Biblioteca Multimediale Marxista
(1860)
In tutta la storia della razza umana nessuna terra e nessun popolo hanno
sofferto in modo altrettanto terribile per la schiavitù, le conquiste
e le oppressioni straniere, e nessuno ha lottato in modo tanto indomabile
per la propria emancipazione come la Sicilia e i siciliani. Quasi dal tempo
in cui Polifemo passeggiava intorno all'Etna, o in cui Cerere insegnava ai
siculi la coltivazione del grano, fino ai giorni nostri, la Sicilia è
stata il teatro di invasioni e guerre continue, e di intrepida resistenza.
I siciliani sono un miscuglio di quasi tutte le razze del sud e del nord;
prima dei sicani aborigeni con fenici, cartaginesi, greci, e schiavi di ogni
parte del mondo, importati nell'isola per via di traffici o di guerre; e poi
di arabi, normanni, e italiani. I siciliani, durante tutte queste trasformazioni
e modificazioni, hanno lottato, e continuano a lottare, per la loro libertà.
Più di trenta secoli fa gli aborigeni della Sicilia opposero resistenza
come meglio poterono al predominio degli armamenti e all'arte militare degli
invasori cartaginesi e greci. Vennero resi tributari, ma non furono mai del
tutto sottomessi né dagli uni né dagli altri. Per lungo tempo
la Sicilia fu il campo di battaglia dei greci e dei cartaginesi; la sua gente
fu ridotta in rovina e in parte resa schiava; le sue città, abitate
da cartaginesi e greci, furono i centri da cui oppressione e schiavitù
si diffusero all'interno dell'isola. Questi primi siciliani, tuttavia, non
persero mai l'occasione di lottare per la libertà, o almeno di vendicarsi
quanto più potevano dei loro padroni cartaginesi e di Siracusa. I romani
infine sottomisero cartaginesi e siracusani, vendendone come schiavi il maggior
numero possibile. Furono così venduti tutti in una volta 30.000 abitanti
di Panormo, la moderna Palermo. I romani fecero lavorare la terra siciliana
da innumerevoli squadre di schiavi, allo scopo di sfamare i proletari poveri
della Città Eterna con il grano siciliano. In vista di ciò,
non solo resero schiavi gli abitanti dell'isola, ma importarono schiavi da
tutti gli altri loro domini. Le terribili crudeltà dei proconsoli,
pretori, prefetti romani sono note a chiunque abbia un certo grado di familiarità
con la storia di Roma, o con l'oratoria ciceroniana. In nessun altro luogo,
forse, la crudeltà romana arrivò a tali orge. I cittadini poveri
e i piccoli proprietari terrieri, se non erano in grado di pagare lo schiacciante
tributo loro richiesto, erano senza pietà venduti come schiavi, essi
stessi o i loro figli, dagli esattori delle imposte.
Ma sia sotto Dionigi di Siracusa che sotto il dominio romano, in Sicilia accaddero
le più terribili insurrezioni di schiavi, nelle quali popolazione indigena
e schiavi importati facevano spesso causa comune. Durante la dissoluzione
dell'impero romano, la Sicilia fu assalita da vari invasori. Poi i mori se
ne impadronirono per un certo periodo; ma i siciliani, soprattutto le popolazioni
originarie dell'interno, resistettero sempre, con più o meno successo,
e passo dopo passo mantennero o conquistarono diversi piccoli privilegi. Quando
le prime luci avevano appena cominciato a diffondersi sulle tenebre medievali,
i siciliani avevano già ottenuto con le armi non solo varie libertà
municipali, ma anche i rudimenti di un governo costituzionale, quale allora
non esisteva in nessun altro luogo. Prima di ogni altra nazione europea, i
siciliani stabilirono col voto il reddito dei loro governi e dei loro sovrani.
Così il suolo siciliano si è sempre dimostrato letale per gli
oppressori e gli invasori, e i Vespri siciliani restarono immortalati nella
storia. Quando la casa di Aragona ridusse i siciliani alle dipendenze della
Spagna, essi seppero come mantenere più o meno intatti i loro privilegi
politici; e fecero la stessa cosa sotto gli Asburgo e i Borboni. Quando la
rivoluzione francese e Napoleone espulsero da Napoli la tirannica famiglia
regnante, i siciliani - incitati e sedotti dalle promesse e dalle garanzie
inglesi - accolsero i fuggiaschi, e li sostennero nella lotta contro Napoleone
col sangue e col denaro. Tutti conoscono il successivo tradimento dei Borboni,
e i sotterfugi o le impudenti smentite con cui l'Inghilterra ha cercato e
continua a cercare di nascondere il fatto di avere slealmente abbandonato
i siciliani e le loro libertà alle tenere grazie dei Borboni.
Attualmente, l'oppressione politica, amministrativa, e fiscale schiaccia tutte
le classi della popolazione; e queste ingiustizie sono sotto gli occhi di
tutti. Ma quasi tutte le terre sono ancora nelle mani di un numero relativamente
piccolo di latifondisti o baroni. In Sicilia vengono tuttora mantenuti i diritti
medievali del possesso della terra, salvo che chi coltiva non è più
un servo della gleba; non lo è più circa dall'undicesimo secolo,
quando divenne un libero fittavolo. Le condizioni dell'affitto sono, tuttavia,
generalmente così oppressive, che la stragrande maggioranza degli agricoltori
lavora esclusivamente a vantaggio dell'esattore delle imposte e del barone,
producendo a malapena qualcosa in più rispetto alle imposte e all'affitto,
e rimanendo essi stessi o disperatamente, o almeno relativamente, poveri.
Pur producendo il famoso grano siciliano e frutti eccellenti, costoro vivono
miseramente di fagioli tutto l'anno.
Ora la Sicilia è di nuovo insanguinata, e l'Inghilterra è la
distaccata spettatrice di queste nuove orge dell'infame Borbone, e dei suoi
non meno infami favoriti, laici o clericali, gesuiti o uomini d'arme. I chiassosi
declamatori del parlamento britannico riempiono l'aria di vuote chiacchiere
sulla Savoia e i pericoli della Svizzera, ma non hanno neppure una parola
da dire sui massacri delle città siciliane. Non un grido di indignazione
si leva in tutta Europa. Nessun capo di governo e nessun parlamento chiede
la messa al bando di quell'idiota assetato di sangue di Napoli(1). Solo Luigi
Napoleone, per questo o quello scopo - naturalmente non per amore della libertà,
ma per rafforzare la sua famiglia o l'influenza francese - può forse
fermare il macellaio nella sua opera distruttiva. L'Inghilterra griderà
alla perfidia, sputerà fuoco e fiamme contro il tradimento e l'ambizione
napoleonica, ma i napoletani e i siciliani saranno alla fin fine i vincitori,
anche sotto un Murat o qualsiasi nuovo dominatore. Ogni cambiamento non sarà
che verso il meglio.
(Marx-Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. XVII, pagg. 375-377).
(1) Francesco II