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La questione centrale che caratterizza per parte proletaria l'attuale quadro
politico del paese è costituita dal rilancio della strategia della Lotta
Armata operato dalle BR-PCC, in quanto ha reintrodotto nei termini del conflitto
di classe lo scontro di potere sia nel suo riflesso politico immediato che come
prospettiva strategica. Fin da subito le iniziative offensive contro Massimo
D'Antona nel 1999 e Marco Biagi nel 2002 hanno pesato concretamente nel porre
la classe su posizioni più favorevoli sul piano dello scontro politico
con lo Stato e la borghesia imperialista (BI), in quanto sono intervenute sul
terreno atto a modificare i rapporti di forza sottraendo il proletariato all'unilaterale
azione dello Stato. L'importanza di questo dato rivoluzionario nello scontro
odierno è tangibile se si guarda a tutti gli anni '90, quando la BI ha
potuto dare corso all'offensiva per imporre le linee di ristrutturazione economico-sociale
e di complessiva riforma dello Stato imperniata sul progetto neocorporativo,
offensiva che ha sospinto il proletariato sulla difensiva e posto le condizioni
per il rafforzamento del dominio della BI, trovando contrasto solo nella resistenza
che vi ha potuto opporre la classe.
Oggi sul piatto della bilancia è tornata a pesare la prassi combattente
delle BR-PCC, qualitativamente connotata dall'essere il prodotto del salto compiuto
dalla soggettività rivoluzionaria di classe che ha avviato e ricostruito,
relazionandosi ai nodi dello scontro generale, le condizioni politiche, militari,
organizzative per riportare l'attacco al cuore dello Stato, in grado di ostacolare
il progetto neocorporativo e sostenere la classe nello scontro con lo Stato.
Una connotazione qualitativa, quella del rilancio, data dal fatto che l'avanguardia
rivoluzionaria, nell'avviare e ricostruire la capacità offensiva, ha
ricollocato il patrimonio trentennale del processo rivoluzionario facendolo
avanzare al livello attuale dello scontro, dando soluzione alla discontinuità
dell'attacco allo Stato. In questo senso il rilancio possiede una valenza di
carattere storica relativamente all'andamento del processo rivoluzionario e
alla sua prosecuzione, un dato su cui vanno ad infrangersi le illusioni della
BI e della sua soggettività politica che, a seguito delle operazioni
antiguerriglia dell'88-89, pensavano di aver superato il pericolo della guerriglia.
Allo stesso tempo l'affrontamento e la risoluzione della problematica della
discontinuità di attacco chiarifica ed evidenzia che, anche a fronte
di una stasi del processo rivoluzionario, la soggettività rivoluzionaria
di classe è in grado di assumersi al punto più alto l'opzione
rivoluzionaria, proposta dalle BR alla classe, perché questa si è
attestata nelle relazioni generali tra le classi quale esito dei mutamenti sedimentati
dalla trentennale attività delle BR nei rapporti di scontro, per la capacità
propria alla strategia della Lotta Armata di influire su di essi e modificarli,
un dato politico questo che pertanto è eliminabile dalla controrivoluzione,
anche nel caso in cui la stessa OCC venga danneggiata.
Ciò che emerge con forza dal rilancio è la riproducibilità
della strategia della Lotta Armata nello scontro di classe nel nostro paese,
in quanto è su questa proposta che è andato a legarsi storicamente
l'interesse politico e generale del proletariato italiano, a partire da come
la prassi delle BR ha contrassegnato i caratteri dell'autonomia politica del
proletariato, nel senso che le avanguardie di classe che si pongono sul terreno
rivoluzionario operano le fratture soggettive in riferimento alla strategia
della LA. Riproducibilià e praticabilità della strategia della
LA riconducibili, in ultima analisi, alla sua validità come risoluzione
proletaria alla crisi della borghesia, perché quella adeguata storicamente
a confrontarsi con le forme di dominio contemporanee della BI, per realizzare
la tappa storica della conquista del potere e l'instaurazione della dittatura
del proletariato, e costruire la società comunista quale alternativa
possibile e necessaria al quadro quadro di contraddizioni economiche, politiche
e sociali della BI, altrimenti non risolvibili né riformabili e che anzi
prospettano al proletariato solo impoverimento e guerra.
La prassi combattente delle BR-PCC è fattore attivo di mutamento delle
posizioni politiche e di forza tra le classi perché svolge un ruolo di
direzione rispetto agli interessi politici generali e storici del proletariato,
che è esercitato a partire dall'attacco sui nodi centrali che oppongono
la classe allo Stato, cioè rapportandosi allo scontro generale intervenendo
sulla contraddizione dominante che lo caratterizza in una data congiuntura.
Su questo terreno, che è il presupposto per l'esistenza stessa dell'avanguardia
comunista, i NCC negli anni '90 hanno svolto il ruolo d'avanguardia rivoluzionaria
assumendosi complessivamente a partire dall'essersi collocati ben dentro i caratteri
della contraddizione rivoluzione/controrivoluzione, i termini dello scontro
di classe, cioè rapportandosi, con l'iniziativa offensiva, alla contraddizione
dominante tra classe e Stato, facendo vivere i contenuti dell'autonomia di classe
nel quadro del rilancio della proposta strategica della LA. Le iniziative offensive
alla Confindustria nel 1992 e alla Nato Defence College nel 1994 di NCC sono
state il perno su cui hanno avviato l'aggregazione delle forze proletarie e
rivoluzionarie. In questo senso il ruolo d'avanguardia svolto dai NCC attiene
proprio all'essersi assunti il rapporto con lo scontro generale entro cui ricollocare,
in termini di continuità-critica-sviluppo, il patrimonio d'Organizzazione
a partire dai suoi contenuti più avanzati. Termini generali di scontro
che evidenziavano come, per i profondi mutamenti in atto riferiti a tutti i
fattori economici, politici e sociali, e di crisi della mediazione politica,
l'aspetto dominante della contraddizione classe/Stato non era più riferito
alla rifunzionalizzazione dei poteri dello Stato, quale era stata fino alla
fine degli anni '80, bensì alla ristrutturazione economico-sociale e
alla complessiva riforma dello Stato. Alla base di questi mutamenti vi è
l'approfondimento dei termini della crisi/sviluppo del capitalismo che in Europa,
tra la fine degli anni '80 e gli inizi dei '90, ha portato ad omologare i suoi
aspetti e le sue manifestazioni, e conseguentemente le risposte controtendenziali.
Un coagularsi di interessi della BI che le ha conferito un maggior peso sul
piano politico in termini di centralità dei suoi interessi, potendo premere
sulla sua soggettività politica sia per l'adozione delle politiche liberiste,
che hanno al centro la ridefinizione dei termini dello sfruttamento della forza
lavoro e del mercato del lavoro attraverso lo smantellamento dei diritti storici
acquisiti dalla classe, codificati dalla legislazione del lavoro, che per le
modifiche politico-istituzionali atte a governare queste politiche. Questi interessi
ridefiniti della BI sono stati il piano su cui in Italia le forze politiche
e sindacali si sono assunte di attuare le trasformazioni politiche necessarie
alla ristrutturazione economico-sociale, in base a come si sono riposizionate
sugli interessi della borghesia a partire dagli esiti della controrivoluzione
e dal suo consolidamento nelle relazioni generali tra le classi. Un riposizionamento
che ha significato, in primo luogo, sostenere l'offensiva antiproletaria dispiegata
dagli esecutivi degli anni '90 e che è stato il piano delle trasformazioni
di progettualità, strumenti e forme dei partiti ai cambiamenti in atto,
da cui si è affermato il progetto neocorporativo come quello idoneo ad
affrontare organicamente le modifiche politico-sociali contenute nelle linee
di intervento macroeconomico e le contraddizioni che queste avrebbero aperto
nei confronti della classe. Le caratteristiche del progetto neocorporativo,
quale perno su cui la borghesia assesta le modifiche delle relazioni tra le
classi a livello sociale, politico e istituzionale, cioè quale perno
della mediazione politico storica in senso neocorporativo, da cui trae il rafforzamento
del suo dominio, fanno dell'attacco a questo progetto il piano prioritario dell'attività
combattente delle BR-PCC, in quanto è intorno all'assestamento o meno
del terreno neocorporativo che vanno a rimodellarsi le relazioni politiche e
di forza tra le classi.
E dunque l'avanguardia rivoluzionaria che ha avviato il rilancio ha messo al
centro della sua iniziativa l'attacco a questo progetto, costruendo, su questa
necessità politica, l'iniziativa offensiva, prima come NCC e, una volta
raggiunta la capacità offensiva adeguata a portare l'attacco al cuore
dello Stato, come BR-PCC, secondo una linea di combattimento mirata ad ostacolarlo
fino alla sua disarticolazione. Iniziative offensive che si sono rapportate
agli snodi dello scontro entro cui questa progettualità si è articolata
nel '92-93 rispetto ai Patti sociali degli esecutivi Amato e Ciampi, nel '98
al Patto di Natale dell'esecutivo D'Alema, nel 2002 alla Riforma Biagi dell'esecutivo
Berlusconi. Snodi che hanno segnato i rapporti classe/Stato introducendo il
contenuto neocorporativo nelle relazioni sociali, fondato sulla composizione
forzosa di interessi particolari e transitori sugli interessi generali della
BI. Progetto neocorporativo che è marciato attraverso formule politiche
riguardanti tanto la negoziazione tra l'esecutivo e le parti sociali, quanto
le relazioni politiche tra le classi e che, con la concertazione prima e col
dialogo sociale poi, hanno rispecchiato gli equilibri politici e di forza esistenti
nello scontro di classe, nonché il livello dei processi di aggregazione
delle forze politiche e sindacali sugli interessi della BI, formule finalizzate
alle trasformazioni possibili della legislazione del lavoro, perno della ristrutturazione
economico-sociale come pure delle modifiche politico-istituzionali e costituzionali.
Tutti gli anni '90 hanno visto prevalere la formula concertativa basata sull'inglobamento
di tutte le istanze rappresentative e rappresentabili sul piano negoziale, quale
formula finalizzata ad espellere dal corpo di classe le sue istanze di resistenza
ancora forti tramite l'accerchiamento dell'autonomia di classe per neutralizzare
le spinte, ai fini di far passare la politica dei redditi agganciata ai tetti
antinflazione quale requisito per rientrare nei parametri di Maastricht, e in
seguito il "pacchetto Treu" di regolamentazione del mercato del lavoro
e di sfruttamento della forza-lavoro, insieme alla riforma previdenziale Dini,
che sono state le modifiche strutturali principali volte alla competitività
del sistema nel quadro delle linee recessive di risanamento del bilancio per
rispettare i Patti di convergenza della UE necessari al passaggio della moneta
unica. Linee macroeconomiche che per il loro contenuto neocorporativo hanno
agito direttamente nello scontro indebolendo le posizioni del proletariato,
piano da cui lo Stato ha ricavato i margini per la costruzione di quegli equilibri
politici e sociali sufficienti per operare la riduzione degli interessi rappresentabili
e mediabili in sede parlamentare (legge elettorale maggioritaria), e il rafforzamento
del ruolo politico-legslativo dell'esecutivo sostenuto dalle relazioni neocorporative
e che, grazie ai rapporti di forza modificati dalla controrivoluzione, sono
stati il quadro da cui si è avviata la trasformazione in senso neocorporativo
della mediazione politica.
Un esito politico che costituisce la base politica interna per l'assunzione
di ruolo dello Stato sul piano internazionale al fine di ricavare spazi per
il capitale monopolistico della propria borghesia nel quadro internazionalizzato
della concorrenza, e di sostenere gli impegni politici, militari, controrivoluzionari
nelle politiche centrali dell'imperialismo. In sintesi, la formula politica
concertativa ha segnato un passaggio centrale nell'affermazione delle relazioni
neocorporative in Italia che, con l'esecutivo D'Alema, hanno acquisito valenza
istituzionale quale piano da cui le parti sociali sostengono nell'ambito negoziale
ruolo e scelte dell'esecutivo, legittimandone le prerogative legislative e dunque
l'introduzione del contenuto neocorporativo nelle modifiche alla legislazione
del lavoro; un passaggio centrale che ha costituito il terreno di praticabilità
dell'alternanza. Una formula politica entro cui si è saldato un equilibrio
politico-sindacale sull'asse DS-CGIL che ha consentito al sindacato di svolgere
una funzione di sostegno al complesso delle scelte politiche di governo, fino
all'aggressione alla Jugoslavia, per cui si è speso nel tentativo di
legittimarla come "contingente necessità".
La crisi e il logoramento degli esecutivi di centro-sinistra, riconducibili
alle contraddizioni indotte nei rapporti di classe da queste scelte antiproletarie
e dagli squilibri che le stesse modifiche politico-istituzionali hanno determinato
nelle relazioni tra i poteri, come pure dal permanere di un'insufficiente coesione
e omogeneità nelle coalizioni, lasciano sul tappeto la necessità
di dare organicità e ulteriore avanzamento alle trasformazioni operate,
per dare superamento alla parzialità con cui erano potute procedere.
La ricostruzione della capacità offensiva in grado di attaccare il cuore
dello Stato, cioè il progetto centrale della borghesia, consente alle
BR-PCC di intervenire dentro queste condizioni di scontro attaccando, in dialettica
con i bisogni politici di classe, M. D'Antona, la figura garante del Patto di
Natale, e con ciò ostacolando l'assestamento del progetto neocorporativo.
Un danno che si ripercuote sulla tenuta della maggioranza, considerato come
i suoi equilibri si fondassero sulla realizzazione di questo passaggio, a cui
è riconducibile la crisi dell'esecutivo D'Alema.
Le elezioni legislative cadono in questo contesto politico contraddittorio nel
quale si è consumata la perdita di consenso del centro-sinistra, contesto
in cui si afferma la coalizione della CdL che si fa garante con la Confindustria
dell'affrontamento contemporaneo e complessivo dei nodi irrisolti, con un programma
di legislatura incentrato sull'ulteriore rafforzamento dell'esecutivo, sulle
modifiche della forma-Stato in senso federale, sul consolidamento dell'alternanza
e sulla ridefinizione delle relazioni neocorporative e della funzione della
negoziazione neocorporativa. In questo contesto la riforma Biagi e la formula
politica del "dialogo sociale", quale superamento della concertazione,
espressione dell'ulteriore modifica dei rapporti politici e di forza tra le
classi prodottasi negli anni '90, sono il traino del programma di governo: infatti
i termini della ridefinizione della negoziazione propri al "dialogo sociale",
riducendo il peso delle "parti sociali" (sindacato confederale), danno
all'esecutivo un maggior ruolo sul piano decisionale, terreno questo da cui
operare per la riduzione reale della rappresentanza sociale della classe, e
più in generale queste riforme sono strettamente connesse alla praticabilità
delle modifiche che introduce il federalismo, dove la riforma federale fornisce
l'impalcatura istituzionale e costituzionale affinché i contenuti del
"libro bianco" possano agire e dispiegarsi in tutto il loro portato
antiproletario. In altri termini, le linee del libro bianco, in parte tradotte
nei decreti attuativi, relativi alla flessibilità del mercato del lavoro
e alle nuove regole di sfruttamento e di contrattazione, possono marciare perché
si intende far valere il rapporto di forza locale e parziale rispetto a quella
del proletariato sul piano nazionale, in base ai nuovi poteri regionali e delle
amministrazioni locali, che hanno voce in capitolo sulla contrattazione, privatizzazione
del welfare e delle risorse pubbliche. In sintesi, la praticabilità di
queste riforme sta nel rapporto funzionale tra le linee del libro bianco e federalismo,
in quanto esso ruota sulla frammentazione del potere contrattuale del proletariato
nonché sulla massima competizione tra proletari, che favorisce la selezione
della forza lavoro in base alla sua ricattabilità. Linee su cui la BI
può ricavare i diversi saggi di sfruttamento locali funzionali alla competitività
generale e, in ultima analisi, a premere per la demolizione del quadro dei diritti
generali contenuti nel CCNL e nello Statuto dei Lavoratori. Un andamento a tappe
forzate di questi piani di riforma in cui l'esecutivo si avvale delle maggiori
prerogative decisionali date anche dall'aver fatto proprie ulteriori competenze
parlamentari a partire dal piano legislativo, materia delle deleghe, per procedere
nel disegno di quella complessiva riorganizzazione delle relazioni sociali basata
sulla subordinazione strutturale della classe al capitale, che nelle intenzioni
dovrebbe spegnere a monte il formarsi del conflitto. Se è vero che questa
maggioranza ha usufruito della stabilità data dall'assestamento del modello
dell'alternanza, si è anche dimostrato come ciò non sia garanzia
dell'agibilità politica degli esecutivi, e dunque dei loro progetti e
programmi. E questo perché la stabilità del modello di "democrazia
governante" trova il suo limite nelle contraddizioni sollevate da un conflitto
di classe in cui è tornata a pesare la sua rappresentanza rivoluzionaria,
le BR-PCC, che con l'apertura del varco offensivo nella difensiva di classe,
operato con l'iniziativa combattente del '99, ha pesato nella rideterminazione
dei contenuti e della portata dell'opposizione di classe. In questo senso l'impermeabilizzazione
del conflitto, che dovrebbe risultare dalla trasformazione della mediazione
politica in senso neocorporativo dentro a quei passaggi che hanno ristretto
sempre più la rappresentanza istituzionale di classe a livello sociale
e politico, è tutt'altro che assoluta in rapporto allo scontro, e soprattutto
non può celare tutta la vulnerabilità di questo modello a fronte
dell'iniziativa offensiva che colpisce il cuore degli equilibri politici che
garantiscono il progetto della BI. Una vulnerabilità rimarcata dall'attacco
delle BR-PCC a Marco Biagi che, proprio perché ha colpito la figura perno
intorno a cui la maggioranza di governo si saldava a sostegno del progetto del
libro bianco, ha ostacolato sostanzialmente la sua praticabilità, piano
da cui si è incrinata la funzionalità del dialogo sociale e dei
soggetti coinvolti. Un attacco che, per la stretta dialettica con quanto maturato
nella classe contro le linee riformatrici dell'esecutivo, ha dato rinnovato
impulso alla sua resistenza rispetto ai contenuti del libro bianco, anche quando
vengono surrettiziamente riproposti dentro la negoziazione di ogni rinnovo contrattuale,
facendo di queste scadenze momenti di lotta generali.
Le ripercussioni politiche dell'attacco in termini di danneggiamento del progetto
politico e per come questa iniziativa si è coniugata con i contenuti
autonomi espressi dalla classe nello scontro, hanno investito non solo l'agibilità
politica dell'esecutivo e la coesione della maggioranza, rallentandone le linee
di programma, ma anche il ruolo dell'opposizione, attivizzata in prima persona
rispetto al pericolo che l'opzione rivoluzionaria metta in risi il progetto
neocorporativo e con esso la stabilizzazione dell'alternanza, quali pilastri
della "democrazia governante" di cui queste forze per prime si sono
fate carico nel loro posizionarsi sugli interessi ridefiniti della BI. Più
in generale ne è investita l'intera soggettività politica della
BI che vede indebolita la capacità di governo del conflitto e dell'economia,
in quanto l'attacco allo Stato, nello spezzare la mediazione politica, interviene
sull'asse di rafforzamento dello Stato e del potere della BI, aprendo il varco
all'affermazione degli interessi politici e generali di classe, di contro al
rapporto imposto dalla composizione corporativa delle contraddizioni, che ingabbia
le istanze di classe quale modo per mantenere la subalternità politica
del proletariato alla classe dominante. In ultima analisi, sono le implicazioni
politiche che scaturiscono dalla direzione e dialettica che le BR-PCC costruiscono
con la classe, a partire dall'attacco al cuore dello Stato, relativamente agli
spazi che l'iniziativa offensiva apre alle istanze dell'autonomia di classe
sul piano della costruzione di uno scontro di potere, a mettere a nudo i limiti
propri a un "modello democratico" che poggia sulla riduzione degli
interessi rappresentabili e mediabili avvenuta con il processo riformatore.
Proprio perché il neocorporativismo si è dimostrato fondamentale
per rafforzare il dominio della BI consentendo il governo dell'economia e del
conflitto a fronte dell'approfondimento della crisi economica, nonché
per il ruolo che nelle relazioni neocorporative svolgono le parti sociali nell'affiancare
lo Stato nella sua crisi di legittimazione, per l'erosione dei margini materiali
di ricomposizione sociale delle contraddizioni, contrastarlo è l'unico
modo per iniziare a modificare i rapporti di forza e sostenere la classe nello
scontro con lo Stato e la BI, costruendo concretamente sul piano strategico
della LA i termini politico-militari della prospettiva di potere: una linea
di combattimento prioritaria che è il solo modo per affermare gli interessi
generali di classe, collocandoli su un punto di forza di contro a relazioni
neocorporative volte a frantumarli per selezionare quelli particolari e transitori
da comporre sull'interesse generale della BI, quale piano che agisce materialmente
sulle condizioni di classe, indebolendone le posizioni. Una linea di combattimento
che sui criteri di centralità, selezione e calibramento ha danneggiato
la prosecuzione lineare del progetto, in quanto ha colpito le figure perno degli
equilibri politici che negli snodi salienti dello scontro hanno svolto un ruolo
politico-operativo di garanti, ma anche di elaboratori delle linee legislative
per la modifica del quadro normativo del lavoro. Proprio per il ruolo ricoperto
da queste figure, le iniziative offensive del '99 e del 2002 hanno realizzato
l'indebolimento dell'azione politica degli esecutivi, un risultato che qualifica
il vantaggio politico ricavato dagli attacchi, che è stato tradotto sul
terreno della costruzione delle forze sulla LA. Più precisamente, le
BR-PCC, nell'esercizio di un movimento unitario e unico di direzione dello scontro
e delle forze in campo, hanno tradotto questo vantaggio sulla linea di "costruzione
delle forze per l'offensiva" propria dello Stadio Aggregativo, per estendere
e dare continuità alla capacità offensiva al fine di stabilizzare
l'organizzazione sul piano strategico. Linea di costruzione che nei termini
di centralizzazione e decentralizzazione della disposizione delle forze nel
combattimento ruota intorno alla selezione dei termini complessivi sul piano
politico-programmatico idonei a strutturare il nucleo del soggetto organizzato
che agisce da Partito per costruire il Partito, linea di costruzione connessa
all'indirizzo della fase di Ricostruzione delle forze rivoluzionarie e proletarie
per attrezzare politicamente, militarmente e organizzativamente la classe allo
scontro prolungato con lo Stato e l'imperialismo. Più in generale, la
qualificazione del vantaggio ricavato ha potuto irradiarsi fin da subito sulle
relazioni classe/Stato, proletariato/borghesia, a partire dall'aver posto l'interesse
generale di classe sul piano della guerra, dato politico che ha aperto lo spazio
alle istanze dell'autonomia di classe, da lungo tempo latenti nell'ambito delle
mobilitazioni proletarie, e reimmesso nello scontro il contenuto orientante
inteso come punto di vista e prassi conseguente cui possono riferirsi le avanguardie
di classe. Uno spazio politico che ha consentito il determinarsi di diversi
livelli di dialettica nell'ambito proletario sia in generale, nelle manifestazioni
possibili di consenso, sia nella disposizione delle avanguardie di classe, che
hanno fatto proprio il terreno di scontro con lo Stato e l'imperialismo sulla
discriminante della LA. Lo svilupparsi, a seguito dell'attacco a M. D'Antona,
di iniziative offensive da parte di avanguardie rivoluzionarie che si sono dialettizzate
esplicitamente con le indicazioni proposte dall'Organizzazione, e il più
largo quadro delle avanguardie di classe che in vario modo si sono assunte il
piano delle fratture soggettive per porsi sul terreno della LA, hanno determinato
uno schieramento rivoluzionario da cui si sono realizzati percorsi di costruzione
di un campo rivoluzionario reale che si confronta con lo Stato e l'imperialismo,
questione rilevante per la rideterminazione delle posizioni di classe nello
scontro, considerato come gli anni '90 siano stati segnati dalla svuotamento
del movimento rivoluzionario e in special modo in relazione alla problematica
della costruzione del Partito. Rispetto a questo nodo, le BR-PCC ribadiscono
che se non c'è identificazione tra schieramento rivoluzionario e costruzione
del Partito, perché quest'ultimo è un'organizzazione centralizzata
e strutturata intorno a una Linea Politica e a un Programma politico-militare,
e dunque non un'entità che si produce spontaneamente o risultante dalla
mera condivisione di tesi politiche, allo stesso tempo dallo schieramento rivoluzionario
si distingue il contributo possibile da parte di quelle avanguardie rivoluzionarie
che, superando un generico allineamento, fanno proprio l'impianto teorico e
strategico della LA per il Comunismo, nella coscienza di affrontare lo scontro
di potere proprio a una guerra di classe di lunga durata, dando il proprio apporto
all disarticolazione dei progetti della BI in un quadro di attività necessariamente
centralizzato sull'indirizzo dato dall'Organizzazione. La dinamicizzazione dello
scontro impressa dal rilancio dell'attività rivoluzionario delle BR-PCC,
tangibile tanto a livello delle avanguardie di classe che si sono dialettizzate
con il terreno della LA, che per il riflesso nel confronto politico tra le classi
in rapporto all'offensiva della BI, fa testo della valenza politica della strategia
della LA nello scontro di classe generale. Un contesto di scontro rispetto a
cui per lo Stato si è riproposto il problema di non far coniugare la
resistenza proletaria, che si è caratterizzata per il riemergere in più
tratti delle sue istanze autonome, con la proposta delle BR. Sotto questa emergenza
si è ridefinita la risposta controrivoluzionaria e antiproletaria dello
Stato, finalizzata in primo luogo ad annientare la guerriglia e al contempo
a far gravare sugli ambiti di classe una pressione politica tesa nelle sue varie
forme a contenerne le spinte. Su questa emergenza si sono strette le forze politiche
di entrambe le coalizioni e i sindacati confederali, uniti nell'intento di divaricare
la classe dalla sua avanguardia comunista combattente. La linea comune è
quella di criminalizzare qualunque espressione di classe che fuoriesca dal sempre
più ristretto alveo di "compatibilità", perciò
stigmatizzata come illegale e in quanto tale passibile di essere incriminata
come "terroristica", e che ha toccato tanto il piano politico che
i luoghi di lavoro, sostenuta in prima persona dai vertici della CGIL che hanno
operato a tutto campo per diluire e spegnere la portata delle lotte.
Una linea comune, quella della criminalizzazione della resistenza proletaria,
che è solo l'aspetto più evidente degli interventi necessari a
divaricare le istanze di classe dalla proposta rivoluzionaria, in quanto questi
nella sostanza devono ruotare sulla possibilità di ricondurre queste
istanze sul piano istituzionale. Compito che in questo quadro politico è
assunto in primo luogo dai sindacati, pur nella contraddittorietà di
dover operare in relazione alla ridefinizione del loro ruolo nel "dialogo
sociale", che vede la CGIL costretta a muoversi come una sorta di "sindacato
di lotta" per contenere la resistenza proletaria in un alveo di compatibilità,
la CISL oscillare rispetto alla linea propria al dialogo sociale di divisione
del sindacato e riduzione della rappresentanza sociale in sede negoziale.
Sulle contraddizioni aperte dalla dinamicizzazione dello scontro prodotta dall'attività
rivoluzionaria, si cala il modo di operare per forzature dell'esecutivo Berlusconi,
nella necessità di rilanciare il suo programma riformatore secondo i
tempi dettati dai bisogni della frazione dominante della BI, comuni a quella
europea, ma che non coincidono con i tempi politici dettati dallo scontro rivoluzionario
e di classe. In questa logica l'esecutivo ha creduto di poter sfruttare per
un verso il conflitto a fuoco del 2 marzo amplificando la reale portata di questo
episodio che rientra nelle perdite fisiologiche della guerriglia, e dunque poco
significativo per lo stato del terreno rivoluzionario; per altro verso, sul
piano delle dinamiche politiche di classe, di far leva sull'esito negativo del
referendum sull'articolo 18. Un calcolo, questo, politicamente limitato in ragione
del quadro generale di scontro che, seppure fortemente asimmetrico nei rapporti
di forza e politici tra le classi a favore della BI, è segnato dal peso
politico costituito dalla reimmissione del dato rivoluzionario, la cui portata
è ciò che rende l'azione offensiva della politica riformatrice
di questo esecutivo con i piedi d'argilla, mettendo a nudo la sua difficoltà
a misurarsi con la necessità di mantenere separata l'istanza di classe
dalla sua avanguardia rivoluzionaria. Il fatto che l'attività rivoluzionaria,
condizionando l'agibilità degli esecutivi nella lineare concretizzazione
dei programmi che incidono direttamente sulle condizioni di vita del proletariato,
abbia un riflesso positivo nel costituire un punto di forza nella contrapposizione
del proletariato allo Stato e alla BI, non significa che questo riflesso in
positivo sia la finalità della LA, in quanto questa non ha per scopo
il miglioramento delle condizioni materiali immediate del proletariato, ma persegue
lo scopo di trasformare la lotta di classe in guerra di classe per abbattere
lo Stato e conquistare il potere politico, operando concretamente per tradurre
il vantaggio ottenuto dall'attacco allo Stato sul piano dello scontro per il
potere. La LA cioè non può essere vista come una risposta difensiva
agli attacchi della borghesia, a garanzia degli "spazi democratici",
ma iniziativa di attacco per affermare gli interessi generali storici della
classe; quello che in realtà si verifica nello scontro è un rapporto
tra Stato e rivoluzione, cioè tra strategia politica e militare dello
Stato per contrastare la guerriglia e sviluppo di uno scontro di potere che
volge alla rideterminazione e approfondimento della contraddizione rivoluzione/controrivoluzione.
Il vantaggio ricavato dall'iniziativa offensiva, nella dialettica che apre con
il campo proletario, deve essere capitalizzato sul piano dell'organizzazione
di classe sulla LA nel quadro della progettualità e degli obiettivi programmatici
finalizzati a costruire le condizioni per lo sviluppo di un processo rivoluzionario
impostato sull'unità del politico e del militare. Più precisamente,
il vantaggio ricavato dall'attacco viene incanalato dall'Organizzazione sulla
dinamica Attacco-Costruzione-Nuovo Attacco, sulla quale si articola l'attività
rivoluzionaria in ogni fase e condizione dello scontro, dinamica le cui modalità
di interrelazione tra i suoi termini rispondono ai caratteri e agli obiettivi
della fase rivoluzionaria. E' proprio nella traduzione di quanto ricavato dall'attacco
sul piano della costruzione e disposizione delle forze a livello politico-militare,
organizzativo adeguato e necessario a rilanciare l'iniziativa offensiva a un
nuovo livello, che il soggetto organizzato che agisce da Partito per costruire
il Partito opera alla trasformazione delle condizioni dello scontro, costruendo
in esso i termini politico-militari per volgerlo a favore del campo proletario
in senso politico e strategico, quale terreno per far uscire la classe dalla
difensiva. Una prospettiva che, tutt'altro dall'essere astratta o improponibile,
poggia, qui ed ora, sul ruolo della soggettività rivoluzionaria per la
centralità della sua azione nella trasformazione dello scontro in senso
rivoluzionario. Un dato politico che emerge con forza dal rilancio della strategia
della LA nell'attuale quadro di scontro, proprio in rapporto alla difensiva
di classe e all'offensiva degli esecutivi. Un ruolo centrale, quello della soggettività
rivoluzionaria, che da sempre appartiene alla concezione d'avanguardia dei comunisti,
e tanto più vero con l'evoluzione del rapporto Stato/rivoluzione nell'attuale
fase dell'imperialismo che ha posto condizioni nello scontro che hanno evidenziato
l'aumentato peso della soggettività, sia per parte borghese che per parte
proletaria. Per parte della BI, la sua soggettività politica ha evidenziato
il suo maggior ruolo nell'aver sviluppato, a partire dal rapporto maturato tra
Stato e rivoluzione, forme di dominio imperniate su una controrivoluzione preventiva
che assorbe il conflitto e lo depura dall'istanza di autonomia suscettibile
di coniugarsi al piano rivoluzionario, ciò all'interno di assetti politico-istituzionali
entro cui il conflitto viene imbrigliato e depotenziato, togliendo peso e incisività
a quelle istanze di classe che pur perseguendo obiettivi rivoluzionari si esprimono
sul solo piano politico, perché in questo sistema politico o sono assorbite
dal piano istituzionale, o sono destinate a essere marginali. Un'opera di neutralizzazione
del pericolo rivoluzionario che si avvale dell'intervento costante dello Stato
là dove si verifica la politicizzazione dello scontro, per riportarlo
a un grado di compatibilità, accerchiando e reprimendo le sue espressioni
autonome. In queste condizioni la crisi rivoluzionaria non può venire
a maturazione come prodotto spontaneo della crisi della borghesia e dell'insufficienza
delle condizioni e degli strumenti atti a ricomporre le contraddizioni antagoniste,
tanto più che il dominio della BI è stabilizzato dalle relazioni
integrate e gerarchiche della catena.
Per queste ragioni, per parte proletaria, la soggettività rivoluzionaria
ha assunto maggior peso nello scontro per perseguire gli interessi di classe,
in quanto spetta alla prassi rivoluzionaria agire e promuovere lo scontro rivoluzionario,
non potendo ripresentarsi quelle condizioni oggettive che nella fase storica
passata erano attese come precondizione per iniziare il processo rivoluzionario.
E questo in base al fatto che l'avanguardia rivoluzionaria, nell'adeguare storicamente
la strategia per la conquista del potere all'evoluzione delle forme di dominio,
ha potuto portare il confronto sul piano adeguato a rendere irricomponibili
le contraddizioni antagoniste, cioè assumendo nella sua impostazione
strategica il piano della guerra, che già vive nello scontro di classe,
quale solo modo di rompere il meccanismo paralizzante della mediazione politica
proprio alle democrazie rappresentative contemporanee. In altri termini l'incisività
della prassi combattente nei rapporti politici e di forza fra le classi fa sì
che la soggettività rivoluzionaria sia il fattore primo in grado di innescare
i termini di sviluppo dello scontro rivoluzionario, organizzando nell'unità
del politico e del militare le avanguardie di classe che si dialettizzano col
piano rivoluzionario, una prassi che essendo il motore della trasformazione
dello scontro in senso rivoluzionario è ciò che stabilisce il
terreno su cui si afferma l'autonomia politica di classe e possono svilupparsi
i caratteri di un vero e proprio movimento rivoluzionario. E questo in quanto
l'autonomia politica di classe non è un prodotto spontaneo dello scontro,
ma si afferma essenzialmente come prodotto politico dell'attività rivoluzionaria,
e ciò significa che sul piano storico lo sviluppo dell'autonomia politica
di classe soggettivamente attrezzata per affrontare la guerra di classe, affermandosi
come classe rivoluzionaria in grado di conquistare il potere politico, si dà
solo sul terreno determinato dalla prassi rivoluzionaria d'avanguardia che,
attaccando lo Stato, la dirige e la organizza nello scontro di potere.
L'esito del rapporto rivoluzione/controrivoluzione nel centro imperialista,
che ha visto attestare la dinamica controrivoluzionaria nello scontro e ridimensionare
il ruolo della strategia della LA, fa emergere il tutta evidenza le leggi che
presiedono l'andamento dello scontro rivoluzionario in un paese capitalisticamente
avanzato. L'insegnamento principale che se ne trae è che lo Stato, nell'impattare
la guerriglia, ha sviluppato metodi e pratiche interni a una strategia politico-militare
che investe tutti i soggetti dello scontro, verificati come quelli in grado
di contrastare il processo rivoluzionario, in alcuni casi di bloccarlo o, come
in Italia, di determinare una discontinuità del percorso. Un insegnamento
che arricchisce il significato dell'andamento non lineare di un processo rivoluzionario
di lunga durata che, se per sua stessa definizione è fatto di avanzate
e ritirate, può anche comprendere la possibilità di un blocco
o di una discontinuità, quale dato maturato nel rapporto rivoluzione/controrivoluzione,
un dato che quindi va considerato come un fattore interno all'andamento dello
scontro rivoluzionario con cui la soggettività rivoluzionaria può
e deve misurarsi, e che di per sé non costituisce impedimento alla possibilità
di continuare a sviluppare il processo rivoluzionario. Si è dimostrato
cioè che l'avanguardia rivoluzionaria, assumendo il piano strategico
della LA e i suoi termini politico-programmatici, può avviare il processo
rivoluzionario anche a fronte di un blocco o di una discontinuità, costruendo
l'iniziativa offensiva che opera nello scontro alla ricostruzione di tutti i
fattori danneggiati e dispersi dalla controrivoluzione, mentre costruisce sé
stessa come soggetto organizzato che si struttura come il nucleo di direzione
che agisce da Partito per costruire il Partito. Un'assunzione di compiti sul
piano soggettivo che, in base al principio offensivo della guerriglia, può
avviare e rilanciare il processo rivoluzionario anche in una fase di difensiva
di classe e di arretramento delle posizione rivoluzionarie. Questo per la maturità
raggiunta dalla strategia della LA, che rende adeguata la prassi dell'avanguardia
rivoluzionaria anche ben dentro le condizioni di scontro approfondite dalla
controrivoluzione, comuni nei paesi imperialisti, specificatamente in Europa,
in base a cui l'avvio e il rilancio dell'iniziativa rivoluzionaria, tutt'altro
dall'essere un empirico procedere, o un inizio da zero, si colloca in rapporto
al livello di scontro che si è definito tra rivoluzione e controrivoluzione,
avendo come base di forza il patrimonio fatto avanzare dalla guerriglia nella
sua prassi rivoluzionaria. Infatti in Italia la soggettività rivoluzionaria
di classe ha rilanciato la strategia della LA negli anni '90 definendo la sua
progettualità sulla valutazione della contraddizione rivoluzione/controrivoluzione,
approfondita per parte rivoluzionaria nei termini di un avanzamento strategico
conseguito con il riadeguamento operato nella Ritirata Strategica (RS), ma anche
sulla valutazione dei rapporti di scontro entro cui il consolidamento della
dinamica controrivoluzionaria ha determinato la difensiva di classe e la discontinuità
del percorso rivoluzionario. In base a ciò ha impostato l'avvio della
costruzione dell'iniziativa offensiva sulla linea della strategia della LA,
avvalendosi del patrimonio comunista in generale e specificatamente delle BR
nei suoi termini più avanzati, quale leva in un rapporto di continuità-critica-sviluppo
per definire progettualità politico-organizzativa, compiti e modalità
per far avanzare complessivamente la fase di Ricostruzione delle forze rivoluzionarie
e proletarie. Questo ha connotato fin da subito l'agire dell'avanguardia rivoluzionaria
che si è misurata già come NCC con i nodi centrali di scontro,
e che perciò ha potuto innescare le condizioni per la trasformazione
del piano di scontro a partire dalla costruzione della capacità offensiva
in grado di ridare forza alla prospettiva strategica, portando l'attacco al
cuore dello Stato. Quello che la prassi delle BR-PCC ha riportato all'ordine
del giorno è il significato dell'aumentato peso della soggettività
rivoluzionaria nello scontro, un nodo dirimente per le avanguardie di classe
che vogliono porsi sul terreno rivoluzionario, considerato il contesto massimamente
sfavorevole, cioè avendo presente che nella situazione dell'oggi il rilancio
della strategia della LA non si avvale dell'esistenza di un movimento rivoluzionario,
in quanto la classe non è disposta in termini di scontro per il potere.
Questione che richiede la piena comprensione del rilievo storico che ha l'assunzione
soggettiva dei compiti rivoluzionari propri allo svolgimento di una guerra di
classe, data la centralità di questa assunzione nel modificare il terreno
di scontro per volgerlo a favore del campo proletario. Una centralità
che è tale per l'adeguatezza della strategia della LA ad incidere nei
rapporti di forza tra le classi, in qualsiasi condizione si presenti lo scontro
rivoluzionario, al di là dell'esistenza a meno di fattori favorevoli.
E se è vero che negli anni '70 l'apertura del processo rivoluzionario
da parte delle BR si è avvalsa di condizioni di scontro peculiari connotate
da un ciclo di lotte offensive che alludeva alla richiesta di potere, come pure
di una forma di dominio della BI ancora non completamente evoluta, queste condizioni
peculiari non vanno intese come la precondizione alla praticabilità del
processo rivoluzionario. Semmai va precisato che, proprio perché la progettualità
proposta alla classe è adeguata ad impattare lo scontro nella metropoli,
in quanto prodotto soggettivo dell'avanguardia rivoluzionaria in termini di
risoluzione pratico-teorica del nodo del potere, ha potuto dare sbocco politico
e strategico alle istanze di classe degli anni '70. Ed è la prassi sviluppata
dalle BR ad aver connotato in quegli anni lo scontro sul piano del potere, in
base a cui si è affermato lo stesso movimento rivoluzionario sulla discriminante
della LA. Questo il processo storico reale entro cui si è radicata la
proposta strategica della LA alla classe, le cui peculiarità iniziali
sono peraltro irripetibili per il modificarsi e l'approfondirsi della contraddizione
rivoluzione/controrivoluzione. In ultima analisi la presa di coscienza del maggiore
ruolo che occupa l'avanguardia rivoluzionaria nello scontro, richiede di sgomberare
il campo dalla mitizzazione degli anni '70, che relega a quel periodo la praticabilità
dello scontro rivoluzionario, anche perché trasforma la strategia della
LA, e il ruolo di direzione della soggettività rivoluzionaria che la
conduce, a mero prolungamento dei cicli di lotta, dunque a braccio armato delle
mobilitazioni di classe. Il ruolo di direzione svolto dalle BR ha espresso i
suoi caratteri di adeguatezza in stretta relazione all'affrontamento dei nodi
problematici che di volta in volta si sono presentati nell'andamento dello scontro,
connessi alla contraddizione rivoluzione/controrivoluzione. In questo senso
i passaggi salienti che hanno segnato e segnano l'evolvere del processo rivoluzionario
concretizzano i salti politici di qualificazione dell'agire da Partito delle
BR. L'esperienza tra il '79 e l'80 resta un passaggio fondamentale circa gli
insegnamenti che le BR hanno tratto sul piano della direzione rivoluzionaria
relativa a una guerra di classe. Si reputava che, allora, erano giunte a maturazione
le condizioni politico-militari e di organizzazione delle forze sulla LA per
il salto al Partito, come prodotto dell'assolvimento dei compiti della fase
di Propaganda Armata. Questo a partire dallo sviluppo della capacità
offensiva verso l'attacco al cuore dello Stato, quale presupposto per sostanziare
al livello adeguato l'agire da Partito per costruire il Partito, in rapporto
cioè allo sviluppo delle campagne di disarticolazione su cui le BR avevano
potuto organizzare le istanze di autonomia di classe e del movimento rivoluzionario
disposte sulla LA, sul piano di uno scontro di potere rispetto a cui si era
effettivamente determinata la difensiva dello Stato e della BI. Sull'obiettivo
del salto al Partito le BR avevano posto all'ordine del giorno la questione
dell'unità dei comunisti, precisando come questa non poteva essere intesa
come processo federativo delle formazioni comuniste combattenti, ma come assunzione
dell'impianto strategico, politico, programmatico e organizzativo su cui impostare
la direzione dello scontro nel passaggio dalla Propaganda Armata verso la guerra
civile dispiegata. A questo passaggio si oppone il prepararsi della controffensiva
dello Stato contro le OCC, in particolare le BR, e il movimento rivoluzionario
e di classe, nella necessità di rompere l'accerchiamento rivoluzionario,
ma anche per far fronte a cambiamenti generali determinati dalla crisi economica,
rispetto a cui premeva la BI. Una crisi di accumulazione che investiva tutto
il mondo capitalistico e che per la BI in Italia significava dar luogo a ristrutturazioni
produttive impraticabili senza una drastica "pacificazione". Al salto
al Partito si oppone anche, sul piano propriamente rivoluzionario, l'impostazione
verso la transizione alla guerra civile dispiegata che, essendo informata dalla
concezione lineare dello sviluppo, del processo rivoluzionario e dello scontro,
impediva di cogliere la portata dei cambiamenti generali di fase che si profilavano.
Da qui l'inadeguatezza a confrontarsi con il mutamento in atto nella contraddizione
rivoluzione/controrivoluzione ad opera dell'iniziativa controrivoluzionaria
dello Stato. A questo quadro di contraddizioni si aggiungono le spinte economiciste
e soggettiviste, nonché di diluizione della concezione della direzione
dello scontro, quale portato della visione di sviluppo del contropotere in termini
di estensione progressiva dell'organizzazione rivoluzionaria di classe, corollario
della visione linearista. Limiti di giovinezza politica che nel rapporto con
la controrivoluzione sboccheranno nel frazionismo. In questo contesto quella
parte dell'Organizzazione che affronta queste problematiche tenendo ferma l'impostazione
strategica, grazie a cui ridà centralità al ruolo del Partito,
dello Stato e della classe operaia, si seleziona come la direzione adeguata.
a far avanzare il processo rivoluzionario, un passaggio contrassegnato dal mutamento
della denominazione in Brigate Rosse per la Costruzione del Partito Comunista
Combattente.
Sono proprio i termini che la controffensiva imprime alla contraddizione rivoluzione/controrivoluzione
il terreno da cui le BR-PCC, in base ai primi elementi di ricentramento, sono
in grado di aprire la fase di Ritirata Strategica come ristabilimento dell'aderenza
del piano della fase rivoluzionaria al piano dello scontro, quale presupposto
per svolgere il ruolo di direzione che esso necessitava. Una scelta che ha consentito
di precisare la condotta adeguata per la manovra di ripiegamento generale atta
a preservare le forze, rilanciare l'offensiva contro lo Stato e l'imperialismo
e operare il riadeguamento necessario; in questo modo le BR-PCC hanno mantenuto
aperto lo scontro rivoluzionario ed operato il riadeguamento atto a superare
le contraddizioni emerse nel rapporto rivoluzione/controrivoluzione. Riadeguamento
complessivo che occupa il periodo iniziale della RS fino all'apertura della
fase di Ricostruzione che ne concretizza gli sviluppi, e che si dà a
partire dall'iniziativa offensiva per misurarsi con i progetti dello Stato e
le politiche dell'imperialismo, in un quadro che richiedeva di sapersi relazionare
ai processi che investivano lo Stato, imperniati sull'esecutivizzazione e miranti
alla rifunzionalizzazione dei poteri. Una riforma dello Stato che in linea generale
doveva rispondere alle esigenze del governo della crisi e del conflitto nel
delinearsi di linee economiche tese a restituire competitività al capitale
monopolistico a seguito del rideterminarsi della concorrenza e dell'accumulazione
a livello internazionale, e a stare dentro ai passaggi dell'integrazione europea
allora in corso, volti all'armonizzazione dei parametri economici degli Stati
quale presupposto dell'unificazione dell'area europea; ma principalmente questa
riforma è stata la risposta complessiva della soggettività politica
della BI allo scontro rivoluzionario e di classe, sulla base dell'attestazione
dei termini del rapporto tra Stato e rivoluzione in quel momento. In questo
senso il piano relativo al rafforzamento dello Stato investe per intero la soggettività
politica della BI, che affronta questo nodo facendo leva sugli esiti della controffensiva
alla guerriglia entro cui si dà il primo riposizionamento delle forze
politiche e sindacali intorno all'interesse della BI che, sulla base del ridimensionamento
delle posizioni di classe, sono relativamente più svincolate nel sostenere
i processi di esecutivizzazione degli anni '80, nel cui quadro possono essere
praticati i Patti sociali dell'83 e dell'84 che introducono l'avocazione al
vertice delle relazioni negoziali riferite alla gestione delle relazioni industriali
e ai primi ridimensionamenti del welfare. In sintesi questo passaggio, che ha
il suo punto di arrivo nel progetto demitiano di rifunzionalizzazione dei poteri
è la risposta complessiva dello Stato al governo delle contraddizioni
dello scontro rivoluzionario e di classe per come l'attività delle BR
l'aveva connotato, come pure al quadro di problematiche poste dall'acutizzarsi
della crisi della BI, problematiche che per essere affrontate prospettavano
la trasformazione delle relazioni complessive tra le classi in un contesto che
già evidenziava i segnali di crisi della mediazione politica. Crisi originata
dalla messa in discussione dell'insieme dei fattori su cui essa si fonda, in
un processo concreto che è partito dalla progressiva crisi del ruolo
economico dello Stato, per come si era definito dal dopoguerra nella fase economica
espansiva. L'esaurirsi di questa fase erodeva i margini economici su cui i partiti
potevano svolgere il loro ruolo nel quadro di un sistema parlamentarista a massima
rappresentatività, sistema che proprio per questa peculiarità
ha potuto assolvere al suo ruolo controrivoluzionario rispetto ad uno scontro
di classe segnato dalla LA. Le modifiche volte alla rifunzionalizzazione dei
poteri dello Stato, proprio perché rispondenti prioritariamente alle
necessità di governare il conflitto e la crisi economica, sono l'aspetto
dominante della contraddizione classe/Stato in quegli anni e dunque i progetti
che concretizzano questo indirizzo sono l'asse di intervento delle BR-PCC, in
base a cui svolgono il loro ruolo d'avanguardia nel rapporto con lo scontro
generale. Le iniziative offensive contro Giugni, Tarantelli e Ruffilli hanno
costituito, anche dentro l'arretramento delle posizioni rivoluzionarie e proletarie,
l'ostacolo sostanziale a questa linea controrivoluzionaria e antiproletaria,
baluardo della resistenza proletaria in quegli anni. Un confronto in cui le
BR-PCC hanno potuto meglio precisare l'analisi dello Stato in rapporto alla
crisi della borghesia e all'evolvere del conflitto, cogliendo più in
profondità i caratteri della democrazia matura per come andavano a evolversi
anche in Italia, e rispetto a cui si precisano i criteri dell'attacco al cuore
dello Stato, vale a dire di centralità, relativo all'individuazione del
progetto centrale della BI e agli equilibri politici che lo sostengono e, all'interno
di questi, di selezione che ne individua la figura perno in grado di saldare
le forze politiche sul progetto, e questo sul criterio di calibramento dell'attacco,
rispetto allo stato dei rapporti di forza interni e internazionali, nonché
allo stato delle forze rivoluzionarie e proletarie e alla loro disposizione
sulla LA. Criteri che consentono il massimo della incisività dell'attacco
a partire dal quale l'Organizzazione esplica il suo ruolo di direzione sul principio
di centralizzazione e decentralizzazione rispetto a cui dispone e mobilita le
forme come un cuneo sul combattimento, e ottimizza l'efficacia politica dell'iniziativa
offensiva nei confronti dello Stato. Questo complesso quadro di scontro, in
cui la ridefinizione dei rapporti tra le classi è perseguita con i progetti
di riforma delle istituzioni e poteri dello Stato, entro cui la soggettività
politica della BI incorpora il portato della controrivoluzione degli anni '80,
è il piano di confronto su cui le BR-PCC definiscono la progettualità
adeguata ad affrontarlo e da cui poter assolvere al ruolo di direzione richiesto
dal livello dello scontro rivoluzionario e di classe, tenendo conto del grado
di dispersione delle forze e degli strumenti rivoluzionari provocato dalla controrivoluzione,
che ha investito anche gli ambiti delle avanguardie di classe, come pure tenendo
conto di quanto imparato in merito alle dinamiche che si riversano sulle forze
rivoluzionarie a seguito di una controffensiva e di un rovescio. Dinamiche immanenti
alle leggi della guerra che si manifestano nella demoralizzazione delle forze
e nella tendenza a sottrarsi alle condizioni di scontro rideterminate dalla
controrivoluzione e che politicamente sfociano in quegli atteggiamenti difensivistici
che ostacolano la riqualificazione dell'azione rivoluzionaria, inficiando il
potenziale offensivo della guerriglia. In concreto gli effetti in negativo propriamente
militari che si producono quando si subisce un rovescio, per la guerriglia si
riversano immediatamente sulla capacità politica di essere propositivi
per dare risoluzione alla condizione conseguente al rovescio stesso, comportando
uno sbandamento politico che tende a sopravvalutare la forza e pervasività
del nemico, mentre porta a sminuire il potenziale della capacità offensiva
che può essere messa in campo. In sintesi il difensivismo porta ad inquadrare
il lavoro rivoluzionario nella dimensione del possibile e non a ciò che
è politicamente necessario rispetto al livello dello scontro, riducendo
a organizzativismo i problemi politici da affrontare, e di conseguenza svilendo
il ruolo di direzione dell'OCC. Dinamiche che in generale sono proprie alle
fasi di arretramento e che perciò sono emerse nella RS quale elemento
di contraddizione con cui l'Organizzazione si è misurata nella prassi,
imparando a individuarle e a padroneggiarne gli effetti, come dimostra l'impostazione
data alla fase di Ricostruzione delle forze rivoluzionarie e proletarie, sintesi
di tutti gli insegnamenti del riadeguamento, da cui scaturiscono i termini della
stessa riqualificazione del ruolo di direzione, dentro al compito centrale di
ricostruire e ristrutturare le istanze dirigenti dell'Organizzazione, per arrivare
alla ricostituzione della Direzione Strategica, esigendo lo scontro la formazione
di quadri d'Organizzazione come militanti complessivi in grado, anche nelle
condizioni più difficili, di agire da Organizzazione. Un piano di lavoro,
quello della formazione, che non può darsi separatamente dalla più
generale attività nella fase; da qui il connotarsi della contraddizione
costruzione/formazione che presiede lo sviluppo stesso della fase di Ricostruzione
e che, per l'approfondirsi della contraddizione rivoluzione/controrivoluzione,
viene ad assumere carattere storico.
Un riadeguamento complessivo al quadro di scontro da cui le BR-PCC precisano
la linea politico-programmatica si cui indirizzare il combattimento, sia in
riferimento all'attacco allo Stato, relativamente alla rifunzionalizzazione
dei suoi poteri, che all'attacco alle politiche centrali dell'imperialismo,
entro cui è affrontato il nodo della costruzione del FCA, linea politico-programmatica
che sintetizza l'agire da Partito per costruire il Partito adeguato a quelle
condizioni. L'avanzamento strategico conseguito dal riadeguamento nella RS costituisce
il tratto distintivo dello scontro rivoluzionario, nonostante che le operazioni
antiguerriglia '88-'89 abbiano inciso sul lineare avanzamento della fase di
Ricostruzione, sia nei termini della costruzione derivabile dall'attacco a Ruffilli,
sia nei termini di continuità dell'attacco allo Stato. Al contempo, tra
la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90, si verifica il precipitare
critico dei mutamenti generali che avevano investito la fase economica, con
conseguente crisi del ruolo economico dello Stato e difficoltà della
sua ridefinizione per le implicazioni dirette nei rapporti tra le classi, in
primo luogo per la necessità di mantenere separato il piano del conflitto
dalla proposta rivoluzionaria, rilanciata dall'Organizzazione con l'iniziativa
Ruffilli, elementi che avevano fortemente condizionato la possibilità
di praticare le ristrutturazioni economico-sociali, pur urgenti. Al contempo
si verifica il mutamento storico degli equilibri internazionali per la caduta
del Patto di Varsavia, a causa della controrivoluzione imperialista, col suo
riflesso immediato nel rafforzamento delle posizioni della Nato. Crollo che
se da un lato apre all'inglobamento dei paesi dell'Est al modo di produzione
capitalistico, dall'altro acutizza e accelera le tendenze capitalistiche proprie
all'internazionalizzazione e alla formazione monopolistica. Dinamica che dandosi
nel quadro non espansivo dell'economia capitalistica, approfondisce tutti i
fattori di crisi, la cui risposta in termini di sviluppo del capitale ruota
principalmente sull'innalzamento dell'estrazione di plusvalore relativo, dato
dall'aumento di capitale costante (che genera disoccupazione e precarizzazione
del lavoro in termini strutturali), contestualmente alla delocalizzazione dei
segmenti produttivi che si basano sull'alto impiego di forza-lavoro là
dove questa è a basso costo; controtendenze da cui scaturiscono gli ulteriori
processi di centralizzazione e concentrazione monopolistica sul piano internazionale.
L'esito della controrivoluzione verso Est, coniugandosi a quello attestato contro
la strategia della LA nel centro imperialista, inizia a riversarsi sulle relazioni
complessive tra le classi consentendo alla BI e alla sua soggettività
politica di assumere una posizione offensiva contro il proletariato, quale prerequisito
per dispiegare le ristrutturazioni economico-sociali. Se dunque il riversarsi
del duplice processo controrivoluzionario nello scontro fa sì che delle
normali operazioni antiguerriglia si traducano in discontinuità del percorso
rivoluzionario, e la classe sia spinta sulla difensiva, al contempo queste nuove
condizioni costituiscono il terreno di confronto per la soggettività
rivoluzionaria di classe che si assume il rilancio del processo rivoluzionario
dando continuità alla fase di Ricostruzione, misurandosi cioè
con uno scontro dominato dalla crisi e trasformazione della mediazione politica
storica in senso neocorporativo, che va ad incorporare quanto assestato nelle
relazioni tra le classi a partire dalla controrivoluzione, e dalle necessità
poste dalla crisi economica, processo da cui dipende il rafforzamento del potere
della BI nel senso della "democrazia governante". La soggettività
rivoluzionaria ha potuto esercitare il suo ruolo d'avanguardia forte dell'indirizzo
strategico sulla LA nell'approccio complessivo ai compiti rivoluzionari: compiti
che prima di tutto hanno richiesto di valutare lo stato della fase di Ricostruzione
delle forze rivoluzionarie e proletarie e di integrarne il corso con cui lo
Stadio Aggregativo, tratto di fase che specifica la necessità di costruire
l'OCC nel quadro più generale della fase rivoluzionaria. Un dato centrale
questo che caratterizza l'agire dell'avanguardia rivoluzionaria come NCC che,
nell'affrontare il nodo classe/Stato e quello imperialismo/antimperialismo,
ha operato il processo di avvio dell'attività rivoluzionaria, e che ha
un preciso significato contestualizzato storicamente per essere avvio della
costruzione della capacità offensiva atta a dare ogni volta risoluzione
alla discontinuità di attacco allo Stato, fintantoché non si stabilizzano
nello scontro le condizioni della sua continuazione, mentre il soggetto organizzato
che la pratica costruisce e forma sé stesso come nucleo che si struttura
come OCC.
Stanti questi caratteri del terreno rivoluzionario, la contraddizione costruzione/formazione
va a risoluzione affrontando contemporaneamente i livelli di costruzione presenti
sul terreno rivoluzionario, intorno alla formazione dei ruoli militanti complessivi
in modo che questi sappiano operare i diversi piani di costruzione che derivano
dall'attacco, relativi ad organizzare la classe sulla LA. Questa progettualità
complessiva sta alla base del rilancio della capacità offensiva al livello
dell'attacco al cuore dello Stato, cioè quella necessaria ad impattare
il suo progetto centrale e, sul vantaggio acquisito, articolare i diversi piani
di costruzione implicati nello Stadio Aggregativo. In questo modo l'avanguardia
rivoluzionaria ha potuto esercitare come BR-PCC un livello di direzione, in
un movimento unitario e unico, altamente funzionale ad incidere in termini di
indirizzo, orientamento e piani di costruzione, riverberato sull'intero campo
proletario, in specifico sull'ambito delle avanguardie di classe che si dialettizzano
con la proposta della LA. La progettualità insita nelle iniziative offensive
del '99 e 2002 è il terreno da cui ristrette avanguardie hanno potuto
svolgere un ruolo di direzione massimamente efficace in un contesto rivoluzionario
segnato dalla discontinuità, affrontando e risolvendo le contraddizioni
dello scontro rivoluzionario e in particolare dando risposta al bisogno politico
delle avanguardie di classe di aprire una breccia nell'ingabbiamento della mediazione
politica neocorporativa sulle istanze dell'autonomia di classe. In sintesi,
le ristrette avanguardie che in continuità-critica-sviluppo col patrimonio
hanno potuto incidere nello scontro come BR-PCC, hanno dato proseguimento su
termini più avanzati alla fase di Ricostruzione, operando sull'indirizzo
proprio dello Stadio Aggregativo di costruzione delle forze per l'offensiva,
della loro stabilizzazione ed estensione, indirizzo che continua ad essere il
terreno su cui operano le BR-PCC con la finalità di produrre un punto
di equilibrio più avanzato rispetto al piano di attacco e costruzione
realizzato con le iniziative offensive del 1999 e del 2002.
Il raggiungimento di questo punto di equilibrio si misura con la contraddizione
tra l'operare sui termini dettati dallo Stadio Aggregativo e la condizione generale
dello scontro rivoluzionario e di classe segnata da quelle pratiche di controrivoluzione
verificate e affermate dallo Stato come quelle idonee a contrastare la guerriglia
e a bloccare il processo rivoluzionario, e da uno stato della classe gravato
dai termini di una mediazione politica neocorporativa che circoscrive il conflitto
premendo offensivamente sull'espressione dell'autonomia di classe, per sospingerne
indietro le posizioni. Nell'ottica di spostare in avanti il punto di equilibrio
dello scontro rivoluzionario, le BR-PCC tengono conto dello stato politico del
campo proletario e delle sue avanguardie, in rapporto all'impoverimento politico
determinatosi nella difensiva in cui la classe è stata spinta dalle politiche
offensive della BI negli anni '90, in cui hanno riguadagnato spazio le posizioni
riformiste e neorevisioniste, come pure si sono ripresentate opzioni politiche
di classe di stampo insurrezionalista. In concreto ciò significa che
la prassi combattente delle BR-PCC oggi si svolge in un contesto in cui il conflitto
di classe non domina lo scontro per il potere, questo come esito indotto dalla
controrivoluzione e per altro verso dalla discontinuità del percorso
rivoluzionario, con il venir meno dell'iniziativa combattente capace di disporre
e orientare le avanguardie di classe sul terreno della LA. Di conseguenza, se
il riferimento alla strategia della LA resta saldo nella classe per la centralità
conquistata dalle BR nella storia del proletariato italiano, ne risultano impoverite
le motivazioni, come pure le cognizioni generali di conduzione e sviluppo del
processo rivoluzionario. In tale contesto le avanguardie di classe e il proletariato
portano avanti una lotta di resistenza in una situazione in cui tutto nega
la praticabilità dell'ipotesi rivoluzionaria, e cioè la possibilità
di disporsi nello scontro in termini offensivi, che in concreto significa assumere
il piano della guerra, piano che è l'essenza della strategia della LA,
elemento di rottura storica in quanto adeguamento della pratica proletaria alle
forme di dominio contemporanee della BI. Il punto è che la sostanza di
guerra del conflitto è celata alla classe dalle forme politiche in cui
lo Stato mantiene strutturalmente subalterno il proletariato: una sostanza che
lo Stato, possedendo il monopolio della violenza, assume esplicitamente ogni
volta che il conflitto fuoriesce dai canoni di compatibilità, e che nella
fase attuale è fatta vivere dentro l'offensiva della BI sulla classe,
alimentata come non mai dalla crisi di dominio dell'imperialismo, come dimostrano
le misure dispiegate dopo l'11 settembre, in termini di una controrivoluzione
intrinsecamente legata ai processi in atto della "guerra infinita"
lanciata dall'imperialismo USA contro i paesi politicamente indipendenti e le
Forze Rivoluzionarie di classe e di popolo. Misure che attraversano e unificano
gli interventi controrivoluzionari di ogni Stato imperialista, e si dispiegano
anche contro il proletariato e le sue avanguardie, come fa testo la legislazione
USA ed Europea sul "terrorismo", ecc. In ultima analisi, essendo la
forma politica di governo del conflitto, che permea la vita politica e sociale
del proletariato, il terreno elettivo per la sua sottomissione, l'assunzione
soggettiva del terreno della guerra è ciò che consente di sottrarsi
a questa subalternità, portando lo scontro con lo Stato e la BI sul terreno
offensiva adeguato a condurlo e a vincerlo. In relazione a questa situazione
di scontro le BR-PCC, nel creare con l'attacco le condizioni politiche su cui
si concretizza la costruzione adeguata a trasformare le avanguardie di classe
in avanguardie rivoluzionarie, operano per fornire gli strumenti teorici, politici,
organizzativi, militari e di cognizione della strategia della LA atti a favorire
le fratture soggettive, individuando questo come uno specifico terreno di lavoro
nel quadro della delimitazione dei compiti propri a questa fase in cui non domina
la guerra di classe. D'altra parte l'assunzione del terreno della LA implica
per le avanguardie di classe una frattura soggettiva ben più profonda
e complessa di quella che investe una militanza in difesa delle proprie condizioni,
nonché la pur complessa militanza politica. E questo perché la
LA implica un mutamento globale dal punto di vista politico di cui è
investita totalmente la soggettività d'avanguardia, in quanto si tratta
di assumere il piano del rapporto di guerra con lo Stato e la BI nel quadro
di un processo rivoluzionario teso a tradurre lo scontro di classe in guerra
di classe, in cui l'avanguardia rivoluzionaria fa vivere fenomenicamente e sostanzialmente
la natura di guerra del conflitto. A questo fine è fondamentale appropriarsi
nella prassi dei termini dell'impianto strategico, nonché degli insegnamenti
ricavati dall'esperienza sul piano della conduzione della guerra di classe,
come pure della collocazione storica dello sviluppo della politica proletaria
per la conquista del potere politico, quale cognizione che consolida sul piano
storico la fondatezza della strategia della LA, la cui adeguatezza alle forme
di dominio dell'imperialismo si situa come sbocco ai passaggi storici del rapporto
tra Stato e rivoluzione, che hanno visto da un lato il proletariato, tramite
la sua avanguardia rivoluzionaria, mettere in campo i tentativi e le strategie
per la conquista del potere, e dall'altro la borghesia, tramite la sua soggettività
politica, fronteggiare questo pericolo con livelli di controrivoluzione che
hanno rispecchiato lo sviluppo politico ed economico del capitalismo. Un rapporto,
quello tra classe e Stato, proletariato e borghesia, che è fin dalle
sue origini, nella sua sostanza, un rapporto di guerra, il cui corso ha seguito
le leggi che la governano, secondo il principio che la guerra è la continuazione
della politica. Chiave di lettura rivoluzionaria che rimette con i piedi per
terra la dinamica reale di un conflitto che vede dominare l'aspetto politico
in quanto funzionale per la borghesia a condurre nel modo più opportuno
la guerra di classe, al fine di impedire al proletariato di organizzarsi nel
modo più adeguato per conquistare il potere. La peculiarità della
guerra di classe, caratterizzata per il proletariato dall'obiettivo della conquista
del potere, e per la borghesia da quello del suo mantenimento, risiede nel fatto
che la dinamica tendente al reciproco annientamento per la borghesia non può
essere portata alle sue estreme conseguenze, in quanto l'esistenza del capitalismo
presuppone il proletariato (creatore del plusvalore), mentre il proletariato
può e deve abbattere il potere della borghesia per dare corso al superamento
della società divisa in classi e costruire la società comunista:
in ciò sta la debolezza strategica della borghesia, che in questa guerra
è costretta a difendere il suo potere. Il rapporto di guerra quindi abbraccia
la dinamica storica che ha segnato dalla Comune di Parigi le tappe di una guerra
rivoluzionaria che sviluppa i suoi caratteri nel rapporto tra Stato e rivoluzione.
L'affermazione del potere della borghesia che si estende in Europa con le guerre
napoleoniche ha già in sé la necessità di marginalizzare
le spinte rivoluzionarie del proletariato, di cui pure la borghesia si era servita
per disfarsi della monarchia assoluta, avendone compreso tutta la pericolosità.
Le monarchie costituzionali sono infatti la configurazione politica di una prima
risposta atta a contrastare i moti insurrezionali della prima metà dell'800,
riuscendo a metabolizzare gli obiettivi democratico-borghesi attraverso l'elisione
della spinta rivoluzionaria repressa militarmente e la trasformazione dell'istanza
democratica in termini di assestamento del potere. E' all'interno di questo
passaggio storico che nella formazione economico-sociale capitalistica le due
classi principali, proletariato e borghesia, vanno a configurarsi nettamente
con i primi tentativi della classe subalterna di affrancarsi sul piano dei diritti
sindacali e politici, un passaggio che in concomitanza con il massimo sviluppo
della libera concorrenza e le avvisaglie della prima grande crisi capitalistica
(fine '800), vede il primo tentativo rivoluzionario vittorioso del proletariato
sulla scena mondiale, con la Comune di Parigi, perché per la prima volta
si concretizza l'esercizio del potere politico proletario.
L'esperienza della Comune e della feroce controrivoluzione che l'ha soffocata,
mettono in evidenza le leggi di questa peculiare guerra: per parte della borghesia,
si comprende che l'affrontamento sul solo piano militare delle istanze insurrezionali
del proletariato può avere esisti non scontati, e contiene il rischio
della messa in discussione del suo potere. La necessità di evitare un'evoluzione
dello scontro di questo tipo è l'elemento motore che, sulla sanguinosa
repressione del proletariato parigino, apre ad un'evoluzione dello Stato nel
rapporto con lo scontro di classe tesa a strutturare forme politiche del dominio
borghese volte all'inclusione sul piano politico delle istanze del proletariato.
Processo in divenire connesso al grado di sviluppo economico del capitalismo
che inizia con parziali inclusioni nelle forme e nella misura da non tralasciare
l'equilibrio su cui si manteneva il potere della borghesia. Verso la fine dell'800
l'estensione ovunque della grande industria ha costituito il terreno materiale
che ha offerto un relativo margine nel rapporto capitale/lavoro, Stato/classe,
affinché i partiti che rappresentavano il proletariato (socialisti) assumessero
un ruolo di assorbimento delle istanze di classe su un indirizzo riformista,
cioè deviando le spinte all'emancipazione politica e sociale intese in
senso rivoluzionario dal proletariato, verso l'affermazione dei diritti politici
e sindacali e il miglioramento delle condizioni economiche, in termini che comunque
non metteranno in discussione il potere dello Stato. Un processo di inclusione
delle espressioni politiche del proletariato che in quel quadro storico si traduce
sul piano delle forme politico-istituzionali statuali in una parziale e ristretta
rappresentanza politica che quasi mai include i partiti riformisti, quali sono
state le democrazie liberali per censo; queste sono l'espressione della precaria
transizione di questa evoluzione del governo del conflitto ancora lontana dallo
stabilizzarsi, stante il fatto che l'equilibrio tra inclusione delle istanze
di classe sul piano politico e annientamento delle spinte all'emancipazione
rivoluzionaria era ancora suscettibile di essere rotto fino a travolgere le
istituzioni e lo Stato stesso. Da qui la labilità delle libertà
politiche del proletariato e dell'esistenza degli stessi partiti riformisti,
in un equilibrio specifico in ogni Stato, relativamente all'andamento dello
scontro tra Stato e rivoluzione, classe/Stato. Per parte del proletariato, l'esperienza
della Comune di Parigi fa emergere le problematiche politiche che investono
lo scontro di potere, da cui si traggono le prime indispensabili lezioni nella
teoria scientifica dello Stato, portata a più precisa definizione da
Lenin, e cioè della necessità del suo abbattimento e dell'instaurazione
dello Stato proletario per esercitare la sua dittatura nella transizione al
comunismo. Teoria dello Stato da cui emerge il ruolo delle istituzioni della
democrazia borghese come involucro più affinato del dominio della borghesia,
motivo per cui solo in determinate circostanze storiche il parlamento ha potuto
essere usato dai partiti del proletariato ai fini rivoluzionari, essendo in
generale una pratica riformista.
Sui cardini di teoria rivoluzionaria tratti dalla Comune, le avanguardie rivoluzionarie
del proletariato hanno indirizzato lo scontro per l'abbattimento dello Stato
dentro una strategia tesa a tradurre le ondate di mobilitazione in uno scontro
che progressivamente portava all'indebolimento dello Stato fino a realizzare
lo sbocco insurrezionale. La Rivoluzione d'Ottobre, nell'avviare l'epoca della
rivoluzione proletaria, costituisce il piano fondamentale di esperienza per
le dinamiche che da allora in poi si svilupperanno nel rapporto tra Stato e
rivoluzione, e questo perché, se la vittoria del Partito Bolscevico va
collocata nelle condizioni particolari della Russia zarista, il suo esito ha
un impatto mondiale sui rapporti tra proletariato e borghesia. Più precisamente
la Russia presentava condizioni di sviluppo e contraddizioni differenti dall'Europa,
in quanto la borghesia non dominava politicamente e il potere era in mano all'autocrazia
zarista. Contesto in cui le spinte democratiche assumevano carattere rivoluzionario
e potevano essere convogliate dai bolscevichi sulla strategia rivoluzionaria
che, attraverso le crescenti agitazioni politiche di massa, accumulava forza
politica mettendo sempre più in crisi lo Stato: un potenziale rivoluzionario
alimentato dall'alleanza tra operai e contadini, fin quando con lo schieramento
dell'esercito si determina l'inversione dei rapporti di forza e il crearsi di
quelle condizioni per tradurre questo potenziale rivoluzionario in insurrezione,
con l'abbattimento dello Stato. L'onda d'urto della prima rivoluzione proletaria
vittoriosa ha il suo principale impatto nella fondazione dei partiti comunisti
che si separano dalle componenti riformiste mettendosi alla testa delle istanze
rivoluzionarie di classe e che, in particolare in quei paesi usciti sconfitti
dalla I guerra mondiale, e con maggiori contraddizioni politiche e sociali perché
più forte era il movimento operaio, e dunque con una relativa instabilità
e debolezza dello Stato, operano il tentativo di concretizzare la conquista
del potere politico sulla base della strategia insurrezionale. Gli anni '20
segnano sotto questo profilo il massimo delle spinte del proletariato in tutto
il mondo, un pericolo rivoluzionario a cui la borghesia e lo Stato, in specie
negli USA e in Europa, rispondono con repressioni sanguinose. In particolare
in Italia e Germania vi è un vero e proprio scontro di potere, rispetto
a cui lo Stato non va a "disgregarsi" sotto l'azione rivoluzionaria,
e questo grazie a quel processo di relativa "stabilizzazione" innescato
dalle forme politiche del liberalismo, stabilizzazione da cui la borghesia e
lo Stato possono organizzare lo scatenamento della controrivoluzione, che sfocerà,
bruciando la forma liberale, nei regimi nazista e fascista, che condurranno
in Germania all'annientamento del PC spartachista e in Italia alla stasi del
PCI. Questa risposta controrivoluzionaria è la base di forza per la borghesia
su cui evolve il governo del conflitto a partire dal ruolo economico che lo
Stato viene ad assumere con l'affermazione del monopolio a base nazionale nei
paesi capitalistici. Le forme politiche che ne scaturiscono si differenziano
tra Europa e USA: in Europa, nelle dittature nazista e fascista, il proletariato
viene irreggimentato in termini di corporativizzazione sociale, negli USA, per
la maggior forza raggiunta dal monopolio, e anche in relazione alle peculiarità
storiche del proletariato americano, lo Stato può sviluppare il neocorporativismo
dentro un quadro di democrazia rappresentativa ampia, quale forma più
evoluta per convogliare il conflitto nell'ambito del rapporto Stato/sindacati,
frammentandolo e contenendolo. Un piano questo da cui origina la controrivoluzione
preventiva intimamente legata al modello di democrazia rappresentativa, che
sorge col New Deal proprio per il ruolo economico sostenuto dallo Stato nella
crisi del '29. Le differenti forme politiche assunte dagli Stati capitalistici
in quel periodo, riflettono il tipo di conflitto cui la borghesia si è
trovata a contrastare a seguito della rivoluzione russa: in questo senso la
dittatura nazista e fascista che si estesero in quasi tutta Europa, rappresentano
la risposta della soggettività politica della borghesia a fronte della
impossibilità di mantenere il controllo dello scontro rivoluzionario
entro il quadro delle forme politiche del liberalismo, proprio perché
il proletariato, guidato dalla sua direzione rivoluzionaria nella strategia
insurrezionale, aveva rotto quell'equilibrio su cui il liberalismo si fondava,
forzando sui rapporti di potere.
Il quadro che va dall'inizio della II guerra mondiale alla sua conclusione vede
la rimessa in discussione dello schiacciamento delle posizioni del proletariato
avvenuto in 20 anni di dittature e controrivoluzioni nel mondo capitalistico,
dimostrando come nell'ambito del rapporto Stato/rivoluzione non c'è linearità
nel movimento avanzamenti/arretramenti, nel senso che l'avanzamento ottenuto
in precedenza dalla borghesia è stato minato dalla crisi economica che
è sfociata nel conflitto interimperialistico, espressione del punto critico
raggiunto dalle contraddizioni del MPC, mentre per parte proletaria l'arretramento
diviene relativo nella misura in cui l'URSS ha retto l'impatto della controrivoluzione
portata dagli Stati imperialisti per soffocarla già all'indomani del
'17, e il potere sovietico si è consolidato; inoltre nei paesi europei
nel corso della guerra si sviluppa una lotta armata contro il nazifascismo nella
quale il proletariato e i Partiti Comunisti hanno avuto il ruolo fondamentale.
Nel complesso delle relazioni Proletariato Internazionale/Borghesia Imperialista
(PI/BI), quello che viene a determinarsi è un "fronte" che
ha nella Russia sovietica che resiste all'invasione nazista il piano di forza
principale, al quale si coniuga la resistenza nei paesi europei, pure nel suo
differente svolgimento. Un "fronte" che va a costituire un campo di
forza che, connettendosi politicamente, può rovesciarsi in termini di
vittoria sul nazifascismo. Per contro, il conflitto interimperialistico che
ha visto prevalere gli USA e la GB, volge nella sua fase finale nella direzione
di un fronte imperialista teso ad erodere al massimo le posizioni acquisite
dal campo socialista, una linea controrivoluzionaria che gli USA dirigono facendo
ricorso a tutto l'armamentario bellico, fino all'atomica, che incorpora il potenziale
produttivo sviluppato dalla loro economia. In ultima analisi la guerra interimperialistica,
oltre a rappresentare la risposta generale alla crisi di accumulazione, è
stata connotata dalla spinta controrivoluzionaria dei paesi imperialisti finalizzata
ad annientare la Russia sovietica. In questo senso lo svolgimento e la conclusione
della guerra divengono allo stesso tempo il quadro in cui si vanno a rideterminare
le posizioni tra BI e PI, in relazione agli equilibri che si stabiliscono tra
campo imperialista e campo socialista, che vede il posizionamento controrivoluzionario
dei paesi imperialisti guidato dalle potenze vincitrici contro l'URSS, che passa
attraverso l'attivazione dei paesi europei, in specie quelli di confine, sulla
guerra fredda, che ha come punto di forza politico-militare la formazione della
Nato nel quadro dell'Alleanza Atlantica.
Al contempo la riorganizzazione della borghesia nei paesi europei con l'attivo
sostegno delle potenze vincitrici, ha come suo primo atto il disarmo della resistenza,
allo scopo di stabilizzare il piano interno e spegnere i focolai insurrezionali
post-resistenziali e le istanze di emancipazione proletaria che in essi vivevano.
Una stabilizzazione diretta dagli USA al fine di imporre l'esportazione del
loro modello politico-istituzionale di democrazia borghese nella configurazione
statuale che va a ricostruirsi sulle macerie della guerra. Una ricostruzione
che in Italia vede gli USA premere per equilibri politici di governo basati
sulle forze politiche moderate (anche curate ad hoc) e per una riformulazione
del quadro sindacale che, per essere funzionale al modello neocorporativo, richiede
la frantumazione dell'unitarietà sindacale nonché per la marginalizzazione
del peso politico del PCI, al quale viene posta la discriminante del "gioco
democratico", la cui accettazione sancisce la sua parabola in senso riformista.
Una ricostruzione politico-istituzionale come la più funzionale al governo
dell'economia e del conflitto dovendo sostenere la penetrazione in Europa del
capitale sovrapprodotto con l'enorme potenziale produttivo, proprio al modello
fordista, accumulato negli USA durante la guerra, da cui la crescita di un monopolio
che per concentrazione e centralizzazione è "superiore" a quello
europeo, la cui espansione ha richiesto la sua innervazione nella composizione
dei capitali europei. E' il piano Marshall a fare da veicolo alla ricostruzione
politica ed economica dei paesi europei imponendo una stabilizzazione politica
interna di tipo controrivoluzionario, quale requisito per accedere agli "aiuti"
al fine di creare un'infrastruttura adeguata all'investimento dei monopoli USA.
L'innervazione del capitale finanziario USA nella composizione dei capitali
europei e l'affermarsi in Europa del corrispettivo modello fordista per le produzioni
su vasta scala dei beni di consumo, costituisce il terreno di sviluppo del capitale
monopolistico multinazionale che introduce modifiche nelle forme economiche
dell'imperialismo perché l'integrazione economica a cui dà luogo
relativizza la concorrenza intermonopolistica alla interdipendenza, mentre dal
punto di vista della FES si struttura una frazione dominante di BI aggregata
al capitale finanziario USA contestualmente al formarsi di un proletariato metropolitano.
A questi caratteri di evoluzione economica e politica ha corrisposto una democrazia
rappresentativa che organizza le istanze di classe sul piano politico-istituzionale
saldando al contempo equilibri sociali sugli interessi della BI, a partire dal
ruolo economico che lo Stato svolge come capitalista reale ed elargitore di
welfare, in base a cui partiti e sindacati possono ricavare quel "consenso
sociale" da convogliare sugli equilibri politici. Un filo nero che attraversa
la ricostruzione capitalistica degli Stati in Europa, in quanto questa si è
data sulla stabilizzazione controrivoluzionaria del dopoguerra, che è
il piano di forza che innerva l'edificazione dello Stato, innervazione che recupera
anche elementi della controrivoluzione propri al fascismo e al nazismo: su questo
poggia l'instaurazione di una democrazia rappresentativa che ha nell'adozione
dei termini di controrivoluzione preventiva sviluppati dal new deal americano
i suoi caratteri contemporanei. Forme di dominio che rappresentano l'evoluzione
dell'involucro formale più affinato della sostanza controrivoluzionaria
dello Stato di contro al proletariato. Ed è in riferimento a queste condizioni
storiche emerse nel dopoguerra che il proletariato dovrà sciogliere il
nodo della definizione della strategia adatta a perseguire la tappa storica
della conquista del potere politico, nodo che dal '17 è rimasto irrisolto
in quanto le avanguardie rivoluzionarie del proletariato, anche a fronte dei
tentativi di mettere in discussione il potere, non sono riuscite a praticare
nelle democrazie borghesi dei paesi capitalistici la sostanza perseguita dalla
rivoluzione russa. Nel dopoguerra il nodo della strategia proletaria deve misurarsi
con problematiche complesse e nuove, relative all'approfondimento dei caratteri
controrivoluzionari dello Stato propri al quadro delle forme di dominio che
comprendono il piano dell'integrazione economica e coesione politica del blocco
imperialista, dotato del suo organismo politico-militare Nato che, nella sua
essenza di guerra esterna-guerra interna, ha lo scopo di impedire una rottura
rivoluzionaria laddove questa si presentasse. In sintesi le forme di dominio
contemporanee della BI, se sono espressione della struttura multinazionale dell'imperialismo
in questa fase storica, lo sono soprattutto dello sviluppo per parte dello Stato
del governo del conflitto di classe come capitalizzazione e sistematizzazione
consapevole della soggettività politica della BI che scaturisce dalla
necessità di impedire un'altra rottura rivoluzionaria, stante il confronto
con un proletariato, quello del centro imperialista, che si è emancipato
nella sua storia politica, istruito dalle lunga esperienza di lotta con lo Stato
e la borghesia.
Le modalità del governo del conflitto imperniate sull'istituzionalizzazione
delle istanze politiche di classe rappresentano la forma più sviluppata
di contenimento di un conflitto la cui natura di guerra non solo non è
venuta meno, ma è assunta consapevolmente dallo Stato nella controrivoluzione
preventiva. Questo nel quadro di una vera e propria strategia politico-militare
in cui gli aspetti politici del governo del conflitto possono dominare in quanto
poggiano sull'accerchiamento delle istanze autonome di classe nel tentativo
costante di tenere separata la lotta di classe dalla proposta rivoluzionaria,
e sull'annientamento delle avanguardie rivoluzionarie. L'assunto che la guerra
è la continuazione della politica vive ben dentro ai termini del rapporto
tra classe e Stato, e in particolare tra Stato e rivoluzione, cioè ben
dentro l'involucro formale della democrazia borghese, in cui lo Stato appare
"neutrale" rispetto alle due classi antagoniste, o verso la democrazia
rappresentativa, con i suoi organi e istituti legislativi e giuridici, formalmente
appare come la sede della mediazione e conciliazione dei differenti interessi
sociali. Un involucro formale che nella sua sostanza attiene proprio al duplice
ruolo che svolge lo Stato nell'essere organo della dittatura della borghesia
e garante della riproduzione della società capitalistica, e cioè
di organo politico-istituzionale del dominio della borghesia, dove si definiscono
le relazioni politiche tra le classi, e di ordinamento giuridico-formale dei
rapporti politici e sociali. Una funzione soggettiva e oggettiva quale prodotto
storico dello scontro tra le classi proprio all'essere lo Stato manifestazione
degli antagonismi inconciliabili tra le classi e rappresentante della classe
dominante. La democrazia rappresentativa contemporanea è il modo storico
con cui lo Stato è attrezzato soggettivamente per condurre una guerra
al proletariato di tipo preventivo, prevalentemente nella forma della politica,
ma che non può rinunciare all'aspetto militare sebbene non possa prolungarlo
ed estenderlo oltre un certo grado, come fanno testo le stesse torture contro
i militanti della guerriglia, e prima ancora le violente repressioni e gli eccidi
di piazza degli anni '50 e '60, ma soprattutto la politica stragista dello Stato
mirata ad intervenire nei momenti di scontro in cui il proletariato ha messo
in campo forti spinte di emancipazione politica e sociale, per gravarvi con
tutto il peso deterrente delle uccisioni indiscriminate di massa, assumendo
cioè il terrorismo quale pratica propria allo Stato e all'imperialismo
per annichilire le spinte di classe; una politica stragista inaugurata con Portella
della Ginestra, continuata con le bombe di P.zza Fontana, P.zza della Loggia,
l'Italicus, la stazione di Bologna, ecc. E' tra la fine degli anni '60 e l'inizio
degli anni '70 che le avanguardie rivoluzionarie del proletariato hanno sviluppato
la prassi e l'elaborazione politico-teorica che ha dato risoluzione al nodo
irrisolto nel patrimonio comunista del come realizzare la tappa storica, definendo
la strategia della LA come quella adeguata a condurre lo scontro rivoluzionario
in queste condizioni storiche, che ha il suo perno nell'assunzione del piano
di guerra contenuto nello scontro, cioè nella concezione dell'unità
del politico e del militare. Unità che costituisce una rottura storica
rispetto al modello insurrezionale e che ha riaperto i processi rivoluzionari
in più paesi del centro imperialista, superando l'impraticabilità
di quelle attività rivoluzionarie perseguite a partire dal solo piano
politico i cui tentativi si armavano nell'impigliamento della spinta rivoluzionaria
nei meccanismi della democrazia borghese, che la incanalava sul terreno riformista
e revisionista. L'unità del politico e del militare che guida la strategia
e la progettualità rivoluzionaria nella guerra di classe di lunga durata
consente di impattare il piano di guerra insito nell'involucro politico proprio
alla forma del governo del conflitto di classe ponendo in essere il principio
offensivo proprio della guerriglia contenuto in ogni iniziativa di combattimento,
che consente di costruire il vantaggio strategico sullo Stato e la borghesia.
L'agire nell'unità del politico e del militare fa sì che l'avanguardia
combattente possa indebolire lo Stato attaccando militarmente i suoi progetti
politici centrali che concretizzano la sua azione politica nel conflitto che
lo oppone al proletariato. Da qui la possibilità di incidere sui rapporti
di forza per modificarli a favore del proletariato. Nel rapporto Stato/rivoluzione,
per come si è evoluto nell'epoca contemporanea si è trattato per
l'avanguardia del proletariato di assumere coscientemente il dato storico che
solo la sua azione soggettiva può introdurre nello scontro, con l'iniziativa
offensiva, le condizioni politiche per organizzare la classe sulla LA e trasformare
la lotta di classe in guerra di classe. Un'azione trasformatrice che attesta
l'aumentato peso della soggettività rivoluzionaria, a cui spetta aprire,
promuovere, organizzare il processo rivoluzionario in qualsiasi condizione si
trovi lo scontro. La strategia della LA definisce le peculiarità di conduzione
del processo rivoluzionario nonché le modalità della sua direzione
nel quadro di una guerra di classe necessariamente di lunga durata che procede
per fasi non definibili a priori, in quanto ogni fase è prodotto degli
esiti di quella precedente, per avanzare sulla linea della rivoluzione in un
andamento non lineare, fatto di avanzate e ritirate, successi e sconfitte, attraverso
salti e rotture nei rapporti di forza generali. Una guerra di classe che per
sua essenza è una guerra senza fronti, che non può conquistare
né conservare zone liberate, né avere retroterra strategici, e
che si sviluppa dall'inizio alla fine in condizioni di accerchiamento strategico
e che, non potendo accumulare forza politica da riversare poi sul piano militare,
non possiede spazi politici diversi da quelli che la guerriglia si conquista
per esistere e avanzare e per attestare le forze organizzate. L'unità
del politico e del militare è come una matrice che informa tutti gli
aspetti del processo rivoluzionario, a partire dal nodo del Partito Comunista
Combattente che nella guerra di classe non può essere fondato ma va costruito
e fabbricato nel corso stesso dello sviluppo del processo rivoluzionario. In
questa quadro la direzione dello scontro è esercitata fin dall'inizio
dall'OCC che agisce da Partito per costruire il Partito, fintanto che non siano
costruiti e maturati i termini di precisazione programmatica relativi alla disposizione
delle strutture politico-militari in cui sono organizzati gli strati di classe
sulla lotta armata. In altri termini, "... il processo di costruzione politico-programmatica
e di fabbricazione organizzativa del Partito Combattente non è affatto
lineare, evoluzionistico, affidato al tempo, ma al contrario un processo discontinuo,
dialettico, prodotto cosciente di un'avanguardia politico-militare che, nel
complesso fenomeno della guerra di classe, afferma la validità della
prospettiva strategica e del programma comunista e che sostiene l'adeguatezza
dello strumento organizzativo necessario per realizzarlo." (D.S.2) In questo
senso le BR-PCC sono un'Organizzazione Comunista Combattente che opera come
un esercito rivoluzionario, reparto avanzato del proletariato che si dispone
sulla LA, una OCC strutturata secondo moduli politico-organizzativi che regolano
le istanze inferiori e superiori secondo il centralismo democratico, la cui
militanza regolare e irregolare assume i principi di clandestinità e
compartimentazione quali principi offensivi della guerriglia.
La strategia della LA ha configurato il rapporto Stato/rivoluzione in termini
di distruzione dello Stato/costruzione del Partito Comunista Combattente; all'interno
di questo rapporto e a partire dalla prassi rivoluzionaria si afferma ed evolve
l'autonomia politica del proletariato che, diretto dal PCC, si organizza come
classe per sé e costruisce la forza per conquistare il potere. Le forme
di dominio dell'imperialismo a cui la strategia della LA si riferisce per condurre
un processo rivoluzionario vincente finalizzato ad abbattere lo Stato e conquistare
il potere politico, sono anche il piano da cui è derivata l'innovazione
della tappa storica nel senso che questa può essere perseguita solo all'interno
di un'attività antimperialista che indebolisca fino alla crisi il sistema
imperialista. La guerra di classe è cioè fin dal suo inizio antimperialista
e questa linea di combattimento è propria della pratica delle BR, che
perseguono la concretizzazione della proposta del FCA come organismo politico-militare
che realizzi l'alleanza tra le forze rivoluzionarie dell'area geopolitica per
costruire offensive comuni contro le politiche centrali dell'imperialismo. Politica
di alleanze che non può avere preclusioni verso le differenti impostazioni
e finalità delle forze rivoluzionarie, per perseguano l'obiettivo di
classe o di popolo, per saldare soggettivamente nella pratica del Fronte l'unità
oggettiva che esiste tra il proletariato metropolitano e i popoli della regione
suoi naturali alleati contro il comune nemico: l'imperialismo. Obiettivo, quello
del Fronte, che non sostituisce la necessità storica dell'unità
internazionale dei comunisti basata sulla discriminante della strategia della
LA.
Il rilancio della strategia della LA nel quadro della discontinuità
del precorso rivoluzionario verificatosi negli anni '90 ha come tratto distintivo
la riproposizione su un piano più avanzato di tutti gli aspetti del processo
rivoluzionario, che fornisce alle avanguardie di classe e al proletariato i
termini complessi e complessivi di come questo si è sviluppato e deve
essere condotto oggi nelle attuali condizioni di scontro, in cui è centrale
la problematica delle fratture soggettive che investe le avanguardie di classe
per assumere il terreno rivoluzionario.
Un quadro di scontro rivoluzionario, quello degli anni '90, in cui un contributo
politico è stato dato dai militanti d'Organizzazione e rivoluzionari
prigionieri che, misurandosi con l'assenza di attività rivoluzionaria
d'Organizzazione, hanno ritenuto di adeguare il profilo della militanza per
esprimere in termini propositivi e non difensivi le attestazioni maturate dalle
BR-PCC nella fase di Ricostruzione delle forze, per essere all'altezza cioè
di rappresentarle per come queste attestazioni hanno caratterizzato il terreno
rivoluzionario. Fuori da ogni logica di "supplenza" all'assenza di
attività di Organizzazione, si è trattato di calibrare la condotta
politica ai caratteri assunti dallo scontro rivoluzionario dentro l'approfondimento
della contraddizione rivoluzione/controrivoluzione per far vivere confacentemente
la propria identità di Partito. Proprio perché la militanza rivoluzionaria
in prigione svolge sempre una sua funzione dentro il terreno rivoluzionario,
diviene in questo momento storico politicamente importante esplicitare quali
dinamiche, contraddizioni, problematiche investono il profilo della militanza
in relazione alle diverse circostanze nello scontro, considerato come nella
discontinuità sia venuta meno quella trasmissione di esperienza tra la
prigionia e il terreno rivoluzionario, che viveva in precedenza. E ciò
affinché il patrimonio di esperienze maturato su questo piano durante
il processo rivoluzionario torni a far parte del più generale patrimonio
sviluppato oggi in termini di continuità-critica-sviluppo dall'Organizzazione
in attività, quale strumento rivoluzionario fruibile per le avanguardie
che si dispongono sulla LA, perché la prigionia politica è parte
dello scontro rivoluzionario e in quanto tale aspetto integrante del terreno
della guerra di classe, motivo per cui nella prigionia il ruolo politico del
militante non cessa, né si staticizza ma si conforma alla "nuova
situazione". Ed è precisa responsabilità politica del militante
far vivere in questa situazione il suo essere espressione della soggettività
rivoluzionaria per come questa si attesta in attività. Una volta prigioniero,
il militante rivoluzionario diviene una figura pubblica della rivoluzione, un
dato politico che ha una duplice implicazione: da una lato lo Stato, avendo
nelle sue mani il militante in condizione di ostaggio, utilizza sul piano controrivoluzionario
questa figura; per contro il militane la fa vivere rappresentando e propagandando
le posizioni rivoluzionarie, e in ciò contrappone allo Stato la sua identità
rivoluzionaria. Se questa è la costante politica della prigionia, il
modo in cui il militante svolge il suo ruolo politico rispecchia l'andamento
dello scontro rivoluzionario, ragione per cui il profilo della militanza si
è andato storicamente a definire intorno agli snodi della contraddizione
rivoluzione/controrivoluzione e ai caratteri delle fasi rivoluzionarie.
A grandi linee si può dire che alla fase della PA, caratterizzata dal
movimento offensivo del processo rivoluzionario nel suo complesso, ha corrisposto
un profilo politico della militanza in prigione che, ricevendo lo slancio e
la forza propulsiva dalla guerriglia in attività, la restituiva amplificata
sul piano della condotta pubblica e nella vita politica carceraria. Una dinamica
politica che in quella fase ha fatto dei prigionieri anziché un punto
di debolezza in quanto ostaggi, un punto di forza della LA tanto che, per come
i prigionieri si sono dialettizzati al terreno di scontro, hanno trasformato
"il carcere imperialista in un fronte della guerra di classe". Alla
fase di RS che segna l'arretramento delle posizioni rivoluzionarie e di classe
a seguito della controffensiva dello Stato, è corrisposto un profilo
politico della militanza che ha avuto nella tenuta delle posizioni rivoluzionarie
dell'Organizzazione e nella battaglia per la loro difesa le sue caratteristiche
principali.
Fasi rivoluzionarie queste i cui caratteri in sintesi tratteggiano il profilo
storico della militanza in prigione, profilo che si è affermato non in
modo lineare e automatico ma come risoluzione di problematiche e contraddizioni
che non sono altro da quelle che si sono presentate sul terreno dello scontro
rivoluzionario e di classe nella fasi di avanzamento e di ritirata del processo
rivoluzionario, filtrate dalla condizione peculiare del prigioniero. Condizione
che scaturisce dalla sua duplice essenza: sia di parte caduta che di fianco
debole della guerriglia, cioè concretizzazione dell'azione dello Stato
sulla guerriglia, che neutralizza il combattente comunista, e insieme sua trasformazione
in ostaggio. Una condizione di intrinseca debolezza data dal fatto che il militante
prigioniero deve fronteggiare l'azione dello Stato privo della dimensione organizzata
come quando è in attività, di contro allo Stato che gli si rapporta
come individuo, facendogliene pesare la limitatezza. Condizioni immanenti, oggettivamente
portatrici di lento logoramento, a prescindere dal segno della fase rivoluzionaria,
che fanno filtrare in modo peculiare le contraddizioni che provengono dallo
scontro rivoluzionario. E' dentro questa materialità che si calano le
scelte soggettive del militane prigioniero, perciò stesso suscettibile
di esprimere limiti e contraddizioni, ma anche risoluzioni politiche in avanti
per far vivere adeguatamente la funzione rivoluzionaria richiesta dallo scontro.
La prima lezione che impara l'Organizzazione, e per primi i suoi militanti in
prigione, è che essi non possono mantenere le medesime prerogative che
avevano in attività, relative a contribuire alla definizione delle linee
politico-programmatiche all'interno di una strutturazione gerarchica ricalcante
quella dell'Organizzazione in attività, e questo perché nella
condizione di prigionia la mancanza della prassi favorisce la teorizzazione
soggettivistica, che porta a linearizzare tendenze e contraddizioni. Un dato
valido in generale ma soprattutto per la guerriglia che agisce nell'unità
del politico e del militare, le cui linee politico-programmatiche sono il prodotto
della prassi-teoria-prassi, la sola che consente di verificarne giustezza e
adeguatezza. L'influenza negativa sull'attività rivoluzionaria delle
tesi elaborate in prigione, esemplificata nell'80 con "L'ape e il comunista",
ha comportato la drastica misura di esonerare i prigionieri da queste prerogative
e conseguentemente farne decadere il livello organizzato. Una misura necessaria
per sanare il problema della ricaduta dell'elaborazione dei prigionieri sulla
Linea Politica d'Organizzazione, ma che non va a fondo delle ragioni della tendenza
alla teorizzazione soggettiva, in quanto la separatezza del prigioniero dalla
prassi, se è all'origine della sua parzialità politica, si è
dimostrata essere solo un aspetto fenomenico della contraddizione. Infatti il
vincolo ai militanti prigionieri di attenersi a quanto espresso dall'Organizzazione
non ha evitato il riproporsi della contraddizione, che si ripresenta nel quadro
della RS con ben altro portato dirompente, a fronte del mutamento della contraddizione
rivoluzione/controrivoluzione a sfavore del campo rivoluzionario, per come questo
mutamento ha investito in termini di contraddizioni l'Organizzazione in attività
e i prigionieri. Contraddizioni riconducibili alle ripercussioni dell'arretramento
delle forze rivoluzionarie scaturito dalla controffensiva dello Stato che genera
defezioni, demoralizzazione e difensivismo e che si è tradotto sul piano
politico dell'Organizzazione in una battaglia politica per espellere le tesi
liquidazioniste, contraddizioni che al contempo hanno attraversato la prigionia
con una dinamica accelerata e amplificata dalla sfiducia e dal senso della sconfitta.
Un contesto che ha visto una parte di militanti prigionieri consumare dentro
una dinamica di gruppo passaggi politici che porteranno alle tesi liquidazioniste,
fuori ancora latenti, fina a darne forma politica compiuta che riversandosi
sull'Organizzazione in attività, costituirà la piattaforma politica
della posizione che sarà espulsa.
In quanto prodotto dello scontro la dinamica difensivistica ha investito in
generale la condizione politica della prigionia, ma le sue conseguenze in negativo
non erano e non sono ineluttabili come è dimostrato dalla condotta di
quei militanti prigionieri che vi si sono contrapposti dandone una risoluzione
in positivo. Militanti che hanno fronteggiato con una dura battaglia politica
le posizioni liquidazioniste, a partire dal tenere fermi i contenuti d'Organizzazione
nel riferimento all'impianto strategico e ai primi elementi di ricentramento
impliciti nell'atto di apertura della RS, assumendosi la responsabilità
di fare emergere pubblicamente questo nodo. Questi militanti hanno così
dato un contributo fondamentale alla tenuta rivoluzionaria delle posizioni delle
BR-PCC in un passaggio critico della vita d'Organizzazione, assumendo scelte
e decisioni proprie all'essere espressione della soggettività rivoluzionaria
anche da prigionieri, con l'unico criterio di riferirsi alle necessità
di difendere, in quel momento del processo rivoluzionario, l'impianto strategico
e il passaggio compiuto con la RS. Un contributo che non fu subito capito dall'Organizzazione,
attraversata com'era dalla medesima contraddizione, ma che in seguito è
stato per essa oggetto di riflessione e insegnamento circa le dinamiche politiche
della prigionia e di come queste sono legate in modo peculiare alla realtà
del terreno rivoluzionario, comprendendo come l'allentamento e sganciamento
dai riferimenti politici sviluppati dalla prassi d'Organizzazione sono originati
da come grava la contraddizione rivoluzione/controrivoluzione nella condizione
d'ostaggio, da cui si apre lo spazio perché questi riferimenti si indeboliscono
e siano sostituiti dal pensiero soggettivistico. Da questa esperienza si è
affermato il dato generale che il prigioniero rivoluzionario vincola le scelte
politiche al principio discriminante di essere funzionale e subordinato alle
esigenze e priorità del processo rivoluzionario per come vengono definite
dall'Organizzazione in attività. I compagni che condussero questa battaglia
e che capirono per primi l'immanenza di queste dinamiche sintetizzarono in un
documento quanto se ne traeva circa il senso da dare all'identità di
Partito in prigione, riallacciandosi alle premesse generali individuate dall'Organizzazione
nella Risoluzione della Direzione Strategica del '78. Identità di Partito
che vive appunto ricomponendo la propria parzialità alle risoluzioni
complessive che opera l'Organizzazione in attività. Identità di
Partito che è altresì la negazione delle logiche di gruppo che
tendono a prodursi nelle relazioni politiche tra prigionieri, col risultato
che va a prevalere il riferimento a ciò che elabora il gruppo a scapito
delle Tesi d'Organizzazione. Più in generale questi militanti hanno stabilito
un punto fermo circa la risoluzione del problema della parzialità del
prigioniero, e tuttavia l'esperienza ha dimostrato che il mero problema della
parzialità non è la causa della teorizzazione soggettivistica,
in quanto questa è espressione dell'introiezione del distacco politico
del prigioniero dalla realtà dello scontro rivoluzionario, come esito
in generale della sfiducia alimentata dal logoramento strisciante proprio alla
condizione di ostaggio, in particolare delle condizioni sfavorevoli dello scontro
rivoluzionario e di classe.
Il prolungarsi nella RS, di uno stato politico del terreno rivoluzionario segnato
dalle conseguenze della controrivoluzione sul piano del ridimensionamento delle
forze rivoluzionarie e del più generale arretramento delle posizioni
proletarie, ha corroborato le dinamiche difensivistiche sui militanti d'Organizzazione
e rivoluzionari prigionieri, incidendo in termini di uno strisciante logoramento
che ha avuto una generale manifestazione nelle condotte politiche "passive",
espressione obiettiva di una lenta erosione dell'aderenza della propria collocazione
agli effettivi caratteri del processo rivoluzionario relativamente al riadeguamento
e alla Ricostruzione operati dalle BR-PCC dei cui effettivi termini sfuggiva
la percezione materiale. Una condotta passiva che pur nel mantenimento elle
posizioni rivoluzionarie, ha portato a ridurre ai minimi termini il profilo
della militanza d'Organizzazione e rivoluzionaria, un basso profilo espressione
in ultima analisi del divaricarsi del pensiero dei prigionieri dalle concezioni
sviluppate dall'Organizzazione nella prassi, entro cui il riferimento "ortodosso"
alle posizioni d'Organizzazione è andato a "svuotarsi" sostanzialmente
e di conseguenza sono rispuntate le letture soggettivistiche come metro di misura
della realtà politica, sociale e rivoluzionaria. La riduzione ai minimi
termini della condotta politica è dunque indice di una tenuta a carattere
resistenziale che si è dimostrata essere intrinsecamente limitata ad
affrontare le contraddizioni che lo scontro riversa sulla prigionia, ma soprattutto
ad assumere quello che la prassi rivoluzionaria pone nello scontro; perciò
stesso è una contraddizione politica che va a menomare la capacità
di rappresentanza rivoluzionaria nonché la piena identità politica
di Partito. Con gli arresti dell'88-89 il panorama politico della prigionia
entra in una fase di mutamento del quadro delle contraddizioni esistenti: da
un lato le operazioni antiguerriglia inducono nei compagni già prigionieri
la convinzione che fosse giunto al termine un ciclo del processo rivoluzionario
con conseguente accentuazione del difensivismo e della estraniazione dalla realtà
dello scontro base di contraddizioni idealistiche e soggettivistiche. Dall'altro
i militanti arrestati, forti dall'aver affrontato nello scontro le problematiche
difensivistiche grazie al riadeguamento e agli avanzamenti complessivi prodotti
dall'Organizzazione, e dunque forniti di una visione più concreta e prospettica
dell'andamento del processo rivoluzionario, assumono fin dall'inizio una condotta
che si demarca da quella resistenziale e minimale. Una scelta che ridà
forza al profilo politico della militanza in prigione, ripristinando il significato
sostanziale della rappresentanza dei contenuti rivoluzionari, rimarcando la
loro propositività e complessità soprattutto assunti come riferimento
per valutare e decidere la condotta adeguata alle necessità dello scontro,
relativamente alle contraddizioni e problematiche del terreno rivoluzionario
a seguito degli arresti. Ciò ha consentito di misurarsi con l'inevitabile
contraccolpo difensivistico intrinseco alla portata delle catture, dando la
risoluzione soggettiva adeguata a proiettare la continuità e validità
del processo rivoluzionario e le sue attestazioni più avanzate. Gli atti
e le scelte dei prigionieri che negli anni '90 hanno dato al profilo della militanza
un connotato più aderente alla realtà del piano rivoluzionario
attestato vanno considerati come risoluzioni parziali di contro alle spinte
a una tenuta resistenziale a cui tutti sono soggetti, come fanno testo le contraddizioni
che abbiamo espresso nel misurarci con le problematiche del terreno rivoluzionario,
che hanno avuto il loro apice nel rivendicare un'iniziativa rivoluzionaria,
quella alla base USA di Aviano, estranea alla prassi e concezioni d'Organizzazione.
Ciò per le caratteristiche della prigionia politica, soggetta alle dinamiche
difensivistiche e di logoramento intrinseche alla condizione di ostaggio di
lunga durata, problematica su cui grava il consolidamento del dato controrivoluzionario
nelle relazioni generali tra le classi. Ragioni di fondo per cui il mantenimento
di un profilo politico della militanza adeguato al reale evolvere del rapporto
rivoluzione/controrivoluzione non è un dato lineare né scontato,
nemmeno in un contesto dello scontro rivoluzionario come quello attuale caratterizzato
favorevolmente dalle iniziative offensive interne al rilancio della strategia
della LA. In particolare il rilancio ha posto ai militanti d'Organizzazione
la necessità di riqualificare il proprio ruolo politico come terreno
per ristabilire un rapporto sostanziale con i contenuti posti dall'Organizzazione
nello scontro che, nel quadro della prigionia che abbiamo analizzato, è
tutt'altro che risolvibile come una acquisizione dei termini aggiornati della
linea politico-programmatica d'Organizzazione, fuori cioè dal rapportare
questo obbiettivo alla materialità della condizione dei prigionieri,
investita com'è dalle spinte difensivistiche che tendono inevitabilmente
a ripresentarsi e ad alimentare la "tenuta resistenziale" la cui intrinseca
limitatezza si oppone a questa riqualificazione portandola su un terreno idealistico
di mera assunzione teorica.
La presa di coscienza di questa problematica e delle sue implicazioni, nonché
della necessità e possibilità di darne di volta in volta una risoluzione
in positivo, è il piano di disposizione da cui partire per dare in generale
il proprio contributo al processo rivoluzionario, in particolare per affrontare
la riqualificazione dell'identità di Partito che ha il suo perno nella
messa al centro nella propria condotta del saldo riferimento al punto di vista
più avanzato prodotto dall'Organizzazione nel processo rivoluzionario
quale leva della tenuta sostanziale e chiave di lettura per collocare gli avvenimenti
e valutare le scelte più appropriate ad essi. Un saldo legame questo
che è risultato essere il punto di forza per orientare la propria condotta,
anche nel periodo di assenza dell'iniziativa rivoluzionaria dell'Organizzazione.
Pertanto il profilo politico da dare alla condotta militante non può
che scaturire dalla dialettica con gli indirizzi e le discriminanti che le BR-PCC
hanno introdotto nello scontro, in quanto questi costituiscono il dato operante
in termini politici e strategici sul piano rivoluzionario e nei rapporti di
classe, e perciò un dato che deve vivere e caratterizzare la funzione
politica nello scontro del militante prigioniero; motivo per cui è sua
precisa responsabilità saper essere espressione della soggettività
rivoluzionaria per com'è attestata nello scontro per rappresentare e
sostenere adeguatamente le posizioni d'Organizzazione, nonché per stabilire
una disposizione cosciente sugli effettivi termini della contraddizione rivoluzione/controrivoluzione
in cui obiettivamente siano inseriti, per far fronte alle sue problematiche
che inevitabilmente investono anche i prigionieri, un posizionamento presupposto
per la riqualificazione sostanziale sui contenuti d'Organizzazione.
- Attaccare e disarticolare il progetto antiproletario e controrivoluzionario
di rimodellazione economico-sociale neocorportativa e di riforma dello Stato.
- Organizzare i termini politico-militari per ricostruire i livelli necessari
allo sviluppo della guerra di classe di lunga durata.
- Attaccare le politiche centrali dell'imperialismo, dalla linea di coesione
europea, ai progetti e alle strategie di guerra e controrivoluzionari diretti
dagli USA e dalla Nato.
- Promuovere la costruzione del Fronte Combattente Antimperialista.
- Trasformare la guerra antimperialista in avanzamento della guerra di classe.
- Onore al militante delle BR-PCC Mario Galesi, caduto in combattimento.
- Onore a tutti i compagni e combattenti antimperialisti caduti.
- Proletari di tutto il mondo uniamoci.
Roma, 9 ottobre 2003
I militanti delle BR-PCC:
Maria Cappello
Tiziana Cherubini
Franco Grilli
Flavio Lori
Fabio Ravalli
La militante rivoluzionaria
Vincenza Vaccaro