Biblioteca Multimediale Marxista
(Lo Stato operaio, 19 giugno 1924, anno 2, n. 20, articolo non firmato)
La convinzione che il regime fascista sia pienamente responsabile dell'assassinio del deputato Giacomo Matteotti, cosi come è pienamente responsabile di innumerevoli altri delitti non meno atroci e nefandi, è ormai incrollabile in tutti. L'indignazione sollevata da un capo all'altro d'Italia dal nuovo misfatto è rivolta non soltanto contro i masnadieri che hanno rapito in pieno giorno, a Roma, l'on. Matteotti per assassinarlo, non soltanto contro i camorristi che, minacciati dalla parola accusatrice del deputato unitario ne hanno voluto la soppressione, ma contro tutto un metodo di governo, contro tutto un regime che si regge e si difende con organizzazioni brigantesche, che contrappone alle critiche avversarie le sanguinarie imprese della sua mano nera, che adopera sistematicamente il bastone o il pugnale o la benzina per far tacere le voci moleste.
Da due anni ogni verità è una provocazione, ogni critica per quanto serena un'ingiuria a cui si risponde con la violenza. Da due anni su chiunque non voglia piegarsi al partito dominante e non voglia vendere od affittare la propria coscienza, rinnegare i propri principi, rendersi complice, col silenzio, delle ingiustizie e della intollerabile oppressione, è un nemico contro cui ogni scalzacane ha diritto di applicare barbare sanzioni. Da due anni su chiunque non abbia l'animo dello schiavo e del profittatore del proprio o dell'altrui brigantaggio pesano le più gravi minacce: minacce tradotte in atti a danno cosi dei più oscuri come dei più illustri cittadini. Questo stato di cose e tutte le inenarrabili sofferenze che lo accompagnano sono state fino a ieri sopportate pazientemente in silenzio, senza, quasi, un gesto di rivolta, senza valide proteste. L'anelito alla liberazione delle masse incatenate era compresso da una forza soverchiante.
Il governo tenta disperatamente di respingere da sé ogni responsabilità ed ogni colpa, il fascismo tenta di provare la propria innocenza condannando gli esecutori materiali del delitto. Tentativi puerili. Bisognava non esaltare la balda gioventù sportiva che organizzò freddamente e compì l'orrenda strage di Torino (dicembre 1922); bisognava non esaltare e non sottrarre ad ogni punizione i banditi che da due anni terrorizzano l'Italia; bisognava poter governare senza ricorrere ogni giorno al delitto. Ma nella confessione stessa del governo di non poter rinunciare alle proprie bande armate, di non poter restituire una legge al popolo italiano, di non poter vivere senza far pesare sul popolo la minaccia permanente della violenza e dell'arbitrio, di dover sempre esaltare la virtù del ferro e del piombo, è la prova definitiva della colpa del regime. E non è soltanto di tolleranza verso i banditi l'accusa che si muove al governo, poiché i capi della mano nera trovavano comodo asilo a piazza Viminale presso il ministero degli interni; poiché il brigantaggio è stato indubbiamente organizzato da qualcuno che sta più in alto di coloro che sono stati abbandonati alla pubblica esecrazione.
E la coscienza del popolo è insorta contro tutti i colpevoli. Anche i filofascisti, difensori per professione e per definizione di tutta l'opera del governo, hanno dovuto per un certo tratto seguire la corrente; ma il loro scopo era evidente ed è ormai raggiunto: impedire che il regime fosse travolto dalla stessa ondata di indignazione che ha travolto gli assassini.
Invece, tutti i partiti d'opposizione si sono immediatamente schierati, alla testa delle loro forze, contro il governo, contro il fascismo. Essi hanno compreso, al pari della grande maggioranza degli italiani, che, per eliminare il delitto dalla scena politica, occorre eliminare le cause del delitto, occorre il disarmo delle guardie bianche, la dispersione delle centrali di brigantaggio: la distruzione, cioè, di tutte le forze che tengono in piedi il fascismo. Questa la esatta valutazione della situazione e delle necessità dell'ora che imponeva ai partiti d'opposizione dei doveri, dei sacri doveri che non. sono stati compiuti.
Il tragico episodio ha dimostrato che è necessario proteggere la vita e l'incolumità personale dei cittadini seriamente minacciate dal fascismo. Alla commozione di tutto il popolo non è estranea la sensazione precisa di questa minaccia particolarmente grave per gli operai ed i contadini, minaccia che non scomparirà fino a quando il fascismo non sarà eliminato dal governo.
Ebbene, che cosa hanno fatto le opposizioni per raggiungere qualche risultato concreto? Esse si sono irrigidite in una posizione di attesa, con la speranza forse che lo scandalo dilagante sarebbe bastato da solo a colpire a morte il governo fascista. È certo che questa è un'illusione. Il governo fascista è riuscito fino ad ora a rimanere in piedi soltanto per la forza delle sue squadre armate, e saranno le squadre armate che lo difenderanno fino all'estremo. L'attesa passiva è dunque una colpa. Se le opposizioni borghesi non hanno forze organizzate per scendere in lotta, le opposizioni proletarie possono contare sull'esasperazione di tutta la classe lavoratrice non più disposta a sopportare una tirannia feroce.
Bisogna saper raggiungere, attraverso lo stato d'animo che s'è venuto in questi giorni formando, l'unità della classe lavoratrice, unità indispensabile al raggiungimento della vittoria.