Biblioteca Multimediale Marxista
Il mese di marzo 1972 è uno dei periodi piú caldi
della recente storia d'Italia. Il clima politico è arroventato, soprattutto
a Milano.
Nel dicembre 1971 il Manifesto (che nel febbraio dello stesso anno aveva promosso
e realizzato insieme a Potere Operaio un convegno unitario con la parola d'ordine
"COSTRUIRE I COMITATI POLITICI") si isola dagli altri gruppi della
sinistra rivoluzionaria. Il motivo occasionale è dato dal ritiro dalla
manifestazione unitaria, proibita dalla polizia, indetta a Milano nel secondo
anniversario della strage di stato. La parabola del Manifesto, continuata con
l'ulteriore rifiuto di entrare nel Comitato di lotta contro la strage di stato,
terminerà con la decisione di presentarsi alle elezioni politiche del
7 maggio, che avranno, come tutti sanno, esito disastroso.
Tuttavia, nonostante questa defezione, l'attenta e minuziosa opera di controinformazione,
assieme alla campagna di massa scatenata dal movimento con le parole d'ordine
"VALPREDA LIBERO! LA STRAGE È DI STATO," fa crollare il castello
di menzogne costruito dalla borghesia al potere. Mentre stanno per essere messe
le manette a Rauti, Freda e Ventura, il processo Valpreda, iniziato il 24 febbraio,
si trasforma in un atto di accusa contro lo stato. Per questo motivo sarà
interrotto, rinviato, trasferito, di nuovo rinviato.
Il 26 gennaio una violenta ed inaspettata esplosione di autonomia operaia blocca
per due giorni Porto Marghera. L'11 marzo a Milano, nella piú violenta
manifestazione di piazza che si ricordi, la città viene "tenuta"
dai compagni per ore. Un violento attacco, a base di "champagne molotov,"
viene scatenato contro il "Corriere della Sera," il giornale che piú
di ogni altro aveva pompato la montatura reazionaria, sulla strage di stato,
l'organo ufficioso della borghesia, dove imperava Giorgio Zicari, informatore
del SID.
Quattro giorni piú tardi, la morte di Giangiacomo Feltrinelli dà
l'occasione per un nuovo giro di vite nella repressione che colpirà soprattutto
due fra le piú grosse organizzazioni della sinistra rivoluzionaria: Lotta
Continua e Potere Operaio.
È in questo clima che ha luogo a Milano il primo rapimento politico della
storia d'Italia.
Il 3 marzo 1972 Idalgo Macchiarini, definito uno dei piú odiati dirigenti
della Sit-Siemens, viene sequestrato all'uscita dall'ufficio da un nucleo di
tre brigatisti rossi (tute blu, giubbotti, volto coperto da passamontagna, secondo
il "Corriere"). Spinto in un furgoncino e quindi ammanettato, viene
sottoposto, nel corso di un breve "processo politico," ad un interrogatorio
nel ruolo di imputato. Sarà abbandonato, dopo una ventina di minuti,
con al collo un cartello: "BRIGATE ROSSE - MORDI E FUGGI! - NIENTE RESTERÀ
IMPUNITO! - COLPISCINE UNO PER EDUCARNE CENTO! - TUTTO IL POTERE AL POPOLO ARMATO!"
Di questa azione le BR forniranno una fotografia, scattata all'interno del carcere-furgone,
che rappresenta l'imputato con il cartello al collo e due pistole puntategli
contro. Sotto, la didascalia: "Milano 3-3-72, Macchiarini Idalgo, dirigente
fascista della Siemens, processato dalle BR. I proletari hanno preso le armi,
per i padroni è l'inizio della fine.”[1]
Viene diffuso un volantino in cui, rifacendo il verso al linguaggio dei poliziotti,
si dà notizia dell`arresto," del "processo" e del "rilascio
in libertà provvisoria":
Venerdí alle ore 9 le BRIGATE ROSSE
hanno arrestato di fronte allo stabilimento della SitSiemens il dirigente IDALGO
MACCHIARINI. Dopo averlo processato, lo abbiamo consigliato a lasciare al piú
presto la fabbrica e quindi rilasciato in libertà provvisoria.
Alcuni si chiederanno "perché proprio Macchiarini." In fondo
pur essendo il primo responsabile dell'organizzazione del lavoro dello stabilimento
TR e quindi responsabile dei livelli di sfruttamento che colpiscono oltre 3.000
operai o dei provvedimenti disciplinari, egli è solo il numero 3 della
LINEA DURA NEOFASCISTA che da oltre un anno si è affermata nella fabbrica
e che vede in VILLA (numero 1) e MICCINELLI (numero 2) i battistrada e in TORTAROLO
"pesce piú piccolo," il gregario provocatore.
Macchiarini è un brutto cane rognoso e gli operai lo sanno tutti.
Infatti ad ogni corteo interno, tanto per divertirsi un po', vanno su a dargli
qualche calcio nel culo per rispondere nel modo giusto alla sua ridicola aria
di sfida.
Macchiarini difatti è un DURO di quelli che ad ogni passo ripetono "GLI
OPERAI VANNO TRATTATI CON LA FRUSTA, SE NO SONO SEMPRE LI' A RIVENDICARE."
Macchiarini però è anche un SAGGIO, egli sa che le forze reazionarie
che fanno capo a quel PICCOLI, ministro delle Partecipazioni statali e fiero
sostenitore della destra nazionale, lo considerano "patrimonio intoccabile
della nazione." Per questo egli le sostiene con le parole e coi fatti.
Macchiarini, per concludere, è quel che si dice UN TIPICO NEOFASCISTA:
un neofascista in camicia bianca, e cioè una camicia nera dei nostri
giorni.
Macchiarini dunque, a suo modo e al suo livello, è un responsabile della
guerra che la borghesia ha scatenato su tutti i fronti e su tutti gli aspetti
della vita produttiva e sociale delle masse.
Per questo abbiamo inteso render celebre, "celebrando" la sua mediocrità,
questo funzionario della reazione che, a differenza delle SAM (commandos terroristici
della provocazione fascista), non butta bombe contro lapidi partigiane o sedi
di partiti democratici ma colpisce direttamente, quotidianamente, con metodo,
la classe operaia al suo cuore: la colpisce nella sua lotta incessante per la
sopravvivenza e il potere.
Questo processo proletario a Macchiarini è però anche un avvertimento
a tutti gli altri - in qualunque fabbrica o in qualsiasi parte del paese prestino
servizio - che:
Alla guerra rispondiamo con la guerra
Alla guerra su tutti i fronti con la guerra su tutti i fronti
Alla repressione armata con la guerriglia
Nessuno tra i funzionari della controrivoluzione antioperaia dorma piú sonni tranquilli; nella grande città dello sfruttamento non c'è porta che non si possa aprire e le "forze dell'ordine" (pubbliche e private) per quanto numerose già siano e per quanto numerose ancora possano diventare:
Nulla possono contro la guerriglia proletaria!
Mordi e fuggi!
Niente resterà impunito!
Colpiscine uno per educarne 100!
Tutto il potere al popolo armato
3 marzo 1972
per il comunismo
BRIGATE ROSSE[2]
Appena rilasciato in "libertà provvisoria,"
il Macchiarini sottolinea insistentemente con dichiarazioni pubbliche la brutalità
dei propri aggressori, i quali tuttavia all'indomani del sequestro si comporteranno
da "gentlemen" restituendo, non senza ironia, l'orologio "del
detenuto da questi perso durante il vano tentativo di divincolarsi.”[3]
Nella lettera che accompagna l'orologio, inviata al "Corriere della Sera,"
si precisa che il dirigente "non è stato oggetto di violenze fisiche,
salvo quelle indispensabili" e che a proposito di presunte minacce all'indirizzo
dei familiari del Macchiarini, le dichiarazioni rese alla stampa "sono
insensate e frutto di irrazionale terrore."[4]
Tempestivo giunge da parte del sindacato il rituale comunicato di "condanna
severa e dura."
Mentre 1-Avanti!' ignora del tutto l'episodio, "l'Unità" gli
dedica un minuscolo articolo di una colonna dal titolo Grave provocazione alla
Sit-Siemens di Milano in cui si parla di "banditesca provocazione."
Dopo aver accreditato la tesi delle "dure percosse," il quotidiano
del PCI dà la sua prima definizione delle BR: "una fantomatica organizzazione
che si fa viva in momenti di particolare tensione sindacale con gravi atti provocatori,
nel tentativo di far ricadere sui lavoratori e i sindacati le responsabilità
di atti e iniziative che nulla hanno a che vedere con il movimento operaio e
le sue lotte.”[5]
Tuttavia la gran maggioranza dei lavoratori della SitSiemens, che poche ore
prima del sequestro avevano tentato, nel corso di un corteo interno, di raggiungere
proprio gli uffici di Macchiarini, approva, a dispetto dei vertici sindacali,
quest'azione. Nemmeno si può dire che gli operai si commuovano per le
sorti del loro dirigente, visto che circa un mese dopo, il 13 aprile, come riferisce
la stampa dell'epoca, lo faranno ancora una volta oggetto, nel corso di un corteo
interno, di una "visita particolare" e indesiderata.
Viceversa, è dai "settori imprenditoriali" che giunge una pioggia
di prese di posizioni indignate. Perfino Piccoli, ministro delle Partecipazioni
statali, del resto chiamato in causa nel volantino delle BR, si mobilita in
prima persona, con un telegramma all'amministratore delegato della Siemens nel
quale depreca la gravità dell'accaduto ed esprime solidarietà
col dirigente aggredito.
Il presidente dell'IRI, Petrilli, a sua volta convoca immediatamente il Comitato
di presidenza il quale emette un comunicato in cui si vuole "criminalizzare"
l'accaduto. Il comitato rileva infatti che l'episodio mostra "una premeditazione
ed una organizzazione, non dissimili da tanti ricorrenti fatti di banditismo."[6]
La CIDA (Confederazione italiana dirigenti d'azienda) lancia un appello al presidente
del Consiglio dei ministri, ai ministri dell'Interno, delle Partecipazioni statali
e del Lavoro, contro il ripetersi di "atti eversivi contro una qualificata
categoria di prestatori d'opera."[7]
L'ALDAI (Associazione lombarda dirigenti aziende industriali) deplora questi
episodi che "esasperano la già tesa situazione negli ambienti di
lavoro, denuncia l'inderogabile esigenza di riconoscere anche ai dirigenti d'azienda,
lavoratori tra i lavoratori, le necessarie possibilità di adempiere alla
loro funzione nel clima di ogni umana, civile convivenza nel rispetto della
libertà di lavoro."[8]
Piú interessante e varia la posizione della sinistra "rivoluzionaria." PO osserva che:
Un commando operaio è passato, per la prima volta nella storia della classe operaia italiana, ad un sequestro. Noi annotiamo solamente che la recezione di questo atto, a livello di classe operaia, è stata positiva. Il salto di qualità nella gestione della lotta che questa azione dimostra, va perciò annotato. Sembra che nella classe operaia milanese, che oggi è all'avanguardia del movimento complessivo, l'articolazione fra azione di massa ed azione di avanguardia risulti ormai un fatto acquisito [...]. Sono nuove forme di lotta operaia che si stanno facendo strada: questa pratica della violenza organizzata da parte proletaria è resa obbligatoria dalla crescita dello scontro di classe e delle sue caratteristiche di violenza [...]. Si tratta di azioni che portano un segno di classe, proletario e comunista, ed esprimono una volontà sovversiva e un bisogno di rivoluzione che è delle masse sfruttate, e non di esigue minoranze.[9]
Mentre il "Manifesto," impegnato nelle elezioni, tace completamente la notizia, "Avanguardia Operaia," che già aveva definito fascisti i compagni del 22 Ottobre, sferra a distanza di alcune settimane un attacco violento, seppure non inaspettato. Sotto il titolo Con la regia dei servizi segreti cosí ammonisce:
... il sequestro giunge improvviso (alla Siemens
non c'è lotta in questa fase). Il gesto è del tutto dimostrativo
e pare fatto apposta per avere titoli scandalistici [...]. Al collo del sequestrato
viene appeso un cartello con una scritta dallo stile assai poco familiare al
movimento operaio "mordi e scappa, colpiscine uno per educarne cento."
MA SOPRATTUTTO FA LA SUA APPARIZIONE UN ELEMENTO CHIAVE DEL CASO FELTRINELLI:
IL FURGONCINO! [in maiuscolo nel testo. N.d.R.].
Si comincia ad introdurre nell'opinione pubblica alcuni concetti: esistono i
terroristi, sono di sinistra e si servono di furgoncini per le loro malefatte.[10]
Sulle affermazioni contenute nell'articolo di "Avanguardia
Operaia" sono necessarie alcune precisazioni:
1. Non è vero che alla Siemens, in quella fase, non c'era lotta: si può
leggere in proposito "l'Unità" del 4 marzo 1972, ma soprattutto
basta la constatazione che in quella mattina stessa un corteo interno aveva
attraversato la fabbrica, tentando di raggiungere proprio gli uffici del Macchiarivi.
2. La frase "mordi e fuggi" che non è familiare ad AO lo è
però a Che Guevara e Fidel Castro, i quali l'appresero dal loro maestro
di guerriglia, Bayo (già generale della repubblica nella guerra di Spagna)
durante le esercitazioni in Messico da loro svolte nella qualità di allievi.
Del resto, la stessa frase, insieme ad altre, è stata raccolta in un
manuale di guerriglia, divenuto presto un classico e tradotto anche in Italia.[11]
3. Anche la frase "colpiscine uno per educarne cento," definita poco
familiare da AO, si trova in un altro classico del comunismo. Infatti Lenin
nelle Note per il programma del II congresso del partito (1905), cosí
scriveva: "Il terrore deve fondersi con il movimento di massa [...] ecco
perché noi diciamo nella tradizione rivoluzionaria comunista: la professione
di boia, di poliziotto, di preside, di capo di fabbrica, di giudice, sta diventando
una professione rischiosa. Perché i proletari seguono la regola castiga
uno, educane canto."
4. Quanto al furgoncino, va osservato innanzitutto che il sequestro fu operato
dodici giorni prima della morte di Feltrinelli, e quindi era estremamente difficile
per i "provocatori," a meno che non fossero provvisti di facoltà
"divinatorie," conoscere le future circostanze della vicenda di Segrate.
Per inciso c'è da osservare che un "attento studio" sulle tecniche
dei sequestri politici rivela che anche i guerriglieri uruguayani, argentini,
brasiliani e turchi si sono serviti molto spesso di furgoncini e quasi mai di
biciclette, trattori, auto scoperte o tranvai elettrici. Questo soprattutto
per motivi di sicurezza!
C'è infine da considerare che "un gesto del tutto dimostrativo"
è certamente assai meno "provocatorio," ad esempio, di un'azione
cruenta.
Per quanto riguarda LC va registrato un cambiamento di centottanta
gradi rispetto alla ferma condanna espressa a proposito dell'episodio di Lainate.
All'indomani del rapimento, l'esecutivo milanese diffonde un comunicato di piena
solidarietà con le BR:
Idalgo Macchiarini è stato catturato venerdí pomeriggio, processato e punito. Nella mattinata un corteo all'interno della fabbrica aveva cercato di raggiungerne l'ufficio per fargli sentire il peso della propria forza e del proprio odio di classe. Noi riteniamo che questa azione si inserisca coerentemente nella volontà generalizzata delle masse di condurre la lotta di classe anche sul terreno della violenza e dell'illegalità.
Mentre nella sinistra rivoluzionaria italiana è ancora vivo il dibattito su questo episodio, giunge dalla non lontana Francia una notizia, che sembra dare una dimensione europea a questa forma di lotta illegale. Robert Nogrette, dirigente della Renault, la società responsabile del licenziamento prima e dell'assassinio dopo dell'operaio Pierre Overnay, viene sequestrato il 9 marzo da Nouvelle Résistance Populaire, braccio armato della Gauche Proletarienne, l'organizzazione messa fuori legge nel 1970, di cui abbiamo visto le affinità con Sinistra Proletaria. Da un comunicato di NRP:
Colui che si vanta di essere la giustizia della Renault, il signor Nogrette, responsabile della volante dei killers e principale organizzatore dei licenziamenti, è stato arrestato questa mattina dal gruppo Pierre Overnay, della nostra organizzazione. Noi rappresentiamo la volontà del popolo davanti alla legge degli assassini. Noi rappresentiamo la giustizia davanti a coloro che vogliono far regnare il terrore nella piú grande impresa di Francia.[12]
Questo sequestro, conclusosi in modo incruento dopo 48 ore,
viene entusiasticamente salutato da LC, che, in un foglio distribuito quotidianamente
dai militanti, "Processo Valpreda" del 10 marzo 1972, cosí
si esprime su un titolo a mezza pagina: IL SEQUESTRO DI DIRIGENTI DELLA SITSIEMENS
E DELLA RENAULT: LA GIUSTIZIA RIVOLUZIONARIA COMINCIA A FAR PAURA - VIVA LA
GIUSTIZIA RIVOLUZIONARIA. Segue l'articolo in cui si ribadisce che "il
processo e la punizione dei dirigenti è pratica costante della lotta
operaia e momento significativo dell'opposìzione alle gerarchie capitalistiche
in fabbrica e fuori, è condizione essenziale per difendere le conquiste
della classe operaia."[13]
Queste posizioni verranno pagate duramente da LC: un esposto-denuncia dei CC
contro l'esecutivo milanese provocherà 11 mandati di cattura contro alcuni
tra i principali dirigenti a livello nazionale.
Successivamente, proprio nel momento di massima repressione, Avanguardia Operaia
svilupperà una dura polemica contro LC e PO per il giudizio da queste
organizzazioni espresso a proposito di GAP e BR. La polemica si concluderà
con l'uscita di AO dal Comitato di lotta contro la strage di stato.