Biblioteca Multimediale Marxista
Nella nostra epoca in cui la lotta per la difesa dei diritti umani è
un atto rivoluzionario, va abbandonata la falsa distinzione tra "vita individuale"
e "vita politica".
Solo alla luce di questa constatazione si può completamente comprendere
la vita di Angela Davis perché, come ella stessa ha detto, la lotta di
un vero rivoluzionario si attua "nella fusione di ciò che è
personale con ciò che è politico, quando non è possibile
tracciare una separazione". L'aspetto più profondo si raggiunge
soltanto "quando non si considera più la propria vita individuale
come realmente importante", quando la vita stessa comincia ad assumere
importanza politica per gli altri, nella lotta comune per la libertà.
"Io ho dedicata la mia vita a questa battaglia, ma la mia vita ne è
parte integrante." Per comprendere la sua vita è dunque necessario
comprendere la sua lotta.
Angela Davis, che è stata educata nel Sud, a Birmingham, nacque nel mezzo
di questa lotta.
Ella è cresciuta all'interno di una generazione di neri che avevano rischiato
la loro vita all'estero combattendo contro il fascismo con il solo risultato,
una volta rimpatriati, di ritrovarsi vittime dello stesso tipo di mentalità.
Essi ritrovarono un Sud dove il razzismo era "la verità di Dio"
e la segregazione "il modo di vita americano". E fu nel Sud che Angela
come molti altri neri cominciò la sua presa di coscienza. Ella vide i
simboli della legge e dell'ordine incarnati da uomini come George Wallace e
Bull Connor; vide anche le croci di fuoco del vecchio Sud e le torture a base
di scariche elettriche del moderno Sud. Contemporaneamente si andavano formando
tra la gente della sua generazione i primi segni di una nuova resistenza. Ella
si unì a questa resistenza, manifestando davanti ai luoghi pubblici interdetti
ai neri, partecipando a campagne per l'iscrizione sulle liste elettorali, promuovendo
gruppi di studio con i bianchi. Questi primi anni furono densi di nuove
speranze e di vecchi timori.
Angela abitava a Dynamite Hill (collina della dinamite) ove le famiglie dei
neri vivevano nel continuo terrore di rappresaglie razziste.
Ella ha scritto: "Ormai ogni notte sento i terroristi bianchi collocare
le bombe vicino alla casa, tutte le volte c'è la possibilità che
tocchi a noi".
È l'atmosfera di Birmingnam della sua giovinezza che le ritornò
brutalmente alla memoria durante quei giorni d'incubo del 1963 nei quali quattro
bambine nere furono uccise in una chiesa di Birmingham. Angela conosceva le
bambine e le loro famiglie e come altri a Birmingham sapeva chi erano gli assassini.
Resta sottinteso che non ci furono arresti. Non meraviglia che ella abbia potuto
scrivere ad un amico del nord alcuni anni dopo: "Poliziotti armati sorvegliano
continuamente la nostra casa, può darsi che non lascerò Birmingham
viva ".
A quindici anni lasciò Birmingham. Aveva vinto una borsa di studio di
una fondazione quacquera per un liceo di New York. Malgrado la sua viva intelligenza
dovette studiare molto più di tutti gli altri studenti per compensare
le carenze dell'istruzione di secondo ordine che aveva ricevuto nel Sud nelle
scuole riservate ai negri. Alla fine dell'ultimo anno aveva tanto progredito
da ricevere una borsa di studio per l'università di Brandeis, dove Angela
entrò per la prima volta nel mondo dei bianchi, nel quale in quanto nera
si trovava messa in evidenza.
L'"essere neri" non aveva nessuna importanza i per i suoi amici bianchi
e liberali, ma il risvolto di questa verità non era meno pesante per
lei. Se per i suoi amici essere neri non aveva nessuna importanza ne aveva invece
enormemente per lei. A Brandeis si consacrò interamente agli studi, superando
l'esame di diploma con il massimo dei voti e il "magna cum laude".
Per due anni studiò poi a Parigi alla Sorbona dove incontrò studenti
algerini che le parlarono della lotta del loro paese per la liberazione dai
colonialismo francese. Ella poté vedere la polizia francese che costantemente
arrestava, perquisiva e vessava gli studenti algerini o tutte le persone "dal
colorito scuro" sospettate di essere algerine per il solo fatto che volevano
l'indipendenza del loro paese. La Davis cominciò i suoi studi di filosofia
con il professor Herbert Marcuse che era fuggito dalla Germania in seguito alla
persecuzione nazista e attraverso il suo insegnamento scoprì nella filosofia
marxista lo strumento metodologico per comprendere l'oppressione di cui sono
vittime i neri.
Cambiò allora d'orientamento, si preparò al dottorato in filosofia,
continuando i suoi studi ad Amburgo all'università Goethe, grazie ad
una borsa di studio del governo della Germania Ovest. Contemporaneamente militò
nel SDS, gruppo socialista di studenti che organizzava manifestazioni contro
la guerra nel Vietnam.
Cominciò intanto a lavorare alla sua tesi: Il concetto filosofico di
libertà in Kant ed i suoi rapporti con la lotta di liberazione dei neri.
Dopo due anni di studi decise di lasciare la Germania, sia per fuggire dalla
Germania razzista sia perché le sembrava di tenersi troppo in disparte
nella battaglia dei suoi fratelli neri d'America. Ritornò per partecipare
a questa battaglia.
S'iscrisse all'università di San Diego in California per terminare il
suo dottorato con il professor Marcuse. All'università Angela partecipò
attivamente alla vita della comunità nera della California del Sud, organizzando
la lotta contro la disoccupazione e le brutalità della polizia e lavorando
parimenti nel "campus" per la creazione di un istituto popolare del
terzo mondo.
Ella si rese conto da quel momento che attività simili non restano a
lungo impunite in una società razzista ed oppressiva.
L'uccisione per opera della polizia di Los Angeles di Gregory Clark, di diciotto
anni, le mostrò ancora una volta i metodi fascisti dei poliziotti dello
Stato. Tali metodi divennero moneta corrente nel tentativo di impedire il progresso
della lotta per l'uguaglianza e la libertà.
In quell'anno, però, doveva ancora vedere tre dei suoi amici abbattuti
sul "campus" di San Diego. Furono giorni di lotta e di pericolo. Partecipare
alla lotta non era solo un semplice "impegno intellettuale", significava
mettere in gioco la propria vita.
Poco dopo Angela aderì al partito comunista e divenne un membro attivo
del gruppo Che-Lumumba, collettivo del partito comunista di Los Angeles, composto
interamente di neri.
Certi professori si concedono il lusso di "distrarsi", di giocare
con le idee, altri, che prendono il loro compito con serietà, si rifiutano
di affermare cose a cui non credono.
È il caso di Angela. Ella difese le idee di cui era convinta. Per tali
ragioni, dopo essere stata nominata professore di filosofia a San Diego per
i corsi del 1969, quando fu denunciata come comunista da un informatore del
FBI, ella rispose al consiglio d'amministrazione dell'università della
California: "Sì, sono comunista; e non mi servirò della procedura
dei cinque emendamenti per proteggermi. Le mie convinzioni politiche non possono
accusarmi, esse accusano i Nixon, gli Agnew e i Reagan". (3)
E insistette a sottolineare che quegli uomini sono i veri criminali della società,
uomini che hanno rubato al popolo le sue ricchezze con lo sfruttamento e l'oppressione.
Angela sapeva che, allorché le masse popolari neg1i Stati Uniti e negli
altri paesi mettono sotto processo, tale stato di cose, gli oppressori replicano
con un'intensificazione della repressione; facendo di tutto per ridurre al silenzio
e possibilmente per sopprimere quelli che prendono posizione e cercano di organizzarsi
contro il loro sistema.
Ma, a dispetto di ogni circostanza, ella si fece comprendere. L'esempio di questa
donna nera, che riconosce con fierezza di essere comunista, rivoluzionaria,
che sfida apertamente il capitalismo, ispirò e riempì di fierezza
quelli che per troppo tempo avevano taciuto. Ella stava diventando il simbolo
della libertà di parola e della resistenza aperta, ciò che Reagan
ed i suoi complici non potevano più tollerare.
Così cominciò il complotto per ridurla al silenzio, gli imbrogli
legali, l'atmosfera di linciaggio, l'uso intimidatorio e palese della forza.
Dapprima si tentò di escluderla dall'università perché
era comunista, ma quando i tribunali decretarono che questo provvedimento era
anticostituzionale, si dovettero cercare altri mezzi.
Nel frattempo Angela continuò ad insegnare all'università. I suoi
corsi sui temi filosofici della letteratura nera furono i più frequentati
nella storia di quella università. Preparava i suoi corsi con la più
grande cura dedicando ad essi il suo tempo ed il suo sapere senza risparmio.
Quando alla fine de1l'anno i suoi corsi furono giudicati da centinaia di studenti,
tutti senza eccezione formularono il giudizio di "eccellente". Fu
anche invitata a tenere conferenze presso gli istituti di filosofia di Princeton,
Vale, Swarthmore; ella rifiutò varie nomine presso istituti rinomati
dell'est degli Stati Uniti, perché si sentiva parte integrante delle
lotte che si svolgevano in California.
All'inizio del 1970 Angela s'impegnò attivamente nella difesa dei fratelli
di Soledad, tre prigionieri neri ingiustamente accusati di aver ucciso un guardiano
della prigione. Nei suoi interventi sottolineava sempre il fatto che il 30%
dei prigionieri era nero, mentre la gente di colore non rappresentava che il
15 per cento della popolazione, e ne deduceva come ciò indicasse chiaramente
il razzismo del sistema giudiziario americano.
Non poteva accettare che uno per uno i militanti politici, soprattutto i membri
del partito delle Pantere nere, fossero uccisi ed imprigionati col pretesto
del mantenimento dell'ordine e della difesa delle leggi. Ovunque ella prendesse
la parola metteva in evidenza l'intensificarsi del terrore poliziesco e della
repressione, ribadendo ininterrottamente che la perdita del lavoro che lei aveva
subito non era molto rispetto alla perdita della vita da parte di tanti neri.
Durante la lotta in favore dei fratelli di Soledad, Angela fece la conoscenza
di Jonathan Jackson, fratello di uno degli avvocati degli accusati. La vita
di Angela era seriamente minacciata: Jonathan Jackson ed i membri del gruppo
Che-Lumumba la protessero impedendo che le minacce si potessero realizzare.
Dato che ella si rifiutava di tacere e continuava a denunciare l'intensificarsi
della repressione nello Stato della California, organizzando il popolo contro
la minaccia dell'instaurazione del terrore poliziesco, Reagan cercò ancora
una volta di toglierle il lavoro. Nel mese di giugno Angela fu di nuovo privata
della cattedra dal consiglio d'amministrazione dominato da Reagan.
Questa volta la ragione addotta era la sua opposizione attiva e la sua continua
denuncia della politica di genocidio praticata dal governo. Coloro che avevano
accettato che fosse esclusa dall'insegnamento per aver appartenuto al partito
comunista cominciarono ad esitare.
Poteva perdere il suo lavoro unicamente per aver utilizzato la libertà
di parola garantita dalla Costituzione? Quale precedente poteva venirsi a creare?
L'esclusione di Angela a opera di Reagan arrivava troppo tardi per arrestare
una campagna di massa in sua difesa. Angela Davis era divenuta il simbolo della
resistenza aperta e coraggiosa. Ella cristallizzava un sentimento di rivolta
contro l'oppressione, contro la limitazione dei diritti civili e dei diritti
dell'uomo. L'unico risultato della sua esclusione fu di demistificare la situazione.
La Costituzione apparve come un documento trascurabile di fronte al volere dispotico
dei capi che detengono il potere.
Dato che togliere il lavoro ad Angela non era sufficiente per farla tacere,
Reagan cercò un nuovo mezzo per eliminarla. Egli approfittò di
ciò che era accaduto al tribunale di San Raphael per accusarla. Utilizzando
la più vaga e la meno fondata delle accuse, cioè la partecipazione
diretta non al fatto ma al "complotto", egli cercò di mettere
fine alla vita di Angela. Ne seguì la caccia all'uomo più forsennata
nella storia del paese. Una giovane nera, mai arrestata prima, mai accusata
di aver commesso crimini diventava la terza donna della storia posta nella lista
dei dieci criminali più ricercati. Porla su tale lista, ove la si descriveva
come "armata pericolosa", equivaleva a dare a tutti coloro che erano
accecati dal razzismo il diritto di spararle a vista, senza alcuna intimazione.
Questa persecuzione servì come pretesto per perquisire le abitazioni
dei militanti e i locali delle organizzazioni politiche, per cercare d'intimidire
e vessare coloro che condividevano le convinzioni politiche di Angela.
Mentre era detenuta nella prigione femminile di New York e lottava contro il
tentativo di estradizione in California dove era accusata di rapimento, omicidio
e complotto, Angela fu separata dalle altre detenute, isolata nella "infermeria
speciale", sorvegliata ventiquattro ore su ventiquattro. Secondo i metodi
tradizionali usati verso i detenuti politici, i suoi guardiani l'avevano privata
di ogni contatto con gli altri detenuti, perché temevano che anche in
prigione potesse diffondere le sue idee, temevano la potenza delle sue convinzioni.
E mentre era confinata in solitudine, i suoi accusatori tentavano costantemente
di giudicarla e di dichiararla colpevole di fronte all'opinione pubblica, usando
i grandi mezzi di informazione. Richard Nixon si congratulò con J. E.
Hoover per la sua cattura in una trasmissione televisiva diffusa in tutto il
paese, dichiarando che il suo arresto sarebbe servito da esempio "a tutti
gli altri terroristi".
Un processo intentato dalla National Conference of Black Lawyers (Associazione
nazionale degli avvocati neri), manifestazioni di massa, migliaia di lettere
e di telegrammi permisero di riportare una prima vittoria: un decreto del giudice
Lasker permise ad Angela di avere dei contatti con gli altri detenuti.
Così, una volta di più ci troviamo, secondo le parole di Angela,
"davanti ad una scelta per la lotta di liberazione". Alcuni vogliono
farci credere che la sua attività politica sia il frutto di una curiosità
sviata o puramente intellettuale. Ma, come abbiamo visto, l'impegno politico
di Angela trae le sue origini dal sangue che nella sua infanzia ha visto bagnare
le terre del Sud, dall'alienazione che ha sofferto per il fatto di essere la
sola nera utilizzata come un'attrazione, in un'università interamente
composta di bianchi, dalle umiliazioni quotidiane dovute al fatto di essere
una donna. Le sue convinzioni sono il risultato di una resistenza continua all'ineguaglianza,
di una ricerca costante per una soluzione adeguata ai problemi della nostra
società: il razzismo, lo sfruttamento, l'oppressione; il suo rifiuto
di essere ridotta al silenzio dalla violenza e dalla intimidazione.
Di cosa Angela Davis è colpevole? Di essere il prodotto naturale d'una
società basata sul razzismo, lo sfruttamento, la disumanizzazione. Di
lottare per il socialismo.
I suoi accusatori l'hanno chiusa in prigione perché hanno paura di ciò
che ella afferma, di ciò che dichiara coraggiosamente e a sua piena discrezione.
Ma visto che anche in prigione non la possono ridurre al silenzio, visto che
le sue parole travalicano facilmente quei muri, essi cercano con ogni mezzo
di farla sparire.
La soluzione finale: la morte.
Per lei la vita e la lotta costituiscono una entità inscindibile. Non
soltanto nella dimensione delle idee, nella teoria astratta, ma nella brutale
realtà dei fatti. Si accusa Angela per le sue convinzioni, per la sua
esistenza.
La sua vita è in gioco.
Ma ella è innocente. Innocente dei crimini di omicidio e di rapimento.
Il suo solo crimine è quello di amare l'umanità e di lottare a
rischio della vita per 1a libertà di tutti.
Liberate Angela!
Liberate la nostra compagna!
Liberate tutti i prigionieri politici.
Il Comitato newyorkese
per la liberazione di Angela Davis