Biblioteca Multimediale Marxista
RAPPORTO ALL'ASSEMBLEA PLENARIA COMUNE DEL
COMITATO
CENTRALE DELLA COMMISSIONE CENTRALE DI CONTROLLO
DEL PARTITO COMUNISTA (BOLSCEVICO) DELL'U.R.S.S.
7 GENNAIO 1933
CAPITOLO I
L'importanza internazionale del Piano quinquennale
Compagni! Quando è apparso il piano quinquennale la gente era lungi
dal presupporre ch'esso potesse avere una grande importanza internazionale.
Al contrario, molti pensavano che il piano quinquennale fosse affare privato
dell'Unione Sovietica, affare importante e serio, ma comunque affare privato,
nazionale dell'Unione Sovietica.
La storia ha mostrato, tuttavia, che l'importanza internazionale del piano
quinquennale è incommensurabile. La storia ha mostrato che il piano
quinquennale non è cosa che riguardi privatamente l'Unione Sovietica,
ma è cosa che riguarda tutto il proletariato internazionale.
Già molto tempo prima dell'apparizione del piano quinquennale, nel
periodo in cui stavamo terminando la lotta contro gli invasori stranieri e
ci mettevamo sulla strada dell'edificazione economica; già in quel
periodo Lenin diceva che la nostra edificazione economica ha una profonda
importanza internazionale, che ogni passo in avanti del potere sovietico sulla
strada dell'edificazione economica suscita un'eco profonda negli strati più
diversi della popolazione dei paesi capitalistici e divide gli uomini in due
campi: il campo dei seguaci della rivoluzione proletaria e il campo dei suoi
avversari.
Lenin diceva allora:
« Attualmente, è per mezzo della nostra politica economica che
esercitiamo la nostra influenza principale sulla rivoluzione internazionale.
Tutti guardano alla Repubblica sovietica della Russia, tutti i lavoratori
di tutti i paesi del mondo, senza alcuna eccezione e senza alcuna esagerazione.
Questo lo abbiamo raggiunto... Su questo terreno la lotta si è trasferita
sull'arena mondiale. Se adempiamo questo compito, avremo certamente e definitivamente
vinto su scala mondiale. Perciò le questioni della edificazione economica
acquistano per noi un'importanza assolutamente eccezionale. Su questo fronte
dobbiamo riportare la vittoria con un miglioramento progressivo, lento, graduale
— un progresso rapido è impossibile — ma continuo».
(« Discorso di chiusura della Conferenza del P.C.(b)R. del 26-27 maggio
1921 »., vol. XXVI, pp. 410-411, ed. russa).
Questo venne detto nel periodo in cui stavamo terminando la guerra contro
gli invasori stranieri, quando dalla lotta militare contro il capitalismo
passavamo alla lotta sul fronte economico, al periodo dell'edificazione economica.
Da allora sono passati molti anni, e ogni passo compiuto dal potere sovietico
nel campo dell'edificazione economica, ogni anno, ogni trimestre ha confermato
brillantemente la giustezza di queste parole del compagno Lenin.
Ma la più brillante conferma della giustezza delle parole di Lenin
l'ha data il piano quinquennale della nostra edificazione, l'hanno data la
apparizione di questo piano, il suo sviluppo, la sua realizzazione. In realtà,
nessun passo compiuto sulla via dell'edificazione economica nel nostro paese
sembra aver suscitato negli strati più diversi dei paesi capitalistici
dell'Europa, dell'America, dell'Asia, un'eco pari a quella che è stata
suscitata dal piano quinquennale, dal suo sviluppo, dalla sua realizzazione.
Nei primi tempi il piano quinquennale venne accolto dalla borghesia e dalla
sua stampa con derisione. « Fantasia », « delirio »,
« utopia », così essi battezzavano allora il nostro piano
quinquennale. Dopo, quando si incominciò a vedere che l'attuazione
del piano quinquennale dava dei risultati reali, suonarono l'allarme, affermando
che il piano quinquennale minacciava l'esistenza dei paesi capitalistici,
che la sua realizzazione avrebbe provocato un'inondazione di merci nei mercati
europei, un rafforzamento del dumping e un aumento della disoccupazione. Poi,
non avendo dato dei risultati nemmeno questo trucco utilizzato contro il potere
sovietico, incominciò la serie dei viaggi nell'U.R.S.S. di differenti
rappresentanti di aziende d'ogni sorta, di organi della stampa, di società
di diversa natura, ecc., allo scopo di vedere coi propri occhi ciò
che, a propriamente parlare, accade nell'U.R.S.S. Non parlo qui delle delegazioni
operaie, che sin dal primo apparire del piano quinquennale manifestarono il
loro entusiasmo per le iniziative e per i successi del potere sovietico, e
si dimostrarono pronte ad appoggiare la classe operaia dell'U.R.S.S.
Da quel momento incominciò pure la scissione della cosiddetta opinione
pubblica, della stampa borghese, delle associazioni borghesi di ogni sorta,
ecc. Gli uni affermavano che il piano quinquennale aveva fatto fallimento
completo e che i bolscevichi si trovavano sull'orlo dell'abisso. Gli altri
assicuravano, al contrario, che benché i bolscevichi siano dei cattivi
soggetti, il piano quinquennale cionondimeno sarebbe riuscito e i bolscevichi,
a quanto pare, avrebbero raggiunto il loro scopo.
Non è forse superfluo ch'io citi i giudizi di ogni sorta di organi
della stampa borghese.
Prendiamo, ad esempio, il giornale americano: « New York Times ».
Alla fine di novembre 1932 questo giornale scriveva:
« Un piano industriale di cinque anni, che si è posto lo scopo
di sfidare il senso della proporzione, che cerca di raggiungere il suo scopo
"senza badare alla spesa", come Mosca si è vantata spesso
con orgoglio, non è in realtà un piano. E' una speculazione
».
Risulta che il piano quinquennale non sarebbe nemmeno un piano, ma una vuota
speculazione. Ed ecco il giudizio del giornale borghese inglese « Daily
Telegraph » alla fine del novembre 1932:
« Come prova pratica della "economia pianificata", il piano
è completamente fallito ».
Giudizio del « New York Times » nel novembre 1932:
« La campagna di collettivizzazione è vergognosamente fallita.
Essa ha portato la Russia sull'orlo della fame ».
Giudizio del giornale borghese polacco « Gazeta Polska » nell'estate
1932:
« La situazione sembra dimostrare che il governo sovietico, con la sua
politica di collettivizzazione delle campagne, si è cacciato in un
vicolo cieco ».
Giudizio del giornale borghese inglese « Financial Times » nel
novembre 1932:
« Come risultato della loro politica, Stalin e il suo partito si trovano
davanti al fallimento del sistema del piano quinquennale e all'abbandono di
tutti i compiti che esso doveva risolvere ».
Giudizio della rivista italiana « Politica »:
« Sarebbe assurdo pensare che quattro anni di lavoro di un popolo di
160 milioni di persone, quattro anni di tensione economica e politica sovrumana,
da parte del regime, di una forza come quella che rappresenta il regime bolscevico,
non abbiano creato nulla. Al contrario, essi hanno creato molto. Ciononostante
la catastrofe è un fatto evidente per tutti. Se ne sono convinti amici
e nemici, bolscevichi e antibolscevichi, oppositori di destra e di sinistra
».
Infine, ecco il giudizio della rivista borghese americana « Current
History »
« Uno sguardo alla situazione attuale della Russia porta quindi alla
conclusione che il programma quinquennale è fallito tanto in rapporto
agli obiettivi dichiarati quanto e ancora più radicalmente in rapporto
ad alcuni suoi principi sociali fondamentali ».
Tali sono i giudizi di una parte della stampa borghese.
Val forse la pena di criticare gli autori di questi giudizi? Penso che non
ne vale la pena. Non ne vale la pena perché questi uomini « dalla
testa dura » appartengono alla specie dei fossili del periodo medioevale,
per i quali i fatti non hanno importanza e che, in qualsiasi modo venga da
noi realizzato il piano quinquennale, ripeteranno sempre le stesse cose.
Passiamo ai giudizi di altri organi di stampa, procedenti dallo stesso campo
borghese.
Ecco il giudizio del noto giornale francese « Le Temps » nel gennaio
1932:
« L'U.R.S.S. ha vinto il primo turno, industrializzandosi senza l'aiuto
del capitale straniero ». Giudizio dello stesso « Temps »
nell'estate 1932:
« Il comunismo compie la ricostruzione a ritmi giganteschi, mentre il
regime capitalista permette di avanzare solo a lenti passi... In Francia,
dove la proprietà privata della terra è ripartita all'infinito
tra singoli proprietari, è impossibile meccanizzare l'agricoltura.
I Soviet, invece, industrializzando l'agricoltura hanno risolto il problema.
Nella gara con noi i bolscevichi sono stati vincitori ».
Giudizio della rivista borghese inglese « Round Table »:
« Le realizzazioni del piano quinquennale sono un fenomeno stupefacente.
Le fabbriche di trattori di Kharkov e di Stalingrado, la fabbrica di automobili
"Amo" a Mosca, la fabbrica di automobili di N.-Novgorod, la centrale
idroelettrica del Dniepr, le grandiose acciaierie dì Magnitogorsk e
del Kusnietsk, tutta una rete di officine di costruzioni meccaniche e di prodotti
chimici negli Urali, i quali si trasformano in una Rhur sovietica, tutte queste
e altre realizzazioni industriali in tutto il paese provano che l'industria
sovietica, malgrado tutte le difficoltà, prospera e si rafforza come
una pianta ben curata... Il piano quinquennale ha gettato le basi dello sviluppo
futuro e ha rafforzato straordinariamente la potenza dell'U.R.S.S. ».
Giudizio della rivista borghese inglese « Financial Times »:
« I successi che sono stati ottenuti nell'industria delle costruzioni
meccaniche non ammettono dubbi. L'esaltazione di questi successi nella stampa
e nei discorsi non è affatto infondata. Non si deve dimenticare che
la Russia, un tempo, produceva solo le macchine e gli strumenti più
semplici... E' vero che anche ora le cifre assolute dell'importazione di macchine
e di strumenti aumentano; ma la proporzione delle macchine importate è
in continua diminuzione rispetto a quelle che vengono prodotte nella stessa
U.R.S.S. ... L'U.R.S.S. attualmente produce tutti i macchinari necessari per
la sua industria metallurgica ed elettrica. Essa ha saputo creare una propria
industria automobilistica. Essa ha creato una produzione di strumenti e di
utensili, a partire dai piccoli strumenti di precisione sino alle presse più
pesanti. Per quanto riguarda le macchine agricole, l'U.R.S.S. non dipende
più dall'importazione estera. In pari tempo il governo sovietico prende
delle misure per non permettere che il ritardo nella produzione di carbone
e del ferro minacci la realizzazione del piano quinquennale in quattro anni.
Non vi è dubbio che le officine giganti di costruzione recente assicurano
un notevole aumento della produzione dell'industria pesante ».
Giudizio del giornale borghese austriaco « Neue Freie Presse »
all'inizio del 1932:
« Si può maledire il bolscevismo, ma bisogna conoscerlo. Il piano
quinquennale è un nuovo colosso che bisogna prendere in considerazione
per lo meno dal punto di vista economico ».
Giudizio del capitalista inglese Gibson Jarvie, presidente della banca «
United Dominion », nell'ottobre 1932:
« Tengo a dichiarare che non sono né comunista né bolscevico,
sono capitalista e individualista convinto... La Russia progredisce, mentre
troppe nostre fabbriche sono chiuse e circa 3 milioni di persone del nostro
popolo cercano disperatamente lavoro. Il piano quinquennale è stato
deriso e si è predetto il suo fallimento. Ma siate certi che in regime
di piano quinquennale hanno fatto più di quanto si ripromettevano...
In tutte le città industriali che ho visitato sorgono nuovi quartieri,
costruiti secondo un piano determinato, con vie larghe, adorne di alberi e
di giardini, con case del tipo più moderno, scuole, ospedali, circoli
operai e con gli inevitabili nidi e giardini d'infanzia, dove si ha cura dei
bambini delle madri che lavorano... Non cercate di sottovalutare i russi e
i loro piani e non fate l'errore di sperare che il potere dei Soviet possa
crollare... La Russia d'oggi è un paese che ha un'anima e un ideale.
La Russia è un paese di un'attività sorprendente. Credo che
le aspirazioni della Russia siano sane... La cosa più importante, forse,
è che tutta la gioventù e gli operai in Russia posseggono una
cosa che purtroppo oggi manca nei paesi capitalistici: la speranza ».
Giudizio della rivista borghese americana « Nation », nel novembre
1932:
« I quattro anni del piano quinquennale hanno apportato in verità
delle realizzazioni magnifiche. L'Unione Sovietica ha lavorato con una intensità
da tempi di guerra per realizzare il compito creativo di costruire le basi
di una nuova vita. Il volto del paese si trasforma letteralmente, in modo
che diventa impossibile riconoscerlo... Ciò è vero per Mosca
con le sue centinaia di vie e di corsi da poco asfaltati, di nuovi edifici,
di nuovi sobborghi e un anello di nuove fabbriche alla periferia. Ciò
è vero anche per le città meno importanti. Nuove città
sono sorte nelle steppe e nei deserti, e non poche città senza importanza,
ma almeno cinquanta città con una popolazione da 50 a 250 mila abitanti.
Tutte sono sorte negli ultimi quattro anni, ognuna di esse è il centro
di una nuova azienda o di una serie di aziende costruite per lo sfruttamento
delle ricchezze naturali. Centinaia di nuove centrali elettriche locali e
numerosi giganti come la centrale elettrica del Dniepr fanno gradualmente
diventare una realtà la formula di Lenin: "Il socialismo è
il potere sovietico più l'elettrificazione"... L'Unione Sovietica
ha organizzato la produzione in serie di un numero infinito di oggetti, che
la Russia prima non aveva mai prodotto: trattori, mieto-trebbiatrici, acciai
fini, caucciù sintetico, cuscinetti a sfere, potenti motori Diesel,
turbine di 50 mila chilowatt, materiale telefonico, macchine elettriche per
l'industria mineraria, aeroplani, automobili, biciclette e centinaia di tipi
di nuove macchine. Per la prima volta nella storia la Russia produce alluminio,
magnesite, apatite, iodio, potassio e molti altri prodotti preziosi. I punti
di riferimento nelle pianure sovietiche non sono più le croci e le
cupole delle chiese, ma gli elevatori di grano e le torri dei sili. I colcos
costruiscono case, stalle, porcili. L'elettricità penetra nel villaggio,
la radio e il giornale lo hanno conquistato. Gli operai imparano a lavorare
sulle macchine più moderne. I giovani contadini costruiscono e mettono
in azione macchine agricole più grosse e più complicate di quelle
che l'America non abbia mai viste. La Russia comincia a "pensare per
macchine". La Russia passa rapidamente dal secolo del legno al secolo
del ferro, dell'acciaio, del cemento e dei motori ».
Giudizio della rivista riformista inglese di "sinistra" «
Forward », nel settembre 1932:
« Quel che colpisce è l'enorme lavoro che vien fatto nell'U.R.S.S.
Nuove fabbriche, nuove scuole, nuovi cinematografi, nuovi club, nuove case
enormi: dappertutto costruzioni nuove. Molte di esse sono già finite,
altre sono ancora circondate dalle impalcature... È difficile raccontare
al lettore inglese ciò che è stato fatto negli ultimi due anni
e ciò che si sta ancora facendo. Bisogna aver visto tutto questo, per
credervi. I nostri propri successi, realizzati durante la guerra, sono inezie
in confronto a ciò che si fa nell'U.R.S.S. Gli americani riconoscono
che anche nel periodo della febbre costruttiva più intensa negli Stati
occidentali, ivi non vi fu nulla di simile all'attuale febbrile attività
creatrice dell'U.R.S.S. Negli ultimi due anni si sono compiuti nell'U.R.S.S.
tanti cambiamenti, che si rinuncia persino a immaginarsi che cosa vi sarà
in questo paese fra altri dieci anni... Levatevi dalla testa i fantastici
racconti di terrore dei giornali inglesi, che mentono in modo così
caparbio e così assurdo a proposito dell'U.R.S.S. Levatevi dalla testa
tutte le mezze verità e le impressioni, basate sull'incomprensione,
che sono messe in giro da intellettuali dilettanti i quali guardano l'U.R.S.S.
con aria di protezione, attraverso gli occhiali della classe media, ma non
hanno la minima idea di ciò che avviene laggiù... L'U.R.S.S.
costruisce una nuova società su basi sane. Per raggiungere questo scopo
bisogna correre un rischio, bisogna lavorare con entusiasmo, con un'energia
tale che non ha precedenti nel mondo, bisogna lottare contro difficoltà
enormi, inevitabili quando si vuole edificare il socialismo in un paese immenso,
isolato dal resto del mondo. Ma avendo visitato questo paese per la seconda
volta in due anni, ho avuto l'impressione che esso si è messo sulla
via di un progresso sicuro, che esso pianifica, crea e costruisce e tutto
ciò in una misura tale che è una sfida lanciata al mondo capitalista
nemico ».
Tali sono le discrepanze e la divisione negli ambienti borghesi, di cui gli
uni sono per l'annientamento dell'U.R.S.S. col suo piano quinquennale che
pretendono fallito, mentre gli altri sono visibilmente per una collaborazione
commerciale con l'U.R.S.S. contando, evidentemente, di poter ricavare qualche
profitto dai successi del piano quinquennale.
A parte si pone la questione dell'atteggiamento della classe operaia dei paesi
capitalistici verso il piano quinquennale, verso i successi dell'edificazione
socialista nell'U.R.S.S. Ci si potrebbe limitare a riportare qui il giudizio
di una delle numerose delegazioni operaie, che ogni anno vengono nell'U.R.S.S.,
non foss'altro che la delegazione operaia belga, per esempio. Questo giudizio
è tipico per tutte le delegazioni operaie, senza eccezione, si tratti
di delegazioni inglesi o francesi, tedesche o americane o di altri paesi.
Ecco questo giudizio:
« Siamo colpiti d'ammirazione davanti alla grandiosa edificazione che
abbiamo osservato durante il nostro viaggio. A Mosca, come a Makeievka, a
Gorlovka, a Kharkov e a Leningrado abbiamo potuto constatare con quale entusiasmo
vi si lavora. Tutte le macchine sono dell'ultimo modello. Le officine sono
pulite, con molta aria e molta luce. Abbiamo visto come nell'U.R.S.S. viene
prestata agli operai l'assistenza medica e sanitaria. Le abitazioni operaie
sono costruite nelle vicinanze delle officine. Nei quartieri operai sono organizzate
scuole e giardini d'infanzia; i bambini sono circondati dalle cure più
premurose. Abbiamo potuto osservare la differenza tra le vecchie e le nuove
fabbriche, tra le vecchie e le nuove abitazioni. Tutto ciò che abbiamo
visto ci ha dato una chiara visione della forza enorme degli operai, i quali,
sotto la direzione del partito comunista costruiscono una nuova società.
Abbiamo osservato nell'U.R.S.S. una grande ascesa culturale, mentre negli
altri paesi regna il regresso in tutti i campi, regna la disoccupazione. Abbiamo
potuto vedere quali terribili difficoltà i lavoratori sovietici incontrano
sul loro cammino. Tanto maggiormente comprendiamo la fierezza con la quale
essi ci mostrano le loro vittorie. Siamo convinti che essi supereranno tutti
gli ostacoli ».
Ecco qual è l'importanza internazionale del piano quinquennale. Ci
è bastato compiere due o tre anni di lavoro costruttivo, ci è
bastato mostrare i primi successi del piano quinquennale, perché tutto
il mondo si dividesse in due campi, il campo di coloro che non si stancano
d'insultarci e il campo di coloro che sono stupefatti dei successi del piano
quinquennale, senza parlare del fatto che in tutto il mondo esiste e si rafforza
il nostro proprio campo, il campo della classe operaia dei paesi capitalistici,
che si rallegra dei successi della classe operaia dell'U.R.S.S. ed è
pronta ad appoggiarla, con gran terrore della borghesia del mondo intero.
Che cosa significa ciò?
Ciò significa che l'importanza internazionale del piano quinquennale,
l'importanza internazionale dei suoi successi e delle sue conquiste non ammettono
dubbi.
Ciò significa che i paesi capitalistici sono gravidi della rivoluzione
proletaria, e che appunto perché sono gravidi della rivoluzione proletaria
la borghesia vorrebbe attingere negli insuccessi del piano quinquennale un
nuovo argomento contro la rivoluzione, mentre al contrario il proletariato
cerca di attingere e attinge effettivamente nei successi del piano quinquennale
un nuovo argomento a favore della rivoluzione, contro la borghesia di tutto
il mondo.
I successi del piano quinquennale mobilitano le forze rivoluzionarie della
classe operaia di tutti i paesi contro il capitalismo, questo è il
fatto innegabile.
Non vi può essere dubbio che l'importanza rivoluzionaria internazionale
del piano quinquennale è veramente incommensurabile.
Con tanto maggior attenzione dobbiamo quindi considerare la questione del
piano quinquennale, del suo contenuto, dei suoi compiti fondamentali.
Con tanto maggior cura dobbiamo analizzare il bilancio del piano quinquennale,
il bilancio della sua esecuzione e della sua messa in pratica.
CAPITOLO II
Il compito fondamentale del Piano quinquennale
e i mezzi per realizzarlo
Passiamo ora alla questione del piano quinquennale in sé. Che cosa
è il piano quinquennale?
In che cosa consisteva il compito fondamentale del piano quinquennale?
Il compito fondamentale del piano quinquennale consisteva nel far passare
il nostro paese, con la sua tecnica arretrata, talora medioevale, a una tecnica
nuova, moderna.
Il compito fondamentale del piano quinquennale consisteva nel trasformare
l'U.R.S.S. da paese agrario e debole, dipendente dai capricci dei paesi capitalistici,
in un paese industriale e potente, interamente libero e indipendente dai capricci
del capitalismo mondiale.
Il compito fondamentale del piano quinquennale consisteva nell'eliminare completamente,
trasformando l'U.R.S.S. in un paese industriale, gli elementi capitalistici,
nell'allargare il fronte delle forme economiche socialiste e nel creare una
base economica per la soppressione delle classi nell'U.R.S.S., per l'edificazione
di una nuova società socialista.
Il compito fondamentale del piano quinquennale consisteva nel creare nel nostro
paese un'industria capace di riattrezzare e riorganizzare, sulla base del
socialismo, non solo l'industria nel suo assieme, ma anche i trasporti e l'agricoltura.
Il compito fondamentale del piano quinquennale consisteva nel fare passare
sulla via della grande economia collettiva la piccola economia rurale sparpagliata,
per assicurare la base economica del socialismo nelle campagne ed eliminare
così la possibilità di restaurazione del capitalismo nell'U.R.S.S.
Infine, il compito del piano quinquennale consisteva nel creare nel paese
tutte le premesse tecniche ed economiche necessarie per il maggiore aumento
possibile della capacità di difesa del paese, per permettergli di organizzare
una risposta vigorosa a tutti i tentativi d'intervento militare dall'estero,
a tutti i tentativi di aggressione armata dall'estero, da qualunque parte
essi vengano.
Da che cosa era dettato questo compito fondamentale del piano quinquennale,
quale ne era la giustificazione?
Era dettato dalla necessità di liquidare l'arretratezza tecnica ed
economica dell'Unione Sovietica, che la condannava a un'esistenza poco invidiabile;
dalla necessità di creare nel paese condizioni tali che dessero la
possibilità all'Unione Sovietica non solo di raggiungere, ma col tempo
anche di superare tecnicamente ed economicamente i paesi capitalistici più
progrediti.
Dalla considerazione che il potere sovietico non può reggersi a lungo
sulla base di un'industria arretrata, che soltanto una grande industria moderna,
la quale non solo non la ceda in nulla all'industria dei paesi capitalisti,
ma possa col tempo esserle superiore, può costituire un fondamento
reale e sicuro per il potere sovietico.
Dalla considerazione che il potere sovietico non può reggersi a lungo
su due basi opposte, sulla grande industria socialista che annienta gli elementi
capitalistici, e sulla piccola azienda contadina individuale che genera gli
elementi capitalistici.
Dalla considerazione che sino a che non sarà dato alle piccole aziende
contadine il fondamento della grande produzione, sino a che le piccole aziende
contadine non saranno riunite in grandi aziende collettive, il pericolo di
restaurazione del capitalismo nell'U.R.S.S. è il pericolo più
reale di tutti i pericoli possibili.
Lenin diceva:
« La rivoluzione ha fatto sì che la Russia, per ciò che
si riferisce alla sua struttura politica, ha raggiunto in pochi mesi i paesi
avanzati.
Ma ciò non basta. La guerra è inesorabile; essa pone la questione
con una accuratezza spietata: o perire, o raggiungere i paesi più progrediti
e superarli anche economicamente... Perire oppure lanciarsi avanti a tutto
vapore. Così la storia pone il problema ». (« La catastrofe
che minaccia e come lottare contro di essa », vol. XXI, p. 191, ed.
russa).
Lenin diceva:
« Fino a quando vivremo in un paese di piccoli contadini, esisterà
in Russia, per il capitalismo, una base economica più solida che per
il comunismo. E' necessario ricordarlo. Chiunque osserva attentamente la vita
della campagna e la confronta con quella della città, sa che le radici
del capitalismo non le abbiamo estirpate e che le fondamenta, le basi del
nemico interno non le abbiamo scalzate. Questi si appoggia sulla piccola azienda,
e per poterlo scalzare c'è un solo mezzo: dare all'economia del paese,
agricoltura compresa, una nuova base tecnica, la base tecnica della grande
produzione moderna... Solo quando il paese sarà elettrificato, quando
avremo dato all'industria, all'agricoltura e ai trasporti la base tecnica
della grande industria moderna, solo allora vinceremo definitivamente ».
(« Rapporto sull'attività del Consiglio dei Commissari del popolo
all'Ottavo Congresso dei Soviet », vol. XXVI, pp. 46-47).
Queste sono le tesi cui si è ispirato il partito nell'elaborare il
piano quinquennale, nel determinare il compito fondamentale del piano quinquennale.
Così si presenta il problema del compito fondamentale del piano quinquennale.
Ma la realizzazione di un piano così grandioso non può essere
incominciata in modo disordinato, come capita. Per realizzare un piano simile
bisogna innanzitutto trovare l'anello principale del piano, perché
solo dopo aver trovato l'anello principale e averlo afferrato, si possono
tirare a sé i restanti anelli del piano. In che cosa consisteva l'anello
principale del piano quinquennale?
L'anello principale del piano quinquennale consisteva nell'industria pesante,
col suo asse, le costruzioni meccaniche. Solo l'industria pesante, infatti,
è in grado di ricostruire e mettere in piedi tanto l'industria nel
suo complesso, quanto i trasporti e l'agricoltura. Da essa bisognava incominciare
la realizzazione del piano quinquennale. Di conseguenza la ricostituzione
dell'industria pesante doveva essere posta alla base della realizzazione del
piano quinquennale.
Anche a proposito di questo abbiamo una indicazione di Lenin:
« La salvezza per la Russia non sta solo in un buon raccolto della azienda
contadina — questo è ancora poco — e non solo in una buona
situazione dell'industria leggera, che rifornisce i contadini di oggetti di
consumo — anche questo è ancora poco — ci è necessaria
anche una industria pesante... Senza salvezza dell'industria pesante, senza
ricostituzione di essa, non potremo costruire nessuna industria, e senza industria
siamo finiti, in generale, come paese indipendente... L'industria pesante
ha bisogno di sovvenzioni dello Stato. Se non le troviamo, siamo finiti, non
dico nemmeno come Stato socialista, ma come Stato civilizzato ». («
Cinque anni di rivoluzione russa e prospettive della rivoluzione mondiale
», vol. XXVII, p. 349, ed. russa).
Ma la ricostituzione e lo sviluppo dell'industria pesante, particolarmente
in un paese così arretrato e povero come era il nostro all'inizio del
piano quinquennale, è una delle cose più difficili, perché
l'industria pesante richiede, come si sa, un gigantesco impiego di capitali
e un minimo di forze tecniche sperimentate, senza di che la restaurazione
dell'industria pesante è semplicemente impossibile. Sapeva il partito,
si rendeva conto il partito di questo? Sì, lo sapeva. E non solo lo
sapeva, ma lo dichiarava ai quattro venti. Il partito sapeva in che modo è
stata costruita l'industria pesante in Inghilterra, in Germania, in America.
Sapeva che l'industria pesante è stata costruita in questi paesi o
con l'aiuto di grandi prestiti, o con la spogliazione di altri paesi, o seguendo
contemporaneamente entrambe queste vie. Il partito sapeva che queste due vie
sono precluse al nostro paese. Su che cosa dunque faceva assegnamento? Faceva
assegnamento sulle forze proprie del nostro paese. Faceva assegnamento sul
fatto che avendo il potere dei Soviet e fondandoci sulla nazionalizzazione
del suolo, dell'industria, dei trasporti, delle banche, del commercio, possiamo
introdurre un regime di rigida economia, per accumulare in misura sufficiente
i mezzi necessari alla ricostituzione e allo sviluppo dell'industria pesante.
Il partito diceva chiaramente che questa opera avrebbe richiesto dei gravi
sacrifici e che, se volevamo raggiungere lo scopo, dovevamo addossarci apertamente
e consapevolmente questi sacrifici. Il partito contava di condurre a termine
questa opera con le forze interiori del nostro paese, senza crediti a condizioni
schiavistiche e senza prestiti esteri.
Ecco che cosa diceva Lenin a questo proposito:
« Ci dobbiamo sforzare di costruire uno Stato in cui gli operai mantengano
la loro direzione sui contadini, la fiducia dei contadini, e con la più
grande economia eliminino dai rapporti sociali ogni traccia di qualsiasi sperpero
inutile.
Dobbiamo ridurre il nostro apparato di Stato alla più grande economia.
Dobbiamo eliminare in esso tutte le tracce di sperpero, lasciategli in così
grande misura dalla Russia zarista e dal suo apparato burocratico e capitalista.
Non sarà questo il regno della grettezza contadina?
No. Se manterremo alla classe operaia la direzione sui contadini, avremo la
possibilità, a prezzo della più grande economia nella gestione
del nostro Stato, di ottenere che anche la più piccola somma risparmiata
sia messa da parte per lo sviluppo della nostra grande industria meccanizzata,
per lo sviluppo dell'elettrificazione, dell'estrazione idraulica della torba,
per condurre a termine la centrale elettrica del Volkhov, ecc.
Questa e solo questa è la nostra speranza. Solo allora, per dirla con
una metafora, saremo in grado di passare da un cavallo all'altro, e precisamente
dalla povera rozza contadina, del mugik, dal ronzino dell'economia, adatto
a un paese contadino rovinato, al cavallo che il proletariato cerca e non
può non cercare per sé, al cavallo della grande industria meccanizzata,
dell'elettrificazione, della centrale elettrica del Volkhov ecc. ».
(« Meglio meno, ma meglio », ibid., p. 417).
Passare dalla povera rozza contadina al cavallo della grande industria meccanizzata,
questo era lo scopo che il partito perseguiva elaborando il piano quinquennale
e lottando per la sua realizzazione.
Stabilire un regime di economia la più rigorosa e accumulare i mezzi
necessari al finanziamento dell'industrializzazione del nostro paese, questa
era la strada su cui ci si doveva mettere per poter ricostituire l'industria
pesante e realizzare il piano quinquennale.
Compito ardito? Strada difficile? Ma il nostro partito si chiama partito di
Lenin appunto perché non ha il diritto di temere le difficoltà.
Anzi, la certezza del partito che il piano quinquennale era realizzabile e
la fiducia nelle forze della classe operaia erano così forti, che il
partito ritenne possibile porsi il compito di realizzare questa opera difficile
non in cinque anni, come stabiliva il piano quinquennale, ma in quattro anni:
esattamente in quattro anni e tre mesi, se si aggiunge il trimestre supplementare.
Questa è la base da cui ebbe origine la famosa parola d'ordine: «
Il piano quinquennale in quattro anni ».
E che cosa è accaduto?
I fatti hanno mostrato, in seguito, che il partito aveva ragione.
I fatti hanno mostrato che senza questo ardire e questa fiducia nelle forze
della classe operaia, il partito non avrebbe potuto ottenere la vittoria di
cui oggi giustamente siamo fieri.
CAPITOLO III
Bilancio del Piano quinquennale in quattro anni
nell'industria
Passiamo ora al bilancio della realizzazione del piano quinquennale. Quale
è nell'industria il bilancio del piano quinquennale in quattro 'anni?
Abbiamo ottenuto, in questo campo, la vittoria?
Sì, l'abbiamo ottenuta. E non solo l'abbiamo ottenuta, ma abbiamo fatto
più di quello che noi stessi ci aspettavamo, più di quello che
potevano aspettarsi le teste più calde del nostro partito. Questo non
lo negano oggi nemmeno i nostri nemici. Tanto meno possono negarlo i nostri
amici.
Non avevamo industria siderurgica, base dell'industrializzazione del paese.
Ora l'abbiamo.
Non avevamo industria di trattori. Ora l'abbiamo.
Non avevamo industria automobilistica. Ora l'abbiamo.
Non avevamo industria di costruzione di macchine utensili. Ora l'abbiamo.
Non avevamo una seria industria chimica moderna. Ora l'abbiamo. Non avevamo
una vera e seria industria di costruzione di macchine agricole moderne. Ora
l'abbiamo.
Non avevamo industria aeronautica. Ora l'abbiamo.
Nella produzione di energia elettrica eravamo all'ultimo posto. Ora siamo
arrivati a uno dei primi posti.
Nella produzione dei derivati della nafta e del carbone eravamo all'ultimo
posto. Ora siamo arrivati a uno dei primi posti.
Avevamo una sola base carbonifera e metallurgica nell'Ucraina, con la quale
andavamo avanti a stento. Siamo riusciti non solo a risollevare questa base,
ma a creare in Oriente una nuova base carbonifera e metallurgica, che è
l'orgoglio del nostro paese.
Avevamo una sola base dell'industria tessile, nel Nord del nostro paese. Siamo
riusciti a far sì che tra poco avremo due nuove basi dell'industria
tessile, nell'Asia centrale e nella Siberia occidentale.
E non solo abbiamo creato questi nuovi rami industriali, ma li abbiamo creati
su tale scala e in tali proporzioni da far impallidire, al confronto, la scala
e le proporzioni dell'industria europea.
E tutto ciò ha avuto come risultato che gli elementi capitalistici
sono stati definitivamente e irrevocabilmente eliminati dall'industria mentre
l'industria socialista è diventata la sola forma d'industria nell'U.R.S.S.
E tutto ciò ha avuto come risultato che il nostro paese da paese agrario
è diventato un paese industriale, perché il peso specifico della
produzione industriale relativamente alla produzione agricola è aumentato
dal 48 % all'inizio del piano quinquennale (1928) al 70 % alla fine del quarto
anno del piano quinquennale (1932).
E tutto ciò ha avuto come risultato che alla fine del quarto anno del
piano quinquennale siamo riusciti ad adempiere il 93,7 % del programma complessivo
della produzione industriale per cinque anni, aumentando il volume della produzione
industriale più di tre volte rispetto al livello d'anteguerra, e più
di due volte rispetto al livello del 1928. Per quanto riguarda il programma
produttivo dell'industria pesante abbiamo realizzato il piano quinquennale
al 108 %. E' vero che nell'industria non abbiamo adempiuto il 6 % del programma
generale del piano quinquennale. Ma ciò si spiega col fatto che, dato
il rifiuto dei paesi limitrofi a firmare con noi dei patti di non aggressione,
e date le complicazioni in Estremo Oriente, abbiamo dovuto, al fine di rafforzare
la nostra difesa, adattare rapidamente una serie di officine alla produzione
di mezzi di difesa moderni. Questo adattamento, data la necessità di
un certo periodo preparatorio, provocò l'arresto della produzione in
queste officine per un periodo di quattro mesi, il che non poteva non avere
delle ripercussioni sull'adempimento del programma generale di produzione
previsto dal piano quinquennale pel 1932. Questa operazione ci ha permesso
di colmare completamente le lacune che esistevano nella capacità difensiva
del paese. Essa non poteva però non avere una ripercussione negativa
sull'adempimento del programma di produzione previsto dal piano quinquennale.
Non vi può essere nessun dubbio che senza questa circostanza fortuita
non solo avremmo adempiuto, ma avremmo certamente superato le cifre del piano
quinquennale.
Infine, tutto ciò ha avuto come risultato che l'Unione dei Soviet da
paese debole, impreparato alla difesa, si è trasformato in un paese
possente per la sua capacità difensiva, in un paese pronto ad ogni
eventualità, in un paese che è capace di produrre in massa tutti
gli strumenti di difesa moderni e di munire di essi il proprio esercito nel
caso di aggressione dall'esterno.
Questo è, nelle linee generali, il bilancio del piano quinquennale
in quattro anni nell'industria.
Giudicate ora voi stessi che cosa valgano, dopo tutto ciò, le ciance
della stampa borghese circa il « fallimento » del piano quinquennale
nell'industria.
E come vanno le cose nei paesi capitalistici, che stanno attualmente attraversando
una crisi durissima, per quanto riguarda lo sviluppo della loro produzione
industriale?
Ecco i dati ufficiali a tutti noti.
Mentre il volume della produzione industriale dell'U.R.S.S. alla fine del
1932 è salito al 334 % rispetto al livello d'anteguerra, il volume
della produzione industriale nello stesso periodo è disceso negli Stati
Uniti all'84 % del livello d'anteguerra, in Inghilterra al 75 %, in Germania
al 62%.
Mentre il volume della produzione industriale dell'U.R.S.S. alla fine del
1932 è salito al 219 % rispetto al livello del 1928, il volume della
produzione industriale, nello stesso periodo, è disceso negli Stati
Uniti al 56 %, in Inghilterra all'80 %, in Germania al 55 %, in Polonia 54
%.
Che cosa dimostrano questi dati, se non che il sistema industria capitalista,
nella contesa col sistema sovietico, non ha resistito alla prova, che il sistema
industriale sovietico ha tutti i vantaggi sul sistema capitalista?
Ci si dice che è bene si siano costruite molte nuove fabbriche, si
siano gettate le basi dell'industrializzazione, ma che sarebbe stato molto
meglio rinunciare alla politica d'industrializzazione, alla politica d'estensione
della produzione dei mezzi di produzione, o almeno, mettere queste cose in
secondo piano per produrre più cotone, più scarpe, più
vestiti e altri oggetti di largo consumo. Oggetti di largo consumo se ne sono
prodotti meno di quello che occorrerebbe, e ciò creerebbe certe difficoltà.
Ma allora bisogna sapere e bisogna rendersi conto dove ci avrebbe condotto
una simile politica di rinvio dei compiti dell'industrializzazione. Certo,
del miliardo e mezzo di rubli in valuta che in questo periodo sono stati spesi
per attrezzare la nostra industria pesante, ne avremmo potuto riservare la
metà per l'importazione di cotone, di pelli, di lana, di caucciù,
ecc. In questo caso avremmo avuto più tessuti, più scarpe, più
vestiti, ma non avremmo né un'industria di trattori, né un'industria
automobilistica, non avremmo un'industria siderurgica degna di qualche rilievo,
non avremmo metallo per la fabbricazione di macchine e, di fronte all'accerchiamento
dei paesi capitalistici attrezzati con la tecnica più moderna, saremmo
disarmati. In questo caso ci saremmo privati della possibilità di rifornire
l'agricoltura di trattori e di macchine agricole, e quindi saremmo restati
senza pane. Ci saremmo privati della possibilità di riportare la vittoria
sugli elementi capitalistici del paese, e avremmo quindi incredibilmente aumentato
le probabilità di restaurazione del capitalismo. Non possederemmo,
in questo caso, tutti quei mezzi di difesa moderni ,senza i quali è
impossibile l'indipendenza d'uno Stato, senza i quali un paese diventa l'oggetto
delle operazioni militari dei nemici esterni. La nostra situazione sarebbe
più o meno analoga, in questo caso, alla situazione della Cina odierna,
che non ha una sua industria pesante, non ha una sua industria di guerra e
viene spennacchiata da tutti quelli che vogliono darsene la pena.
In una parola, in questo caso avremmo avuto un intervento militare, non avremmo
avuto dei patti di non aggressione, ma la guerra, una guerra pericolosa e
mortale, una guerra sanguinosa e ineguale, poiché in questa guerra
saremmo stati quasi disarmati di fronte a nemici aventi a loro disposizione
tutti i moderni mezzi d'attacco.
Ecco come si mettono le cose, compagni.
E’ chiaro che un potere statale che si rispetti, che un partito che
si rispetti non poteva collocarsi da un punto di vista così disastroso.
E appunto perché il partito ha respinto tale orientamento controrivoluzionario,
appunto per questo esso ha ottenuto una vittoria decisiva nella realizzazione
del piano quinquennale nell'industria.
Con la realizzazione del piano quinquennale e con l'organizzazione della vittoria
nel campo dell'edificazione industriale il partito ha seguito la politica
di sviluppare l'industria col ritmo più celere. Il partito ha spronato,
per così dire, il paese, accelerando la sua corsa in avanti.
Ha fatto bene il partito a seguire la politica dei ritmi più rapidi
che fosse possibile?
Sì, ha fatto assolutamente bene.
Non si può non spronare un paese che è rimasto addietro di cento
anni e che per la sua arretratezza è minacciato da un pericolo mortale.
Solo in questo modo si poteva dare al paese la possibilità di riattrezzarsi
rapidamente sulla base d'una tecnica nuova e di prendere finalmente la strada
maestra.
Inoltre, non potevamo sapere in che giorno gli imperialisti attaccheranno
l'U.R.S.S. e interromperanno la nostra edificazione, ma che essi potrebbero
attaccarci in qualsiasi momento, sfruttando la debolezza tecnica ed economica
del nostro paese, su questo non poteva esserci dubbio. Perciò il partito
è stato obbligato a spronare il paese, per non perdere tempo, per sfruttare
sino all'ultimo la tregua e riuscire a creare nell'U.R.S.S. le fondamenta
dell'industrializzazione, che sono la base della sua potenza. Il partito non
aveva la possibilità di attendere e di manovrare e ha dovuto seguire
la politica dei ritmi più celeri che fosse possibile.
Infine, il partito doveva rimediare nel più breve tempo possibile alla
debolezza del paese nel campo della sua difesa. Le condizioni del momento,
l'incremento degli armamenti nei paesi capitalistici, il fallimento dell'idea
del disarmo, l'odio della borghesia internazionale per l'U.R.S.S., tutto ciò
spingeva il partito a forzare il lavoro per l'incremento della capacità
difensiva del paese, base della sua indipendenza.
Ma aveva il partito la possibilità reale di applicare la politica dei
ritmi più celeri che fosse possibile? Sì, l'aveva. Aveva questa
possibilità non solo perché era riuscito a imprimere a tempo
al paese un rapido movimento in avanti, ma soprattutto perché poteva
appoggiarsi, nella nuova grande opera costruttiva, sulle officine e sulle
fabbriche vecchie o rimesse a nuovo, che gli operai, gli ingegneri e il personale
tecnico già dominavano, e che davano quindi la possibilità di
realizzare dei ritmi di sviluppo che fossero i più rapidi possibili.
Ecco su quale base si sono prodotti, nel periodo del primo piano quinquennale,
la rapida ascesa dell'edificazione nuova e l'entusiasmo di una costruzione
di ampio respiro, ecco su quale base sono sorti gli eroi e gli udarnichi delle
nuove costruzioni, su quale base è sorta la pratica dei ritmi di sviluppo
impetuosi.
Si può dire che nel secondo piano quinquennale bisognerà seguire
la stessa politica, di ritmi più celeri che sia possibile?
No, non lo si può dire.
In primo luogo, come risultato della realizzazione vittoriosa del piano quinquennale
abbiamo già adempiuto nell'essenziale il suo compito principale: abbiamo
dato all'industria, ai trasporti, all'agricoltura, la base di una tecnica
nuova, moderna. C'è ancora bisogno, dopo ciò, di spronare e
spingere avanti il paese? E' chiaro che ora questo non è indispensabile.
In secondo luogo, come risultato della realizzazione vittoriosa del piano
quinquennale, siamo già riusciti a portare la capacità difensiva
del paese all'altezza dovuta. C'è ancora bisogno dopo ciò di
spronare e spingere avanti il paese? E’ chiaro che ora questo non è
indispensabile.
Infine, come risultato della realizzazione vittoriosa del piano quinquennale,
siamo riusciti a costruire decine e centinaia di nuove grandi fabbriche e
complessi industriali muniti di nuovi mezzi tecnici complicati. Ciò
vuol dire che nel volume della produzione industriale, nel secondo piano quinquennale,
la parte principale non l'avranno più, come è avvenuto nel periodo
del primo piano quinquennale, le fabbriche vecchie, di cui possediamo già
la tecnica, ma l'avranno le fabbriche nuove, la cui tecnica non la possediamo
ancora e dobbiamo assimilare. L'assimilazione delle nuove aziende e della
nuova tecnica presenta però delle difficoltà assai più
grandi che l'utilizzazione delle officine o delle fabbriche vecchie o rimesse
a nuovo, la cui tecnica è già stata assimilata. Essa richiede
più tempo per elevare la qualifica degli operai, degli ingegneri e
del personale tecnico e per impadronirsi dei nuovi metodi, necessari allo
sfruttamento integrale della nuova tecnica. Non è chiaro, dopo tutto
ciò, che anche se lo volessimo, nel corso del secondo piano quinquennale,
particolarmente nei primi due o tre anni del secondo piano quinquennale, non
potremmo seguire una politica di ritmi di sviluppo più celeri che sia
possibile?
Ecco perché penso che nel secondo piano quinquennale bisognerà
seguire un ritmo meno celere di sviluppo della produzione industriale. Nel
corso del primo piano quinquennale l'aumento annuale della produzione industriale
è stato in media del 22 %. Penso che nel secondo piano quinquennale
bisognerà attenersi a un aumento medio annuale della produzione industriale
del 13-14 %. Per i paesi capitalistici un ritmo simile di aumento della produzione
industriale è un ideale inaccessibile. E non solo un ritmo simile di
sviluppo della produzione industriale, persino un aumento annuo medio del
5 % costituisce oggi per essi un inaccessibile ideale. Non per niente essi
sono paesi capitalistici. Altra cosa è il paese dei Soviet, con il
suo sistema economico sovietico. Col nostro sistema economico possiamo perfettamente
e dobbiamo realizzare un aumento annuo della produzione del 13-14 % come minimo.
Nel corso del primo piano quinquennale abbiamo saputo organizzare l'entusiasmo,
il pathos della nuova edificazione e abbiamo ottenuto successi decisivi. Ciò
è molto bene. Ma ora ciò non basta più. Ora dobbiamo
completarlo con l'entusiasmo, col pathos per l'assimilazione delle nuove officine
e della nuova tecnica, con un serio aumento della produttività del
lavoro, con una seria riduzione del costo di produzione.
Questo è ora l'essenziale.
Solo su questa base, infatti, potremo riuscire, verso la seconda metà
del secondo piano quinquennale, ad assicurare un nuovo possente slancio tanto
nel campo dell'edificazione che nel campo dell'aumento della produzione industriale.
Infine alcune parole sui ritmi stessi e sulle percentuali d'aumento annuo
della produzione. I nostri dirigenti dell'industria si occupano poco di questa
questione. E’ invece un problema molto interessante. Che cosa sono le
percentuali d'aumento della produzione, che cosa si nasconde propriamente
dietro ogni percentuale di aumento? Prendiamo per esempio il 1925, nel periodo
di ricostituzione. L'aumento della produzione ammontava in quell'anno al 66
%. La produzione globale dell'industria ammontava a 7 miliardi e 700 milioni
di rubli. Il 66 % di aumento significava allora in cifre assolute un po' più
di 3 miliardi di rubli. Di conseguenza, ogni uno per cento di aumento era
allora equivalente a 45 milioni di rubli. Prendiamo ora l'anno 1928. Esso
dette un aumento del 26 %, cioè, come percentuale, quasi un terzo del
1925. La produzione globale dell'industria ammontava allora a 15 miliardi
e 500 milioni di rubli. L'aumento annuo complessivo ammontava in cifre assolute
a 3 miliardi e 280 milioni di rubli. Di conseguenza ogni uno per cento di
aumento era allora equivalente a 126 milioni di rubli, cioè costituiva
una somma quasi tripla di quella del 1925, allorché la percentuale
di aumento era del 66 %. Prendiamo, infine, l'anno 1931. L'aumento fu del
22 %, cioè un terzo del 1925. La produzione globale dell'industria
raggiunse allora 30 miliardi e 800 milioni di rubli. L'aumento complessivo
in cifre assolute fu di 5 miliardi e 600 milioni di rubli e qualcosa. Ogni
uno per cento di aumento era quindi equivalente a più di 250 milioni
di rubli, cioè sei volte di più che nel 1925, quando avevamo
un aumento del 66 %, e il doppio del 1928, quando avevamo un aumento del 26
% e qualcosa.
Che cosa vuol dire tutto ciò? Vuol dire che nello studio dei ritmi
di aumento della produzione non ci si può limitare alla sola analisi
dell'ammontare totale delle percentuali di aumento: bisogna anche sapere che
cosa sta dietro a ogni uno per cento di aumento e quale è la somma
totale dell'aumento annuo della produzione. Per l'anno 1933, ad esempio, prevediamo
un aumento del 16 %, cioè un aumento quattro volte minore dell'aumento
del 1925. Ciò però non vuole ancora dire che l'aumento della
produzione in questo anno sia esso pure quattro volte minore. L'aumento della
produzione nel 1925 ammontava in cifre assolute a più di tre miliardi
e ogni uno per cento era eguale a 45 milioni. Non v'è ragione di porre
in dubbio che nel 1933, il tasso dell'aumento essendo del 16 % l'aumento della
produzione in cifre assolute non sarà inferiore a 5 miliardi di rubli,
cioè sarà quasi il doppio del 1925 e ogni uno per cento di aumento
sarà equivalente almeno a 320-340 milioni di rubli, cioè ad
una somma almeno sette volte più grande di ogni uno per cento di aumento
nel 1925.
Ecco come si presentano le cose, compagni, quando si esamina il problema dei
ritmi e delle percentuali di aumento in modo concreto.
Tale è il bilancio del piano quinquennale in quattro anni nell'industria.
CAPITOLO IV
Bilancio del Piano quinquennale in quattro anni
nell'agricoltura
Passiamo all'esame del bilancio del piano quinquennale in quattro anni nell'agricoltura.
Il piano quinquennale nell'agricoltura è il piano quinquennale della
collettivizzazione. Per quali considerazioni il partito ha proceduto alla
collettivizzazione?
Il partito ha considerato che per consolidare la dittatura del proletariato
e edificare la società socialista è necessario, oltre all'industrializzazione,
anche il passaggio dalla piccola azienda contadina individuale alla grande
azienda agricola collettiva, munita di trattori e di macchine agricole moderne,
perché essa è l'unica base solida del potere sovietico nelle
campagne.
Il partito ha considerato che senza la collettivizzazione è impossibile
mettere il nostro paese sulla strada maestra dell'edificazione delle fondamenta
economiche del socialismo, è impossibile liberare milioni di contadini
lavoratori dalla miseria e dall'ignoranza.
Lenin ha detto che:
« Con la piccola azienda non ci si libererà dalla miseria ».
(« Discorso alla prima riunione per il lavoro nella campagna »,
vol. XXIV, p. 540, ed. russa).
Lenin ha detto che:
« Se continueremo a confinarci, come per il passato, nelle piccole aziende,
anche se liberi cittadini su terra libera, saremo sempre minacciati di inevitabile
rovina ». (« Discorso sulla questione agraria al Primo Congresso
dei deputati contadini », vol. XX, p. 417, ed. russa).
Lenin ha detto che:
« Soltanto col lavoro comune, in artel, associato, potremo uscire dal
vicolo cieco in cui ci ha cacciato la guerra imperialista ». («
Discorso alla prima riunione per il lavoro nella campagna », vol. XXIV,
p. 537, ed. russa).
Lenin ha detto che:
«E'necessario passare alla lavorazione in comune della terra nelle grandi
aziende modello; senza di che non potremo uscire dalla rovina, dalla situazione
davvero disperata in cui si trova la Russia ». (« Discorso sulla
questione agraria al Primo Congresso dei deputati contadini », volume
XX, p. 418, ed, russa).
Partendo da ciò, Lenin è giunto alla seguente conclusione fondamentale:
« Soltanto se riusciremo a dimostrare coi fatti ai contadini i vantaggi
della lavorazione della terra in comune, collettiva, associata, nell'artel,
soltanto se riusciremo ad aiutare i contadini per mezzo delle aziende associate,
dell'artel, soltanto allora la classe operaia, tenendo nelle sue mani il potere
dello Stato, dimostrerà effettivamente ai contadini di aver ragione,
attirerà veramente al suo fianco, in modo saldo ed effettivo, una massa
di milioni e milioni di contadini ». (« Discorso al Primo Congresso
delle comuni agricole, ecc. », vol. XXIV, p. 579, ed. russa).
A queste tesi di Lenin si è ispirato il partito nel realizzare il programma
di collettivizzazione agricola, il programma del piano quinquennale nell'agricoltura.
Perciò il compito del piano quinquennale dell'agricoltura consisteva
nel raggruppare le piccole aziende contadine individuali sparpagliate, prive
della possibilità di impiegare trattori e macchine agricole moderne,
in grandi aziende collettive, munite di tutti gli attrezzi moderni di una
agricoltura altamente sviluppata e le terre libere coprirle di aziende statali
modello, di sovcos.
Il compito del piano quinquennale nell'agricoltura consisteva nel trasformare
l'U.R.S.S. da paese piccolo-contadino e arretrato in un paese di grande agricoltura,
organizzata sulla base del lavoro collettivo e capace di dare il massimo di
produzione mercantile.
Quali sono i risultati ottenuti dal partito nell'agricoltura, realizzando
in quattro anni il programma del piano quinquennale? Ha esso realizzato questo
programma oppure ha subìto una sconfitta?
Nello spazio di circa tre anni il partito è riuscito a organizzare
più di 200 mila aziende collettive e circa 5 mila sovcos per la cerealicoltura
e per l'allevamento del bestiame, riuscendo nello stesso tempo ad estendere
di 21 milioni di ettari in quattro anni le aree seminate.
Il partito ha ottenuto che i colcos raggruppino ora più del 60 % delle
aziende contadine e abbraccino più del 70 % di tutte le terre dei contadini,
il che significa che il piano quinquennale è stato superato, tre volte.
Il partito ha ottenuto che, invece di 500-600 milioni di pudi di grano mercantile,
comprati dallo Stato nel periodo in cui prevaleva l'azienda contadina individuale,
lo Stato abbia ora la possibilità di comprare da un miliardo e 200
milioni a un miliardo e 400 milioni di pudi di grano all'anno.
Il partito ha ottenuto che i kulak come classe siano stati schiacciati, benché
non ancora in modo definitivo, che i contadini lavoratori siano liberi dal
giogo e dallo sfruttamento dei kulak e che il potere dei Soviet si sia creato
una solida base economica nelle campagne, la base dell'azienda collettiva.
Il partito ha ottenuto che l'U.R.S.S., da paese di piccola azienda contadina,
si sia già trasformato nel paese della più grande agricoltura
del .mondo.
Tale è, nelle sue grandi linee, il bilancio del piano quinquennale
in quattro anni nell'agricoltura.
Giudicate ora voi stessi che cosa valgano, dopo tutto ciò, le ciance
della stampa borghese sul « fallimento » della collettivizzazione,
sul « fallimento » del piano quinquennale nell'agricoltura.
E come vanno le cose nell'agricoltura nei paesi capitalistici, che stanno
attualmente attraversando una crisi agricola durissima?
Ecco i dati ufficiali a tutti noti.
La superficie seminata nei principali paesi produttori di grano è stata
ridotta dell'8-10 % Negli Stati Uniti la superficie seminata a cotone è
stata ridotta del 15% in Germania e in Cecoslovacchia quella coltivata a barbabietola
da zucchero del 22-30 %; in Lituania e in Lettonia quella coltivata a lino
del 25-30 %.
Secondo i dati del dipartimento agricolo americano, il valore della produzione
agricola globale degli Stati Uniti è sceso da 11 miliardi di dollari
nel 1929 a 5 miliardi di dollari nel 1932, cioè più del 50 %.
Sempre negli Stati Uniti, il valore della produzione globale dei cereali è
sceso da un miliardo e 288 milioni di dollari nel 1929, a 391 milioni di dollari
nel 1932, cioè più del 68 %. Il cotone, sempre negli Stati Uniti,
accusa una diminuzione di più del 70%, essendo passato da un miliardo
a 389 milioni di dollari nel 1929, a 397 milioni di dollari nel 1932.
Questi fatti non parlano forse in modo abbastanza eloquente della superiorità
del sistema d'agricoltura sovietico sul sistema capitalista?
Questi fatti non dicono forse che i colcos sono una forza economica più
vitale delle aziende individuali e capitaliste?
Si dice che i colcos e i sovcos non sono del tutto redditizi, che essi inghiottono
risorse infinite, che non c'è alcuna ragione di conservare simili aziende
e che sarebbe più opportuno liquidarle, conservando soltanto quelle
che rendono. Ma così possono parlare soltanto le persone che non capiscono
nulla delle questioni dell'economia nazionale, dei problemi economici. Qualche
anno fa più della metà delle nostre fabbriche tessili non erano
redditizie. Una parte dei nostri compagni ci propose allora di chiuderle.
Dove saremmo oggi, se li avessimo ascoltati? Avremmo commesso il più
grande dei delitti verso il paese, verso la classe operaia, perché
avremmo, in quel modo, rovinato la nostra industria che si stava risollevando.
E come abbiamo agito allora? Abbiamo aspettato un poco più di un anno,
e abbiamo ottenuto che tutta l'industria tessile diventasse redditizia. E
la nostra fabbrica di automobili di Gorki? Anch'essa, per adesso, non è
ancora redditizia. Volete proporre di chiuderla? Oppure la nostra siderurgia
che per il momento non rende ancora? È forse il caso di liquidarla,
compagni? Se si considera il rendimento da questo punto di vista, dovremmo
sviluppare a fondo soltanto alcuni rami industriali che danno il maggior beneficio,
come, per esempio, l'industria dei confetti, l'industria molitoria, la profumeria,
la maglieria, i giocattoli, ecc. Naturalmente, non sono contrario allo sviluppo
di questi rami industriali. Al contrario, essi debbono venir sviluppati perché
sono pure necessari alla popolazione. Ma, innanzitutto, essi non possono venire
sviluppati senza l'attrezzamento e il combustibile che fornisce loro l'industria
pesante. In secondo luogo, è impossibile basare l'industrializzazione
sopra di essi. Ecco di che si tratta, compagni.
Non si può considerare il rendimento con spirito mercantile, basandosi
sulle circostanze del momento. Il rendimento deve essere considerato dal punto
di vista di tutta l'economia nazionale e con una prospettiva di parecchi anni.
Soltanto un tale punto di vista può essere chiamato veramente leninista,
veramente marxista. E un tale punto di vista è necessario non solo
riguardo all'industria, ma, in misura ancora maggiore, riguardo ai sovcos
e ai colcos. Pensate dunque che in circa tre anni abbiamo creato più
di 200 mila colcos e circa 5 mila sovcos, cioè abbiamo creato delle
grandi aziende assolutamente nuove, le quali hanno per l'agricoltura una importanza
pari a quella delle officine e delle fabbriche per l'industria. Fate il nome
di un paese il quale abbia saputo creare in tre anni non 205 mila nuove grandi
aziende, ma anche soltanto 25 mila aziende di questo genere. Non riuscirete
a farlo, perché un tale paese non esiste e non è mai esistito.
Noi, invece, abbiamo creato 205 mila nuove grandi aziende nell'agricoltura.
Ed ecco vi è, a quanto pare, della gente la quale esige che queste
aziende diventino immediatamente redditizie e che, se non lo diventano immediatamente,
siano distrutte, liquidate. Non è chiaro che i lauri di Erostrato turbano
il sonno di questa gente più che originale?
Parlando dell'assenza di rendimento dei sovcos e dei colcos, non voglio affatto
dire che essi siano tutti non redditizi. Niente affatto! E’ noto a tutti
che abbiamo già numerosi colcos e sovcos che rendono moltissimo. Abbiamo
migliaia di colcos e decine di sovcos che sono già pienamente redditizi.
Questi colcos e questi sovcos sono l'orgoglio del nostro partito, l'orgoglio
del potere dei Soviet. I colcos e i sovcos non sono certo dappertutto eguali.
Tra i colcos e i sovcos ve ne sono dei vecchi, dei nuovi e dei giovanissimi.
Sono organismi economici ancora deboli, non ancora completamente cristallizzati.
Essi attraversano nella loro costruzione organizzativa un periodo analogo
a quello attraversato dalle nostre officine e dalle nostre fabbriche nel 1920-1921.
E' comprensibile che la maggior parte di essi non possano ancora essere redditizi.
Ma è fuori dubbio che in due o tre anni diventeranno redditizi come
lo sono diventate le nostre officine e le nostre fabbriche dopo il 1921. Negare
loro aiuto e appoggio col pretesto che essi per il momento non sono ancora
tutti redditizi, sarebbe commettere il più grande delitto verso la
classe operaia e verso i contadini. Soltanto i nemici del popolo e i controrivoluzionari
possono porre il problema dell'inutilità dei colcos e dei sovcos.
Realizzando il piano quinquennale nell'agricoltura, il partito ha fatto procedere
la collettivizzazione a ritmi accelerati. Ha esso agito giustamente seguendo
una politica di collettivizzazione a ritmi accelerati? Sì, incontestabilmente,
benché in questo campo non si siano evitate alcune esagerazioni. Poiché
segue una politica di liquidazione dei kulak come classe e di distruzione
dei nidi dei kulak, il partito non poteva arrestarsi a mezza strada: esso
doveva condurre le cose sino in fondo.
Questo, in primo luogo.
In secondo luogo, il partito dispone, da una parte, di trattori e di macchine
agricole e, d'altra parte, approfittando dell'assenza della proprietà
privata della terra (nazionalizzazione della terra), aveva tutte le possibilità
di forzare la collettivizzazione dell'agricoltura. E il partito ha effettivamente
riportato in questo campo un successo molto grande, perché ha superato
di tre volte il programma di collettivizzazione stabilito dal piano quinquennale.
Ma questo vuol forse dire che dobbiamo seguire una politica di ritmi accelerati
di collettivizzazione anche nel corso del secondo piano quinquennale? No,
niente affatto. Il fatto è che abbiamo già condotto a termine,
nelle sue linee fondamentali, la collettivizzazione delle regioni principali
dell'U.R.S.S. In questo campo abbiamo dunque fatto più di quanto non
si potesse sperare. E non soltanto abbiamo condotto a termine la collettivizzazione
nelle sue linee fondamentali, ma abbiamo ottenuto che, nella coscienza della
schiacciante maggioranza dei contadini, i colcos siano diventati la forma
di azienda più accettabile. Questa è una conquista immensa,
compagni. Val dunque la pena, dopo ciò, di eccedere nello zelo per
quanto riguarda i ritmi della collettivizzazione? E' chiaro che non ne vale
la pena.
Adesso non si tratta più di accelerare i ritmi della collettivizzazione
e tanto meno si tratta di decidere se i colcos debbano essere o non essere.
Questa questione è già stata risolta in senso affermativo; i
colcos si sono consolidati e la strada che porta alla vecchia azienda individuale
è chiusa per sempre. Si tratta ora di consolidare i colcos dal punto
di vista organizzativo, di cacciarne gli elementi sabotatori, di selezionare
dei veri e provati quadri bolscevichi per i colcos e di rendere i colcos veramente
bolscevichi.
Ciò è oggi l'essenziale.
Così si presenta il piano quinquennale in quattro anni nell'agricoltura.
CAPITOLO V
Bilancio del Piano quinquennale in quattro anni nel campo
del miglioramento del tenore di vita degli operai
e dei contadini
Ho parlato dei successi riportati nell'industria e nell'agricoltura, dello
sviluppo dell'industria e dell'agricoltura nell'U.R.S.S. Quali conseguenze
hanno avuto questi successi per quanto riguarda il miglioramento del tenore
di vita degli operai e dei contadini? In che cosa consistono i risultati principali
dei nostri successi nell'industria e nell'agricoltura, considerati dal punto
di vista del miglioramento radicale del tenore di vita dei lavoratori?
Essi consistono, in primo luogo, nella soppressione della disoccupazione e
nella liquidazione dell'incertezza del domani per gli operai.
Essi consistono, in secondo luogo, nell'avere incorporato quasi tutti i contadini
poveri all'edificazione dei colcos, nell'avere scalzato, su questa base, la
differenziazione dei contadini in kulak e contadini poveri e nell'avere soppresso,
quindi, la miseria e il pauperismo nelle campagne.
È questa, compagni, una conquista gigantesca, che nessuno Stato borghese
può sognare, fosse pure lo Stato più « democratico »
del mondo.
Da noi, nell'U.R.S.S., gli operai hanno dimenticato da tempo che cos'è
la disoccupazione. Circa tre anni fa avevamo ancora circa un milione e mezzo
di disoccupati. Da due anni abbiamo soppresso la disoccupazione e gli operai
hanno già avuto il tempo di dimenticare che cos'è la disoccupazione,
il suo peso, i suoi orrori. Considerate gli orrori della disoccupazione nei
paesi capitalistici. Vi si contano ora non meno di 30 o 40 milioni di disoccupati.
Chi sono questi disoccupati? Si parla abitualmente di loro come di «
uomini finiti ».
Ogni giorno essi sollecitano del lavoro, cercano del lavoro, pronti ad accettare
qualsiasi condizione o quasi, ma non trovano lavoro perché sono «
di troppo ». E' ciò avviene mentre enormi quantità di
merci e di prodotti sono sprecati per i capricci dei beniamini della sorte,
dei figli dei papà capitalisti e latifondisti. Ai disoccupati si nega
il pane perché non hanno di che pagare il pane; si rifiuta loro un
tetto perché non hanno di che pagare un alloggio. Come e dove vivono?
Vivono delle briciole che cadono dalla mensa dei ricchi, dei rifiuti che trovano
frugando nelle immondezze; vivono nelle soffitte delle grandi città
e soprattutto nelle baracche costruite alla meglio dai disoccupati stessi
fuori delle città con delle casse rotte e dei pezzi di legno. Ma non
basta. Della disoccupazione non soffrono soltanto i disoccupati. Ne soffrono
anche gli operai occupati. Ne soffrono perché l'esistenza d'una grande
massa di disoccupati rende instabile la loro situazione nella produzione e
incerto il loro domani. Oggi essi lavorano in fabbrica, ma non hanno nessuna
sicurezza che domani, svegliandosi, non apprenderanno di essere già
stati licenziati.
Una delle principali conquiste del piano quinquennale in quattro anni consiste
nell'avere liquidato la disoccupazione e liberato dai suoi orrori gli operai
dell'U.R.S.S.
Altrettanto bisogna dire dei contadini. Anch'essi hanno dimenticato la differenziazione
dei contadini in kulak e contadini poveri, lo sfruttamento dei contadini poveri
da parte dei kulak, la rovina che ogni anno riduceva alla mendicità
centinaia di migliaia e milioni di contadini poveri. Circa tre o quattro anni
fa i contadini poveri erano nel nostro paese almeno il 30 % di tutta la popolazione
rurale, ossia più di dieci milioni di uomini. E anteriormente, prima
della Rivoluzione d'ottobre, i contadini poveri costituivano non meno del
60 % della popolazione rurale. Chi erano i contadini poveri? Erano, gente
alla quale, per coltivare la terra, mancavano abitualmente o le sementi, o
i cavalli, o gli strumenti agricoli, o tutte queste cose insieme. I contadini
poveri erano gente che non mangiava mai a sufficienza, e che di regola stava
sotto il giogo dei kulak e, durante il vecchio regime, sotto il giogo dei
kulak e dei grandi proprietari fondiari. Ancora non molto tempo fa circa un
milione e mezzo o anche due milioni di contadini poveri discendevano ogni
anno in cerca di guadagno verso il sud, verso il Caucaso settentrionale e
l'Ucraina, per offrirsi come giornalieri ai kulak e, prima ancora, ai kulak
e ai grandi proprietari fondiari. Un numero anche maggiore di essi si presentava
ogni anno alle porte delle officine, andando a ingrossare le file dei disoccupati.
E non solo i contadini poveri si trovavano in una situazione così poco
invidiabile. Una buona metà dei contadini medi viveva in una miseria
e fra privazioni non meno grandi di quelle dei contadini poveri. Tutto ciò
i contadini hanno già avuto il tempo di dimenticarlo.
Che cosa ha dato il piano quinquennale in quattro anni ai contadini poveri
e agli strati inferiori dei contadini medi? Ha minato e spezzato i kulak in
quanto classe, liberando i contadini poveri e una buona metà de contadini
medi dal giogo dei kulak. Ha attirato i contadini poveri e una buona metà
dei contadini medi nei colcos e ha creato per essi una situazione sicura.
Ha soppresso, così, la possibilità della differenziazione dei
contadini in kulak sfruttatori e in contadini poveri sfruttati. Ha elevato
i contadini poveri e gli strati inferiori dei contadini medi, nei colcos,
alla situazione di gente che non conosce il bisogno, mettendo così
termine al processo di impoverimento e di rovina dei contadini. Adesso non
accade più che milioni di contadini si strappino ogni anno alle loro
case per cercare un salario in regioni lontane. Oggi, per far venire un contadino
a lavorare fuori del suo colcos, bisogna firmare un contratto con il colcos
e assicurare per di più il viaggio gratuito in ferrovia al colcosiano.
Adesso non accade più che centinaia di migliaia e milioni di contadini
cadano in rovina e assedino le porte delle fabbriche e delle officine. Ciò
avveniva una volta, ma è un pezzo che quel tempo è passato.
Oggi il contadino è un agricoltore che non conosce il bisogno, è
membro di un colcos che dispone di trattori, di macchine agricole, di sementi,
di fondi di riserva, ecc. ecc.
Ecco che cosa ha dato il piano quinquennale ai contadini poveri e agli strati
inferiori dei contadini medi.
Ecco la sostanza delle conquiste fondamentali del piano quinquennale relative
al miglioramento del tenore di vita degli operai e dei contadini.
Queste conquiste fondamentali relative al miglioramento del tenore di vita
degli operai e dei contadini hanno dato nel primo piano quinquennale questo
risultato:
a) un raddoppiamento, rispetto al 1928, del numero degli operai e degli impiegati
della grande industria, ciò che supera del 57 % le previsioni del piano
quinquennale;
b) un aumento del reddito nazionale — e quindi anche dei redditi degli
operai e dei contadini — che nel 1932 raggiunse 45 miliardi e 100 milioni
di rubli, con un incremento dell'85 % rispetto al 1928;
e) un aumento del 67% del salario medio annuale degli operai e degli impiegati
della grande industria rispetto al 1928 e cioè il 18 % in più
delle previsioni del piano quinquennale;
d) un aumento del 292 % rispetto al 1928 del fondo delle assicurazioni sociali
(4 miliardi e 120 milioni di rubli nel 1932, rispetto a un miliardo e cinquanta
milioni di rubli nel 1928) e cioè il 111 % in più delle previsioni
del piano quinquennale;
e) uno sviluppo dell'alimentazione collettiva, che abbraccia più del
70 % degli operai dei rami decisivi dell'industria e supera di sei volte le
previsioni del piano quinquennale.
Certo, non siamo ancora riusciti a soddisfare completamente i bisogni materiali
degli operai e dei contadini, ed è poco probabile che ci riusciremo
nel corso dei prossimi anni. Siamo però senza dubbio riusciti a ottenere
che il tenore di vita degli operai e dei contadini migliori di anno in anno.
Di ciò possono dubitare soltanto i nemici giurati del potere dei Soviet,
o forse certi rappresentanti della stampa borghese, compresa anche una parte
dei corrispondenti di questa stampa a Mosca, i quali della vita economica
dei popoli e della situazione dei lavoratori non capiscono molto più
di quanto, per esempio, il Negus dell'Abissinia capisca di matematica superiore.
E come si presenta la situazione degli operai e dei contadini nei paesi capitalistici?
Ecco dei dati ufficiali.
Il numero dei disoccupati nei paesi capitalistici è aumentato in modo
catastrofico. Negli Stati Uniti, secondo i dati ufficiali, solo nell'industria
di trasformazione il numero degli operai occupati è diminuito da 8
milioni e 500 mila nel 1928 a 5 milioni e 500 mila nel 1932. Secondo i dati
della Federazione americana del Lavoro, verso la fine del 1932 vi erano in
tutta l'industria degli Stati Uniti circa undici milioni di disoccupati. In
Inghilterra il numero dei disoccupati, secondo le statistiche ufficiali, è
salito da un milione e 290 mila nel 1928 a 2 milioni e 800 mila nel 1932.
In Germania, secondo i dati ufficiali, il numero dei disoccupati è
salito da un milione e 376 mila nel 1928 a 5 milioni e 500 mila nel 1932.
Lo stesso quadro si osserva in tutti i paesi capitalistici, ove, d'altra parte,
le statistiche ufficiali di regola riducono il numero dei disoccupati che,
nei paesi capitalistici, oscilla fra i 35 e i 40 milioni.
I salari degli operai vengono sistematicamente ribassati. Secondo i dati ufficiali,
il ribasso del salario mensile medio ha raggiunto negli Stati Uniti il 35
% rispetto al livello del 1928, in Inghilterra, per lo stesso periodo, il
15 % e in Germania perfino il 50 %. Secondo i calcoli della Federazione americana
del lavoro, le perdite degli operai americani in seguito alla diminuzione
dei salari sono state nel 1930-31 di 35 miliardi di dollari.
I fondi delle assicurazioni sociali, che erano già irrisori, sono stati
considerevolmente ridotti in Inghilterra e in Germania. Negli Stati Uniti
e in Francia manca completamente o quasi completamente ogni forma di assicurazione
contro la disoccupazione, per cui aumenta enormemente, specie negli Stati
Uniti, il numero degli operai senza alloggio e dei bambini abbandonati.
Né migliore è la situazione delle masse contadine nei paesi
capitalistici, dove la crisi agricola mina dalle radici l'azienda contadina
e riduce alla mendicità milioni di contadini e di fittavoli rovinati.
Tale è il bilancio del piano quinquennale in quattro anni, per quanto
riguarda il miglioramento del tenore di vita dei lavoratori dell'U.R.S.S.
CAPITOLO VI
Bilancio del Piano quinquennale in quattro anni nel campo
degli scambi fra la città e la campagna
Passiamo ora all'esame dei risultati del piano quinquennale in quattro anni
nel campo dello sviluppo degli scambi fra la città e la campagna.
L'enorme aumento della produzione industriale e agricola, l'aumento della
eccedenza di merci tanto nell'industria quanto nell'agricoltura, e infine,
l'aumento dei bisogni degli operai e dei contadini, tutto ciò non poteva
non portare e ha portato effettivamente a una ripresa e a una estensione degli
scambi fra la città e la campagna.
L'alleanza nel campo della produzione è la forma essenziale dell'alleanza
fra la città e la campagna. Ma questa forma, di per sé sola,
non è sufficiente. Bisogna completarla, affinché i legami fra
la città e la campagna divengano saldi e indissolubili, con un'alleanza
nel campo del commercio. Si può giungere a questo risultato solo con
lo sviluppo del commercio sovietico. Sarebbe errato pensare che si possa sviluppare
il commercio sovietico attraverso un solo canale, quello, per esempio, della
cooperazione. Per sviluppare il commercio sovietico bisogna utilizzare tutti
i canali: e la rete cooperativa, e la rete del commercio di Stato, e il commercio
colcosiano.
Alcuni compagni pensano che lo sviluppo del commercio sovietico e, soprattutto,
lo sviluppo del commercio colcosiano, sia un ritorno alla prima fase della
Nep. Ciò è assolutamente falso.
Tra il commercio sovietico, compreso il commercio colcosiano e il commercio
della prima fase della Nep, esiste una differenza capitale.
Nella prima fase della Nep ammettevamo una ripresa del capitalismo, ammettevamo
il commercio privato, ammettevamo l'« attività » dei commercianti
privati, dei capitalisti, degli speculatori.
Era un commercio più o meno libero, unicamente limitato dalla funzione
regolatrice dello Stato. Allora il settore capitalista privato occupava un
posto abbastanza grande negli scambi all'interno del paese. Non c'è
bisogno di dire che allora la nostra industria non era sviluppata come oggi,
che non vi erano né i colcos né i sovcos, i quali lavorano secondo
un piano e mettono a disposizione dello Stato enormi riserve di prodotti agricoli
e di articoli cittadini.
Si può dire che abbiamo oggi la stessa situazione? Evidentemente, no.
In primo luogo, non si può porre il commercio sovietico sullo stesso
piano del commercio della prima fase della Nep, anche se questo commercio
era regolato dallo Stato. Se nella prima fase della Nep il commercio ammetteva
una ripresa del capitalismo e un'attività del settore capitalista privato
negli scambi, il commercio sovietico parte dalla negazione tanto dell'una
che dell'altra. Che cos'è il commercio sovietico? Il commercio sovietico
è un commercio senza capitalisti, né piccoli né grandi.
un commercio senza speculatori, né piccoli né grandi. E’
un commercio di un genere particolare, finora sconosciuto alla storia e che
solo noi bolscevichi pratichiamo, nelle condizioni che si creano nello sviluppo
del regime sovietico.
In secondo luogo, possediamo attualmente un'industria di Stato sufficientemente
sviluppata e un intero sistema di sovcos e di colcos, che assicurano allo
Stato enormi riserve di merci agricole e industriali per lo sviluppo del commercio
sovietico. Ciò non esisteva né poteva esistere nella prima fase
della Nep.
In terzo luogo, nell'ultimo periodo siamo riusciti a cacciare completamente
dal commercio i commercianti privati, i bottegai e gli intermediari di ogni
genere. Naturalmente, ciò non esclude che possano ricomparire nel commercio,
per legge d'atavismo, dei commercianti privati e degli speculatori, sfruttando
a questo scopo il campo d'attività che è loro più comodo,
e precisamente il commercio colcosiano. Inoltre gli stessi colcosiani non
rifuggono talvolta dal lanciarsi nella speculazione, ciò che non torna,
evidentemente, a loro onore. Ma contro questi fenomeni malsani abbiamo la
legge, recentemente promulgata dal potere sovietico, sulle misure per porre
fine alla speculazione e punire gli speculatori. Sapete certamente che questa
legge non pecca per eccesso di dolcezza. Comprenderete, naturalmente, che
una legge simile non esisteva né poteva esistere nella prima fase della
Nep.
Come vedete, parlare dopo tutto ciò di un ritorno al commercio della
prima fase della Nep, significa non comprendere nulla, assolutamente nulla,
della nostra economia sovietica .
Ci si dice che è impossibile sviluppare il commercio, anche se esso
è commercio sovietico, senza un sano sistema monetario e senza una
moneta sana, che bisogna prima di tutto curare la nostra circolazione monetaria
e la nostra moneta sovietica, che si pretende non abbia nessun valore. Ciò
dicono gli economisti dei paesi capitalistici. Io credo che questi onorevoli
economisti non s'intendono di economia politica molto più di quanto
l'arcivescovo di Canterbury, per esempio, s'intenda di propaganda antireligiosa.
Come si può affermare che la nostra moneta sovietica non abbia nessun
valore? Non è forse un fatto che con questa moneta abbiamo costruito
i centri industriali di Magnitogorsk e del Kusnietsk, la centrale del Dniepr,
le officine di trattori di Stalingrado e di Kharkov, le fabbriche di automobili
di Gorki e di Mosca, centinaia di migliaia di colcos e migliaia di sovcos?
Immaginano forse questi signori che tutte queste aziende siano state costruite
con la paglia o con l'argilla e non di veri materiali, forniti d'un valore
ben determinato? Che cosa garantisce la stabilità della moneta sovietica,
se si prende a considerare il mercato organizzato, che ha un'importanza decisiva
nel commercio del paese, e non il mercato disorganizzato, che ha un'importanza
del tutto secondaria? Naturalmente la stabilità della moneta sovietica
non è solo garantita dalla riserva aurea. Essa è anzitutto garantita
dall'enorme quantità di merci di cui dispone lo Stato e che vengono
messe in circolazione a prezzi stabiliti. Quale economista può negare
che tale garanzia, la quale esiste soltanto nell'U.R.S.S., è una garanzia
della stabilità della moneta ben più reale di qualsivoglia riserva
aurea? Comprenderanno un giorno gli economisti dei paesi capitalistici di
essersi definitivamente impaniati nella teoria della riserva aurea considerata
come sola garanzia della stabilità della moneta?
Così si presentano le questioni relative allo sviluppo del commercio
sovietico.
Quali risultati ci ha dato nel campo dello sviluppo del commercio sovietico
la realizzazione del piano quinquennale?
Il bilancio del piano quinquennale ci dà:
a) un aumento della produzione dell'industria leggera, che è cresciuta
sino al 187% rispetto al 1928;
b) un aumento del giro d'affari del commercio al minuto cooperativo e di Stato,
che, ai prezzi del 1932, sale a 39 miliardi e 600 milioni di rubli, cioè
un aumento sino al 175% della massa di merci del commercio al minuto rispetto
al 1928;
e) un aumento della rete commerciale, cooperativa e di Stato, che ammonta
a 158 mila negozi e magazzini in più del 1929;
d) un'estensione sempre più grande del commercio colcosiano e delle
compere di prodotti agricoli da parte delle varie organizzazioni cooperative
e di Stato.
Tali sono i fatti.
Completamente diversa è la situazione del commercio nei paesi capitalistici,
dove la crisi ha portato a una compressione catastrofica del commercio, alla
chiusura in massa delle imprese e alla rovina dei commercianti piccoli e medi,
al fallimento di grandi ditte commerciali e alla eccedenza di merci presso
i commercianti, fatti accompagnati dalla riduzione continua del potere d'acquisto
delle masse lavoratrici.
Tale è il bilancio del piano quinquennale in quattro anni quanto allo
sviluppo degli scambi.
CAPITOLO VII
Bilancio del Piano quinquennale in quattro anni nel campo
della lotta contro i residui delle classi nemiche
La realizzazione del piano quinquennale nell'industria, nell'agricoltura e
nel commercio ci ha permesso di consolidare il principio del socialismo in
tutte le sfere dell'economia nazionale, dopo averne cacciato gli elementi
capitalistici.
Quali conseguenze doveva avere e ha effettivamente avuto questo fatto nei
riguardi degli elementi capitalistici?
Ha avuto come conseguenza che gli ultimi residui delle classi agonizzanti,
gli industriali e il loro servitorume, i commercianti e i loro agenti, gli
ex nobili e i preti, i kulak e i loro reggicoda, gli ex ufficiali e gli agenti
della polizia rurale, gli ex poliziotti e i gendarmi, gli intellettuali borghesi
sciovinisti di ogni risma e tutti gli altri elementi antisovietici sono stati
sgominati.
Sgominati e dispersi per tutto il territorio dell'U.R.S.S., questi «
ex » si sono infiltrati nelle nostre officine e nelle nostre fabbriche,
nelle nostre istituzioni e nelle nostre organizzazioni commerciali, nelle
aziende dei trasporti ferroviari e fluviali e, soprattutto, nei colcos e nei
sovcos. Vi si sono infiltrati e nascosti sotto la maschera di « operai
» e di « contadini », e alcuni sono penetrati persino nel
partito.
Che cosa hanno portato con sé? Naturalmente, un sentimento di odio
contro il potere dei Soviet, un sentimento di feroce ostilità contro
le nuove forme di economia, di esistenza e di cultura.
Di attaccare di fronte il potere dei Soviet, questi signori non hanno più
la forza. Essi e le loro classi hanno già più di una volta condotto
simili attacchi, ma sono stati battuti e dispersi. Perciò la sola cosa
che resta loro da fare è di nuocere e recar danno agli operai, ai colcosiani,
al potere dei Soviet e al partito. E nuociono in tutti i modi possibili, lavorando
sott'acqua. Incendiano i depositi e rovinano le macchine. Organizzano il sabotaggio.
Organizzano un'opera di sabotaggio nei colcos, nei sovcos, e alcuni di loro,
fra cui qualche professore, arrivano, nella loro mania di nuocere, fino a
inoculare la peste e il carbonchio al bestiame dei colcos e dei sovcos, fino
a favorire il propagarsi della meningite tra i cavalli, ecc.
Ma l'essenziale non è questo. L'essenziale nell'« attività
» di tutti questi « ex » consiste nel fatto che organizzano
il furto e la dilapidazione in massa dei beni dello Stato, dei beni delle
cooperative, della proprietà dei colcos. Furti e dilapidazioni nelle
fabbriche e nelle officine, furti e dilapidazioni nei treni merci, furti e
dilapidazioni nei depositi e nelle aziende commerciali e, soprattutto, nei
colcos e nei sovcos; tale è la forma principale dell'« attività
» di questi « ex ». Essi sentono, come per istinto di classe,
che la proprietà sociale è la base dell'economia sovietica,
che è questa base precisamente che bisogna scuotere per nuocere al
potere dei Soviet, e si sforzano effettivamente di scalzare la proprietà
sociale organizzando furti e dilapidazioni su vasta scala.
Per organizzare le dilapidazioni sfruttano le tradizioni e le sopravvivente
dello spirito di proprietà privata nei colcosiani, ieri ancora coltivatori
individuali e oggi membri de colcos. Nella vostra qualità di marxisti
dovete sapere che la coscienza degli uomini ritarda, nel suo sviluppo, sulla
loro situazione reale. Per la loro situazione i colcosiani non sono più
contadini individuali, ma collettivisti, la loro coscienza però è
ancora la vecchia, quella del proprietario privato. Ed ecco gli « ex
», provenienti dalle classi sfruttatrici, sfruttare questa mentalità
di proprietario privato, che sopravvive nei colcosiani, per organizzare la
dilapidazione dei beni pubblici e così scuotere la base del regime
dei Soviet, la proprietà sociale.
Molti nostri compagni considerano questi fatti con placidità, senza
comprendere il significato e l'importanza che hanno i furti e le dilapidazioni
in massa. Essi passano come dei ciechi accanto a questi fatti, pensando che
« non vi è nulla di straordinario ». Ma essi, questi compagni,
si ingannano profondamente. Il nostro regime si basa sulla proprietà
sociale, cosi come il regime capitalista si basa sulla proprietà privata.
Se i capitalisti hanno proclamato sacra e inviolabile la proprietà
privata e sono così riusciti, a suo tempo, a consolidare il regime
capitalista, noi comunisti dobbiamo, a maggior ragione, proclamare sacra e
inviolabile la proprietà sociale, al fine di rafforzare, in tal modo,
le nuove forme economiche socialiste in tutti i campi della produzione e del
commercio. Ammettere il furto e la dilapidazione della proprietà sociale
— si tratti della proprietà dello Stato, o della proprietà
delle cooperative e dei colcos — e non curarsi di tali infamie controrivoluzionarie,
significa contribuire a scalzare il regime dei Soviet, il quale poggia sulla
proprietà sociale che ne è la base. Il nostro governo dei Soviet
è partito da queste considerazioni nel promulgare la recente legge
sulla difesa della proprietà sociale. Questa legge costituisce oggi
la base della legalità rivoluzionaria. La più rigida applicazione
di essa è il primo dovere di ogni comunista, di ogni operaio e di ogni
colcosiano.
Dicono che la legalità rivoluzionaria del nostro tempo non si distingua
in nulla dalla legalità rivoluzionaria della prima fase della Nep,
che la legalità rivoluzionaria del nostro tempo sia un ritorno alla
legalità rivoluzionaria del primo periodo della Nep. Ciò è
assolutamente falso, La legalità rivoluzionaria del primo periodo della
Nep rivolgeva la sua spada in primo luogo contro gli eccessi del comunismo
di guerra, contro le confische e le imposizioni « illegali ».
Essa garantiva al proprietario privato, al contadino individuale, al capitalista,
l'intangibilità dei loro beni, a condizione che osservassero rigorosamente
le leggi sovietiche. La legalità rivoluzionaria di oggi è cosa
ben diversa. La legalità rivoluzionaria di oggi non dirige la sua spada
contro gli eccessi del comunismo di guerra, che da tempo non esistono più,
ma contro i ladri e i sabotatori dell'economia sociale, contro i banditi e
i dilapidatori della proprietà sociale. La preoccupazione principale
della legalità rivoluzionaria di oggi consiste quindi nella salvaguardia
della proprietà sociale e niente altro.
Ecco perché la lotta per la salvaguardia della proprietà sociale,
con tutti i mezzi e con tutte le misure messe a nostra disposizione dalle
leggi del potere dei Soviet, costituisce uno dei compiti principali del partito.
Una dittatura del proletariato forte e potente, ecco che cosa ci occorre oggi
per annientare gli ultimi residui delle classi che si stanno estinguendo e
spezzare le loro macchinazioni brigantesche.
Alcuni compagni hanno interpretato la tesi dell'abolizione delle classi, della
creazione di una società senza classi e dell'estinzione dello Stato
come una giustificazione della pigrizia e della placidità, come una
giustificazione della teoria controrivoluzionaria che parla di estinzione
della lotta di classe e di indebolimento del potere dello Stato. È
inutile dire che uomini di questo genere non possono aver nulla a che fare
col nostro partito. Sono elementi degenerati, o ipocriti, che bisogna cacciare
dal Partito. L'abolizione delle classi non si ottiene attraverso l'estinzione
della lotta di classe, ma attraverso il suo rafforzamento. L'estinzione dello
Stato si farà non attraverso l'indebolimento del potere statale, ma
attraverso il suo rafforzamento massimo, indispensabile per annientare i residui
delle classi che si stanno estinguendo, e per organizzare la difesa contro
l'accerchiamento del capitalismo, il quale è ben lungi dall'essere
stato distrutto e non lo sarà tanto presto.
La realizzazione del piano quinquennale ci ha permesso di snidare definitivamente
dalle loro posizioni nella produzione gli ultimi residui delle classi nemiche,
di schiacciare i kulak e di preparare il terreno per la loro liquidazione
definitiva. Tale è il bilancio del piano quinquennale nel campo della
lotta contro gli ultimi reparti della borghesia. Ma ciò non basta.
Il nostro compito è di cacciare tutti gli « ex » dalle
nostre proprie aziende e dalle nostre istituzioni e di metterli definitivamente
nell'impossibilità di nuocere.
Non si può dire che questi « ex » possano, con le loro
macchinazioni brigantesche e sabotatrici, provocare qualche cambiamento nella
situazione attuale dell'U.R.S.S. Essi sono troppo deboli e troppo impotenti
per tener testa alle misure del potere dei Soviet. Ma se i nostri compagni
non si armano di vigilanza rivoluzionaria e non bandiscono dalla pratica l'indifferenza
piccolo-borghese verso i furti e la dilapidazione della proprietà sociale,
questi « ex » potranno ancora causarci non pochi danni.
Bisogna tener presente che l'accrescimento della potenza dello Stato sovietico
aumenterà la resistenza degli ultimi residui delle classi che si stanno
estinguendo. Appunto perché stanno estinguendosi e sono giunte ai loro
ultimi giorni, esse passeranno da una forma di attacco ad altre ancora più
violente, facendo appello agli strati arretrati della popolazione e mobilitandoli
contro il potere dei Soviet. Non c'è bassezza e calunnia di cui questi
« ex » non si servano contro il potere dei Soviet, attorno a cui
non cerchino di mobilitare gli elementi più arretrati. Su questa base
possono rivivere e riprendere un'attività i gruppi sconfitti dei vecchi
partiti controrivoluzionari, socialisti-rivoluzionari, menscevichi, nazionalisti
borghesi del centro e della periferia, possono vivere e riprendere un'attività
i residui degli elementi controrivoluzionari di opposizione, trotskisti e
destri. Certo, la cosa non è terribile. Bisogna però tener conto
di tutto questo se vogliamo finirla con questi elementi rapidamente e senza
grandi sacrifici.
Ecco perché la vigilanza rivoluzionaria è, in questo momento,
una qualità particolarmente necessaria ai bolscevichi.
CAPITOLO VIII
Conclusioni generali
Tali sono i risultati essenziali della realizzazione del piano quinquennale
nell'industria e nell'agricoltura, nel campo del miglioramento del tenore
di vita dei lavoratori e dello sviluppo degli scambi, nel campo del consolidamento
del potere sovietico e dello sviluppo della lotta di classe contro i residui
e le sopravvivenza delle classi che vanno scomparendo.
Tali sono i successi e le conquiste del potere dei Soviet in questi ultimi
quattro anni.
Sarebbe errato credere, basandosi su questi successi, che da noi tutto proceda
a gonfie vele. Certo, non tutto procede ancora in modo soddisfacente. Vi sono
ancora non poche lacune ed errori nel nostro lavoro. L'incuria e il disordine
sono ancora moneta corrente nella nostra pratica. Disgraziatamente, non posso
trattenermi ora su queste lacune e su questi errori, perché i limiti
del rapporto conclusivo che mi è stato affidato non lo consentono.
Ma ora non si tratta di questo. Si tratta del fatto che, malgrado le lacune
e gli errori di cui nessuno di noi nega l'esistenza, abbiamo ottenuto dei
successi talmente grandi, che provocano l'entusiasmo della classe operaia
di tutto il mondo, abbiamo riportato una vittoria che ha effettivamente un'importanza
storica mondiale.
Quale è l'elemento essenziale che ha potuto permettere e che ha effettivamente
permesso al partito di ottenere, malgrado gli errori e le lacune, tutti questi
successi decisivi nella realizzazione del piano quinquennale in quattro anni?
Quali sono le forze essenziali che ci hanno assicurato, malgrado tutto, questa
storica vittoria?
Innanzitutto l'attività e la devozione, l'entusiasmo e l'iniziativa
di milioni di operai e di colcosiani, i quali, insieme agli ingegneri e ai
tecnici, hanno spiegato una formidabile energia per lo sviluppo dell'emulazione
socialista e del movimento degli udarnichi. Non c'è dubbio che, senza
di ciò, non saremmo riusciti a raggiungere la meta, non avremmo potuto
progredire di un sol passo.
In secondo luogo, la ferma direzione del partito e del governo che hanno chiamato
le masse a marciare in avanti e che, per raggiungere la meta, hanno saputo
sormontare tutte le difficoltà che si frapponevano sul loro cammino.
Infine, i meriti e i vantaggi particolari del sistema economico sovietico,
il quale racchiude in sé delle enormi possibilità, necessarie
per superare le difficoltà di ogni sorta.
Tali sono le tre forze principali che hanno determinato la storica vittoria
dell'U.R.S.S.
Conclusioni generali:
1. I risultati del piano quinquennale hanno fatto piazza pulita delle affermazioni
degli uomini politici borghesi e socialdemocratici, secondo i quali il piano
quinquennale era una fantasia, un delirio, un sogno irrealizzabile. Il bilancio
del piano quinquennale dimostra che il piano è già un fatto
compiuto.
2. I risultati del piano quinquennale hanno annientato il famoso « Credo
» borghese, secondo cui la classe operaia è incapace di edificare
qualcosa di nuovo, ma è solamente capace di distruggere ciò
che è vecchio. Il bilancio del piano quinquennale dimostra che la classe
operaia è altrettanto capace di edificare qualcosa di nuovo, quanto
di distruggere ciò che è vecchio.
3. I risultati del piano quinquennale hanno annientato la tesi socialdemocratica
secondo cui è impossibile edificare il socialismo in un solo paese,
preso singolarmente. Il bilancio del piano quinquennale dimostra che è
perfettamente possibile edificare la società socialista in un solo
paese, poiché la base economica di una tale società è
già costruita nell'U.R.S.S.
4. I risultati del piano quinquennale hanno fatto piazza pulita dell'affermazione
degli economisti borghesi secondo cui il sistema d'economia capitalista è
il migliore, e ogni altro sistema è instabile e incapace di resistere
alla prova delle difficoltà dello sviluppo economico. Il bilancio del
piano quinquennale dimostra che il sistema economico capitalista è
inconsistente e instabile, che esso ha già fatto il suo tempo e deve
cedere il posto a un altro sistema d'economia, superiore, a un sistema economico
sovietico, socialista, che l'unico sistema il quale non teme le crisi ed è
capace di sormontare le difficoltà che il capitalismo non può
risolvere è il sistema economico sovietico.
5. Infine, i risultati del piano quinquennale hanno dimostrato che il partito
è invincibile, se sa dove dirigersi e non teme le difficoltà.
(Prolungati e vivissimi applausi che si trasformano in ovazione. Tutta l'assemblea,
in piedi, acclama il compagno Stalin).