Biblioteca Multimediale Marxista


Documento interno tratto dal cd Morandi 2



Analisi del documento dei prigionieri Br del 12 . 12. 2001 processo Hunt - Esproprio:
-Questo è la seconda udienza del processo ma, sembra, la prima occasione di pubblicizzazione di un documento successivo all’azione D’Antona. Sono passati 2 anni non ci sono stati nuovi attacchi come BR ma ci sono stati diversi attacchi Npr - Nac - Nipr - Nta, stabilizzazione nei Balcani, stallo nell’U.e., dimissioni di D’Alema passaggio ad Amato e poi Elezioni e governo Berlusconi
-La stretta censura sulla dichiarazione dei prigionieri, i giornali non ne menzionano nemmeno la presenza in aula, mentre parlano della rivendicazione dell’altro gruppo. Si può fare una ricerca su internet sui giornali del 13 dicembre. Valutazioni sulla rilevanza attribuita dallo Stato all’impedimento della dialettica tra questa componente prigioniera e l’O. in attività e perché.
-Il documento va valutato nel metodo e nel merito, come atto politico all’interno del processo di guerra di classe di lunga durata e in un momento politico significativo della guerra di classe quale è un processo.

-Il documento è impostato in modo sostanzialmente diverso da quelli prodotti negli anni ‘90 in cui a partire dai criteri analitici dell’O. si inquadrava lo scontro nella congiuntura sintetizzando il piano interno e internazionale e si collocava l’attacco, sia rispetto all’asse programmatico in cui si collocava classe/Stato o imperialismo/antimperialismo sia rispetto alla concezione strategica, linea politica e criteri di condotta della fase.
Quei documenti rispondevano ad un’impostazione progettata della prigionia e ad una condotta che si rapportava a quella fase della guerra di classe di lunga durata. Che può essere riassunta nel contrapporre al successo militare della controrivoluzione la forza politica del ricentramento operato dall’O. nella R.S. e sostanziata dall’incidenza dell’attacco rivoluzionario e nei passaggi politici operati, pur nella rarefazione propria delle condizioni di fase.
Questo non parte dalla rivendicazione dell’azione in oggetto al processo, nè dall’azione D’Antona o dall’interezza del percorso operato dalle Br, questi atti vengono fatti alla fine del documento. Parte dalla valutazione politica degli effetti dell’attacco e dal ruolo dell’azione rispetto allo scontro per poi passare al nodo di fase dello stadio aggregativo.
Alla fine del documento c’è una dichiarazione che veniva fatta nei processi guerriglia e poi abbandonata che è la revoca degli avvocati difensori anche quelli d’ufficio e la diffida a farsi rappresentanti.
Sempre nella parte finale del documento i prigionieri definiscono il loro rapporto con il passaggio politico prodotto dall’O., un passaggio che ne riconosce la valenza politica e strategica del processo che caratterizza attualmente la fase che da loro, come da noi nel doc D’Antona, è definito come quello dello “stadio aggregativo volto alla costruzione dell’Occ”. A questo passaggio dicono che è necessario rapportarsi con “identità di Partito” e non in modo formale.
-Definiscono anche il ruolo del militante prigioniero e la particolarità della prigionia in relazione ad una condizione di discontinuità. Quindi non si pongono come al di sopra dell’O. ma anzi si pongono, ci pongono e pongono il problema della loro riqualificazione, affinché questa internità si riferisca organicamente alla dialettica continuità-critica-sviluppo tra i processi di ricentramento sviluppati nella R.S. e l’apertura della fase di Ricostruzione, e la costruzione dello stadio aggregativo e le corrispondenti risultanze politiche.

-Il documento parte dall’analisi e dal riconoscimento della valenza politica dell’attacco al cuore dello Stato effettuato e descrivendo l’operare della dialettica di distruzione/costruzione e come questo opera nel far avanzare il processo di guerra di classe di lunga durata.
Il documento dei prigionieri rifiuta chiaramente l’intenzione di lanciarsi in analisi o teorizzazioni che non si relazionano ai nodi di fase per come sono stati sintetizzati ed espressi nell’attività dell’O. in questa congiuntura per come essa si presenta e per come è stata riportata nel documento di rivendicazione dell’azione D’A..
Vuole al contrario valorizzare ed approfondire gli elementi emersi e farli pesare nello scontro in tutta la loro portata progettuale. Sottolineando il fatto che la teoria non è fine stessa ma deve finalizzarsi a dare risoluzione e avanzamento ai compiti di fase.
Sembra esserci un’intenzione di indicare come alcuni punti programmatici che venivano proposti nel documento D’A. rispetto al fatto di dover ricostruire degli elementi teorici necessari a concepire lo scontro rivoluzionario in realtà abbiano trovato proprio nell’attacco e nella sua capacità di costruzione il reale e unico piano di realizzazione.
Questo in particolare quando nella parte iniziale afferma che sono i caratteri politico militari dell’iniziativa combattente realizzata che siccome hanno esplicitato la dialettica tra iniziativa d’avanguardia/contenuti dell’autonomia politica di classe hanno esaltato la funzione di rappresentanza degli interessi generali della classe (quindi il ruolo del Partito) facendolo essere un fattore politico attivo ed agente nel conflitto di classe.
Nel documento viene esaltato il problema di dover sviluppare la linea politica definendo una condotta per la fase che si rapporti alle condizioni generali della classe e si ponga in termini di avanguardia cioè in un’ ottica di Partito.

Il documento si presenta come modo con cui i prigionieri si relazionano e si collocano nel processo realizzato dall’O. in attività, volto ad affermare che i prigionieri non sono solo un soggetto che aderisce e riconferma la propria posizione politica, ma si dispongono pur nella loro particolarità e parzialità.
L’impostazione del precedente documento (giugno ‘99) di rivendicazione dell’iniziativa, era analoga a quella dei precedenti documenti, avveniva però senza previa lettura del doc. del ‘99.
- La valenza politica dell’attacco D’A. e il suo portato.
- Il rapporto tra quest’attacco e l’avanzamento della costruzione nel campo proletario e rivoluzionario delle condizioni della guerra di classe di lunga durata.
- In generale il rapporto tra l’attacco e l’iniziativa d’avanguardia e la costruzione dei termini politici e di forza che fanno avanzare il processo di guerra di classe di lunga durata.
- La valenza dell’impostazione e della linea che ha segnato il discrimine tra l’esercizio di un ruolo d’avanguardia in un agire da Partito e le logiche difensivistiche proprie dei momenti di difficoltà del processo rivoluzionario elaborando teoricamente gli insegnamenti maturati nella prassi.
- Contrastare i tentativi della controrivoluzione di indebolire il ruolo di riferimento politico e politico-organizzativo dell’O. in attività.
- Dimostrare come da questa linea e impostazione si sia potuto arrivare a mantenere e approfondire il livello dello scontro.
- Valorizzare appieno sia il ruolo politico dell’O. in attività che del patrimonio sviluppato nella capacità di ricollocare offensivamente nello scontro e dare avanzamento al patrimonio d’O. grazie alla capacità di porsi in termini di continuita-critica-sviluppo.
- Fornire degli elementi politici al dibattito interno nella consapevolezza della parzialità della posizione dei prigionieri.
... Valorizzare massimamente il principio della costruzione e del suo carattere progettuale superiore:
“In sintesi ciò che la pratica ha reso evidente è che non si è trattato di un processo spontaneo, ma indirizzato e governato politicamente, tale da affrontare complessivamente e contemporaneamente tutti i piani ed aspetti del lavoro d’avanguardia che, nell’espletare il suo ruolo costruisce e forma se stessa come forza rivoluzionaria a partire dal processo prassi-teoria-prassi messo in campo, collocando all’interno dello stadio aggregativo i termini di lavoro propri ad una dimensione d’Organizzazione quale presupposto principale di sviluppo/avanzamento che qualifica lo stadio aggregativo verso l’O.c.c. nella sua funzione di direzione rivoluzionaria....”
- Valorizzare il rapporto esistente tra incidenza della progettualità politica con cui lo Stato si rapporta alla classe, costruzione nella capacità per incidere su questo piano e avanzamento del processo di costruzione dell’O.c.c..
“Nessuna visione idealistica, evoluzionistica e tanto meno empirica appartiene alla prassi e al percorso sviluppato: lo “stadio aggregativo” è stato ed è l’ambito entro cui si sostanziano i passaggi politici concreti in termini teorico-politico-organizzativi per far fronte alle peculiarità assunte dalla fase di ricostruzione. Stadio aggregativo che nella prassi, modificando le condizioni politiche, determina la possibilità di operare salti qualitativi nella stessa aggregazione, maturando per converso nuovi e più adeguati livelli di direzione rivoluzionaria dello scontro.
- Sicuramente rispetto al dibattito c’è la volontà di focalizzare l’attenzione sul rapporto dialettico tra attacco e costruzione ciò è visibile in tutti i passaggi ed in particolare nel passaggio : “..... La qualità dell’attacco portato, la dialettica con i nodi politici e le dinamiche dello scontro che tale azione hanno motivato e che da quell’azione hanno avuto uno sviluppo più avanzato sul piano rivoluzione/controrivoluzione e classe/Stato sono il fattore politico che determina i termini di evoluzione dello stesso piano rivoluzionario”

Ci sono alcuni punti di merito sul piano teorico strategico programmatico:
-la definizione strategica sulla fase di ricostruzione, che è tale perché nell’attività rivoluzionaria si pone costantemente la problematica della ricostruzione, non è quindi definita tanto per la sua durata, sebbene si dica che non è un momento congiunturale, ma piuttosto per la pervasività, permanenza del nodo della ricostruzione, del ricostruire.

Nodi che si propongono all’O. rispetto alla posizione assunta dai compagni prigionieri:
-problema della differenziazione politica non formalizzata dei prigionieri.
-considerazioni ipotetiche sulle iniziative della controguerriglia nei confronti dei prigionieri.
-considerazioni sui punti su cui si articola la posizione espressa dai prigionieri, e gli elementi di posizione presenti nell’azione D’Antona e poi ricentrati nell’azione Biagi.
1) la dialettica distruzione-costruzione che viene sintetizza dopo le valutazioni sugli effetti dell’iniziativa sul quadro politico, nell’azione dell’Esecutivo e dello Stato che si è incartata. Da cui vengono fatte partire le considerazioni sulla precisazione dei caratteri della fase e che ritorna al ruolo dell’iniziativa combattente per dire che ha esplicitato la dialettica tra iniziativa d’avanguardia e contenuti dell’autonomia politica di classe, secondo elemento ha esaltato la funzione di rappresentanza rivoluzionaria degli interessi generali della classe, e terzo elemento è stato fattore politico attivo nello scontro di classe inserito in una condizione di resistenza in cui la classe era senza rappresentanza.
Nel doc D’Antona c’era una forte accentuazione della lettura dell’iniziativa in funzione del determinare il dato politico assente dell’autonomia politica e della prospettiva di potere della classe, piuttosto che a rimarcare se non in termini astratti la valenza danneggiatrice dell’attacco rispetto al nemico.
Nel doc Biagi c’è invece una forte accentuazione del dato della contrapposizione all’azione politica dello Stato che cerca di far avanzare trasformazioni di carattere controrivoluzionario e antiproletario. In questo si teorizza il valore della capacità di inceppamento dell’azione del nemico come fattore principale di una forza esigua per intervenire su queste condizioni di resistenza della classe e attraverso cui fare leva sugli irrigidimenti della mediazione politica che caratterizzano l’azione dello Stato.
2) il riferimento centrale allo stadio aggregativo come specificazione della fase in atto che ha come nodo quello della discontinuità, e alle risultanze politiche dell’O. a cui dover riferire il ridisposizionamento politico dei militanti, anche prigionieri. La discontinuità viene definita come discontinuità d’attacco, la guerra non si è interrotta, il piano di guerra nessuno lo ha chiuso. Se c’è una sconfitta militare è ovvio che ci sono dei cambiamenti nella fase.
3) il riferimento al fatto che il rapporto con lo stadio aggregativo volto alla costruzione dell’occ è stato progettato e governato, come pure il fatto che dicano “l’attacco come Br”, oppure parlino dell’avanguardia comunista combattente “oggi Br-Pcc”, sembra indicare una valutazione politica sulla scelta intenzionale sia di definirsi Ncc per tutto un periodo, sia di definirsi Br a date condizioni, che rileva la coscienza dei compiti di fase a cui avanguardie rivoluzionarie come gli Ncc e chiunque altro anche oggi devono rapportarsi e come lo possano fare, e dei compiti che invece vanno assolti per definirsi Br-Pcc e di come questo sia un processo di trasformazione anche della soggettività rivoluzionaria che deve essere indirizzato e governato politicamente, quindi definito progettualmente come hanno fatto e proposto gli Ncc che sono riusciti a diventare Br-Pcc, organizzazione storica. E’ chiaro che vogliono dare centralità al carattere tutto politico-intenzionale di questo processo e negare qualsiasi spontaneità ed evoluzionismo, concezione contro la quale hanno combattuto, sia della soggettività rivoluzionaria, sia anche come evoluzione dello scontro dalla fabbrica, allo Stato, all’imperialismo.
4) stante il riferimento centrale allo stadio aggregativo rispetto a cui i prigionieri definiscono la propria ridisposizione, c’è un problema politico riferito al fatto che nel doc Biagi non c’è nessun riferimento a questo concetto dello stadio aggregativo, nè c’è nessuna definizione di come si è evoluta la fase. Anche le parti trattate dal documento hanno un altro equilibrio, minore è l’analisi economico-politica, nè ci sono più risultanze di bilancio. Il problema politico è che ciò che loro hanno posto può risultare indebolito per sè e soprattutto nel rapporto con l’altra componente dei prigionieri. E’ evidente che hanno adottato il “metodo politico-organizzativo” per rapportarsi alla linea dell’O. e definire i propri compiti nella loro posizione parziale di prigionieri, problema ovviamente che pongono a tutti i prigionieri.
Nel doc Biagi è visibile che si è dovuta assestare una strutturazione ideologica, ma si vede anche una considerazione come se lo stadio aggregativo si fosse concluso, non è esplicita. Si definisce esplicitamente che la fase della ricostruzione è sempre in corso ed improntata dai caratteri della ritirata strategica e si dice anche che è in uno stadio iniziale, ma in linea teorica si deve dedurre che non si vuole definire più lo stadio come aggregativo. Dal fatto che mancano tante parti che invece erano presenti nel primo doc, ma c’è un punto di vista in genere analogo su tutto, e dal fatto che il doc è più breve e più centrato su aspetti non trattati nel precedente, si può dedurre che si sia fatta una cernita e non che non si sostengano più cose sostenute 3 anni fa. In ogni caso l’assoluta assenza del riferimento allo stadio aggregativo continua ad apparire intenzionale. La deduzione che potrebbero farne è quindi che è superato, ma proprio verso la fine del doc in cui si porta a sintesi il cuore politico della fase si parla di stadio iniziale della ricostruzione, quindi non può esserci questa deduzione.
In realtà il testo parte dal problema delle dialettiche politiche per definire il loro tratto comune e la distinzione della problematica della costruzione del Partito. Nel riconoscerle, nel legittimarle, si dà l’indicazione di realizzare queste dialettiche politiche a partire da qualsiasi livello, in sostanza ogni iniziativa proletaria rivoluzionaria è necessaria. Però è utile su un certo piano e richiede altri aspetti su un altro piano, quello della costruzione del partito, rispetto al quale si definisce la distinzione relativa al riferimento all’impianto, alla linea e al contributo alla disarticolazione. Si assume poi il compito di specificare queste linee di demarcazione, per puntualizzare alla fine del doc. l’indicazione politica rispetto alla Fase che è un’indicazione politica rivolta a tutte le avanguardie rivoluzionarie che vengono poste di fronte al nodo della concezione comunista della realtà, della rivoluzione proletaria, della strategia della lotta armata e del partito e del fronte e dell’iniziativa rivoluzionaria calibrata nello scontro come modo attraverso cui trasformare le condizioni dello scontro, della soggettività, costruire forza e conquistare posizioni più avanzate.
In realtà noi ci rapportiamo a questo patrimonio, non siamo già un partito che è una direzione assestata che quindi lavora a dirigere la classe, costruisce i termini della sua conduzione nella scontro per attrezzarla a sostenere la guerra, costruiamo questi termini per noi stessi mentre esercitiamo il nostro ruolo di direzione. Nel doc D’Antona illustriamo le problematiche generali e specifiche a cui si deve rapportare il processo di ricostruzione delle forze rivoluzionarie e proletarie, e dall’illustrazione è desumibile che queste abbiano vissuto e spieghino il lungo tempo intercorso tra l’azione dei Ncc e il rilancio del ‘99, un rilancio che sappiamo che è stato un salto per noi. Dopo quell’azione noi non poniamo più il nodo dell’aggregazione, ma i termini che abbiamo selezionato dopo il rilancio che costituiscono il modo con cui noi rapportandoci al patrimonio, costruiamo ciò che serve ad esercitare un ruolo di direzione quale quello che compete in funzione del ruolo esercitato nello scontro. Sono termini storici e sono termini che oggi occorrono perché va riconquistato il ruolo storico della la per il comunismo, vanno definiti affinché una soggettività rivoluzionaria possa essere ricostruita per intero, possa svolgere un ruolo d’avanguardia. Li ricostruiamo per noi, li ricostruiamo come proposta politica, come riferimento, come orientamento storico-strategico, a partire dal sapere ciò che manca per esperienza diretta. E’ come se proponessimo la concezione storico-strategica rispetto a cui si definisce l’identità di partito che va a sfociare in un principio e criterio di fase, nel farlo definiamo e svolgiamo il compito di ricostruirne i termini come compito della direzione rivoluzionaria dello scontro.
Quindi rispetto al problema di “riqualificare i termini di internità politica alle concezioni strategiche, politiche e programmatiche d’O.” è come se avessimo posto che le posizioni vanno definite e costruite su tutti i punti che abbiamo trattato per arrivare a definire il rapporto tra strategia della lotta armata e democrazia rappresentativa e tra attacco allo Stato e costruzione del Partito e quindi il ruolo dello specifico attacco nella disarticolazione-distruzione dello Stato, lasciando in sospeso il ruolo dell’attacco nella fase come aspetto specifico e non solo generico.
Abbiamo riproposto il criterio di continuità-critica-sviluppo ad un livello anche storico indicando la necessità di ricostruire una soggettività rivoluzionaria che riconquisti a pieno il piano storico su cui si colloca.
-di fatto nel doc dei compagni il proprio riferirsi allo stadio dell’aggregazione è anche indicazione di come si devono rapportare i prigionieri e altre avanguardie rivoluzionarie alla nostra proposta, danno elementi di linea rispetto al ruolo dell’attacco nell’avanzamento del processo rivoluzionario, e al modo in cui lo stadio può avanzare rapportandolo al fatto che il progetto che voleva ottenere la pacificazione del conflitto con la sua composizione forzosa è stato indebolito e incrinato. Poi analizzano come opera la controrivoluzione e definiscono la loro condotta in rapporto alla linea e all’azione politica della controrivoluzione sull’ambito della militanza prigioniera.

-Possiamo dire che a fronte di questo problema specifico del posizionamento di militanti rispetto alla nostra linea, stante che i nostri documenti pubblici reciproci sono l’unico modo per dibattere rispetto alla linea dell’O., i nostri documenti devono essere progettati per essere interpretabili come uno sviluppo delle posizioni precedenti visibile in modo più lineare, altrimenti si può compromettere il dibattito stesso o la sua gestione. Questo è un problema derivante dal problema più generale di essere continui politicamente anche su un piano formale, visto che sul piano sostanziale questa continuità c’è, rispetto proprio alla funzione di direzione politica che esercita la nostra posizione nello scontro.
-Nel merito c’è il problema politico della proposta avanzata dai prigionieri che i prigionieri stessi devono riqualificare i termini di internità alle concezioni strategiche politiche e programmatiche d’O. affinché questa internità si riferisca organicamente alla dialettica continuità-critica-sviluppo che l’avanguardia comunista combattente ha operato tra i processi di ricentramento operati nella Ritirata Strategica e l’apertura della Fase di Ricostruzione e la costruzione dello stadio aggregativo e le corrispondenti risultanze politiche, modo per dare soluzione alla loro parzialità.
Il primo evento politico dopo questa presa di posizione dei compagni è che ci si relaziona la nostra iniziativa e i contenuti della nostra posizione.

I prigionieri che ci si rapportano di cui si conoscono parzialmente le posizioni espresse sono gli altri prigionieri.
Dal “Nuovo.it” brano della rivendicazione di Aiosa, Di Lenardo, Minguzzi, Pizzarelli:
“Come militanti delle Br-Pcc prigionieri - concludono i quattro - ci riconosciamo nell'azione della nostra organizzazione nell' impianto strategico e nella linea politica militare che l'hanno prodotta. In continuità con la prassi rivoluzionaria della lotta armata espressa in più di 30 anni di attività che rivendichiamo integralmente. Questa rivendicazione, che concretizza il sostegno all'organizzazione in attività, definisce esattamente la nostra posizione nell'attuale condizione di prigionieri esprimendo la pratica di militanza che caratterizza coerentemente la nostra identità politica. Come sempre, per noi, e meglio di noi, parla la guerriglia, la nostra organizzazione, le Br-Pcc''.
Questo dopo aver riportato integralmente metà della prima pagina del documento.

Il documento del 12 dicembre di Fosso, Mazzei, Minguzzi, invece esordiva con:
“Come militanti prigionieri delle Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente ribadiamo la valenza della impostazione strategica e la linea politica della Organizzazione rivendicandone tutta l’attività politico-militare messa in campo, il suo ruolo di direzione e organizzazione del processo rivoluzionario.”
In precedenza, e cioè il 28 maggio del ‘99 avevano firmato un documento comune Fosso, Galloni e Mazzei che rivendica l’iniziativa, definiscono un quadro storico in cui si inserisce la strategia della lotta armata, definiscono la dialettica della linea di continuità-critica-sviluppo del patrimonio comunista che sottostà all’attacco al cuore dello Stato, ma spiegano perchè hanno rivendicato tutto il percorso compreso Aviano adducendo che la linea politica si sviluppa nel processo prassi-teoria-prassi. Non c’è nessun riferimento alla Fase in atto. Da notare che le tre persone firmatarie non sono le stesse del documento del dicembre del 2001 e che Galloni non è presente in altre rivendicazioni. Questo si tratterà dopo.
Le differenze che si possono notare nel doc riportato dal Nuovo.it sono la specificazione di “riconoscimento” rispetto all’impianto e alla linea che ha prodotto quest’azione rispetto a un più generico ribadire la valenza dell’impostazione strategica e la linea dell’O. insieme a tutta l’attività messa in campo, e il voler specificare il proprio ruolo di militanti prigionieri, con la rivendicazione intesa come sostegno all’organizzazione in attività.
Questa sembra già una risposta al problema politico posto dagli altri prigionieri sembra esserci quindi un implicito non riconoscimento del problema di rapportarsi alla riqualificazione dei termini di internità, d’altra parte lo stesso termine “sostegno” può far pensare a un rapporto esterno, limitato dalla prigionia, che delimita le loro responsabilità. Per di più tra i firmatari ce ne sono due che la propria militanza la derivano dall’azione di Aviano e dal riconoscimento effettuatone dagli altri due e da qualche altro.
Stante l’incriminazione a cui li sottopongono e anche il tentativo ultimo di non far rilasciare dichiarazioni, la loro azione si contrappone alla politica controrivoluzionaria del nemico, è un momento di scontro.
Le differenze tra il penultimo e l’ultimo sembrano indicare che ritornino a prendere un ruolo in minore, considerando che nel precedente c’era stato un intervento sull’11 settembre, in realtà però non sono gli stessi a firmarlo, solo Minguzzi firma l’uno e l’altro. Mazzei e Fosso che firmano quello del 12 dicembre è come se arretrassero rispetto alla posizione presa dopo l’iniziativa D’Antona, e si preoccupassero di assumere una posizione su eventi politici su cui l’O. in attività non aveva ancora preso nessuna posizione, si sono quindi ritenuti titolati a farlo, mentre non si sono ritenuti in dovere politico di rapportarsi agli avanzamenti complessivi di linea prodotti dall’O. ma solo all’attacco realizzato.
-In questa contraddizione relativa ai prigionieri c’è il primo fattore materiale che è quello che la posizione di 2 soggetti è anomala, perchè la loro “militanza” deriva da un passaggio politico che non è interno alla continuità politica dell’O. per come concretamente si è determinata ed è stato delegittimato dalla parte di prigionieri che rappresentava i termini più avanzati della proposta dell’O.
In parte è presente chi non ha attraversato il ricentramento, in parte è presente chi il ricentramento non lo ha compreso e sono una parte incidente. Lo Stato lo sa e sa che questa è una contraddizione che può sfruttare. Infatti fa più facilmente pubblicare le loro posizioni piuttosto che quelle degli altri. Costituiscono un gruppo relativamente numeroso.
I compagni si sono rapportati correttamente chiamando ad aggiornarsi, ma nel senso proprio della riqualificazione d’internità, e non intendendo il proprio ruolo come di sostegno, ma potenzialmente pieno pur a partire da una posizione di parzialità, nella piena consapevolezza che lo Stato gioca politicamente i prigionieri contro la guerriglia, e anche nella consapevolezza della valenza storica del rapporto di partito costruito tra prigionieri e avanguardie comuniste combattenti su un piano puramente politico. Sanno che lo Stato farà di tutto per rompere questo rapporto e che ciò che può fare per la natura del rapporto che è puramente politico, deve essere politico o di annientamento materiale, e quindi assolvono al loro ruolo di rilanciare e consolidare il rapporto di partito.
A questo gli altri hanno già risposto, ora gli uni e gli altri si dovranno misurare con la nostra posizione.
C’è da dire che il riferimento alla “linea politica che ha prodotto l’azione” può indicare una resa nella battaglia politica, un prendere atto che avevano ragione gli altri a riconoscere la propositività degli Ncc e dei loro termini. Può anche significare che quello scontro è finito, con questa presa d’atto e ora ne comincia uno nuovo su come va svolto il ruolo di prigionieri. Il primo atto di questo scontro si è dato nelle prese di posizione, ora nelle prese di posizione interverrà il nostro contributo. Interverrà anche l’azione dello Stato che attraverso la magistratura ha ora autorizzato la spedizione da parte dell’avvocato di entrambi i documenti del ‘99 e del ‘02. Una richiesta e una concessione davvero inusuale, che può trovare fondamento sia nella circolazione e pubblicazione che hanno avuto i testi anch’essa anomala rispetto al passato, sia nel tentativo di far svolgere un dibattito in questo ambito per poterne ascoltare le risultanze, sia nel tentativo di metterli in condizione di costruirsi uno spazio politico superiore rispetto agli altri prigionieri, che non hanno fatto richieste alla corte anzi hanno diffidato i propri avvocati e hanno invece chiesto, pare, ai giornalisti di inviargli il documento. C’è da notare quindi anche il diverso comportamento processuale, ossia non hanno ricusato gli avvocati. Perchè? Non possiamo escludere che i compagni in precedenza ricusassero gli avvocati, ma questo non fosse riportato nei documenti, ma è improbabile, perché la presenza nel documento indica la volontà di determinare un atto politico. La domanda può essere perché l’altro gruppo ha mantenuto gli avvocati? La risposta può essere perché l’avevano sempre fatto, non hanno ritenuto che niente dovesse cambiare nel loro rapporto con il nemico.
Lo Stato cerca anche di far passare il principio che le Br in attività sono nuove Br, che quindi eventualmente soggetti condannati per appartenenza alle vecchie potrebbero essere imputati per le nuove e con questo vorrebbe sancire il non riconoscimento dell’identità di partito e far arretrare le posizioni della guerriglia. Per sancirlo però non gli basta solo una incriminazione, necessita di basi d’appoggio politiche.
Ci sono poi anche le date dei processi che sono particolari, 12 dicembre, 28 marzo, dopo 2 anni e mezzo di assenza di iniziativa e arresti effettuati, tra cui anche quello di Bortone, per cercare di sfruttare un ipotetico fattore morale negativo.
La scelta di non ricusare gli avvocati non è una scelta di subordinazione, è solo di non rapporto politico con il momento e le specificità dello scontro. D’altra parte quello che hanno fatto il 12 dicembre indica che non hanno inteso la prigionia come una condizione in cui non può essere presa nessuna posizione. Poi invece il 28 marzo si dichiara che il ruolo che possono svolgere è esattamente quello di rivendicare, sostenere, riconoscendosi in impianto e linea. E’ una posizione incoerente politicamente, quantomeno per Minguzzi.
Può essere stato effettivamente che il gruppo Mazzei, Fosso e Minguzzi a 2 anni e mezzo dall’ini. e dopo l’arresto di Bortone e prima con gli arresti di quelli di Ic abbiano pensato che l’o. fosse andata a deperire, che fosse stato possibile che le indicazioni politiche per l’azione fossero arrivate dall’interno come ha voluto far credere lo Stato e poi che non avessimo retto. Quindi il nostro tentativo poteva considerarsi abortito e simile ad altri. Quindi si prendeva la parola e ci si pronunciava per ribadire la valenza dell’impostazione strategica e della linea politica, riferirsi all’azione D’Antona per agganciare all’ultima frase riportata, il loro discorso sull’11 settembre per poi rivendicare l’azione Hunt. Quindi allora lo scontro con gli altri non era chiuso perché era ancora incerta la nostra esistenza.
-Poi ci sono i riferimenti all’operato antiguerriglia del nemico rispetto ai prigionieri militanti e rivoluzionari.
L’incriminazione per la rivendicazione si sa che è stata fatta contro Pizzarelli prima e poi con gli altri. Dicono che ci sono stati i tentativi di farli passare come ispiratori per sminuire la valenza del rilancio. Questo potrebbe essere stato peraltro un fattore con cui favorire credenze che si potrebbero essere sviluppate in quell’ambito, tipo quella che forse avevamo stabilito un canale di contatto e di dibattito con i prigionieri entro cui fossero arrivate le indicazioni di selezione dell’obiettivo e ciò spiegherebbe perché tutt’assieme ma dopo 5 anni si fa questa iniziativa, stante l’incapacità di questa componente di rapportarsi alla fase di ricostruzione e all’autocostruzione come termine consapevole, è plausibile una simile credenza. Con questa credenza diventa possibile sia sminuire la valenza del rilancio che quella dei suoi riferimenti strategici e politici e quindi il proprio rapporto politico con le proprie valutazioni, scelte etc.
Meno intuibile è a che cosa si riferiscono quando parlano di manovre dei servizi per ottenere una qualsiasi forma di dissociazione, che sembrano però fallite. Si può ipotizzare che ci sia stata una pressione contro alcuni in procinto di uscire. Si può fare un’ipotesi sull’azione del nuovo pci che ha chiesto ai prigionieri di appoggiare la loro campagna elettorale come denunciato e respinto da Ghiringhelli pubblicamente. Nel complesso tra completo scagionamento rispetto all’inchiesta sui Carc e concreti sviluppi di questa posizione politica che parte comunque dall’uovo di colombo e dal grande attivismo dello stato a favorire opzioni apparentemente varianti della proposta strategica in realtà poi dimostratesi legate a doppio filo con i servizi (vedi Ucc e Cossiga) e arriva alla spudoratezza di riproporre un nuovo pci elezioni etc., sarebbe plausibile che si possano riferire a loro quando parlano di manovre dei servizi. C’è sempre da capire da dove parte il filo della morte di Majer a Vienna.

-Da un punto di vista generale occorre tener conto che quello che è in gioco oggi tra i prigionieri riguarda scelte di 10 o 15 anni fa con tutte le implicazioni storiche, perché le problematiche del rapporto con l’azione dell’O. e relative al proprio specifico ruolo, si radicano nelle posizioni che hanno affrontato i termini del ricentramento. Ci sono posizioni che hanno assunto a proprio riferimento lo Stato e l’imperialismo come fossero concretizzazioni del nemico contro cui fare la guerra ma senza averne una adeguata nozione teorica ma piuttosto riducendo lo Stato ad apparato politico-militare che in alcuni casi si considera che muta in relazione alle modificazioni del capitale, ma che non si considera prodotto dello scontro di classe. In altri casi questo porta a collocare arbitrariamente lo Stato in una posizione di funzione dell’imperialismo, una sua articolazione funzionale. Di qui anche l’idea della controrivoluzione resta generica, non porta all’identificazione di politiche specifiche e delle risposte necessarie. In generale non c’è capacità di definire l’iniziativa politica giusta. E’ questo che poi non consente di identificare una strategia concreta, ossia una condotta strategica della guerra, ma solo la guerra e i suoi principi di fondo, almeno in alcuni casi. Di qui anche l’impossibilità di riferirsi a una concezione della guerra per “fasi”.
La verifica politica che con i termini da noi posti nello scontro con l’azione D’Antona, con la posizione assunta dai prigionieri il 12 dicembre, e con i nuovi termini da noi posti nello scontro con l’azione Biagi, riguarda appunto questione dello Stato e concezione strategica, e riguarda proprio i termini del ricentramento operato che si rinnovano e si approfondiscono nel rilancio operato a cavallo del 2000.
La propositività dei compagni sembra potersi rivolgere oggettivamente più alla componente intermedia che comunque ha dei riferimenti d’impianto storici definiti ed è sensibile ai termini di continuità-critica-sviluppo ma li colloca in modo astratto rispetto alla linea politica, concretizzando più una posizione empirica o idealista rispetto ai processi di ricostruzione, una componente che pur interna organizzativamente ai processi di ricentramento non vi fa alcun riferimento; mentre la componente di Aiosa, Di Lenardo, Pizzarelli, eccettuato quindi Minguzzi, è stata comunque esterna e non si rapporta proprio al piano di criteri che hanno caratterizzato quantomeno la prima fase del ricentramento.
Le posizioni in quanto prigionieri sono influenzate dalle differenti posizioni sui termini generali perché si riflettono in termini di concreta capacità o meno di concepire l’iniziativa politica adeguata anche in quella condizione di parzialità, rispetto ai nuovi termini che si sono prodotti nello scontro.
-Nel merito quello che noi diciamo dello Stato è qualcosa di relativamente innovativo perché diciamo che lo Stato è un rapporto di potere con la classe antagonista, ed è un prodotto storico dello scontro di classe.
Fino all’azione D’Antona avevamo detto che se in una fase la classe non si mobilita sui suoi interessi generali non significa che questo non possa essere posto dall’avanguardia come dato politico.
Non eravamo però arrivati a dire che l’attacco va a incidere proprio perché colpisce i progetti con i quali il nemico organizza la subordinazione politica del proletariato, e quindi il danneggiamento del nemico e la costruzione del partito sono politicamente identici. Non eravamo arrivati a collocare l’offensiva alla progettualità della borghesia come presupposto per determinare un processo rivoluzionario nelle attuali forme di dominio.
Questa concezione dà un senso reale al ruolo d’avanguardia comunista combattente.
Questo dà un senso immediato al fatto che l’attacco allo Stato è costruzione del Partito.
Questa concezione è diversa da quella di chi intende l’attacco come un danneggiamento del rafforzamento del dominio della borghesia o dello Stato, intendendo questo esclusivamente come organo della borghesia e non anche come rapporto politico e di forza, per cui poi deve o supporre una linea di costruzione del partito separata, o in un rapporto di consenso all’avanguardia da parte della classe che tende a limitarsi a vedere nell’azione dell’avanguardia ciò che ha dato sbocco offensivo alle sue istanze di potere (ma non anche come terreno di avanzamento politico proprio). Oppure se non viene effettuata esplicitamente questa separazione, può portare a non vedere i termini del processo concreto di sviluppo della linea rivoluzionaria, vede un meccanico succedersi tra periodi di attacco e periodi di costruzione (come peraltro non è stato estraneo ai nostri convincimenti passati), e non una “dialettica” (quindi unità contraddittoria) tra attacco e costruzione e costruzione e attacco, non vede quindi la costruzione come qualcosa che in passaggi particolari della guerra può diventare un continuo movimento di ricostruzione, improntando la fase di scontro imponendo di definire la condotta della guerra in funzione di questa particolarità dello scontro rivoluzionario, dovuta alla necessità di ricostruire i termini danneggiati dal nemico, riconquistando una maggior adeguatezza della forza e progettualità rivoluzionaria allo scontro, rispetto alle nuove contraddizioni derivanti da quanto si matura nel corso dell’arretramento e delle risposte date ad esso.
Quindi non vengono nemmeno colti i criteri della selezione dell’attacco che sono concepibili solo in un quadro che ha fissato dei principi di movimento della guerra per fasi, perché i concetti del calibramento sono strettamente riferibili a una concezione strategica, a una visione complessiva dello scontro e del suo andamento.
-In conclusione ci sono degli elementi politici nell’ultimo doc. che qualificano i termini da ricostruire a partire da quelli storici, strategici, politici e programmatici, secondo l’elaborazione che hanno potuto e dovuto realizzare avanguardie comuniste combattenti che nel riferimento al patrimonio hanno però dovuto costruire la propria soggettività politica in relazione alle problematiche dello scontro.
Alcuni, in specifico quelli storici, si dialettizzano positivamente con la necessità espressa dalla posizione intermedia, altri ci si dialettizzano criticamente (sulla linea politica, su come oggi si può riavviare sulla valenza della chiarezza dei termini del patrimonio e sulla consapevolezza della loro valenza). Il piano di contenuti che si esprimono danno un terreno materiale ai compagni per realizzare la riqualificazione che hanno ritenuto compito politico dei militanti prigionieri.
Certo non c’è la chiarezza (rispetto alla valenza del ricentramento operato 15 anni fa dall’O. ed assunto a nostro riferimento politico) che può essere espressa solo da una visione strategica dello scontro, una definizione della condotta della guerra in questa fase che renda comprensibile il ruolo che va ad assumere l’attacco non genericamente nella disarticolazione dello Stato, ma specificamente in questa fase strategica e politica rispetto alle specifiche trasformazioni che sono indotte dalla crisi e dalla tendenza alla guerra e allo scontro di classe che intorno ad esse si determina.

In sostanza nello specifico, noi non possiamo fare niente ora per affrontare le contraddizioni che attraversano i prigionieri, possiamo dire che il campo della prigionia è presidiato, possiamo fare ipotesi su come l’ultimo intervento può agire in queste contraddizioni e possiamo tenere presente nel prossimo nostro intervento la necessità di operare progettualmente in queste contraddizioni per favorirne soluzioni in avanti. Ora come ora, possiamo solo chiarirci la natura di queste contraddizioni e approfondire la nostra consapevolezza politica delle problematiche che caratterizzano storicamente la nostra proposta e questa fase in particolare.

Contestualizzazione dei processi:

15 maggio nuova udienza per Hunt e Prati di Papa
Il Tempo del 29 marzo dice che il processo vede 11 imputati: Mazzei, Ravalli, Vaccaro, Cherubini, Cappello, Minguzzi, Fosso, Lori (manca Franco Grilli, che viene menzionato solo dal giornale “Italia” che è piuttosto preciso, per cui la non menzione sembra essere intenzionale). Oltre ai prigionieri ci sarebbero anche la Balzerani e Cassetta. Per cui la Lupo e Galloni non sono imputati, né lo sono altri.

Il processo dell’8 aprile è invece un processo davanti al giudice unico tale Ilaria Simi De Burgis. Un processo anomalo per apologia propaganda sovversiva e antinazionale, che la sentenza derubrica a “tentata” dimezzando la pena richiesta dal pm Stefano Dambruoso di 2 anni 3 mesi a 1 anno. Il processo si svolge a Milano, perché la rivendicazione era stata spedita da questi prigionieri al Corriere della Sera di Milano. Nel corso del processo la nuova rivendicazione implica una nuova accusa, per quanto il reato sia stato interrotto dall’espulsione. Dambruoso infatti insorge dicendo: “stanno ricommettendo lo stesso reato per cui sono processati”.
Gli imputati vengono quindi riammessi in aula su richiesta dei difensori perché prima non avevano disturbato. Nel pubblico ci sono 3 ex-brigatisti che salutano i 4 detenuti (una potrebbe essere la Clerici, un altro è il Bencini?). Baccioli non chiede assoluzioni o attenuanti ma contesta l’accusa, dicendo che è un reato di opinione che la norma è fascista, reprime l’opposizione al sistema e che fu politico anche l’assassinio di Umberto I. Il pm dice che è reato solo istigare alla violenza contro la democrazia e chiede 2 anni 3 mesi. Il giudice conferma l’accusa ma dimezza la pena perché la propaganda fu solo tentata.
In carcere una settimana prima del processo gli avevano sequestrato un foglio scritto a macchina. Aiosa e Pizzarelli arrestati nel ’93 hanno condanne di 13 e 14 anni, un altro giornale parla di 10 anni. I difensori dicono che in carcere studiano testi marxisti e non accettano la difesa tecnica.
Sandro Clementi che sarebbe avvocato sia di Di Lenardo che di Bencini dice che non ci sono rapporti tra detenuti di Biella, Fossombrone e Trani o con l’esterno. Clementi dice che solo in quel giorno dopo che gli imputati erano stati espulsi e riammessi ha chiesto e ottenuto l’autorizzazione a consegnare loro le rivendicazioni D’Antona e Biagi e così ha fatto (immediatamente quindi).
Tra gli imputati c’è D. Bencini che, dice il giornale, ha sempre negato di essere un brigatista, che chiede di essere ammesso al rito abbreviato e non partecipa alla lettura del comunicato. Minguzzi consegna una busta all’avvocato e poi parla.
Il processo del 28 marzo è a Rebibbia, sembra che i compagni lamentino trasferimenti, la rivendicazione è dei contenuti politici espressi dall’azione Biagi. In tutte le notizie di stampa sebbene si faccia riferimento al processo del 12 dicembre si riporta sempre solo del documento dei 3 facendo capire che era l’unico, come pure il Manifesto sostiene che la rivendicazione più convinta che usa il “noi” è quella di Mazzei etc., mentre l’altra è più sfumata quasi un commento.