Biblioteca Multimediale Marxista
Solo dopo un anno dalla loro nascita, nel settembre 1971, le
Brigate Rosse, i cui messaggi fino a quel momento potevano essere letti solo
dentro le "singole azioni," ritengono di raccogliere in un opuscolo
le linee generali della loro politica.
Le stesse BR giustificano il ritardo: uscire prima con un documento complessivo
sarebbe stato "prematuro e inopportuno. Il processo di trasformazione delle
avanguardie politiche-armate è infatti ai suoi inizi e non si tratta
di anticiparne la teoria. Del resto, noi come moltissimi altri siamo ormai stufi
di interminabili enunciazioni di principio, o di sensazionali rivelazioni ‘teoriche'
immancabilmente affiancate da deludenti dimostrazioni di opportunismo pratico.
Lasciamo cosí alla prassi il privilegio di stabilire il suo primato,
sicuri che per questa via si potrà realizzare l'unità delle forze
rivoluzionarie, l'organizzazione proletaria armata, e mettere sempre piú
a fuoco la teoria della nostra rivoluzione."[1]
Nel documento si trovano una serie di concetti già espressi nel periodo
del CPM, o in quello di SP, o di NR. La novità consiste soprattutto nell'opera
di sistematizzazione compiuta: secondo le BR la borghesia, di fronte alla sua
crisi, ha solo una risposta, la militarizzazione, che ha come obbiettivo non
il fascismo tradizionale, bensì un "fascismo gollista" che
vive sotto le apparenze della democrazia. Per fronteggiare l'attacco armato
la sinistra non riformista si trova impreparata.
Due possono essere secondo le BR i possibili atteggiamenti: a) rispondere secondo
la versione terzinternazionalista, con la variante anarco-sindacale; b) congiungersi
all'esperienza rivoluzionaria metropolitana dell'epoca attuale. E i "gruppi"
hanno già scelto la prima strada, le BR la seconda.
Le BR, che si pongono come riferimento il marxismo-leninismo, la rivoluzione
culturale proletaria, l'esperienza in atto dei movimenti guerriglieri metropolitani,
vogliono solo essere i primi punti di aggregazione per la formazione del partito
armato: che non va inteso come il braccio armato di un movimento di massa disarmato,
ma come il punto di unificazione piú alto. Non si tratta di dare inizio
alla lotta armata, perché essa è, purtroppo, già iniziata
unilateralmente dalla borghesia.
Riecheggiando alcune teorizzazioni dell'ERP sulla dualità di potere,
mentre viene rifiutata la concezione fochista (del resto ampiamente combattuta
fin dai tempi di "Lavoro Politico"), viene proposta la nascita di
un potere "alternativo" nelle fabbriche e nei quartieri popolari.
Per quello che riguarda il PCI, o i "gruppi," nessun settarismo ideologico:
la discriminante fondamentale è l'atteggiamento rispetto alla lotta armata.
Il documento, che viene riprodotto integralmente, è scritto nella forma,
tipica dei tupamaros, dell'intervista:
1. Come giudicatela fase attuale dello
scontro di classe?
Ci sembra che ci sia una concordanza di vedute nella sinistra sulla situazione
attuale.
Non sfugge né ai riformisti né alle forze extraparlamentari il
progetto di riorganizzazione della borghesia su una prospettiva reazionaria
e violentemente antioperaia. E piú in generale tutti riconoscono che
è iniziato uno scontro decisivo nel quale si giocano da una parte, cioè
dalla parte della borghesia, la possibilità di un nuovo equilibrio politico
ed economico, dall'altra, cioè da parte dei lavoratori, la prospettiva
di un capovolgimento dei rapporti di produzione. Ma a parte i riformisti la
cui strategia si dimostra sempre piú suicida di fronte all'attacco reazionario,
ciò che ci interessa mettere in evidenza è lo stato di impreparazione
in cui si trovano le forze rivoluzionarie di fronte alle nuove scadenze di lotta.
Alla sinistra rivoluzionaria è mancata la consapevolezza che il ciclo
iniziato nel '68 non poteva che portare agli attuali livelli di scontro e non
vi è stata quindi la predisposizione degli strumenti idonei a farvi fronte.
La nostra esperienza politica nasce da questa esigenza.
2. Quali cause stanno alla base della crisi
attuale?
Oggi ci troviamo davanti ad un capovolgimento delle prospettive politiche della
borghesia. Esso è dovuto al mancato congiungimento delle prospettive
di sviluppo del capitalismo e dei progetti politici dei partiti riformisti.
La borghesia infatti posta di fronte all'iniziativa della classe operaia che
ha rifiutato il riformismo come progetto di stabilizzazione sociale ponendo
all'ordine del giorno la fine dello sfruttamento, e alle oggettive contraddizioni
dell'imperialismo che impediscono la programmazione pacifica dello sviluppo
del capitalismo nei singoli paesi, ha dovuto riorganizzare a "destra"
l'intero apparato di potere.
3. In quale direzione ritenete quindi che
si svilupperà nei prossimi tempi la situazione politica?
La borghesia ha ormai una strada obbligata: ristabilire il controllo della situazione
mediante un'organizzazione sempre piú dispotica del potere. Il dispotismo
crescente del capitale sul lavoro, la militarizzazione progressiva dello stato
e dello scontro di classe, l'intensificarsi della repressione come fatto strategico
sono due conseguenze obiettive ed inesorabili. Nella situazione italiana assistiamo
infatti alla formazione di un blocco d'ordine reazionario quale alternativa
al centro-sinistra. Esso prospera sotto le bandiere della destra nazionale e
tende a riassicurarsi il controllo della situazione economica e sociale e cioè
alla repressione di ogni forma di lotta rivoluzionaria ed anticapitalista.
4. Pensate dunque ad una riedizione del
fascismo?
Il problema non va posto in questi termini. È un dato di fatto incontestabile
che questo disegno repressivo per ora si estende e mira non tanto alla liquidazione
istituzionale dello stato "democratico" come ha fatto il fascismo,
quanto alla repressione piú feroce del movimento rivoluzionario. In Francia
il "colpo di stato" di De Gaulle e l'attuale "fascismo gollista"
vivono sotto le apparenze della democrazia. Nei tempi brevi questo è
certamente il modello meno scomodo.
Sarebbe però ingenuo sperare in una stabilizzazione moderata della situazione
economica e sociale in presenza di un movimento rivoluzionario combattivo.
5. Quali dunque le vostre scelte?
Avevamo due strade oltre la via riformista che abbiamo rifiutato insieme alla
sinistra rivoluzionaria da diversi anni: ripetere l'esperienza storica del movimento
operaio secondo le versioni anarco-sindacaliste o terzinternazionaliste o viceversa
congiungersi all'esperienza rivoluzionaria metropolitana dell'epoca attuale.
I gruppi della sinistra extraparlamentare tutto sommato non sono usciti dalla
prima prospettiva poiché non hanno saputo sottoporre ad una analisi critica
le sconfitte del movimento rivoluzionario del primo dopoguerra. Essi hanno ripreso
nella sua essenza la teoria delle due fasi del processo rivoluzionario (preparazione
politica, agitazione, e propaganda prima, insurrezione armata poi) ed oggi stanno
ripercorrendo la prima fase mentre la borghesia già dispiega la sua iniziativa
armata.
Ne fanno testo l'attacco padronale alle forme di lotta piú incisive,
i processi politici e le condanne contro i militanti piú combattivi,
il rinato terrorismo squadrista, le aggressioni fasciste ai picchetti operai
e quelle poliziesche alle piccole fabbriche, agli sfrattati ed agli studenti,
i rastrellamenti nei quartieri insubordinati, l'assunzione di provocatori sbirri
e fascisti nelle fabbriche, ecc. Lo scontro armato è già iniziato
e mira a liquidare la capacità di resistenza della classe operaia. L'ora
X dell'insurrezione non arriverà. E quello che molti compagni tendono
a raffigurarsi come lo scontro decisivo tra proletariato e borghesia altro non
è che l'ultima e vittoriosa battaglia della borghesia. Come è
stato nel 1922.
6. In definitiva quale è il filone
ideologico e storico al quale vi collegate?
I nostri punti di riferimento sono il marxismo-leninismo, la rivoluzione culturale
cinese e l'esperienza in atto dei movimenti guerriglieri metropolitani; in una
parola la tradizione scientifica del movimento operaio e rivoluzionario internazionale.
Questo vuol dire anche che non accettiamo in blocco gli schemi che hanno guidato
i partiti comunisti europei nella fase rivoluzionaria della loro storia soprattutto
per quanto riguarda la questione del rapporto tra organizzazione politica e
organizzazione militare.
7. Puoi specificare meglio questo punto
di vista?
I compagni brasiliani sostengono che l'origine dell'involuzione socialdemocratica
dei partiti comunisti è da ricercare nell'incapacità della loro
organizzazione a far fronte ai livelli di scontro che la borghesia progressivamente
impone al movimento di classe. Non c'è quindi all'origine di tutto il
"tradimento" dei capi quanto l'inadeguatezza strutturale dell'arma
che essi utilizzano e cioè della loro organizzazione.
Di questo hanno tenuto conto le organizzazioni armate metropolitane le quali
sin dall'inizio si sono costituite per far fronte globalmente a tutti i livelli
dello scontro.
8. Il problema per voi è quindi
quello di iniziare la lotta armata?
La lotta armata è già iniziata. Purtroppo in modo univoco, cioè
è la borghesia che colpisce. Il problema è dunque quello di creare
lo strumento di classe capace di affrontare allo stesso livello lo scontro.
Le Brigate Rosse sono i primi sedimenti del processo di trasformazione delle
avanguardie politiche di classe in avanguardie politiche armate, i primi passi
armati nella direzione di questa costruzione.
9. Siete per una concezione "fochista"
dell'avanguardia armata?
No. Il nostro punto di vista è che la lotta armata in Italia debba essere
condotta da un'organizzazione che sia diretta espressione del movimento di classe
e per questo stiamo lavorando all'organizzazione dei nuclei operai di fabbrica
e di quartiere nei poli industriali e metropolitani ove maggiormente si condensano
rivolta e sfruttamento.
10. Siete dunque in una fase di preparazione?
Da un punto di vista generale non possiamo essere che in questa fase in quanto
la strada che abbiamo scelto ha bisogno di un lungo periodo di accumulazione
di esperienze e di quadri. Però non è una fase staccata dalla
lotta di classe ma si realizza tutta all'interno di essa.
11. Questo vuol dire quindi che le Brigate
Rosse anche in questa fase sono impegnate nello scontro?
Esiste una tendenza nel movimento di classe non riconducibile ad alcuna delle
organizzazioni extraparlamentari operanti che esprime l'esigenza di nuove forme
di organizzazione della lotta rivoluzionaria: organizzazione dell'autodifesa,
prime forme di clandestinità, azioni dirette... Le Brigate Rosse hanno
colto questa esigenza e si propongono di passare da queste prime esperienze
che costituiscono una fase tattica necessaria, alla fase strategica della lotta
armata.
12. Quali sono le condizioni perché
questo passaggio avvenga?
Nessun movimento rivoluzionario armato che lotta per il potere può affrontare
lo scontro senza essere in grado di realizzare due condizioni fondamentali:
1) misurarsi con il potere a tutti i livelli (liberare i detenuti politici,
eseguire condanne a morte contro i poliziotti assassini, espropriare i capitalisti,
ecc.) e naturalmente dimostrare di saper sopravvivere a questi livelli di scontro;
2) far nascere un potere alternativo nelle fabbriche e nei quartieri popolari.
13. Che intendete per potere proletario
alternativo?
Intendiamo dire che la rivoluzione non è solo un fatto tecnicomilitare,
e l'avanguardia armata non è il braccio armato di un movimento di massa
disarmato, ma il suo punto di unificazione piú alto, la sua richiesta
di potere.
14. Su quali direttrici intendete muovervi
in questa fase?
Nei mesi passati la nostra preoccupazione fondamentale è stata quella
di radicare nel movimento di classe un discorso strategico. Oggi riteniamo che
sia decisivo lavorare alla sua organizzazione. Si tratta cioè di radicare
le prime forme di organizzazione armata nella lotta quotidiana che nelle fabbriche,
nei rioni, nelle scuole mira a spezzare l'offensiva tattica della borghesia.
E ciò combattendo il terrorismo padronale nei suoi aspetti oggettivi
e soggettivi senza separare la lotta alla organizzazione capitalistica del lavoro
e della vita sociale dalla lotta all'organizzazione capitalistica del potere;
affrontando lo squadrismo fascista e colpendo con durezza adeguata nelle persone
e nelle cose i suoi organizzatori politici e militari; non concedendo impunità
agli sbirri, alle spie e ai magistrati che attaccano il movimento di classe
nei suoi interessi e nei suoi militanti.
Da un punto di vista immediato questa azione deve consentirci di mantenere alti
livelli di mobilitazione popolare impedendo l'affermarsi di correnti pessimistiche
e liquidatorie. E piú in generale questo scontro non si concluderà
con un ritorno alla situazione precedente ma costituirà la premessa per
lo scontro strategico: per la lotta armata per il potere.
15. Ma allora le Brigate Rosse sono organismi
di transizione?
No, perché la lotta armata non può essere affrontata con organismi
intermedi come potrebbero essere i comitati di base, i circoli operai-studenti
o le stesse organizzazioni politiche extraparlamentari. Essa necessita sin dall'inizio
dell'organizzazione strategica del proletariato.
16. Intendete dire il Partito?
Esatto. Le BR sono i primi punti di aggregazione per la formazione del Partito
Armato del Proletariato. In questo sta il nostro collegamento profondo con la
tradizione rivoluzionaria e comunista del movimento operaio.
17. Che posizione avete nei confronti dei
gruppi extraparlamentari?
Non ci interessa sviluppare una sterile polemica ideologica. Il nostro atteggiamento
nei loro confronti è innanzitutto determinato dalla posizione sulla lotta
armata. In realtà nonostante le definizioni rivoluzionarie che questi
gruppi si attribuiscono al loro interno prospera una forte corrente neo-pacifista
con la quale non abbiamo niente a che spartire e che riteniamo si costituirà
al momento opportuno in una forte opposizione all'organizzazione armata del
proletariato. Mentre invece, sicuramente un'altra parte dei militanti accetterà
questa prospettiva. Con essi il discorso è aperto. Certo questa non è
l'unica discriminante, rimangono questioni fondamentali relative ai tempi e
alla tattica da seguire oltre che la questione fondamentale della proletarizzazione
dell'organizzazione. Noi non accettiamo la mistificazione che tende ad identificare
le attuali avanguardie per avanguardie di classe. Il problema della costruzione
della avanguardia politica ed armata del proletariato è tuttora aperto
e non può essere risolto battendo la strada dei facili trionfalismi di
gruppo, né con progetti di aggregazione di forze non significative dal
punto di vista di classe.
18. Come considerate le accuse che alcuni
gruppi della sinistra extraparlamentare hanno mosso nei vostri confronti?
Dobbiamo qui distinguere due tipi di accuse: l'una è in sostanza una
critica al nostro "avventurismo" e a proposito della quale abbiamo
solo da dire che avventurismo è affrontare lo scontro con la borghesia
armata senza adeguato strumento. E a questa verifica non potrà sfuggire
neppure chi ci muove questa critica con spirito militante.
L'altra che è una calunnia con la quale si tende a presentarci come provocatori
o fascisti non ammette una risposta politica ma costituirà al momento
opportuno un fatto di cui dovranno rendere conto coloro che l'hanno formulata.
Piú in generale al di là di queste accuse, noi crediamo che la
sinistra subirà col progredire dello scontro di classe un processo di
polarizzazione in cui la discriminante sarà inevitabilmente la posizione
sulla lotta armata. In questo processo verrà coinvolto anche il PCI.
Per questo rifiutiamo ogni settarismo ideologico, proprio degli intellettuali
pseudorivoluzionari e riaffermiamo la nostra posizione fortemente unitaria con
tutti i compagni che sceglieranno la via della lotta armata.
settembre 1971[2]