la ragazza sotto la sua protezione.
Il signor Schmidt salta su con la faccia rosso accesa e inveisce. "È colpa della televisione! È colpa della televisione! E' colpa della televisione!". Un addetto al servizio d'ordine gli chiede impaurito e molto cortesemente di allontanarsi dalla sala. La signora Schmidt diventa isterica: "Nessuna violenza! Viviamo in una democrazia!". L'organizzatore lascia perdere e si mette al sicuro. Qualcuno vuole aprire la finestra. La signora sensibile di mezz'età non riesce a intervenire perché sviene, ma nessuno ci fa caso. I soldati di leva discutono la situazione dal punto di vista strategico-militare.
Il Ministro diventa rosso e si lamenta: "Dovete partecipare alla discussione!". Dichiara che risponderà solo a domande serie. Un giovane dall'aspetto serioso, nonostante i capelli lunghi, pone una lunga, complicatissima domanda, che consiste in un'unica frase della durata di un minuto che inizia con "l'allargamento della Nato a Est", cita almeno 17 stati dell'ex Unione Sovietica che nessuno aveva mai sentito nominare e culmina con "Russia". Il Ministro ritiene di dover rispondere in modo esauriente e competente. Per questo fa riferimento a riflessioni importanti e serie, che meritano di essere considerate. Nessuno ci ha capito niente. Uno sbarbino in completo e cravatta chiede in modo prolisso e stentato dell'impiego di truppe tedesche in Somalia. Il Ministro urla: "Basta con queste stupide domande!" e gli toglie la parola. La Junge Union ha un membro in meno.
Dopo un'ora prende la parola la deputata del Bundestag, e si rammarica del fatto che disturbatori esterni abbiano rovinato la bella serata ai cordiali indigeni. Il Ministro lascia ordinatamente la sala accompagnato da slogan e canti. Poi si ritrovano tutti davanti alla sala per l'appuntamento fotografico con il già noto fotografo del posto.
Nei giorni successivi i giornali riferiscono indignati del danno recato dai giovani disturbatori alla città e al partito. Le foto documentano chiaramente l'espressione del Ministro e le didascalie non possono nascondere una certa gioia maligna per la patetica situazione. La deputata del Bundestag della Cdu protesta con il candidato della Spd, per il comportamento indegno degli Jusos [giovani socialisti] (e chi altro può essere stato?), per i loro modi antidemocratici di condurre la campagna elettorale.


Cos'è successo?
Alla base c'è un semplice modello di comunicazione: un 'iniziativa politica d'informazione funziona se un politico o un esperto riesce a esporre le proprie idee e i propri programmi, placando la sete d'informazione del cittadino. Da questo punto di vista il dialogo con il cittadino ha successo se l'informazione viene comunicata, se l'attesa d'informazione concorda con il corso dell'iniziativa. Ma se osserviamo entrambe le versioni del dramma si notano molte differenze per quel che riguarda la trasmissione d'informazione. In entrambi i casi il Ministro può comunicare le proprie informazioni, anche se nella versione rielaborata il brusio di fondo, il rumore, era molto più forte. Tuttavia le due versioni si differenziano chiaramente. Per capire in cosa consiste tale differenza dobbiamo fare riferimento a un'idea di comunicazione che non si fissi solo sull'informazione, bensì prenda in considerazione l'intera situazione comunicativa.
La situazione comunicativa di una manifestazione pubblica è comprensione alla luce della grammatica culturale, che determina la coreografia della manifestazione e i ruoli dei partecipanti. Il senso di una manifestazione ritualizzata non va cercato prevalentemente nella parola detta o nei temi trattati; la questione principale è: chi può prendere la parola e quando? chi ha il diritto di parlare ed essere ascoltato? La grammatica culturale regola questa procedura non attraverso l'aperta costrizione, bensì determinando la disposizione dei posti, dividendo gli spazi e decidendo l'andamento, dunque attraverso la messinscena e l'ordinamento dello spazio, dei corpi e del linguaggio. In questo una manifestazione elettorale (simile a una Santa Messa), indipendentemente dai contenuti, contribuisce a normalizzare i rapporti di forza tra Esperti/Politici/Preti, da un lato e Cittadini/Popolo/Parrocchiani, dall'altro. Come nel caso di una Messa, anche in una manifestazione elettorale c'è una liturgia legata ai singoli dialoghi. Chi l'accetta non si rende conto di non potersi esprimere, se non in misura estremamente limitata. Proprio perché la grammatica culturale, la liturgia è uno strumento di potere invisibile, essa agisce in modo particolarmente efficace. Ogni tentativo di discussione sui contenuti comporta l'avere a che fare con un setting imposto e un gioco di ruoli già fissato dai rituali dello stato di diritto democratico. Ovviamente sarebbe ingenuo credere che i politici si lascino influenzare da una controbattuta qualsiasi. Semmai sfruttano questo ambito per dare maggior peso alla propria posizione o per mostrare la propria disponibilità al dibattito pluralistico-democratico-tollerante. Anche la critica più aspra ai contenuti, se espressa nell'ambito del dialogo con il cittadino, non fa che rafforzare la gerarchia inscritta nella grammatica culturale.
Per rompere questa situazione, in primo luogo occorre affrontare le forme con cui si articola e riproduce il potere. Nell'ambito della manifestazione, ai partecipanti è consentito prendere la parola soltanto per scopi e in momenti prefissati. Possono fare domande e persino preoccuparsi per la propria salute (nessuno deve patire il freddo o sopportare il fumo), poiché, in qualità di cittadini adulti e responsabili, da essi dipende la buona riuscita della serata. Per questo motivo sono autorizzati a esigere che i disturbatori vengano smascherati e cacciati. Tutti questi ambiti sono tuttavia pensati solo come scena secondaria, al centro dell'attenzione deve esserci l'esperto o il politico di turno. Un tale struttura si manifesta già nella disposizione dei posti a sedere, rivolti in direzione dell'illustre oratore. Quando si introduce una comunicazione tra gli ascoltatori, ciò si scontra con la struttura della comunicazione data e agisce automaticamente come disturbo.
Quando gli elementi scenici secondari si spostano al centro dell'attenzione, l'iniziativa inizia a vacillare; quando i partecipanti stimolati dai promotori ben vestiti, sono più impegnati a guardarsi attorno e a criticare il comportamento degli altri partecipanti, piuttosto che ascoltare l'ospite di spicco. Tutti i tentativi di quella parte di pubblico seriamente interessata a ripristinare l'ordine, diventano a loro volta elementi di disturbo. Contromanifestanti palesemente riconoscibili non potrebbero riscrivere il dramma, se non in condizioni decisamente favorevoli, poiché il ruolo di coloro che protestano è già previsto dalla versione originale insieme alle corrispondenti contromisure. Al contrario nella versione originale non compaiono cittadini politicamente attivi che diventano involontariamente disturbatori che recitano nella pièce messa in scena dai loro avversari politici. Più il potere, rappresentato dalle figure delle forze dell'ordine e dell'ospite-star, fatica a distinguere tra disturbatori veri e falsi, tanto più aumenta il caos. Anche i partecipanti realmente interessati si trovano nella condizione di dover fare qualcosa, anche se le possibili alternative appaiano tutte fuori luogo: possono ad esempio prendere parte in qualità di persone civili alla discussione fittizia sulla finestra aperta o chiusa e, con questo, scompigliare la manifestazione o diventare autoritari ed esigere che i disturbatori vengano cacciati fuori. Il modello del servizio d'ordine di sala prevede che l'interno debba essere protetto dall'esterno, cioè "noi" dai "facinorosi", Le cose, tuttavia, si complicano quando non è possibile distinguere chiaramente l'uno dall'altro, il dentro degli interessati a una buona riuscita dell'iniziativa e il fuori dei disturbatori sovversivi.
Il gioco dello spostamento dell'attenzione dal podio alla sala segue due fini: impedisce l'effettivo svolgimento ordinato della manifestazione e palesa un dissenso, non tanto sul piano dei temi dati dall'organizzazione, bensì su quello della grammatica culturale. Disturbando l'ordine del discorso, impadronendosi della parola, alterando la parola legittimamente concessa in un non-senso o disturbando con rumori, rende l'ordine visibile (qualcosa non è giusto) ed esprime contemporaneamente una dura critica. Invece di organizzare una propria manifestazione, nella quale criticare le funzioni della grammatica culturale come mezzo di riproduzione di strutture di potere, i guerriglieri della comunicazione utilizzano un contesto già dato come palcoscenico per la rappresentazione metaforica e concreta del loro obiettivo. Come la grammatica culturale funziona attraverso la propria invisibilità, così i successi di una simile tattica, quando si verifica una situazione del genere, rimangono inespressi. È evidente che qualcosa non torna o non ha funzionato bene, ma questa circostanza non viene necessariamente dibattuta o rappresentata nei media. Lo spostamento si mostra soprattutto nel contesto specifico ai partecipanti. Non agisce su un terreno teorico, bensì su un piano inarticolato, principalmente emotivo. Ciò riguarda tanto i guerriglieri della comunicazione quanto il pubblico della manifestazione. Questa tecnica di intervento dà la possibilità ai partecipanti di vedere con occhi momentaneamente diversi l'evento manifestazione elettorale. In altre occasioni potranno ricordarsi di questo punto di vista, anche se lo spostamento non è stato accompagnato da spiegazioni razionali.


Internazionale Situazionista


Dopo il suicidio di Guy Debord nel novembre 1994, sull'Internazionale Situazionista (IS) sono stati sfornati quintali di testi in tutti i contesti possibili e immaginabili. Qui non ci interessa dare il nostro contributo all'attuale hype sul situazionismo, per esempio con la sola giusta, conforme e vera interpretazione de La società dello spettacolo di Debord. Pertanto seguiranno poche osservazioni che riteniamo importanti in relazione all'IS.
L'IS si formò nel 1957 dall'unione di diversi gruppi di avanguardia artistica come l'Internazionale Lettrista, il Movimento Internazionale per una Bauhaus Immaginista e il Comitato Psicogeografico di Londra. Di primo acchito, l'elemento che colpisce maggiormente nella storia dell'IS è la considerevole, persino per un gruppo di sinistra, catena di espulsioni, scissioni ed epurazioni. Fu soprattutto la sezione francese a imporre rigidamente nell'organizzazione la pretesa di una coerenza teorica. Così, nel gennaio 1962, l'intero gruppo SPUR, sezione tedesca dell'IS, fu espulso a causa dell'inclinazione allo scandalo spicciolo. La prassi elitaria e tipicamente settario-avanguardistica dell'IS portò al fatto che, al momento del suo scioglimento alla fine nel 1972, fossero rimasti solo due membri attivi (Debord e Sanguinetti) su circa settanta transitati nell'organizzazione.
Alcuni gruppi contemporanei, come Luther Blissett, che si rifanno criticamente all'IS, hanno tratto da questo l'idea di agire con un nome multiplo (15). Dunque rifiutano fin da subito ogni tentativo di garantire coerenza su un piano formale-organizzativo.
Non abbiamo comunque nessuna intenzione di fare dell'IS un cattivo esempio, né sprecheremo parole sulla sua presunta funzione di modello per il punk o sul sopravvalutato apporto del gruppo al Maggio francese del 1968 (sebbene alcuni tra i più bei slogan e graffi ti risalissero senza dubbio ai situazionisti: "Mi diverto con i sanpietrini ..."; "L'umanità non sarà felice finché l'ultimo burocrate non sarà impiccato con le budella dell'ultimo capitalista" ecc.).
La cosa importante è il fatto che l'IS, a differenza di altri gruppi artistico-politici, riconosceva chiaramente le difficoltà delle posizioni di avanguardia, e le criticava aspramente. Oggi, il Situazionismo viene descritto soprattutto come movimento artistico. Riguardo a ciò, va ricordato che l'IS non solo rifiutava l'idea d'arte borghese (cosa che facevano e fanno anche altri gruppi attivi in campo artistico), ma rigettava in modo esplicito ogni uso delle forme artistiche al di fuori di un progetto (politico) rivoluzionario.
I situazionisti non pensavano di presentarsi come avanguardia politica in senso tradizionale. Rifiutavano qualsiasi rivendicazione teorica o pratica del potere e formulavano una pungente critica alle posizioni marxiste-leniniste. Dalla loro critica al pensiero avanguardistico uscivano formulazioni quali: "La teoria situazionista è nelle teste di tutti"; oppure: "Chiunque può essere situazionista, anche senza aver sentito parlare dell'IS". Tuttavia l'IS, frenata dalle tendenze settarie e dalle pretese elitarie di coerenza teorica, non riuscì a sviluppare una teoria e una prassi al di là del concetto di avanguardia. Anche la visione dei situazionisti, per cui la coerenza sarebbe un mezzo per difendersi dal recupero e dalla riappropriazione da parte dell'ordine dominante, appare curioso. Non è riuscita a evitare il misero modo col quale l'IS, e tutto il Situazionismo, fu trattato e recuperato come movimento artistico. Alla fine vennero fuori testi esclusivisti e cialtroneschi come La véritable scission dans l'Internationale, che motivano la critica di Luther Blissett: la teoria situazionista si sviluppa in conclusione come "lo Spirito Santo, che discende sulla massa priva di coscienza". Il rifiuto dei concetti politici tradizionali formulato dall'IS non si limitava a una critica della struttura, gerarchica e burocratica di gruppi e partiti della vecchia sinistra. L'IS cercava nello stesso tempo di sviluppare nuove forme di sovversione e di propaganda.
I situazionisti furono tra i primi a dedicarsi alla "promozione della guerriglia nei mass-media...". "Per qualche tempo si può ancora approfittare del fatto che gli studi radio televisivi non sono ancora sorvegliati da truppe. Meno ambiziosamente parlando, è noto che qualsiasi radioamatore può, senza grandi spese, disturbare, e perfino trasmettere al livello del quartiere [...] False edizioni di questo e quel giornale possono accrescere lo scompiglio nel campo nemico...". I situazionisti erano ben consapevoli del carattere tattico, delle possibilità e dei limiti di una simile prassi: "L'illegalità di simili azioni vieta a ogni organizzazione che non abbia scelto la clandestinità un programma continuativo in questo campo, poiché ciò richiederebbe la costituzione di un corpo separato; cosa che non può concepirsi (né essere efficace) senza compartimentazione, quindi gerarchia, eccetera. In una parola, senza ridiscendere la pericolosa china del terrorismo". Piuttosto, si dedicavano a una prassi, nella quale pochi "individui che si riuniscono per questa occasione, possono improvvisare, migliorare, formule sperimentate altrove da altri. Questo tipo d'azione non concertata non può mirare a sconvolgimenti definitivi, ma può utilmente punteggiare la presa di coscienza che verrà alla luce. D'altronde, non ci si deve obnubilare a proposito della parola illegalità. La maggior parte delle azioni in questo ambito può non contravvenire minimamente alle leggi esistenti". Anche la pratica del détoumement, dello stravolgimento, venne contemporaneamente propagandata e impiegata dai situazionisti in tutti gli ambiti possibili. Un mezzo di propaganda molto amato erano i fumetti ai quali venivano applicati nuovi testi, e anche i testi teorici dei situazionisti giocavano con stravolgimenti di citazioni e plagi.
Per quanto riguarda le nuove forme politiche, i Situazionisti chiedevano l'"abolizione della politica" attraverso una prassi rivoluzionaria sul piano della vita quotidiana. Con il metodo della Psicogeografia, ad esempio con la pratica della dérive, visitavano e studiavano luoghi nonché percezioni ed emozioni a essi collegate. Raggiungendo così lo scopo di sviluppare nuovi modi di comportamento, giochi e passioni: "Finora si sono solo interpretate le passioni, nostro compito è scoprirne di nuove" (Debord). Lo scopo era sviluppare nuove forme d'azione nell'ambito della cultura e della vita quotidiana per introdurvi la prospettiva di un cambiamento rivoluzionario: "Le nostre teorie altro non Sono che la teoria della nostra vita reale... È evidentemente escluso che noi prepariamo la rivoluzione della vita quotidiana con l'ascetismo".


NSK/LAIBACH. Dalla sovversione all'affermazione


Il collettivo di artisti Neue Slowenische Kunst (NSK) [Nuova Arte Slovena] si formò all'inizio degli anni Ottanta a Lubiana attorno al gruppo rock Laibach. In più di dieci anni di esistenza si è occupato principalmente dell'estetica del potere e della sottomissione, della messinscena del dominio e dell'annullamento del singolo nel collettivo. Inoltre, fin dall'inizio, la NSK/Laibach si è dedicata a una strategia della sovraidentificazione, portata avanti con coerenza. Usando come base teorica le tesi dello psicanalista sloveno Slavoj Zizek, già allievo di Lacan, i Laibach operano una sovversione che non deriva dalla presa di distanza ironica, bensì dal prendere il sistema troppo sul serio. A dover essere affermati sono proprio gli aspetti dell'esistente che non possono essere espressi apertamente, ma che fanno parte nell'ordine simbolico dominante. Tale articolazione affermativa è sovversiva, poiché è nelle verità nascoste dell'ordine simbolico che sono inscritti i punti di rottura. L'affermazione di questa verità rende visibile la rottura.
Nella loro estetica, i NSK/Laibach si rifanno all'avanguardia classica degli anni Venti, la cui eredità attinge al medesimo pozzo utilizzato per tutte le successive rappresentazioni estetiche dell'ideologia politica. Per mostrare la relazione tra forme estetiche e ideologia politica, Laibach riproduce l'estetizzazione fascistoide del politico e del sociale, senza alcuna presa di distanza.
La messinscena del dominio e il desiderio di sottomissione vengono affermati, non criticati. Nell'accezione dei Laibach, distanza critica significa infatti innanzi tutto possibilità di sottrarsi alla conoscenza sul funzionamento dell'estetizzazione dell'ideologia. Per questo, il gruppo rifiuta in generale sia di commentare le proprie azioni sia di porsi criticamente.
Un buon esempio delle modalità d'azione dei Laibach è una performance che il gruppo tenne nei primi anni Novanta allo stadio di Belgrado. L'apice fu un discorso nazionalista militante in lingua serba. Gli spettatori vennero esortati a mantenere e difendere con ogni mezzo la purezza e l'orgoglio del popolo serbo e l'entità del suolo serbo. Come sottofondo al discorso, i Laibach allestirono tutta la messinscena dell'estetica fascista, eliminando consapevolmente, in questa grandiosa esibizione di epos nazionalista, ogni elemento di presa di distanza. Per quel che riguardava i contenuti, il discorso non era altro che l'ennesimo inasprimento della retorica nazionalista, nello stesso periodo ascoltabile ovunque negli Stati della Jugoslavia in via di disgregazione. Il gruppo era ben consapevole del pericolo celato da questa contestualizzazione, non solo per la forma, ma anche per l'effetto prodotto.
I Laibach risolsero il problema grazie a un'enorme provocazione: durante il discorso scorrevano, in tedesco e senza soluzione di continuità, parole chiave e frasi significative della retorica del Blut und Boden. Davanti al background dei crimini che i nazifascisti tedeschi e i loro sgherri avevano commesso in Serbia, ogni lettura affermativa poteva essere esclusa; cosa che doveva avere sugli spettatori un effetto davvero spaventoso, poiché l'affermazione dell'eroismo nazionalista serbo venne condotta su tutti gli altri piani con la massima coerenza.
Dall'inizio degli anni Novanta, il gruppo si è dedicato soprattutto ai meccanismi di costruzione della nazione. Tenendo come sfondo la divisione statal-nazionale della ex-Jugoslavia, il gruppo ha proclamato la fondazione dello Stato della NSK. Per perseguire tale scopo si è fatto ricorso a tutti gli attributi simbolici dello Stato nazionale. Grazie a un sapiente montaggio di reperti della memoria collettiva si è anche inventata una storia nazionale. Con lo Stato della NSK si è dimostrato che anche una sovraidentificazione grottesca di quel tipo poteva essere confermata dalla realtà.
Le prassi avevano come sfondo la (ex-)Jugoslavia. Secondo Zizek, il gruppo ne crea uno specchio nel quale l'Occidente scopre la propria verità nascosta.
Anche quando gli artisti della NSK/Laibach si servono di forme estetiche del fascismo storico o del socialismo reale, che definiscono totalitarismo, al contempo alludono all'Occidente libero liberal-capitalista. Nell'accezione della NSK/Laibach il totalitarismo non è l'antitesi del libero e democratico Occidente, ma un fenomeno il cui sviluppo è intrinseco di ogni società che produce merci.
Nella logica della NSK/Laibach è coerente non considerare un problema il recupero commerciale o politico. Il fatto che la NSK sia, per lo meno in parte, diventata arte di Stato nella nuova nazione slovena, suona come conferma della sua logica ed estetica anziché come una contraddizione. Quando ad esempio i francobolli della NSK sono stati regolarmente timbrati alle Poste Centrali di Lubiana/Laibach, affermazione, sovraidentificazione e decostruzione si confusero in modo quasi indistinguibile. Resta da capire se con una simile prassi, la pretesa di sovversione non finisca per incagliarsi. Soprattutto per NSK/Laibach che, anche in seguito, non ha mai riconosciuto una simile pretesa.


Sanguinetti e la salvezza del capitalismo italiano


Rapporto veridico sulle ultime possibilità di salvare il capitalismo in Italia era il titolo di un opuscolo che illustri esponenti dell'economia, della politica e dei media italiani diffusero nel 1975 per lo stivale.
Lo sconosciuto autore si firmò con lo pseudonimo di Censor. Il contenuto del testo era scottante. Da un 'analisi sugli errori della classe politica borghese nei decenni passati, Censor traeva la conclusione che soltanto attraverso il coinvolgimento del Partito comunista italiano nella gestione politica dello Stato borghese sarebbe stato ancora possibile salvare il sistema capitalistico italiano. "Inutili timori del compromesso storico e tendenze in apparenza rivoluzionarie del Pci sarebbero stati articoli ideologici d'esportazione per il popolo".
Per mezzo del linguaggio, dello stile e delle argomentazioni, Censor si impose come rappresentante dell'élite intellettuale borghese. Subito dopo l'uscita del libro ebbe inizio una serie di speculazioni selvagge sull'identità dell'autore: era forse un intellettuale democristiano di spicco, un giornalista borghese da poco scomparso o uno scrittore assoldato appositamente dai comunisti? La maggioranza concordava sul fatto che si trattasse di una personalità proveniente dal centro del potere. Le ferree tesi di Censor e le sue analisi sulla possibilità di salvare il capitalismo italiano divennero oggetto di una lunga: controversia, durante la quale nessuno mise mai in discussione il contenuto del pamphlet.
Solo dopo diversi mesi il situazionista, Gianfranco Sanguinetti fece uscire un testo nel quale riconosceva la paternità dell'opera: Censor non era mai esistito. L'autore militava nell'estrema sinistra e, poco prima dell'uscita del libro, era finito in carcere in seguito all'assurda accusa di avere procurato armi al terrorismo italiano. Ma cosa spingeva un ex membro dell'Internazionale Situazionista a preoccuparsi proprio del sostentamento del capitalismo e di doverlo presentare al pubblico usando uno pseudonimo? In che cosa consisteva la carica sovversiva dell'azione di Sanguinetti?
La struttura sociale della società italiana negli anni Sessanta e Settanta era caratterizzata dall'esistenza di un proletariato industriale forte e potenzialmente rivoluzionario, che si era in parte organizzato nell'Autonomia operaia e in forme d'azione autonome esterne ai sindacati tradizionali e alle organizzazioni di partito di sinistra. Sul finire degli anni Sessanta si arrivò in Italia all'acuirsi dei conflitti politici e sociali, a occupazioni di fabbriche e rivolte studentesche. Ancora negli anni Settanta questi conflitti assumevano spesso la forma di scontri militanti. In questo contesto, il forte Partito comunista aveva una funzione di vitale importanza per la continuità dell'ordine capitalistico borghese: solo il Pci poteva infatti condurre gli scontri sociali su binari burocratici e regolamentati, e integrare parte della classe operaia nel sistema politico, esorcizzando così il pericolo di una escalation rivoluzionaria.
Questa funzione del Pci si delineò nettamente nel cambiamento della sua retorica politica a partire dai tardi anni Sessanta. Se prima la retorica leninista-gramsciana parlava di conseguire l'egemonia al fine di rovesciare l'ordine sociale, in seguito, con l'acuirsi dei contrasti sociali, il Pci prese a evocare lo spettro del nuovo fascismo, che si sarebbe diffuso nel paese se non si fosse sostenuto l'ordine democratico con la partecipazione al governo borghese. Sotto il segno di questo "compromesso storico" non solo la classe operaia avrebbe dovuto ingoiare ogni rospo, ma ogni opposizione di sinistra sarebbe stata tacciata di fascismo. Questo spinse il Pci in prima linea nella repressione dei movimenti di estrema sinistra.
Non a caso per il Pci questa linea si risolse in un nulla di fatto: solo nel 1996 i comunisti, trasformati in socialdemocratici, entrarono a far parte del governo. Il paradosso del sistema politico italiano consisteva proprio nel fatto che, sul piano della funzionalità, il Pci era sì parte costitutiva dell'ordine borghese capitalistico, ma questa funzione poteva essere sfruttata solo mantenendolo formalmente escluso dalla partecipazione al potere politico.
Il testo di Censor non fece altro che pronunciare apertamente questa verità. Il fatto che ciò sia successo grazie all'affermazione anziché alla critica rese impossibile all'opinione pubblica borghese sottrarsi alla coerenza delle argomentazioni. Il Partito comunista, contro il quale in pratica e in teoria erano rivolti gli attacchi di Censor, si astenne da qualsiasi presa di posizione e cercò di fare passare il testo sotto silenzio. Sanguinetti commentò così l'effetto prodotto: "Del resto queste verità sono tanto semplici che, nel momento in cui le si enuncia, chiunque è costretto a riconoscerle, ma esse al tempo stesso sono verità spaventose e inquietanti, che nessuno si è finora arrischiato a enunciare: sono le verità di questo mondo. E a coloro a cui non piacciono, non resta che cambiarle in un modo o nell'altro".


Luther Blissett


Sul finire del millennio e della storia ciò che resta della sinistra appare impelagato in contraddizioni senza via d'uscita. Sembra infatti che assieme alla fine burocrati del sogno rivoluzionario anche il sogno stesso abbia perso la sua forza. Questo vale sia per quella sinistra sviluppatasi come patria rivoluzionaria del proletariato mondiale, sia per quella che ha rivolto la propria critica proprio contro questo: con il declino di questa patria è scomparso anche il luogo immaginario della parola, a partire dal quale la sinistra aveva potuto affermare la sua visione del cambiamento rivoluzionario dell'esistente. La vecchia frase "sinistra è quando non sono a casa" racchiude il suo vero significato: non c'è patria per questa visione, né nella realtà né nell'utopia. E in effetti non mai è stato diversamente.
Di fronte a tale rivelazione, la sinistra che ha sempre creduto di parlare da un luogo sicuro, si ritrova spiazzata. Dopo aver impiegato non poche energie per delimitare e recintare il luogo della verità rivoluzionaria, e rifugiarvisi dentro costruendo una casetta accogliente da cui bandire tutti gli altri come deviazionisti, a un certo punto vede tutti i suoi sforzi rivoltarlesi contro. I luoghi immaginari della sicura verità intellettuale scompaiono, nemmeno la lettura delle teorie rivoluzionarie è più consolatoria. Al contrario, è come se tutte le opere di Marx, Engels e Lenin le si piantassero in gola al punto da non poter essere sputate fuori né, tanto meno, inghiottite. Si vedono respinti in quel non-luogo al quale volevano, a ogni costo, sfuggire con la loro disperata fede nelle vecchie forme del dogma rivoluzionario. Al tempo stesso devono riconoscere che ogni tentativo di riguadagnare terreno mostra ancora più chiaramente una situazione senza prospettive: anche quando la sinistra crede di conquistare un luogo fisso cede al peggiore dei recuperi.
Richiamandosi ai valori universali fa il gioco dei vecchi e nuovi imperialisti. Sperando di trovare i veri luoghi della lotta rivoluzionaria, mettendosi a fianco dei popoli oppressi delle periferie, si ritrova a condurre una lotta per il buon diritto di ogni oppresso di poter diventare a sua volta oppressore. Alcuni tentano la strada del rovesciamento delle relazioni combattendo accanto alle minoranze stigmatizzate della metropoli. Dal diritto alla differenza, le differenze diventano nuove gabbie, per giunta nemmeno dorate. Se invece tentano di sfuggire a questa trappola parlando dello scioglimento delle identità nel gioco delle differenze, si ritrovano a scimmiottare la vecchia litania del liberale chiacchiericcio universale travestito con i colori del postmoderno. Rimane allora la mera rassegnazione, la definitiva rinuncia a ogni pensiero di un mondo fondamentalmente diverso?
E' in questa situazione che compare una strana figura. Il suo corpo è molti corpi, come molti sono i volti. Non è né un uomo, né donna tanto meno androgino. Il nome di questa figura è Luther Blissett. Ma cosa significa questa figura?
Tra quanti l'hanno incontrata, molti si pongono questa domanda. Molti scadono in frettolose risposte. Sebbene , quelle risposte non siano inutili, esse dimostrano la mancanza di una conoscenza più ampia. La natura di Luther Blissett è sottile e non è facile da afferrare; proprio a coloro che credono di averla capita sfugge senza che se ne accorgano. Il suo nome è segreto.
Alcuni si soffermano sul fatto che il nome di Luther Blissett è utilizzabile da chiunque e si chiedono se un nome che può designare chiunque possa avere un proprio significato. Ma Luther Blissett non si può capire con la semiologia formale. Poiché Luther Blissett è colui che si muove tra tutti i segni e sistemi di segni e che balla con essi. Altri invece sono dell'avviso che l'essere tutti Luther Blissett consenta di potere sfuggire alle maglie del potere, e hanno torto e ragione al tempo stesso. Infatti, Luther Blissett non è un nascondiglio sicuro. E altri chiedono ancora fra mille dubbi: come può avere Luther Blissett una strategia politica, una chiara identità, una prassi riconoscibile se tutti possono fare a suo nome quello che vogliono? E in effetti è così: l'essenza di Luther Blissett si manifesta in tutta la sua chiarezza a chi ha superato questo dubbio e può rispondere alla domanda.
Solo nella tensione del paradosso si può capire la sua essenza: Luther Blissett è il rappresentante di una complessa strategia. Ma la sua strategia è non strategia. Luther Blissett è il possessore di una nuova identità. Ma questa identità e, non identità. Luther Blissett è il proprietario di un luogo sicuro. Ma questo luogo è un non luogo.
Luther Blissett non persegue alcuna strategia definibile o prevedibile. Con i suoi nomi multipli sfugge a qualsiasi affermazione. Ma la sua strategia non è una qualunque. Proprio perché occupa una posizione che esclude ogni coerenza formale esiste solo nella vera coerenza che si mostra nel suo agire. Nessuno può possedere questa figura molteplice: a chiunque cerchi di afferrarla sfugge. Dovunque il potere tenti di assegnarle un luogo fisso e una fissa identità Luther Blissett scompare solo per ricomparire all'improvviso, altrove o nello stesso luogo. Si manifesta in molti luoghi allo stesso tempo e rimane allo stesso tempo immobile.
La prassi di Luther Blissett consiste nell'agire in mezzo alle contraddizioni e nel superarle con il suo agire. È coerente benché la sua coerenza si manifesti solo nell'arco di tempo di un'azione. Questo agire non è denominabile né garantito, non si lascia racchiudere in un discorso. Ma ciò che non si può denominare, si mostra comunque.
Là dove la vecchia sinistra si vede ingarbugliata senza alcuna via d'uscita, là dove si barcamena, dimenticando completamente dove ha lasciato la testa, Luther Blissett rimane immobile come una montagna. E allo stesso tempo è in ogni momento ricco di vivace attività e manifesta la sua essenza in ogni direzione. E' parte dei movimenti contraddittori senza essere prigioniero di questi. Rimane fisso e immobile al centro della tempesta. E' la tempesta.


Schweyk


Schweyk, l'idiota per antonomasia, fa solamente ciò che gli viene ordinato. Il suo superiore lo taccia di stupidità e lui si congeda velocemente dicendo: "Sono stupido!". Sarà proprio il suo anelito esasperato a servire Sua Maestà l'Imperatore "fino all'ultimo respiro" a sotterrare l'imperialregio esercito austro-ungarico.
La figura letteraria di Schweyk fu creata dallo scrittore ceco Jaroslav Haek (1883-1923). Il romanzo Die Abenteuer des braven Soldaten Schweyk [Le avventure del buon soldato Schweyk] uscì a Praga in fascicoletti a puntate, tra il 1920 e il 1923. Dopo la morte di Haek, grazie a Max Brod, "Schweyk" raggiunse un pubblico letterario più vasto.
Con questo personaggio emergeva nell'opinione pubblica dei primi anni Venti una figura letteraria fino ad allora impensabile. Venivano narrate storie della vita da soldato di un "eroe sconosciuto privo della fama e della gloria di un Napoleone", episodi divertentissimi e beffardi. Sullo sfondo della società europea militarizzata del primo dopoguerra, la figura di Schweyk finiva con l'essere provocatoria. L'addestramento militare e la disciplina ferrea erano considerati fondamenta incrollabili ed essenziali dell'ordine esistente. In quel contesto appariva dunque una figura che, esagerando il piglio militaresco, andava oltre il dovere di qualsiasi soldato, e proprio per questo sottolineava l'assurdità dell'obbedire agli ordini, del piegarsi alla disciplina, del sopportare l'addestramento.
La carica sovversiva del buon soldato Schweyk consiste principalmente nell'annunciare a piena voce di non desiderare altro che servire la macchina militare e sociale, sempre e a qualunque condizione. L'inclinazione di Schweyk all'obbedienza incondizionata e al rigido rispetto delle regole è alla base del suo metodo. Eseguendo alla lettera ogni ordine, con una buona dose di astuzia e malizia, può ingannare i suoi superiori facendosi credere uno stupido. La sua principale forza risiede nello spiazzare e capovolgere gli ordini ricevuti dai superiori. La sua insubordinazione non immediatamente percepibile, il suo modo irrispettoso di pensare e agire sempre al confine della liceità, il suo comportamento intruppato e la scoraggiante tattica comunicativa sono vere e proprie cause di ulcera per i suoi superiori.
Il metodo Schweyk si basa su un insieme di decodifica aberrante e di affermazione sovversiva. Il valore di questa figura letteraria sta nell'aver portato il militarismo all'assurdo e aver mostrato come le virtù militari, i valori a esse legati, la morale possano essere resi inservibili.


Ufficio per i provvedimenti eccezionali


"Dato che i politici ricorrono a mezzi sempre più deplorevoli e la realtà che ne deriva getta su di noi una luce fosca e deprimente, è allora compito dell'arte rivelare il ridicolo di questa politica e ridare agli uomini voglia di ridere, autostima, gioia di vivere e forza di opposizione... Arte e teatro come operazione pubblica, pubblica messa in scena della nostra fantasia. Rendere evidenti realtà che aspirano strenuamente al cambiamento. Fantasia come motore per la critica e il cambiamento: questo è il nocciolo dell'Ufficio per i provvedimenti eccezionali". (Autopresentazione riportata in "De Schnüss", n. 5, Bonn, 1988,).
Nella zona grigia tra arte e politica si situa, l'Ufficio per i provvedimenti eccezionali, attivo a Berlino dal 1987. Il suo punto di forza concettuale risiede nell'arte politica d'azione e nei montaggi reali dello spazio pubblico. Nato attorno a un gruppo di artisti, designer e autodidatti di Kreuzberg, che nel 1977 si unirono per dare verve, vita e creatività a manifesti, campagne e azioni radicali, si è evoluto da prestazioni di service e layout fino all'ideazione di intere azioni, il cosiddetto demonstrations design.
Nel 1987 sui muri di Berlino vennero proiettati abbaglianti slogan di protesta contro l'aumento dei canoni d'affitto e nella metropolitana ci furono azioni congiunte a iniziative di boicottaggio del censimento della popolazione.
In occasione della visita di Reagan nell'estate del 1987, la polizia recintò per svariate ore l'intero quartiere di Kreuzberg (16): nessuno poteva accedervi né uscire. Qualche giorno dopo, il 17 giugno sul Kottbusser Brücke fu inscenato uno spettacolo satirico: l'erezione di un "muro di protezione antikreuzbergese" (17). Di fronte a esso si mise in posa un sedicente neo-eletto Senatore degli Interni e dell'Architettura, in frac e cappello a cilindro. Agli attoniti passanti venne spiegato: "Cari berlinesi, non vogliamo far sì che la nostra bella Berlino venga distrutta dagli antiberlinesi di Kreuzberg... Per ciò il Senato cittadino ha deliberato in una riunione segreta che, in seguito all'immenso successo del blocco di Kreuzberg in occasione della visita di Reagan, fosse costruito un muro di protezione anti Kreuzberg".
Gli autori dell'azione provocarono una buona dose di malumore. Vennero denunciati per occupazione abusiva di suolo pubblico e il Senato non tardò ad accusarli di "incitazione alla violenza". L'azione non ebbe solo conseguenze legali: proprio in seguito a ciò fu creato l'Ufficio per i provvedimenti eccezionali.
Quando nel settembre del 1988 i "potenti della Terra" (Fondo monetario internazionale e Banca mondiale) si diedero appuntamento a Berlino, l'Ufficio per i provvedimenti eccezionali non si fece sfuggire l'evento e organizzò una tre giorni di luci e tamburi che non poté essere vietata grazie alla partecipazione di massa. Anche in altri punti della città furono organizzati happening teatrali rivolti sia ai potenti sia ai comuni berlinesi, agli estremisti giunti da tutto il territorio federale, ai popoli del Terzo Mondo e non da ultimo alla stampa internazionale. L'azione dalle tre B, "Bürger beklatschen Bunker" [cittadini applaudono banchieri] si rivelò tanto molesta che nemmeno i poliziotti riuscirono a picchiare chi applaudiva.
Lo scopo dell'Ufficio è proprio presentarsi in pubblico in forme inusuali: spesso si presenta sulla scena in modo diretto, con idee sempre nuove e sorprendenti, riuscendo ad assicurarsi l'attenzione dei media con azioni spettacolari. In occasione del Berlinale (18) del 1993, l'Ufficio organizzò un'azione speciale: invitò esponenti del governo, della Chiesa e della Comunità Europea alla cerimonia ufficiale presso la storica "via di fuga" della Bernauer Strasse (19). Tra un brindisi e l'altro partì la prima vangata al "tunnel d'asilo di Berlino Temesvar" (20). Con questo tunnel, sostennero gli organizzatori, la Repubblica Federale dava un colpo decisivo al banditismo internazionale, al tempo stesso tutelando la Costituzione: ora non solo i fuggitivi dell'alta società potevano ambire all'asilo. Anche i veri perseguitati avrebbero raggiunto la Repubblica Federale dal loro Stato insicuro del Terzo Mondo. Ribattezzato "tunnel dell'amore verso il prossimo", venne festeggiato dopo quest'annuncio: "Nel caso in cui zingari, comunisti o ladri di auto polacchi dovessero bloccare questo progetto umanitario, il tunnel potrà essere inondato in qualsiasi fase della costruzione". ("Neues Deutschland", 2.2.1993)


Billboard Liberation Front


"Manifesti pubblicitari per tutti". Ecco una delle rivendicazioni che accomuna ed entusiasma tutti gli attivisti del gruppo Billboard Liberation Front (BLF), di rado concordi su un punto. Il gruppo opera dal 1977 nella zona di San Francisco. Alcuni appartenenti al BLF provengono dagli ambienti della grafica e non hanno niente contro cartelloni e manifesti pubblicitari (billboards). Ritengono che la pubblicità non debba essere unico dominio di alcuni, gruppo finanziari ma che tutti gli individui debbano avere pari opportunità di accedere agli spazi pubblicitari. La loro attività creativa non mira quindi al semplice e banale danneggiamento dei manifesti: la loro etica del lavoro impone che ai cartelloni pubblicitari si debbano soltanto apportare "migliorie". I loro attacchi all'estetica e al contenuto sono infatti tanto professionali che alla prima occhiata è impossibile capire se il cartellone ha subìto o meno qualche modifica.
In anni di interventi sulle affissioni pubblicitarie i singoli attivisti hanno sviluppato settori di preferenza individuali e competenze specifiche. Ad esempio, nel gruppo vi sono un esperto di droga, un esperto di computer e delle relative tecniche di sabotaggio, nonché due attivisti che lavorano in un'agenzia pubblicitaria. Questi ultimi usano le attrezzature dell'agenzia per realizzare a livello professionale il miglioramento dei manifesti. Altri membri invece rappresentano l'ala sportiva del gruppo: anziché discutere si calano con una corda lungo un grattacielo per arrivare agli obiettivi desiderati, i cartelloni. In attesa che la loro rivendicazione "manifesti pubblicitari per tutti" siano soddisfatte, il BLF continua a modificare i messaggi dei manifesti in modo imprevisto e di certo non gradito agli originali ideatori e committenti.
Ma talvolta il sistema contrattacca. Nel 1994, infatti, un'agenzia pubblicitaria usò la tecnica della modifica dei manifesti come tecnica innovativa per procacciare nuovi clienti. Aggiunse dei graffiti sui propri manifesti con uno stile simile a quello del BLF. Sui manifesti fu scritta con lo spray la parola "hi", poi modificata in "hip" e "chill". Il BLF decise di difendere la propria immagine e di vendicarsi dell'agenzia pubblicitaria. Cambiò la parola "hip" in "hype" e aggiunse il disegno di una testa da morto sulla griglia di raffreddamento dell'auto pubblicizzata. Il portavoce del BLF Jack Napier dichiarò: "Non possiamo starcene seduti e non fare nulla mentre altri copiano la nostra forma di lotta, soprattutto quando la usano così male. Siamo sotto lo standard minimo per i midnight billboard operators".
Il BLF ritiene che tutti possano praticare "l'arte e la scienza del miglioramento di manifesti". Nel loro opuscolo
The Art and Science of Billboard Improvement vengono minuziosamente descritte le pratiche di miglioramento adottate. All'interno è contenuta anche un raccontino intitolato Aim , High! (Mira in alto!). Si narra che molto tempo addietro cinque coltivatori di una cooperativa in vacanza a Seattle videro un manifesto che mostrava un jet a reazione dalla forma fallica in fase di decollo con la scritta: "Aim High!". Anch'essi decisero di alzare il tiro. Si arrampicarono sul cartellone, presero le misure, provarono i colori, infine dipinsero lettere rosse su carta da macellaio e si procurarono colla e puntine da disegno. Una sera durante l'ora di punta uno di loro si appostò vicino al manifesto sul ponte dell'autostrada, un altro sostava nella corsia opposta e mantenendo i contatti con i walkie-talkie. Gli altri tre incollarono sul manifesto le modifiche aggiuntive. Il traffico era così intenso che ci volle un bel po' di tempo prima che la polizia potesse raggiungerli. Nell'arco di 15 minuti il manifesto era stato corretto e i nostri eroi ebbero il tempo di mettere al sicuro gli strumenti di lavoro. Il giorno successivo il cartellone modificato fu ricoperto da quello originale. Ma fu meraviglioso quando alla prima pioggia le lettere scritte sulla carta da macellaio riemersero sulla carta bagnata del manifesto. Accanto allo slogan "Mira in alto!" si poteva leggere: "Fai saltare il Pentagono!".


Il Graffitista di Zurigo


Alla fine degli anni Settanta, in Svizzera così come in numerose metropoli tedesche, su facciate, pareti di edifici e strutture di cemento comparvero omini-ragno danzanti, scheletri e gonfi animali stilizzati. Queste strane creature venivano disegnate con qualche semplice tratto nero di spray e evocavano un misterioso mondo fantastico nel bel mezzo della metropoli. A ogni angolo era possibile imbattersi in una di queste. Nel 1979 il graffitista, fino ad allora anonimo, venne denunciato e arrestato dalla polizia di Zurigo. Prima dell'apertura delle udienze il graffitista, al secolo Harald Naegeli, fuggi in Germania dove venne estradato e condannato a nove mesi di detenzione senza condizionale.
La motivazione del tribunale di Zurigo per la dura condanna fu la seguente: "Per anni l'imputato ha inteso inquietare gli abitanti di Zurigo con ineguagliabile violenza e mancanza di rispetto, ha voluto minare la loro fede nell'inviolabilità della proprietà che è il fondamento del nostro ordinamento civile" (M. Müller, Der Sprayer von Zürich). Il giudizio non valutava l'opera di Naegeli né come atto artistico né come atto vandalico, bensì come reato politico.
Come mai le strane e graziose figure di Naegeli disegnate sulle mura dei bravi cittadini svizzeri e delle istituzioni hanno scatenato reazioni tanto violente pur non mostrando, a paragone di altre scritte con lo spray, di voler veicolare alcun messaggio politico?
In realtà, questa forma di occupazione e di organizzazione indipendente degli spazi pubblici è proprio un attacco massiccio al principio di proprietà: non può essere accettarla come esplicita esigenza di espressione, perché si arroga il diritto di poter modificare esteticamente una superficie a proprio piacere senza avere nessun'altra motivazione oltre a questa. Naegeli stesso spiega questa esigenza quando definisce gallerie e musei come luoghi livellati in cui non resta nulla o nessuno da provocare. Al tempo stesso afferma di non aver distrutto nulla con i suoi disegni, anzi di aver aggiunto, addirittura donato, qualcosa. La condanna di Naegeli provocò massicce proteste; molti artisti e personalità, soprattutto socialdemocratici, si opposero alla sua criminalizzazione collocando i suoi lavori in ambito artistico. Paradossalmente, questi tentativi di solidarietà nei confronti di Naegeli distrussero la sua rivendicazione più della stessa pena. I suoi lavori furono portati proprio nei luoghi contro i quali queste opere erano originariamente rivolte: i musei e le gallerie. "Tutto ciò che lì si dice e si fa, per quanto folle, è livellato dal concetto stesso di arte. Si tratta di una libertà fittizia". Nonostante tutti i tentativi di assorbimento delle figure di Naegeli da parte del sistema. Esse rappresentarono un punto di partenza per il movimento giovanile di Zurigo che, con il motto "peccato che il cemento non bruci", commentò a modo suo la simbologia del potere.


Abdusters


Negli Stati Uniti e in Canada, l'apice della critica al consumismo e ai media è la rivista quadrimestrale "Adbusters-Journal of the Mental Environment", fondata nel 1988 e pubblicata dalla Media Foundation. La caratterizzano un orientamento anti-alcol e anti-fumo, e un dichiarato odio nei confronti della televisione.
Adbusters cerca di diffondere sovversione usando i principi capitalistici del marketing col motto di "beat them at their own game". L'anti-pubblicità è rivolta innanzitutto contro gli eccessi della società dei consumi: "La scommessa è vincere battaglie ambientali, culturali e ideologiche, e nel farlo creare nuovi paradigmi".
Anche chi forse trova problematica questa forma di sub-vertising può scoprire in "Abdusters" stimoli sempre nuovi per azioni di comunicazione-guerriglia. Sulla rivista vengono per esempio regolarmente pubblicate foto di manifesti pervenute in redazione, di fakes o migliorie apportate a cartelloni pubblicitari.
Abdusters è l'unione di Ad (abbreviazione di advertisement, pubblicità o messaggio pubblicitario) e busting (da to bust, far fallire, rovinare). Queste azioni di de-marketing hanno obiettivi simili a quelli del gruppo australiano BUGA UP, ossia Billboard Utilizing Graffitists Against Unhealyhy Promotions.
"Abdusters" propone, su uno sfondo di pessimismo culturale, un misto di classica controinformazione, articoli sul billboard banditry e anti-pubblicità creata ad hoc. "Abdusters" utilizza "inquinanti cerebrali archetipici" per straniare l'immagine di noti prodotti di mercato: solo per citarne alcuni Budweiser, Marlboro, Benetton, Coca-Cola, McDonalds e Calvin Klein. A tal fine si serve delle tecniche del collage e del montaggio. Accanto alle tradizionali forme politiche come petizioni o campagne pubbliche, la rivista promuove nel suo Culture Jammer's Manifesto pure il disturbo di trasmissioni televisive e forme di ecosabotaggio (monkey-wrenching).
La loro forma di culture jamming mira soprattutto a praticare l'anti-pubblicità o il marketing sociale tramite i canali mediatici già esistenti dei mass media. I suoi ideatori sono infatti del parere che "with your help, the revolution will be televised". "Abdusters" vuole stimolare il dibattito pubblico sulla società dei consumi e mettere i cittadini in condizione di rappresentare i propri interessi. Ad esempio la rivista promuove una campagna di educazione multimediale per ridare ai consumatori il controllo sul consumo di tabacco, alcool, moda, cosmetici, cibo, auto e media. Combatte il potere dei media e il mito dell'associazione fra violenza sullo schermo e violenza nella realtà. Nella rubrica "Sub-vertising" vengono talvolta pubblicati manifesti antitelevisivi e ogni anno viene organizzata una settimana internazionale di boicottaggio della televisione: "Spegni la Tv - Riprenditi la vita". Inoltre, i curatori confezionano, nella propria agenzia pubblicitaria no-profit (Powershift), pubblicità per Greenpeace e per altri gruppi ecologici, nonché spot propri in genere boicottati dai canali televisivi americani. Attualmente essi sono alle prese con una propria serie televisiva sugli attivisti dei media e stanno preparando un manuale sul Culture Jamming. "Abdusters" si dedica a volte al vero e proprio Culture Jamming merchandising realizzando calendari, adesivi, manifesti e video.
La rivista è stata premiata nel 1994 per la critica culturale con il Western Magazine Award for Magazine of the year. In un determinato ambiente del continente nordamericano la rivista riveste una grande importanza. "Abdusters" coordina le proteste di numerosi piccoli gruppi locali, sul terreno comune della responsabilità politica nei confronti del proprio corpo e dei valori morali individuali. È una posizione che non a caso ricorda lo spirito dei pionieri. L'affermarsi delle nuove sinistre americane nell'attività pubblica culminò nella protesta contro il consumismo: posizione che però lascia il sistema sociale così com'è.
Negli Stati Uniti e in Canada, la variante "Abdusters" del Culture Jamming viene criticata poiché si serve di simboli estetici dell'epoca high-tech e del merchandising. Più problematica, tuttavia, appare la loro idea di uomo non troppo diversa dall'immagine pubblicitaria. Chi, come "Abdusters", crede nel potere dei media e si serve dello stesso gioco non prende più sul serio i consumatori di media di quanto non lo facciano gli odiati segreti seduttori e finisce col ridurli ugualmente a oggetti.
"Abdusters" si posiziona politicamente al centro, "né a destra né a sinistra". In questo contesto vanno lette la critica al consumismo ecoborghese e il diffuso pessimismo culturale reazionario. Non c'è da meravigliarsi che nella rivista non si parli mai di capitalismo.


California Dreaming


Negli Stati Uniti, soprattutto in California, diversi gruppi praticano la comunicazione-guerriglia sotto forma di pranks, beffe. Per esempio la Barbie Liberation Organization (BLO) che con un'azione molto efficace a livello mediatico, denominata "taccheggio al contrario", ha scambiato i moduli linguistici della Teen Talk Barbie e di GI Joe, riuscendo a confondere l'immagine dei sessi nei giocattoli per bambini.
L'Institute of Sociometry di San Diego non limita la sua attività alla distribuzione di tessere agli official members e a conferenze sulla sociometria stessa, ma contribuisce anche all'installazione di nuova segnaletica sull'autostrada alla frontiera con il Messico. Se le autorità governative degli Stati Uniti mettono in guardia gli automobilisti dai migranti clandestini che potrebbero attraversare di corsa l'autostrada, i cartelli dell'Institute of Sociometry avvisano della presenza di polizia di frontiera a caccia di migranti. Inoltre lo stesso istituto pubblica l'"Institute of Sociometry Report, by and for any members" dove nella prima edizione si possono trovare tra le altre le "istruzioni ufficiali degli operatori della Barbie Liberation Organization". Secondo la loro definizione la sociometria è l'analisi quantitativa degli individui e della loro relazione con i gruppi. Al tempo stesso l'istituto sottolinea che tutto ciò non ha nulla a che fare con la matematica e con discipline scientifiche ma che si tratta piuttosto di una Guerrilla Sociometry.
Anche il Center for Land Use Interpretation (CLUI) di Los Angeles è un istituto di ricerca no profit. Nello studio sull'uso della terra il CLUI si occupa di alcuni posti specifici. Per esempio nel 1996 il centro eresse un monumento commemorativo in New Mexico, nel punto dove un bombardiere B-36 sganciò una bomba all'idrogeno. Un altro luogo significativo è l'United States Army Dugway Proving Ground, "uno dei più grossi complessi militari americani" di sperimentazione e ricerca nel deserto dello Utah, dove sono sviluppate e testate le armi biologiche e chimiche. Per poter rendere adeguatamente omaggio a questi luoghi, il CLUI erige dei cartelli PhotoSpot in loco che avvisano i passanti della particolare fotogenicità del luogo. Il CLUI distribuisce una famosa guida dal titolo The Nevada Test Site: A Guide to Americans Nuclear Proving Ground. Offre inoltre una macchina fotografica da turismo in miniatura con la quale è possibile intraprendere al sicuro da casa un Nevada Test Site Tour. Disponibile anche una maglietta con la loro scritta PhotoSpot ("Be a walking PhotoSpot").
La storia della Cacophony Society iniziò nel 1969 a San Francisco con una gara di torte in faccia. Si trasformò poi in un San Francisco Suicide Club fin quando nel 1986 prese il nome di San Francisco Cacophony Society. Essa consta di gruppi locali a Los Angeles, Portland e Seattle. La Cacophony Society abbraccia 600 merry pranksters non organizzati che praticano tutte le forme possibili di azione, in particolare happening e teatro invisibile. Essa si definisce un movimento underground non connotato politicamente, privo di strutture fisse, regole e presidenti e come "often nonsensical". A Los Angeles vengono pubblicati regolarmente degli bollettini informativi. La Cacophony Society inventa organizzazioni, crea falsi eventi, organizza feste illegali sotto forma di happening. E' estranea a ogni dichiarazione espressamente politica. La maggior parte delle sue azioni esprime il desiderio di non sense e caos: "Support the powers of chaos in your community". Da ricordare il party Helter Skelter con la proiezione dei più recenti film di Charles Manson. Un vero successo.


Kommune 1


Giovedì 6 aprile 1967 il quotidiano "Bild", di Axel Gasar Sprinter, si rivolgeva così ai propri lettori: "Berlino. Scongiurato attentato al vicepresidente americano". Il giorno prima gli sbirri avevano scoperto un'"officina del terrore" e sequestrato una strana sostanza collosa accorsero tre giorni interi ai periti chimici della polizia per capire la composizione dello strano "esplosivo" rinvenuto. Fritz Teufel, Rainer Langhans e compagni, tutti della Kommune l (K1), la centrale del terrore cittadino, avevano messo insieme dieci chili di budino in polvere, del colorante e della farina e li avevano cotti. Con quell'impasto avrebbero poi confezionato la più dolce bomba calorica mai esistita. Nessuno li ringraziò mai per questo dolce omaggio al vicepresidente americano Hubert H. Humphrey che aveva dichiarato pubblicamente che il budino era il suo dessert preferito. I membri della K1 vennero accusati di "essere stati trovati in circostanze sospette". "L'attentato al budino" fu ripreso dalla stampa internazionale, anche se nessuno aveva mai definito "terroristica" la produzione di dolciumi. Nonostante la falsa partenza, l'episodio procurò alla K1 una duratura reputazione.
In qualità di "comitato provvisorio per la preparazione di un'organizzazione studentesca indipendente" la K1, con le sue spillette maoiste, fece andare in fumo un 'assemblea di 6000 studenti alla Freie Universität di Berlino. Ai partecipanti venne distribuito il "volantino dell'idiota professionista" che conteneva l'invito a lasciare l'università, ad andare a lavorare e comprarsi una casa con i soldi guadagnati e fondare così una comune dove si sarebbe praticato l'amore libero e organizzato corsi di formazione di partito. L'obiettivo era formare dei Provos da disperdere nella società per portare avanti azioni di disturbo che ridessero slancio alla rivoluzione.
Partendo dal bisogno di cambiamento radicale, il movimento antiautoritario, di cui la K1 era il prodotto, intendeva mettere in crisi rapporti sociali fossilizzati. Un mutamento sociale sarebbe stato possibile solo se il piano individuale e quello sociale fossero stati considerati ugualmente politici e quindi non separabili. Il cambiamento personale non doveva rimanere una questione privata, ma contribuire a una trasformazione sociale.
I comunardi in erba, fra cui Fritz Teufel, Rainer Langhans, Dieter Kunzelmann, Uschi Obermaier e altri, trovarono rifugio per un breve periodo nell'appartamento berlinese dello scrittore Uwe Johnson. Proclamarono la rivoluzione della vita quotidiana: all'angusta famiglia borghese si sostituiva il collettivo. L'opinione pubblica percepì la loro rivendicazione principalmente come un'istanza di promiscuità sessuale.
Le forme di azione della K1 assunsero un carattere internazionale, tanto che in altri paesi si formarono gruppi con idee politicamente affini. Ad esempio nell'ambito degli Yippies americani non solo uscì un libro con il titolo quasi identico al Klau mich [Fottimi, nel senso di "rubami"] di Teufel e Langhans, vale a dire Steal this book [Rubate questo libro, N.d.T.] di Abbie Hoffman, ma entrambi i gruppi manifestarono le loro provocazioni prevalentemente con forme aggressive di happening politico. A questi happening partecipavano di solito diverse centinaia di persone vestite in modo fantasioso. L'Esercito della salvezza si trovò in una situazione molto imbarazzante quando la polizia li scambiò per comunardi travestiti. Usando maschere strategiche da coniglio e da istrice i membri della K1 sfruttavano ogni occasione per provocare e schernire le autorità evitando lo scontro fisico. Gli attivisti della K1 erano maestri nella tattica dello smascheramento delle strutture autoritarie. Le loro azioni provocavano violente reazioni poliziesche che non risparmiavano nemmeno i semplici passanti.
Numerose azioni della K1 assumevano tratti di spontaneità dadaista. Non è esagerato affermare che le forme di azione specificatamente antiautoritarie furono prodotte in maniera massiccia e frequente quando l'organizzazione studentesca tedesca socialista si modellò su una linea di sviluppo che storicamente rimanda al dadaismo berlinese" (E. Siepmann, Heiss und kalt) .
I media descrissero la K1 come la "centrale del terrore cittadino", fissando lo standard per tutte le successive calunnie contro altre comuni. Eppure la vita quotidiana nella K1 era tutto sommato molto piccolo-borghese. La K1 imparò presto a trattare con i giornalisti. Le foto di Uschi Obermaier che si fuma una canna erano praticamente commissionate dalla stampa e vendute a "Stern" e allo "Spiegel". La battaglia anti-K1 da parte di Springer bollò la K1 come pericoloso nemico dello Stato; la sua criminalizzazione comportò la fuoriuscita di molti. Ma i comunardi, che dovevano essere processati, sfruttarono le imputazioni come un'offerta da parte dello Stato di mettere gentilmente a loro disposizione un palco per nuovi happening. Smascherarono infatti il processo come rituale di potere. Un giornalista dello "Spiegel", nel marzo del 1967, citò Teufel in tribunale con l'accusa di vestire abiti che erano "una profanazione totale dei canoni occidentali di abbigliamento" ("Der Spiegel", n. 29, 1968). Di questo processo sono divenute leggendarie le risposte di Teufel al Pubblico Ministero che gli ordinava di alzarsi in piedi; una tra queste fu: "E va bene, se può aiutarvi a trovare la verità...". Bastò una battuta per smontare le pretese della giustizia. Quando Teufel fu invitato a sottoporsi a una perizia medica, accettò "a condizione che anche i membri della corte e il Pubblico Ministero acconsentano a farsi visitare da uno psichiatra".
La K1 simboleggia una fase del movimento antiautoritario che mirava a processi di apprendimento permanenti e di stimolo per il cambiamento autogestito. Può darsi che loro forme di azione ritualizzate cadessero "nell'inevitabile vortice del recupero", e che Teufel, Langhaus e compagni fossero "provocatori spiritualmente super-allenati della società capitalista dei media e dei suoi ligi esecutori". A ogni modo, essi contribuirono allo sviluppo dell'azione spontanea e collettiva, nonché all'autorganizzazione per l'emancipazione della soggettività sociale. I comunardi opposero la creatività alla violenza di Stato, la vivacità alle armi, la passione alla brutalità, la lingua al manganello.
La K1 segnò l'immagine sociale del '68, anche se nel Gruppo di opposizione extraparlamentare (APO) prevalse alla fine la politica. Le divergenze sempre più forti portarono nel '67 all'esclusione della K1 dalla SDS per "immediatezza sbagliata", "sovrastima" e "fuga dalla realtà". A dispetto di tutte le differenze d'opinione la K1 continuò le sue azioni, in parte anche assieme agli aderenti del SDS. Alla fine, il progetto K1 morì nel corso del '68 per le contraddizioni interne.
Contemporaneamente andò formandosi il Consiglio centrale dei ribelli fumatori vaganti, pseudonimo coniato come canzonatura dei gruppi politici studenteschi. I ribelli fumatori predicavano una politica militante e il rifiuto in toto delle leggi esistenti sugli stupefacenti, organizzavano smoke-ins al Tiergarten di Berlino, fornivano assistenza legale ai fumatori denunciati e reclamavano la legalizzazione delle droghe. In un loro volantino si poteva leggere: "Lottiamo per la libertà di decisione sul proprio corpo e stile di vita. Unitevi a questa lotta. Formate quadri militanti nei villaggi e nelle metropoli. Sparate sulla società dei bacchettoni e
dei tabù. Siate selvaggi e fate cose belle" (P. Mosler, Was wir wurden, was wir sind in E. Siepmann,). Da questo ambiente proveniva una parte del Movimento 2 giugno, che a differenza della Raf mantenne reminiscenze delle forme di azione antiautoritarie. (Durante alcune rapine in banca, le distribuì cioccolatini ai clienti terrorizzati).


Provos


Provo never ruled - ma cos'era Provo? Analizzandolo nel 1969, all'apice del movimento studentesco, la rivista "Kursbuch" (principale organo d'informazione della nuova sinistra) scrisse: "Per quanto l'esistenza di Provo abbia contribuito a dare inizio all'attività politica di gruppi studenteschi olandesi ed esteri, le sue riflessioni teoriche e pratiche di organizzazione non erano quelle di movimento politico intenzionato a cambiare la società nel suo complesso" (K. Bohmer, in "Kursbuch", n. 19, 1969). Tutt'altra valutazione ne dà nel 1996 il giornalista di Amsterdam Kees Stad, simpatizzante postumo: "Il movimento olandese dei Provo era destinato a una vita molto breve ma ha comunque mutato drasticamente la vita politica di Amsterdam e di altre regioni olandesi. E benché i Provos si sciolsero non appena ottennero un reale potere, la loro influenza è ancora oggi percepibile". Cazzeggio apolitico o movimento politico significativo - chi o cosa erano realmente i Provos?
Il disturbo della quiete di Amsterdam praticato dai Provo iniziò quando alcuni sedicenti artisti scelsero la strada come proprio campo d'azione. Uno di questi, Robert-Jasper Grootveld, era un forte oppositore dell'industria del tabacco e iniziò a dipingere delle grande K (K come Kanker, il termine olandese per cancro) sui manifesti pubblicitari di sigarette. Già nei primi anni Sessanta aveva organizzato a casa propria, il centro magico del mondo, delle sessioni antifumo, durante le quali si fumava una gran quantità di erba. Quando nell'estate del 1965, i maghi antifumo si unirono ai pacifisti anarchici intorno alla figura di Roel van Duyn, le azioni mistiche dei primi si trasformarono in provocazioni e i pacifisti, anziché continuare a organizzare manifestazioni fricchettone, divennero politicamente attivi come Provos.
Quando scoprirono che la celebre statua del "Monello" nella Spuiplatz ad Amsterdam era il dono di una multinazionale del tabacco, anziché farla saltare in aria, i Provos organizzarono speciali riunioni nelle sue vicinanze, alle quali affluivano ogni venerdì sera sempre più giovani. La statua fu dipinta di bianco, ornata di corone e fiamme ardenti. La polizia cominciò a far scoppiare scontri ogni volta che vi si svolgeva un happening. Con l'unico risultato che il venerdì successivo arrivava ancora più gente. Secondo Dieter Kunzelmann i Provo furono i primi in Europa a trasformare la strada da luogo della protesta politica ad "agorà".
Quando giovani ribelli fondarono una rivista chiamata "Provo", la cosa si fece davvero seria. Dalla scena che si era costituita attorno alla Lieverdje, dal movimento contro la guerra del Vietnam a quello studentesco, dalla generazione di giovani artisti e politici del dopoguerra e da molti altri misteriosi ingredienti si ottenne un cocktail piuttosto potente. Si diffusero slogan e simboli che nessuno poteva capire. Ma la rabbia del messaggio era sincera. Rabbia per il mondo di plastica: i Provos furono i primi a preoccuparsi dell'ambiente. Rabbia per le classi conservatrici che si fanno cullare e soddisfare dalla società dei consumi. Rabbia per la falsa memoria collettiva olandese. I Provos toccavano punti dolenti: la guerra mondiale e il collaborazionismo della popolazione da un lato, e l'apatia dall'altro.
Ma i Provos si distinsero soprattutto come maestri della provocazione e della presa in giro dell'autorità. Si dichiaravano anarchici, ma furono abbastanza scaltri da non prendersi mai troppo sul serio. I loro progetti erano sempre così esagerati da rimanere irrealizzabili.
Per primo ci fu il Witte fietsen plan che prevedeva la socializzazione del principale mezzo di trasporto di Amsterdam. Biciclette bianche venivano messe a disposizione gratis in tutta l'area urbana; le si poteva prendere e lasciare a piacimento. I Provos volevano fare piazza pulita delle automobili e del traffico. Ma la polizia sequestrò subito tutte le biciclette incustodite. Altri progetti bianchi prendevano di mira le abitazioni (circolava una pubblicazione settimanale che elencava gli appartamenti sfitti da occupare) e i camini (camini bianchi contro l'inquinamento dell'aria). Ci fu un progetto bianco del sesso (proposta di contraccettivi e aborti legalizzati e gratuiti per tutte le donne), un progetto di istruzione bianca per i bambini e la polizia. Con il motto "Sii gentile con la polizia" essi proponevano che lo sbirro fosse "munito di fiammiferi e anticoncezionali, Royal Dutch Oranges e cosce di pollo per gli affamati" (21) ("Provo", n. 9). E superfluo dire che i Provo vestivano sempre di bianco.
Provo dichiarò che chiunque avesse una buona idea poteva diventare un Provo. Non cercarono mai di difendersi dalle accuse dei politici o della stampa di regime e ogni volta rispondevano di essere peggio di tutto quello che si scriveva o diceva di loro. Di solito i loro happening culminavano in festeggiamenti mistici il cui caotico svolgimento garantiva l'impenetrabilità non solo da parte dei tutori dell'ordine ma anche della sinistra ortodossa.
Amsterdam visse mesi di rivolte furibonde, manifestazioni con feriti, incarcerazioni di Provos. La polizia prendeva a manganellate chiunque portasse jeans bianchi. Dall'epoca delle manifestazioni dei Provos la polizia iniziò a considerare ogni assembramento una minaccia alla sicurezza dello Stato. Quando il 14 giugno 1966 scioperarono i lavoratori edili, i Provos parteciparono alla manifestazione, con grande disappunto dei sindacati. La protesta dei lavoratori fu quindi descritta come una protesta dei Provos. Ben presto, la borghesia olandese considerò ogni movimento politico estraneo ai rituali dei dibattiti parlamentari parte di una congiura ordita dai Provos. Evidentemente le autorità, più che le proteste tradizionali, temevano gli attacchi dei Provos alla grammatica culturale. Anziché offrire un'analisi della funzione sociale della polizia e della giustizia, Provo metteva l'accento sulla soggettività. Provo considerava lo scontro con la polizia un momento ludico. Provo si propagò rapidamente e molte altre città e paesi ebbero presto i propri Provos.
Quando la principessa e futura regina Beatrice si sposò nel 1967 con il principe tedesco Claus von Arnsberg, ex appartenente alla Wehrmacht nazista, i Provos toccarono l'apice. Riuscirono a disturbare il corteo degli sposi e la diretta televisiva spargendo una nebbia arancione e lanciando giganteschi fumogeni. Il risentimento cittadino per il matrimonio della futura regina con un tedesco e gli attacchi alla monarchia si fusero: sulle pareti di molte case si poteva leggere "Rivoglio le mie ruote!", con riferimento alle biciclette rubate dagli occupanti nazisti tedeschi. La polizia reagì brutalmente. Ma non servì a far vestire i Provos di arancione in segno di sentimento monarchico.
Nel 1966 i Provos parteciparono alle elezioni comunali con lo slogan "Vota Provo, ti farai delle risate!", ottenendo un seggio al Consiglio comunale. Per questo furono tacciati di riformismo. Poi si presentarono alle elezioni nazionali. Il loro candidato era un ex ministro socialdemocratico che si era lasciato irretire. La reazione esagerata dell'amministrazione di Amsterdam e della polizia produsse scandali e costrinse alle dimissioni il capo della polizia e il sindaco.
Il 15 maggio 1967, i Provos si sciolsero pubblicamente al Vondelpark, trasformato in una sorta di Hyde Park con oratori posizionati su cassette che fungevano da pulpiti. Ma come sempre nessuno sapeva se fosse vero, dato che contemporaneamente annunciarono nuove azioni e progetti, e chiesero il ritorno dell'ex sindaco. Poi, un noto Provo dichiarò che dal momento in cui avevano ottenuto un seggio in Consiglio comunale avevano deciso di sciogliersi. Da quel momento ognuno prese la propria strada. Quelli che avevano a cuore la politica legale fondarono partiti. In effetti, ancor oggi nel Consiglio comunale siede uno degli esponenti Provo degli anni Sessanta, consigliere per un piccolo, esoterico, partito verde. Molti si volsero ad altre strade: droga, suicidio, viaggi, letteratura, business. Ogni tanto qualcuno ricompare per qualche azione. Comunque, dopo i Provos è stato duro fare politica seriamente in Olanda. Per lo meno per la sinistra. Troppe persone hanno imparato che ci sono altre cose molto più importanti e meno noiose.


Yippies

"Scendete!" gridavano gli Yippies. "La rivoluzione non è quello che credete, non è un'organizzazione a cui aderire, non è qualcosa per cui votare. E' ciò che fate dalla mattina alla sera, è il vostro stile di vita". Nell'ottobre del 1967, 75.000 oppositori della guerra in Vietnam marciarono su Washington. Mentre alcuni si occupavano dello svolgimento regolare e ordinato della manifestazione, in accordo col governo, altri sognavano di attaccare il Pentagono, il Ministero della difesa americana, o di compiere altre imprese grandiose. Decisero di scacciare il diavolo dal Pentagono ed esposero le loro intenzioni in una conferenza stampa: con un "sacro rituale esorcistico", numerosi santi lo avrebbero recitando dei salmi e suonando il tamburo. 1200 uomini avrebbero formato un gigantesco anello e cercato di farlo lievitare. A un'altezza di 300 piedi il Pentagono sarebbe diventato arancione e tutte le energie diaboliche sarebbero sparite (Norman Mailer ha elaborato questa azione nel suo romanzo Le armate della notte). In quel momento la guerra del Vietnam sarebbe finita. "Porteremo una comunità di amici in un posto dove si pratica solo l'arte dell'omicidio. Il prossimo passo sarà la distruzione di tutte le principali istituzioni della società americana" (Jerry Rubin, Do it: sceneggiatura per la rivoluzione). Lo scalpore seguito a quest'azione indusse quasi tutti i media americani a vedere il Pentagono come l'incarnazione del male. Negli Stati Uniti era l'inizio di un movimento politico i cui membri furono conosciuti con il nome di Yippies.
Yippie deriva da YI.P. (Youth International Party), fondato nella notte di Capodanno del 1967. Quest'idea gioca con il doppio significato della parola party: nel senso di partito e di festa. Rimanda all'idea di politica intesa come happening psichedelico: "Ci impadroniremo del Pentagono e ne faremo una fabbrica di LSD". Fu la Bay Area californiana, storicamente influenzata da idee anarchiche, la culla di questo movimento. Qui Beatniks, Hippies e opposizione studentesca si unirono nella subcultura libertaria da cui nacquero gli Yippies. Portavoce conosciuti furono soprattutto Abbie Hoffmann (che si suicidò nel 1989) e Jerry Rubin (che negli anni Settanta divenne un consulente di borsa e morì nel 1995 in un incidente d'auto). "Gli Yippies ritengono che non ci possa essere una rivoluzione sociale senza una rivoluzione della mente e che una rivoluzione della mente non possa esistere senza una rivoluzione sociale" (J. Rubin, op. cit.). Questa frase sintetizza tutto il programma. Confidavano nella pop art e nelle tecniche dadaiste anziché stigmatizzare apertamente il male del capitalismo. Infatti, "gli Yippies sono marxisti. Si pongono nella tradizione rivoluzionaria di Groucho, Harpo e Karl" (J. Rubin, op. cit.). Talvolta erano definiti, con riferimento ai fratelli Marx e a John Lennon, groucho-marxisti o marxisti-lennonisti.
Volevano rendere le contraddizioni sociali visibili a una gioventù apolitica. Per questo provocavano le reazioni della polizia, tentando di vivere la repressione esteticamente sulla propria pelle, smascherando il sistema. Le loro azioni spettacolari erano rivolte contro la guerra in Vietnam, la polizia e in generale contro l'american way of life. Tentavano di aprire varchi nella politica fossilizzata con spontaneità, edonismo e individualismo. Come conseguenza della massiccia presenza sui media, gli Yippies del movimento di protesta studentesca lasciarono una tale impronta nell'opinione pubblica che non pochi americani li associarono alla nuova sinistra americana. Non c'è dunque da meravigliarsi che gli Yippies fossero visti dalle autorità come il nemico pubblico numero uno. Non fu così per nessun'altra corrente politica degli anni Sessanta. Questo dipendette dal loro approccio ("All we are saying / is shoot Spiro first"; Spiro Agnew era vicepresidente nell'amministrazione Nixon), dalla capacità di portare sulle barricate la gioventù della classe media bianca e di mantenere legami operativi con i gruppi afroamericani come le Black Panthers e con altre minoranze radicali organizzate. Ma gli Yippies furono spesso rifiutati dalla sinistra: erano considerati anarcoidi avversi alla teoria e furono criticati per il loro orientamento soggettivistico a tratti solipsista. L'atto di accusa conteneva molti altri rimproveri quali lo scetticismo linguistico, la critica della civiltà e la negazione del discorso intellettuale: "Gli Yippies facevano il gioco del fascismo coi loro slogan semplici pieni di belle spiegazioni e immagini ricche di critica illuminante" (D. Farber, Chicago 68).
In effetti, per gli esponenti Yippies, l'ideologia era "una malattia mentale", "chi metterebbe la propria vita al servizio di un movimento che fa solo dibattiti?" (J. Rubin). Accanto ai discorsi, propagandavano l'azione. Quest'ultima, a differenza dei dibattiti e delle riflessioni, non era solo un mezzo di propaganda, ma un atto liberatorio di per sé. Certo, gli Yippies stilarono anche documenti scritti, tra cui School Stoppers Textbook -A Guide To Disruptive Revolutionary Tactics for High-Schoolers. Dal titolo è subito chiaro che i destinatari sono i ragazzi non politicizzati della classe media bianca. Gli "81 modi per devastare la tua scuola" si inserivano in un contesto di rifiuto generale di ogni potere e autorità, quindi erano più di semplici school-pranks come quelli di oggi. Con il guerrilla theater gli Yippies realizzavano il programma di teatralizzazione della politica e da sinistra fecero forse il più radicale tentativo di estetizzazione dell'opposizione politica. A una manifestazione a New York avevano riempito dei sacchettini di plastica con 6 galloni di sangue e li avevano distribuiti ai dimostranti. Così armati cercarono lo scontro con la polizia e quando i poliziotti iniziarono a colpire, i dimostranti fecero scoppiare in un lampo i sacchetti di sangue sulle loro teste. Furono lanciati fumogeni e si udirono raffiche di mitragliatrici, incise su un mangianastri. I passanti accorsero e si fermarono a guardare. Tutta la piazza era cosparsa di sangue. Abbie Hoffmann era convinto che queste immagini dicessero di più e fossero più efficaci di un qualsiasi striscione che invocava la fine della guerra in Vietnam.
La rinuncia a diffondere idee politiche alternative a favore di azioni efficaci a livello mediatico procurò spesso agli Yippies il rimprovero di essere solo giullari del sistema mediatico, produttori dell'industria dello spettacolo. In effetti, non credevano nell'efficacia della spiegazione e dell'argomentazione. Al contrario, affermavano che è il mito a fare la rivoluzione ("The myth makes the revolution") e tentarono di strumentalizzare a suo favore i media statunitensi: "Ogni guerrigliero deve sapere come usare il terreno culturale che tenta di distruggere" (J. Rubin, op. cit.). Il mito Yippie non rappresentò alcuna posizione concreta ma volle creare una scena aperta tratteggiata solo da alcuni accenni nella quale vivere sogni e fantasie. "L'arcano del mito Yippie consiste nel suo essere un nonsense. Il suo messaggio è fondamentalmente un pezzo di carta bianco" (J. Rubin). Slogan quali "Fuori dal Vietnam" erano sì informativi per una certa comprensione politica ma non creavano alcun mito. Proprio l'apparente mancanza di senso di molte azioni e le immagini mediaticamente efficaci erano il materiale da cui dovevano nascere questi miti. Rubin e Hoffmann erano convinti che il semplice resoconto pubblico delle loro attività avrebbe agito mutando le coscienze e la società. "La sola idea di una story implica il fallimento, la frantumazione della vita normale...Il medium non comunica alcuna notizia, la crea. Un avvenimento si verifica solo nel momento in cui appare sullo schermo e diventa un mito. Non importa cosa si dice di noi. Le immagini fanno la storia" (J. Rubin). Qui è chiara l'influenza di Marshall McLuhan sulla prassi politica degli Yippies. Il movimento studentesco europeo si ispirò alle forme politiche degli Yippies (e alle azioni della K1 che avvenivano contemporaneamente in modo molto simile). Negli Stati Uniti il mito degli Yippies continuò fino agli anni Ottanta e aprì il sentiero a molti altri gruppi.

Spur


"Coinvolgiamo il mondo intero nel nostro gioco", dichiarava il gruppo Spur nel Manifesto di Gennaio del 1961. "Boicottate tutti i sistemi e tutte le convenzioni del potere considerandoli giochi non riusciti". Con il gioco situazionista tutti i problemi del mondo sarebbero stati risolti, questa era la convinzione.
La maggior parte dei membri del gruppo Spur proveniva dalle fila di quegli studenti di pittura dell'Accademia di Monaco espulsi a causa della loro critica all'attività artistica. Dal punto di vista della comunicazione-guerriglia il gruppo divenne rilevante già a partire dal 1959 quando organizzò a Monaco una conferenza dell'Internazionale Situazionista.
Nei loro testi è evidente un'attrazione chiassosa per il linguaggio situazionista; anche i loro proclami e manifesti usano un vocabolario che unisce elementi mitico-religiosi, politici e patetico-letterari per evocare immagini ed esprimere rivendicazioni al tempo stesso convenzionali e ludico-parodistiche. Si noti, inoltre, che il gruppo Spur era una tipica associazione maschile degli anni Sessanta che prevedeva la presenza delle donne solo per ammirarne le tette e farsi preparare la colazione.
Le loro dichiarazioni blasfeme fecero grande scalpore nel clima politico-culturale dei primi anni Sessanta. Alcuni testi furono denunciati della Procura di Monaco. Si trattava di alcuni passaggi molto divertenti, come: "Il cardinale ci ha lasciato. Invano abbiamo atteso la benedizione dell'esercito per la crociata all'Est. Aspettavamo anche che il cardinale un giorno ci mettesse a disposizione il suo pulpito per dare il via a nuovi esperimenti mitologici. Aspettavamo la tanto agognata liberazione della donna e di tutte le chiese per consegnarle alla loro vera destinazione: la celebrazione di nuove feste orgiastiche e di giochi estatici con la partecipazione attiva di tutta l'assemblea". Nel processo d'appello la pena di 5 mesi e mezzo per "diffusione di scritti osceni e vilipendio alla religione" fu ridotta a 5 settimane con la condizionale.
Il gruppo Spur non durò nemmeno un anno. Già nel 1962 dovette difendersi davanti al Consiglio centrale dell'IS: "Considerando l'aggravarsi dell'opposizione all'Internazionale Situazionista da parte di certi elementi della sezione tedesca, dopo la Conferenza di Göteborg e in particolare il contenuto del n. 7 della rivista "Spur", la sfiducia ovvero l'ostilità di questo gruppo nei confronti dei compagni che applicano le direttive dell'IS in Germania e fuori dalla Germania, così come la sua collusione adesso incontestabile con determinati ambienti dominanti della cultura europea" quasi tutti i membri del gruppo Spur furono espulsi dall'IS. Poco più tardi, le tensioni all'interno del gruppo portarono al suo scioglimento. Ciononostante l'attività del gruppo proseguì idealmente in quella del nuovo gruppo Azione Sovversiva. Azione Sovversiva era, come si può leggere nella prefazione dell'omonimo libro, un piccolo gruppo di "intellettuali esoterici" che all'inizio degli anni Sessanta in circoli periferici, le cosiddette microcelle, discuteva di psicoanalisi e marxismo, teatro critico e surrealismo. La loro impostazione ebbe grande influenza anche negli anni successivi sulle forme politiche del movimento antiautoritario, sull'Associazione tedesca degli studenti socialisti (Sds) e sull'opposizione extraparlamentare (Apo).
A poco a poco si formarono cellule di Azione Sovversiva a Monaco, Tubinga, Berlino, Norimberga, Stoccarda e in seguito a Marburgo e Francoforte. All'inizio gli scritti e le imprese di Azione Sovversiva conservavano un impostazione vicina a quella situazionista dell'azionismo simbolico (che nel 1975 Kunzelmann definì "merda borghese"). Si consideravano "caporioni della disobbedienza disorganizzata" e in "Live facoltative 2" scrivevano: "La critica deve divenire azione. L'azione smaschera il dominio dell'oppressione". L'analisi non era più da considerarsi propedeutica all'illuminazione, ma era il "trampolino" da cui lanciarsi nella realtà, dunque teoria e prassi dovevano spingersi avanti a vicenda. Una delle prime e più importanti azioni sovversive doveva avere luogo a Stoccarda per l'80° anniversario cattolico tedesco, e doveva portare a conoscenza il pubblico del potenziale rivoluzionario e al tempo stesso contribuire a ingrossare le fila del gruppo di Stoccarda. L'idea era di tramutare l'anniversario cattolico in un grande happening e far scoprire il fascino di una vita completamente diversa. Ma il tentativo si risolse in una semplice affissione di cartelli che ebbero come conseguenza i primi e gli unici arresti della storia della Germania Federale per incitazione alla bestemmia. Sfortunatamente gli arrestati avevano con sé una lista con i nomi di tutti i partecipanti, il che rese impossibili tutte le azioni successive, tra cui: appropriarsi degli altoparlanti per sabotare l'anniversario cattolico facendo spostare la messa in un supermercato; portare la stella della Mercedes sull'altare e scambiare il cartello stradale "Katholikentag" con quello "Per l'officina Mercedes" ecc. A ogni modo le loro idee non sembrano andare oltre il mero divertimento.
Restò comunque la fascinazione per il religioso. Durante il "Concilio di Amburgo", che fu il tentativo di dare una linea unitaria ai diversi gruppi di Azione Sovversiva, si tentò di porre il problema della formazione di una sensibilità politica. Da quel momento in poi la prassi sovversiva, culturale-rivoluzionaria fu vista come una (discutibile) fase già superata e una prassi complementare e subalterna a quella operaistica.

KPD/RZ


Operano nel ventre della bestia, il centro di Berlino, dal 1988. I Kreuzberger Patriotischen Demokraten/Realistisches Zentrum (KPD/RZ) [democratici patriottici di Kreuzberg/ centro realista] dichiarano di essere "l'unico partito di massa dell'estremo centro". Una rapida occhiata all'archivio dell'"addetto alla propaganda" rivela la forza e la determinazione con cui il partito sostiene le proprie idee: "Kreuzberg prima di tutto" ("Taz", 17 giugno 1995). Alla domanda su cosa promettano ai loro elettori, i membri del partito rispondono: "Promettiamo tutto e non manteniamo nulla". All'obiezione che ciò non li differenzia granché dagli altri partiti, rispondono tranquillamente eliminando il problema: "La differenza è che noi diciamo fin da subito che siamo corrotti".
Nella sede del KPD/RZ fanno la loro bella figura montagne di documenti sulle iniziative, computer e cellulari che suonano in continuazione. Grandi scatoloni impilati in un angolo contengono mucchi di gadget, da T-shirt a berretti da baseball con sopra il logo del partito. Nel corso della visita alla sede l'"addetto alla propaganda" mostra l'ultima novità: un CD dal titolo La colonna sonora della democrazia, con raffigurati in copertina il "vero" Heino e Bela B. della band Die Ärzte che si stringono la mano. Il contenuto del disco è attualissimo: dopo una "delicata introduzione alla politica di partito", parte il brano Kreuzberg zuerst! [Kreuzberg prima di tutto!] cui segue un discorso sul finanziamento ai partiti, uno spot elettorale originale e alla fine "ciò che occorre sapere sui partiti politici e in particolare sul KPD/RZ". A tutti gli ascoltatori un augurio finale di "buona fortuna e tanti soldi".
Coerenti lo sono, secondo il responsabile alla propaganda. Lo confermano gli annali delle attività del partito che intende "ridare a Kreuzberg la sua dignità" (dal titolo del programma elettorale del 1995). Alla fondazione del partito, nel 1988, seguì nel febbraio 1989 la presentazione del "Programma di Blucherplatz". Numerose iniziative giovarono al neonato partito: riunioni di direzione pubbliche, ideazione di un logo, iniziative di autofinanziamento, emissione di circolari per i membri ecc. Il Primo Maggio 1992 fu un giorno particolarmente intenso per gli attivisti di Kreuzberg. Per la prima volta la direzione del KPD /RZ prese parte alla grande parata del Primo maggio. Pochi giorni dopo il partito organizzò un'iniziativa a scopo informativo dal titolo "Il beone propone, il politico dispone" (22) che ebbe un discreto successo.
Un paio di settimane dopo a Berlino si svolsero le elezioni comunali. Il presidente narra con orgoglio che in alcuni collegi elettorali di Kreuzberg il partito ottenne un sensazionale 17% dei voti. In seguito all'improvviso successo vennero fondate le sedi di Brandenburgo e della Saar, e si registrò un considerevole incremento di contributi al partito.
Il Primo maggio 1994, gli instancabili politici del KPD/RZ misero a segno un altro grande colpo. Una manifestazione per il Primo maggio partì alle ore 21 da Marheinkeplatz, a Berlino. L'obiettivo era liberarsi dell'immagine degli autonomi violenti che disturbano la manifestazione (parole del KPD/RZ: "Vengono soprattutto da fuori, ce ne sono addirittura di Potsdam") (23). Il KPD /RZ esortò a partecipare alla manifestazione "contro il disturbo della quiete notturna e la violenza insensata". La "madre di tutte le dimostrazioni" attirò 2500 persone, nelle strade e nei vicoli echeggiava ovunque un convinto: "Sia maledetto il disturbo della quiete notturna!". Quando alla fine della manifestazione un paio di sbirri sembravano volersi unire al corteo, vennero cacciati con lo slogan "Deutsche Polizisten, Gärtner und Floristen" (24). Anche gli slogan "Una lotta, una volontà: il coraggio del silenzio", "Vogliamo dormire" o "Silenzio o scontri" ("Taz", 3 maggio 1994) furono positivamente accolti dai più allegri gitanti del Primo maggio.
Dopo il fallimento dell'iniziativa per il mantenimento del vecchio codice d'avviamento postale, il KPD/RZ realizzò uno speciale francobollo a favore del mantenimento dell'"identità di Kreuzberg 36". Poco tempo dopo introdusse la nuova tessera di partito a prova di falsificazione. Alle elezioni per la Camera dei deputati e per il Consiglio di Circoscrizione di Kreuzberg il partito ottenne il 4,7% dei voti e divenne la quarta forza politica dell'antico fortino. Un'occhiata al volantino elettorale aiuta a comprendere il successo del KPD/RZ: si chiede il divieto di ogni tipo di criminalità; melodie più suadenti per le sirene di polizia, pompieri e ambulanze; l'introduzione di un contributo per gli Svevi intenzionati a tornare o starsene a casa propria ecc. In ambito culturale, vittorie per le squadre locali e il divieto di uscire con temperature superiori ai 30 gradi. Fu leggendaria la richiesta emanata dalla sezione sanità circa il divieto di fumare nelle strade a senso unico. Anche in campo urbanistico il KPD/RZ si distinse per l'idea di introdurre un principio di rotazione secondo i nomi delle strade. Questo spiega molte cose.
Il 20 aprile 1996, il presidente del KPD/RZ diramò l'"appello di Kreuzberg". Stigmatizzò la cosiddetta riforma della Provincia che era stata pianificata dalla "banda assetata di sangue Stahmer-Diepgen" ("Taz", 22 aprile 1996) per distruggere definitivamente l'identità di Kreuzberg. Di fronte a questa "continuità del terrore" i responsabili prendevano una posizione unitaria: "Non con noi!". Inoltre fondarono un esercito di Kreuzberg in cui si arruolarono molti membri. Vedremo come andrà a finire con il "partito dell'estremo centro". Una cosa di certo nessuno oserà mettere in dubbio: "I piani del KPD/RZ sono buoni perché sono giusti".


Cut up


Il presupposto della teoria del cut up di William S. Burroughs è quello di concepire il linguaggio come un virus. Poiché a tutt'oggi questa teoria non è stata confutata, può essere altrettanto vera di qualsiasi altra spiegazione. In genere, i cut-up vengono considerati soltanto in rapporto alla sua opera letteraria, ma l'intenzione di Burroughs andava ben oltre. Non si limitava a inserirli nei suoi romanzi, ma li usava per manipolare l'ambiente e, per mezzo di registrazioni, per scovare i virus del linguaggio nascosti nel reale.
Burroughs redasse precise disposizioni di tre registratori che permettono di testare l'idoneità delle tecniche. T-1, il primo apparecchio, era il potenziale organismo ospite per un virus influenzale; T -2 era il meccanismo grazie al quale il virus penetrava nell'organismo ospite; T-3 era l'effetto che il virus provocava nell'organismo ospite. Come gruppo di riceventi delle registrazioni, Burroughs sceglieva persone quali un avversario politico al quale la seguente rielaborazione sarebbe valsa la fine della carriera politica: il nastro numero l registrava i suoi discorsi e colloqui privati. Questi dovevano essere assolutamente live e non tratti da televisione o da radio - venivano inseriti anche balbettii, papere e frasi rimaste a metà. Sul nastro numero 2 venivano registrati i suoi rumori mentre faceva sesso, magari con un partner da lui ritenuto inammissibile, ad esempio sua figlia, mentre sul nastro numero 3 venivano incise voci cariche d'odio. I nastri venivano ritagliati, montati in una sequenza arbitraria con 24 tagli al secondo e riprodotti a portata d'orecchio del politico. L'esito sarebbe stato, secondo Burroughs, il suo crollo completo.
Burroughs sosteneva inoltre che quel metodo era già noto alla Cia, solo così si spiegava perché durante lo scandalo Watergate si trovarono così tante registrazioni private di persone tenute sotto controllo. Egli stesso mise alla prova l'effetto disgregante del cut up davanti a un bar dove gli era stata servita una torta al formaggio ammuffita, e trovò gli effetti molto convincenti. Descrisse anche come le manifestazioni di piazza potessero crescere d'intensità, se solo alcune persone avessero avuto con sé un registratore adatto: si potevano provocare incidenti ed eventi di ogni tipo. Forse lo strumento di manipolazione più importante in quel contesto era il sesso. Burroughs si figurava eccessi insostenibili, da provocare per mezzo di registrazioni montate insieme ai più svariati rumori sessuali: parchi pieni di uomini nudi impazziti, che cagavano, pisciavano, eiaculavano e gridavano. Così poteva agire un virus maligno, che toglieva ogni tipo di autocontrollo, e i risultati sarebbero stati esaurimento nervoso, spasmi e morte. Inoltre, possibili settori d'intervento per cut up di ogni tipo potevano essere la diffusione di dicerie, il discredito di avversari politici, lo scramble e la disattivazione di serie associative propagate dai media. Le diverse tecniche del collage di registrazioni, delle dissolvenze incrociate e delle distorsioni, erano viste da Burroughs come possibilità di esercitare il controllo su persone odiose e rendere innocui politici avversari. In quanto ex-adepto della setta di Scientology, era piuttosto esperto in tecniche di manipolazione e non è da escludere che le abbia impiegate per sviluppare le tecniche del cut up.
Inoltre, non è di certo una coincidenza che le sue idee sulle possibilità di impiego distruttivo o sovversivo dei media si formassero in un periodo in cui l'idea di tali effetti dei media suscitava violente discussioni. Ad esempio, negli Usa venne consentito, per un breve periodo e poi subito rivietato, inserire nelle trasmissioni televisive spot pubblicitari lunghi un decimo di secondo; ciò, unitamente alle tesi di Marshall McLuhan, scatenò dibattiti sugli effetti inconsci dei media. Da allora l'idea che nei media si celino seduzioni subliminali è divenuta una delle leggende metropolitane più diffuse. Questo mito si riallaccia alle esperienze quotidiane, infatti per stimolare gli acquirenti viene impiegata una musica di sottofondo sedativa che ha lo stesso ritmo del battito cardiaco.
Benché di primo acchito le idee psichedelico-deliranti di Burroughs sull'effetto del cut up sembrino avere valore preminentemente letterario, il potere manipolatorio dei suoni venne preso in considerazione sempre più seriamente a partire da La rivoluzione elettronica, in cui se ne studiarono le applicazioni specifiche. Tali riflessioni hanno messo le ali anche alla fantasia letteraria e cinematografica: in Arancia Meccanica, di Stanley Kubrick, la musica di Beethoven agisce come afrodisiaco sul giovane criminale Alex; dopo una programmazione al contrario in prigione la stessa musica gli provoca crampi e nausea, finché alla fine non viene riprogrammato. Nel film Decoder (1984) di Klaus Maeck, in cui lo stesso Burroughs compare come guest star, si narra di un mondo fittizio in cui tutti i suoni sono controllati dal sistema. Qui il protagonista F. M. fa un esperimento con la musica di un fast-food e mette insieme una cassetta i cui suoni scatenano il panico in coloro che la sentono.
In ogni caso, molti di coloro che si occupavano di comunicazione sovversiva furono affascinati dalle idee sul cut up, e a esse si ispirarono. Soprattutto tra i guerriglieri della comunicazione statunitensi ed europei, l'impiego burroughsiano dei registratori fu ben accolto. Non si cercò di applicare le tecniche di taglio complicate e dall'effetto dubbio, ma nastri con rumori e slogan vennero usati in una serie di manifestazioni militanti; gli Yippies impiegarono questa tecnica proprio alla fine degli anni Sessanta. A Berlino, in occasione della manifestazione anti-Reagan del 1982, vennero impiegati centinaia di registratori che emettevano l'allarme antiaereo, rumori di elicotteri e spari, mescolati a slogan anti-Reagan. È certo che i guerriglieri della comunicazione giocheranno ancora col mito moderno della manipolazione subliminale: in un certo senso, funziona.


Bilwet e i media assoluti
The Data dandy


I media sono il tema del futuro. La teoria dei media è l'assoluto hype nel panorama delle attuali teorie. Nuovi media, tecnologia dei media, comunicazione in rete, simulazione, costruzione, realtà mediali, in nessun altro ambito si possono vendere altrettanto bene le più insulse formulazioni postmoderne e ultra-postmoderne.


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Contro il blubber mediatico generale i mixatori di teorie dell'agenzia BILWET di Amsterdam [Bevordemng va de illegalen wetenschap, Fondazione per il progresso dei saperi illegali] hanno partorito teorie e visioni terribilmente affascinanti. Si impossessano di ciò che è mainstream nel chiacchiericcio teorico-mediatico, per esagerarne e rovesciarne di segno la retorica. "Noi citiamo molto, ma non siamo d'accordo con i postmoderni sul contesto in cui collocano le citazioni. Non abbiamo un sentire fin-de-siècle, al contrario siamo molto ottimisti, senza per questo essere escatologici. Tutto ciò che viene creato sopra le nostre teste lo vogliamo controllare e utilizzare. Vogliamo essere un soggetto agente. Non sarai vittima dei media fin quando ne farai uso. Perciò gozzovigliamo nei media, alla Rabelais. I segnali per noi non sono immateriali ma tattili. Noi ci rotoliamo nel fango dei media" (G. Lovink, Hör zu oder stirb!). Bilwet ha fabbricato teorie meravigliose, come quella dei media assoluti. Essi pilotano, con la loro visione dei media in outer space, il luogo comune postmoderno della sussunzione della realtà nella sfera degli iper-media. Alla fine si schiude la singolare visione di un universo parallelo, quello dei media assoluti, liberi dalla necessità di essere fruiti, dispensati dall'obbligo di costruire realtà noiose e mediocri.
I media assoluti sono estranei alla cultura hyper. Essi non creano né informazione né controinformazione. Sono media negativi e non vogliono definirsi positivamente. Non servono a nulla, non chiedono nessuna attenzione e non rappresentano nessun arricchimento del paesaggio mediale. Sul piano dell'apparenza non esprimono nessuna critica alla produzione (culturale) capitalista. Sono estranei alla sfera politica e a quella artistica. Si sottraggono all'hype tecnologico e realizzano progetti tecnologici futuri, costruendo punti d'accesso al cyberspazio da registratori demoliti, da programmi inutili, da canali con generatori di rumori inseriti, spazzatura elettronica e rottami di dati.
"Senza alcuna fanfaronata sul mistero e la segretezza, i media assoluti restano inosservati, poiché messi nell'ombra dall'intensa luce mediatica. I media assoluti sono difficilmente distinguibili, poiché la forma in cui (non) appaiono non li fa mai risplendere in tutto il loro fulgore. I loro programmatori non si fanno vedere, se ne vedono solo le maschere. Ogni esperimento di successo interpretabile come espressione artistica o politica, viene direttamente esposto all'imbrattamento. I mixatori non provocano, ma sporcano gli ignari passanti con banalità contaminate che si presentano in tutto il loro amichevole non dire niente. Una matassa inestricabile di interpretazione e ironia rende impossibile raccapezzarsi anche al lettore esperto di media" (G. Lovink).
L'idea fa propri elementi in parte già impiegati nell'attività di stazioni radio come Radio Alice o come Radio Vrije Keijzer, Radio 100 e Radio Patapoe di Amsterdam. I tradizionali concetti di controinformazione sono superati, poiché è relativizzata la stessa nozione di "informazione": è altrettanto importante la deformazione; ciò che viene trasmesso da altri programmi diventa l'oggetto del missaggio, il materiale di una prassi mediale sconcertante, che si sottrae alle forme convenzionali dell'interpretazione (e del dialogo col potere sempre implicito).
Come per tutte le altre idee dei guerriglieri teorici di Bilwet, si riesce a mala pena a scoprire se dietro il pensiero dei media assoluti si nasconda una visione futuribile dell'uso alternativo dei media, una divertente decostruzione di utopie e distopie sulla società dei media o semplicemente il piacere di inventare storie. Bilwet ha una produzione teorica che non si prende sul serio, opera sempre al confine col trash e proprio per questo rimane avvincente. Inoltre, c'è una tensione particolare e produttiva tra le misture come le teorie dei media assoluti e le ulteriori attività del gruppo. Ben lungi dall'essere un gruppo di pagliacci della teoria, Bilwet persegue proprio nell'ambito di Internet una politica di controinformazione "tradizionale", di diffusione di informazioni antagoniste e della difesa di fronte alla censura. Fanno tutto questo senza dare nell'occhio, senza le consuete chiacchiere sui media.


Eulenspiegel


Una cosa è certa: Eulenspiegel non amava i signori, ma nemmeno i lavoratori. Till Eulenspiegel è una figura tradizionale, sinonimo di "burlone, pazzo, cinico, fanatico della verità e saggio". Noi, al contrario, lo consideriamo il primo guerrigliero della comunicazione.
Dato che soprattutto in Germania è consuetudine liquidare le faccende scomode alla stregua di buffonate, Till Eulenspiegel venne sminuito a figura comica e ancora oggi la critica "seria" lo considera poco più di un buffone di corte. Presumibilmente Till Eulenspiegel nacque verso la fine del XIII secolo, a Kneitlingen, nei pressi di Braunschweig. La fonte scritta più antica risale al 1515, anno in cui la figura di Eulenspiegel, balordo contadino girovagante per il paese, si distinse come giullare alla corte del re polacco Kasimir. La leggenda vuole, inoltre, che Eulenspiegel venisse preso in giro e imbrogliato da tutti e per questo ricambiasse le offese. Per lo più vengono tramandate situazioni in cui spiega le sue azioni con giochi di parole: quando Eulenspiegel promise al langravio di Hessen di dipingere il suo castello per 200 fiorini, scialacquò la metà del compenso in una settimana. Non essendo poi affatto capace di dipingere, lasciò perdere, presentando al nobile i lavori, ossia l'opera incompiuta, dicendogli che solo chi poteva vedervi quadri, poteva considerarsi un vero nobile.
Figure folli come Eulenspiegel (ma anche Schwejk) si distinguono per il loro rigore nel rispettare le norme, l'applicazione del diritto alla lettera e la comprensione dei concetti solo dal punto di vista formale. Nel loro piccolo, padroneggiano norme, leggi e definizioni, e si permettono "di prendere sul serio la quotidianità e le giustificazioni ovvie. E questo significa prenderle alla lettera". I successi di Eulenspiegel si basano su un'eccellente conoscenza della grammatica culturale e sulla capacità di scambiare improvvisamente il significato di espressioni in apparenza chiare.
Dove compariva Eulenspiegel, i genitori ammonivano che il suo influsso avrebbe reso i bambini voluttuosi, e nemmeno la stimata congrega dei buffoni voleva avere a che fare con uno che li sfotteva coi suoi giochetti di prestigio. Per alcuni il buon Eulenspiegel è colui che influenza in modo costruttivo il pensiero e l'agire degli uomini, per altri rimane una figura moralmente riprovevole, che non fa altro che portare inquietudine e discordia in seno al popolo. Dalla metà del XVIII secolo gli educatori lavorano a un cambiamento di segno di Eulenspiegel, più fonte di svago che minaccia. Oggi persino i bambini nelle compagnie teatrali delle scuole possono rappresentare la vita di Eulenspiegel.


Dada


"Cos'è dada? Un'arte? Una filosofia? Un'assicurazione contro gli incendi o una religione di strada? Dada è vera energia? O non è proprio niente, quindi tutto?". Una cosa almeno è certa: "Dada è una lozione per capelli" della ditta zurighese Bergmann &Co.
Il Dadaismo venne fondato nel 1916 in una piccola taverna di Zurigo, il Cabaret Voltaire. La sede distava di poco dall'allora casa di Lenin. Ma il conflitto tra pratica antiautoritaria e leninismo sarebbe emerso più tardi: non vi è infatti nessuna prova che i protagonisti di allora sapessero l'uno degli altri. Dadaisti ce n'erano a Berlino, Colonia, Hannover, Parigi e in altre grandi città europee. Poco dopo, l'invenzione di un ristretto gruppo di persone divenne una corrente artistica famosa, con tanto di scissioni interne, polemiche e lotte tra fazioni, giochetto più tardi perfezionato dai Situazionisti e dai Neoisti.
Risulta difficile, dovendo considerare i Dadaisti, non scadere in osservazioni ingiuriose: i zurighesi erano un mucchio di narcisisti borghesi che ritenevano grandiose anche le loro idee più stupide, Kurt Schwitters era un uomo integro e senza macchia, mentre Max Ernst spiccava per le sue polemiche caustiche nei confronti dei dadaisti di Berlino, rei di collegare arte e politica. In breve, il dadaismo, e la maggior parte dei suoi rappresentanti, non erano né particolarmente solidali né pacifisti o rivoluzionari, come la storia dell'arte volentieri li rappresenta.
Tuttavia, i dadaisti produssero effetti rivoluzionari. Formularono una critica dell'arte che andava oltre le controversie su stili o tecniche di pittura e modi di scrittura e che conteneva una forte critica sociale. Contro l'idea d'arte introdussero la poesia del caso, del fortuito ed elevarono a principio artistico il recupero di oggetti provenienti dalla vita quotidiana. Da qui scaturì la poesia simultanea, scritta e recitata contemporaneamente da più persone, che può consistere in sillabe, rumori, lamenti e urla. Il non senso doveva rimpiazzare il senso. Fu la prima variante dell'idea di comunicazione-guerriglia.
Le forme di recitazione dei dadaisti miravano a scioccare e a provocare il pubblico. Bluff, imbrogli e insulti non di rado erano fonti di scandali, cosa che i dadaisti interpretavano come un importante successo. Il manifesto di Berlino predicava: "Noi vogliamo: eccitare, sconvolgere, bluffare, seccare, solleticare fino alla morte, confusamente, senza continuità, vogliamo essere impetuosi e negazionisti".
Dopo la Rivoluzione d'Ottobre e la fine della Prima Guerra Mondiale, i dadaisti di Berlino proclamarono la morte dell'arte a colpi d'arma da fuoco. Ritenevano che un "terrorismo estetico carnevalesco" avrebbe espresso la loro fantasia e rabbia meglio dell'arte. Gli irrispettosi dadaisti non chiedevano attenzione pubblica, bensì scrivevano articoli su eventi spettacolari dadaisti e spacciandoli ai giornali con pseudonimi.
Alla fine non è tanto importante pensare a cosa sia stato Dada, ciò che conta è il mito Dada. La distruzione e l'innovazione del quotidiano, la gioia di sperimentare e la maleducazione con cui i dadaisti usavano i mezzi di comunicazione, esercitarono un grande fascino su movimenti politici posteriori in Francia, Italia, Germania e Stati Uniti, movimenti che contrapposero alla politica dominante pratiche libertarie e antiautoritarie.
Esistono similitudini tra Yippies e dadaisti, non solo per l'abilità nel manipolare i media, ma anche per le azioni di "glorificazione degradante", che conferivano la nomina di dadaisti o Yippies a personalità politiche.
Dada è anarchia, distruzione di forme di pensiero borghesi e invenzione di espressioni autonome. Dada fu un punto di collegamento storicamente riconosciuto anche dalla Kommune 1 nel 1968, e più tardi dai mao-dadaisti italiani del giro di Radio Alice e A/Traverso, Il Male: "Mao è un vecchio dadaista". Avevano ragione, ovviamente.


Neoismo


Il Neoismo è un esperimento sul tema: "Come costruirsi una tendenza artistica?". I neoisti smontano i meccanismi dell'attività artistica stabilita, sviluppano una metodologia per la produzione della storia dell'arte, inserendo abilmente le tecniche della propria propaganda artistica e portando contemporaneamente all'assurdo i fondamenti della comprensione artistica tradizionale. A differenza dei Situazionisti, per i neoisti l'auto-storicizzazione è un processo consapevole. Anche la più piccola azione neoista è documentata pedantemente, affinché l'attività artistica possa nutrirsi della linfa di un albero genealogico impressionante, con tanto di linee principali e collaterali. Le scissioni sono parte dell'arsenale delle avanguardie storiche. Stewart Home dichiarò la fine del Neoismo dopo il Festival Neoista tenutosi nel 1985 a Ponte Nossa, in Italia, mentre altri neoisti organizzarono nel 1997 il Primo congresso mondiale neoista per decidere quale frazione possedesse il maggior patrimonio storico da imporre.
Come artisti d'avanguardia, i neoisti criticano il culto borghese del genio, e propagandano nomi multipli utilizzabili da tutti collettivamente. I neoisti sono dell'opinione che nessun autore, neppure un autore neoista, abbia mai realizzato qualcosa di originale. Per questo hanno fatto del plagio un dogma. Violano il copyright appropriandosi di tutto ciò che gli piace, come dell'idea di uno "sciopero dell'arte" della durata di tre anni, che portò non solo alla popolarità del più attivo tra gli scioperanti, l'artista underground londinese Stewart Home, ma scatenò anche un'ampia discussione sulla corruzione dell'arte.
Il genere del manifesto, tipico delle avanguardie, fa da cornice a rivendicazioni assurde formulate con la massima serietà, come l'abolizione del capitalismo fissata per le ore 15.00 di domenica 24 marzo 1985. Serietà spesso contrastata dall'uso di paradossi, anche questo un collaudato espediente stilistico dell'avanguardia artistica: "Tutto ciò che abbiamo conseguito grazie all'ampliamento della nostra consapevolezza storica (Situazionisti, Dada, Fluxus), è il rafforzamento dell'idea che la nostra fede nel mutamento è una delle tante cose che non cambieranno mai" (S. Home, Neoismus, Plagiarismus & Praxis).
Altri mescolano retaggi borghesi e occultismo passando per il sesso, il romanticismo rivoluzionario e gli ecologismi. Attraverso il plagio e il collage, le ideologie dell'isolamento e della purezza vengono portate all'assurdo forse più facilmente di quanto farebbero argomentazioni smascheranti. I neoisti spingono all'estremo ideologie familiari in un modo che il linguaggio serioso della politica definirebbe vilipendio. In quanto avanguardia artistica sono comunque protetti, poiché i loro annunci possono essere spiegati in ogni momento come buffonata inoffensiva, benché questo camouflage attiri ai neoisti la diffidenza o l'indifferenza dei gruppi politici più "seri".