Biblioteca Multimediale Marxista
Ringraziamo i "Nostalgici" per aver messo a disposizione dei nostri lettori il testo
La migliore delle linee politiche può essere destinata all'insuccesso,
se un partito non dispone di un'organizzazione capace di applicarla e di realizzarla.
L'organizzazione non è fine a se stessa Essa deve essere lo strumento più efficace
per la realizzazione della politica del Partito, per la mobilitazione delle
larghe masse popolari, per il raggiungimento degli obiettivi che di volta in
volta il partito si pone. L'organizzazione non può e non dev'essere dunque concepita
come cosa a sè stante, ma come uno strumento politico. Nulla si può realizzare,
neppure la più semplice delle iniziative politiche se non per mezzo dell'organizzazione.
Impossibile perciò fare una netta distinzione tra politica e organizzazione.
Non si può ad esempio ritenere che vi possa essere una situazione od una località
ove politicamente si va bene, se in quella località o situazione le cose vanno
male organizzativamente.
Così non può essere un buon organizzatore il semplice praticista, il tecnico,
lo specialista che non si interessa di politica. e che non unisce costantemente
al lavoro pratico, organizzativo, lo studio. La pratica costante giova molto,
ed è vero che l'uomo pratico acquista materialmente le cognizioni di un determinato
numero di soluzioni e sa trovare il rimedio a molti difetti ordinari di
una organizzazione. Però se quest'uomo non sa elevarsi sino a trovare il nesso,
il legame della politica con l'organizzazione, sino a comprendere quali sono
le esigenze di una determinata linea politica e gli obbiettivi che essa si propone,
egli saprà regolarsi in condizioni uguali a quelle di cui ha già esperienza,
ma non saprà regolarsi nei casi dissimili e cioè nelle infinite circostanze
di situazioni e di condizioni, nelle diverse fasi di sviluppo della vita di
un partito.
Concepita l'organizzazione come lo strumento della politica è evidente che non
vi sono e non possono esserci criteri e metodi organizzativi fissi. Questi si
modificano col modificarsi delle necessità politiche, dei compiti e degli obiettivi
che di volta in volta il partito si pone. Criteri d'organizzazione senza principi
dunque? No. L'organizzazione di un partito come quella di un esercito, di un'azienda
industriale, o di un istituto scientifico risponde sempre a determinati principi
direttivi che sono in funzione della natura, del carattere di quel partito o
di quell'aggregato qualsiasi tenuto assieme ed operante per mezzo di quella
data organizzazione.
Ma i principi per quanto frutto di esperienze pratiche, di lavoro e di lotte
nelle condizioni le più diverse, per quanto frutto di stùdio e di ricerche,
non possono essere, specialmente nel campo organizzativo che un orientamento,
una guida, e soprattutto non devono essere considerati fissi, immutabili.
Lavorare con un piano è utile e necessario, lavorare con metodo è indispensabile,
ma lavorare schematicamente è oltremodo dannoso specie sul terreno della organizzazione.
Sistemi ottimi ieri, possono essere del tutto nocivi oggi. Criteri e sistemi
d 'organizzazione buoni per un partito possono essere nocivi se adattati ad
un altro partito o per la natura e composizione sociale diversa o per i compiti
diversi che questo partito si pone a differenza dell'altro o per le diverse
condizioni del paese nel quale operano i due partiti in questione. Non c'è dubbio
ad esempio che i criteri organizzativi del Partito bolscevico dell'Unione Sovietica,
del paese del socialismo, non possono essere schemati-camente trapiantati in
un partito di un paese dove i rapporti di produzione siano ancora dei rapporti
capitalisti. Il partito comunista in Italia è passato, nel corso dei 25 anni
della sua vita, attraverso situazioni profondamente diverse. Il fatto che malgrado
la feroce reazione e la spietata persecuzione esso si sia costantemente sviluppato
e sia diventato uno dei più forti, se non il più forte partito italiano, lo
si deve innanzi tutto alla sua giusta linea politica, all'essere rimasto costantemente
fedele, nelle situazioni più difficili, alla causa dei lavoratori e del popolo
italiano. Ma la sua capacità di resistenza, di ripresa e di sviluppo è dovuta
anche alla forza della sua organizzazione, all'aver saputo modificare col modificare
della situazione, non solo la sua linea politica, ma anche i suoi criteri di
organizzazione.
Saper adattare le forme ed i criteri d'organizzazione alla situazione concreta,
in modo da prestare il meno possibile il fianco al nemico, in modo da sferrargli
i colpi più possenti con le minori perdite da parte nostra, questo è ciò che
ha saputo fare il nostro partito.
Quante volte abbiamo mutato i nostri criteri e le nostre forme d'organizzazione?
Non è qui il caso di enumerarle. Certo è che i nostri criteri, i nostri principi
d'organizzazione nel 1924 non erano quelli del 1921, e quelli del 1927-1930
non erano quelli del 1924 e così via. Metodi, criteri e forme d'organizzazione
del periodo della guerra partigiana non sono e non potrebbero essere quelli
di oggi.
Talvolta il ritardo nel modificare metodi e criteri d'organizzazione fu duramente
pagato dal partito. Le tendenze conservatrici ed i ritardi nelle innovazioni
in un'organizzazione industriale si pagano con spreco di energie, di denaro,
con la sconfitta nei con-fronti della concorrenza e con un ritardo nello sviluppo
della tecnica. In un'organizzazione politica od in un esercito questi ritardi
si pagano a prezzo di sofferenze e di sangue e con la perdita sia pure transitoria
della influenza, il che in certe condizioni può decidere di una battaglia, del
successo o dell'insuccesso di una linea politica.
la superiorità politica ed organizzativa del Partito comunista nei confronti
degli altri partiti antifascisti si rivelò apertamente agli occhi di tutti,
specialmente nel periodo della guerra di liberazione nazionale. Forte dell'esperienza
di lavoro e di lotta accumulata durante vent'anni di illegalità, il Partito
comunista, più inten-samente e largamente di ogni altro, seppe condurre la guerra
contro i tedeschi ed i fascisti col minor numero di perdite.
I partiti che da vent'anni avevano rinunciato, o quasi, a qualsiasi attività
in Italia, privi di una seria esperienza, di lavoro organizzativo e cospirativo,
non erano in grado di fare un passo senza cadere nella rete del nemico, non
erano in grado di sferrare un colpo senza offrire una larga superficie vulnerabile
alla reazione nemica.
Nessuno può contestare al Partito comunista italiano d'aver partecipato alla
guerra di liberazione col più gran numero di combattenti, di partigiani e di
gappisti, tutta l'organizzazione di partito è stata per diciotto mesi mobilitata
sul piano della lotta armata.
Eppure le nostre perdite in rapporto a quelle di altri partiti sono state relativamente
assai minori.
Durante i diciotto mesi il centro del partito ed il Comando generale delle Brigate
d'Assalto Garibaldi furono continuamente (senza interruzioni) collegati con
i triumvirati insurrezionali, con i comitati fede-rali, con i Comandi militari
di regione e di zona e con i Comandi operativi delle Brigate Garibaldi e del
Corpo Volontari della Libertà. Questi collegamenti erano tenuti da corrieri,
da staffette, da ufficiali di collegamento, uomini e donne, giovani e anziani
i quali tra-sportavano stampati, giornali, ordini, direttive, armi, munizioni
e materiale diverso. Tonnellate e tonnellate di merce furono trasportate durante
i diciotto mesi. Tutti questi collegamenti facevano capo a dei centri regionali
e da questi alla direzione del Nord a Milano. E mai una sola volta i nostri
centri regionali politici e militari e la nostra direzione a Milano furono colpiti
in punti vitali dal nemico. Non solo, ma le nostre bande divennero ben
presto brigate, si trasformarono in divisioni, raggiunsero e superarono di molto
i centomila combattenti. E l'organizzazione di partito passò da cinquemila iscritti
nel luglio 1943 a circa centomila al momento dell'insurrezione. Tutto questo
lavoro fu possibile grazie alla dedizione, all'abnegazione, allo spirito di
sacrificio di centinaia e centinaia di compagni, ma grazie anche alle esperienze,
alle capacità organizzative acquisite in lunghi anni di lotta, grazie soprattutto
alla giustezza della linea politica del Partito ma grazie anche alla cura di
ogni dettaglio del nostro lavoro organizzativo.
Il conservatorismo è nocivo ad un'organizzazione come la ruggine
in un ingranaggio. Ma non si devono neppure introdurre importanti innovazioni
nell'organizzazione con facile leggerezza. L'organizzazione non è un passatempo,
un divertimento consistente nel mutar di posto a delle pedine, non è un giuoco
e neppure. un campo sperimentale. L'organizzazione è un mezzo, uno strumento
serio inteso a raggiungere uno scopo serio.
Non bisogna mai lasciarsi andare a delle improvvisazioni e prima di decidersi
a delle radicali riforme nel campo dell'organizzazione non basta constatare
che il vecchio criterio, il vecchio sistema non risponde più alle esigenze,
ma occorre studiare ed in certo qual modo assicurarsi che il nuovo che si vuoi
introdurre sia non solo un poco migliore, ma sia tanto migliore da rispon-dere
ai risultati politici che vogliono ottenere e da compensare il danno che la
spezzata tradizione neces-sariamente apporterà.
Quando nel 1924 noi abbandonammo il principio d'organizzazione su base territoriale
per applicare quel sul a base del luogo di produzione (cellule di fabbrica),
sapevamo che il danno che poteva derivare dalla rottura della tradizione, dell'abitudine
dei com-pagni a riunirsi tutti assieme nella sezione, sarebbe stato largamente
compensato dallo sviluppo del partito, dall'aumento della sua influenza e delle
sue ramifica-zioni nelle fabbriche. Il partito di massa dei lavoratori, il partito
della classe operaia, doveva trovare un si-stema d'organizzazione capillare
che gli permettesse di toccare, collegare, unire ed' attivizzare il numero più
grande di lavoratori, che desse la possibilità all'avanguardia della classe
operaia di assolvere alla sua funzione dirigente.
Il sistema d'organizzazione sulla base delle cellule di fabbrica aveva già al
suo attivo una grande, positiva esperienza: quella del partito bolscevico, la
cui politica era stata coronata dal più grande successo storico.
Troppo facile sarebbe, quando un criterio organizzativo si
dimostra insufficiente, deficiente o superato adottarne un altro qualsiasi;
magari l'opposto. Vi fu ad esempio un periodo nella vita illegale del partito
in cui si costatò che il massimo accentramento facilitava e rendeva assai più
gravi i colpi della polizia. Il criterio d'organizzazione con funzionamento
collettivo (i comitati) centralizzato (collegamento di tutte le cellule in settori
e dei settori nel comitato federale) per mezzo di riunioni regolari dei diversi
organismi, faceva sì che quando la polizia riusciva ad afferrare un anello della
catena, per mezzo del pedinamento, della provocazione e della tortura, più d'una
volta riusciva ad impossessarsi di tutta o di parte notevole della catena. Per
cui ad un certo momento si ritenne necessario passare al criterio del massimo
decentramento. Non più riunioni collettive, ma legame indi-viduale, non più
collegamenti di cellule in settori, ecc., ma tanti nuclei viventi nella stessa
città o zona, l'uno indipendentemente dall'altro, non più comitati, ma individui
responsabili.
L'applicazione di questo criterio nella sua forma più estrema, rivelò ben presto
nella pratica dei difetti altrettanto gravi quanto i danni che prima ci arrecava
la reazione poliziesca. Si marciava verso la polverizza-zione del partito, verso
la sua disintegrazione in tante piccole unità indipendenti l'una dall'altra
Dalla mancanza di unità organizzativa., dalla mancanza di vita collettiva, dalla
mancanza di discussione si sarebbe potuto passo passo arrivare alla mancanza
di unità di direzione, alla mancanza di vitalità politica.
L'esperienza dimostrò che la giusta soluzione del problema non stava nell'adottare
semplicisticamente un criterio d'organizzazione opposto, ma piuttosto nel conciliare
le esigenze di un'organizzazione unitaria centralizzata e funzionante collettivamente,
con le esigenze di carattere cospirativo. Si trattava cioè di trovare un equilibrio,
la giusta misura.
Oggi che il Partito comunista è diventato e sta di-ventando sempre più il partito
nuovo, il partito del popolo italiano, il partito che organizza che accoglie
non solo una ristretta avanguardia della classe operaia, ma strati sempre più
larghi di lavoratori, di contadini e di intellettuali, oggi che al partito si
pongono compiti nuovi, compiti di governo e di direzione di istituzioni pubbliche
nelle provincie e nei comuni, il funzionamento della sezione acquista un'importanza
che nel passato non aveva. Ma sarebbe un errore ritenere che la soluzione stia
nell'abbandonare il sistema d'orga-nizzazione sulla base di cellula d'officina
e di strada. Intanto le stesse cellule di fabbrica e di strada sono diventate
degli organismi i cui iscritti superano di molto quelli delle vecchie sezioni
socialiste del 1919-1920. In secondo luogo il sistema di organizzazione per
cellule non solo garantisce al partito i più larghi contatti con le masse. lavoratrici,
ma permette la partecipazione del numero più grande di compagni alla vita ed
all'attività del partito. Quanti giovani elementi che passerebbero inosservati
in una grande assemblea di sezione, si rivelano nelle cellule come elementi
capaci di sviluppo e di assolvere a funzioni di direzione politica.
Tuttavia la situazione di oggi, il carattere odierno del partito, gli obiettivi
che stanno davanti a noi rendono necessaria, specie nei villaggi, anche la vita
di sezione. E in quei comuni ove erano sorte quattro, cinque sezioni (una per
frazione) già si è sentita la necessità di raggrupparle, di ridurne il numero,
di coordinare la loro attività. Perché i problemi del comune, siano essi problemi
amministrativi, politici, di ricostruzione o culturali non possono essere risolti
che in forma organica e tenendo conto delle esigenze. di tutto il comune.
Di qui la necessità per il partito di adottare criteri e forme d'organizzazione
diverse e multiple.
La cura dell'uomo è l'elemento essenziale nell'arte dell'organizzazione.
Un partito è fatto di uomini e bisogna prendere gli uomini come sono. Bisogna
cercare bensì di migliorarli e di educarli, di dare ciò che ad essi manca, ma
frattanto è necessario lavorare.
Un organizzatore politico non dev'essere solo un uomo dotato di facoltà di osservazione
e di analisi, capace di scorgere, abbracciare e coordinare i dettagli, deve
non solo possedere energia, dinamicità, resistenza al lavoro, ma deve possedere
quella conoscenza, quella capacità di comprensione dell'elemento umano del quale
è composta un'organizzazione.. L'organizzatore politico deve possedere queste
qualità in misura maggiore che non l'organizzatore industriale il quale esercita
la sua funzione solo in parte su cose vive. L'organizzatore politico non esercita
la. sua volontà su delle macchine, su della materia inerte o su degli uomini
che assolvono ad una funzione meramente meccanica ed in certo senso passiva
ma lavora invece con degli uomini che agiscono e reagiscono in piena coscienza
Saper scoprire le qualità che esistono in ogni indi-viduo, saper ben utilizzare
queste qualità, studiare i pregi e le insufficienze di ogni compagno, saper
collocare ognuno al posto che meglio risponde alle sue attitudini, questo è
uno dei compiti fondamentali dell'organizzatore.
E' un luogo comune l'affermazione che noi dobbiamo badare esclusivamente all'interesse
del partito, prescindendo da quelle che possono essere le inclinazioni individuali.
E' questo un criterio d'organizzazione del tutto errato che dà risultati negativi
in qualsiasi campo dell'attività umana. L'uomo rende quanto più il lavoro che
esso compie risponde. non solo all'obiettivo supremo per il quale esso agisce
e lotta (che può essere obiettivo politico, scientifico, o di produzione) ma
anche in quanto quel lavoro soddisfa le sue attitudini e la sua inclinazione
ad una particolare attività'. Questo principio organizzativo. vale anche per
i comunisti. Perchè se è vero che i comunisti subordinano alla causa, per cui
lottano ogni vanità, ogni soddisfazione, ogni ambizione personale è anche vero
che i comunisti sono uomini normali come tutti gli altri uomini, molti di essi
temprati dalla lotta e dal sacrificio, ma pur sempre uomini con le stesse esigenze,
con gli stessi difetti e le stesse qualità degli altri uomini.
La formazione e lo sviluppo dei quadri è il compito fondamentale di un'organizzazione,
l'utilizzazione di tutte le forze di cui il partito dispone, saper aumentare
giorno per giorno queste forze ed il loro rendimento, riuscire ad indurre ogni
compagno a migliorarsi quo- tidianamente e ad impegnare tutta la sua volontà
tutte le sue energie fisiche ed intellettuali nell'interesse del partito, nella
realizzazione della linea politica del partito: in questo consiste essenzialmente
l'arte dell'organizzazione.