Biblioteca Multimediale Marxista
K. Marx,
Il metodo dell'economia politica, 1859
Introduzione
ai Lineamenti fondamentali (Grundrisse)
(da Marx-Engels, Opere Complete, vol. 29)
3.
Quando consideriamo un dato paese dal punto di vista economico-politico,
incominciamo con la sua popolazione, la divisione di questa in classi, la
città, la campagna, il mare, i diversi rami della produzione, esportazione e
importazione, produzione e consumo annuo, prezzi delle merci ecc.
Sembra giusto incominciare con ciò che è reale e concreto, con il
presupposto reale, quindi ad esempio nell'economia con la popolazione, che è la
base e il soggetto dell'intero atto sociale di produzione. Eppure, considerando
le cose più da presso, ciò si rivela sbagliato. La popolazione è un'astrazione,
se ad esempio non tengo conto delle classi di cui si compone. Queste classi
sono a loro volta una parola priva di significato, se non conosco gli elementi
sui quali esse si fondano. Ad esempio il lavoro salariato, il capitale
ecc. Questi presuppongono lo scambio, la divisione del lavoro, i prezzi ecc. Il
capitale, ad esempio, senza lavoro salariato è nulla, come è nulla senza
valore, denaro, prezzo ecc. Se dunque incominciassi con la popolazione, avrei
un'immagine caotica dell'insieme, e attraverso una determinazione più precisa
perverrei sempre più, analiticamente, a concetti più semplici; dal concreto
immaginato ad astrazioni sempre più sottili, fino a giungere alle
determinazioni più semplici. Da quel punto il viaggio dovrebbe esser nuovamente
intrapreso a ritroso, fino a giungere finalmente, di nuovo, alla popolazione,
che questa volta però non sarebbe più la rappresentazione caotica di un
insieme, bensì una ricca totalità di molte determinazioni e relazioni. La prima
via è quella che l'economia ha imboccato storicamente al suo sorgere. Gli
economisti del XVII secolo incominciano ad esempio sempre dall'insieme vivente,
la popolazione, la nazione, lo Stato, più Stati ecc.; finiscono però sempre con
l'individuare attraverso l'analisi alcune relazioni astratte e generali
determinanti, come la divisione del lavoro, il denaro, il valore ecc. Appena
questi singoli momenti furono, più o meno fissati e astratti, sorsero, i
sistemi economici che dal semplice come il lavoro, la divisione del lavoro, il
bisogno, il valore di scambio, risalirono fino allo Stato, allo scambio tra le
nazioni e al mercato mondiale. Quest'ultimo è evidentemente il metodo
scientificamente corretto. Il concreto è concreto perché è sintesi di molte
determinazioni, dunque unità di ciò che è molteplice. Nel pensiero, esso [il
concreto] appare quindi come processo di sintesi, come risultato e non come
punto di avvio, benché sia il reale punto d'avvio e quindi anche il punto
d'avvio dell'intuizione e della rappresentazione. Seguendo la prima via, la
rappresentazione piena si volatilizzava in determinazione astratta; seguendo la
seconda, le determinazioni astratte conducono alla riproduzione del concreto
nel cammino del pensiero. Perciò Hegel cadde nell'illusione di concepire il reale
come risultato del pensiero che si riassume e si approfondisce in se stesso e
che si muove per energia autonoma; mentre il metodo di salire dall'astratto al
concreto è, per il pensiero, solo il modo in cui esso si appropria il concreto,
lo riproduce come qualcosa di spiritualmente concreto. Mai e poi mai è però il
processo di formazione [di creazione, di produzione] del concreto stesso. Ad
esempio la più semplice categoria economica, diciamo ad esempio il valore di
scambio, presuppone la popolazione, una popolazione che produce in rapporti
determinati; anche un certo genere di sistema familiare, o comunitario, o
statale ecc. Il valore di scambio non può esistere che come relazione astratta,
unilaterale di un insieme concreto, vivente, già dato. Come categoria, il
valore di scambio conduce invece un'esistenza antidiluviana. Alla coscienza per
la quale il pensiero intelligente [pensante, che comprende la realtà, che
conosce la realtà] è l'uomo reale e di conseguenza solo il mondo pensato è, in
quanto tale, il reale, — e la coscienza filosofica è così determinata, — il
movimento delle categorie appare quindi come il reale atto di produzione — il
quale purtroppo riceve soltanto un impulso dall'esterno — il cui risultato è il
mondo; e ciò — ma si tratta nuovamente di una tautologia — è esatto nella
misura in cui la totalità concreta, come totalità del pensiero, come un
concreto di pensieri, è infatti un prodotto del pensare, del comprendere: in
nessun caso è però un prodotto del concetto che pensa al di fuori o al di
sopra dell'intuizione e della rappresentazione e che genera se stesso,
bensì è un prodotto dell'elaborazione in concetti dell'intuizione e
dell'immagine. La totalità quale appare nella mente come totalità di pensieri,
è un prodotto della mente pensante che si appropria il mondo nell'unico modo
che le è possibile, un modo differente dall'appropriazione artistica,
religiosa, pratico-spirituale di questo mondo. Il soggetto reale continua a
sussistere, prima e dopo, nella sua autonomia al di fuori della mente; finché
cioè la mente mantiene un atteggiamento soltanto speculativo, soltanto teorico
[cioè finché la mente non diventa guida dell’azione pratica, guida del soggetto
nella sua azione pratica, forza che trasforma il mondo]. Anche nel metodo
teorico, il soggetto, la società, deve quindi costantemente esser presente alla
rappresentazione come presupposto.
Ma queste categorie semplici non hanno esse anche un'esistenza storica o
naturale indipendente, prima delle categorie più concrete? Ça dépend.
Hegel ad esempio comincia correttamente la filosofia del diritto con il
possesso come la più semplice relazione giuridica del soggetto. Ma non esiste
possesso alcuno prima della famiglia o dei rapporti di dominio o di servitù,
che sono rapporti molto più concreti. Sarebbe invece corretto affermare che
esistono famiglie, unità tribali, che ancora posseggono soltanto e non
hanno proprietà. La categoria più semplice appare dunque come rapporto di
semplici associazioni familiari o tribali in relazione con la proprietà. Nella
società più progredita essa appare come il rapporto più semplice di
un'organizzazione sviluppata. Il sostrato concreto, la cui relazione è il
possesso, è però sempre presupposto. Si può immaginare un singolo selvaggio che
sia possessore. Ma in tal caso il possesso non è un rapporto giuridico. È
inesatto che il possesso si sviluppa storicamente in direzione della famiglia.
Piuttosto esso presuppone sempre questa «categoria giuridica più concreta». Con
tutto ciò resterebbe sempre il fatto che le categorie semplici sono espressione
di rapporti nei quali il concreto meno sviluppato può essersi realizzato, senza
avere ancora posto la relazione o il rapporto più complesso che è espresso
intellettualmente nella categoria più concreta; mentre il concreto più
sviluppato conserva quella stessa categoria come un rapporto subordinato.
Il denaro può esistere ed è storicamente esistito prima che esistessero il
capitale, le banche, il lavoro salariato ecc. In questo senso si può quindi
affermare che la categoria più semplice può esprimere i rapporti dominanti in
una totalità meno sviluppata o i rapporti subordinati in una totalità più
sviluppata, rapporti che storicamente esistevano ancor prima che la totalità si
sviluppasse nella direzione espressa da una categoria più concreta.(1) In
questo senso il movimento del pensiero astratto, che dal più semplice risale al
complesso, corrisponderebbe al processo storico reale.
D'altro canto si può affermare che esistono forme sociali molto
sviluppate eppure storicamente meno mature, nelle quali le forme più alte
dell'economia, ad esempio la cooperazione, la divisione sviluppata del lavoro
ecc., hanno luogo senza che esista denaro alcuno, ad esempio in Perù.
Anche nelle comunità slave il denaro e lo scambio che lo condiziona non
compaiono o compaiono poco all'interno delle singole comunità, mentre compaiono
alle loro frontiere, nel traffico con altri; in generale è errato porre lo
scambio all'interno della comunità come l'elemento costitutivo originario.
All'inizio esso compare invece più nella relazione tra le differenti comunità,
che per i membri all'interno di una medesima comunità. Inoltre: benché il
denaro svolga molto presto e in tutti i sensi un ruolo, nell'antichità esso è
però unilateralmente assegnato come elemento dominante solo a determinate
nazioni, a nazioni commerciali. E perfino nell'antichità più evoluta, presso i
greci e i romani, il suo pieno sviluppo — che nella moderna società borghese è
presupposto — appare soltanto nel periodo della dissoluzione. Questa categoria
semplicissima si rivela dunque, storicamente, nella sua piena intensità
soltanto nelle situazioni più sviluppate della società. E senza permeare in
alcun caso tutti i rapporti economici. Al culmine del suo sviluppo l'impero
romano rimase ad esempio fondato sull'imposta in natura e la prestazione in
natura. A quel tempo il sistema monetario vi era in realtà sviluppato appieno
soltanto nell'esercito. Non investi mai neppure la totalità del lavoro. Così,
benché la categoria più semplice abbia potuto esistere storicamente prima di
quella più concreta, nel suo pieno sviluppo intensivo ed estensivo essa
può appartenere solo a una forma sociale complessa, mentre la categoria più
concreta era più compiutamente sviluppata in una forma sociale meno evoluta.
Il lavoro sembra una categoria semplicissima. Anche la nozione del
lavoro in questa generalità — come lavoro in generale — è antichissima.
Nondimeno, compreso in questa semplicità dal punto di vista economico il
«lavoro» è una categoria moderna quanto i rapporti che creano questa semplice
astrazione. Il sistema monetario, ad esempio, pone la ricchezza ancora in modo
del tutto oggettivo, come cosa fuori di sé, nel denaro. Rispetto a questo punto
di vista fu un grande progresso quando il sistema manifatturiero o commerciale
trasferì la fonte della ricchezza dall'oggetto nell'attività soggettiva,
nell'attività commerciale e manifatturiera, pur continuando ancor sempre a
concepire questa attività stessa nell'aspetto limitato del far denaro. Rispetto
a questo sistema fu poi un ulteriore progresso quello fisiocratico che pone una
determinata forma di lavoro ‑ l'agricoltura ‑ come creatrice di
ricchezza, e concepisce l'oggetto stesso non più nel travestimento del denaro,
bensì come prodotto in generale, come risultato generale del lavoro. Questo
prodotto, in conformità con la limitatezza dell'attività, è concepito come
ancora sempre determinato dalla natura, prodotto agricolo, prodotto della
terra.
È stato uno straordinario progresso che Adam Smith abbia rigettato ogni
determinatezza dell'attività creatrice di ricchezza e l'abbia considerata
lavoro in quanto tale, non lavoro manifatturiero, né commerciale, né agricolo,
ma sia l'uno che l'altro. Alla generalità astratta dell'attività creatrice di
ricchezza ora corrisponde anche la generalità dell'oggetto definito come
ricchezza: prodotto in generale o nuovamente lavoro in generale, ma come lavoro
passato, oggettivato. Quanto questa transizione è stata difficile e importante
risulta dal fatto che di tanto in tanto Adam Smith stesso ricade nuovamente nel
sistema fisiocratico.(2) Ora potrebbe sembrare che con ciò sia stata soltanto
trovata l'espressione astratta per la relazione più semplice e antichissima in
cui gli uomini — in qualunque forma di società — compaiono come produttori. Per
un verso questo è giusto. Per l'altro non lo è. L'indifferenza verso un genere
di lavoro determinato presuppone una totalità molto sviluppata di generi di
lavoro reali, nessuno dei quali domini più sull'insieme. Così le astrazioni più
generali sorgono solo dove più ricco è lo sviluppo concreto, dove un elemento
appare come l'elemento comune a molti, comune a tutti. Allora esso cessa di
poter essere pensato solo in forma particolare. D'altro canto, questa
astrazione del lavoro in generale non è soltanto il risultato mentale di una
concreta totalità di lavori. L'indifferenza verso un lavoro determinato
corrisponde a una forma di società nella quale gli individui passano con
facilità da un lavoro all'altro e in cui il genere determinato del lavoro è per
essi fortuito, quindi indifferente. Non solo nella categoria, ma nella realtà
il lavoro qui è divenuto il mezzo per la creazione della ricchezza in generale,
e come determinazione ha cessato di concrescere con gli individui in una
dimensione particolare. Un tale stato di cose è sviluppato al massimo nella più
moderna forma di n a delle società borghesi, gli Stati Uniti. Solo qui diviene
per la prima volta praticamente vera l'astrazione della categoria «lavoro»,
«lavoro in generale», lavoro sans phrase che è il punto d'avvio
dell'economia moderna. Quindi l'astrazione più semplice, che l'economia moderna
colloca al vertice e che esprime una relazione antichissima e valida per tutte
le forme di società, appare però praticamente vera in questa sua astrazione
solo come categoria della società più moderna. Si potrebbe dire che ciò che
negli Stati Uniti appare come prodotto storico — questa indifferenza nei
confronti del lavoro determinat — presso i russi, ad esempio, appare come
disposizione naturale e originaria. Ma innanzitutto fa una dannata differenza
che del barbari abbiano la disposizione a essere utilizzati per tutto, o che
invece dei civilizzati si dedichino essi stessi a tutto. E poi, presso i russi,
a questa indifferenza verso la determinatezza del lavoro corrisponde
praticamente il loro tradizionale essere legati a un lavoro ben determinato, al
quale vengono strappati solo da influssi esterni.
Questo esempio del lavoro rivela con assoluta evidenza come anche le
categorie più astratte, sebbene siano valide — proprio a causa della loro
astrazione — per tutte le epoche, in ciò che vi è di determinato in questa
astrazione stessa sono tuttavia il prodotto di condizioni storiche e hanno
piena validità soltanto per e all'interno di tali condizioni.
La società borghese è l'organizzazione storica più sviluppata e
differenziata della produzione. Le categorie che esprimono i suoi rapporti, la
comprensione della sua articolazione, permettono quindi in pari tempo di
comprendere l'articolazione e i rapporti di produzione di tutte le forme di
società scomparse, sulle cui rovine e con i cui elementi essa si è costruita, e
di cui in parte in essa sopravvivono ancora residui parzialmente non superati,
mentre ciò che in essa era solo accennato ha assunto significati compiuti ecc.
L'anatomia dell'uomo fornisce una chiave per l'anatomia della scimmia. Gli
accenni a momenti superiori nelle specie animali inferiori possono invece esser
compresi solo se la forma superiore stessa è già nota. L'economia borghese
fornisce quindi la chiave di quella antica ecc. In nessun caso però procedendo
come fanne, gli economisti, i quali cancellano ogni differenza storica e in
tutte le forme di società vedono sempre le forme borghesi. Si possono
comprendere il tributo, le decime ecc. se si conosce la rendita fondiaria. Ma
non si deve identificare questa con quelli. Poiché inoltre la società borghese
stessa è soltanto una forma di sviluppo antitetica, certi rapporti delle forme
precedenti in essa si troveranno spesso solo del tutto atrofizzati, o
addirittura travestiti. Ad esempio la proprietà comunale. Se è quindi vero che
le categorie dell'economia borghese possiedono una validità per tutte le altre
forme di società, ciò va preso solo cum grano salis. Esse possono
contenere quelle forme in modo sviluppato, atrofizzato, caricato ecc., sempre
con una differenza essenziale. La cosiddetta evoluzione storica si fonda
generalmente sul fatto che l'ultima forma considera quelle trascorse come
gradini che portano a essa e, poiché solo raramente e in condizioni molto
particolari essa è in grado di criticare se stessa, — naturalmente qui non
stiamo parlando di periodi storici che si autopercepiscono come epoche di
decadenza, — le interpreta sempre in modo unilaterale. La religione cristiana
fu in grado di contribuire alla comprensione obiettiva delle mitologie
precedenti solo quando la sua autocritica fu in una certa misura, per così dire
dunamei,
conclusa. Così l'economia borghese pervenne alla comprensione di quella
feudale, antica, orientale, non appena ebbe inizio l'autocritica della società
borghese. Nella misura in cui l'economia borghese non si limita a identificarsi
in modo mitologizzante con quella precedente, la sua critica dell'economia
anteriore, in particolare di quella feudale, con la quale dovette ancora
combattere direttamente, è stata simile a quella che il cristianesimo ha
rivolto al paganesimo, o anche a quella che il protestantesimo ha rivolto al
cattolicesimo.
Come in generale per ogni scienza storica e sociale, nella successione
delle categorie economiche va sempre tenuto presente che, come nella, realtà
così anche nella mente, il soggetto — qui la moderna società borghese — è dato,
e che quindi le categorie esprimono forme di esistenza, determinazioni
dell'esistenza, spesso soltanto singoli aspetti di questa determinata società,
di questo soggetto, e di conseguenza anche sui piano scientifico l'economia
politica non comincia affatto solo dove si parla di essa come tale. Ciò
va tenuto ben presente, poiché fornisce immediatamente clementi decisivi
per la divisione della materia. Nulla sembra ad esempio più naturale del
cominciare con la rendita fondiaria, con la proprietà fon diaria, dal momento,
che essa è legata alla terra, alla fonte di ogni produzione e di ogni
esistenza, oltre che alla prima forma di produzione di tutte le società in
qualche misura consolidate — l'agricoltura. E tuttavia nulla sarebbe più
errato. In tutte le forme di società è una produzione determinata che assegna
rango e influenza a tutte le altre, come del resto anche 1 suoi rapporti
assegnano rango e influenza a tutti gli altri (vedi nota 2). È una luce
generale in cui sono immersi tutti gli altri colori e che li modifica nella
loro particolarità. È un'atmosfera particolare che determina il peso specifico
di tutte le cose esistenti che da essa emergono. Prendiamo ad esempio i popoli
dediti alla pastorizia (popoli dediti semplicemente alla caccia e alla pesca
sono al di qua del punto in cui comincia lo sviluppo reale). Presso di essi si
riscontra una certa forma sporadica di agricoltura. Da ciò è determinata la
proprietà fondiaria. Essa è proprietà comune e mantiene in misura maggiore o
minore questa forma, a seconda che questi popoli si attengano ancora in misura
maggiore o minore alla loto tradizione, ad esempio la proprietà comunale degli
slavi. Presso popoli ormai dediti stabilmente all'agricoltura, — e questa
stabilità è già un grosso passo avanti, — dove questa attività predomina come
presso gli antichi e nell'epoca feudale, l'industria stessa e la sua
organizzazione e le forme della proprietà che a essa corrispondono, hanno un
carattere più o meno determinato dalla proprietà fondiaria; l'industria è o
completamente dipendente dalla proprietà fondiaria come presso i romani più
antichi oppure, come nel medioevo, imita nella città e nei suoi rapporti
l'organizzazione delle campagne. Nel medioevo il capitale stesso — nella misura
in cui non è puro capitale monetario — ha, sotto forma di strumenti
tradizionali dell'artigiano ecc., questo carattere di proprietà fondiaria. Nella
società borghese avviene l'opposto. L'agricoltura diventa sempre più un
semplice ramo dell'industria ed è totalmente dominata dal capitale. Lo stesso
dicasi della rendita fondiaria. In tutte le forme in cui domina la proprietà
fondiaria, il rapporto con la natura è ancora predominante. In quelle in cui
domina il capitale, predomina invece l'elemento creato socialmente,
storicamente. La rendita fondiaria non può essere compresa senza il capitale.
Il capitale può invece esserlo senza la rendita fondiaria. Il capitale è nella
società borghese la potenza economica che domina tutto. Esso deve costituire il
punto di partenza così come il punto di arrivo, e dev'essere trattato prima
della proprietà fondiaria. Dopo che entrambi sono stati considerati singolarmente,
dovrà essere esaminato il loto rapporto reciproco.
Sarebbe dunque inopportuno ed errato far succedere serialmente le
categorie economiche nell'ordine in cui sono state storicamente determinanti.
La loro successione è invece determinata dalla relazione in cui esse si trovano
l'una con l'altra nella moderna società borghese, e questa successione è
esattamente l'inverso di quella che sembra essere la loro successione naturale
o di ciò che corrisponde alla successione dello sviluppo storico. Non si tratta
del posto che i rapporti economici assumono storicamente nel succedersi di
differenti forme di società. Men che meno della loro successione «nell'idea» (Proudhon)
(una rappresentazione confusa del movimento storico). Bensì della loro
articolazione all'interno della Moderna società borghese.
La purezza (la determinatezza astratta), in cui i popoli commerciali —
fenici, cartaginesi — appaiono nel mondo antico, è data proprio dal predominio
dei popoli agricoli stessi. Il capitale come capitale commerciale o capitale
monetario appare appunto in quest'astrazione là dove il capitale non è ancora
l'elemento dominante delle società. Lombardi ed ebrei occupano la stessa
posizione rispetto alle società medievali dedite all'agricoltura.
Come ulteriore esempio del posto diverso che le stesse categorie
occupano in stadi diversi della società: le jointstock-companies
(società per azioni, public companies), una delle ultime forme della
società borghese. Compaiono però anche al suo inizio, nelle grandi compagnie
commerciali privilegiate e con posizione di monopolio.
Nel pensiero degli economisti del XVII secolo — con una concezione che
in parte sopravvive anche in quelli del XVIII — il concetto stesso di ricchezza
nazionale si insinua in modo tale che la ricchezza appare creata solo per lo
Stato, e la potenza dello Stato appare proporzionale a questa ricchezza. Questa
era ancora la forma inconsapevolmente ipocrita in cui la ricchezza stessa e la
produzione della medesima si annunciavano come scopo degli Stati moderni, e non
si consideravano questi ultimi se non come mezzi per la produzione della
ricchezza.
La suddivisione della materia deve, evidentemente, essere fatta in modo
da trattare: 1) le determinazioni generali astratte che come tali sono comuni
più o meno a tutte le forme di società, ma nel senso chiarito precedentemente.
2) Le categorie che costituiscono l'articolazione interna della società
borghese e su cui poggiano le classi fondamentali. Capitale, lavoro salariato,
proprietà fondiaria. Il loro rapporto reciproco. Città e campagna. Le tre
grandi classi sociali. Scambio tra esse. Circolazione. Credito (privato). 3)
Sintesi della società borghese nella forma dello Stato. Considerata in
relazione a se stessa. Le classi «improduttive». Imposte. Debito di Stato.
Credito pubblico. La popolazione. Le colonie. Emigrazione. 4) Rapporto
internazionale della produzione. Divisione internazionale del lavoro. Scambio
internazionale. Esportazioni e importazioni. Corso dei cambi. 5) Il mercato
mondiale e le crisi.