Biblioteca Multimediale Marxista


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L'attacco alla DC e al "fascismo in camicia bianca"

La "perquisizíone" all'UCID

Il mese di gennaio 1973 è dominato in tutta Italia dalle manifestazioni di antifascismo militante compiute in rísposta al congresso del MSI programmato a Roma. Violenze di massa o dì avanguardia vengono compiute soprattutto a Roma e a Milano.
La notte tra il 14 e 15 gennaio una bomba scoppia a piazza S. Babíla, noto ritrovo di fascisti. Altri ordigni esplodenti vengono lanciati contemporaneamente contro sedi di organizzazionì di estrema destra (Avanguardia Nazìonale, MSI, CISNAL). Le BR non condividono queste forme di lotta: sul terrorismo si sono già espresse; quanto alla «violenza di massa" ritengono che non sia necessario "scatenare un'offensiva, inevitabilmente perdente, sulla scadenza del congresso fascista perché questa scadenza è una trappola tesa da Almirante, dal PCI e da Andreotti; perché la guerra al fascismo è reale nella misura in cui segue il ritmo imposto dai tempi di crescita del potere proletario..." Coloro che hanno "pomposamente promosso `violenze di massa' [...] non hanno perso l'occasione di dimostrare tutta la loro `capacità di valutazione politica' scambiando Andreotti per Tambroni e fornendo in chiave di farsa la loro interpretazione del luglio 1960.[1]
Secondo le BR "per combattere il fascismo comunque esso si presenti è necessario sviluppare e rafforzare 1' organizzazione proletaria armata che lotta per il comunismo.[2]
Per questi motivi ritengono importante far conoscere al movimento la sostanza del "fascismo in camicia bianca di Andreotti," diverso da quello di Tambroni piú scoperto e ormai superato come ipotesi storica.
Per esprimere questi concetti le BR preferiscono far parlare direttamente le loro azioni.
Il 15 gennaio a Milano compiono un'incursione contro l'UCID (Unione cristiana imprenditori di azienda), equivalente padronale delle ACLI, quasi a sottolinearne la natura intrinsecamente fascista: fondata 25 anni prima da Gedda e da Togni, è tuttora saldamente legata alla destra DC.
Tre uomini mascherati con passamontagna, armati di mitra e pistole, irrompono alle 19,30 nella sede dell'UCID, dove si trova solo il segretario Giulio Barana che è solito, secondo il "Corriere della Sera," trattenersi oltre l'orario fisso. Vengono requisiti l'archivio degli iscritti con le schede personali e riservate, un taccuino con indirizzi e una lettera intestata a Luigi Gedda.
Il commando traccia con vernice rossa delle scritte inneggianti alle BR sui muri "dove c'è un crocefisso e il ritratto di Paolo VI," infine si allontana dopo aver incatenato il Barana al porta-asciugamani del gabinetto. Un volantino lasciato sul terreno spiega i motivi dell'incursione:

Lunedí 15 gennaio 1973 alle ore 19 un nucleo armato ha perquisito la sede dell'Unione cristiana imprenditori dirigenti in via Bigli, 15, rendendo all'impotenza i funzionari presenti e sequestrando documenti ed elenchi che quanto prima renderemo pubblici.
L'Unione cristiana imprenditori dirigenti è l'associazione collaterale della Democrazia cristiana che organizza i dirigenti e gli imprenditori democristiani delle fabbriche di Milano.
E' qui che i fascisti in camicia bianca dell'Alfa Romeo, della SitSiemens, della Marelli ecc., mettono a punto il piano dell'attacco antioperaio.
È qui che il 28 novembre 1972 (subito dopo l'inizio della lotta dei metalmeccanici) è stato organizzato l'incontro col presidente della Confindustria Lombardi per definire "la funzione dell'imprenditore nella nuova situazione economica e politica," cioè il modo migliore per continuare a sfruttarci e per stroncare la lotta contrattuale appena iniziata. In questi ultimi mesi infatti la borghesia sta portando un massiccio attacco alle condizioni di vita e alle forme di lotta dei proletari.
Questo attacco trova ancora una volta nella DC e nel suo governo Andreotti un meticoloso e spietato esecutore:
- i prezzi aumentano e la disoccupazione cresce sempre piú;
- in fabbrica la polizia attacca sempre piú ferocemente i picchetti e scioglie con la forza le assemblee operaie;
- con il "fermo di polizia," gli arresti indiscriminati vogliono impedirci qualunque forma di organizzazione e di resistenza. Mentre i fascisti assassini di Almirante godono della piú assoluta impunità e gli viene addirittura permesso di riunirsi a congresso.
Con questa azione vogliamo dimostrare come la DC non sia soltanto lo strumento che per 30 anni ha sorretto fedelmente il potere dei padroni ma sia essa stessa una mostruosa macchina di oppressione e di sfruttamento. Infatti oltre ai fascisti assassini di Àlmirante operano, ugualmente pericolosi, i fascisti in camicia bianca di Àndreotti: coloro che in fabbrica ci controllano, ci schedano, ci licenziano, che fuori parlano di libertà e di democrazia, ma che in realtà organizzano la piú spietata repressione antioperaia.
Contro tutti questi nemici i proletari hanno cominciato ad organizzarsi per resistere, riaffermando che risponderanno

Al sopruso con la giustizia proletaria
Alla violenza dei padroni con la lotta rivoluzionaria degli sfruttati.
Contro i fascisti assassini di Almirante
Contro il fascismo in camicia bianca della DC di Andreotti I proletari costruiranno la resistenza armata!


Per il comunismo
BRIGATE ROSSE

Un centinaio di volantini simili vengono diffusi anche alla FIAT Mirafiori. Un ciclostato di tre fogli (Bilancio della perquisizione) viene inviato alla stampa quotidiana.
Il primo ad arrivare sul posto è il sostituto procuratore Guido Viola. Resta perplesso sull'autenticità della firma: certo, come stile sono loro, ma pare poco credibile che compiano un'azione, nel momento in cui hanno 30 compagni in libertà provvisoria, 10 latitanti, e 2 capi in attesa di scarcerazione che "debbono rispondere di reati ben precisi di fronte alla GIUSTIZIA." Possibile che non si rendano conto di peggiorare la loro situazione?
I tre sindacati, unitariamente, emettono un duro comunicato in cui si parla di impresa criminale inquadrata nella strategia della tensione, e si conclude con la considerazione che il mascherarsi dietro etichette politiche non giustifica la criminalità.
"L'Unità" dà abbondante rilievo all'accaduto; un titolo a tre colonne annuncia: GRAVI PROVOCAZIONI A MILANO PER RICREARE UN CLIMA DI TENSIONE. Dopo aver ricordato che il Barana è padre di 6 figli, conclude ammonendo che "in vista del congresso fascista di Roma maggiore deve essere l'unità antifascista per combattere e vincere le forze eversive.”[3]
Il Partito liberale prende la parola per richiedere maggiori mezzi per coloro che difendono la legge, individuati in polizia e CC.
L'UCID sottolinea l'alta funzione che essa stessa rappresenta per i "valori perenni del messaggio cristiano che danno una dimensione unica e inconfondibile agli eventi umani.[4]
Un odg di esecrazione viene votato all'unanimità dalla giunta comunale milanese.
L"`Avanti!," che ignora l'episodio, viene seguito nel silenzio da "Avanguardia Operaia."
Il "Manifesto," che per la prima volta dà un qualche rilievo alle BR, finisce col mettere in dubbio la loro stessa esistenza: "CHE COSA VERAMENTE CERCAVANO NELLA SEDE DEGLI IMPRENDITORI CATTOLICI GLI INCURSORI MASCHERATI DA BRIGATE ROSSE" è il titolo di un articolo in cui si afferma che "persino gli inquirenti dubitano che il commando [...] appartenga alle BR. Senza dire dei dubbi che già da tempo esistono sulla stessa esistenza delle BR [...]. Anche la tecnica usata dal commando appare diversa da quella delle BR ... “[5]
"Lotta Continua," dopo aver preso lo spunto da questa azione per polemizzare con "il Manifesto" sul tema della violenza, finisce col criticare le "velleità delle BR":

I dottorini del "Manifesto" [...] ci accusano di compiacerci dello "scontro fisico." L"'Unità" almeno è coerente: chiama provocatoria qualunque violenza, perché ha paura della violenza di massa [...]. Il "Manifesto" è ridicolo: se la piglia con la violenza in nome della "violenza di massa la sola rivoluzionaria." Se la lotta di classe fosse un torneo cavalleresco avrebbe senso dichiarare che l'unica violenza accettabile è quella di massa. Poiché la lotta di classe è una lotta feroce, in cui il nemico non rinuncia ad alcuna arma, per criminale e vigliacca che sia, dire belle frasi sulla violenza di massa è solo un modo per esprimere il proprio pavido opportunismo [...]. Noi guardiamo alle azioni militanti per sostenerle quando rispettano e praticano questo corretto rapporto, per criticarle quando sono sbagliate. Ben prima di ricorrere all'accusa di provocazione, noi valutiamo il significato e l'esito politico di ogni avvenimento rispetto al cammino centrale della lotta di massa. Al fondo di molte azioni sbagliate e dannose c'è, ben piú spesso della cosciente provocazione, un grave errore politico, e soprattutto una mancata comprensione della forza e della coscienza di massa, una tendenza a sostituirle. Sulla base di questo giudizio noi critichiamo oggi alcune azioni, cosí come critichiamo radicalmente, per quello che ne conosciamo, le velleità delle Brigate Rosse. Ma niente abbiamo a che spartire con l'opportunismo che mira a disarmare le masse perché ne ha paura.[6]


Un mese dopo, LC ritornerà diffusamente sull'azione contro l'UCID ribaltando la propria posizione rispetto a quella assunta a proposito del sequestro Macchiarini:

Le BR hanno deciso di scendere in campo con una "azione esemplare" che non aveva neppure l'intenzione di inserirsi nel quadro generale ma che aveva esplicitamente la pretesa di indicare la "giusta via della lotta armata" di contro a tutte le altre "deviazioni politiche." Animate da questa donchisciottesca intenzione, le BR non solo - come è ovvio - criticano (giustamente) "la strada del terrorismo" ma nel loro splendido isolamento [...] mettono nello stesso calderone le bombe [...] e le "violenze di massa," con il quale termine vengono indicate le manifestazioni di piazza e l'autodifesa militante nei confronti delle provocazioni poliziesche. Ad un tale incredibile polpettone non erano mai arrivati neanche i revisionisti! [...] E tanto piú grave e farneticante è tutto questo, quando si giunge perfino a ridicolizzare bassamente il confronto storico e teorico con le diverse caratteristiche della rivolta spontanea di massa del luglio 1960 contro i fascisti e il governo Tambroni [...]. Ma arrivano piú in là e peggio [...] quando premettono un'autoesaltazione della "perquisizione" all'UCID come l'unica e autentica iniziativa comunista presa in questa fase di lotta.[7]

L'azione contro l'UCID assume un rilievo particolare nella storia delle BR, perché segna l'inizio dell'attacco diretto alla Democrazia cristiana, di cui si vuole rivelare il volto fascista. Altre azioni seguiranno, con lo stesso obbiettivo, per es. quella contro il Centro Sturzo di Torino, e l'altra a Milano contro il democristiano di destra De Carolis. Un violento attacco contro la DC sarà pure contenuto nel comunicato relativo alla liberazione di Curcio.

II sequestro Mincuzzi

Tra le schede individuali requisite durante l'incursione all'UCID, c'è anche quella di un oscuro dirigente dell'Alfa, l'ingegner Michele Mincuzzi, specialista in "organizzazione del lavoro," che viene sequestrato dalle BR il 28 giugno 1973 nel corso di un'azione strettamente collegata con 1' attacco alla sede degli imprenditori cattolici e inquadrata nella lotta contro "il fascismo in camicia bianca."
La situazione politica nel giugno 1973 è tesa. A livello di governo va registrata la crisi del centro-destra di Andreotti, abbattuto dalla lotta operaia e la ricomposizione del capitale attorno ad un governo di centro-sinistra. In fabbrica è da poco concluso un accordo aziendale da molti ritenuto un autentico "bidone."
La meccanica del rapimento è quella solita: verso le ore 20,30, mentre si accinge a scendere dalla sua autovettura, l'ingegner Mincuzzi viene circondato da un commando, e dopo una breve colluttazione, viene sospinto dentro un furgoncino e incappucciato.
Giunto in aperta campagna viene fatto scendere e sottoposto ad un "processo proletario." Il "giudice," a detta di Mincuzzi, si mostra ben informato sull'organizzazione del lavoro in fabbrica: tempi, ritmi, proprio la materia di cui si occupa l'ingegnere. Alle domande incalzanti sulla ristrutturazione, il lavoro di gruppo, la possibilità di diminuire lo stress, cosí risponde il "detenuto": "Ho sempre creduto in una società in cui non ci siano privilegi, in cui a tutti siano offerte le stesse possibilità. Soltanto che poi, i migliori debbono emergere nell'interesse della collettività."[8]
Ad un certo punto, dato che l'ingegnere è sofferente di cuore, un "giudice" si offre di fargli un massaggio al petto. "Sono stati molto gentili, sono sicuro che non avevano alcuna intenzione di farmi del male" dirà piú tardi Mincuzzi.
Finito il breve interrogatorio, viene rilasciato nei pressi della fabbrica, a suo dire "molto delicatamente." Ha addosso un cartello: BRIGATE ROSSE - MINCUZZI MICHELE DIRIGENTE FASCISTA DELL'ALFA ROMEO - PROCESSATO DALLE BRIGATE ROSSE. NIENTE RESTERA IMPUNITO - COLPISCINE UNO PER EDUCARNE CENTO - TUTTO IL POTERE AL POPOLO ARMATO - PER IL COMUNISMO.
Un volantino, lasciato sul terreno, spiega i motivi dell-arresto":

Giovedí 28 giugno 1973 alle ore 20 un nucleo armato delle BRIGATE ROSSE ha prelevato, interrogato e processato MINCUZZI MICHELE, dirigente dell'Alfa Romeo.
Per capire chi effettivamente sia costui iniziamo con alcune sue frasi celebri:
"L'appiattimento delle categorie è contro natura" "L'egualitarismo è disumano"
Queste frasi sono il perno dell'impostazione politica dei corsi di addestramento per dirigenti intermedi che tiene periodicamente in fabbrica.
MINCUZZI non si accontenta di essere maestro degli aguzzini che ci impongono i ritmi e i tempi infernali ai quali siamo sottoposti all'Alfa, ma impartisce i suoi insegnamenti fascisti anche ai dirigenti di altre fabbriche, tenendo corsi all'UCID (Unione cristiana imprenditori dirigenti).
In fabbrica è uno dei massimi responsabili della Direzione della produzione (DIPRO), ed è lui che dirige l'organizzazione dei tempi e dei ritmi delle linee.
È sempre lui che decide e controlla i passaggi di categoria. Per le sue "alte qualità" è ritenuto all'Alfa un "esperto" nelle questioni sindacali e ne rappresenta gli interessi nelle vertenze e nelle contrattazioni.
Siamo in molti a ricordare la sua attiva collaborazione al CONTROSCIOPERO dei dirigenti per il "diritto al lavoro" e contro la "violenza" che ci ha fatto finalmente conoscere chi sono realmente i nostri padroni di stato.
E c'è da credere alla sincerità dei suoi sentimenti "contro ogni violenza" visto che il 2 dicembre 1971 non ha esitato un attimo a sfondare con la propria auto un picchetto, in accordo con la polizia che successivamente ha caricato gli operai.
Anche piú recentemente MINCUZZI si è distinto nelle manovre che la direzione ha posto in atto contro l'autonomia operaia e le sue forme di lotta, come i cortei interni, gli scioperi a scacchiera ecc.
L'ultimo fatto poi (1.000 operai sospesi in seguito allo sciopero della Verniciatura), dimostra che i nostri padroni di stato hanno intenzione di essere all'avanguardia della repressione antioperaia.
MINCUZZI è dunque un gerarca in camicia bianca, è della stirpe dei MACCHIARINI e dei tanti altri che nelle fabbriche private e statali cercano di far pagare la crisi agli operai usando gli strumenti del ricatto e del carovita, del terrorismo, della provocazione, in una parola della violenza antioperaia.
Il gerarca MINCUZZI ha molti soci dentro e fuori la fabbrica. Uno di questi è PIERANI LUIGI della Direzione del personale, che pur agendo nell'ombra è tra i piú accaniti esecutori della repressione padronale...
PIERANI, a quanto pare, è talmente cosciente della sua funzione che si fa scortare dal "gorilla" di turno che gli passa la questura e fa tenere costantemente sotto controllo la sua abitazione da un paio di auto civetta.
PIERANI non ha capito una cosa, che se i padroni hanno la memoria lunga, i proletari hanno una pazienza smisurata, e che alla fine niente resterà impunito.
Compagni, [...] impariamo a conoscere ad uno ad uno i nostri nemici, a controllarli e a punirli ogni qualvolta si rendono direttamente responsabili di iniziative antioperaie...
Le politiche terroristiche dei padroni camminano con piedi ben definiti e sono quelli dei nostri dirigenti e dei nostri capi. Questa è la premessa per andare avanti sulla strada aperta con le lotte del '69-73, per sviluppare i temi della guerra all'organizzazione capitalistica del lavoro e della resistenza alla ristrutturazione antioperaia, per consentire al movimento di massa di avanzare nella lotta per una società comunista.
Lotta armata per il comunismo.


BRIGATE ROSSE
[9]

Si vuole far dire a Mincuzzi che i rapitori sono fascisti. Il "Corriere della Sera," che è il piú malizioso di tutti, gli domanda se sia possibile che i discorsi del "giudice" mascherino posizioni di destra. "Se è cosí, il mio interlocutore non si è mai tradito"[10] risponde Mincuzzi.
"Ora a Milano," commenta amaramente il "Corriere," "abbiamo anche un Tribunale Volante che sequestra e giudica. Un Tribunale di cui non si sa nulla e che domani potrebbe ricomparire e imporre le sue leggi di violenza." Si tratta di un "ennesimo episodio di violenza inserito nell'atmosfera tesa di una città turbata" che è servito "per montare le tensioni di questi giorni. La condanna perciò non ammette alcuna differenziazione, sia che gli esecutori appartengano alle frange di sinistra, sia che vengano invece dalla parte opposta."[11]
"Indaghiamo in tutte le direzioni" dichiara il dottor D'Alessio, magistrato accorso sul posto, "in particolare sulle BR e sui Giustizieri d'Italia."[12]
La stessa tesi, degli opposti estremismi, viene ripresa dall"'Avanti!" che la integra con la teoria della criminalizzazione della politica. Il quotidiano socialista riserva all'episodio l'onore di un corsivo a due colonne in prima pagina. In esso si stabilisce anche una distinzione tra estremismo che si muove contro la legge ed estremismo "legale":

I partiti di centro-sinistra sono riusciti a trovare un accordo [...] 1 sindacati e le forze della sinistra sembrano trovare con la parte piú moderna del mondo imprenditoriale un terreno minimo di discussione per bloccare la crisi economica [...]. Mentre dunque il clima tende a rasserenarsi [...] ecco il rapimento di un ingegnere dell'Alfa Romeo [...]. Ci troviamo di fronte ad un colpo di coda di chi ad un clima di tensione non vuole rinunciare [...] I rapitori potrebbero definirsi "Brigate Rosse," credendosi davvero di "sinistra." Ed anche in questo caso il discorso deve essere molto chiaro [...]. Esistono [...] estremisti di sinistra, nei cui confronti c'è da parte dei socialisti il piú chiaro dissenso, ma anche la volontà di difenderli da ogni repressione indiscriminata purché agiscano nell'ambito delle libertà politiche garantite dalla Costituzione [...]. L'etichetta di sinistra non sarebbe invece da accettare per chi avesse fatto della violenza e del delitto il suo strumento di lotta [...]. Con i gruppi extraparlamentari c'è ampio dissenso, c'è lotta politica. Per chi abbia preso la strada della violenza, c'è soltanto il codice penale. I banditi possono infatti definirsi come credono, ma l'opinione pubblica e le forze democratiche li definiranno sempre banditi [...]. Una moderna democrazia europea non ha posto per aspiranti colonnelli, né per apprendisti tupamaros"[13]

È questa la prima presa di posizione complessiva del PSI sulle BR: in essa, come si vede, c'è di tutto, dalla strategia della tensione, agli opposti estremismi, alla criminalizzazione della politica.
Ma l'aspetto piú interessante è senza dubbio il parametro fornito per distinguere i gruppi di sinistra da quelli di destra: quelli che violano il codice penale sono tutti di destra. È, come si vede, un parametro talmente largo da includere gli stessi socialisti, o per lo meno quei militanti di base, i quali, almeno una volta si sono trovati a fare un picchetto, un corteo interno, un'occupazione, un blocco stradale, attività tutte punite, come è noto, dal codice penale fascista Rocco - Mussolini.
È interessante anche la distinzione nell'ambito della sinistra extraparlamentare tra buoni e cattivi, che anticipa di quasi due anni la posizione del PCI espressa da Berlinguer nel marzo 1975.
Con questa distinzione il PSI risponde, indirettamente, ad un articolo di LC di cui accoglie la prima delle due tesi, dandone una propria interpretazione: "È fuor di dubbio che il metodo della provocazione non può avere altra matrice che quella reazionaria, e che le forze rivoluzionarie si collocano sul terreno opposto, sul terreno della lotta di massa, della sua autonomia, della sua coscienza, della sua organizzazione."[14]
Dure condanne si hanno anche da parte dei sindacati e dell'Associazione lombarda dirigenti d'azienda (ALDAI). La federazione milanese CGIL-CISL-UIL condanna gli "organizzatori dell'incivile e banditesco atto che [...] non solo è al di fuori della tradizione operaia rispettosa delle libertà individuali [...], ma si pone in netta antitesi con gli obiettivi e gli interessi del mondo del lavoro."[15] La ALDAI "richiama ancora una volta l'attenzione dell'opinione pubblica sull'assurdo scatenarsi e ripetersi di aggressioni ideologiche e fisiche ai danni dei lavoratori subordinati aventi qualifica dirigenziale [...], riconosce in questo nuovo proditorio attentato la volontà di rompere quelle conquiste e quegli equilibri faticosamente raggiunti all'interno delle fabbriche, dopo lunghe lotte di tutti i lavoratori."[16]
Per il PCI si tratta di una "banditesca organizzazione che agisce con metodi delinquenziali il cui scopo è quello di alimentare la strategia della tensione." L"`Unità" continua, buttando, a caso, un larvato accenno, comprensibile solo agli "iniziati," su presunti collegamenti tra le BR e i servizi segreti israeliani: "Nel cartello è disegnata una vistosa stella rossa che però non ha cinque punte, ma sei: si tratta cioè di una stella di Davide [...], gli autori della criminale impresa hanno dunque confuso un simbolo comunista con un simbolo israeliano..."[17]
Il "Manifesto," per il quale il silenzio è d'oro, tace pudicamente l'accaduto. Non cosí "Avanguardia Operaia," la quale non ha alcun dubbio che si tratti di una provocazione, messa in atto da agenti della strategia della tensione. Dopo aver lamentato che "nessuno" dei brigatisti arrestati l'anno prima "è rimasto dentro" perché facevano "piú comodo fuori," continua rilevando che "costoro hanno preparato il colpo proprio mentre era in corso una lotta all'Alfa, sperando di riuscire a far apparire le due cose collegate."[18] Con quest'ultimo argomento, viene evidenziata come provocatoria una circostanza, la lotta in fabbrica, la cui assenza, invece, solo un anno prima era stata motivo di dure critiche (in relazione al sequestro Macchiarini: "il sequestro giunge improvviso, alla Siemens non c'è lotta in questa fase. Il gesto è del tutto dimostrativo e pare fatto apposta per avere titoli scandalistici...").[19]
Giunge la condanna anche da parte di LC la quale fornisce tuttavia un giudizio piú articolato e meditato: gli elementi comuni di queste azioni sono il

carattere appariscente e plateale, la mancanza di ogni rapporto con le esigenze, della lotta operaia [...]. La tendenza di questo gruppo a eludere il compito impegnativo dell'organizzazione, per sostituirsi alle masse con azioni "esemplari" del tutto slegate dai modi e dalle scadenze della lotta [...]. La classe operaia ha dimostrato in questi anni e ancora in questi mesi, di avere le sue armi - che sono l'organizzazione, la lotta di massa per il salario e contro l'organizzazione capitalistica del lavoro - per combattere su questo terreno. Se l'iniziativa di avanguardia è il logico e necessario completamento della lotta di massa per un marxista, il terreno su cui essa va esercitata deve saper fare i conti con i bisogni che la classe operaia esprime - e con quelli che invece non esprime - nel corso della sua lotta. [In conclusione questa azione] si inserisce molto bene [...] in una catena di episodi attraverso cui, specialmente a Milano, si è cercato di rilanciare la strategia della tensione.[20]

Come si vede, è ormai lontana da LC non solo la linea Macchiarini, ma sembrano dimenticate anche le argomentazioni portate, in polemica con "il Manifesto," nell'articolo a proposito dell'UCID sul problema della violenza, in cui peraltro si condannavano le BR.
L'unico gruppo "storico" a dare il pieno appoggio alle BR è Potere Operaio. Si è colpito con Mincuzzi l'intera organizzazione di fabbrica dice un articolo a tutta pagina. Per Potere Operaio le "serrate discussioni" fatte tra compagni confermano che l'iniziativa armata è attuale. Il lavoro che va fatto è "collegare la lotta di massa a queste iniziative, privarle del loro contenuto 'giustizialista,' rilanciarle come pratica d'attacco in cui si riconosce un intero strato di classe che oggi fa sua la parola d'ordine del rifiuto del lavoro."
L'organo di PO imbastisce poi una polemica violenta e dai toni sprezzanti con LC cui rimprovera "l'essersi allineata al Manifesto."
Il voltafaccia viene evidenziato dalla riproduzione fotografica su una pagina di "Potere Operaio del Lunedí" di due articoli di LC, messi in contrapposizione e illustranti il primo il "sequestro Macchiarini," il secondo il "rapimento Mincuzzi." L'articolo di LC su Mincuzzi, intitolato Frutti di stagione viene da PO parafrasato in Opportunismi di stagione:

Dispiace che i compagni di LC, in bella compagnia col solito "Manifesto" e altri non meglio identificati, siano allineati col vasto fronte della stampa borghese e riformista, per liquidare in modo fin troppo frettoloso e infastidito, seppure con accenti diversi dentro una generale e ferma ripulsa, l'ultima azione delle BR, il sequestro dell'ingegnere Mincuzzi, sino a ieri clandestino segnatempi dello sfruttamento operaio alla catena di montaggio dell'Alfa Romeo di Milano [...] Non abbiamo il problema di difendere dei compagni che non hanno bisogno di essere difesi, o di offrire loro, da parte nostra, un salvacondotto di appartenenza all'area della sinistra rivoluzionaria che già essi hanno dimostrato di possedere a buon diritto...
Va detto subito che la pratica delle BR cerca di dare una risposta in termini di attacco, come pure noi tentiamo, alle lotte degli operai delle grandi fabbriche che hanno spinto in un budello molto stretto la possibilità capitalistica di risposta, che però è una possibilità che esiste e che già si vede funzionare nel progetto di distruzione delle emergenze politiche operaie attraverso un processo generale di riorganizzazione del lavoro.
È proprio su questo passaggio, sulle sue articolazioni, che si è accentrata l'iniziativa di massa degli operai, scoprendo al loro interno gli obbiettivi e le forme di lotta che lo attaccano e ne rendono precaria la realizzazione.
Che altro è l'assenteismo, il sabotaggio, il corteo violento, la punizione quotidiana dei capi [...], se non la pratica materiale che sottrae la ristrutturazione dalle mani del padrone sul suo stesso terreno, quello del comando?...
Lotta Continua per giustificare la propria scelta di un diverso referente di organizzazione (in particolare i delegati della sinistra sindacale) si inventa che il movimento è in una situazione troppo difficile, che è necessario attestarsi sulla difensiva, il che è come dire che ci si deve fermare a due passi dalla sconfitta...
Quelli che devono essere messi in risalto. sono alcuni elementi che per certi compagni, imprudenti o forse sprovveduti, nella nostra stessa organizzazione erano serviti per fondare un giudizio positivo del livello teorico su cui si fonda la pratica politica delle BR.
Parliamo della liturgia del "processo" e della "giustizia proletaria," cose che si collocano in un ambito povero, di fiato corto... Intendiamo dire che se il Mincuzzi fosse stato un sincero democratico piuttosto che quel fascista che è, non per questo sarebbe stato ingiusto colpirlo. Personalizzare un nemico può essere utile, ma diventa dannoso, e porta confusione, caricando di contenuto ideologico, o peggio morale, funzioni di comando che per se stesse sono astratte e interscambiabili. Questa pratica giustizialista va corretta.
.[21]

Ma la voce di PO è debole e isolata. Il concentrarsi della repressione statale su questo gruppo, fattasi violentissima dopo l'incendio di Primavalle, e, per ultima, una singolare forma di scomunica da parte di LC (il rifiuto quasi sistematico di partecipare a manifestazioni, assemblee, firmare volantini insieme a PO) sono il fattore dinamico per le lacerazioni, già in atto, all'interno di questa organizzazione: molti militanti di PO confluiscono nelle file dell'autonomia operaia. La sigla PO scompare quasi del tutto.

  1. Dall'opuscolo Guerra ai fascisti, dicembre 1972, parzialmente pubblicato su "Lotta Continua," 15 febbraio 1973.
  2. Ibidem.
  3. "l'Unità," 16 gennaio 1973.
  4. "Corriere della Sera," 24 gennaio 1973.
  5. "il Manifesto," 12 gennaio 1973.
  6. "Lotta Continua," 17 gennaio 1973.
  7. "Lotta Continua," 15 febbraio 1973.
  8. "Corriere della Sera," 30 giugno 1973.
  9. Fotocopia prima pagina sul "Borghese" n. 33-34, 20 agosto 1975; stralci nel "Corriere della Sera," 30 giugno 1973.
  10. "Corriere della Sera," 30 giugno 1973.
  11. Ibidem.
  12. "l'Unità," 30 giugno 1973.
  13. "Avanti!," 30 giugno 1973.
  14. "Lotta Continua," 23 giugno 1973.
  15. "Corriere della Sera," 30 giugno 1973.
  16. "Corriere della Sera," 1 luglio 1973.
  17. "l'Unità," 30 giugno 1973.
  18. "Avanguardia operaia," n. 26, 6 luglio 1973.
  19. Da noi già citato a proposito del sequestro Macchiarini in "Avanguardia Operaia," 25 marzo 1972.
  20. "Lotta Continua," 30 giugno 1973.
  21. "Potere Operaio del Lunedí," n. 61, 16 luglio 1973.