Biblioteca Multimediale Marxista
In questa sede ancora una volta vogliamo rivendicare l'azione
contro Lando Conti con la quale le BR hanno colpito le posizioni filo atlantiche
e filosioniste e gli interessi legati agli armamenti del-la borghesia imperialista
italiana, posizioni pienamente integrate nel più generale quadro degli
interessi imperialisti.
Una azione qualificante che si inserisce all'interno della complessiva prassi
antimperialista delle BR nel solco del-le linee di attacco alla Nato e alle
iniziative imperialiste contro i popoli del-la periferia, come dimostrano le
azioni Dozier e Hunt. Una prassi che rispecchia la concezione internazionalista
e antimperialista costituente l'impianto delle Br e quindi il presupposto su
cui si costruisce la guerra di classe, coscienti che la rivoluzione o sarà
internazionalista o non sarà.
Dentro questa concezione le Br han-no contribuito a promuovere e a consolidare
la proposta del Fronte Combattente Antimperialista relazionandosi alle sue tappe
di costruzione, tappe concretizzate nei momenti di unità che la guerriglia
ha costruito e che attestano come il FCA possa sviluppare "nell'attacco
cosciente e mirato della guerriglia la forza politica e pratica per combatte-re
l'imperialismo". A partire da ciò l'attività del Fronte,
ponendosi al punto più alto di ricomposizione delle diverse espressioni
di combattimento e di lotta del proletariato metropolitano e del movimento rivoluzionario
costituisce un salto nella lotta proletaria. In questo senso l'attività
del Fca precisa la connotazione che deve assumere oggi l'internazionalismo proletario
nella metropoli, in relazione agli attuali caratteri dell'imperialismo, di forte
integrazione economica, politica e militare. Un quadro in cui l'azione comune
della guerriglia nel Fronte attaccando le politiche centrali dell'imperialismo,
è tesa a provocarne la crisi politico-militare, perché solo dentro
ad un generale indebolimento dell'imperialismo è possibile favorire le
rotture rivoluzionarie.
Per le Br la promozione ed il consolidamento del Fronte deve darsi nell'area
geopolitica Europa-Mediterraneo-Medioriente e si esplicita in una politica cli
alleanze contro il nemico comune, attraverso momenti di unità successivi
che si definiscono nel processo pratico di costruzione del fronte e che le Br
ricercano con tutte le forze rivoluzionarie che combattono l'imperialismo.
Nello stesso tempo il Fca non è la fusione di ogni organizzazione in
un'unica organizzazione e le differenze ideologiche e di impostazione di ogni
organizzazione non devono precludere l'azione comune contro l'imperialismo.
Una politica di alleanze che in particolare deve relazionarsi alle forze rivoluziona-rie
e antimperialiste della regione Mediorientale-Mediterranea, per unificare soggettivamente
l'unità oggettiva che già esiste tra la guerra di classe nella
metropoli e i processi di liberazione nazionale della periferia.
Le attuali iniziative di guerra all'imperialismo dispiegate contro i popoli
del-la periferia e in primo luogo sulla di-rettrice Est/Ovest, contro la Yugoslavia,
mettono in evidenza come quest'area sia il teatro principale del concretizzarsi
del risvolto bellico alla crisi del modo di produzione capitalistico. Questo
a maggior ragione fa della Nato e degli stati imperialisti il nemico mortale
del proletariato metropolitano e di tutti i popoli dell'area, una condizione
da cui scaturisce ancora di più la necessità e possibilità
della pratica antimperialista e soprattutto il ruolo e la valenza strategica
del Fca per confrontarsi al livello di incisività richiesto dallo scontro
imperialismo/antimperialismo. Per le Br l'antimperialismo vive in unità
programmatica con l'attacco al cuore dello Stato, i due assi strategici cioè
su cui si costruiscono i termini di organizzazione di classe sul terreno della
lotta armata.
Concludiamo rivendicando tutta l'attività politico-militare svolta dalle
Br, nonché il complesso della linea politica e dei termini di programma
strategici, un'attività complessiva che si è forgiata nel vivo
dello scontro, nel quale le Br hanno costruito, nella stretta dialettica con
le espressioni più avanzate della classe, la loro capacità di
essere direzione dello scontro rivoluzionario e nel contempo di acquisire maggiore
conoscenza delle leggi di movimento nella conduzione della guerra di classe;
in questo modo si è peraltro attestato il primato della prassi su cui
la guerriglia si misura per ricentrare e riadeguare la sua iniziativa rivoluzionaria,
svíluppan done le acquisizioni teorico-pratiche; ed è quindi dentro
al principio prassi-teoria-prassi che le Br hanno sviluppato il processo rivoluzionario,
maturando in questo i presupposti per l'avanzamento della guerra di classe di
lunga durata, e in esso i termini per la costruzione del Partito Comunista Combattente.
Questo soprattutto a partire dalla scelta con cui, nel pieno dell'approfondimento
del rapporto rivoluzione-controrivoluzione, hanno aperto la Ritirata Strategica,
interpretando correttamente una legge dinamica della guerriglia che ha consentito
di sottrarsi per quanto possibile al logoramento provocato dalla controffensiva
del nemico e nel contempo di man-tenere e rilanciare la capacità offensiva
della guerriglia.
Nello specifico le Br hanno posto dentro la ritirata strategica le basi del-la
ricostruzione, con il riadeguamento ai mutati termini dello scontro e il rilancio
dell'offensiva rivoluzionaria. Una fase che per le Br, a fronte della relativa
difensiva rivoluzionaria e di classe, comporta l'attrezzare su tutti i piani
le forze rivoluzionarie e proletarie alle con-dizioni date dello scontro in
maniera da poter ristabilire i termini politico militari per nuove offensive.
Un obiettivo di fase cioè, che la guerriglia sostanzia a partire dal
far proprio il grado più avanzato di acquisizione rivoluzionaria che
si è prodotta in Italia, nella capacità e possibilità di
ricostruzione dell'iniziativa rivoluzionaria adeguata ad incidere al li-vello
più alto dello scontro.
Rispetto al processo che qui si celebra, non riconosciamo nessuna legittimità
ai suoi riti, né a questa corte che rappresenta la legalità dello
stato della borghesia imperialista. Noi qui, seppure nella condizione di prigionieri,
nella nostra identità di militanti delle Br per la costruzione del Partito
Comunista Combattente e di Militanti Rivoluzionari, rappresentiamo la legittimità
storica e politica del proletariato metropolitano, e, segnatamente della classe
operaia, di perseguire l'obiettivo del-la conquista del potere politico nei
modi adeguati a questa fase storica e cioè organizzata sulla Strategia
della Lotta Armata diretta dalla sua avanguardia rivoluzionaria, le Br, affinché
sia dato superamento alla società divisa in classi e con essa alla barbarie
del dominio della borghesia imperialista.
Per noi e meglio di noi parla la guerriglia in attività, 'la nostra organizzazione,
le Br.
Firenze il 19 maggio 1993
DOCUMENTO
Come militanti delle Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente e militanti rivoluzionari, intendiamo ribadire che la nostra presenza a questo pro-cesso è tesa alla rivendicazione della progettualità rivoluzionaria delle BR, perché essa rappresenta l'elemento strategico nel-l'evoluzione dello scontro di classe per l'affermazione degli interessi generali del proletariato. È questo stesso elemento strategico che oggi, nella concreta evoluzione di eventi bellici, si pone vieppiù come l'unico in grado di spezzare le catene con le quali la borghesia imperialista vuole legare le masse alla guerra; motivo in più che rafforza e consolida le ineliminabili ragioni politiche e sociali che fanno dell'ipotesi rivoluzionaria, basata sulla strategia della lotta armata come proposta a tutta la classe, la soluzione proletaria alla crisi generale che attanaglia la borghesia imperialista e al suo sistema di potere ed apre la strada alla sconfitta della guerra imperialista e alla conquista del potere politico, per l'instaurazione della dittatura del proletariato verso la società comunista.
La tendenza alla guerra è oggettivamente insita nelle
contraddizioni dell'economia capitalistica. Il nocciolo del problema sono i
capitali eccedenti in quanto non possono essere reintegrati nella produzione
a livello di valorizzazione richiesto, provocando così recessione e depressione:
ciò che si affaccia come terreno di risoluzione è la distruzione
dei capitali eccedenti (capitali, forza-lavoro, merci, ecc.), tutto ciò
all 'interno della spinta alla ridefinizione su nuove basi della divisione internazionale
del lavoro e dei mercati. Una crisi sfociata ormai in una depressione economica
mondiale in cui la quantità e la qualità dei capitali sovrapprodotti
sono il maggiore impedimento alla ripresa economica, costituendo la spinta di
fondo alla maturazione del rapporto crisi/guerra.
Una dinamica capitalistica che, a fronte della forte integrazione economica
a tutti i livelli che caratterizza storicamente la catena. fa si che la crisi
si ripercuota in ogni paese, ed è soprattutto nell'arco dell'ultimo decennio
che nella sua progressiva generalizzazione ha investito con eguale virulenza
l'intero ambito dei paesi imperialisti, determinando una ulteriore spinta all'integrazione
monopolistica e allo stesso processo di ridefinizione geriichica della catena.
della Un quadro nel quale si sono definite le possibili risposte alla crisi,
movimento di cui sono state collante le misure economiche e politiche dell'amministrazione
Usa, a partire dalle controtendenze alla crisi adottate, in particolare con
il ricorso allo speciale stimolo economico del riarmo. e intorno al quale gli
Usa hanno anche potuto mantenere la direzione e la dominanza negli assetti ínterimperialistici.
Questi i dati oggettivi di fondo su cui l'opzione bellica come risolutrice della
crisi di sovrapproduzione di capitali trova sempre più riscontro e si
precisa nelle scelte politi-che guerrafondaie. Dati da cui prende forma il tratto
distintivo della attuale fase internazionale, nella quale si vanno a costituire
nuovi equilibri politici. Una fase che ha la sua maturazione nella realizzazione
di una duplice condizione politica: il processo di disgregazione dell'Unione
Sovietica e il processo di convergenza delle potenze imperialiste su tale direzione
di marcia. Condizioni politiche che sono il presupposto allo sviluppo concreto
della guerra.
Ciò che oggi è in pieno svolgimento è la modifica degli
assetti politici ed economici internazionali scaturiti dalla II Guerra Mondiale.
nonché da decenni di guerre di liberazione. E nel quadro dello scardinamento
dei vecchi equilibri che si colloca l'attuale proliferazione degli interventi
guerrafondai dell'imperialismo. proprio sulle linee di con-fine contraddistinte
delle precedenti relazioni Est/Ovest, segnando la connessione tra intervento
imperialista in quelle aree che presentano specifiche contraddizioni politi-che
in ragione delle quali in passato vi ha maggiormente pesato l'assetto bipolare
del mondo, e la ridefinizione delle relazioni Est/ Ovest. Un quadro di riferimento
nel quale si è potuto inserire l'intervento attuale dell'imperialismo.
che ha avuto nella guerra del Golfo il suo battesimo di fuoco. segnando un vero
e proprio giro di boa sulla direttrice del dispiegamento bellico. Un contesto
in cui l'azione politico-diplomatica e militare del centro imperialista è
passata dall'ingerenza all'intervento diretto. dispiegandosi in quelle aree
di crisi che sono cruciali sia per motivi economici che geopolitici; in primo
luogo in Medio Oriente che. data la posizione strategica che ricopre anche per
le rotte. è oggetto di una precisa strategia d'intervento che, a partire
dall'aggressione all'Iraq e dal persegui-mento del suo smembramento. mira a
ride-terminare i rapporti di subordinazione nella regione che passano in primo
luogo nella possibilità di riqualificare il ruolo di "Israele"
attraverso un riconoscimento politico da par-te dei paesi arabi. ovvero riattualizzando
il mai realizzato progetto di Camp David per stabilizzare l'area. Questo all'interno
della soluzione che l'imperialismo persegue nel conflitto più generale
arabo-sionista e in quello più specifico palestinese-sionista, che ne
rappresenta l'ostacolo insormontabile, come di-mostra il difficile percorso
della trattativa avviata a Madrid.
All'interno di questa. anche l'apparente terreno "neutro" delle trattative
multilaterali con gli organismi economici internazionali diviene un veicolo
materiale per supportare il ruolo che "Israele" dovrebbe ricoprire,
facendone riferimento obbligato per i paesi arabi nelle relazioni con l'imperialismo.
A questa strategià complessiva nella regione, da parte degli Usa principalmente,
è legato lo stesso intervento nel Corno d'Africa, a parti-re dall'occupazione
della Somalia e dalle ingerenze in Sudan. ecc. Più in generale I 'Africa,
per l'instabilità critica di tutto il continente, è sottoposta
all'ingerenza continua dell'imperialismo che sotto la copertura delle "operazioni
umanitarie" (vedi Mozambico) è tesa a stabilizzare equilibri politici
e militari a suo vantaggio. Ugualmente cruciale è l'area del Pacifico
e del Sud-Est asiatico in cui il Giappone si appresta anche dal punto di vista
militare a svolgere il suo ruolo centrale dentro l'ambito dell'alleanza imperialista,
come dimostra l'esperimento cambogiano. Interventismo che prima ancora di configurarsi
come "riconquista coloniale" si ricollega, tanto obiettivamente quanto
come necessità perseguita, alla più complessiva preparazione delle
condizioni politico-militari favore-voli all'imperialismo, nell'evoluzione del
quadro di crisi sulla direttrice Est/Ovest. Contemporaneamente le potenze imperialiste
sperimentano subito le relazioni che intendo-no imporre ai popoli da sottomettere,
privandoli del loro diritto all'autodifesa e condannandoli alle scorribande
dell'imperialismo, come dimostra l'esempio della Somalia.
Se lo scompaginantento dell'area dell'Est è l'elemento principale che
ha dato luogo al mutamento degli equilibri internazionali. il permanere di tutti
i fattori di contraddizione economici e politici dell'imperialismo, che minano
alle fondamenta il suo dominio, è l'elemento dinamico nei caratteri dell'attuale
fase. La crisi di valorizzazione del capitale. come la crisi di egemonia dell'imperialismo,
la cui barbarie ne fa il nemico mortale di tutti i popoli. sono oggi ancora
più generalizzate ed evidenti proprio a fronte della nuova situazione
internazionale che, invece di dare respiro alla debolezza intrinseca dell'imperialismo,
che produce crisi ed instabilità, spinge sempre più la borghesia
imperialista all'avventura di un nuovo conflitto mondiale. A partire dai nuovi
margini di manovra dati dall'indebolimento dell'ex Urss, l'offensiva politico-militare
imperialista sotto la leadership degli Usa ricerca e precisa strategie per ristabilire
fin da subito aree di influenza, un movimento che, per le dinamiche politiche
che apre nelle relazioni fra gli Stati, delinea oggettivamente l'interventismo
imperialista di carattere guerrafondaio in relazione ai paesi dell'Est caratterizzando
già oggi una politica imperialista di compressione della stessa Russia.
Nuove condizioni in cui la guerra del Golfo ha rappresentato il primo e più
esplicito momento concreto. nonché terreno di messa a punto e di verifica
delle linee politico-militari della strategia NATO e della tenuta dell'alleanza
imperialista. Una strategia complessiva detta di "presenza avanzata"
che se oggi ha già riferimenti concreti nella velleità di "controllo"
di ogni angolo del mondo è principalmente rivolta al piano di scontro
ad Est, una strategia offensiva dell'imperialismo tesa ad alimentare le condizioni
ad esso più favore-voli: integrando sempre più marcatamente all'intervento
politico. diplomatico ed economico lo strumento bellico.
Quanto più si fanno marcati i mutamenti del quadro geopolitico con il
modificarsi dei rapporti di forza Est/Ovest, tanto più si esplicita il
ruolo centrale dell'Europa, in quanto teatro in cui si concentrano tutte le
contraddizioni di quest'epoca storica e in cui si riflette immediatamente l'evoluzione
degli equilibri internazionali, un ruolo ancora più determinante in riferimento
alla loro possibile modificazione sulla linea della tendenza alla guerra. Perciò
l'Europa Occidemale si distingue per l'impatto qualitativo che le sue politiche
hanno sulle tappe di sviluppo dell'opzione bellica. Un ruolo centrale sul quale
influisce ulteriormente il peso delle politiche di coesione europea che si sono
affermate soprattutto in quest'ultimo decennio, politiche che hanno il loro
cardine nella necessità di favorire la creazione di un ambito economico
favorevole alla formazione dei monopoli intereuropei, un processo in cui il
grado stesso di concorrenza intermonopolistica ridefinisce reali rapporti economici
fra gli Stati, a partire dalla centralità e dalla dominanza della Germania
e dalla penalizzazione dei paesi della fascia del Sud-Europa. Un processo tutt'altro
che lineare ed indolore principalmente a causa della conflittualità data
dal carattere concorrenziale del capitale approfondito dal sopravanzare della
crisi economica che, erodendo i margini di profitto e valorizzazione, eleva
al massimo grado la competizione fra capitali sui mercati. A ciò è
legato l'andamento contraddittorio della realizzazione degli obiettivi economici
di Maastricht, che pur non invalidando la tendenza portante all'internazionalizzazione
dei capitali è sottoposta a forti controspinte che ne dilazionano e ridimensionano
le scadenze. Un processo di formazione monopolistico, quello europeo. che scarica
enormi costi sociali su milioni di operai e proletari nonché su ampi
settori di piccola borghesia, il tutto mascherato sotto la parola d'ordine di
"uniformare il mercato-. Il livello della crisi, al tempo stesso, proprio
per la relatività delle controtendenze economiche attuabili nel dargli
respiro è divenuto anche per i paesi europei la spinta più potente
sul piano delle scelte soggettivamente persegui-te sulla direzione politica
e militare. Scelte che obbligatoriamente si inscrivono dentro al quadro storico-politico
che rende il centro imperialista integrato e gerarchizzato, sia sul piano economico
che politico-militare, quale fattore condizionante che fa muovere tali scelte
sulla direttrice del confronto Est/Ovest.
In ultima analisi è la necessità di una nuova divisione internazionale
dei mercati e del lavoro l'oggettiva linea portante che informa lo stesso processo
di coesione politica del-l'Europa, di cui Maastricht è un tassello fondamentale,
un processo che, per altro verso. viene ad incidere sulla più complessiva
ridefinizione gerarchica della catena, che riflette la relativa modifica del
peso economico tra Usa ed Europa, in quanto i primi hanno subito il maggior
indebolimento per effetto della crisi. Tuttavia la modifica degli equilibri
interimperialistici sul piano economico non inficia, sul piano politico, e in
modo ancor più rigido su quello militare, il ruolo degli Usa quale paese
storicamente leader della catena pur mettendo in luce un "nuovo protagonismo
europeo". In sintesi. i processi di coesione politica ed economica dell'Europa
Occidentale si fondono con gli indirizzi guerrafondai verso l'Est europeo e
verso le aree cruciali del mondo e si può dire in questo senso che le
politiche della NATO sono in ultima istanza l'asse fondamentale della coesione
europea. e quanto più si approfondisce la dinamica della tendenza alla
guerra, c si rimarca come direttrice del conflitto l'asse Est/Ovest, tanto più
su questa direttrice il centro imperialista muove, sia pur contraddittoriamente.
a compattarsi. Compattamento il cui elemento sostanziale è il rafforzamento
della UEO. che costituisce un fatto importante nell'affermazione della Comunità
Europea, rappresentando allo stesso tempo la materializzazione di un ulteriore
rafforza-mento del pilastro europeo nella Alleanza Atlantica. Infatti, se l'Europa
economica di Maastricht stenta a decollare. con ben altro tenore procedono i
capitoli relativi alla "difesa comune", su cui sono attivizzati, dentro
alle politiche CEE, tutti i singoli Stati. La Germania in primo luogo va al
superamento di quei limiti storici imposti dalla costituzione post-bellica,
per colmare quel dislivello ancora operante tra potenza economica e assunzione
piena di quel ruolo politico e militare ad essa confacente. Un attivismo che
la vede in prima fila nel promuovere I'"esercito europeo" che, pur
costituendo un tassello molto importante nell'affermazione della leadership
tedesca in Europa Occidentale, non è conflittuale con la NATO ma complementare;
come pure nel l'ambito degli impegni assunti con la costituzione "Eurocorp"
la Francia torna a mettere proprie truppe in modo ufficiale sotto il comando
NATO.
L'ottica con la quale vengono adottate le politiche in materia di `'difesa comune"
è rivolta verso l'obiettivo che già a breve termine le borghesie
imperialiste dell'Europa Occidentale auspicano: «una grande Europa da
Occidente a Oriente», subordinata agli interessi monopolistici, obiettivo
che può darsi solo nella sottomissione dei popoli slavi. Questo obiettivo
è la ragione per cui da un anno e mezzo la Comunità Europea ha
indotto e sostenuto (acutizzando contraddizioni specifiche preesistenti) politicamente
la guerra in Yugoslavia. Un terreno nel quale la Germania si è ben distinta
per la sua specifica attivizzazione che ha avuto uno dei risultati più
evidenti nell'aver fatto della "Croazia" una sua autentica propaggine.
Perseguire tale obiettivo significa da parte dei singoli Stati ritagliarsi già
da oggi posizioni di forza, sia all' interno della Comunità Europea che
nelle relazioni con i paesi dell'Est europeo.
Attraverso il FMI, la Banca Mondiale, la BERS (Banca Europea per la Ricostruzione
e Io Sviluppo. n.d.r.) ed altri organismi appositamente creati, vengono portati
avanti inter-venti che hanno l'obiettivo della destrutturazione economica necessaria
per incidere sulla configurazione stessa del sistema produttivo, basato sulla
proprietà di Stato, in modo da renderlo ricettivo all'investimento produttivo
e finanziario capitalista. Se le acquisizioni e l'accaparramento degli apparati
produttivi, praticamente a costo zero. da parte dei grandi monopoli multinazionali,
soprattutto americani e tedeschi, presentano inevitabili aspetti di "saccheggio"
delle risorse, la loro funzione economica di sostanza è relativa al gigantesco
immobilizzo di mezzi di produzione, tecnologie, materie prime, ecc... come momento
fondamentale del passaggio ad un sistema produttivo di mercato, in quanto prima
condizione affinché questo ambiente economico sviluppato c complementare
ai canoni odierni del capitalismo sia idoneo all'estrazione di livelli adeguati
di profitto. Una "riconversione" che genera contraddizioni dirompenti
che, oltre a precipitare nella povertà milioni di proletari nella misura
in cui è pilotato dagli interessi dei grandi monopoli occidentali, comprime
le stesse borghesie nazionali nelle loro aspirazioni ad urto sviluppo in senso
capitalistico. Contraddizioni che rendono estremamente instabili gli assetti
politici in tutto l'Est e che hanno nella forma dei "nazionalismi"
la manifestazione più evidente. Tra i paesi europei, è soprattutto
la Germania che si trova nella condizione più favorevole per estendere
già oggi la propria sfera di influenza in quella cornice politica ed
economica, non ancora definita, della cosiddetta "area del marco"
che va dai Balcani al Baltico, candidandosi a potenza egemone e perno di quella
futura Europa ambita dalla borghesia imperialista.
Ma se le spinte alla penetrazione economica acuiscono le contraddizioni a livello
economico e politico nei paesi dell'Est, ancora maggiori sono i risvolti nello
stesso ambito capitalistico dove, invece di dare soluzione alla crisi cui è
giunto il modo di produzione capitalistico, tale dinamica ne accelera l'approfondimento,
non essendo sufficiente il semplice allargamento dei mercati a creare quelle
condizioni per il rilancio di un nuovo ciclo espansivo. Una condizione di cui
l'esempio più eclatante è la Germania che, a quattro anni dall'annessione
della DDR, vede precipitare tutti gli indicatori economici! L'economia capitalistica
annaspa tra i continui fallimenti delle cure alla crisi elaborate periodicamente
dai G7, le continue tempeste monetarie, i desideri roosweltiani e Io scarto
con l'attuale realtà economica, come dimostra il bilancio dei primi cento
giorni di Clinton.
Che la sola espansione economica ad Est non sia il piano risolutivo alla crisi,
lo dimostra la politica di aggressione verso la Yugoslavia. Una politica che
per la natura stessa del conflitto a cui prelude è tutta interna ai caratteri
odierni della contraddizione Est/Ovest, costituendone in questa fase il terreno
di confronto per eccellenza, cosa che mette in luce fin da subito problematiche
implicite al dispiegamento della strategia imperialista condizionata com'è
dalla maturazione di un complesso di fattori politici e militari. Fattori che
vanno a convergere obiettivamente nell'area dei Balcani, aprendo ad un suo progressivo
coinvolgimento nel conflitto quale risultato della possibile formazione di schieramenti
politici e/o militari delle forze in campo. A partire dal dictat imperialista
"assoggettamento o guerra" sono stati sostenuti, principalmente con
marchi tedeschi e scellini austriaci, Stati fantoccio nella Yugoslavia, veri
e propri retroterra del-l'interventismo imperialista, il cui riconosci-mento
internazionale ha segnato il passaggio alla vera e propria guerra. Intorno all'indirizzo
politico portante, cioè la frattura della Federazione Yugoslava, l'intervento
imperialista prevalentemente di appoggio politico e finanziario alla guerra,
che ne ha caratterizzato il primo momento, è passato all'intervento diretto
resosi necessario proprio dall'andamento concreto della guerra che non è
riuscito a conseguire vittorie sul campo.
Gli obiettivi sono quelli di pesare sui possibili sviluppi del conflitto a partire
dai passaggi critici quali ulteriore indebolimento e logoramento attraverso:
l'embargo economico della attuale Federazione Yugoslava per premere sulle sue
contraddizioni interne, l'accerchiamento c l'isolamento per impedire la costituzione
di alleanze, insieme alla necessità di consolidare "focolai di crisi"
e aprirne d i nuovi, iniziando dal coinvolgimento del Kosovo, della Macedonia,
dell'Albania e della regione del Danubio. Un coinvolgimento in cui in questa
fase è particolarmente attivizzata la Turchia. le cui mire espansionistiche
sono peraltro favorite perché rispondenti ai piani NATO. Una linea di
sviluppo dell'iniziativa politico-militare dell'imperialismo che non è
però definibile a priori perché intenti e indirizzi possibili
si scontrano e necessariamente si modificano sul terreno politico e pratico
del conflitto. L'intervento militare in grande stile non ha potuto tuttora trovare
realizzazione, e questo, se è riferito per un verso alle difficoltà
e incognite di natura militare (quali il grado di effettivo logoramento e indebolimento
del "nemico", i dubbi di riuscire ad attestare un fronte, ecc...),
è ancora più legato a problemi di carattere prettamente politico,
problemi che riguardano la inevitabile concatenazione di effetti del conflitto
sugli equilibri politici e nei rapporti di forza dell'intera Europa. i cui riflessi
arrivano a toccare tutto l'Est con ripercussioni nella stessa Russia, non preventivabili
a priori. Su un altro piano, sull'andamento del conflitto influisce la conflittualità
e "disomogeneità" tra i paesi imperialisti, prodotto in ultima
istanza delle contraddizioni interimperialiste che si manifestano nella velleità
di portare avanti una propria politica di penetrazione e destabilizzazione concorrenzialmente
con gli altri paesi, dentro l'aspro scontro che si sta svolgendo tra gli USA
e l'Europa Occidentale e. nell'Europa Occidentale stessa. per la conquista ed
il mantenimento delle rispettive posizioni gerarchiche. Contraddizioni che non
maturano sul piano politico in termini antagonistici tra gli Stati della catena,
come è avvenuto nella II Guerra Mondiale. ma sono il portato dello sviluppo
della formazione monopolistica multinazionale. In questa epoca storica dell'imperialismo,
tali contraddizioni non sono eliminate ma si ripropongono ad un altro livello,
motivo di fondo per cui la spinta alla guerra dentro la condizione storica definitasi
con la fine della II Guerra Mondiale tende ad impattare con il campo dell'Est.
Se la conflittualità agisce da relativo freno suI processo di allineamento
dei paesi imperialisti sulla guerra, è però vero che nessun paese,
per le condizioni sopraddette, è in grado di agire da solo e pertanto
è costretto a ricercare soluzioni comuni. Per questo l'al-lineamento
non essendo dato a priori. matura sulla possibilità di ricomporre di
volta in volta nel quadro integrato NATO le scelte unitarie, momenti di risoluzione
che sono perciò importanti indicatori del reale grado di avanzamento
della spinta bellica, sia in riferimento allo specifico teatro yugoslavo che
nella più generale tendenza all'impatto con l'Est.
Quello a cui ci troviamo di fronte è un indubbio salto di qualità
nei caratteri della crisi slava e nelle relative politiche dell'imperialismo,
che ne fa la chiave di volta che traccia in modo chiaro la prevalenza degli
intenti bellici non come un pericolo metafisico, ma determinato a partire dai
potenti fattori oggettivi della crisi economica che, nella loro maturazione,
spingono sul piano delle scelte soggettive. In questo senso dentro ad un processo
non lineare, né di pura reiterazione su scala più ampia. la politica
interventista dell'imperialismo sul teatro bellico yugoslavo, che si inserisce
nella più vasta strategia applicata nei confronti dei paesi dell'ex Patto
di Varsavia e verso la ex URSS, può considerarsi il catalizzatore odierno
delle relazioni Est/Ovest, la punta avanzata trainante nella direttrice dell'opzione
bellica. Una direzione di marcia che a partire dalla necessità di capitalizzare
gli attuali rapporti di forza con l'ex Patto di Varsavia vede gli imperialisti
attivi anche nel costituire strutture che hanno una loro funzione in questa
fase, nell'obiettivo di consolidare legami di subordinazione sulla direttrice
di penetrazione ad Est di natura politica, come ad esempio nella CSCE (Consiglio
per la Sicurezza e la Cooperazione Europea) , e di controllo militare, come
nel COCONA (Consiglio di Cooperazione del Nord Atlantico - dove la NATO è
presente direttamente). In questa cornice formale i paesi imperialisti, USA
in testa, intendono portare avanti l'azione destabilizzante sulla base delle
tensioni che si agitano in tutta l'area, fin dentro l'ex URSS. Più in
generale l'imperialismo dispone nell'ONU di un cappello internazionale a copertura
giuridica delle sue diverse crociate. Questo organismo. specchio degli odierni
rapporti di forza e degli equilibri sopraggiunti nell'assetto bipolare del mondo,
nei fatti funge anche da testa di ponte per la presenza militare dell'imperialismo
in ogni area di crisi e lo stesso diritto internazionale diventa uno strumento
al servizio degli interessi do-minanti della catena imperialista e supporto
delle scelte politiche della borghesia imperialista cui viene fatto ricorso
per dare una sorta di legittimità ideologica all'innesco di crisi regionali
come al relativo posizionantento e occupazione degli eserciti imperialisti.
Se l'intervemismo imperialista può usufruire dei margini di manovra dati
dagli attuali equilibri internazionali. tuttavia al suo interno grava, quale
principale elemento di debolezza politica, la difficoltà che ogni paese
presenta nel sostenere i costi politici delle contraddizioni che le scelte guerrafondaie
aprono al suo interno, riferibili in generale a quel l'aumentato peso del la
soggettività nello scontro tra le classi che storicamente segna un innalzamento
della consapevolezza del proletariato e dei popoli rispetto alla guerra imperialista.
Di fronte agli esiti distruttivi che la guerra imperialista prospetta per il
proletariato e i popoli a poco vale la propaganda mistificatrice fatta di sciovinismo
e di vuota ideologia anticomunista, vecchi strumenti a cui la borghesia imperialista
ricorre per annichilire le masse, che più sostanzialmente si sorregge
sulla irregimentazione politica. La borghesia imperialista ricorre alla guerra
come mezzo per superare la sua irrisolvibile crisi e salvaguardare i suoi interessi
di classe, contrapposti in termini antitetici agli interessi del proletariato
e dei popoli, per i quali l'opposizione alla guerra diventa questione di vita
o di morte. La necessità stessa delle guerre moderne di mobilitare il
proletariato sia nel settore della produzione che come carne da cannone, è
un elemento che approfondisce le contraddizioni politiche nello scomro, aprendo
le premesse a profondi rivolgimenti sociali, come hanno dimostrato le rotture
rivoluzionarie avvenute durante la I e la Ii Guerra Mondiale. Ed è proprio
di fronte a questa esperienza che la borghesia imperialista dell'epoca contemporanea
ha maturato forme avanzate di dominio, sviluppando in esse la controrivoluzione
preventiva come dato costante e che in prossimità della guerra deve essere
ulteriormente rafforzata, ben sapendo che se la sola opposizione spontanea del
proletariato alla guerra nulla può contro l'organizzazione capitalistica,
quando è diretta dalla soggettività della guerriglia è
in grado di mettere in discussione il suo potere. In questo senso la guerra'
imperialista non è controrivoluzione, ma la presuppone come indispensabile.
Un aspetto specifico del rafforzamento della contro- . rivoluzione è
costituito dal concetto portante del "Nuovo Modello di Difesa" definito
dalla NATO, che poggia sul principio indivisibile di "guerra esterna-guerra
interna". Un modello sul quale ogni Stato è tenuto a riorganizzare
il proprio esercito. indipendentemente dalla imminenza o meno del conflitto,
come rafforzamento preventivo di uno strumento antiproletario e controrivoluzionario
di cui lo Stato necessita dentro la progressiva polarizzazione degli interessi
di classe. L'effettivo dispiegamento dei militari in funzione di ordine pubblico,
così come è previsto dal modello, è però fortemente
condizionato da-gli equilibri politici e di forza fra le classi, per i riflessi
immediati che ha sullo scontro. Per questo la sua affermazione è tutt'altro
che meccanica, come nel caso dell'Italia, nono-stante i decreti-legge in materia.
Gli avvenimenti che stanno succedendosi con velocità progressiva in Italia.
definisco-no un contesto politico altamente contraddittorio che si configura
come di trapasso alla II Repubblica, nel quale si accumulano l'affrontamento
di questioni centrali e inderogabili che vanno dal governo dell'economia mia,
in questa fase di crisi-recessione. al rapporto di scontro fra campo proletario
e Stato, e infine al livello raggiunto dalla "Riforma dello Stato- che
vede ormai giunta ad un punto critico la lunga crisi politico-istituzionale.
in particolare quella dei partiti e delle forme di rappresentanza nelle quali
hanno svolto il loro ruolo. Il ritardo nella risoluzione di questi fattori di
crisi fa si che in Italia gli scarti da colmare siano maggiori nell'allineamento
ai modelli di "democrazia matura" vigenti negli altri Stati capitalistici.
In parti-colare la borghesia imperialista deve fare ì conti con una crisi
di grosse proporzioni che fa si che lo Stato vari politiche economiche per sostenere
il grande capitale nell'approfondimento dei processi di concentrazione e centralizzazione
monopolistica e finanziaria. per la spietata concorrenza che si gioca fra i
capitali più forti nell'ambito della formazione monopolistica europea
e nella penetrazione dei mercati dell'Est, il che comporta un rastrellamento
di risorse per intero pagate dalla classe operaia e dal proletariato. A questo
fa da sfondo la crisi generale di sovrapproduzione di capitali e mezzi di lavoro,
una crisi di valorizzazione che al contempo approfondisce ulteriormente la restrizione
della base produttiva. Una crisi che, se è generale. in Italia rende
ancora più evidenti le sue conseguenze, poiché vengono al pettine
tutti i nodi della base strutturale e quindi la sua vulnerabilità rispetto
agli altri paesi capitalistici, come pure tutta la debolezza di uno Stato che.
oggi più che mai, deve sostenere finanziariamente il capitale in una
condizione che rasenta il tracollo nel deficit di bilancio e che invece richiede
il varo di politiche di sostegno generale che, seppure di segno recessivo sono
volte a superare l'insufficienza dei soli interventi monetaristici. In questo
senso il processo di rifunzionalizzazione dei poteri dello Stato unitamente
alle scadenze poste dal governo dell'economia sono i due aspetti cruciali nella
caratterizzazione della fase di scontro attuale.
Ciò che il decennio scorso ha messo in luce è come, a partire
dalla controrivoluzione del-lo Stato negli anni '$0 e con quello che ne è
conseguito sul piano politico generale, si sono potute dare le condizioni nei
t'apporti di forza tra le classi per raggiungere quella relativa stabilità
che ha permesso di ottenere. seppure sempre più contraddittoriamente,
gli equilibri politici in grado di garantire la praticabilità dei programmi
e assestare passaggi di progressivo accentramento dei poteri nell'esecutivo,
sui quali hanno ruotato le risoluzioni possibili del più complessivo
riassetto dello Stato, senza per questo riuscire a sciogliere i nodi fondamentali.
Questo anche a seguito dell'intervento delle BR che, in dialettica con le istanze
più mature dell'autonomia politica di classe, hanno saputo, nelle diverse
fasi di scontro, disarticolare quegli equilibri politici funzionali a portare
a compimento i progetti centrali della borghesia imperialista e del suo Stato.
Un processo, quello della rifunzionalizzazione dello Stato, che è avanzato
perciò contraddittoriamente e tra fragili equilibri nel paese e che.
seppur in presenza di un arretramento delle posizioni del campo proletario,
non ha consentito alla borghesia imperialista ed al suo Stato di consolidare
a tutt'oggi quella base di forza sufficiente per arrivare linearmente alla sanzione
formale dei progetti di "riforma" dello Stato in conseguenza dei passaggi
già effettuati su questo terreno anche per la difficoltà di normalizzare
fino in fondo la dinamicità e qualità dello scontro di classe.
espressione dei caratteri politici che lunghi anni di lotta proletaria e rivoluzionaria
vi hanno sedimentato.
Ciò in un quadro in cui sempre più le condizioni di recessione
mondiale hanno ristretto gli spazi di manovra nelle scelte da operare sia nel
campo dell'economia che in quello della politica, che queste scelte deve saper
garantire. determinandosi così una accelerazione delle contraddizioni
e un ulteriore squilibrio di tutti i fattori di crisi economica, sociale, politica
e istituzionale.
E da tale contesto che sono maturate soluzioni sempre più improntate
ad un affrontamento delle contraddizioni in cui si sono ridotti drasticamente
i termini di ricucitura politica tanto sul piano classe/Stato che a livello
delle istituzioni e delle forze politiche borghesi. aprendo la strada a forzature
laceranti nelle relazioni generali tra le classi. Così alla progressiva
messa in crisi delle sedi parlamentari ed istituzionali hanno corrisposto i
maggiori poteri accentrati nel-l'Esecutivo e nelle massime cariche dello Stato,
all'interno di un contesto caratterizzato da colpi di mano e dalla politica
dei fatti compiuti. allo scopo di indirizzare e funzionalizzare l'ordinamento
istituzionale dentro a quei passaggi politici indispensabili a recidere sino
in fondo i legacci dell'impianto istituzionale e costituzionale della I Re-pubblica.
Passaggi politici che nella "demolizione" traumatica degli equilibri
esistenti sono tesi a determinare le condizioni nei rapporti politici e sociali
su cui erigere i nuovi equilibri funzionali a sostenere i cambiamenti per lo
sbocco alla II Repubblica. In questo senso trovano il loro terreno materiale
dentro all'approfondimento controrivoluzionario e antiproletario del rapporto
di scontro con la classe. Infatti, contestualmente al varo di misure di attacco
alle condizioni di vita politiche e materiali della classe sono stati opera-ti,
soprattutto ultimamente. cambiamenti di notevole importanza in alcuni apparati
chiave dello Stato, in primo luogo nell'ulteriore potenziamento delle competenze
politiche del Ministero degli Interni e della sua funzione centralizzatrice
di controllo e messa in pratica delle direttive dell'Esecutivo sui poteri locali.
a cui inoltre fanno capo il riordino della rete delle prefetture c delle strutture
repressive; così come su un altro piano è significativa l'istituzione
di un livello di magistratura inquirente la cui funzione è strettamente
legata alle esigenze politiche del-l'Esecutivo e che è anche rivolta
a rideterminare complessivamente il ruolo del-la magistratura e dell'impianto
giudiziario.
"Riforme" che se nella loro funzione primaria sono tese al rafforzamento
e consolida-mento di tutti gli strumenti controrivoluzionari e antiproletari
a livello preventivo. raggiungendo peraltro i canoni degli altri paesi capitalistici,
nello stesso tempo, poiché le loro funzioni sono centralizzate politicamente
nell'Esecutivo, definiscono, all'interno del più generale processo di
rifunzionalizzazione in corso, l'alto accentramento delle leve di potere di
cui esso dispone.
Tali modifiche sono avvenute nel contesto di accresciuta instabilità
politica e sociale unitamente al clima di perenne emergenza terroristica fomentato
dallo Stato e nel quale l'Esecutivo è intervenuto sul terreno dell'or-dine
pubblico con decreti ulteriormente restrittivi: modifiche di cui l'Esecutivo
si è avvalso per premere sulle condizioni dello scontro di classe e nello
stesso tempo per influire, in questa fase di transizione, nel processo di demolizione
dei vecchi equilibri politico-istituzionali allo scopo di recuperare così
margini di manovra sufficienti ad opera-re i passaggi fondamentali verso lo
sbocco alla 11 Repubblica.
Alla precarietà degli equilibri conseguiti in questi passaggi si è
saldata la stessa crisi di rappresentatività che attraversa tutti i partiti,
provocando un movimento violentemente contraddittorio che pare scuotere alle
fonda-menta tutto il sistema. Tutto ciò riflette ed è al tempo
stesso agente del deterioramento del più generale assetto istituzionale
e costituzionale della I Repubblica: un deterioramento del resto perseguito
attivamente come con-dizione politica all'interno della quale accelerare i passaggi
verso lo sbocco alla II Re-pubblica e in cui si sono inserite le spinte e le
pressioni del grande capitale per imprimere una rotta verso soluzioni che meglio
e più direttamente rappresentino gli interessi della frazione dominante
di borghesia imperialista al fine di ergerli come centrali e dominanti sia rispetto
agli altri spezzoni di borghesia, che soprattutto in riferimento alla classe
operaia e al proletariato, spinte distruttive che punta-no a forzare i tempi
della svolta istituzionale in atto e a compattare su questa lo schiera-mento
politico istituzionale.
Una rotta resa evidente dalla costituzione dell'attuale Esecutivo Ciampi di
fronte al permanere di un quadro di instabilità nel paese ed equilibri
politico-istituzionali non pienamente assestati. Una condizione politica che
è stata alla base della crisi dell'Esecutivo Amato e della impraticabilità.
al di là delle dichiarazioni di intento iniziali. di dare risposta in
primo luogo alla riforma elettorale, demandata in larga parte al parlamento
attraverso la bicamerale. Una crisi politica entro cui è maturato lo
stesso referendum sulla legge elettorale che ha assunto, al di là della
grancassa borghese, il solo significato di un passaggio politico atto a delineare
quegli steccati entro cui porre mano ad uno dei nodi costitutivi della Il Rebubblica.
In questo senso l'Esecutivo attuale dovrà essere funzionale ad assestare
gli strappi operati sul piano istituzionale, portare a compi-mento la riforma
elettorale usufruendo della legittimazione formale data dal referendum. porre
mano a quel complesso di revisioni costituzionali attinenti alle relazioni tra
i di-versi poteri dello Stato ed operare una stabilizzazione del quadro politico-istituzionale.
Fin dall'ano della sua formazione questo Esecutivo ha nei fatti ratificato l'assunzione
dei poteri nella presidenza del consiglia che ne fa una sorta di "cancellierato".
espressione del salto di qualità che, resosi necessario per superare
l'empasse politico-istituzionale e la relativa ingovernabilità determinata
dal disfacimento dei vecchi equilibri politici, prefigura in maniera sempre
più evidente quella forma di governo e quei caratteri propri della fisionomia
e del funzionamento de-gli esecutivi della 11 Repubblica.
Un contesto politico che esprime bene come la borghesia imperialista, pressata
dai suoi interessi, spinga per assestare una volta per tutte il complesso della
mediazione politica tra classe e Stato a proprio favore e come i partiti politici,
pur tra laceranti contraddizioni, siano costretti a ruotare gioco forza intorno
al quadro di mutamemi nella mediazione politica per rappresentare al meglio
questi interessi. Un movimento teso chiaro dal per-corso assunto dalla stessa
DC che. pure in piena crisi politica, cerca di ridefinire la propria centralità
per guidare gli sbocchi di questa fase di transizione all'interno del più
complessivo processo di "riforma" dei parti-ti. Un processo teso a
superare i caratteri dei cosiddetti "partiti di massa" che dal dopo-guerra
hanno avuto un ruolo centrale nella mediazione politica, in primo luogo per
filtrare la forte connotazione politica dello scontro di classe. In questo senso,
lo "snellimento" che attualmente li attraversa non costituisce soltanto
una riduzione quantitativa degli interessi rappresentabili, ma è necessario
alla stessa formazione della rappresentanza politica di tipo maggioritario che
il nuovo quadro di democrazia formale prefigura, funzionalmente alla stabilità
degli Esecutivi e in particolare ai processi di accentramento dei poteri che
intorno all'Esecutivo si sono andati a maturare. Un modello che. storica-mente,
per le regole politiche che lo definiscono, favorisce non solo la riduzione
della rappresentatività partitica, ma soprattutto un più alto
grado di formalità della democrazia borghese e ciò non solo rispetto
allo scontro di classe, ma anche alla stessa dialettica istituzionale e parlamentare,
ed ha come risvolto un salto qualitativo nelle modalità con cui sul piano
politico vanno a pesare gli interessi della borghesia imperialista sulle scelte
fondamentali del paese.
Uno sbocco verso il quale lo Stato già opera attivamente costruendo campagne
politiche tanto moralizzatrici quanto demagogiche. come nel caso ultimo del
referendum in cui vengono organizzati i movimenti a sostegno dei nuovi equilibri
borghesi che dovrebbero sancire con la riforma elettorale lo snodo principale
per avviare il salto alla "democrazia compiuta"; una mobilitazione
lealista che trova sul piano sociale una condizione che consente in particolare
l'utilizzo politico di quei ceti medi oggi estremamente instabili, soggetti
a tentennamenti sia per l'incertezza in cui li sospinge la crisi del capitale,
che per il ridimensionamento del peso politico del campo proletario nello scontro:
tutto ciò in un contesto in cui le forze politiche dell'opposizione istituzionale
e i sindacati sono anche impegnati in prima per-sona nella velleità di
mobilitare in senso lealista a sostegno dello Stato gli ambiti di classe e proletari.
Uno sbocco alla lI Repubblica tutt'altro che lineare. con esiti non certo scontati,
anche se in un percorso già dato nelle sue linee generali, proprio perché
in ultima istanza fa riferimento al rapporto di scontro tra classe e Stato e
all'evoluzione dei diversi fattori in campo.
È quindi dimostrato come questo sbocco non possa essere altro che il
prodotto storica-mente determinato dello scontro politico e sociale che è
maturato in Italia, e come la sua configurazione affondi le radici e sia stretta-mente
aderente al quadro economico, politico e sociale italiano che, in questa fase,
sta materializzando un tipo di relazioni tra classe e Stato che non ha eguali
nella storia recente del paese, in cui si intende attaccare frontalmente il
presupposto della cosiddetta "anomalia' italiana. che, se è riferita
per parte borghese al problema delle condizioni della "alternanza",
più sostanzialmente punta al ridimensionamento del peso politico che
il proletariato. la classe operaia in testa, si è duramente conquistato
in questi 50 anni, e in cui si tenta di intaccare i caratteri propri che hanno
contraddistinto lo scontro di classe con forti espressioni di autonomia politica
di classe di marcata connotazione antistatuale, antistituzionale e antirevisionista
anche per la presenza delle BR che hanno determinato lo spessore politico dello
scontro rivoluzionario e di classe condizionando le dinamiche di svolgimento
del più generale confronto classe/Stato. Ridimensionamento che dovrebbe
trovare il suo corrispettivo nelle sedi politico-istituzionali così da
esprimere sul piano della sanzione formale i rapporti di forza favorevoli alla
borghesia imperialista e in ciò consolidare il salto controrivoluzionario
operato nel rafforzamento, pur sempre relativo, dello Stato nei confronti del
campo proletario.
Un piano, quello della "riforma" dello Stato, strettamente legato
a quello che è il nodo del "risanamento economico", e che per
la borghesia imperialista e il suo Stato ha visto approfondirsi la necessità
di una ulteriore rimodellazione delle relazioni sociali al livello capitale/lavoro.
La ricerca della ratificazione del modello neocorporativo, che costituisce l'aspetto
più corposo della seconda parte dell'accordo sul costo del lavoro, è
nei fatti l'altra faccia della medaglia e al contempo uno dei tasselli fondamentali
sul piano delle relazioni sociali tra classe e Stato nella configurazione della
II Repubblica. AI massimo dello sfruttamento della forza-lavoro, con un peggioramento
delle con-dizioni materiali di riproduzione del proletariato si vuol fare corrispondere,
sul piano politico. la sostanziale impossibilità di conta-re nei fatti.
così da non travalicare i margini delle "compatibilità"
date dalle esigenze del-la borghesia imperialista. Più precisamente la
borghesia imperialista vuole avvalersi di un complesso di relazioni formali,
dove la spinta e la resistenza della classe devono venire incanalate e depotenziate
nel reticolo di rapporti e strutture di stampo neocorporativo già predisposti
per fungere da filtro politico tra istanze di lotta e piano di relazioni formali
al di fuori e contro gli interessi di classe.
È il piano reale dello scontro, per la qualità politica espressa
dalla resistenza operaia anche in questa fase nella consapevolezza della posta
in gioco, che comunque fa sì che la definizione e ratificazione del modello
neocorporativo sia tutt'altro che lineare e scontata. Poiché alla ormai
assestata pratica degli accordi triangolari al vertice non corri-sponde di fatto
quella pace sociale e quella normalizzazione che questo tipo di relazioni persegue.
allargando ulteriormente la forbice tra accordi al vertice e quanto si esprime
nel conflitto di classe.
In sintesi, il processo di forte centralizzazione sul quale ruota la riformulazione
degli istituti e dei poteri dello Stato si dà nell'approfondimento del
rapporto di scontro sia sul piano politico classe/Stato che a livello rivoluzione/controrivoluzione,
così da caratterizzare il tipo di relazioni tra campo proletario e Stato
in questa fase politica.
Se sul piano interno sono questi i termini generali della fase di scontro, è
sul piano internazionale. nella preparazione dello sbocco bellico alla crisi,
il terreno sul quale si qualifica la politica imperialista italiana in concorso
con le altre potenze imperialiste occidentali, in un quadro integrato da quegli
interessi generali e dalla egemonia che in essi esprimono gli USA sulla direttrice
di scontro Est/Ovest, entro cui si vanno a ridefinire in un movimento contraddittorio
le stesse posizioni gerarchiche interne alla catena imperialista.
Più in particolare ciò è valido per la frazione dominante
di borghesia imperialista no-strana che, scontando sul piano internazionale
tutta la propria debolezza storica e strutturale, vede solo nel pronto adeguamento
e nel far propri gli indirizzi bellicisti la possibilità di ritagliare
al meglio i propri interessi, di veder riconosciuti i propri appetiti, poiché
non è dato, stante questo grado di integrazione e di strutturazione gerarchica,
a nessuna potenza imperialista e tanto meno alla "me-dia potenza"
Italia, ritagliarsi in proprio, sulla base degli esclusivi rapporti di forza
interimperialistici. interessi particolari che non siano quelli compatibili
all'interesse generale. È in questo quadro generale che si colloca il
"ritrovato protagonismo" internazionale dell'Italia, in particolare
a partire dagli anni '80. del quale va colto non solo il suo dispiegarsi quantitativo,
ma i notevoli salti qualitativi nell'aggressione ai popoli e nella irregimentazione
controrivoluzionaria interna che questo interventismo ha posto con impelleme
necessità.
Un contesto di progressiva attivizzazione bellicista strettamente aderente all'evoluzione
del quadro internazionale e in principal luogo lungo i mutamenti e le rotture
avvenuti nelle relazioni Est/Ovest che attraversano tutta l'area geo-politica
in cui l'Italia è inserita. Ciò ha imposto una riqualificazione
del proprio ruolo e del livello di responsabilizzazione nel farsi carico degli
interessi generali della catena imperialista in un movimento tutto interno ai
crescenti impegni NATO, tale da produrre un ampliamento della sua attività
di potenza ben al di là del ristretto ed esclusivo vincolo geografico.
Oltretutto, questo è un piano di relazione obbligato per l'Italia, pena
lo scivolare dalle sue posizioni rispetto ai nuovi assetti interimperialistici
che dentro questa dinamica guerrafondaia si vanno delineando, in particolare
nell'ambito europeo. anche in virtù delle contraddizioni prodotte dal
livello di concorrenza economica fra i diversi paesi imperialisti. Un indirizzo
sempre più aperta-mente aggressivo sviluppatosi non solo rispetto all'area
meditteraneo-mediorientale, non trascurando la presenza in altre aree storiche
di crisi, quali Somalia, Mozambico e Cambogia. ma che ha trovato un punto di
ulteriore maturazione in riferimento all'area balcanico-danubiana con un interventismo
sempre più crescente che l'ha vista passare: dal ristabilimento di una
sorta di "protettorato" sull'Albania, alle iniziative tese ad alimentare
il secessionismo in Slovenia c Croazia prima e nel Kosovo poi, alla rimessa
in discussione degli accordi di Osimo, fino alle forzature rivolte al riconoscimento
della Macedonia... Insomma, un complesso di interventi tesi a contribuire alla
ulteriore destabilizzazione del teatro di crisi e a preparare le condizioni
politico-militari per un intervento diretto,
II farsi carico degli impegni crescenti sulla scena internazionale ha comportato
per l'Italia l'adozione del cosiddetto "nuovo modello di difesa" che
risponde proprio al carattere offensivo di affrontamento delle contraddizioni
nei teatri di crisi aperti dall'imperialismo. Ciò impone allo Stato di
ristrutturare qualitativamente le forze armate razionalizzandole funzionalmente
alla rideterminazione dei rapporti integrati, sia in ambito NATO che UEO, all'interno
dei nuovi modelli operativi di intervento nessi in campo dalla strategia imperialista.
Ciò per l'Italia ha significato assumersi scelte politi-che precise ed
improrogabi I i affinché le fosse riconosciuto un ruolo non secondario
in un pronto adeguamento ai dettami imperialisti che, in particolar modo oggi
rispetto alla crisi yugoslava, non solo trova l'Italia schierata da un punto
di vista politico per l'escalation militare (indirizzo prontamente ribadito
dal-l'attuale presidenza del Consiglio), ma che ha trovato il suo corrispettivo
nei primi e significativi riconoscimenti e attribuzioni di responsabilità
con la direzione dei quadri operativi militari decisi e coordinati in sede sovranazionale
verso il fronte yugoslavo. Fatti questi che qualificano l'Italia non come semplice
attore comprimario. ma come attivo protagonista. Un quadro di impegni sostenuto
finanziariamente attraversi) il continuo drenaggio e dirottamento di risorse
che contempla anche il sostegno all'industria bellica in una visione di lungo
respiro fuori dagli accidenti congiunturali del quadro economico e con buona
pace dello "Stato sociale".
Un indirizzo di politica estera che, se trova nella riorganizzazione degli apparati
diplomatico-militari il terreno più immediato, rimanda più in
generale al modo stesso in cui lo Stato si relaziona al piano internazionale
e assume il suo ruolo nella catena imperialista. in particolar modo investe
la funzionalità dei suoi apparati rispetto alle linee di indirizzo politico
da prendere e le forme di governo adeguate alla gestione dell' innalzamento
dello scontro che le politi-che imperialiste implicano. Una dinamica concretizzatasi
sempre più nella concentrazione delle decisioni politiche su questa materia
negli Esecutivi, nella marginalizzazione delle sedi parlamentari in cui le forze
politiche borghesi sono chiamate a ruotare e sostanzialmente ad omologarsi intorno
alle decisioni politiche prese, in un allineamento generale alle scelte più
interventiste, che han-no eroso le stesse posizioni espresse dal pacifismo piccolo
borghese, con ciò dimostrando quale sia la vera natura di classe dei
socialdemocratici di ogni risma.
In sintesi. a fronte del quadro internazionale dominato dagli scenari di guerra,
anche il contesto interno ad ogni Stato non può che riflettere le caratteristiche
dominanti di questa fase, in particolar modo nel nostro paese si interrelaziona
con quel più generale pro-cesso di riforma delle istituzioni in direzione
della Il Repubblica che investe gli assetti istituzionali, le forze politiche
e soprattutto il piano dei rapporti politici e di forza tra borghesia e proletariato.
Processi di guerra imperialista all'esterno che si saldano con la messa in campo
di tutti quegli strumenti indirizzati al governo del conflitto di classe, al
fine di un controllo preventivo marcatamente antiproletario e controrivoluzionario.
Poiché la forzata pacificazione interna è parte integrante della
preparazione alla guerra, i salti politici che questa preparazione comporta
necessitano un approfondimento del piano di irregimentazione e controrivoluzione
interna. La borghesia imperialista non tralascia di dare fiato alla propaganda
apologetica e militarista a base di ingerenze a scopo di "aiuto umanitario"
e "operazioni di polizia", volte a costruire quel clima politico generale
di legittimazione sciovinista e guerrafondaio atto a pesare nei rapporti tra
le classi. Ma proprio sul terreno del loro governo, in rapporto agli interessi
di classe ed alle reali aspirazioni dei popoli, queste misure politi-che vivono
la loro massima debolezza e contraddizione per la borghesia imperialista.
È proprio all'interno di una situazione internazionale,
in un contesto in cui il livello di crisi dell'imperialismo favorisce sempre
più il maturare di spinte belliciste che influenza-no le relazioni dello
scontro fra le classi in ogni singolo paese, che emerge con forza quello che
è il risvolto proletario alla crisi della borghesia imperialista e ai
suoi processi di guerra. Si approfondiscono ulteriormente il divario e la polarizzazione
fra gli interessi proletarie quelli della borghesia imperialista, così
come quelli dei popoli della periferia verso l'imperialismo. Un quadro di scontro
che certo non fa venire meno le ragioni fondamentali della lotta rivoluzionaria,
anzi ne riafferma la necessità proprio in relazione alle condizioni di
approfondimento del rapporto rivoluzione/controrivoluzione, imperialismo/antimperialismo,
entro cui si deve misurare lo sviluppo stesso del processo rivoluzionario sia
nel centro imperialista che nella periferia. Uno sviluppo che si dà obbligatoriamente
a partire dai livelli più avanzati che i processi rivoluzionari hanno
saputo porre e sedimentare nello scontro concreto con l'imperialismo: la guerra
di classe di lunga durata guidata dalla guerriglia nel centro imperialista ed
i processi di guerra di liberazione nazionale portati avanti dalle forze rivoluzionarie
in periferia. Processi rivoluzionari che, seppure si svolgono su piani distinti,
sono inseriti in un processo storico unitario determinato dal confronto con
Io stesso nemico: I' imperialismo.
Per questo I'antiniperialismo si riafferma come il collante politico, pur nelle
diverse finalità e caratteristiche che animano i pro-cessi rivoluzionari
del centro e della periferia (diversità determinate dalle caratteristiche
strutturali, di cui le forme del processo rivoluzionario e le forze rivoluzionarie
che si producono non sono altro che il prodotto storico concreto), unico in
grado non solo di realizzare il collegamento strategico tra pia-no delle lotte
rivoluzionarie del centro e quel-lo della periferia, ma di farlo vivere concreta-mente
a questo livello del rapporto imperialismo/antimperialismo attraverso una prassi
che permetta di confrontarsi oggi con l'offensiva imperialista ed i concreti
processi di guerra. E ciò perché. nonostante la pressione imperialista,
in realtà si acutizzano e approfondiscono le contraddizioni tra imperialismo
e popoli oppressi nella periferia e le contraddizioni tra proletariato e borghesia
e tra Stato e classe nel centro imperialista; l'iniziativa imperialista si misura
già da oggi con le resistenze dei popoli e l'attività delle forze
rivoluzionarie che pur a diversi livelli prendono posizione di fronte all'aggressione
imperialista.
Si produce a un punto più alto di sviluppo il confronto/scontro tra le
dite tendenze fondamentali dell'epoca storica dell'imperialismo: la tendenza
alla guerra e la tendenza alla rivoluzione.
In particolar modo nella nostra realtà la guerriglia rappresenta la sola
possibilità di esprimere una posizione rivoluzionaria di contro alle
politiche del proprio Stato e dell'imperialismo, unica in grado di far avanzare
l'alternativa proletaria e rivoluzionaria alla crisi della borghesia imperialista,
di ne-gare nei fatti il carattere fatalistico e ineluttabile della guerra imperialista.
La guerriglia nella metropoli si è confermata nella prassi come la possibilità
concreta di opporsi su un piano offensivo ai progetti bellicistici, antiproletari
e controrivoluzionari della borghesia imperialista. all'interno della politica
rivoluzionaria storicamente determinata ed ade-guata al livello di scontro nelle
metropoli: la strategia della lotta annata per il comunismo.
Fin dal suo sorgere la guerriglia, in particolare l'impianto strategico e politico
delle BR, ha collocato la questione dello sviluppo della guerra di classe nei
centri imperialisti come parte della rivoluzione mondiale rispondente agli interessi
generali del proletariato inter-nazionale. Il costituirsi delle BR come organizzazione
comumista internazionalista cd amimperialista in continuità con l'esperienza
del Movimento Comunista Internazionale, ha permesso di denotare la propria strategia
rivoluzionaria con un carattere inter-nazionalista rispondente ai termini necessari
allo sviluppo del processo rivoluzionario in atto su scala mondiale, nella presa
d'atto del livello storico concreto posto alla lotta antimperialista dalle trasformazioni
'imperialismo dopo la II Guerra Mondiale, dal confronto con lo sviluppo delle
guerre di liberazione nazionale e con le basi teorico-politiche poste dalla
guerriglia. Ciò ha per-messo la definizione sia della dimensione politica
della propria attività internazionalista che, più concretamente,
degli elementi politici su cui doveva marciare la propria prassi su questo terreno,
nella attualizzazione dell'internazionalismo proletario in cui internazionalismo
ed antimperialismo caratterizzassero i contenuti della dialettica guerriglia/autonomia
di classe, consapevolmente sin dall'inizio sul terreno di sviluppo della guerra
di classe. Una consapevolezza sempre più precisata all' interno dei salti
e delle rotture della realtà dello scontro in questi vent'anni, nella
prassi concreta messa in campo e dalla esperienza maturata su questo terreno
da altre forze di guerriglia, nel continuo confronto con i nodi dello scontro
che ha portato a sintetizzare uno sviluppo e approfondimento del piano strategico
e politico a partire dall'analisi concreta della situazione concreta.
L'antimperialismo è quindi stato assunto dalle BR sul terreno rivoluzionario
come terreno prioritario, a maggior ragione per una forza rivoluzionaria che
opera nel cuore dell'imperialismo, sapendone collocare nel-la propria impostazione
il piano e la portata rispetto all'antimperialismo praticato dalle forze rivoluzionarie
della periferia. Le direttrici su cui si è articolata nelle diverse fasi
e congiunture l'attività antimperialista delle BR sono conseguenti a
questa impostazione strategica e. nella prassi, questi assi di inter-vento si
sono meglio precisati trovando di volta in volta verifica e maturazione di livelli
di attestazione, che hanno avuto come sbocco la necessità di indirizzare
l'attacco alle politiche centrali dell'imperialismo. quelle cioè che
nel complesso quadro degli equi-libri politici e di forza internazionali puntano
al suo rafforzamento e sono quindi componente fondamentale delle strategie imperialiste.
Le BR fanno vivere questa necessità nel contributo alla proposta di costruzione
e consolidamento del Fronte Combattente Antimperialista, che è il passaggio
politico più avanzato per collocare l'antimperialismo al livello di scontro
con l'imperialismo in questa fase storica. Il FCA è l'organismo politico-militare
ade-guato ad impattare le politiche dell'imperialismo nella nostra era geo-politica,
in quanto ricompone sul piano della soggettività rivoluzionaria l'oggettiva
convergenza di interessi espressa dalle forze rivoluzionarie e dalle lotte del
centro con quelle della periferia al fine di favorire il più vasto schieramento
combattente contro il nemico comune: l'imperialismo.
Da ciò l'importanza rivestita dal Fronte rispetto alla sua funzione nei
confronti del nemico comune: un obiettivo all'ordine del giorno per ogni forza
rivoluzionaria conseguente. Oggi la misura concreta della valenza e della portata
storica che ha per il processo rivoluzionario internazionale si rende tanto
più evidente all'interno di una fase di scontro che vede l'imperialismo
perseguire politiche ben precise, politiche che si riversano in maniera differente
sia contro le condizioni politiche e materiali del proletariato e contro la
sua avanguardia rivoluzionaria nel cuore dell'imperialismo, sia contro i popoli
della nostra regione nella quale gli attuali processi di coesione politico-militare
dell'Europa Occidentale, interni al rafforzamento del-I 'Alleanza Atlantica,
e le dinamiche generali della rottura degli equilibri internazionali si saldano
con effettivi processi di guerra dispiegati a largo raggio e portati avanti
da tutto il complesso della catena imperialista attraverso la NATO. Un quadro
disomogeneo di scontri) che però è attraversato da un unico filo
unificante: da un lato le dinamiche della crisi imperialista e l'accelerazione
della tendenza al la guerra. dall'altro tali dinamiche ripropongono all'ordine
del giorno la necessità indilazionabile del terreno proposto dalla guerra
rivoluzionaria, sia essa di classe o di popolo, quale risvolto alla crisi della
borghesia imperialista. Fattori che delineano un con-testo in cui l'imperialismo
spinge al massimo la sua pressione controrivoluzionaria contro le guerre di
liberazione, come da tempo avviene. costringendo ad un certo ripiegamento questi
movimenti in alcune aree di crisi, su cui peraltro influiscono anche i riflessi
dei rapporti di forza internazionali delle modifiche negli assetti Est/Ovest
che danno all'imperialismo una maggiore "libertà d'azione":
un dato questo che quanto mai porta in primo piano il principio rivoluziona-rio
di contare sulle proprie forze. Ma al di là dell'aggressività
manifestata dall'imperialismo per la necessità di rideterminare tassi
più elevati di sfruttamento, tanto in periferia quanto nel centro. vengono
alla luce tutti i fattori di crisi generale e di egemonia dell'imperialismo
che fanno al contempo risaltare il dato politico di come le guerre di liberazione
e in primo luogo la guerra di classe risultano essere strategicamente vincenti,
nonostante le difficoltà e gli arretramenti. logico corso dell'andamento
delle guerre rivoluzionarie.
La costruzione/consolidamento del Fronte Combattente Antimperialista si pone
quindi per le sue motivazioni generali come necessità che trova i suoi
passaggi di qualità proprio nel confronto con l'approfondimento del rapporto
di scontro tra imperialismo ed antimperialismo e tra rivoluzione e controrivoluzione
che si è delineato in questa fase.
Quindi la questione del FCA è uno dei nodi politici fondamentali che
le forze rivoluzionarie hanno di fronte e ciò al di là della non
linearità che assume nei suoi passaggi politici di sviluppo, poiché
esso ha un carattere di validità generale nella lotta contro I'imperialismo
determinato proprio dallo scontro tra politica imperialista e l'attività
delle forze rivoluzionarie che pongono costantemente al centro della propria
attività rivoluzionaria I'antimperialismo.
Per la nostra Organizzazione l'assunzione soggettiva della proposta del Fronte
ha significato concretizzare un passaggio politico indispensabile predeterminare
l'avanzamento del processo rivoluzionario nel nostro paese, basandolo sul criterio
della politica di alleanze, a partire dalla considerazione generale che la questione
delle alleanze nella storia del Movimento Comunista Internazionale è
stata sempre un passaggio politico importante la cui risoluzione, per un verso
o per l'altro, ha inciso nell'avanzamento del processo rivoluzionario. Criterio
generale che. rapportato agli elementi di fondo della politica antimperialista
della nostra organizzazione, ha definito la giusta impostazione da dare alla
politica di Fronte nelle relazioni di alleanza possibili e necessarie con forze
rivoluziona-rie che sono il prodotto di contesti storici e politici relativi
a proprie realtà. Differenze che non sono e non devono essere di ostacolo
al raggiungimento dell'unità di attacco contro il nemico comune lungo
le linee principali dell'iniziativa imperialista e che oggi vedono, nei processi
di coesione politica e militare dell' Europa Occidentale e negli scenari di
guerra verso l'Est europeo e la regione mediterranea-mediorientale, le loro
direttrici fondamentali di sviluppo.
L'opportunità politica del FCA è quindi anche un problema di politica
concreta che. per essere affrontato. necessita da parte dei comunisti un atteggiamento
politico che pur nella saldezza dei propri principi abbia la flessibilità
necessaria per ricercare il massimo di unità possibile. In altri termini,
una reale politica di alleanze non passa per la mercificazione dei principi
e delle finalità dei comunisti: politica di alleanze e finalità
dei comunisti sono due terreni che non si escludono ma vivono in un rapporto
pro-grammatico. Questi sono gli elementi di fon-do che risultano ancor più
valorizzati oggi nell'impostazione del FCA fuori da schemi ideologici e idealisti
che non possono che portare ad un appiattimento tra questione del Fronte e problematica
dell'Internazionale Comunista . E chiaro in questo senso che il FCA, proprio
perché il suo obiettivo risponde all'indebolimento del nemico comune
del-l'area e non al raggiungimento dell'unità internazionale dei comunisti,
a cui ci si deve rapportare con contenuti e criteri differenti. non è
lo "stadio inferiore" dell'Internazionale, anche se lavorare per il
Fronte non preclude la ricerca dell'unità dei comunisti. Anzi, nelle
relazioni tra forze comuniste, porsi il problema politico del Fronte diventa
anch'esso una discriminante, poiché significa rispondere al compito non
rimandabile del modo e del come affrontare l'imperialismo dentro una chiara
strategia rivoluzionaria che, concretizzandosi nella lotta armata e nella centralità
dell'attacco, lavori allo spostamento dei rapporti di forza a favore della rivoluzione
internazionale e favorisca il processo rivoluzionario nel proprio paese: poiché
è nell'indebolimento dell'imperialismo che si dà maggiore prospettiva
alla conquista del potere politico nel proprio paese, creando le condizioni
per staccare gli "anelli deboli" dal complesso della catena imperialista,
nel criterio che una vittoria rivoluzionaria. e a maggior ragione nel cuore
stesso dell'imperialismo, è immediatamente una vittoria per tutto il
proletariato mondiale, nella misura in cui apre nuove e concrete prospettive
all'affermazione dei processi rivoluzionari di classe e di liberazione nazionale
in altri paesi del centro imperialista così come nella periferia del
sistema, un criterio che fa proprio il principio del «servire la rivoluzione
mondiale facendo la rivoluzione nel proprio paese». Cosa, come si vede,
ben diversa dal vagheggiare di superimperialismo e di esplosione simultanea
della rivoluzione mondiale.
In questo senso l'assunzione dell'antimperialismo non deve e non può
significare la semplificazione del quadro di scontro solo sul piano internazionale,
sottomettendo il piano classe /Stato al piano imperialismo/ antimperialismo.
Per le BR si tratta invece di due livelli differenti che. seppure si influenzano
reciprocamente, vanno collocati suI loro giusto piano poiché lo specifico
percorso rivoluzionario si sviluppa gioco forza all'interno di ogni singolo
Stato ed è caratterizzato dalle peculiarità storiche e politiche
del con-testo nazionale della lotta di classe. In questo senso l'attacco allo
Stato sulla base della strategia della Lotta Armata per il Comunismo al fine
di conquistare il potere politico è fondamentale e centrale nei diversi
processi rivoluzionari del centro imperialista, in ogni fase, dall'inizio alla
fine del processo rivoluzionario. E ciò si rende tanto più evidente
in una fase che nel nostro paese fa emergere il carattere di estrema durezza
che vive nel rapporto di scontro tra classe e Stato, ma che al contempo mette
in risalto tutte le condizioni politiche che permettono l'avanzamento e la riproduzione
del processo rivoluzionario, dentro la polarizzazione tra gli interessi generali
del proletariato da un lato e le politiche dello Stato dall'altro.
Una condizione di scontro che si cala in una situazione di classe e di avanguardia
non certo priva degli strumenti c delle acquisizioni sul piano della politica
rivoluzionaria per dare risposte adeguate al salto di qualità che lo
scontro richiede, e ciò proprio a seguito del ruolo di direzione ed organizzazione
che le BR hanno assunto nello scontro, e che ha in particolar modo reso evidente
come l'impostazione offensiva della guerriglia possa rompere il sistema di potere
della borghesia imperialista. e come solo la guerra di classe di lunga durata
possa costruire le con-dizioni perché il proletariato avanzi sul terre-no
dello scontro verso la conquista del potere politico. Una fase politica che
riafferma la centralità della strategia della Lotta Armata e la validità
degli assi strategici e di combatti-mento della linea politica e del programma
delle BR che, in particolar modo. del problema dello Stato hanno fatto il centro
della propria azione politica facendo propria la giusta concezione marxista-leninista
che non si dà conquista del potere e trasformazione socialista della
società senza aver prima spezzato la macchina statale della borghesia.
Per le BR l'attacco al cuore dello Stato costituisce, nella prassi, l'asse discriminante
della linea politica e strategica. elemento di programma prioritario e direttrice
di combattimento fondamentale attorno al quale ruota la capacità stessa
di operare direzione (nel criterio di agire da Partito per costruire il Partito)
e organizzazione dello scontro rivoluzionario per costruire le condizioni soggettive
adeguate ad abbattere lo Stato. Un asse di combattimemo strategico che, unitamente
a tutto il complesso dell'attività messa in campo dalle BR. ha scandito
le fasi della guerra rivoluzionaria e si è rivelato come l'unico in grado
di porre nei termini adeguati la necessità di atrezzare politicamente.
organizzativamente e militarmente il proletariato, la sua autonomia politica
di classe, i suoi reparti avanzati allo scontro prolungato contro lo Stato.
Pur nella durezza dell'approfondimento che il rapporto rivoluzione/controrivoluzione
comporta e nei possibili arretramenti a cui nel confronto con lo Stato è
soggetta l'avanguardia rivoluzionaria, I'attacco al cuore dello Stato. asse
programmatico principale per Io sviluppo del processo rivoluzionario, è
l'unico terreno in grado di pesa-re effettivamente nel rapporto di scontro fra
classe e Stato. quindi termine prioritario su cui sviluppare l'attuale fase
di Ricostruzione. Una fase tesa a ricostruire i livelli politico-organizzativi
nel campo proletario e fra le avanguardie rivoluzionarie atti a misurarsi con
le problematiche dello scontro al livello imposto, e a rilanciare in avanti
il processo rivoluzionario stesso al fine di poter ribaltare le odierne condizioni
di relativa difensiva delle posizioni di classe e di lavorare all'uscita sostanziale
dalla Ritirata Strategica.
La nostra Organizzazione, le BR per la costruzione del Partito Comunista Combattente.
confrontandosi con la durezza dello scontro, nella necessità di dare
sviluppo alla fase di Ricostruzione a partire dagli assi strategici dell'attacco
al cuore dello Stato e alle politiche centrali dell'imperialismo, pone le basi
per una più matura capacità e livello di direzione politica e
militare a questo stesso scontro in un avanzamento della stessa costruzione
del PCC.
- :Attaccare e disarticolare il progetto antiproletario e controrivoluzionario
di riforma dello Stato che evolve verso la II Repubblica!
- Organizzare i termini politico-militari per ricostruire i livelli necessari
allo sviluppo della guerra di classe di lunga durata!
- Attaccare le politiche centrali dell'imperialismo, dalla linea di coesione
europea ai progetti di guerra diretti dalla NATO, che si dispiegano in questo
momento lungo l'asse dei paesi dell'Est Europa e sulla regione mediterranea-mediorientale!
- Lavorare alle alleanze necessarie alla costruzione del Fronte Combattente
Antimperialista!
- Guerra alla guerra, guerra alla NATO !
- Trasformare la guerra imperialista in guerra di classe rivoluzionaria!
- Onore al compagno Umberto Catabiani "Andrea" caduto in combattimento
il 24 maggio 1982!
- Onore a tutti i compagni e combattenti antimperialisti caduti!
I militanti delle Brigate Rosse per la costruzione del Partito
Comunista Combattente: Maria Cappello, Antonino Fosso, Michele Mazzei, Fabio
Ravalli.
I militanti rivoluzionari: Daniele Bencini, Marco Venturini.
Firenze, 26 maggio 1993
DICHIARAZIONE FINALE
Noi militanti delle Br per la costruzione del Partito Comunista
Combattente e Militanti Rivoluzionari prigionieri vogliamo ancora una volta
riaffermare la giustezza della proposta strategica della Lotta Armata, questo
a partire dal fatto che essa trae la sua forza di rottura dall'essere l'adeguamento
storico della politica rivoluzionaria alle mutate condizioni dello scontro di
classe nella metropoli, condizioni per cui il pro-cesso rivoluzionario deve
essere condotto nell'unità del politico e del militare unificando cioè
costantemente il piano politico dello scontro e quello della guerra. La unità
del politico e del militare agisce perciò come una matrice che si imprime
su tutta l'attività rivoluzionaria e in primo luogo sullo stesso modulo
guerrigliero e che, unitamente alla assunzione dei criteri di clandestinità
e compartimentazione, definiscono il carattere offensivo della guerriglia.
Questi gli elementi fondamentali che presiedono all'affermarsi di una vera e
propria strategia della guerra proletaria, la sola che può impattare
le forme di do-minio più avanzate della Borghesia Imperialista, rompendo
il reticolo dei meccanismi della mediazione politica, forme di dominio che incorporano
la controrivoluzione preventiva come politica costante tesa a compatibilizzare
l'antagonismo di classe per impedire che col-limi con il piano rivoluzionario.
Sulla base di questi caratteri generali della Lotta Armata, per seguendo una
prassi rivoluzionaria adeguata alle specifiche condizioni dello scontro di classe
in Italia, le Br hanno dimostrato la capacità e possibilità di
contrapporsi in un modo offensivo al potere della Borghesia Imperialista a partire
dall'attacco ai progetti centrali dello stato che nella congiuntura si oppongono
al proletariato, organizzando, nello spazio aperto dalla disarticolazione, le
forze rivoluzionarie e proletarie che si formano dal processo rivoluzionario
per disporle adeguatamente al livello dello scontro e agli obiettivi di fase.
Una dialettica di movimento che, sin dalla apertura del processo rivoluzionario,
è alla base del-la costruzione della guerra di classe concretizzando
il principio secondo cui la lotta armata non è appannaggio dei so-li
comunisti, ma strategia per tutto il proletariato che, organizzato in armi e
diretto dalla guerriglia, può confrontar-si con lo Stato e l'imperialismo.
Strategia che è la direttrice su cui si dà sviluppo alla forza
politico-militare per mutare i rapporti di forza a favore del campo proletario
nello scontro prolungato contro lo Stato, processo caratterizzato da un andamento
fortemente discontinuo fatto di avanzate e ritirate, successi e sconfitte.
Lo svolgersi di questo scontro ha altresì consentito al proletariato
del nostro paese di far risaltare nei caratteri antistatuali, antistituzionali
e antirevisionisti la sua autonomia politica, dato che essa trova il suo naturale
terreno di sviluppo e ricomposizione solo nella dialettica con la attività
della guerriglia.
In questo modo il proletariato metropolitano può rompere la subalternità
politica in cui viene relegato dalle logiche politiche legalitarie, ma soprattutto
dai meccanismi istituzionali della democrazia rappresentativa borghese, facendo
vivere nello scontro di potere, sia nell'immediato che nella costruzione del-la
prospettiva rivoluzionaria, i suoi interessi generali.
Ciò è tanto più vero e necessario a fronte della prospettata
sanzione dei nuovi assetti dello Stato nella seconda Repubblica che, a partire
dai rapporti di forza relativamente a favore della borghesia imperialista segna
un rafforza-mento degli strumenti di potere sul proletariato, tendendo a ridefinire
globalmente le relazioni politiche e di forza. Condizioni generali in cui l'esecutivo
spinge ulteriormente nell'assumersi l'intervento diretto sulla classe, per comprimerla
tra il terreno neocorporativo in cui sono pienamente inseriti i verti-ci sindacali
e le politiche di attacco al-le sue condizioni di vita di natura più
specificatamente coercitiva e controrivoluzionaria. Interventi questi che sono
tesi ad una maggiore irregimentazione del rapporto classe/Stato pesando sulla
dinamica dello scontro definendo le con-dizioni politiche entro cui si confronta
la resistenza del proletariato metropolita-no, classe operaia in testa.
Proprio questo innalzamento delle condizioni generali dello scontro a maggior
ragione dimostra come l'iniziativa rivoluzionaria della guerriglia sia la so-la
adeguata ad affrontarlo a partire dall'attacco al cuore dello stato, perché
questo significa intervenire nella sede dei rapporti politici tra le classi,
laddove trovano sanzione i rapporti di forza proletariato-borghesia. Ed è
così che le Br intervenendo al livello più alto del-lo scontro,
e non da un punto qualsiasi di esso, hanno fatto arretrare le politi-che antiproletarie
della borghesia imperialista spostando in questo modo di volta in volta i rapporti
di forza, seppure relativamente e temporaneamente, a favore del campo proletario.
Una attività che nel complesso non solo si è riflessa in termini
di tenuta del campo proletario nei confronti della controffensiva del-lo Stato,
ma soprattutto ha fatto avanzare da un punto di vista strategico le tappe della
guerra di classe e in essa, l'istanza di potere del proletariato.
Un'attività che nel contempo ha rallentato ed ostacolato in ultima analisi
i tentativi della borghesia imperialista di rafforzare le sue forme di dominio
che devono gioco forza affinarsi ai caratteri generali di crisi-sviluppo del
modo di produzione capitalistico e del governo del conflitto di classe. Così
è stato con l'attacco al progetto neogollista degli anni '70, tentativo
reazionario della borghesia che era anche un'iniziale risposta all'esordio della
guerriglia e al con-seguente sviluppo dell'autonomia politica del proletariato;
successivamente, nel '78 con la disarticolazione del progetto di unità
nazionale che, con la cooptazione del Pci intendeva far fronte alla maturazione
raggiunta dallo scontro rivoluzionario e di classe; e ancora nell'88 con l'inceppamento
del progetto Demitiano di `riforma dello Stato', tentativo organico di mettersi
al passo con le democrazie mature europee presupponendo la mai realizzata pacificazione
dello scontro rivoluzionario e di classe. In unità programmatica con
l'attacco al cuore dello stato vive la prassi antimperialista, individuando
nella Nato, nel-le politiche centrali dell'imperialismo, gli obiettivi principali
su cui sviluppare e caratterizzare l'internazionalismo proletario oggi, in questo
solco gli attacchi contro Dozier, Hunt, Conti.
Si può affermare quindi che lo scontro rivoluzionario che si è
aperto in Italia, incidendo nella dinamica dei rapporti politici e di forza
tra le classi, ha pesato in modo determinante nella loro evoluzione, questo
perché la proposta rivoluzionaria delle Br è inserita nel pro-getto
strategico di costruzione della guerra di classe in grado di rendere praticabile
la prospettiva di potere del proletariato, nonché per il radicamento
del-la lotta armata nel tessuto proletario, caratteri che perciò si proiettano
permanentemente sulla dinamica generale dello scontro per marcarne il possibile
e necessario risvolto rivoluzionario.
Allo stesso tempo, dati questi caratteri, dalla evoluzione dello scontro rivoluzionario
è scaturita la controrivoluzione dello Stato negli anni `80 che, nonostante
i duri colpi alla guerriglia, non ha potuto distruggere il processo rivoluzionario.
risolvendosi nell'approfondimento del rapporto rivoluzione/controrivoluzione.
Dinamica questa che per modi e tempi con cui si è data ha influenzato
le relazioni politiche e materiali tra le classi sino a riversarsi sulla rifunzionalizzazione
degli istituti e degli apparati dello Stato, connaturando in termini antiproletari
e controrivoluzionari questo lungo processo di rimodellamento oggi giunto ad
una svolta cruciale. La radicalità della crisi politico-istituzionale
e la asprezza dello scontro in atto tra classe e Stato in primo luogo, ma anche
nell'ambito borghese, entro cui si sta affermando la svolta alla seconda Repubblica.
danno la piena misura del-la complessità dei cambiamenti che si sono
accumulati in Italia a partire dai mutamenti avvenuti in una struttura capitalistica
fortemente inserita nell'avanzato processo di internazionalizzazione e concentrazione
monopolistica, tale da richiedere un rimodellamento delle relazioni complessive
della formazione sociale alle sue esigenze di sviluppo. Ed è soprattutto
l'acutizzarsi del-la crisi capitalistica, che travolge tutti i paesi della catena,
che in Italia mette a nudo tutte le contraddizioni e i limi-ti storici della
borghesia imperialista, come i limiti delle forme della mediazione politica
con cui fino ad oggi si è espresso il suo dominio. Un contesto di crisi
da cui sono sorte spinte oggettive e soggettive che hanno impresso un preciso
orientamento nel riassetto dello Stato tale da richiedere persino il 'ricambio'
non indolore della classe politica che deve rappresentare gli interessi della
borghesia imperialista. Il riordinamento delle istituzioni,- esito di un lungo
percorso, che ha il suo fattore principale di movimento nel rapporto di scontro
classe/stato, implica il rafforza-mento delle forme di dominio della borghesia
imperialista, un rafforzamento perseguito nella illusione di uscire dal-la cronica
instabilità politica e governa-re la complessità delle contraddizioni
che gravano nel paese e che limitano le scelte della borghesia imperialista
nel-la sua necessità di uscire dalla crisi e di recuperare tassi di sfruttamento
in grado di farla competere sui mercati internazionali.
L'attuale sviluppo dei tentativi di riforma dello Stato è anche il portato
dell'impraticabilità dei precedenti pro-getti di `riforma dello Stato'
arenatisi a fronte della problematicità dei nodi sul tappeto, e la sua
concretizzazione, che si dà dentro a un quadro politico tutt'ora in evoluzione,
richiede che siano recisi del tutto i legacci istituzionali e costituzionali
della prima Repubblica, nella necessità di modificare profondamente le
forme di rappresentanza politica che si sono configurate nel dopoguerra a partire
dal ruolo centrale dei cosiddetti partiti di massa nella mediazione politica,
così caratterizzatesi in primo luogo per filtrare la forte connotazione
politica del-lo scontro di classe.
Ma tanto più la borghesia imperialista ha bisogno di legittimare l'assetto
dei poteri e delle regole che la seconda Repubblica dovrebbe sancire, tanto
più gli interessi del proletariato si pongono fuori e contro di essa.
Una delegittimazione di classe che scaturisce con forza dallo scontro stesso
essendo questo informato dai caratteri già operanti della seconda Repubblica,
primo tra tutti il rafforzamento della controrivoluzione preventiva che arriva
a prevedere l'uso dell'esercito in funzione di ordine pubblico, e che unitamente
alla decretazione di leggi liberticide, che hanno introdotto restrizioni progressive
nei diritti conquistati al prezzo di dure lotte dal proletariato, ha come obiettivo
quello di pesare sullo scontro di classe per pregiudicare il suo svolgimento,
in primo luogo per inibire la ipoteca rivoluziona-ria sedimentata dalla guerriglia.
L'evoluzione che si è determinata nel rapporto di scontro esplicita più
che mai i limiti storici e politici della borghesia imperialista, poiché
il suo dominio di classe può esercitarsi coniugando all'estrema formalità
della democrazia borghese il potenziamento dei suoi strumenti di controrivoluzione;
motivo questo che, contrariamente alla velleità del-la borghesia imperialista
di garantirsi stabilità e governabilità, non può che accrescere
i fattori di contraddizione in primo luogo sul piano del conflitto di classe,
dato che il proletariato non è affatto pacificato e nemmeno intenzionato
a subire passivamente i costi della crisi a cui contrappone tenacemente le sue
istanze di lotta. Un duro confronto nel quale la maturazione dei termini per
il superamento del segno difensivo della lunga resistenza messa in campo dalla
classe operaia e dal proletariato viene a misurarsi con condizioni politiche
nelle relazioni classe/Stato che risentono del grado di approfondimento del
rapporto rivoluzione/controrivoluzione.
Condizioni nelle quali più che mai l'adeguata assunzione dei termini
più alti dello scontro, fuori cioè da ogni logica di affrontamento
graduale, si dà sul solo piano che può incidere sui rapporti di
forza per poterli modificare a favore della classe, ovvero il piano rivoluzionario
della guerriglia, quello che può riportare sul terreno del potere i termini
dello scontro e su questo ricomporre in avanti le istanze di autonomia di classe
che, seppure discontinuamente. emergono dai momenti più qualificanti
delle lotte operaie; uno sbocco necessario e possibile dato dall'attualità
e valenza della strategia della lotta armata. a partire dal portato di propositività
che le Br hanno maturato nel corso del processo rivoluzionario, nel quale hanno
costruito le basi concrete e prospettiche per lo sviluppo in avanti della guerra
di classe di lunga durata, e con essa il solo modo di perseguire gli interessi
generali del proletariato nell'abbattimento dello Stato borghese per conquistare
il potere politico, instaurare la dittatura del proletariato e costruire la
società comunista.
Firenze il 26 maggio 1993
I militanti delle Br per il PCC: Maria Cappello, Antonino Fosso, Michele Mazzei, Fabio Ravalli.
I Militanti Rivoluzionari: Daniele Bencini, Marco Venturini.