Biblioteca Multimediale Marxista


L'indifferenza in materia politica



di Karl Marx (1873)

La classe operaia non deve costituirsi in partito politico; essa non deve, sotto alcun pretesto, avere azione politica, poiché combattere lo Stato è riconoscere lo Stato: ciò che è contrario ai princìpi eterni. Gli operai non devono fare degli scioperi, poiché fare degli sforzi per farsi crescere il salario o per impedirne l'abbassamento è come riconoscere il salario: ciò che è contrario ai princìpi eterni dell'emancipazione della classe operaia! Se nella lotta politica contro lo Stato borghese gli operai non giungono che a strappare delle concessioni, essi fanno dei compromessi: : ciò che è contrario ai princìpi eterni. Si deve quindi disprezzare ogni movimento pacifico, come gli operai inglesi ed americani hanno la cattiva abitudine di fare. Gli operai non devono fare sforzi per stabilire un limite legale della giornata di lavoro, perché gli è come fare dei compromessi con i padroni, i quali, allora, non possono più sfruttarli che per 10 o 12 ore, in luogo di 14 o 16. Essi non devono più neanche darsi la pena d'interdire legalmente l'impiego dei fanciulli al disotto dei 10 anni nelle fabbriche, perché con questo mezzo essi non fanno cessare lo sfruttamento dei ragazzi al disotto dei 10; essi, quindi, commettono un nuovo compromesso che pregiudica la purezza degli eterni princìpi! Gli operai devono ancor meno volere che, come nella repubblica americana, lo stato di cui il budget è impinguato dalla classe operaia, sia obbligato a dare ai ragazzi degli operai l'istruzione primaria; perché l'istruzione primaria non è l'istruzione integrale. È meglio che gli operai e le operaie non sappiano leggere, né scrivere, né far conti, piuttostoché ricevere l'istruzione da un maestro di scuola dello Stato. E' assai meglio che l'ignoranza e un lavoro quotidiano di 16 ore abbrutiscano le classi operaie, piuttosto che violare i princìpi eterni! Se la lotta politica della classe operaia assume forme violente, se gli operai sostituiscono la loro dittatura rivoluzionaria alla dittatura della classe borghese, essi commettono il terribile delitto di leso principio; perché per soddisfare i loro miserabili bisogni profani di tutti i giorni, per schiacciare la resistenza della classe borghese, invece di abbassare le armi e di abolire lo stato, essi gli danno una forma rivoluzionaria e transitoria. Gli operai non devono formare delle singole società per ogni mestiere, perché con ciò essi perpetuano la divisione del lavoro sociale, come la trovano nella società borghese; questa divisione, che disgiunge gli operai, è veramente la base dell'attuale loro servaggio. In una parola, gli operai devono incrociare le braccia e non perdere il loro tempo in movimenti politici ed economici. Questi movimenti non possono dar loro che dei risultati immediati. Da uomini veramente religiosi, essi, sdegnando i bisogni quotidiani, devono gridare pieni di fede: Che la nostra classe sia crocifissa, che la nostra razza perisca, ma che rimangano immacolati gli eterni princìpi! ". Essi devono, come pietosi cristiani, credere nella parola del prete, disprezzare i beni di questa terra e non pensare che a guadagnarsi il Paradiso. In luogo di Paradiso leggete liquidazione sociale, che avverrà un giorno in un cantuccio qualunque del mondo, non si sa come, né per opera di chi, e la mistificazione sarà identica in tutto e per tutto. In attesa quindi di questa famosa liquidazione sociale, la classe operaia deve comportarsi decentemente, come un branco di pecore ben pasciute! lasciar tranquillo il governo; temere la polizia; rispettare le leggi; somministrare senza lagnarsi la carne da cannone. Nella vita pratica di tutti i giorni, gli operai devono essere gli obbedientissimi servitori dello Stato; ma nel loro interno essi devono protestare energicamente contro la sua esistenza e testimoniargli il profondo sdegno teorico coll'acquisto e la lettura di trattati letterari sull'abolizione dello Stato; devono pure guardarsi bene dall'opporre altra resistenza al regime capitalista all'infuori delle declamazioni sulla futura società, nella quale l'esoso regime avrà cessato di esistere! > Nessuno vorrà negare che, se gli apostoli dell'indifferenza in materia politica si esprimessero in modo così chiaro, la classe operaia li manderebbe a carte quarantanove, e si sentirebbe insultata da questi borghesi dottrinari e da questi gentiluomini spostati, che sono sciocchi o ingenui al punto di interdirle ogni mezzo reale di lotta, perché tutte le armi per combattere bisogna prenderle nell'attuale società, e perché le condizioni fatali di questa lotta hanno la disgrazia di non adattarsi alle fantasie idealiste, che questi dottori in scienza sociale hanno innalzato a divinità, sotto i nomi di Libertà, Autonomia, Anarchia. Ma il movimento della classe operaia è oggidì sì possente, che questi settari filantropi non osano più ripetere per la lotta economica le grandi verità che essi incessantemente proclamavano sulla lotta politica. Essi sono troppo pusilli per applicarle ancora agli scioperi, alle coalizioni, alle società dei singoli mestieri, alle leggi sul lavoro delle donne e dei ragazzi, sulla limitazione delle ore di lavoro ecc. ecc. Ora, studiamoci di vedere, se essi sono capaci di essere richiamati alle buone tradizioni, al pudore, alla buonafede ed agli eterni princìpi! I primi socialisti (Fourier, Owen, Saint- Simon ecc.), poiché le condizioni sociali non erano abbastanza sviluppate da permettere alla classe operaia di costituirsi in classe militante, hanno dovuto fatalmente circoscriversi a dei sogni sulla società modello dell'avvenire e condannare tutti i tentativi quali gli scioperi, le coalizioni, i movimenti politici, iniziati dagli operai per portare qualche miglioramento alla loro sorte. Ma, se a noi non è permesso di rinnegare questi patriarchi del socialismo, come non è permesso ai chimici di rinnegare i loro padri, gli alchimisti, dobbiamo però evitare di ricadere ne' loro errori, che commessi da noi sarebbero inescusabili. Tuttavia, più tardi -nel 1839- quando la lotta politica ed economica della classe operaia aveva preso in Inghilterra un carattere già abbastanza accentuato, Bray- uno dei discepoli di Owen e uno di quelli che assai prima di Proudhon avevano trovato il mutualismo- pubblicò un libro: Labours Wrongs and Labours Remedy (I mali e i rimedi del lavoro). In uno dei capitoli sull'inefficacia di tutti i rimedi che si vogliono ottenere con la lotta attuale, egli fa un'amara critica di tutti i movimenti, tanto politici quanto economici degli operai inglesi; condanna il movimento politico, gli scioperi, la limitazione delle ore di lavoro, il regolamento sul lavoro delle donne e dei fanciulli nelle fabbriche, perché tutto ciò -secondo lui- invece di farci uscire dallo stato attuale della società, vi ci trattiene e non fa che rendere più intensi gli antagonismi. Eccoci ora all'oracolo di questi dottori in scienza sociale, a Proudhon. Mentre il maestro aveva il coraggio di pronunciarsi energicamente contro tutti i movimenti economici (coalizioni, scioperi ecc.) che erano contrari alle teorie redentrici del suo mutualismo, egli incoraggiava co' suoi scritti e colla sua partecipazione personale il movimento politico della classe operaia; i suoi discepoli non osano pronunciarsi apertamente contro il movimento. Già nel 1847, epoca in cui apparve la grande opera del maestro: le contraddizioni economiche, io confutavo i suoi sofismi contro il movimento operaio *1. Tuttavia, nel 1864, dopo la legge Ollivier, che accordava agli operai francesi in modo così restrittivo il diritto di coalizione, Proudhon ritornò alla carica nel suo libro: capacità politiche delle classi operaie, pubblicato pochi giorni dopo la sua morte. Gli attacchi del maestro si confacevano talmente al gusto dei borghesi, che il Times, in occasione del grande sciopero dei sartori di Londra, nel 1866, fece a Proudhon l'onore di tradurlo e di condannare gli scioperanti con le sue parole stesse. Eccone alcuni saggi. I minatori di Rive-de-Gier si erano messi in sciopero; i soldati erano accorsi per ridurli alla ragione:
"L'autorità", grida Proudhon, "che fece fucilare i minatori di Rive-de-Gier, fu assai disgraziata. Ma essa agì come l'antico Bruto, posto tra il suo amore di padre e il suo dovere di console: bisognava sacrificare i figli per salvare la repubblica. Bruto non ha esitato e la posterità non osa condannarlo"*2.
A memoria di proletario, non si ricorda un borghese che abbia esitato a sacrificare i suoi operai per salvare i propri interesse. Che Bruti sono i borghesi!
"Ebbene, no: non vi è il diritto di coalizione, come non vi è il diritto della frode e del furto, come non vi è il diritto dell'incesto e dell'adulterio."*3
Bisogna però dire che certamente vi è il diritto di sciocchezza. Quali sono dunque i princìpi eterni, in nome dei quali il maestro fulmina le sue scomuniche abracadabresche?
Primo principio eterno:
"Il tasso del salario determina il prezzo delle merci".
Coloro stessi che non hanno alcuna nozione di economia politica, e che ignorano che il grande economista borghese Ricardo, nel suo libro: princìpi di economia politica, pubblicato nel 1817, ha confutato una volta per tutte questo errore tradizionale, conoscono il fatto così rimarchevole dell'industria inglese, la quale può dare i suoi prodotti a un prezzo assai inferiore a quello di qualsiasi altra nazione, mentre i salari sono relativamente più elevati in Inghilterra, di quello che in qualsivoglia altro paese d'Europa.
Secondo principio eterno:
"La legge che autorizza le coalizioni è altamente antigiuridica, antieconomica, contraria a ogni società e ordine".
In una parola "contrario al diritto economico della libera concorrenza". Se il maestro fosse stato un po' meno chauvin, si sarebbe domandato come si spiega che 40 anni prima una legge, così contraria ai diritti economici della libera concorrenza, fosse stata promulgata in Inghilterra; e come va che a misura che l'industria si sviluppa, e con essa la libera concorrenza, questa legge - così contraria a ogni società e ordine - si imponga come una necessità anche agli stessi Stati borghesi. Egli avrebbe forse scoperto che questo Diritto (con un D maiuscolo) non esiste che nei Manuali economici, redatti dai fratelli Ignorantelli dell'economia politica borghese, nei quali manuali si trovano delle perle come questa: la proprietà è il frutto del lavoro…degli altri, essi si sono dimenticati di aggiungere.
Terzo principio eterno:
"Quindi , sotto pretesto di rialzare la classe operaia da una così detta inferiorità sociale, bisognerà incominciare dal denunciare una intera classe di cittadini: la classe dei signori, intraprenditori, padroni e borghesi; bisognerà eccitare la democrazia lavoratrice al disprezzo e all'odio di questi indegni collegati della classe media; bisognerà preferire alla repressione legale, la guerra mercantile e industriale; alla polizia dello Stato l'antagonismo delle classi *4".
Il maestro per impedire alla classe operaia di uscire dalla sua così detta inferiorità sociale, condanna le coalizioni che costituiscono la classe operaia in classe antagonista alla rispettabile categoria dei padroni, intraprenditori, borghesi, che certamente preferiscono, come Proudhon, la polizia dello stato all'antagonismo delle classi. Per evitare ogni disgusto a questa rispettabile classe, il buon Proudhon consiglia agli operai (fino alla venuta del regime mutualista e malgrado i suoi gravi inconvenienti) "la libertà o concorrenza, nostra unica garanzia". Il maestro predicava l'indifferenza in materia economica per mettere al coperto la libertà o concorrenza borghese, nostra unica garanzia; i discepoli predicano l'indifferenza in materia politica per mettere al coperto la libertà borghese, loro unica garanzia. Se i primi cristiani, che pure predicavano l'indifferenza in materia politica, ebbero bisogno del braccio di un imperatore per trasformarsi da oppressi in oppressori, i moderni apostoli dell'indifferenza in materia politica non credono che i loro princìpi eterni impongano loro l'astinenza dai godimenti mondani e dai privilegi temporali della società borghese. Tuttavia dobbiamo riconoscere che si è con uno stoicismo degno dei martiri cristiani, che essi sopportano le 14 0 16 ore di lavoro, onde sono sovraccaricati gli operai delle fabbriche!

*1 veggasi nell'opuscolo miseria della filosofia, risposta a filosofia della miseria del signor Proudhon (Parigi, 1847, Frank editore ) il cap.V intitolato: gli scioperi e le coalizioni operaie [Nota di Marx].
*2 P.G. Proudhon, della capacità politica delle classi operaie, Parigi, Lacroix e comp., Ediz. 1868, p. 387 [ Nota di Marx]
*3 libro citato, p. 333 [Nota di Marx]
*4 libro citato, pp. 337-338 [Nota di Marx]
*5 libro citato, p. 334 [Nota di Marx]