Biblioteca Multimediale Marxista
DISCORSO ALL'ASSEMBLEA PLENARIA DEL COMITATO
DI MOSCA
E DELLA COMMISSIONE DI CONTROLLO DI MOSCA
19 OTTOBRE 1928
Penso, compagni, che prima di tutto, per risolvere la questione, che ci interessa,
della deviazione di destra, bisogna prescindere dalle piccolezze, dagli elementi
personali, ecc. Esiste nel nostro partito un pericolo di destra, un pericolo
opportunista? Esistono delle condizioni oggettive che favoriscono questo pericolo?
Come lottare contro questo pericolo? Ecco quali problemi stanno ora davanti
a noi. Ma non risolveremo questa questione se non la libereremo di tutte le
piccolezze e degli elementi alluvionali che si sono ammonticchiati attorno
ad essa e ci impediscono di comprenderne la sostanza.
Ha torto Sapolski quando pensa che la questione della deviazione di destra
è una questione fortuita. Egli afferma che tutto si riduce non già
a una deviazione di destra, ma a un litigio, a intrighi personali, ecc. Ammettiamo
per un istante che il litigio e gli intrighi personali abbiano qui una certa
parte, come in ogni lotta. Ma spiegare tutto con i litigi e non vedere al
di là dei litigi la sostanza della questione, significa uscire dalla
strada giusta, marxista. Non è possibile che gli sforzi di alcuni attaccabrighe
o di alcuni intriganti abbiano potuto sconvolgere da cima a fondo e mettere
in subbuglio una organizzazione così grande, vecchia e coesa, com'è,
incontestabilmente, l'organizzazione di Mosca. No, compagni, tali miracoli
non avvengono nel mondo. Senza contare che non si può sottovalutare
a tal punto la forza e la potenza dell'organizzazione di Mosca. E' evidente
che hanno agito qui delle cause più profonde, che non hanno niente
a che vedere né con i litigi né con gli intrighi.
Ha torto Fruntov, il quale, benché riconosca l'esistenza del pericolo
di destra, non lo ritiene però cosa degna che degli uomini seri, i
quali hanno delle serie occupazioni, se ne occupino seriamente. Secondo lui
la questione della deviazione di destra è roba di cui possono occuparsi
degli schiamazzatori e non coloro che hanno da fare un lavoro serio. Comprendo
perfettamente Fruntov, uomo così assorbito dal lavoro pratico quotidiano,
che non trova più il modo di pensare alle prospettive del nostro sviluppo.
Ma questo non significa ancora che dobbiamo fare del gretto praticismo di
alcuni militanti del partito un dogma della nostra opera costruttiva. Un sano
spirito pratico è una buona cosa, ma se esso nel lavoro perde le prospettive,
se non subordina il lavoro alla linea fondamentale del partito, diventa un
difetto. Ora, non è difficile capire che la questione della deviazione
di destra è la questione della linea fondamentale del nostro partito,
è la questione della giustezza o falsità della prospettiva di
sviluppo fissata dal nostro partito al Quindicesimo Congresso.
Hanno torto pure quei compagni che, nell'esaminare il problema della deviazione
di destra, non vedono altro che gli uomini che rappresentano questa deviazione.
Indicateci i destri o i conciliatori, dicono essi, fate i loro nomi, affinché
possiamo metterli a posto. E’ un modo errato di porre il problema. Le
persone, si capisce, hanno una certa importanza. Qui però non si tratta
delle persone, ma delle condizioni, delle circostanze che generano il pericolo
di destra nel partito. Si possono allontanare le persone, ma questo non significa
ancora aver estirpato le radici del pericolo di destra nel nostro partito.
Perciò la questione delle persone non è decisiva, benché
sia di un interesse indiscutibile. Non si può non rammentare, a questo
proposito, un fatto avvenuto a Odessa, alla fine del 1919 e al principio del
1920, quando le nostre truppe, cacciato Denikin dall'Ucraina, stavano liquidando
gli ultimi residui del suo esercito nella regione di Odessa. Un distaccamento
di soldati rossi incominciò allora a cercare accanitamente, a Odessa,
l'Intesa, convinti che se fossero riusciti a prenderla — l'Intesa—
la guerra sarebbe finita (ilarità generale). Si può immaginare
che i soldati rossi potessero riuscire a prendere, a Odessa, un rappresentante
qualunque dell'Intesa. Ma è evidente che ciò non avrebbe risolto
la questione dell'Intesa, perché le radici dell'Intesa non erano a
Odessa, per quanto questa città fosse allora l'ultimo rifugio di Denikin,
ma in seno al capitalismo mondiale. Lo stesso si può dire di certi
nostri compagni che nella questione della deviazione di destra non vedono
altro che le persone che rappresentano la deviazione di destra, dimenticando
le condizioni che la generano.
Perciò dobbiamo chiarire qui, innanzi tutto, le condizioni da cui sorgono
tanto la deviazione di destra, quanto la deviazione di « sinistra »
(trotskista), dalla linea leninista.
La deviazione di destra nel comunismo, in regime di capitalismo, significa
la tendenza, l'inclinazione di una parte dei comunisti, tendenza, è
vero, non ancora ben determinata e, se volete, non ancora cosciente, ma pur
sempre tendenza ad abbandonare la linea rivoluzionaria del marxismo per andare
verso la socialdemocrazia. Quando certi gruppi di comunisti negano l'opportunità
della parola d'ordine « classe contro classe » nella lotta elettorale
(Francia), oppure sono contrari a che il partito comunista (Inghilterra) presenti
i suoi propri candidati nelle elezioni, oppure non vogliono porre in modo
acuto il problema della lotta contro la socialdemocrazia di « sinistra
» (Germania) ecc., ciò significa che in seno ai partiti comunisti
vi è della gente che si sforza di adattare il comunismo al socialdemocratismo.
La vittoria della deviazione di destra nei partiti comunisti dei paesi capitalistici
significherebbe la loro disfatta ideologica e un rafforzamento enorme del
socialdemocratismo. E cosa vuol dire un enorme rafforzamento del socialdemocratismo?
Vuol dire rafforzamento e consolidamento del capitalismo, essendo la socialdemocrazia
il sostegno principale del capitalismo in seno alla classe operaia. La vittoria
della deviazione di destra nei partiti comunisti dei paesi capitalistici porterebbe
dunque a uno sviluppo delle condizioni necessarie alla conservazione del capitalismo.
La deviazione di destra nel comunismo, nelle condizioni dello sviluppo sovietico,
in cui il capitalismo è già stato abbattuto, ma non ne sono
ancora state strappate le radici, significa la tendenza, l'inclinazione di
una parte dei comunisti, tendenza, è vero, non ancora ben determinata
e, se volete, non ancora cosciente, ma pur sempre tendenza ad abbandonare
la linea generale del nostro partito per andare verso l'ideologia borghese.
Quando alcuni gruppi dei nostri comunisti tentano di far camminare il partito
a ritroso delle decisioni del Quindicesimo Congresso, negando la necessità
dell'offensiva contro gli elementi capitalistici nella campagna, oppure chiedono
che venga frenato lo sviluppo della nostra industria, considerando rovinoso
per il paese il ritmo attuale del suo sviluppo; oppure negano l'opportunità
di fare degli stanziamenti per i colcos e i sovcos, considerando questi stanziamenti
come soldi buttati dalla finestra; oppure negano l'opportunità della
lotta contro la burocrazia sulla base dell'autocritica, pensando che l'autocritica
sconvolge il nostro apparato; oppure esigono venga attenuato il monopolio
del commercio estero, ecc. ecc., questo significa che nelle file del nostro
partito vi è della gente che, forse senza accorgersene, tenta di adattare
la nostra edificazione socialista ai gusti e alle esigenze della borghesia
« sovietica ». La vittoria della deviazione di destra nel nostro
partito significherebbe un enorme rafforzamento degli elementi capitalistici
nel nostro paese. E cosa significherebbe il rafforzamento degli elementi capitalistici
nel nostro paese? Significherebbe indebolimento della dittatura proletaria
e aumento delle probabilità di restaurazione del capitalismo. La vittoria
della deviazione di destra nel nostro partito, dunque, porterebbe a uno sviluppo
delle condizioni necessarie alla restaurazione del capitalismo nel nostro
paese.
Esistono da noi, nel nostro paese dei Soviet, delle condizioni che rendano
possibile la restaurazione del capitalismo? Sì, esistono. Forse ciò
sembrerà strano, ma è un fatto, compagni. Abbiamo abbattuto
il capitalismo, abbiamo instaurato la dittatura del proletariato e sviluppiamo,
a ritmo accelerato, la nostra industria socialista, legando ad essa l'economia
contadina. Ma non abbiamo ancora estirpato le radici del capitalismo. Dove
si celano dunque queste radici? Si celano nella produzione mercantile, nella
piccola produzione urbana e particolarmente rurale. La forza del capitalismo
risiede, come dice Lenin, « nella forza della piccola produzione; poiché,
per disgrazia, la piccola produzione esiste tuttora in misura molto, molto
grande, e la piccola produzione genera il capitalismo e la borghesia di continuo,
ogni giorno, ogni ora, in modo spontaneo e in vaste proporzioni ». («
La malattia infantile », vol. XXV, p. 173, ed. russa). E' chiaro che,
nella misura in cui la piccola produzione ha, da noi, un carattere di massa
e persino una posizione predominante, e nella misura in cui essa, particolarmente
nelle condizioni create dalla Nep, genera il capitalismo e la borghesia di
continuo e in vaste proporzioni, esistono da noi le condizioni che rendono
possibile la restaurazione del capitalismo.
Esistono da noi, nel nostro paese dei Soviet, i mezzi e le forze necessarie
per distruggere, per liquidare le possibilità di restaurazione del
capitalismo? Sì, esistono. Di qui appunto proviene la giustezza della
tesi di Lenin circa la possibilità di edificare nell'U.R.S.S. una società
socialista integrale. A questo scopo è necessario consolidare la dittatura
proletaria, rafforzare l'alleanza della classe operaia e dei contadini, sviluppare
le nostre posizioni di comando avendo in vista l'industrializzazione del paese,
imprimere un rapido ritmo di sviluppo all'industria, elettrificare il paese,
dare a tutta l'economia nazionale una nuova base tecnica, raggruppare nelle
cooperative le masse contadine e aumentare il rendimento delle loro aziende,
riunire gradualmente le aziende contadine individuali in aziende collettive,
sviluppare i sovcos, limitare e debellare gli elementi capitalistici della
città e dalla campagna, ecc.
Ecco che cosa dice Lenin a questo proposito:
« Fino a quando vivremo in un paese di piccoli contadini, esisterà
in Russia, per il capitalismo, una base economica più solida che per
il comunismo. E’ necessario ricordarlo. Chiunque osserva attentamente
la vita della campagna e la confronta con quella della città, sa che
le radici del capitalismo non le abbiamo estirpate e che le fondamenta, le
basi del nemico interno non le abbiamo scalzate. Questi si appoggia sulla
piccola azienda, e per poterlo scalzare c'è un solo mezzo: dare all'economia
del paese, agricoltura compresa, una nuova base tecnica, la base tecnica della
grande produzione moderna. Solo l'elettricità fornisce tale base. Il
comunismo è il potere sovietico più l'elettrificazione di tutto
il paese. Altrimenti il paese resterà un paese di piccoli contadini,
e bisogna che ce ne rendiamo conto chiaramente. Siamo più deboli del
capitalismo, non solo su scala mondiale, ma anche all'interno del paese. Ciò
è noto a tutti. Ce ne siamo resi conto e faremo in modo che la base
economica di piccola produzione contadina diventi una base economica di grande
industria. Solo quando il paese sarà elettrificato, quando avremo dato
all'industria, all'agricoltura e ai trasporti la base tecnica della grande
industria moderna, solo allora vinceremo definitivamente ». («
Rapporto sull'attività del Consiglio dei Commissari del popolo all'Ottavo
Congresso dei Soviet ». vol. XXVI, pp. 46-47, ed. russa).
Ne risulta, in primo luogo, che fino a che viviamo in un paese di piccoli
contadini, fino a che non abbiamo estirpato le radici del capitalismo, esiste
per il capitalismo una base economica più solida che per il comunismo.
Avviene che si abbatta un albero e non se ne estirpino le radici, per mancanza
di forze. E’ di qui che deriva la possibilità di restaurazione
del capitalismo nel nostro paese.
Ne risulta, in secondo luogo, che, oltre alla possibilità di restaurazione
del capitalismo, esiste anche la possibilità di vittoria del socialismo,
perché possiamo distruggere la possibilità di restaurazione
del capitalismo, possiamo estirpare le radici del capitalismo e ottenere su
di esso una vittoria definitiva, se intensifichiamo il lavoro per l'elettrificazione
del paese, se diamo all'industria, all'agricoltura, ai trasporti la base tecnica
della grande industria moderna. E’ di qui che deriva la possibilità
della vittoria del socialismo nel nostro paese.
Ne risulta, infine, che non si può edificare il socialismo solo nell'industria,
abbandonando l'agricoltura all'arbitrio di uno sviluppo spontaneo, partendo
dall'affermazione che la campagna « terrà dietro da sé
» alla città. L'esistenza dell'industria socialista nella città
costituisce il fattore fondamentale per la trasformazione socialista della
campagna. Ma ciò non significa ancora che questo fattore sia assolutamente
sufficiente. Affinché la città socialista possa condurre al
suo seguito, sino all'ultimo, la campagna contadina, è indispensabile,
come dice Lenin, « dare all'economia del paese, compresa anche l'agricoltura,
(il corsivo è mio. G. St.) una nuova base tecnica, la base tecnica
della grande produzione moderna ».
Non è questo passo di Lenin in contraddizione con un altro suo passo,
ov'egli dice che « la Nep ci garantisce pienamente la possibilità
di costruire le fondamenta dell'economia socialista »? No, non è
in contraddizione. Anzi, i due passi si accordano perfettamente l'uno con
l'altro. Lenin non dice affatto che la Nep ci dia il socialismo già
bello e pronto. Lenin dice soltanto che la Nep ci garantisce la possibilità
di costruire le fondamenta dell'economia socialista. Tra la possibilità
di edificare il socialismo e la sua edificazione effettiva c'è una
grande differenza. Non si può confondere la possibilità con
la realtà. Appunto per trasformare questa possibilità in realtà,
appunto per questo Lenin propone di elettrificare il paese e di dare all'industria,
all'agricoltura, ai trasporti, la base tecnica della grande industria moderna,
come condizione per la vittoria definitiva del socialismo.
Ma realizzare questa condizione dell'edificazione del socialismo in un anno
o due non è possibile. Non è possibile in un anno o due industrializzare
il paese, creare un'industria potente, far aderire alle cooperative milioni
di contadini, dare una nuova base tecnica all'agricoltura, riunire le aziende
contadine individuali in grandi aziende collettive, sviluppare i sovcos, limitare
e debellare gli elementi capitalistici delle città e delle campagne.
Per questo occorrono alla dittatura proletaria anni ed anni di intenso lavoro
costruttivo. E fino a che non avremo fatto ciò, e non lo si farà
di colpo, continueremo a essere un paese di piccoli contadini, in cui la piccola
produzione genera di continuo e in vaste proporzioni il capitalismo e la borghesia,
e in cui il pericolo di restaurazione del capitalismo continua a sussistere.
E siccome il proletariato non vive nel vuoto, ma nel più effettivo
e reale dei mondi, con tutte le sue particolarità, gli elementi borghesi,
sorti sulla base della piccola produzione, « circondano il proletariato,
da ogni parte, d'un ambiente piccolo-borghese, lo penetrano di questo ambiente,
lo corrompono, spingono continuamente il proletariato a ricadere nella mancanza
di carattere, nella dispersione, nell'individualismo, nelle alternative di
entusiasmo e di abbattimento che sono proprie della piccola borghesia ».
(Lenin: « La malattia infantile », vol. XXV, p. 189, ed. russa)
e così portano nel proletariato e nel suo partito certi ondeggiamenti,
certe esitazioni.
Ecco qual è la radice, la base di ogni sorta di esitazioni e di deviazioni
dalla linea leninista nelle file del nostro partito.
Ecco perché il problema della deviazione di destra o di « sinistra
» nel nostro partito non può essere considerato come un'inezia.
In che cosa consiste il pericolo della deviazione di destra, chiaramente opportunista,
nel nostro partito? Nel fatto che essa sottovaluta la forza dei nostri nemici,
la forza del capitalismo, non vede il pericolo di una restaurazione del capitalismo,
non comprende la meccanica della lotta di classe nelle condizioni esistenti
sotto la dittatura del proletariato e fa perciò tanto facilmente delle
concessioni al capitalismo, esigendo una riduzione del ritmo di sviluppo della
nostra industria, esigendo facilitazioni per gli elementi capitalistici della
campagna e della città, esigendo che sia messa in secondo piano la
questione dei colcos e dei sovcos, esigendo un'attenuazione del monopolio
del commercio estero, ecc.
È certo che la vittoria della deviazione di destra nel nostro partito
darebbe libero corso alle forze del capitalismo, scalzerebbe le posizioni
rivoluzionarie del proletariato e accrescerebbe le probabilità di restaurazione
del capitalismo nel nostro paese.
In che cosa consiste il pericolo della deviazione di « sinistra »
(trotskista) nel nostro partito? Nel fatto che essa sopravvaluta la forza
dei nostri nemici, la forza del capitalismo, non vede che la possibilità
di restaurazione del capitalismo, mentre non vede la possibilità di
edificare il socialismo con le forze del nostro paese, cade nella disperazione
ed è costretta a consolarsi cianciando di tendenze termidoriane del
nostro partito. Dalle parole di Lenin che « fino a quando vivremo in
un paese di piccoli contadini, esisterà in Russia, per il capitalismo,
una base economica più solida che per il comunismo », da queste
parole di Lenin la deviazione di « sinistra » trae la conclusione
errata che nell'U.R.S.S. è impossibile, in generale, edificare il socialismo,
che coi contadini non si verrà a capo di nulla, che l'idea dell'alleanza
della classe operaia coi contadini ha fatto il suo tempo, che se non arriva
a tempo l'aiuto della rivoluzione vittoriosa in Occidente la dittatura del
proletariato nell'U.R.S.S. dovrà cedere o degenerare, che se non si
approva un piano fantastico di superindustrializzazione, da attuarsi anche
a costo della scissione coi contadini, bisogna considerare la causa del socialismo
nell'U.R.S.S. come perduta. Di qui lo spirito d'avventura nella politica delle
deviazioni di « sinistra ». Di qui i salti « sovrumani »
in politica. È certo che la vittoria della deviazione di « sinistra
» nel nostro partito porterebbe a staccare la classe operaia dalla sua
base contadina, a staccare l'avanguardia della classe operaia dal resto della
massa operaia, Porterebbe, di conseguenza, alla disfatta del proletariato
e alla creazione di condizioni favorevoli alla restaurazione del capitalismo.
Come vedete, tutti e due questi pericoli, e quello di « sinistra »
e quello di destra, tutte e due queste deviazioni dalla linea leninista, e
quella di destra e quella di « sinistra », conducono a uno stesso
risultato, Pur partendo da punti opposti.
Quale di questi pericoli è il peggiore? Penso che tutti e due sono
peggiori. La differenza tra queste deviazioni, dal punto di vista della lotta
efficace contro di esse, è che la deviazione di « sinistra »,
nel momento attuale, è più chiara per il partito che la deviazione
di destra. Il fatto che già da parecchi anni lottiamo vigorosamente
contro la deviazione di « sinistra », questo fatto, si capisce,
non può non essere stato in qualche modo utile al partito. È
evidente che il partito, negli anni della lotta contro la deviazione trotskista,
di « sinistra », ha imparato molto e non è più facile
ingannarlo con frasi di « sinistra ». In quanto al pericolo di
destra, che esisteva anche prima e adesso si presenta con maggior rilievo,
dato il rafforzamento degli elementi piccolo-borghesi in relazione alla crisi
dell'anno scorso nella compera del grano, esso, io penso, non è ancora
tanto chiaro per certi ambienti del nostro partito. Perciò, senza indebolire
per niente la lotta contro il pericolo trotskista, di « sinistra »,
il nostro compito consiste nel mettere l'accento sulla lotta contro la deviazione
di destra e nel prendere tutte le misure affinché il pericolo di questa
deviazione diventi per il partito altrettanto evidente quanto il pericolo
trotskista.
La questione della deviazione di destra probabilmente non ci si porrebbe in
modo così acuto come oggi si pone, se non fosse legata alla questione
delle difficoltà del nostro sviluppo. Ma avviene proprio che l'esistenza
della deviazione di destra complica le difficoltà del nostro sviluppo
e frena gli sforzi per superarle. E precisamente perché il pericolo
di destra rende più difficile la lotta per superare le difficoltà,
appunto per questo il problema di superare il pericolo di destra assume per
noi un'importanza particolarmente grande.
Due parole sul carattere delle nostre difficoltà. Bisogna tener presente
che le nostre difficoltà non sono difficoltà di stasi o di declino.
Vi sono delle difficoltà che sopravvengono in periodo di declino o
di stasi della produzione; allora si cerca di rendere la stasi meno dolorosa,
o il declino meno profondo. Le nostre difficoltà non hanno niente a
che fare con le difficoltà di questo genere. Il tratto caratteristico
delle nostre difficoltà è che esse sono difficoltà di
ascesa, difficoltà di sviluppo. Quando da noi si parla di difficoltà,
si tratta di solito della percentuale di sviluppo dell'industria, della percentuale
di aumento delle superfici seminate, dell'incremento in pudi del rendimento
della terra, ecc.
E appunto perché le nostre difficoltà sono difficoltà
di sviluppo e non di declino o di stasi, appunto per questo esse non devono
rappresentare per il partito niente di particolarmente pericoloso. Ma le difficoltà
sono pur sempre difficoltà. E siccome per superare le difficoltà
occorre una tensione di tutte le forze, sono necessarie fermezza e padronanza
di se stessi, qualità che non tutti posseggono in misura sufficiente,
forse per stanchezza ed esaurimento, o perché si preferisce vivere
più tranquilli, senza lotte e tribolazioni, ecco che incominciano gli
ondeggiamenti e le esitazioni, le svolte verso la linea della minor resistenza,
i discorsi sulla riduzione del ritmo di sviluppo dell'industria, sulle facilitazioni
da dare agli elementi capitalistici, sulla negazione dell'utilità dei
colcos e dei sovcos e, in generale, di tutto ciò che esce dal quadro
consueto e calmo del lavoro quotidiano. Ma non possiamo andare avanti senza
superare le difficoltà che ci si presentano. E per superarle bisogna
prima di tutto vincere il pericolo di destra, bisogna prima di tutto superare
la deviazione di destra, che frena la lotta contro le difficoltà, che
tenta di spezzare la volontà del nostro partito nella lotta per superare
le difficoltà. Naturalmente si tratta di una lotta effettiva contro
la deviazione di destra, e non di una lotta a parole e sulla carta. V'è
della gente nel nostro partito che, per scaricarsi la coscienza, è
disposta a dichiarare battaglia al pericolo di destra così come i preti
cantano, a volte, « alleluia, alleluia », ma non prende nessuna,
assolutamente nessuna misura pratica per organizzare effettivamente la lotta
contro la deviazione di destra superarla in realtà. Questa corrente
si chiama, da noi, corrente conciliatrice verso la deviazione chiaramente
opportunista, di destra. Non è difficile comprendere che la lotta contro
questo genere di corrente conciliatrice è parte integrante della lotta
generale contro la deviazione di destra, contro il pericolo di destra. Infatti
è impossibile superare la deviazione di destra, la deviazione opportunista,
senza una lotta sistematica contro la tendenza conciliatrice, che copre gli
opportunisti sotto le sue ali.
La questione degli esponenti della deviazione di destra presenta un interesse
indiscutibile, sebbene non decisivo. Abbiamo avuto occasione di incontrarci
con degli esponenti del pericolo di destra nelle organizzazioni di base del
nostro partito, l'anno scorso, durante la crisi della compera del grano, allorché
una serie di comunisti, nei mandamenti e nei villaggi, attaccavano la politica
del partito, dirigendosi nel senso di una alleanza con gli elementi kulak.
Sapete che i comunisti di questi genere sono stati espulsi dal partito, nella
primavera di quest'anno, del che si fa cenno in modo speciale in un noto documento
del Comitato Centrale del nostro partito, nel mese di febbraio di quest'anno.
Ma sarebbe errato dire che elementi di questo genere non ne siano rimasi nel
partito. Se si sale più in alto, alle organizzazioni di partito provinciali
e distrettuali, e si cerca bene nell'apparato sovietico e cooperativo, si
possono trovare senza fatica degli esponenti del pericolo di destra e della
tendenza conciliatrice con esso. Sono note le « lettere », le
« dichiarazioni » e altri documenti di parecchi militanti del
nostro apparato di partito e sovietico, in cui la tendenza alla deviazione
di destra è apparsa nel modo più preciso. Sapete che di queste
lettere e di questi documenti si fa menzione nello stenogramma dell'Assemblea
plenaria del Comitato Centrale del mese di luglio. Se si sale ancora più
in alto e si pone la questione relativamente al Comitato Centrale, bisogna
riconoscere che anche nel Comitato Centrale vi sono alcuni elementi, in numero,
è vero molto ridotto, che hanno una posizione conciliatrice verso il
pericolo di destra. Lo stenogramma dell'Assemblea plenaria di luglio del Comitato
Centrale ne fornisce una prova diretta. E nell'Ufficio politico? Vi sono nell'Ufficio
politico delle deviazioni? Nell'Ufficio politico non vi soni: né destri,
né sinistri, né conciliatori verso di essi. Questo bisogna dirlo
qui, nel modo più categorico. E’ ora di finirla con i pettegolezzi
diffusi dai nemici del partito e da ogni sorta di oppositori, circa l'esistenza
di una deviazione di destra o di una posizione conciliatrice verso di essa
nell'Ufficio politico del nostro Comitato Centrale.
Vi sono state delle esitazioni, degli ondeggiamenti nell'organizzazione di
Mosca o nella sua sommità, nel Comitato di Mosca? Sì, ci sono
state. Sarebbe assurdo affermare adesso che non ci sono state delle esitazioni,
degli ondeggiamenti. Il discorso pieno di franchezza di Penkov ne fornisce
la prova diretta. Penkov non è l'ultimo venuto nell'organizzazione
di Mosca e nel Comitato di Mosca. Avete sentito come egli ha riconosciuto
in modo franco ed aperto i suoi errori su tutta una serie di importantissime
questioni della nostra politica di partito. Ciò non significa, naturalmente,
che tutto il Comitato di Mosca abbia avuto delle esitazioni. No, non significa
questo. Un documento come l'appello rivolto dal Comitato di Mosca ai membri
dell'organizzazione della città nel mese di ottobre di quest'anno,
indica, in modo indiscutibile, che il Comitato di Mosca è riuscito
a superare le esitazioni di alcuni dei suoi membri. Non dubito che il nucleo
dirigente del Comitato di Mosca saprà ristabilire definitivamente la
situazione.
Alcuni compagni sono malcontenti perché le organizzazioni rionali sono
intervenute in questa faccenda, chiedendo la liquidazione degli errori e delle
esitazioni di questi o di quei dirigenti dell'organizzazione di Mosca. Non
so come si possa giustificare questo malcontento. Cosa può esserci
di male nel fatto che le assemblee rionali dei militanti dell'organizzazione
di Mosca hanno levato la loro voce, per esigere la liquidazione degli errori
e delle esitazioni? Non si svolge il nostro lavoro sotto l'insegna dell'autocritica
dal basso? Non è un fatto che l'autocritica stimola l'attività
della base del partito e della base proletaria in generale? Cosa c'è
di male o di pericoloso se le assemblee rionali dei militanti si sono mostrate
all'altezza della situazione?
Ha agito giustamente il Comitato Centrale intervenendo in questa questione?
Penso che il Comitato Centrale abbia agito giustamente. Bersin pensa che il
Comitato Centrale agisca in modo troppo severo quando propone la destituzione
di uno dei dirigenti di rione contro il quale è insorta l'organizzazione
rionale. È completamente falso. Potrei ricordare a Bersin qualche episodio
del 1919-1920, quando alcuni membri del Comitato Centrale che avevano commesso
degli errori non molto gravi, penso, nei riguardi della linea del partito,
su proposta di Lenin furono puniti in modo esemplare. Uno di essi fu mandato
nel Turkestan e il secondo per un pelo non pagò l'errore con l'esclusione
dal Comitato Centrale. Aveva ragione Lenin di agire in questo modo? Penso
che avesse pienamente ragione. Allora la situazione nel Comitato Centrale
non era come quella di oggi. Allora la metà del Comitato Centrale seguiva
Trotski e nel Comitato Centrale stesso non c'era una situazione stabile. Oggi
il Comitato Centrale agisce in modo incomparabilmente più mite. Perché?
Forse perché vogliamo essere più buoni di Lenin? No, non si
tratta di questo. È che oggi la situazione del Comitato Centrale è
molto più stabile di allora e che oggi il Comitato Centrale può
agire in modo più mite. Ha torto anche Sakharov quando afferma che
il Comitato Centrale ha tardato a intervenire. Ha torto, perché ignora,
evidentemente, che l'intervento del Comitato Centrale è incominciato,
a propriamente parlare, nel mese di febbraio di quest'anno. Sakharov può
convincersene, se lo desidera. E’ vero, l'intervento del Comitato Centrale
non ha dato subito dei risultati positivi. Ma sarebbe strano darne la colpa
al Comitato Centrale.
Conclusioni: 1) il pericolo di destra rappresenta un pericolo serio nel nostro
partito, perché ha le sue radici nella situazione economica e sociale
del nostro paese; 2) il pericolo della deviazione di destra si aggrava per
la presenza di difficoltà che è impossibile superare senza superare
la deviazione di destra e la tendenza conciliatrice verso di essa; 3) nell'organizzazione
di Mosca ci sono state delle esitazioni e degli ondeggiamenti, ci sono stati
degli elementi di instabilità; 4) il nucleo del Comitato di Mosca,
con l'aiuto del Comitato Centrale e delle assemblee rionali dei militanti,
ha preso tutte le misure affinché le esitazioni fossero liquidate;
5) non vi può essere dubbio che il Comitato di Mosca riuscirà
a superare gli errori che si erano manifestati prima; 6) il nostro compito
consiste nel liquidare la lotta interna, nel cementare l'unità dell'organizzazione
di Mosca e nel condurre a termine con successo le nuove elezioni nelle cellule
sulla base dell'autocritica più larga. (Applausi).