Biblioteca Multimediale Marxista
Le dinamiche della crisi di sovrapproduzione di capitali e, sul piano politico
la rottura degli equilibri Est/Ovest in un approfondimento della tendenza alla
guerra, sono i fattori oggettivi che impongono ai singoli Stati a capitalismo
avanzato di misurarsi e dare risposte adeguate al procedere della crisi economica
stessa e all'incalzare delle spinte guerrafondaie che, nel contesto internazionale,
si sviluppano con sempre più gravi e concreti eventi bellici; ciò
anche per ritagliarsi la migliore posizione possibile all'interno dei processi
d integrazione economica, politica e relativa gerarchizzazione della catena
imperialista. Un contesto internazionale che accelera e influenza in parte i
caratteri della stessa ridefinizione della mediazione politica fra le classi,
avviata da tempo in Italia attraverso il processo di rifunzionalizzazione dello
Stato per renderlo in primo luogo idoneo agli attuali livelli d crisi/sviluppo
dell'imperialismo e ai corrispettivi termini di governo del conflitto di classe.
Questo movimento rende evidente il grado di crisi politica in cui si dibatte
la borghesia imperialista nostrana. Il processo di "riforma dello Stato"
costituisce quindi, anche in questa fase, la contraddizione politica dominante
che oppone la classe allo Stato, più precisamente oggi entra nella sua
piena fase di concretizzazione possibile, ampiamente accelerata dal precipitare
della crisi a livello internazionale. Una accelerazione di carattere contraddittorio
ai fini della stessa rifunzionalizzazione dei poteri e degli istituti dello
Stato, per le misure economiche e politiche che si impongono alla stessa frazione
dominante di borghesia imperialista che lasciano ben pochi margini di manovra,
i quali si riflettono in misure e strappi istituzionali di carattere autoritario
mal governati e di breve respiro, che di fatto ritardano la realizzazione degli
equilibri politici di governo idoneo al varo di un disegno organico nella rifunzionalizzazione
dello Stato.
Un processo questo, che nel corso degli ultimi anni ha maturato attraverso forzature
laceranti nelle relazioni fra le classi (la controrivoluzione degli anni '80
e i patti neocorporativi) la condizione politica di base per stabilizzare metodi
di governo ed esecutivi sufficientemente stabili nell'esercizio dei loro poteri,
pur in presenza di labili equilibri politici nelle relazioni fra le classi che
nello stesso governo. E' intorno al modo di governare il paese che sono stati
definiti sostanziali passaggi nell'esecutivizzazione e verticalizzazione dei
poteri, in cui l'accentramento dei poteri nell'Esecutivo si è rivelato
come l'aspetto fondamentale delle riformulazioni indotte dalla stessa pratica
di governo dei "fatti compiuti" portata avanti in questi anni da diversi
esecutivi che si sono succeduti nella guida del paese. L'accentramento dei poteri
nell'Esecutivo è nei fatti l'asse politico su cui ruotano le possibili
risoluzioni, su un rinnovato piano formale, degi strappi istituzionali, in parte
verificatisi per paradosso dagli effetti di questa stessa dinamica politica
accentratrice, a sua volta derivata dall'incapacità di saldare e stabilizzare
quegli equilibri politici e di forza dei rapporti tra le classi sul piano istituzionale,
nonostante il ricorso a politiche di contenimento del conflitto di classe di
carattere marcatamente controrivoluzionario e antiproletario, riflesso evidente
della debolezza e crisi politica in cui verso la borghesia imperialista nostrana.
Ciò dovuto anche alla combattività della classe operaia ed all'attività
delle Brigate Rosse che colpendo di volta in volta il personale più significativo
nel sostenere l'equilibrio politico funzionale alla realizzazione di un dato
progetto borghese, lo ha fatto puntualmente arretrare.
La dinamica politica prodotta dalle contraddizioni economiche e sociali si traduce
in scelte politiche indirizzate ad un irrigidimento complessivo della mediazione
politica, ad una contraddittoria erosione dei suoi margini anche in riferimento
agli assi costituzionali della democrazia borghese, per ricercare quella che
con aggettivo apologetico viene chiamata, dai propri fautori, "democrazia
governante". O meglio, capacità di decidere sulle questioni fondamentali
senza dover incappare negli orpelli istituzionali che formalmente rappresentano
la dialettica democratica nell'ambito della costituzione italiana. Un processo
politico e una linea di indirizzo della borghesia imperialista che pur trovando
sviluppo concreto dall'esigenza dell'attuale crisi congiunturale rappresenta
per essa uno sviluppo della propria "democrazia", delle sue forme
di dominio, nel rafforzamento della sua dittatura di classe.
Il ruolo dei partiti resta fondamentale a dispetto della campagna demagogica
in corso contro la "partitocrazia", la quale risponde alla duplice
esigenza di rifunzionalizzare i partiti alle nuove esigenze democratico borghese
ed alla gestione di massa e populista a favore della cosiddetta "democrazia
governante". L'attuale campagna "moralizzatrice" ha le sue esclusive
ragioni nel consenso forzoso verso un diverso rapporto con gli enti locali dettato
dalla necessità di centralizzazione dei bilanci e, come già detto,
verso metodi di governo fortemente centralizzati.
Ecco la voglia di cambiamento della borghesia imperialista!, bel rappresentata
dall'attuale Esecutivo Amato che, al di là del ruolo tragicomico che
egli si è costruito con il suo personale stile dirigista e interventista,
in una continua drammatizzazione proporzionale all'inconcludenza dei "grandi
disegni" di cui si proclama portatore (in questo specchio fedele della
crisi politica della classe che rappresenta), è l'Esecutivo chiamato
a tentare di portare a compimento quel processo di centralizzazione effettiva,
con sanzione formale, dei suoi poteri rispetto agli attuali assetti istituzionali
dello Stato e in principal modo verso il governo del conflitto di classe. Una
sanzione formale che nell'intento dovrebbe essere realizzata con nuove regole
elettorali, a questo fine la ricerca di stabili equilibri politici fra i partiti
attraverso la Commissione De Mita.
L'obiettivo tanto auspicato dalla borghesia imperialista, quanto nella realtà
utopico, è quello di sganciare l'azione di governo dalle contraddizioni
prodotte dal conflitto di classe. Nella realtà questo obiettivo ha il
suo limite nel suo stesso procedere, se per un verso il suo ambito d'azione
ha una relativa linearità finché si svolge all'interno dei poteri
formali dello Stato, per l'altro manifesta l'impossibilità di "istituzionalizzare"
il conflitto di classe. Questo perché la sua istituzionalizzazione deriva
dai rapporti di forza reali fra le classi perciò è il prodotto
delle risultanze possibili e non di quelle prospettate e sempre in termini relativi.
La momentanea stabilità realizzata nell'azione di governo non fa che
riprodurre e ampliare le contraddizioni di classe preesistenti, solo formalmente
accantonate, ma nella realtà solamente irreggimentate all'interno di
regole saldamente in mano alla borghesia imperialista. In questo, in ultima
istanza, si risolve la rifunzionalizzazione dello Stato in atto. Il Consiglio
dei Ministri ristretto che funziona come organo decisionale attraverso l'ormai
regola ordinaria dei decreti legge e il ricorso alla fiducia, sono la procedura
con la quale vengono rifunzionalizzate le competenze e il ruolo del Parlamento
intorno alle prerogative ed ai poteri dell'Esecutivo.
Le richieste di attribuzione di poteri eccezionali per decretare sulle principali
questioni attinenti alla vita del paese, se da un lato dimostrano l'arroganza
politica della "richiesta" in sé e, nei fatti, la debolezza
politica della repubblica parlamentare, dall'altro e sostanzialmente manifesta
lo stato di necessità, per proprie contraddizioni, in cui operano le
scelte della borghesia e del suo Stato, e i livelli di attribuzione dei poteri
assestati nell'esecutivo che, per come vengono esercitati, rompono gli ultimi
"legacci" istituzionali e costituzionali propri del funzionamento
della Prima Repubblica. Alla concentrazione dei poteri nell'Esecutivo viene
attribuito un potere taumaturgico nei confronti della crisi in cui versa la
borghesia imperialista in presenza di fragili equilibri politici fra le classi,
un'unica risposta che la borghesia ha per avere ampi margini istituzionali di
manovra per dare corso ai propri programmi. Un operato inserito nel più
generale processo di superamento della strutturazione costituzionale dello Stato
affermatosi dal dopoguerra ad oggi. Un processo in atto che si sviluppa su tutti
i piani delle relazioni fra le classi e procede attraverso strappi progressivi
e riassetto degli organi istituzionali preposti, strappi e riassestamenti che
riflettono le condizioni politiche e materiali nei rapporti di forza tra le
classi, da cui questo stesso processo in ultima istanza deriva. Sul piano politico-istituzionale
è evidente lo squilibrio tra accentramento dei poteri nell'Esecutivo
e la difficoltà di riformulazione e funzionamento degli strumenti della
democrazia rappresentativa e il contrasto tra rappresentanze istituzionali,
sedi politiche preposte e conflitto reale nel paese.
Per cui il perseguimento della rottura degli assetti della Prima Repubblica
non può che avvenire parallelamente alla sostanziale ricerca di modifica
delle relazioni politiche fra le classi per ricollocarle sul piano formale in
maniera funzionale alle esigenze attuali della borghesia imperialista, cioè
avere la possibilità di assestare le forme del potere e gli assetti istituzionali
che evolvono verso la nascita di una Seconda repubblica.
In questo senso ben si colloca il recente accordo triangolare sul costo del
lavoro, e non solo per la decurtazione del salario, ma soprattutto per le implicazioni
politiche che tale misura d'imperio provoca nelle relazioni fra le classi. Per
parte della CGIL rappresenta il naturale sbocco della stagione di collaborazione
sancita con la "svolta dell'EUR" e su questa linea corona la sua corporativizzazione,
perciò non vi è nessuna variazione d sostanza nella politica sindacale.
Gli stretti margini di manovra sindacale che questa linea ha provocato è
un problema di legittimazione per la CGIL, che però non inficia affatto
le scelte operate, ampiamente compensate dal ruolo di apparato burocratico che
si è "ritagliata". Di ben altro tenore è invece l'impatto
politico sulla classe e di riflesso nella vita politica del paese, poiché
le misure del '& luglio si distanziano dai numerosi "accordi capestro",
pur inserendosi nel medesimo solco, rappresentando un ulteriore avanzamento
dei famigerati Patti Neocorporativi. Queste misure rappresentano il tentativo
di sancire lo Stato neocorporativo. Il quale sulla base tutta formale di una
delega presunta dalle stesse regole della democrazia rappresentativa e non da
soggetti reali aspira a marginalizzare dalla vita politica la parte sociale
più significativa della società la Classe Operaia, la classe produttiva
per eccellenza sulla quale pesa l'onere dell'economia capitalista e della reale
ricchezza prodotta così da legare la parte viva del lavoro a pura variabile
del capitale e piegarla alle sue esigenze di "risanamento economico".
Quindi il nocciolo politico dell'accordo di luglio risiede nel tentativo di
incidere sulla base reale delle relazioni fra le classi e in questa direzione
è premessa indispensabile ai poteri eccezionali "richiesti".
Sul piano economico tale accordo è la spina dorsale delle politiche recessive
adottate dal governo, in quanto le politiche monetarie sono solo dei correttivi
artificiosi che non incidono affatto sulla natura della crisi e anzi si traducono
in movimenti speculativi con risultati opposti a quelli auspicati. Un accordo
quello di luglio che è pienamente inserito nelle politiche di bilancio
le quali mirano ad un impoverimento generalizzato così da generare un
abbassamento drastico del salrio reale, per poter sostenere la concorrenza intermonopolistica
e in particolare quella intereuropea. Il fatto che l'economia capitalista mostri
chiaramente di scivolare sempre più nella depressione economica e che
gli accordi sopranazionali e i correttivi messi in campo mostrino la loro inconcludenza,
evidenzia come i sacrifici richiesti siano fine a s e stessi data l'impossibilità
da parte borghese di riuscire con strumenti "ordinari" a far fronte
ala propria crisi che spinge inevitabilmente verso lo sbocco bellico come risoluzione
ultima della sovrapproduzione di capitali.
Queste politiche economiche e politiche istituzionali collocate in un contesto
internazionale che marcia oggettivamente e soggettivamente verso lo scatenamento
bellico, vengono puntellate e sostenute dalle cosiddette "emergenze",
vere e proprie politiche mirate a costituire il collante ideologico e a favorire
l'irreggimentazione della mediazione politica. Il ricorso "all'emergenza"
dell'ordine pubblico (oggi chiamato "criminalità") è
una costante nel rapporto con il proletariato da parte della borghesia nelle
diverse fasi di transizione che hanno caratterizzato la ricerca della governabilità
e della "stabilità democratica" in Italia, basti ricordare
l'adozione della politica delle stragi caratterizzante l'evolversi della Prima
Repubblica.
Il dato nuovo che oggi emerge nella adozione di tale politica è che essa
svolge la sua azione in riferimento ad obiettivi che travalicano in parte a
stretta relazione con la classe. Obiettivi di carattere più generale
che rispondono a quel quadro di interessi dominanti della borghesia imperialista
come la costituzione di monopoli intereuropei e il ruolo geostrategico assegnato
allo Stato italiano e in parte anche conquistato rispetto al progredire di fattivi
eventi bellici degli organismi politico-militari della NATO e UEO. Esemplificativo
in questa direzione è stato il passaggio tutto politico di assegnazione
ai militari di funzioni di "Polizia Giudiziaria" e di ordine pubblico,
un dato che oltre a modificare il ruolo delle Forze Armate dettato dalla costituzione
per quanto marginale, è un aperto strappo nelle relazioni con la classe
il cui portato politico va ben oltre la dislocazione sul territorio di alcune
migliaia di soldati: un nuovo soggetto viene apertamente instaurato nella relazione
classe-Stato, le Forze Armate!
Questo l'elemento politico dominante del nefando decreto legge. Un'attuazione
derivata dai rapporti di forza, infatti il tentativo di "coinvolgere"
l'esercito in funzione di Polizia Giudiziaria risale agli anni '50 e solo la
resistenza operaia e proletaria riuscì a demolire tale progetto. L'attuale
dislocazione dei militari ha perciò una qualità nuova anche rispetto
alla funzione di controllo del territorio assegnatagli durante l'aggressione
al popolo iracheno pur inserendosi nel medesimo indirizzo. Infatti anche se
secondaria rispetto al dato politico sopra esposto, l'assegnazione di questa
funzione e la sua dislocazione sul terreno obbedisce alle linee politico-miltari
della NATO in relazione alla nuova dottrina detta "presenza avanzata",
nonché alla necessità posta alle Forze Armate dai nuovi e fattivi
scenari bellici di riqualificare e professionalizzare l'esercito sulla direttrice
dettata dal nuovo modello di difesa italiano che ricalca la dottrina NATO.
In sostanza si sta assistendo ad una serie di interventi apertamente coercitivi
che più in generale vanno a pesare e si riflettono sul più complessivo
clima politico-generale dello scontro, contribuendo a definire il terreno su
cui si giocano i termini di relazione fra campo proletario e Stato in questo
momento. In quanto tendono a stabilire un rapporto con il contesto del conflitto
di classe da parte dello Stato che permetta di gravare ed intervenire sullo
stesso in modo costante e decisivo. E ciò a maggior ragione in una fase
in cui all'interno di un quadro di polarizzazione oggettiva dei rapporti fra
le classi e di una condizione prebellica emergono con chiarezza tutti i tratti
di instabilità e crisi della borghesia imperialista e di converso maturano
e trovano terreno di sviluppo i termini possibili e necessari delle potenzialità
rivoluzionarie che dalle premesse storiche maturate nel corso della lotta di
classe rivoluzionaria nelle metropoli, non può che presentarsi come guerra
di classe rivoluzionaria portata avanti dall'avanguardia rivoluzionaria armata
e dai settori più avanzati dell'autonomia politica di classe organizzati
sulla strategia della lotta armata come dimostrato dalla pratica e progettualità
delle BR. Una condizione che in termini concreti e prospettici, sul terreno
dello scontro di classe, pone allo Stato la necessità di un intervento
preventivo nel rapporto conflittuale che lo oppone al proletariato, a partire
dal suo punto più alto (strategia della lotta armata), e del suo necessario
governo di normalizzazione e contenimento, in una prospettiva di ricomposizione
forzosa sul piano politico all'interno delle diverse forme di irreggimentazione
lealista sugli interessi generali della borghesia imperialista, non ultima la
prospettiva bellica. Una dinamica che comporta un conseguente sviluppo dei processi
di controrivoluzione preventiva intorno cui veicolano gli stessi processi di
rafforzamento dello Stato, strettamente connaturati alla sostanza antiproletaria
e controrivoluzionaria di questi interventi.
Un procedere intorno a cui si sono anche date una serie di modificazioni sostanziali
rispetto alla piena funzionalizzazione degli organismi coercitivi dello Stato
intorno all'operato dell'Esecutivo. Una serie di modifiche che ovviamente non
attengono all'espressione organica di uno "Stato di polizia" o alla
"militarizzazione della società", ma in realtà sul piano
delle trasformazioni delle relazioni fra i vari apparati dello Stato riflettono
principalmente quel processo di accentramento e verticalizzazione del potere
nell'Esecutivo in quanto concentra le leve di questi strumenti e apparati nelle
mani del governo stesso che ne centralizza gli indirizzi, le funzioni e le competenze,
all'interno del più complessivo quadro di rafforzamento del regime.
Una dinamica controrivoluzionaria del resto tanto più evidente di fronte
agli scenari di guerra che fanno da sfondo e accompagnano i passaggi della crisi
del sistema imperialista. Un piano su cui lo Stato italiano ha maturato significativi
salti di qualità nella capacità di intervento diretto sui principali
teatri bellici, funzionale all'escalation delle politiche aggressive del complesso
della catena imperialista. Un ruolo che non solo ha superato i limiti di un
intervento prettamente politico-diplomatico o di semplice sostegno militare
in un quadro concordato di ruoli e competenze fra i diversi paesi imperialisti
propri della fase precedente, ma più sostanzialmente in questa fase internazionale,
caratterizzata da un approfondirsi della tendenza alla guerra imperialista,
e lo stesso intervento in Yugoslavia sta a dimostrarlo, si va sempre più
sostanziando per un ruolo direttamente interventista assunto in prima persona,
che d'oltre modo porta in luce il proposito di una politica di potenza da estendere
sulle sue "naturali e storiche" aree di influenza, al fine di ritagliarsi
un proprio spazio nel complesso della catena imperialista.
Una dinamica guerrafondaia che a maggior ragione presuppone la ricerca di un
contesto di scontro fra le classi interno totalmente pacificato. Un contesto
di scontro che nella realtà, ben al di là delle velleità
borghesi, a tutt'oggi costituisce il limite politico con cui lo Stato deve misurarsi,
per la resistenza opposta dal campo proletario alle sue scelte. Iniziative belliciste
che riversandosi all'interno dello scontro di classe del paese non fanno che
acutizzare ulteriormente le contraddizioni, polarizzando maggiormente gli interessi
di classe e influendo sul modo stesso con cui lo Stato si relaziona al campo
proletario. Una dinamica questa che ulteriormente si riversa sul potenziamento
di tutti i meccanismi e strumenti di controrivoluzione preventiva e in ultima
istanza sugli stessi processi di riforma dello Stato.
E' proprio quindi a partire dal contesto materiale di scontro che oppone il
campo proletario allo Stato nel segno delle sue politiche apertamente antiproletarie,
controrivoluzionarie e guerrafondaie che si evidenzia il carattere di classe
della lotta in corso. Un carattere segnato da un "attacco organico"
da parte della borghesia imperialista alla classe, in quanto per la sua vastità
e profondità investe tutti i piani e aspetti delle relazioni fra le classi,
finalizzato nelle velleità borghesi a voler ricacciare ancora più
indietro le posizioni politiche e di forza della classe.
Un passaggio controrivoluzionario che dal punto di vista di classe e rivoluzionario
esprime al meglio la qualità politica dell'approfondimento del rapporto
di scontro fra le classi e fra rivoluzione e controrivoluzione. Un approfondimento
dello scontro sia sul piano politico-generale tra classe e Stato e sia su quello
fra rivoluzione e controrivoluzione che sostanzialmente si situa in continuità
con il contesto controrivoluzionario degli anni '80. Un approfondimento del
rapporto di scontro che si è delineato proprio a partire dalle risultanze
politiche e materiali prodotte dalla controffensiva dello Stato nel decennio
scorso che, pur producendo un arretramento delle posizioni di forza del campo
proletario e un relativo ripiegamento della sua avanguardia rivoluzionaria,
le BR, non è riuscita tuttavia né a produrre una normalizzazione
e pacificazione effettiva del conflitto di classe e, in particoalr modo, una
"sterilizzazione" della capacità di espressione dei settori
più avanzati dell'autonomia politica di classe; né tanto meno
ad inibire il portato politico dell'attività delle BR all'interno dello
scontro. Fattori politici questi che al contrario di un "esaurimento"
delle condizioni del processo rivoluzionario si sono tradotte in un approfondimento
del rapporto rivoluzione/controrivoluzione. In particolar modo questo dato va
messo in relazione a come la soggettività rivoluzionaria, le BR per la
costruzione del Partito Comunista Combattente, hanno saputo affrontare in termini
strategici e concreti i compiti politici derivanti dallo scontro, lavorando
allo spostamento dei rapporti di forza fra le classi e contribuendo alla tenuta
complessiva dello stesso campo proletario di fronte alla controffensiva dello
Stato, rilanciando al contempo i termini e i terreni di sviluppo della guerra
di classe rivoluzionaria, determinando una maggiore maturità e spessore
alla stessa proposta rivoluzionaria.
La questione fondamentale che si è riaffermata all'interno della prassi
delle BR è la forza determinante della strategia della lotta armata come
asse portante e propulsiva del processo rivoluzionario e fattore strategico
guida per lo stesso processo di riadeguamento intrapreso dalle BR nella fase
della Ritirata Strategica rispetto all'assunzione del loro ruolo e funzione
di direzione rivoluzionaria dello scontro. Per questo le BR nel mantenimento
e riferimento costante alle discriminanti dell'impianto di base, sia gli assi
strategici che i presupposti cardine della guerriglia (strategia della lotta
armata, unità del politico e del militare, clandestinità e compartimentazione,
principi di costruzione del PCC, concezione della guerra di classe di lunga
durata, ...) hanno potuto ridefinire i compiti attuali inerenti alla conduzione
della Guerra di Classe di Lunga Durata, anche grazie ad una più precisa
definizione della condotta dellA guerra rivoluzionaria nelle metropoli in riferimento
alle leggi che la governano. Una maturità della proposta politica che
si è resa subito evidente nell'esplicazione dell'attività concreta
messa in campo sui terreni programmatici, veri e propri assi strategici di combattimento,
dell'attacco al cuore dello Stato e l'attacco alle politiche centrali dell'imperialismo.
Ovvero misurando il proprio attacco contro i progetti dello Stato che si contrapponevano
alla classe in termini dominanti nelle diverse congiunture, determinandone il
loro relativo ripiegamento e nello stesso tempo lavorando per consolidare il
grado di maturità raggiunto dallo scontro dentro al necessario termine
politico militare e di organizzazione delle forze rivoluzionarie e proletarie
sul terreno della lotta armata al fine di attrezzarle nello scontro prolungato
contro lo Stato. Sia operando al rilancio dell'attività antimperialista
in una pratica di combattimento indirizzata contro le politiche centrali dell'imperialismo
e, intorno al criterio di una politica di alleanze con le altre Forze Rivoluzionarie
dell'area, hanno lavorato concretamente alla costruzione/consolidamento del
Fronte Combattente Antimperialista.
In particolar modo, asse discriminante della linea politica e strategica delle
BR è l'attacco al cuore dello Stato che costituisce il solo modo, storicamente
determinato, di procedere nella guerra di classe di lunga durata nelle metropoli
e intorno a cui ruota la capacità di operare la direzione e l'organizzazione
dello scontro rivoluzionario. E ciò a partire dalla considerazione che
la questione dello Stato è questione fondamentale per i comunisti, e
il suo abbattimento è un obiettivo imprescindibile al fine di conquistare
il potere politico e instaurare la dittatura del proletariato. In questo senso
le BR fanno propri i termini di fondo dell'analisi leninista dello Stato in
rapporto a come questo esplica le sue funzioni a questo stadio di sviluppo dell'imperialismo
per le diversità sopravvenute nelle sue forme di dominio. Analisi scientifica
della macchina statale che risulta essenziale per centrare adeguatamente l'attacco
per colpire al punto più alto dello scontro al fine di incidere sui rapporti
di forza generali tra le classi. In questo senso per le BR non si tratta di
colpire obiettivi "simbolici" o sviluppare la propria iniziativa a
partire da un "punto qualsiasi" del rapporto di scontro tra le classi,
bensì colpire quello che nella congiuntura è l'aspetto dominante
della contraddizione principale che matura nel rapporto classe/Stato, le politiche
centrali che riguardano direttamente la ridefinizione dei rapporti politici
e di forza tra campo proletario e Stato, e le modalità di governo relative
alla mediazione politica fra le classi.
Questo è il "cuore dello Stato", un obiettivo altamente politico
su cui si misurano gli stessi sviluppi del processo di guerra di classe di lunga
durata e si costruiscono i termini dell'organizzazione di classe sulla lotta
armata. Il giusto criterio affermatosi nella pratica rimanda alla capacità
di riferirsi ai criteri d centralità, selezione e calibramento dell'attacco.
Criteri che guidano l'attacco e la scelta dell'obiettivo e che saranno determinanti
per molte fasi ancora nello scontro, perché è solo nella fase
finale di Guerra Civile Dispiegata che lo Stato può essere attaccato
contemporaneamente su più livelli.
L'iniziativa rivoluzionaria così indirizzata causa una ricaduta in termini
di relativa crisi del quadro politico istituzionale che rimette parzialmente
in gioco gli equilibri fra le classi, fino al piano capitale/lavoro. La disarticolazione
del nemico non solo lo indebolisce, lo "danneggia", lo costringe a
ripiegare, certo non dai suoi obiettivi (rispondendo questi ad un carattere
di necessità generale per la borghesia imperialista), ma nel percorso
di assestamento dei successivi passaggi del progetto politico dominante; nello
spostamento (relativo) dei rapporti di forza a favore del campo proletario,
che l'attacco determina, si apre uno spazio politico che per non essere disperso
deve essere sintetizzato in forza politica. Per le BR significa tradurlo in
termini politico-militari, ovvero va trasformato in organizzazione di classe
sul terreno della lotta armata, organizzando e disponendo sulla lotta armata
le componenti proletarie e rivoluzionarie che si rendono disponibili, per attrezzarle
a sostenere lo scontro prolungato contro lo Stato e far avanzare il processo
rivoluzionario. E' dentro questa dialettica "attacco-costruzione-organizzazione-attacco"
che le BR si fanno carico di rappresentare gli interessi generali del proletariato
ed operano per ricostruire le condizioni politiche e materiali per un equilibrio
politico e di forza a favore del campo proletario, esplicando al contempo la
funzione di direzione rivoluzionaria e facendo vivere in tutta la sua concretezza
e il suo portato la strategia della lotta armata come proposta a tutta la classe;
Le iniziative di combattimento sviluppate sul terreno dell'attacco al cuore
dello Stato hanno reso evidente la qualità stessa del riadeguamento intrapreso
dalle BR durante la fase di Ritirata Strategica e al cui interno è stato
possibile definire i termini di apertura della fase specifica di Ricostruzione,
una fase che pur informata dai caratteri generali della fase di Ritirata Strategica
e, presentandosi nel contesto della controrivoluzione, tale da influenzarne
la dinamica di svolgimento, per le BR costituisce un elemento fondamentale di
avanzamento della guerra di classe e termine prioritario su cui porre le basi
per il mutamento dei rapporti di forza e passaggio politico necessario su cui
si dà uscita sostanziale della Ritirata Strategica e dal mandato politico
da essa posto. Per questo, per le BR, l'affrontamento della complessa fase di
ricostruzione si pone come obiettivo programmatico fondamentale, implicando
a partire dallo sviluppo dell'attività rivoluzionaria sugli assi programmatici
di combattimento, una più precisa strutturazione e disposizione delle
forze in campo per meglio attrezzarle allo scontro prolungato contro lo Stato,
uno sviluppo della dialettica guerriglia/autonomia di classe adeguata a questo
livello di approfondimento del rapporto rivoluzione/controrivoluzione.
La fase di Ricostruzione definisce quindi le stesse modalità concrete
entro cui si dà possibile e necessario sviluppare organizzazione di classe
sulla lotta armata indirizzate sul duplice binario costruzione:formazione, tese
a ricostruire nel tessuto di classe i livelli di organizzazione politico-militare
necessari allo sviluppo dello lotta contro lo Stato, e formazione dei rivoluzionari
stessi perché acquisiscano la dimensione dello scontro a partire dalla
ricca esperienza accumulata dalle BR in questi venti anni. In altre parole la
fase di Ricostruzione nel suo sviluppo e nelle sue finalità comporta
l'attrezzare su tutti i piani le forze proletarie e rivoluzionarie alle condizioni
dello scontro, al fine di ristabilire i termini politico-militari per nuove
offensive. E ciò ha implicato per le stesse BR un salto qualitativo nella
loro attività di direzione, attraverso il salto alla centralizzazione
politica delle forze in campo intorno alla loro attività generale. Il
salto alla centralizzazione politica significa che tutte le forze lavorino all'interno
del piano generale di lavoro delle BR, al fine di muovere come un sol cuneo
sugli obiettivi perseguiti in modo da incidere con tutta la forza nello scontro
e dispiegare intorno a ciò tutta l'attività di costruzione-consolidamento
dell'organizzazione di classe.
La capacità di esprimere questo livello di direzione in riferimento stretto
alla costruzione del complesso dei termini della guerra di classe, operando
nel giusto criterio del "Agire da Partito per costruire il Partito"
ha sicuramente posto le basi per un avanzamento del processo di costruzione
del PCC. In quanto per le BR il problema della costruzione del PCC non è
inteso come atto volontaristico o in cui la semplice formulazione di tesi politiche
e del relativo programma è vista come sufficiente per la costituzione
dell'avanguardia in Partito. Sul piano di sviluppo della strategia della lotta
armata, operando nell'unità del politico e del militare, il processo
di costruzione del Partito marcia strettamente in rapporto alla capacità
di costruire e far avanzare il complesso delle condizioni politiche e militari
per il dispiegamento della guerra di classe. Più semplicemente il problema
del Partito non è solo ricondotto alla mera disposizione intorno al programma,
ma più concretamente a come esso vive in rapporto alla strategia della
lotta armata, operando nell'unità del politico e del militare rispetto
a tutti i suoi termini: dall'accumulo di forze rivoluzionarie e proletarie intorno
alla costruzione dell'organizzazione di classe armata, alla costruzione della
direzione politica su di essa, alla costruzione di quadri politico-militari
in grado di affrontare complessivamente i problemi dello scontro rivoluzionario...
E' quindi all'interno di questi criteri d'attività e all'interno del
più complessivo processo di costruzione del PCC che le BR danno sostanza
alla parola d'ordine dell'"unità dei comunisti". Parola d'ordine
che non è intesa come unità generica sulla lotta armata ma va
intesa come processo che ha il suo riferimento intorno all'indirizzo strategico,
politico e programmatico delle BR in stretto riferimento ai livelli teorici,
politici e organizzativi che la stessa prassi delle BR ha attestato nello scontro
rivoluzionario.
Altro asse programmatico su cui le BR dispiegano la propria attività
è il piano dell'antimperialismo imperniato sullo sviluppo di una politica
di alleanze contro il nemico comune, con le forze rivoluzionarie che operano
nella nostra area geopolitica, ciò al fine di indebolire e ridimensionare
l'imperialismo costruendo, all'interno del processo di costruzione/consolidamento
del Fronte Combattente Antimperialista, i termini per offensive comuni contro
le sue politiche centrali, condizione imprescindibile per dare sviluppo allo
stesso processo rivoluzionario. Terreno programmatico anche questo intorno cui
le BR costruiscono i termini politico-militari e di organizzazione di classe
funzionali allo sviluppo della guerra di classe.
In sintesi ribadiamo che l'intera attività politico-miltare delle BR,
e in particolare i passaggi politici compiuti in questi ultimi anni, dimostra
la valida applicazione della strategia della lotta armata alla realtà
concreta del nostro paese sancendone il ruolo di direzione delle BR nello scontro
rivoluzionario il Italia. Un dato questo da cui nessuno può prescindere
che costituisce l'unica strada perché si dia avanzamento alla prospettiva
di potere per il proletariato nel nostro paese.
- Attaccare e disarticolare il progetto di rifunzionalizzazione degli istituti
e poteri dello Stato che nella fase attuale evolvono verso una Seconda Repubblica!
- Attaccare e disarticolare i progetti guerrafondai della borghesia imperialista
nostrana che si attuano all'interno dell'alleanza imperialista!
- Organizzare i termini politico-militari per ricostruire i livelli necessari
allo sviluppo della guerra di classe di lunga durata!
- Contribuire alla costruzione ed al rafforzamento del Fronte Combattente Antimperialista
nella nostra area geopolitica, per combattere i progetti dell'imperialismo sulla
linea della coesione europea, sia nei progetti di guerra diretti dalla NATO
che si dispiegano in questo momento sulla regione mediterranea-mediorientale
e lungo l'asse dei paesi dell'Est Europa!
- Guerra alla guerra, guerra alla NATO!
- Onore a tutti i rivoluzionari caduti combattendo l'imperialismo!
I militanti delle Brigate Rosse per la Costruzione
del Partito Comunista Combattente:
Maria Cappello, Fabio Ravalli