Biblioteca Multimediale Marxista
Nota dell'editore
Questo libro è stato coordinato dalla commissione informazione
e documentazione del Soccorso Rosso. Inutile spiegare qui cos'abbia rappresentato
in questi anni il Soccorso Rosso, quale importante ruolo abbia svolto nel denunciare
i crimini fascisti, nello smascherare le stragi di stato, nell'assicurare difesa
legale ai militanti di sinistra, vittime della repressione.
Certo, si tratta di un libro scomodo. Conosciamo i giudizi espressi dalia sinistra
e dalla nuova sinistra sulle Brigate Rosse: provocatori, spie, avventurieri,
fascisti, delinquenti, intellettuali piccolo-borghesi, schizofrenici, velleitari
Robin Hood infatuati del sogno impossibile della rivoluzione a breve scadenza.
Giudizi sommari che non discendono necessariamente dalla condanna di azioni
e metodi contrari agli ordinamenti della nostra democrazia e che si giustificano
tutt'al piú nel vivo di una polemica quotidiana che bada agli scopi immediati
piuttosto che alle sottili differenze concettuali. Ma in una serena analisi
politica il problema delle Brigate Rosse andava trattato in modi meno superficiali,
senza falsificazioni né travisamenti.
In questi anni l'informazione sulle Brigate Rosse, dentro la sinistra, è
stata viziata da una passionalità, da un trepido desiderio di prendere
le distanze, che non hanno impedito le oscure manovre del potere, intese ad
estendere a macchia d'olio le accuse di connivenza e a perpetrare arbitri procedurali
nei confronti dei "sospetti." Cosí l'orrore per le Brigate
Rosse ha avallato il tentativo di criminalizzare il dissenso radicale, ha favorito
in Italia, sull'esempio tedesco, l'avviarsi di una severa legislazione repressiva
e l'annullarsi di ogni discrimine fra prevenzione e repressione. Si è
arrivati all'assurdo di protestare e di indignarsi per le pene inflitte ai terroristi
di mezzo mondo e di sorvolare (con poche lodevoli eccezioni) sull'enorme condanna
(30 anni) inflitta al giovanissimo brigatista italiano Massimo Maraschi, presunto
autore di un sequestro andato a vuoto. Nessuno stupore, dunque, che l'editoria
democratica italiana sia prolifica di libri sulla guerriglia in tutto il mondo
e manchi di analisi serie sul fenomeno delle Brigate Rosse e che la stampa periodica
disinformi sistematicamente ricorrendo agli artifici retorici dell'esecrazione
e del vilipendio.
Da ciò si deduce la necessità di fare chiarezza sull'argomento
partendo proprio dall'esame particolareggiato dell'atteggiamento assunto dalla
stampa. Il libro del Soccorso Rosso è un tentativo onesto in questa direzione.
La sinistra è ormai abbastanza forte e matura per esprimere in proposito
un giudizio libero ed obiettivo. L'opinione pubblica, e il 15 giugno lo ha dimostrato,
è sempre piú refrattaria a eventuali manovre reazionarie tendenti
a fare delle Brigate Rosse tutto un fascio col resto della sinistra. Le posizioni
di partiti e gruppi sono chiare e la buona fede scontata: si sa chi vuole il
compromesso storico, chi accetta il gioco democratico e chi non lo vuole; chi
desidera andare al governo e chi punta sulla "lotta sempre piú dura."
Se abbiamo pubblicato questo libro, e in questo particolare momento, è
proprio per offrire al pubblico quel servizio che altri non gli hanno fornito
e che dovrebbe essere invece peculiare di un editore moderno: l'informazione
spassionata.
Anche se nelle Brigate Rosse possono esservi infiltrazioni di provocatori e
di spie (vedi Girotto o Pisetta), non v'è dubbio che il gruppo combatte
una "sua" lotta per una causa che ha assillato intere generazioni
di militanti: la rivoluzione proletaria. Chi può accusare di spionaggio
Margherita Cagol, uccisa in combattimento, o tanti altri brigatista catturati
che rischiano decine di anni di galera, se non l'ergastolo? Si tratta di giovani
ventenni, non certo disposti a rischiare la vita o una lunga detenzione per
lo stipendio del SID.
Brigate Rosse e NAP, lo sappiamo, sorto la faccia di una tragica sconfitta.
Negli anni dal 1969 al 1972 una parte non minoritaria dei giovani, protagonisti
delle lotte nelle fabbriche e nelle scuole, ha creduto che la Rivoluzione fosse
alle porte. Ha impostato la propria vita in funzione
Nota dell'editore
di una radicale trasformazione nel breve periodo. Se questa ipotesi fosse folle
o se fosse in parte realistica può essere discusso, ma è indubbio
che essa era ampiamente diffusa in una parte non certo piccola della nuova sinistra.
Oggi nessuna delle organizzazioni politiche maggiori emerse dalle lotte di quella
generazione crede piú che in Italia ci sarà la rivoluzione nei
tempi brevi. Però, come ha scritto giustamente Francesco Ciafaloni su
"Quaderni piacentini," "non è stato operato un passaggio
consapevole, argomentato, razionale, dalla vecchia posizione alla nuova, che
permettesse il recupero del nuovo emerso in quegli anni, che permettesse di
conservare coerentemente parte della carica psicologica e ideologica presente
a livello di massa. I piú si sono adattati a entrare nei ranghi. Hanno
semplicemente scoperto che la politica costa e si sono accorti di non essere
disposti a pagare il prezzo. Altri hanno accettato la pratica della doppia verità.
Altri hanno deciso di portare la scelta alle estreme conseguenze, fino al suicidio
e alla follia."