Biblioteca Multimediale Marxista
Documento allegato agli atti del processo “esproprio-Hunt”
Seconda corte d’Assise del Tribunale di Roma, udienza del 24/09/2002.
Roma, settembre 2002
Ci sono stati nel nostro processo rivoluzionario snodi cruciali nel rapporto rivoluzione/controrivoluzione
che hanno richiesto all’avanguardia comunista combattente il necessario
processo di riadeguamento nella definizione e precisazione degli indirizzi politici
di fase per poter assolvere alla funzione di direzione rivoluzionaria dello scontro
per poter condurre adeguatamente la guerra di classe di lunga durata.
Nei primi anni ’80 la scelta di aprire ad una nuova fase rivoluzionaria,
la Ritirata Strategica (RS) operata dalle BR-PCC, fu determinante per affrontare
lo scontro rivoluzionario, per sostenerlo e rilanciarlo sul piano della guerra
di classe, in relazione alle condizioni dettate dalla controrivoluzione in un
contesto di cambiamenti più generali legati alla crisi recessiva generalizzata,
che richiedeva la pacificazione dello scontro. Una scelta che si è imposta
come terreno discriminante lo schieramento del movimento rivoluzionario e su cui
si sono definiti i termini più adeguati della disposizione sulla Lotta
Armata (LA) delle avanguardie più mature. Anche agli inizi degli anni ’90,
all’indomani delle operazioni antiguerriglia dell’88-89, a fronte
dei processi di consolidamento, nello scontro di classe e rivoluzionario, delle
dinamiche controrivoluzionarie interne ed internazionali, la scelta compiuta dall’avanguardia
com. comb. di avviare lo stadio aggregativo (SA), finalizzato al rilancio dell’iniziativa
rivoluzionaria e ricostruzione delle forze per l’offensiva, ha complessivamente
fatto avanzare i termini di sviluppo della guerra di classe nella capacità
di sostenerla e condurla su basi più avanzate.
Gli indirizzi politici, programmatici dello SA si sono confrontati con i nodi
politici di contraddizione emersi dalle condizioni politiche danneggiate e disperse
dal processo controrivoluzionario dell’evolvere del rapporto di scontro
tra classe e Stato, relativamente alla discontinuità di attacco, alla difensiva
di classe e alle condizioni e contraddizioni proprie alla soggettività
rivoluzionaria, in quanto parte dello scontro generale. Si è trattato di
misurarsi con la necessità di immettere nei nodi centrali di scontro il
“dato politico assente” dell’espressione dell’autonomia
politica di classe attraverso l’esercizio di un ruolo d’avanguardia
che collocasse l’interesse del proletariato e la sua prospettiva di potere
nello scontro generale tra le classi, andando a selezionare i termini complessivi
idonei ad affrontare il nodo della ricostruzione delle forze per l’offensiva
e dell’Organizzazione Comunista Combattente (OCC).
E’ proprio nell’affrontare il quadro di scontro nelle sue determinazioni
principali, che l’avvio dello SA, sintetizzato nell’agire d’avanguardia
dei Nuclei Comunisti Combattenti (NCC), a partire dalle iniziative offensive contro
la Confindustria del ‘92 e il Nato Defence College del ’94, si è
qualificato come scelta fondamentale e dirimente nel dare risoluzione ai nodi
politici e alle priorità poste sul piano rivoluzionario, a precisare ed
affrontare i compiti inerenti alla Fase di Ricostruzione (RIC.) e dare adeguata
continuità al processo rivoluzionario. Infatti l’agire d’avanguardia
dei NCC, assumendo il terreno del riadeguamento operato dalle BR-PCC nel corso
della RS e gli indirizzi propri alla fase di Ric., e ricollocandoli nello scontro,
ha definito la progettualità che, rapportandosi alla complessificazione
data sul piano della Ric. dal quadro di contraddizioni dello scontro, ha incardinato
i processi politico-militari e i livelli di costruzione/formazione della soggettività
rivoluzionaria nella coscienza del ruolo indispensabile che nella guerra di classe
svolge l’OCC che agisce da Partito per costruire il Partito (P.).
Per gli indirizzi perseguiti, gli intendimenti e i riferimenti a base dell’agire
politico strettamente aderente ai caratteri generali della fase di Ric. e alla
concezione organica di sviluppo della guerra di classe, nonché per i termini
politici, tattici e strategici dell’attuale fase di scontro, la prassi d’avanguardia,
con l’avvio dello SA, ha caratterizzato in un quadro di obiettiva continuità
del processo rivoluzionario, il piano di riadeguamento necessario dell’avanguardia,
quale snodo fondamentale per dare adeguato sviluppo e proseguimento alla fase
di Ric. e quale passaggio centrale che segna l’avanzamento qualitativo nella
costruzione dei livelli necessari allo sviluppo della guerra di classe di lunga
durata rispetto ai cui indirizzi sono stati incanalati i processi aggregativi
e i livelli di ricostruzione manifesti nella odierna direzione rivoluzionaria
dello scontro espressa dalla nostra Organizzazione (O.).
E’ infatti in questo complesso quadro progettuale che si colloca, come primo
punto di sintesi e rivoluzione delle problematiche della fase rivoluzionaria,
l’attacco al cuore dello Stato del ’99 contro M. D’Antona, per
indebolire il progetto neocorporativo con cui le BR-PCC hanno rilanciato nello
scontro generale la strategia della LA, rilancio indirizzato ad aprire un varco
offensivo nella difensiva di classe, che ha fatto avanzare i processi aggregativi
sul piano della formazione e disposizione della soggettività rivoluzionaria,
funzionale ad acquisire i ruoli militanti complessivi e la collocazione idonea
sul programma e di assestamento dell’OCC e di costruzione del Partito Comunista
Combattente (PCC), dinamica di ulteriore costruzione che ha reso possibile l’attacco
del 19-3-02 contro M. Biagi.
I criteri, gli indirizzi politico-militari e le finalità dello SA sono
obiettivamente il terreno discriminante a disposizione delle forze rivoluzionarie
per essere adeguate ad assumere gli attuali termini dello scontro contro lo Stato
e la Borghesia Imperialista (BI), e in questo senso lo è anche per i militanti
d’Organizzazione e rivoluzionari prigionieri in quanto parte del contesto
di scontro.
A nostro avviso riteniamo che per assumere questa discriminante non sia sufficiente
la mera “adesione” alle risultanze delle iniziative offensive contro
M. D’Antona e M. Biagi, al contrario si tratta di avviare un processo politico
di disposizione ideonea che può darsi solo a partire dalla presa d’atto
delle contraddizioni e delle dinamiche politiche che la discontinuità d’attacco
ha introdotto nello scontro rivoluzionario e di classe, per come queste si sono
riflesse in termini di contraddizioni e limiti politici sui prigionieri.
Lo SA e le sue problematiche, prima di tutto le risultanze poste dalle BR-PCC,
permettono di collocare e affrontare la reale natura delle contraddizioni e limiti
che in forma latente o manifesta hanno attraversato e attraversano l’ambito
rivoluzionario dei prigionieri. Contraddizioni che hanno investito la stessa valutazione
dell’iniziativa d’attacco contro M. D’Antona, vista da larga
parte dei prigionieri come il punto di partenza del rilancio del processo rivoluzionario,
dopo l’”interruzione” seguita alle catture dell’88-89,
non cogliendo di conseguenza il significato del bilancio che le BR-PCC hanno fatto
del processo storico-reale della Ric. in questi 10 anni, e delle problematiche
connesse allo SA presenti fin dalla iniziative dei NCC del ’92 e ’94.
Contraddizioni e limiti di origine vecchia e nuova che assommano contraddizioni
irrisolte nell’ambito dei rivoluzionari prigionieri durante tutto un percorso
della RS, con quelle maturate nel confronto con la discontinuità, producendo
meccanismi e dinamiche politiche di carattere difensivistico, sfociate in uno
scollamento dalla disposizione adeguata all’evolvere dello scontro rivoluzionario
e ai suoi reali processi politici. Meccanismi di sottrazione agli esiti dello
scontro a cui vanno sostanzialmente ricondotte contraddizioni di tipo idealistico
e soggettivistico.
L’idealismo ha attraversato gran parte dei prigionieri, per i quali il riferimento
alla progettualità strategica e al riadeguamento operato nella RS dalle
BR-PCC, pur costituendo punto fermo, ha perso nella discontinuità la connessione
con la visione storica e unitaria del movimento del processo rivoluzionario, scontando
in ciò il fatto che il riadeguamento è stato assunto idealisticamente,
disancorato cioè dal processo materiale che ha visto prodursi nello scontro
un’avanzamento strategico per parte rivoluzionaria, collocando di fatto
la fase di Ric. in un ambito oggettivo, svilendo i suoi caratteri dinamici e avanzati
inseriti nella concretezza della RS, con la conseguenza di aprire la strada ad
una visione meccanicistica e riduttiva del processo rivoluzionario, nell’aspettativa
“dell’inevitabile ripresa” a partire dal punto più alto
dello scontro. Contraddizione idealistica che si è riflessa sulla disposizione
militante dei prigionieri, matrice di scalibramenti nel leggere e collocare in
modo compiuto e adeguato i processi politici reali posti dall’avanguardia
com. comb. che si misurava con le problematiche inerenti la fase di scontro e
la discontinuità, fino a produrre oscillazioni nell’identità
di Partito.
La contraddizione soggettivista è quella che più propriamente ha
assommato in sé il quadro di contraddizioni maturate nella RS e quelle
scaturite all’indomani delle operazioni antiguerriglia dell’88-89,
palesandosi in pieno nella discontinuità. In particolare questo tipo di
contraddizione ha portato a collocare le risultanze del processo di riadeguamento
delle BR-PCC, l’apertura della fase di Ric., e, a conferma, gli stessi eventi
dell’88-89, come elementi interni ad una parabola discendente del percorso
rivoluzionario, di fatto marginalizzando e aggirando l’importanza del riadeguamento
quale fattore di evoluzione e termine agente nei rapporti di scontro, e dunque
discriminante il terreno rivoluzionario d’avanguardia, proprio all’approfondimento
per parte rivoluzionaria della contraddizione rivoluzione/controrivoluzione. Riadeguamento
quale termine più avanzato di progettualità rivoluzionaria entro
cui gli stessi capi saldi strategici trovano immediato riferimento ai contenuti
che li sostanziano e li rendono praticabili, in una precisa visione di sviluppo
del processo rivoluzionario in guerra di classe, in cui la teoria-prassi operata
nel corso della RS e della Ric. è stata tesa a misurarsi e a risolvere
le contraddizioni immesse dalla controrivoluzione e dal ripiegamento per rilanciare
lo scontro in avanti. Le posizioni soggettiviste, di fronte alle ulteriori contraddizioni
prodotte dalla discontinuità e dai caratteri di evoluzione dello scontro,
hanno di fatto operato una cesura col processo di riadeguamento e le sue risultanze,
in particolare invalidando i presupposti stessi della RS e gli indirizzi propri
della fase di Ric., aprendo a concezioni politiche espressioni dell’arretramento
difensivistico prodottosi sul piano politico nella visione e relativa disposizione
militante intorno alle problematiche della fase rivoluzionaria all’indomani
delle operazioni antiguerriglia 88-89. A seguito di queste operazioni, nei fatti,
queste posizioni hanno considerato concluso un arco di esperienza del processo
rivoluzionario, concependo così i termini del suo affrontamento su presunte
differenti basi politiche, finendo per riproporre, se pure in forma “aggiornata”,
quelle logiche proprie al combattentismo e al movimentismo lottarmatista, già
a suo tempo battute dalle BR nel corso del processo rivoluzionario. Logiche politiche
che hanno trovato espressione nell’eclettismo sul piano teorico e politico,
invalidando la visione d’insieme dell’andamento storico-concreto del
nostro processo rivoluzionario ed in particolare relativizzando il portato degli
avanzamenti stabiliti dalla teoria-prassi delle BR nella conduzione della guerra
di classe. Posizioni che hanno dato corpo ad una particolare impostazione politica
fondata principalmente sull’empirismo nella pratica d’avanguardia,
assunto tra l’altro a metro di “selezione naturale” verso l’adeguata
disposizione nello scontro rivoluzionario, motivo di fondo per cui questa contraddizione
è quella che maggiormente ha alimentato la lettura delle ipotesi del rilancio
in termini evolutivi e gradualistici della soggettività rivoluzionaria
e dello stesso processo rivoluzionario.
L’esistenza di queste contraddizioni e limiti nella militanza in prigione
ha comportato l’impossibilità di riconoscere e considerare appieno
i NCC per il ruolo che questa avanguardia com. comb. ha effettivamente svolto
nella fase di Ric. delle forze all’indomani delle operazioni antiguerriglia
’88-89; questo sia per quella parte dei prigionieri che hanno espresso la
contraddizione idealistica, che ha colto solo l’aspetto fenomenico delle
iniziative dei NCC, in base al quale ha collocato su piani distinti e separati
il “livello” posto in essere dalle iniziative combattenti ed il riferimento
strategico e politico rilanciato nello scontro agganciando gli indirizzi politici
delle iniziative di rilancio dalla relazione con i processi politici concreti
avviati sul terreno della ricostruzione delle forze, sia per quella parte dei
prigionieri che ha incarnato la contraddizione soggettivista che ha considerato
gli NCC come un tentativo di rilancio tra gli altri, e per di più nemmeno
adeguato, secondo la propria lettura delle dinamiche dello scontro e dei processi
di ricostruzione stessi.
Porsi il problema di misurarsi con queste contraddizioni, e dunque di sciogliere
il nodo di come sono stati considerati i NCC e conseguentemente assumere tutto
il bilancio della fase di Ric., non è una questione di mera autocritica
riferita al passato, pur essendo anch’essa rilevante sul piano della coerenza
rivoluzionaria, ma è propriamente problema dell’oggi, cioè
del corretto rapporto che va stabilito con le iniziative offensive delle BR-PCC
a partire dalla posizione e dal ruolo che come militanti e rivoluzionari prigionieri
occupiamo nello scontro. L’omissione di questo nodo equivarrebbe a riprodurre
letture gradualistiche ed evoluzioniste del processo rivoluzionario in generale,
più in specifico la mancata chiarificazione del ruolo dei NCC nel processo
di ricostruzione avallerebbe la valutazione di un’avanguardia cresciuta
per gradi di coscienza, valutazione che non solo svilisce il bilancio complessivo
operato dalle BR-PCC sulla fase di Ric., riducendolo a proiezione di uno specifico
percorso compiuto dall’avanguardia com. comb., ma ne negherebbe la sua dimensione
politico-reale, come focalizzazione di problematiche generali e soluzioni necessarie,
relative alla fase rivoluzionaria in corso e alla impostazione che ne ha guidato
l’affrontamento e risoluzione, dimensione entro cui si colloca fin da subito
l’attività dei NCC con “la ricostruzione delle forze attraverso
il rilancio dell’iniziativa rivoluzionaria”. Un’omissione che
ha quindi come risultato obiettivo il porsi in contraddizione con il piano reale
che è stato afffermato nello scontro dai NCC, ovvero con l’esperienza
rivoluzionaria di questo decennio e con il bilancio che viene fornito, che inequivocabilmente
qualifica i NCC come l’avanguardia che si è rapportata all’approfondimento
del rapporto rivoluzione/controrivoluzione all’inizio degli anni ’90
e con la complessità dei compiti e contraddizioni posti dallo scontro rivoluzionario
e di classe e dalla fase strategica, collocando adeguatamente in questo scontro
il patrimonio storico delle BR a partire dai contenuti più avanzati e maturandone
i necessari sviluppi.
Una collocazione che è il piano da cui gli NCC hanno potuto mettere in
campo, con le iniziative offensive del ’92 e ’94, la progettualità
adeguata a misurarsi con le contraddizioni della discontinuità stabilendo
i binari su cui incardinare i processi aggregativi finalizzati a immettere nello
scontro il “dato politico assente” con l’attacco al cuore dello
Stato.
Rapportarsi all’attività delle BR-PCC senza fare chiarezza sui nodi
di contraddizione che hanno attraversato i prigionieri rivoluzionari in questa
fase, non si traduce solo in una collocazione formale della propria militanza
e altrettanto formale adesione ai contenuti d’O., ma collide con il piano
centrale posto dalle BR-PCC come terreno discriminante dello schieramento rivoluzionario,
nel senso che invece di contribuire a sostenere dalla propria posizione di rivoluzionari
prigionieri questo piano, si finirebbe per contribuire obiettivamente, prima ancora
che soggettivamente, a supportare quelle visioni fenomeniche e parziali, che operano
cioè un riduzionismo della reale espressione rivoluzionaria dell’autonomia
di classe, propria all’andamento storico e concreto del processo di guerra
di classe, alimentando quelle letture indistinte onnicomprensive che la discontinuità
ha favorito, svuotando il reale signficato della continuità del processo
rivoluzionario, che, dai livelli attestati dall’O. nella RS, è proseguito
ed ha avuto i suoi sviluppi nei processi avviati nello SA dai NCC, un’avanguardia
espressione della soggettività rivoluzionaria dell’autonomia di classe
adeguata a misurarsi con l’approfondimento della contraddizione rivoluzione/controrivoluzione
la cui prassi e progettualità ha espresso la valenza del piano di unitarietà
dell’impianto politico e strategico, riaffermando che è sul principio
prassi-teoria-prassi che l’impianto storico riceve i suoi avanzamenti, nel
confronto con i nodi centrali dello scontro, nel quadro dei compiti e caratteri
della fase di Ric..
Assumersi la responsabilità di farsi carico politicamente di questo nodo
è a nostro avviso un prerequisito per riqualificare la militanza, affinché
la disposizione nello scontro rivoluzionario dei prigionieri poggi sulla solida
base della presa di coscienza dei processi reali condotti dall’avanguardia
com. comb. nella discontinuità.
Ed è proprio a causa della discontinuità che la riqualificazione
può darsi solo all’interno di un processo politico finalizzato a
ricomporre la coscienza parziale del militante rivoluzionario in prigione ai contenuti
complessivi espressi dalle BR-PCC nella prassi rivoluzionaria concretizzata dalle
iniziative offensive contro D’Antona e M. Biagi, riqualificazione che in
particolare per i militanti d’O. significa stabilire quella relazione organica
con questi contenuti complessivi, necessaria a qualificare l’identità
di Partito. E, soprattutto, misurarsi con il processo di riqualificazione della
militanza è necessario per la funzione politica che i prigionieri ricoprono
nello scontro. Una funzione politica che se in generale è legata all’attestazione
del processo rivoluzionario nello scontro, in particolare è maturata nel
quadro dell’esperienza storica fatta su questo piano dalle BR, da cui è
emerso che i prigionieri possono avere un ruolo positivo nello scontro nella misura
in cui questo ruolo è funzionale e subordinato alle priorità che
vivono di volta in volta nel percorso rivoluzionario. Un principio generale questo
che si è affermato in base alla conoscenza delle dinamiche che investono
i prigionieri a causa del loro essere ostaggi in mano al nemico di classe e separati
dalla prassi rivoluzionaria, una verifica da cui le BR hanno definito criteri
e prerogative che sostanziano il ruolo dei propri militanti in prigione relativamente
al vincolo di Partito, e che hanno costituito punto di riferimento anche per i
militanti rivoluzionari prigionieri. Ruolo che deve sostenere e propagandare i
contenuti dell’impianto strategico e delle linee politico-programmatiche
definite nella prassi dall’O., ed assumere le discriminanti che di volta
in volta le BR pongono nella conduzione dello scontro rivoluzionario e che, quando
è necessario, deve anche farsi carico di difendere dagli attacchi la Linea
Politica e l’impianto. Criteri e prerogative che nella misura in cui sono
stati assunti dai prigionieri, hanno consentito loro di svolgere un ruolo positivo
rispetto allo scontro rivoluzionario, fuori dai quali prevale, come è prevalsa,
sotto le contraddizioni dello scontro, la tendenza alla teoricizzazione soggettiva,
espressione della divaricazione dalle concezioni sviluppate nella prassi dall’O..
Il saldo riferimento a questi criteri è ciò che ha permesso la tenuta
anche nei momenti più difficili e controversi, salvaguardando i militanti
dai processi che portano a spogliarsi dell’identità rivoluzionaria
che si sono verificati nel quadro dell’”indurimento” dello scontro
e delle specifiche politiche antiguerrriglia dello Stato sui prigionieri.
Per quanto riguarda il nostro specifico percorso, gli arresti non hanno mai significato
la vanificazione del proseguimento del processo rivoluzionario nei suoi termini
della fase di Ric., pur essendo ben consapevoli che il peso delle perdite subite
ne avrebbe reso più problematico il corso. Questo in base alla conscienza
acquisita nel percorso militante formatasi nella RS e nella successiva apertura
in essa della Ric. delle forze, che il processo rivoluzionario nel nostro paese
ha giù raggiunto un punto di non ritorno, nel senso che il progetto strategico
delle BR si è affermato come centrale nel percorso storico del proletariato
italiano per la conquista del potere politico. Una centralità che è
il risultato dell’incidenza nei rapporti di scontro tra le classi del processo
rivoluzionario in dal suo inizio, soprattutto per come vi ha inciso l’avanzamento
strategico conseguito nel confronto con la controrivoluzione degli anni’80,
che ha attestato nello scontro i contenuti rivoluzionari del riadeguamento sviluppati
nella RS. E’ stata proprio questa coscienza a guidare la nostra condotta
politica dalla cattura ad oggi, una disposizione sui termini generali dello scontro
rivoluzionario che, pur forte delle concezioni d’O., si è dovuta
misurare con gli effetti politici della discontinuità sulla prigionia,
presentatisi come tendenze idealistiche e difensivistiche che hanno attraversato
il corpo militante da cui nessuno è avulso, pena pensare di porsi fuori
dall’andamento dello scontro tra rivoluzione e controrivoluzione e dai suoi
riflessi sulle dinamiche specifiche della prigionia.
Discontinuità che inoltre ha accentuato il carattere di parzialità
indotto dalla condizione di separatezza e che ha influito più in profondità
quanto a limitazione dell’analisi complessiva dello scontro e della lettura
realistica dei suoi processi politici, nella difficoltà a rimanere ancorati
a questi e ai criteri politici per interpretarli.
In questo quadro, pur con contraddizioni e limiti, partendo dall’identità
di Partito fondata sulle concezioni attestate dall’O. in termini storici,
strategici e politici, e in particolar modo tenendo ferme le risultanze del riadeguamento
d’O., la nostra condotta militante ha teso a mantenere, seppure su un piano
generale, una disposizione relazionata ai caratteri del terreno rivoluzionario,
consentendoci così nei fatti di stabilire la dialettica possibile con il
suo sviluppo, a partire dal modo di rappresentare i termini del processo rivoluzionario
con al centro la fase di Ric., grazie al quale ci siamo potuti relazionare con
il sostegno alle iniziative dei NCC, collocate all’interno della Ric., pur
non comprendendo i termini politici di specificazione con cui veniva sviluppata
la fase. Una condotta, la nostra, che dalla cattura ha nei fatti segnato uno spartiacque
rispetto agli avvitamenti soggettivistici e argine, anche se contradditoriamente,
agli approcci idealistici verso lo scontro rivoluzionario, ed in questo ha costituito
anche un riferimento per quei militanti rivoluzionari che hanno operato un posizionamento
più adeguato al piano rivoluzionario dettato dalla fase di Ric.
Il processo di riqualificazione è reso oggi politicamente possibile dalle
risultanze rivoluzionarie espresse dalle iniziative offensive delle BR-PCC. Risultanze
che forniscono la chiave di lettura per poter riconnettere il nostro percorso
militante in prigione con l’inquadramento complessivo dello scontro rivoluzionario
e di classe sul piano storico, in base al quale lo SA nella Ric. è collocato
precisamente nel più generale percorso del processo rivoluzionario nella
fase di RS.. Chiave di lettura che in questo senso ci consente anche di inquadrare
nel modo più corretto gli arresti dell’88-89 e conseguentemente dare
la giusta valutazione delle condizioni del terreno rivoluzionario succedute ad
essi, e cioè sono chiare oggi le ragioni per cui questi arresti, definiti
propriamente dalle BR-PCC come operazioni antiguerriglia quindi situate sul piano
delle perdite possibili nel rapporto guerriglia/Stato, si sono tradotti in discontinuità
dell’attacco, ponendo il compito di costruire l’OCC: ragioni che risiedono
nelle caratteristiche del quadro di scontro determinate dalla modifica del rapporto
di forza tra rivoluzione e controrivoluzione, una modifica che le BR-PCC analizzano
come risultato di un doppio processo controrivoluzionario (DPC), valutando le
ripercussioni di questa dinamica controrivoluzionaria su tutti i piani dello scontro,
in relazione al mutamento più generale della fase storica sui piani economico,
politico e degli equilibri internazionali. Un DPC inteso come il coniugarsi dell’offensiva
contro la strategia della LA nei centri imperialisti, ed in particolare in Europa
negli anni ’80, con la controrivoluzione imperialista contro i paesi a transizione
socialista che ha prodotto il crollo del Patto di Varsavia, avendo come esito
la modifica delle relazioni di forza tra Proletariato Internazionale e Borghesia
Imperialista, intese sul piano storico di fase.
Questa dinamica controrivoluzionaria alla fine degli anni ’80, inizia a
riflettersi sulle relazioni complessive fra le classi, e dunque il riflesso del
DPC su queste relazioni è il piano principale da cui sono dipesi sia la
difensiva di classe e l’offensiva degli Esecutivi negli anni ’90 per
far arretrare ulteriormente le posizioni proletarie, sia la discontinuità
del percorso rivoluzionario. Più precisamente questa discontinuità
è intesa dalle BR-PCC come discontinuità nell’attacco al cuore
dello Stato, quale condizione che può verificarsi in una fase di Ric. delle
forze e per questo non va confusa con la non linearità del processo rivoluzionario
nel suo movimento di avanzate e ritirate. In sintesi è proprio questa visione
complessiva dell’andamento dello scontro rivoluzionario che restituisce
il piano concreto in cui collocare correttamente la discontinuità, avendo
chiaro come questa non sia semplicementte riconducibile ad un diretto riflesso
nello scontro degli arresti dell’88-89, ma al quadro complessivo determinato
dal consolidamento della controrivoluzione, quale piano principale che ha rideterminato
il terreno di scontro rivoluzionario e di classe negli anni ’90.
Infatti l’indirizzo e gli obiettivi della fase di ric. definiti alla sua
apertura quale piano di risoluzione delle contraddizioni della RS, si sono necessariamente
complessificati negli anni ’90 dovendo proseguire questa fase all’interno
del consolidamento della dinamica controrivoluzionaria nel campo proletario e
rivoluzionario, in un contesto di cambiamenti sociali e politici che hanno riguardato
la stessa mediazione politica tra le classi.
Su questo piano l’avanguardia com. comb., cioè i NCC, che si è
misurata con lo scontro per dare proseguimento ai compiti della fase di Ric.,
nell’impostare con lo SA il piano di risoluzione delle contraddizioni della
discontinuità, ha potuto definire pienamente i caratteri propri alla Ric.,
precisando natura e portata delle sue contraddizioni, che sono state inquadrate
come storiche. In altri termini la contraddizione che ha posto il compito di costruire
l’OCC esplicita fino in fondo le problematiche di una ricostruzione delle
forze che avviene dalla posizione ripiegata data dalla RS e che procede nel quadro
di un movimento di consolidamento della controrivoluzione, problematiche riconducibili
al fatto che la contraddizione costruzione/formazione presiede alla concretizzazione
della ricostruzione delle forze rivoluzionarie e proletarie e degli strumenti
politico-organizzativi per attrezzare il campo proletario allo scontro prolungato
contro lo Stato, dato che la ricostruzione richiede la contestuale formazione
delle forze in termini complessivi d’O. adeguate a misurarsi con l’approfondimento
dello scontro sul piano del rapporto rivoluzione/controrivoluzione e con i compiti
della fase rivoluzionaria.
In questo senso l’affrontamento della contraddizione costruzione/formazione
dà soluzione al suo essere elemento critico dell’attività
rivoluzionaria traducendola in fattore qualitativo della stabilizzazione nella
ricostruzione delle forze ed in particolare di una direzione politico-militare
adeguata alla conduzione della guerra di classe in questa fase.
L’individuazione del carattere di contraddizione della costruzione/formazione,
che supera la definizione di “binomio” ed inquadra il suo affrontamento
su un piano programmatico, chiarisce il terreno obiettivo su cui si misura questo
compito politico e cioè che i termini della formazione delle forze rivoluzionarie
sono definiti dalle necessità politiche poste dallo scontro rivoluzionario,
mentre l’approfondimento di questo scontro è vincolo all’attestazione
ed estensione della stessa ricostruzione delle forze. Nel quadro dei caratteri
della fase rivoluzionaria e dell’approfondimento della contraddizione rivoluzione/controrivoluzione
la discontinuità è condizione che incide nella contraddizione costruzione/formazione,
stante il fatto che nella Ric. delle forze deve vivere il termine della costruzione
dell’OCC., e la loro formazione è il piano che deve ottemperare alla
costruzione di quei ruoli complessivi che sono la chiave di volta nel processo
teso a costruire la direzione rivoluzionaria. La costruzione/formazione dei ruoli
complessivi è a sua volta connessa al nodo della riproduzione di questi
ruoli e questo specifico nodo caratterizza la tensione all’avanzamento dello
stadio aggregativo iniziale alla costruzione del soggetto organizzato che si qualifica
come OCC che agisce da P. per costruire il P., una riproduzione che è vincolata
alla incisività politico-militare che può mettere in campo la forza
rivoluzionaria, in quanto è nel costruire le condizioni per la capacità
offensiva adeguata a portare l’attacco al cuore dello Stato che si dà
la prassi su cui avviene la formazione idonea dei ruoli militanti complessivi
che siano in grado di operare ulteriore costruzione, ruoli militanti che nell’insieme,
cioè come O. e singolarmente, sappiano svolgere quel ruolo d’avanguardia
in grado di misurarsi con lo scontro e organizzare la classe sulla L.A.. Problematiche
connesse allo stabilizzarsi del portato della controrivoluzione come termine di
contraddizione nella soggettività rivoluzionaria, condizioni di scontro
che se in generale hanno visto uno svuotamento del movimento rivoluzionario, in
particolare hanno inciso sulle espressioni della autonomia politica di classe
sul piano della adeguata comprensione ed assunzione del terreno della lotta per
il potere.
L’esperienza fatta dall’avanguardia nell’affrontare la contraddizione
costruzione/formazione nel quadro della Ric. delle forze rivoluzionarie e della
costruzione dell’OCC., ha fatto emergere le problematiche relative al processo
di organizzazione della soggettività d’avanguardia e di classe che
si rende disponibile sul piano rivoluzionario, che riguardano elementi di spontaneismo
nella sua forma prevalente di ideologismo, inteso come un limite che nello scontro,
sul piano del ruolo d’avanguardia, non riesce a stabilire l’adeguato
rapporto tra prassi e patrimonio storico, limite che in ultima analisi vuole le
concezioni come separate dalla prassi. L’ideologismo insieme all’immediatismo,
all’esecutivismo e al genericismo, rappresentano espressioni di spontaneismo
che rendono inadeguata la disposizione sulla L.A. e dunque sono di ostacolo ad
assumere la funzione propria all’OCC. E come tali vanno affrontate come
ordine di problematiche proprie dei comunisti relativamente alla concezione dell’avanguardia
e del ruolo che svolge nello scontro.
Dall’affrontamento di queste problematiche è derivato un piano di
esperienza da cui solo potevano essere definite le soluzioni atte a che l’avanguardia
possa organizzare l’autonomia di classe che si dispone sul piano rivoluzionario
attraverso la responsabilizzazione complessiva di quest’ultima sui compiti
politici-operativi. Infatti se non è mai stata sufficiente la semplice
disposizione spontanea sulla L.A., nella fase di Ric. questo piano, che essendo
investito dalla contraddizione costruzione/formazione, necessita di un indirizzo
progettuale in grado di incanalare tale disposizione verso la concretizzazione
dei livelli idonei a svolgere il ruolo di direzione rivoluzionaria. Indirizzo
che ha individuato nella costruzione e raggiungimento della autonomia politico-operativa
e della responsabilizzazione complessiva i cardini intorno a cui la soggettività
di classe può farsi carico del terreno rivoluzionario come termine di disposizione
e lavoro sulla Linea Politica generale. Obiettivi conseguibili con un preciso
metodo politico-organizzativo, metodo che opera dentro la dimensione organizzata
dell’attività rivoluzionaria e che presiede dall’inizio alla
fine l’assunzione dei compiti e che è teso a sollecitare l’iniziativa
rispetto ai problemi da affrontare, inducendo a valutar preventivamente quello
che è necessario fare in ogni passaggio che porta all’attuazione
del compito parziale. Questa valutazione preventiva è funzionale a collocare
il compito parziale nell’attività complessiva anche in relazione
alle esigenze di centralizzazione e socializzazione dell’esperienza, inducendo
a sviluppare una concezione complessiva del lavoro rivoluzionario, in quanto metodo
che mette in rapporto alla progettualità generale il compito parziale,
costituendo quest’ultimo un esercizio del ruolo d’avanguardia della
più generale espressione di direzione rivoluzionaria.
E’ tramite questo metodo che si costruisce e si forma l’autonomia
politico-operativa e questo è ciò che mette in grado di operare
le soluzioni politicamente più efficaci nel rapporto con la prassi. Un
rapporto nel quale si concretizza il riferimento e l’assunzione del patrimonio
che in tal modo viene collocato, verificato e fatto avanzare nei suoi termini
di concezione. In ciò sta il senso del rapporto di continuità-critica-sviluppo
col patrimonio, rapporto che vive in ogni aspetto e momento dell’attività
rivoluzionaria e in cui la continuità sta nell’assunzione dell’interezza
del patrimonio, a partire dai suoi aspetti più avanzati, la critica nella
verifica che il confronto con la prassi richiede, lo sviluppo negli adeguamenti
che ne scaturiscono e che si traducono nell’avanzamento della teorizzazione
generale. Il raggiungimento della autonomia politico-operativa e della responsabilizzazione
complessiva è dunque ciò che consente di contribuire al patrimonio
collettivo, intendendo con ciò il patrimonio in continuo avanzamento, avanzamento
che avviene all’interno della prassi-teoria-prassi quale principio su cui
da sempre nella storia del nostro processo rivoluzionario si dà verifica
e avanzamento alle concezioni del patrimonio.
L’autonomia politico-operativa, la responsabilizzazione complessiva e il
metodo politico-organizzativo per conseguirle non sono soluzioni politico-organizzative
adottate per sopperire al fatto che la direzione rivoluzionaria che agisce da
Partito per costruire il Partito è in costruzione, al contrario, pur essendo
nate dalle condizioni di discontinuità, si pongono come linee di formazione
su cui si struttura la soggettività adeguata a misurarsi con la complessità
dello scontro rispetto all’approfondimento della contraddizione rivoluzione/controrivoluzione,
pertanto costituiscono il piano avanzato su cui si costruiscono i ruoli complessivi,
base della selezione della soggettività rivoluzionaria che si dispone come
nucleo del soggetto organizzato e in quanto tali funzionali all’agire della
forza rivoluzionaria in riferimento ai compiti di fase. Per concludere la Linea
Politica generale che guida, quale punto di vista complessivo della realtà,
l’attività dell’O. costituisce il riferimento costante del
metodo politico-organizzativo adottato ed entrambi sono gli assi su cui si dà
la formazione dei ruoli complessivi. Per altro verso l’autonomia politico-operativa
è l’espressione di soggettività in grado di operare la disposizione
delle forze sugli obiettivi programmatici secondo il principio di centralizzazione
che assegna compiti e responsabilità capendone la complementarietà
e la complessità.
Capire e valutare adeguatamente la logica politica che ha indirizzato l’attività
dell’avanguardia per districare i nodi e le contraddizioni dell’avvio
dei processi aggregativi in relazione al quadro di approfondimento del rapporto
rivoluzione/controrivoluzione è il piano da cui si traggono gli insegnamenti
fondamentali dell’agire della avanguardia com. comb. in relazione ai caratteri
della Ric. che procede confrontandosi costantemente con il consolidamento di dinamiche
controrivoluzionarie nello scontro. Circostanze in cui è fondamentale far
leva sul senso storico del nostro processo rivoluzionario nei suoi caratteri di
guerra di classe di lunga durata, sulla visione prospettica e dinamica del suo
sviluppo, e quindi sulla saldezza dei suoi termini strategici, a partire dalla
coscienza di come l’attività rivoluzionaria sia un fattore di mutamento
del quadro di scontro, riferimenti che consentono di affrontare e governare il
lavoro anche in situazioni contingenti, senza che le necessità politiche
siano piegate al possibile, ma al contrario attrezzandosi politicamente, organizzativamente
e militarmente per il livello necessario. Un approccio che l’avanguardia
ha fatto vivere nello scontro degli anni ’90, proprio avvalendosi degli
insegnamenti che derivano dall’esperienza trentennale delle BR, e arricchendo
questi stessi insegnamenti in base alle soluzioni con cui ha costruito le condizioni
politico-militari per reimmettere nello scontro di classe e rivoluzionario l’attacco
al cuore dello Stato, quale contenuto orientante l’autonomia di classe e
in cui si situa il piano avanzato della attuale attestazione delle BR-PCC nella
direzione rivoluzionaria dello scontro. In altri termini insegnamenti che si traggono
da come l’avanguardia ha affrontato la problematica di mettere in campo
contemporaneamente e unitariamente il piano della Ric. intorno e sui processi
aggregativi per la costruzione dell’OCC a partire dalo svolgere un ruolo
di direzione rivoluzionaria rispetto ai nodi centrali dello scontro. Una complessità
di compiti posti dal terreno rivoluzionario e dallo stato dello scontro che potevano
essere affrontati solo in base ad una precisa progettualità al fine di
indirizzare la prassi per costruire le condizioni politiche atte a sviluppare
la capacità offensiva, in quanto su questo sviluppo fanno leva i passatggi
per ottemperare alla funzione di OCC. Capacità offensiva che è strettamente
vincolata, nelle modalità e nel grado dii incisività dell’attacco
portato ai caratteri e alle finalità della fase rivoluzionaria, allo stato
delle forze rivoluzionarie e proletarie in relazione al nodo di contraddizione
tra rivoluzione e controrivoluzione e più in generale alle condizioni delle
relazioni complessive tra le classi e allo stato degli equilibri internazionali,
questo complesso di fattori è il riferimento obbligato per sviluppare e
assestare la capacità offensiva che l’avanguardia mette in campo
e questo, nella condizione di discontinuità d’attacco ha significato
attrezzarsi per costruire l’iniziativa combattente che, nell’avviare
lo S.A., ha costituito il primo momento di risoluzione della discontinuità:
questo hanno sintetizzato le iniziative offensive contro la sede della Confindustria
e contro la NATO Defence College, con le quali i NCC si sonno confrontati sul
piano classe/Stato con gli esordi del progetto neocorporativo relativamente all’accordo
sulla politica dei redditi tra governo/Confindustria/Sindacati, e sul piano imperialismo/Antimperialismo
col progetto di ridefinizione della strategia NATO. Una prassi la cui capacità
offensiva è stata opportunamente calibrata allo stato del terreno rivoluzionario
complessivamente inteso, un calibramento teso a rispondere ad una disposizione
delle forze che, dentro il principio di centralizzazione proprio del movimento
unitario e unico di una forza rivoluzionaria che svolge un ruolo d’avanguardia
complessiva rispetto alo scontro generale tra le classi, ha tenuto conto, nel
quadro dei rapporti di forza generali, delle forze mobilitabili in funzione della
sostenibilità dello scontro rivoluzionario e della sua riproposizione in
avanti.
In questo senso le iniziative offensive del ’92 e del ’94 hanno risposto
ad una logica di calibramento espressione di una progettazione che si è
misurata con tutti i fattori in campo e soprattutto finalizzata a costruire i
processi politici reali corrispondenti alla necessità di arrivare a mettere
in campo e sostenere l’attacco al punto più alto dello scontro. Processi
aggregativi che quindi si sono dati interamente sulla dinamica di sviluppo propria
alla guerra di classe di attacco-costruzione-nuovo attacco, dinamica che vede
una precisa interrelazione tra i suoi diversi momenti, le cui modalità
sono riferite ai caratteri e compiti della fase rivoluzionaria. Riferimenti di
fase che nel contesto di RS e di Ricostruzione delle forze influiscono peculiarmente
su tale interrelazione, nel senso che il piano di costruzione che si ricava dall’attacco
necessita di un complesso lavoro politico relativo alla gestione di tutti i fattori
che l’iniziativa rivoluzionaria ha posto nello scontro. Un complesso lavoro
politico di costruzione delle forze e dell’OCC segnato dalla necessità
di sciogliere il nodo della contraddizione costruzione/formazione di quei ruoli
militanti complessivi capaci cioè di riportare l’attacco al punto
più alto politicamente, organizzativamente inteso. Iniziative offensive
inquadrate sulla linea progettuale indirizzata a stabilizzare la “costruzione
delle forze per l’offensiva”, con l’obiettivo prioritario, sul
piano della costruzione della capacità offensiva, di riportare l’attacco
al cuore dello Stato.
Obiettivo questo conseguito con l’iniziativa combattente contro M. D’Antona,
figura centrale dell’equilibrio politico che nell’esecutivo D’Alema
sosteneva il progetto neocorporativo. Un’iniziativa offensiva, quella del
20 maggio ’99, che ha potuto inserirsi nello scontro politico che si gioca
in questa fase tra classe e Stato, in cui è centrale l’indebolimento
del progetto neocorporativo. Un’iniziativa la cui incisività ha agito
come fattore attivo per la modifica dei rapporti di forza sostenendo la classe
nello scontro contro lo Stato. Infatti l’attacco ha colpito la formula politica
concertativa su cui marciava il progetto neocorporativo nell’ambito della
maggioranza di centro-sinistra, contribuendo alla crisi della concertazione e
di conseguenza provocando l’indebolimento dell’azione politica dell’Esecutivo.
Un salto nella direzione dello scontro che pertanto ha potuto assumere la denominazione
storica BR-PCC e che, sul piano della incisività sui rapporti di forza,
per come questi si sono strutturati con la controrivoluzione, ha “aperto
un varco offensivo nella difensiva di classe”. In altri termini, l’aver
riportato l’attacco al cuore dello Stato, essendo quello in grado di intervenire
sugli equilibri politici che sostengono il progetto centrale della BI, è
ciò che ha permesso di contrastare questo progetto finalizzato a sospingere
indietro le posizioni di classe.
Un intervento basato sui criteri di centralità nell’individuazione
del progetto, selezione del personale perno degli equilibri che lo fanno avanzare
e calibramento dell’attacco ai rapporti di forza complessivi tra le classi,
criteri cioè che permettono di operare il massimo di incisività
disarticolante in rapporto a tutti i fattori sociali e politici caratterizzanti
lo scontro di classe rivoluzionario. Il livello di direzione e capacità
offensiva espresso dalle BR-PCC con questa iniziativa è ciò che
ha reimmesso e fatto pesare nello scontro il “dato politico assente”,
costituendo l’attacco al cuore dello Stato il contenuto orientante l’autonomia
di classe come punto di vista e prassi conseguente, ne sostanzia offensivamente
la critica di classe allo Stato e alla BI la cui mancanza ha pesato in negativo
rispetto alla situazione politica di classe. Un contenuto orientante che è
fattore indispensabile nello scontro per determinare le condizioni politiche di
affermazione dell’autonomia politica di classe, in quanto questa non è
derivato spontaneo delle lotte, anche se antagoniste, ma il prodotto politico
dell’immissione nello scontro dell’iniziativa offensiva. In sintesi
piano offensivo che fa avanzare strategicamente la prospettiva di potere pesando
nell’immediato come fattore politico che contrasta le politiche antiproletarie
e sostiene lo scontro di classe, e per altro verso fornisce gli strumenti con
cui operare la rottura soggettiva che richiede l’assunzione del piano di
lotta per il potere.
L’esperienza maturata dall’avanguardia com. comb. negli anni ’90
chiarifica e riconferma un dato politico storico del nostro processo rivoluzionario
relativo al fatto che il progetto strategico delle BR si è definito come
l’espressione rivoluzionaria conquistata dall’autonomia politica di
classe del nostro paese nello scontro per il potere contro lo Stato e la BI per
l’affermazione dei suoi interessi generali storici.
Un patrimonio della soggettività di classe sedimentato nelle condizioni
di scontro, ragione per cui né le politiche controrivoluzionarie né
la dispersione dell’OCC hanno potuto compromettere la possibilità
che l’espressione rivoluzionaria dell’autonomia politica di classe
rilanciasse la propria progettualità sulla strategia della LA, verificata
come quella adeguata a misurarsi con le forme di dominio della BI per la conquista
del potere politico e l’affermazione della dittatura del proletariato.
Il riferimento ai compiti della fase di Ricostruzione delle forze rivoluzionarie
e proletarie aver riconquistato l’esercizio della direzione rivoluzionaria
dello scontro a livello BR-PCC, ha segnato un passaggio di avanzamento qualitativo
nell’aggregazione delle avanguardie nel processo di costruzione dell’OCC,
in quanto la costruzione derivata dall’ottenimento del relativo vantaggio
politico seguito all’attacco a M. D’Antona ha posto le condizioni
sul piano della formazione dei ruoli militanti complessivi, di disposizione delle
forze sul programma e di costruzione politico-organizzativa per realizzare, come
direzione rivoluzionaria e costruzione di capacità offensive l’iniziativa
combattente del 19/3/2002 contro M. Biagi.
In questo modo le BR-PCC hanno dato continuità e sviluppo alla specifica
linea politica mirata ad intaccare il progetto neocorporativo intervenendo sull’equilibrio
e la formula politica che nel quadro della maggioranza di centrodestra sostiene
questo progetto.
La problematica della costruzione della direzione rivoluzionaria ha segnato la
prassi rivoluzionaria nel più complessivo quadro della Ric. delle forze
negli anni ’90, una problematica che l’avanguardia ha potuto porsi
adeguatamente a partire dall’aver collocato il patrimonio nello scontro,
nella coscienza quindi del ruolo storico indispensabile che svolge l’OCC
che agisce da P. per costruire il P. nel condurre la guerra di classe fintanto
che non sono maturate le condizioni per il salto al P., valutano tutte le implicazioni
che il perseguimento della costruzione dell’OCC comportava sul terreno rivoluzionario,
che hanno necessariamente investito il piano della fase rivoluzionaria di Ric.
che ha ricevuto la sua precisazione con la definizione dello SA.
Un piano di fase che ha rimarcato le leggi che sovrintendono alla costruzione
della direzione rivoluzionaria nella guerra di classe, implicate dall’operare
nell’unità del politico e del militare, leggi insite nell’attività
della guerriglia che il percorso di questo decennio ha evidenziato in tutta a
loro valenza: e cioè che la direzione rivoluzionaria necessaria a misurarsi
con l’evolvere dello scontro rivoluzionario si costruisce soltanto a partire
dall’agire come avanguardia complessiva. In altre parole agire da P. per
costruire il P. è il principio guida entro cui si affronta il nodo della
direzione rivoluzionaria della guerra di classe, principio che le BR hanno affermato
come discriminante la conduzione della guerra di classe sin dall’esordio
del processo rivoluzionario per svolgere fin da subito il ruolo di direzione e
organizzazione del processo rivoluzionario all’interno del presupposto che
il PCC, in relazione all’unità del politico e del militare su cui
si sviluppa la guerra di classe, non si fonda, ma si costruisce e si fabbrica
nel quadro dello sviluppo delle condizioni stesse della guerra di classe, entro
cui vengono a precisarsi i termini politico-programmatici e di sviluppo delle
articolazioni politico-militari necessarie e sufficienti al salto al Partito.
Un processo questo fin dall’inizio condotto e organizzato dall’OCC
BR che proprio nell’agire da P. per costruire il P. si pone e si struttura
come nucleo fondante il Partito, reparto avanzato del proletariato rivoluzionario
disposto e organizzato sulla linea progettuale della strategia della LA. Un ruolo
di direzione che si concretizza nel misurarsi con l’iniziativa combattente
con le condizioni dello scontro di classe, intervenendo sulla contraddizione dominante
nella fase, per modificarla a favore del campo proletario, affermando sul piano
della guerra di classe i suoi interessi politici e generali e costruendo le condizioni
per sostenere lo scontro prolungato contro lo Stato e la BI.
Con l’avvio della SA l’avanguardia com. comb. ha fatto vivere coerentemente
questi principi strutturando se stessa come nucleo di direzione, che solo costruendo
l’iniziativa offensiva in relazione ai nodi centrali dello scontro tra classe
s Stato, imperialismo e antimperialismo, ha immesso nello scontro le condizioni
per costruire e selezionare i termini complessivi della direzione idonea a qualificarsi
come OCC. In questa prassi e in questo indirizzo si è sostanziato il ruolo
di direzione dei NCC, quale termine adeguato a dare avanzamento alla fase della
Ric. all’interno delle condizioni politico-generali segnate dalla discontinuità
d’attacco e dalla stabilizzazione del portato della controrivoluzione nel
campo proletario e rivoluzionario. Un principio, quello dell’agire da P.
per costruire il P., dirimente l’affermazione dell’agire della guerriglia,
soprattutto nello SA, stante la centralità del nodo della costruzione della
direzione rivoluzionaria come OCC. Un principio che andava necessariamente riaffermato
in quanto le condizioni di scontro segnate dalla mancanza dell’attacco al
cuore dello Stato e dalla difensiva di classe, non lo rendevano immediatamente
comprensibile agli ambiti delle avanguardie di classe disposte sul terreno rivoluzionario
ma politicamente impoverite. Si trattava di fare chiarezza rispetto alle interpretazioni
fenomeniche e spontaneiste che potevano snaturare il processo dialettico della
costruzione del processo rivoluzionario e della sua direzione in un’accezione
evolutiva in cui quest’ultima si raggiunge solo quando si è in grado
di portare l’attacco al punto più alto, un’accezione che nei
fatti separa la costruzione politico-organizzativa dal ruolo d’avanguardia
nello scontro. Principio questo dell’agire da P. per costruire il P che,
insieme alle cognizioni e concezioni generali della guerra di classe proprio alla
proposta strategica delle BR-PCC, l’avanguardia, nel reimmettere nello scontro
il dato politico assente, riafferma e chiarifica come una necessità politica
data dal fatto che la guerra di classe non è dominante nello scontro politico
odierno.
In concreto svolgere una funzione di OCC non era e non è un processo che
può darsi fuori dalla relazione con lo scontro generale, ovvero dell’esercizio
di una funzione di direzione rivoluzionaria che si misura con le problematiche
centrali dello scontro tra le classi in termini complessivi, politicamente e militarmente
intesi, in quanto è solo a partire dal relativo vantaggio politico che
l’iniziativa combattente ricava intervenendo sui rapporti di forza, che
si possono dare quei margini da impiegare per rilanciare il nodo strategico del
potere e determinare i piani di aggregazione e ricostruzione consoni ad operare
la direzione adeguata a sostenere e stabilizzare l’iniziativa rivoluzionaria.
In questo senso il piano delle rotture soggettive sul terreno della LA, i processi
politici aggregativi, si misurano costantemente con questi nodi di ordine politico
complessivo, in quanto la problematica inerente al nodo di costruzione del PCC
si misura in ogni momento con le modalità generali della prassi d’avanguardia
nel combattimento contro lo Stato. Questione in riferimento a cui non è
sufficiente una disposizione spontaneistica, di semplice schieramento o concepita
come processo organizzativistico sulla linea d’O., ma si concretizza nel
processo di centralizzazione politica sulle esigenze del combattimento allo Stato,
alla disarticolazione dei suoi progetti dominanti, senza che l’iniziativa
rivoluzionaria si disperda su questioni secondarie rispetto al piano di scontro
centrale, o sia semplice riflesso di interessi antagonistici parziali. In questo
quadro i processi aggregativi che si producono dal rapporto con lo scontro generale
fanno si che la soggettività di classe rivoluzionaria si costruisca e di
sformi in modo adeguato a sostenere lo scontro e affrontare i nodi della fase
rivoluzionaria in relazione alla concreta attivizzazione funzionale alla Linea
Politica e programmatica d’O., ovvero al contenuto politico-organizzativo
e di combattimento che ne guida la prassi e l’organizzazione conseguente.
Le BR-PCC hanno definito una specifica linea politica per indebolire ed ostacolare
il progetto neocorporativo per la centralità che questo ha nei processi
tesi a consolidare il dominio della BI sul proletariato, con l’assestamento
di una mediazione politica neocorporativa. Centralità che deriva dalla
funzione che il neocorporativismo svolge rispetto al governo del conflitto di
classe, avendo a base la negazione degli interessi generali del proletariato e
la ricomposizione forzosa di interessi diversi e particolari intorno a quelli
della frazione dominante della BI. In ciò la logica neocorporativa si contrappone
direttamente agli interessi generali della classe operaia e del proletariato,
isolando e accerchiando le istanze di autonomia di classe non subordinate.
Il consolidamento del progetto necorporativo è fondamentale per la BI ed
il suo Stato, condizione generale attraverso cui gli Esecutivi intendono gestire
le contraddizioni antagoniste e rimodellare le relazioni tra le classi facendo
arretrare ulteriormente le posizioni politiche e di forza del proletariato, quale
presupposto di fondo per far avanzare i processi di ristrutturazione economico-sociale
e gli ulteriori passaggi di riforma dello Stato. Processi di ristrutturazione
economico-sociale che nella loro funzione controtendenziale alla crisi intensificano
lo sfruttamento della forza lavoro, linee di politica economica e sociale che
investono l’area europea, tese ad abbattere i vincoli e le normative conquistate
dalla classe operaia che regolano la legislazione sul lavoro; ristrutturazioni
finalizzate in sintesi a ribaltare il ruolo del lavoro nella società e
quindi renderlo subalterno in tutti i suoi aspetti alle necessità capitalistiche.
Un passaggio che deve far fronte sia alla debolezza strutturale dell’economia
italiana, sottoposta tanto alla concorrenza dei monopoli più forti europei
ed americani, quanto a quella dei paesi emergenti, e che pertanto nella dinamica
di attuazione riduce i margini di mediazione possibile, sia alla storia politica
e sociale del nostro paese che ha sedimentato storicamente nel conflitto di classe
una forte autonomia proletaria, motivo per cui i vari patti di stampo neocorporativo,
ai quali si sono affiancati i primi processi di esecutivizzazione e i tentativi
più o meno organici di Riforma dello Stato, quale ad esempio il progetto
demitiano, attuati nel corso degli ultimi venti anni contro e sopra la testa della
classe operaia, non hanno ancora prodotto gli esiti auspicati dalla BI, motivo
che nello scontro caratterizza modalità, contenuti e non linearità
nell’attuazione del “modello neocorporativo”, dovendosi misurare
con le caratteristiche del quadro di scontro tra le classi storicamente determinato.
Rimodellazione economico-sociale che ha modificato e modifica la mediazione politica
tra le classi e sostiene i processi di Riforma dello Stato, perseguita dalla soggettività
politica della frazione dominante della BI nostrana nel quadro dei suoi interessi
strategici riferiti necessariamente alla concorrenzialità ed interdipendenza
economica per aree quale terreno delle concentrazioni monopolistiche in corso.
Dinamiche economiche che in riferimento a questa fase di sviluppo/crisi dell’imperialismo
hanno richiesto l’adozione e la generalizzazione di un complesso di politiche
economiche da parte dei singoli Stati imperialisti obbligato a misurarsi con il
nuovo quadro prodotto dai livelli di internazionalizzazione del capitale quale
piano di approfondimento raggiunto dagli organici rapporti di interdipendenza
ed integrazione già prodottisi nell’evoluzione dell’imperialismo
dopo la seconda guerra mondiale. Processo che si è riversato in termini
generali su tutta la catena imperialista e nello specifico sui processi di coesione
europea con la definizione di politiche comuni sia come linee di politiche economiche
e sociali che di politiche proprie al rafforzamento e stabilizzazione del dominio
della BI e funzionali a produrre i termini affinché lo Stato possa garantire
confacentemente gli interessi della BI.
Per questo quadro di interessi e progettualità, la rimodellazione economico
sociale e di riforma dello Stato, di stampo neocorporativo è economicamente
organica e politicamente funzionale alla coesione politica europea, tanto più
necessaria allo Stato quale base interna di rafforzamento per la sua assunzione
di ruolo nelle politiche centrali dell’imperialismo e nei processi di guerra
in atto.
Per questo il contenuto neocorporativo è il piano di riferimento rispetto
a cui si vanno a formare, ruotare e collocare gli equilibri politici nel quadro
dell’alternanza degli schieramenti di maggioranza, e non rappresenta certo
“scorciatoie” autoritarie, tra l’altro di difficile gestione.
Tanto per gli Esecutivi di centrosinistra (come è stato nei precedenti
governi) che per quello di centrodestra attuale, il contenuto neocorporativo è
l’asse centrale rispetto cui riferirsi nella propria azione, ciò
che muta sono le relazioni con le parti sociali (il tipo di rapporto tra Esecutivo
e Sindacato Confederale in primo luogo) e le formule politiche su cui si articola
il neocorporativismo stesso.
Oggi si assiste ad una ridefinizione delle relazioni neocorporative tra Esecutivo-Confindustria-Sindacato
Confederale e ad una diversa funzione della negoziazione neocorporativa rispetto
alla precedente formula politica concertativa. “Concertazione” che
ha incarnato tutta una fase della politica neocorporativa e consentito sul piano
della sua istituzionalizzazione la generalizzazione del contenuto neocorporativo
nelle relazioni politiche e di scontro tra le classi, sia veicolando ed informando
le modifiche legislative sul diritto del lavoro e sostenendo con la “politica
dei redditi” gli indirizzi economici dentro il contesto di crisi e nell’ambito
dei processi di integrazione europea, sia affiancando le istituzioni e lo Stato
quale canale di legittimazione ulteriore della sua azione. “Concertazione”
la cui azione ha costruito e definito quei margini politici sul piano delle relazioni
tra le classi, e di conseguenza su quello degli equilibri politici tra classe
e Stato, per operare processi rispondenti alla necessità di una più
complessiva riforma e ristrutturazione economico-sociale e quelli relativi ai
passaggi che hanno investito la rappresentanza politica e la rifunzionalizzazione
dello Stato. Una fase di affermazione della negoziazione neocorporativa, espressione
degli equilibri politici di quella fase. Un’azione politica di accerchiamento
dell’autonomia di classe, ragione per cui si rendeva necessario il massimo
di inglobamento possibile delle istanze sociali rappresentate e rappresentabili
al fine del depotenziamento dei contenuti di classe. Una funzione antiproletaria
a partire dalla quale c’è stato il riposizionamento delle forze politiche
di entrambe le coalizioni per affermare l’alternanza, al fine di stabilire
il terreno istituzionale funzionale alla “democrazia governante”,
poggiante sulla riduzione e selezione degli interessi rappresentabili e mediabili
rispetto a quelli centrali della BI. In questo senso la formula politica della
concertazione ha accompagnato il trapasso dalla prima alla seconda repubblica.
Un processo che si è avvalso delle forzature della BI rispetto alla centralità
dei suoi interessi e quindi teso sostanzialmente al rafforzamento del dominio
della BI nei confronti della classe operaia e del proletariato. I “patti
sociali” del ’92-’93, insieme agli ulteriori sviluppi che da
questi ne sono conseguiti nel decennio grazie alla formula politica concertativa
e all modello di relazioni sociali che l’ha sostanziato, hanno di fatto
rappresentato un puntello essenziale nel quadro del governo della crisi e delle
contraddizioni del conflitto di classe andando a rafforzare l’azione degli
Esecutivi nella loro opera, con un ampliamento delle loro stesse prerogative decisionali.
L’attacco a M. D’Antona portato dalle BR-PCC al progetto neocorporativo
ha contribuito sostanzialmente alla crisi della funzione politica della “concertazione”
già in parte logorata dalla resistenza e opposizione di classe agli accordi
del luglio ’92 e ’93, al famigerato “grande patto di Natale”
e alle politiche che ne hanno sostanziato il corso; attacco che ha indebolito
l’azione politica dell’Esecutivo.
Un quadro che ha fronte delle ulteriori scelte e necessarie trasformazioni che
erano implicate nel rispondere agli interessi della BI sul terreno della ristrutturazione
e riforma economico-sociale in relazione all’approfondimento della crisi
e allo sviluppo della tendenza alla guerra, nonché delle contraddizioni
immesse dalla resistenza operaia e proletaria, ha posto alla soggettività
politica della BI il doversi misurare, proprio a partire da questi dati di fondo,
con le necessarie risposte politiche da mettere in campo, riferite ai termini
di politica economica e di rifunzionalizzazione dello Stato contemporaneamente,
tenendo in conto quanto maturato nei passaggi avvenuti su questi piani nel decennio
precedente, al fine di saper integrare i passaggi di questa duplice priorità
nelle capacità di governare le contraddizioni generali determinate dall’approfondimento
della crisi del capitalismo. Ciò ha significato elaborare e definire una
progettualità politica che portasse a sintesi organica e facesse, appunto,
compiere un salto agli indirizzi “riformatori” messi in campo nel
decennio precedente ricollocando il contenuto neocorporativo sia per la funzione
che va ad assumere che per il sistema di relazioni che lo sostanzia, su un piano
più avanzato. Non semplice prolungamento del piano di ristrutturazione
economico-sociale portato avanti dagli Esecutivi degli anni ’90: la riorganizzazione
prospettata attiene ad una modifica profonda del “modello” di società,
ovvero quella rappresentabili e delle “democrazie governanti” in cui
la strutturazione corporativa delle relazioni sociali è base della riduzione
della rappresentanza istituzionale, politica e sociale del proletariato e quindi
l’azione politica degli indirizzi riformatori si colloca e agisce sul complesso
della riforma statuale, a partire dal rafforzamento e stabilizzazione delle prerogative
dell’Esecutivo, quale perno della rifunzionalizzazione dello Stato, fino
a rivedere la stessa forma-Stato in senso “federalista”. Federalismo
che, tutt’altro dall’essere una ripartizione amministrativa, risponde
all’esigenza economica di ricavare differenti saggi di profitto con il conseguente
indebolimento del proletariato sul piano locale. Un salto di qualità richiesto
a seguito delle modifiche apportate nel decennio passato alla legislazione sul
lavoro e quelle a livello di rifunzionalizzazione dello Stato, unitamente all’approfondimento
del rapporto crisi/guerra.
E’ all’interno di queste linee di fondo che la formula politica del
“dialogo sociale” supera la “concertazione” intesa come
dialettica non conflittuale tra le parti sociali, in quanto la prima dovrebbe
poggiare su un sistema di relazioni e filtri che selezioni a monte i termini del
conflitto di classe e con ciò di fatto ampliando i margini di manovra e
di intervento degli Esecutivi stessi, nonché stabilizzando le condizioni
politiche e sociali per “l’alternanza”.
Una dinamica che investe il piano di ridefinizione delle relazioni neocorporative
tra Esecutivo Confindustria e Sindacato Confederale, cosa che non solo presuppone
la posizione subordinata del Sindacato in termini generali agli interessi della
BI, ma più sostanzialmente opera attraverso la collocazione funzionale
delle organizzazioni sindacali in rapporto all’azione dell’Esecutivo
e alle trasformazioni che l’assestamento dei processi di ristrutturazione
economico-sociale e riforma in senso federalista aprono. Un disegno politico che
con la compenetrazione tra pubblico e privato nei settori dell’istruzione,
della sanità, dell’assistenza, ecc., con un maggior ruolo delle Fondazioni,
del Terzo Settore…, come pure l’ulteriore trasformazione del Sindacato
Confederale in associazione di iscritti, “erogatore di servizi” e
non più nel ruolo di organizzatore del conflitto con il capitale, fruisce
di una base economica e sociale concreta.
Una dinamica politica non priva di contraddizioni, ma che tende a normalizzare
e funzionalizzare questo piano di relazione ai nuovi termini di democrazia dell’alternanza
e del suo carattere “governante”, accentrante i poteri dell’Esecutivo.
Ma soprattutto l’aspetto principale di questa progettualità politica
è quello di costituire un salto nelle relazioni politiche e di forza tra
le classi complessificandone e approfondendone il contenuto neocorporativo rispetto
al livello di crisi cui è giunto il capitale. Dato di fondo quest’ultimo
che impone una riorganizzazione delle relazioni sociali rispetto agli interessi
antagonistici che esprime, funzionale alla regolazione complessiva della forza-lavoro
e del suo mercato aderente ala capacità competitiva del sistema economico-sociale,
alla ristrutturazione di forme di rapporti sociali e di lavoro idonei a tutti
i livelli a sostanziare questo obiettivo, marginalizzando di fatto gli interessi
e le istanze di classe a fronte della rimodellazione del reticolo della mediazione
politica e della stessa rappresentanza politica e sociale, coerente a sostenere
i processi di Riforma dello Stato e la tenuta del fronte interno rispetto all’impegno
costante dello Stato nella guerra imperialista.
Guerra imperialista la cui genesi risiede nella crisi del Modo di Produzione Capitalistico
ed il “fallimento” delle politiche controtendenziali alla caduta del
saggio medio di profitto e l’adozione del riarmo come politica economica
in qualità di domanda aggiuntiva (per le caratteristiche intrinseche a
questa scelta il cui sbocco necessario è la guerra, pena la bancarotta
degli Stati che ne fanno ricorso) sono l’indice generale che evidenzia la
tendenza a risolvere la crisi in chiave bellica, in quanto la guerra è,
in ultima istanza, distruzione di capitali eccedenti, funzionale ala ripresa del
ciclo economico sulla base di una nuova divisione internazionale del lavoro e
dei mercati.
La controrivoluzione imperialista verso i paesi del Patto di Varsavia, la destabilizzazione
di interre aree geopolitiche e la destrutturazione economica per l’assoggettamento
ed inglobamento nella catena imperialista di paesi anche con interventi militari,
hanno segnato e costituiscono passaggi politici concreti che hanno fatto avanzare
la tendenza ala guerra. Un avanzare che ha caratterizzato la modifica degli equilibri
ed assetti politico-economici internazionali scaturiti dalla Seconda Guerra Mondiale
e da decenni di guerre di liberazione nazionale.
Tappe che, dalla controrivoluzione imperialista, ala decennale aggressione all’Iraq,
interna ai tentativi di stabilizzazione imperialista dell’area mediorientale,
perseguiti storicamente dalla catena imperialista nel quadro del confronto ad
Est, e che dall’imposizione dell’entità sionista si sono susseguiti
senza soluzione di continuità, alla frantumazione ed assoggettamento della
jugoslavia e dei balcani, hanno evidenziato la rotta della guerra imperialista
sulla contraddizione Est/Ovest, quale rapporto dominante economico, politico,
sociale storicamente determinato. Tappe che, proprio nel dover impattare e rompere
un equilibrio politico e sociale determinatosi storicamente hanno evidenziato
da subito l’imposizione di relazioni volte ala subordinazione di paesi e
sottomissione di popoli nel tentativo di privarli del loro diritto ad uno sviluppo
autonomo e così condannandoli alla dipendenza e subordinazione economica
e politica instaurando rapporti di dominanza peculiari volti all’inglobamento
nella catena imperialista.
Questi i caratteri insiti nella strategia imperialista che ha guidato la penetrazione
e gli eventi bellici, quanto gli schieramenti in essa.
Gli indirizzi guerrafondai e schieramenti inseriti nel quadro storico di integrazione
e gerarchizzazione della catena imperialista da cui non si può prescindere.
Le dinamiche che hanno marcato i passaggi salienti della tendenza alla guerra
imperialista chiariscono come questa non possa essere interpretata come la riproposizione
di una guerra di ripartizione di aree di influenza tra potenze imperialiste in
conflitto tra loro, e gli attuali eventi bellici come una sorta di forma surrogata
del livello assunto dalla concorrenza, come passaggio transitorio ad un conflitto
interimperialista generalizzato. Al contrario i fatti sono lì a dimostrare
che tanto più si approfondisce la dinamica della tendenza alla guerra e
si rimarca come direttrice del conflitto l’asse Est/Ovest, tanto più,
anche se contraddittoriamente, si pongono i termini di approfondimento del compattamento
all’interno della catena imperialista, in questo senso la coesione europea
e del ruolo assunto sul piano politico-militare, tutt’altro dal costituire
un polo alternativo agli USA, è in tutta evidenza un pilastro della strategia
NATO.
Gli attacchi al Pentagono e al World Trade Center, subiti dagli USA, oltre a mostrare
la loro vulnerabilità, evidenziano per contro i caratteri propri, genocidi,
controrivoluzionari e di attacco all’autodeterminazione dei popoli insiti
e dispiegati dai processi di penetrazione e di guerra condotti dalla catena imperialista
a partire dal suo polo dominante statunitense. Attacchi assunti dagli USA come
“casus belli”, pretesto usato per ricollocare su un piano più
avanzato i processi di guerra imperialista. Ricollocazione da cui scaturisce il
dispiegamento in centro-Asia attraverso l’aggressione e l’occupazione
dell’Afghanistan. Una nuova fase nella tendenza alla guerra imperialista
derivata in realtà come necessità imposta dalle proprie contraddizioni,
che hanno avvistato la capacità di governare e stabilizzare le crisi aperte
dall’imperialismo stesso, e dalla resistenza di massa e d’avanguardia
alle sue politiche di assoggettamento, che ha ulteriormente minato tale capacità.
In altri termini lo status quo prodotto dalle “paci di carta”, in
un quadro di stagnazione economica, era diventato elemento di freno, indicatore
di arretramento delle posizioni imperialiste e in questo gli attacchi subiti ne
sono stati cartina tornasole.
Un’accelerazione dei processi di guerra indotta dal polo dominante statunitense
che è in sostanza uno squilibrio verso la generalizzazione della guerra
imperialista. Il processo di guerra imperialista aperto in questa fase non è
misurabile tanto rispetto al dispiegamento bellico linearmente inteso, anche se
questo per necessità ha avuto un incremento, ma soprattutto per come investe,
come passaggio politico, il complesso delle relazioni internazionali in cui la
determinazione bellica innerva il piano politico-diplomatico dando luogo ed imponendo
lo schieramento sugli interessi imperialisti intorno ad un quadro di rigida polarizzazione
che investe il piano interno agli stessi Stati imperialisti, i quali operano attraverso
misure legislative, politiche, di “ordine pubblico” e controrivoluzionarie
in coordinamento tra loro sugli indirizzi generali da adottare funzionali alla
tenuta del fronte interno. Misure supportate anche attraverso il terrorismo psicologico,
disponendo i propri apparati giudiziari per alimentarlo e sostenerlo, e con la
propaganda finalizzata a creare il clima di “inevitabilità”
della guerra, di “convivenza” con la condizione immanente della guerra,
tutti fattori che segnalano il grado di approfondimento e precipitazione verso
un conflitto vasto e generalizzato.
E’ all’interno di questi caratteri che in linea generale contraddistinguono
la fase di scontro interna ed internazionale, che le BR-PCC hanno rilanciato la
propria progettualità rivoluzionaria ed i termini politici e programmatici
per far avanzare la guerra di classe, sulle direttrici di combattimento dell’attacco
allo Stato e dell’attacco alle politiche centrali dell’imperialismo
con la proposta del Fronte Combattente Antimperialista, ed hanno attaccato la
progettualità politica della frazione dominante di BI al fine di incidere
nello scontro politico tra le classi, in funzione di una linea di combattimento
che in questa fase della guerra di classe deve riferirsi agli obiettivi volti
a produrre disarticolazione politica dello Stato ed in cui si sostanzia l’agire
da Partito per costruire il Partito volendo spostare in avanti lo scontro tra
le classi e collocare su un punto di forza la posizione degli interessi autonomi
del proletariato, facendo così avanzare la linea politica sulla quale indirizzare
lo scontro prolungato contro lo Stato e l’imperialismo che propongono alle
avanguardie, al proletariato rivoluzionario e a tutta la classe.
Le BR-PCC, misurandosi con i termini di evoluzione dello scontro che vedono la
BI riprendere l’iniziativa per capitalizzare in termini politici i risultati
del duplice processo controrivoluzionari nei rapporti politici e di forza con
la classe hanno ricondotto la situazione dello scontro sul terreno risolutivo
della guerra di classe, unico capace di affermare l’alternativa di potere
al sistema della BI, nonché di far pesare in termini politici gli interessi
generali ed autonomi della classe operaia e del proletariato, misurandosi in termini
adeguati al tipo di attacco e di modifica dei rapporti tra le classi in corso.
Per le BR-PCC intervenire sui nodi generali dello scontro operando concreta direzione
rivoluzionaria e rilanciando la prospettiva di potere sul terreno della guerra
di classe, è il solo modo per modificare i rapporti di forza, piano politico
sul quale il proletariato e le avanguardie possono tornare a pesare rapportandosi
all’attività generale dell’avanguardia armata e soprattutto
è solo in questa dialettica che la autonomia politica di classe può
trovare la sua ridefinizione in avanti. E’ in questa prospettiva che il
rilancio ed avanzamento verso la stabilizzazione dell’iniziativa combattente
contro il progetto neocorporativo riesce a relazionarsi ai diversi fattori in
campo in una situazione che, sostanziata dalla stabilizzazione del portato della
controrivoluzione e dalla difensiva di classe, che ha determinato un considerevole
svuotamento politico del movimento rivoluzionario, vede la classe rispondere all’attacco
borghese con glli strumenti a disposizione entro cui misura lo scarto, nonostante
le ampie mobilitazioni, della realtà dei rapporti di forza e della capacità
dello Stato di imporre il proprio terreno di intervento, situazione che ciononostante
ha visto il prodursi di uno schieramento rivoluzionario intorno alle iniziative
offensive dell’Organizzazione.
In questo quadro è l’Organizzazione l’unica a cogliere la sostanza
del progetto della borghesia e dei nodi politici generali che investono lo scontro
e le relazioni tra le classi, volendo la borghesia sospingere ulteriormente indietro
le posizioni proletarie, attrezzandosi sui diversi piani per normalizzare il conflitto
di classe e neutralizzare la proposta rivoluzionaria. Pertanto nella realtà
dello scontro, padroneggiandolo sia in termini concreti che prospettivi, l’Organizzazione
riafferma la dimensione di guerra di classe del processo rivoluzionario assumendo
l’unità del politico e del militare come dato che vive in ogni aspetto
dell’attività rivoluzionaria basata sulla strategia della Lotta Armata,
ed in ogni momento dello scontro rivoluzionario, prassi entro cui ricolloca lo
stato delle forze in campo e dei diversi fattori facenti parte dello scontro,
e definendo il movimento complessivo della guerra di classe entro cui inquadrare
la pratica rivoluzionaria.
Movimento della guerra di classe che richiede la presa d’atto di principi,
criteri e leggi che ne sono alla base e che sono emersi dalla verifica pratica
nello scontro. Poiché è solo all’interno di questa concezione
che è possibile assumere una disposizione adeguata da parte dell’avanguardia
che si relaziona sul terreno della LA sia in generale rispetto ai caratteri della
guerra di classe che rispetto ai nodi della fase rivoluzionaria, contraddistinta
dai compiti della fase di Ric. delle forze rivoluzionarie e proletarie all’interno
dei caratteri generali della fase di RS.
Caratteri e indirizzi di fase che necessitano il disporsi sul contenuto orientante
della prassi d’O., la sua linea politica e programmatica non in termini
generici o di riferimento virtuale, ma sappia esprimere quel livello di centralizzazione
funzionale alla pratica d’avanguardia rivolta alla disarticolazione dei
progetti della borghesia, quanto funzionale alla direzione ed organizzazione del
processo rivoluzionario nel suo complesso.
Per concludere ribadiamo che il processo che qui viene celebrato non è
che un momento anche pocco significativo dello scontro che oppone la classe allo
Stato, e che il nostro rapporto con lo Stato dipende dal rapporto che le BR-PCC
hanno con esso, ben coscienti che la credibilità ed autorevolezza della
nostra O. nel tessuto proletario non può essere minimamente scalfita da
qualsiasi manovra, tantomeno quelle attuate verso i prigionieri perché
conquistata in più di trenta anni di attività rivoluzionaria nel
nostro paese. Quindi dei nostri atti politici come della nostra militanza, rispondiamo
solo alle BR-PCC e, con esse, al proletariato di cui sono l’avanguardia
rivoluzionaria.
- Attaccare e disarticolare il progetto antiproletario e controrivoluzionario
di rimodellazione economico-sociale neocorporativo e di riforma dello Stato
- Organizzare i termini politici e militari per ricostruire i livelli necessari
allo sviluppo della guerra di classe di lunga durata
- attaccare le politiche centrali dell’imperialismo, dalla linea di coesione
europea, ai progetti e alle strategie di guerra e controrivoluzionarie diretti
dagli USA e dalla NATO
- promuovere la costruzione del Fronte Combattente Antimperialista
- Trasformare la guerra imperialista in avanzamento della guerra di classe
- Onore a tutti i compagni e combattenti antimperialisti caduti
I militanti delle BR per la costruzione del PCC
Maria Cappello, Tiziana Cherubini, Franco Grilli, Flavio Lori, Fabio Ravalli
La militante rivoluzionaria
Vincenza Vaccaro
Allegato agli atti del processo “Hunt-esproprio” – II Sezione
Corte d’Assise di Roma, udienza del 24 settembre 2002