Biblioteca Multimediale Marxista
estratto dagli atti del processo per banda armata 1991
BRIGATE ROSSE
Le Brigate Rosse per il P.C.C. rivendicano congiuntamente alla
RAF l’attacco a Hans Tietmeyer sottosegretario alle finanze della RFT
e uomo-chiave delle decisioni politiche e degli indirizzi economici concertati
dai paesi imperialisti dell’Europa occidentale.
L'offensiva portata su base politica unitaria contro le politiche di coesione
dell’Europa occ. esprime l’avanzamento compiuto dalle B.R. e dalla
RAF nella costruzione/consolidamento del Fronte Combattente Antimperialista
ed apre in termini concreti una nuova fase di sviluppo della strategia rivoluzionaria
in quanto sostanzialmente qualifica un più maturo carattere dell'internazionalismo
proletario. La “politica di alleanze” attesta le Forze Rivoluzionarie
antimperialiste su un piano più adeguato ad impattare con l’imperialismo;
i passaggi realizzati dalla RAF e dalle B.R. pongono basi più mature
per l’ulteriore sviluppo di una proposta politico/militare/organizzativa
che unifichi in una linea di attacco comune contro l'imperialismo le Forze Rivoluzionarie
combattenti antimperialiste.
La proposta politica del Fronte nasce e si sviluppa a partire dall’unità
d'intenti delle Forze Rivoluzionarie dell’Europa occ., e questo sia per
la rilevanza strategica che l’Europa assume negli interessi dell’imperialismo,
sia per le contraddizioni che, a partire dal cuore del sistema imperialista,
investono in forma diversa tutta la catena. Obbiettivo generale perseguito all’interno
di una “politica di Fronte” è l’indebolimento e il
ridimensionamento dell’imperialismo.
L’interesse generale delle Forze Rivoluzionarie che combattono l’Imperialismo
è favorire rotture rivoluzionarie, siano esse di rivoluzione proletaria
o di liberazione nazionale. Infatti, il grado raggiunto di integrazione e interdipendenza
economica dei paesi della catena imperialista, esprime i livelli di coesione
politica e militare che si sono attestati, rendono vitale per l’imperialismo
ogni angolo del mondo, tanto da rendere impraticabile il distacco di un anello
della catena al di fuori di una condizione generale di instabilità e
debolezza del sistema imperialista nel suo complesso.
Questo interesse comune tra tutte le Forze Rivoluzionarie antimperialiste è
dato oggettivo ancor prima che soggettivo e pone le condizioni politiche per
proporre e praticare una “politica di alleanze”.
Per le B.R. per il P.C.C. la costruzione e il consolidamento del F.C.A. si pone
all’interno di una più ampia politica antimperialista praticata,
costituendone altresì un livello più avanzato nell'affermazione
concreta di un salto avvenuto in termini qualitativi nella lotta proletaria
e rivoluzionaria. I temi centrali della pratica antimperialista non possono
che ruotare a questo livello di maturazione raggiunto dall’imperialismo,
intorno al rafforzamento di una “politica di alleanze” che tenda
a costruire, con le Forze antimperialiste combattenti in quest’area geopolitica
(Europea, Mediorientale, Mediterranea) la forza politica e pratica per attaccare
il nemico comune.
Lo sviluppo del F.C.A. deve tendere all’obbiettivo irrinunciabile di realizzare
offensive comuni contro le politiche centrali dell’imperialismo. Il raggiungimento
dell’obbiettivo si consegue attraverso la costruzione di successivi momenti
di unità. L’attività di attacco all’Imperialismo non
può che seguire il criterio politico secondo cui la “politica di
Fronte” non deve essere impedita dalle particolarità di analisi
o dalla concezione politica delle diverse forze che vi contribuiscono. Non si
tratta di fondere ciascuna Organizzazione in un’unica organizzazione,
ma di stringere l’unità raggiungibile nell’attacco pratico
nell’interesse e negli obbiettivi comuni. E' quindi chiaro che i percorsi
specifici di ogni Forza Rivoluzionaria antimperialista non devono essere posti
come discriminanti all’agire del Fronte.
E' questa consapevolezza che ha consentito alla R.A.F. e alle B.R. di costruire
i presupposti per un salto in avanti, sia nella costruzione/consolidamento del
F.C.A. sia per una definizione maggiormente adeguata della proposta politica
che il Fronte incarna, così da uscire dalle secche del genericismo. La
svolta decisiva è l’approdo ad un testo comune che individua nelle
(…) direttrici principali, le linee di attacco su cui attualmente si realizza
la politica di Fronte.
E' stata l'attività concreta e pratica a sostanziare il salto di qualità
avvenuto, sono gli obbiettivi individuati e il realismo nell’impostazione
della “politica di Fronte” a qualificare il valore della proposta,
il suo portato strategico che va oltre l’unità momentaneamente
raggiunta: essa apre nuove prospettive di sviluppo al F.C.A. L’intento
è favorire il più vasto schieramento combattente contro l'imperialismo
al fine di ricomporre nell'attacco comune l'unità che già esiste
sul piano oggettivo tra cui le lotte del centro imperialista e i movimenti di
liberazione nella periferia.
Le direttrici principali su cui il Fronte articola l’attività antimperialista
combattente fanno riferimento alle politiche di coesione tese a compattare i
paesi dell'Europa occ. all'interno degli interessi del blocco. Questo costituisce
il cuore dei progetti dell’imperialismo, passaggio essenziale della più
generale strategia imperialista che tende alla realizzazione di un maggior grado
di compattamento e di responsabilizzazione dei vari paesi della catena.
Una strategia che nasce si approfondisce in relazione all'acutizzarsi dalla
crisi economica che è il prodotto di successive forzature e del collimare
del reciproco interesse generale della catena imperialista dentro un quadro
politico internazionale che vede una polarizzazione di interessi e campi contrapposti.
Le politiche di coesione si dispiegano su tre fronti principali: sul piano delle
politiche economiche, sul piano politico-diplomatico, sul piano controrivoluzionario.
— Il piano delle politiche economiche comprende la concertazione in ambiti
sovranazionali (FMI, BM, CEE, ecc) dei termini generali di governo dell'economia.
Misure concertate di supporto all’ambito capitalistico, di sostegno alle
formazioni monopolistiche e al movimento finanziario vengono elaborate come
risposte controtendenziali agli effetti della crisi economica.
Il principale piano controtendenziale che si afferma a fronte della recessione
generalizzata è, ad un certo stadio della crisi, il ricorso allo speciale
stimolo del riarmo. Il ricorso a questo "stimolo economico" è
il reale indicatore dell’avanzamento della tendenza alla guerra. Si caratterizza
cioè lo stadio economico più vicino allo sbocco bellico. Infatti,
per le caratteristiche economiche che racchiude, ha in sé tutte le condizioni
per provocare una bancarotta finanziaria; la sua efficacia temporanea é
relativa al solo immobilizzo di ingenti quote di capitale finanziario eccedenti
che trovano impiego nella ricerca sulle nuove tecnologie da applicare nel campo
militare.
Sono gli USA che, in quanto polo economico e finanziario dominante, hanno imboccato
la scelta del riarmo come "volano" dell'economia. Il grado di integrazione
economica esistente tra i paesi della catena imperialista fa sì che ogni
movimento economico di rilievo si ripercuote e condiziona le scelte dei paesi
della catena. Per questo le scelte degli USA tendono a configurarsi come il
piano controtendenziale della catena imperialista.
In Europa occidentale il riarmo non è ancora una politica economica affermata,
stante il grado di profondità raggiunto dalla crisi economica e quindi
la possibilità di mettere in atto diverse politiche controtendenziali;
ma si prefigura già come tendenza. I passaggi di maturazione della tendenza
al riarmo in Europa occ. si stanno realizzando non tanto a livello nazionale,
dei singoli paesi, quanto su un piano di concertazione e cooperazione europea
causa il livello finanziario necessario. Questo dato prefigura un più
elevato e maturo livello di coesione politica ed economica centralizzato in
sede NATO. Ed è proprio questo l’elemento più importante.
L'accresciuta importanza della NATO come momento di concertazione politica multilaterale
che implica un maggiore impegno europeo tutto in chiave filo-atlantica, cioè
strettamente vincolato agli USA e sotto le sue direttive generali.
— E' sul piano politico-diplomatico che si esprime l’aspetto principale
della coesione politica in Europa occ. La funzione della “diplomazia europea”
si svolge nell’ambito dell’area geopolitica Mediterranea-Mediorientale
con l'intento di ricucire e sancire le forzature operate dagli USA nella fase
precedente. Nel passato le forzature militari operate hanno definito l'indirizzo
politico su cui doveva vertere il riallineamento delle politiche europee all’interno
della più complessa strategia NATO nell'area, ridefinendo ruoli, compiti
e responsabilità.
L'attività politico-diplomatica europea non si pone in alternativa ai
bombardamenti e alle invasioni militari operate dagli USA e da Israele, ma è
complementare, e tesa a "normalizzare" la regione Mediorientale con
iniziative di ricucitura e di supporto al piano generale di stabilizzazione
di rapporti di forza più favorevoli al blocco imperialista. La “stabilizzazione”
è prodotto di una necessità politica generale di chiudere i conflitti
regionali per ridefinire, dentro il quadro internazionale mutato, l’egemonia
politico-militare dei paesi imperialisti, imponendo rapporti di preminenza e
di forza negli equilibri Est/Ovest.
Il piano Schultz/Shamir corrisponde a questa necessità in quanto progetto
politico complessivo tendente a dare soluzione al conflitto arabo-israeliano.
E il pilastro-base attorno al quale ruotano tutte le altre proposte e suggerimenti
che indicano i diversi tempi e modi di approccio alla questione, per arrivare
comunque alla trasformazione dello scenario mediorientale in chiave filo-occidentale.
La frenetica attività diplomatica europea sì coagula in definitiva
intorno a due questioni: appoggio incondizionato al piano Schultz/Shamir come
appoggio ad una strategia globale che, aldilà delle formule diplomatiche,
prefigura già l’assetto futuro dell'area come passaggio nei rapporti
di forza tra i due blocchi; ricerca e definizione di un piano funzionale a perseguire
operativamente quei passaggi politici possibili che assestino, su diversi livelli,
piani di stabilità politica ed economica col mondo arabo, in funzione
della più totale "normalizzazione" dell'area.
Il Piano Marshall per il Medioriente proposto dalla CEE si pone dentro questo
quadro generale ricercando una maggiore integrazione tra i paesi Mediterraneo/Mediorientali
e l’Europa; ponendo anche qui l’accento sulla necessità di
passare da rapporti bilaterali Nord/Sud a rapporti multilaterali, nei quali
Israele verrebbe ad assumere un ruolo di riferimento per il mondo arabo. Questo
come punto di arrivo di un percorso che veda parallelamente la trasformazione
di Israele da manipolo di occupanti a “Stato di diritto” su stile
europeo, rispettoso dei diritti dell’uomo e in grado di controllare e
regolare le contraddizioni tramite gli strumenti della mediazione politica e
diplomatica.
Il piano controrivoluzionario è teso principalmente a contrastare l’attività
antimperialista del Fronte delle Forze Rivoluzionarie. Non si tratta solo di
coordinare interventi repressivi sul piano internazionale con la collaborazione
tra le forze antiguerriglia di ogni paese europeo ma avvalersi di progetti politici
controrivoluzionari: i progetti di “soluzione politica” per la guerriglia,
che se pure con particolari sfumature vengono portati avanti in diversi paesi
imperialisti europei, ne sono un esempio. Misure coordinate sul piano politico
che influiscono sulla connotazione del rapporto Imperialismo/Antimperialismo,
rivoluzione/controrivoluzione nell'Europa occidentale.
Il bipolarismo, la divisione del mondo in due blocchi, è la contraddizione
dominante che influenza e sovrasta i rapporti internazionali. Gli equilibri
sanciti a Yalta hanno definito le aree di influenza nel mondo, la nuova divisione
internazionale del lavoro e dei mercati uscita dalla seconda guerra mondiale.
A fronte della crisi economica generale (di valorizzazione) che attanaglia l’imperialismo
questi equilibri vengono attualmente messi in discussione.
L'imperialismo tende alla riformulazione di una nuova divisione internazionale
del lavoro e dei mercati e nuovi equilibri politici, un quadro di insieme che
necessariamente passa per il ridimensionamento del blocco sovietico. L’internazionalizzazione
della produzione e dei mercati ha segnato un passaggio di sviluppo dell’imperialismo
nel dopoguerra, rendendo oggi improbabile un conflitto interimperialista. Al
contrario il blocco sovietico non solo si pone al di fuori delle sfere di influenza
politica ed economica occidentale, ma rappresenta per l’imperialismo un
ambito sufficientemente sviluppato sul piano industriale e delle infrastrutture,
oggettivamente recettivo e complementare al livello di sviluppo dell’imperialismo.
In secondo luogo l'impatto con il blocco sovietico ha un significato politico,
teso al ridimensionamento del modello di sviluppo dei paesi socialisti.
La necessità di impattare con il blocco dei paesi socialisti emerge in
relazione allo stadio di maturazione raggiunto dall’imperialismo che,
per fuoriuscire dalla crisi generale di sovrapproduzione di capitali, deve necessariamente
ampliare la sua area di influenza e la sua base produttiva a scapito di chi
è sconfitto e distruggere capitali e mezzi di lavoro eccedenti, così
da riprendere per un periodo relativamente lungo il ciclo economico espansivo.
Quindi la tendenza alla guerra si presenta come portato dell’accumularsi
critico di tutte le contraddizioni capitalistiche. I passaggi di maturazione
ai questa tendenza si manifestano in una acutizzazione delle contraddizioni
tra le classi e tra sviluppo e sottosviluppo e, in particolare in una maggiore
polarizzazione all’interno della contraddizione dominante Est/Ovest.
Nel quadro di insieme l’area geopolitica Europea-Mediorientale-Mediterranea
assume un significato particolare, e viene a definirsi come area di massima
crisi oggi nel mondo proprio per il convergere di tre linee di demarcazione
che delineano i diversi piani di contraddizione: dal piano dominante Est/Ovest,
al piano Nord/Sud, al piano principale Proletariato/Borghesia.
In base a questi dati possiamo ipotizzare che il possibile teatro di guerra
sarà ancora una volta l’Europa. Inoltre la regione Mediterranea-Mediorientale
non è stata coinvolta nella definizione delle zone di influenza nell’immediato
dopoguerra e, al tempo stesso, l’Europa ha, per motivi essenzialmente
geografici, in quest’area la sua “naturale” zona di influenza.
Per queste ragioni si presenta come il possibile punto di partenza, il “detonatore”
per un conflitto allargato.
I conflitti che si determinano nella regione assumono un peso politico particolare
in relazione da un lato alla loro posizione politica e di equilibrio all’interno
della contraddizione Est/Ovest, dall’altro al grado di sviluppo delle
guerre rivoluzionarie (di liberazione nazionale). I conflitti regionali si collocano
oggettivamente all’interno del quadro degli equilibri bipolari di conseguenza
sono il terreno di modifica di questi equilibri, di acquisizione e assestamento
di posizioni di forza. I popoli progressisti e le Forze Rivoluzionarie, indipendentemente
dai fattori ideologici e dagli obbiettivi che perseguono, si impegnano in conflitti
che assumono un carattere antimperialista, trovandosi ad impattare con gli interventi
imperialisti nel contesto dei loro interessi generali. Da ciò ne consegue
che le Forze Rivoluzionarie in questione si pongono oggettivamente ancor prima
che soggettivamente dentro la progettualità complessiva del Fronte Combattente
Antimperialista.
Con l'attacco all'imperialismo vive, in unità di programma, l’attacco
al cuore dello Stato. La questione dello Stato è questione ineludibile
per i comunisti. Lo Stato è sede dei rapporti politici tra le classi
nonché l’organo della dittatura borghese; il piano Classe/Stato,
quindi, è l'asse principale su cui si articola lo svolgimento dello scontro;
l’attacco ai progetti dominanti, al cuore congiunturale dello Stato assume
carattere strategico fondamentale.
I criteri centrali che debbono guidare la scelta dell’obbiettivo per trarre
il massimo del vantaggio politico e materiale sono: la centralità, la
selezione e il calibramento dell’attacco.
La centralità dell’attacco sta nella capacità politica di
individuare la contraddizione dominante che oppone le classi nella congiuntura.
La selezione dell’attacco vive nella capacità di individuare il
personale politico che concorre alla realizzazione del programma congiunturale
della politica dominante della Borghesia Imperialista e svolge un ruolo determinante
di ricerca di equilibrio tra le forze che a tale progetto partecipano. Il calibramento
deve vivere in relazione al grado di approfondimento dello scontro, allo stato
di assestamento delle forze proletarie e rivoluzionarie e allo stato dei rapporti
di forza generali nel paese e presenti nell’equilibrio internazionale
tra Imperialismo e Antimperialismo.
Il progetto politico demitiano di riformulazione dei poteri e degli apparati
dello Stato è attualmente il perno centrale attorno al quale lo Stato
da una parte sancisce gli equilibri politici in grado di sostenere e far avanzare
gli interessi e i programmi della frazione dominante di borghesia imperialista:
dall’altra assesta e ratifica i rapporti di forza generali a proprio favore
evidenziando così il carattere antiproletario e controrivoluzionario.
Il progetto demitiano, va precisato, non ha carattere “reazionario”,
al contrario tende alla realizzazione di una "democrazia governante",
compiuta, come forma di dominio adeguata alla fase matura dell’imperialismo.
In termini generali si inserisce nella tendenza attuale di ridefinizione e riadeguamento
di tutte le funzioni e istituzioni dello Stato ai nuovi termini di sviluppo
dell’Imperialismo e ai corrispettivi termini nel governo del conflitto
di classe. Una tendenza perseguita passaggi successivi a modifica del carattere
della mediazione politica tra le classi.
Questo ha maturato nello sviluppo storico dell’imperialismo una complessificazione
del suo ruolo nell’intervento nei processi economici sia nella capacità
di governare il conflitto e riqualificando il carattere della controrivoluzione
preventiva quale politica costante per contenere la lotta di classe.
I caratteri della mediazione politica, ovvero il modo con cui si governa il
conflitto di classe, si affermano in relazione alla modificazione degli strumenti
e degli organismi istituzionali atti a mantenere l’antagonismo della classe
dentro gli ambiti compatibili, vere gabbie istituzionali, così da non
farlo collimare con la proposta rivoluzionaria. Le trasformazioni dei caratteri
della mediazione politica sono il risultato sia dei livelli di sviluppo economico
e di crisi conseguente, sia dei rapporti di forza generali che si instaurano
tra le classi in interrelazione reciproca, il carattere di governo del conflitto
di classe che si afferma è quindi sintesi del modo in cui si è
attestato lo scontro di classe e al tempo stesso punto di partenza per i passaggi
successivi.
La coscienza acquisita in 19 anni di prassi rivoluzionaria e gli insegnamenti
di questi anni di Ritirata Strategica consentono alle B.R. per il P.C.C. di
affermare la necessità e la praticabilità del terreno della guerra
di classe di lunga durata, nonché l’attualità della questione
del rilancio della proposta della Lotta Armata per il Comunismo come strategia
politico-militare per tutto il proletariato, è nato nella capacità,
maturata all’interno della ritirata strategica di dialettizzarsi correttamente
con i compiti posti dallo scontro di classe.
Un'acquisizione che si traduce nel sapere organizzare e dirigere adeguatamente
le forze che si dispongono sul terreno della L.A., e incidere da una parte sui
rapporti di forza generali tra le classi, sviluppando un attacco che colga il
cuore congiunturale della contraddizione Classe/Stato; dall’altra nelle
dinamiche dello scontro tra Imperialismo e Antimperialismo, apportando il contributo
qualitativo alla costruzione del F.C.A.
Il processo di riadeguamento e rilancio ha tratto e trae la sua linfa vitale
dal radicamento della proposta strategica della L.A. nel tessuto proletario
e, in particolare, dal riconoscimento da parte delle istanze più mature
della lotta di classe, del peso politico assunto dalle BR per il P.C.C. nello
scontro.
La Ritirata Strategica ha consentito alle B.R. di approfondire alcuni termini
della guerra di classe, costringendole a misurarsi con le peculiarità
che regolano lo scontro nelle metropoli imperialiste.
E' stata acquisita la consapevolezza della complessità delle dinamiche
che regolano la guerra di classe di lunga durata, in particolare la comprensione
del carattere non lineare della guerra rivoluzionaria che, a partire dalla dinamica
rivoluzione/controrivoluzione si afferma attraverso un percorso fatto di avanzamenti
e arretramenti, ripiegamenti ed offensive.
Il principio su cui si fonda la strategia della L.A., l’unità del
politico e del militare, nasce dall'adeguamento della politica rivoluzionaria
alle forme di dominio della Borghesia Imperialista, dalla consapevolezza che
non é possibile accumulare forza politica da riversare sul piano militare
contro lo Stato. Da qui la necessità di tradurre l’attacco allo
Stato, al suo cuore congiunturale in organizzazione di classe sul terreno della
L.A., calibrando ciò alle diverse fasi dello scontro.
Lo sviluppo maturato nella dialettica prassi-teoria-prassi ha portato ad affermare
che non è sufficiente accumulare le forze disponibili sul terreno della
LA. : la direzione dello scontro implica necessariamente la formazione e la
disposizione delle forze, concentrandole sugli obbiettivi della fase rivoluzionaria.
Il Compito delle B.R., quale Avanguardia Rivoluzionaria, è di organizzare
le forze intorno alla costruzione del P.C.C., al fine di attrezzare il campo
proletario nello scontro prolungato contro lo Stato per il potere.
L'approfondirsi del rapporto rivoluzione/controrivoluzione maturato negli anni
‘80, ha chiarificato il carattere eminentemente politico in cui opera
la guerriglia negli Stati del centro imperialista. La capacità assunta
dallo Stato di contenere le contraddizioni che si esprimono nel rapporto di
classe è di elaborare interventi politici diversificati, calibrati alle
singole fasi che si susseguono. Gli interventi politico-militari operati Sull’Avanguardia
Rivoluzionaria si pongono in questo contesto e vengono fatti pesare sul corpo
proletario per approfondire la separazione tra la classe e la sua Avanguardia
Rivoluzionaria. L’esperienza acquisita nell'approfondimento della dinamica
rivoluzione/controrivoluzione ha precisato maggiormente il carattere immanente
dello scontro rivoluzionario: l’accerchiamento strategico.
L'accerchiamento strategico riflette un dato essenziale della guerra di classe
di lunga durata ossia che la guerra rivoluzionaria viene condotta all’interno
di rapporti di forza generali favorevoli alla Borghesia Imperialista, nell’impossibilità
di avere retrovie di alcun genere. Al tempo stesso è una guerra che,
facendo riferimento ad un nemico “assoluto”, non ha per definizione
un fronte. Infatti quello che è in gioco è i1 dominio della classe
dominante.
Nello scontro la borghesia e lo Stato non hanno la possibilità di annientare
la controparte mentre il processo rivoluzionario può vivere e sviluppare
un movimento di trasformazione che abbatta la borghesia e il suo potere politico.
Lo Stato a fronte di questa consapevolezza affina la capacità di impedire
la congiunzione tra spontaneità proletaria e progetto rivoluzionario.
I caratteri politici generali che hanno dominato la controrivoluzione degli
anni 80 sono stati successivamente incorporati e stabilizzati nell'attività
controguerrigliera, e hanno modificato i caratteri dello scontro.
Si è affermata la logica politica secondo cui il problema guerriglia
va affrontato in termini incisivi politico-militari, da una parte ricercando
i punti deboli che si manifestano nelle Forze Rivoluzionarie, per trasformarli
in vittorie militari cospicue da far pesare nello scontro di classe, dall’altra
approfondendo il carattere della controrivoluzione preventiva presente nei progetti
e negli interventi dello Stato.
La Ritirata Strategica, scelta soggettiva, è stata applicata a fronte
di condizioni dello scontro che evidenziano la impossibilità di sostenere
posizioni politiche avanzate, al fine di ricostruire i termini per nuove offensive.
Il ripiegamento è legge dinamica della guerra: al contrario se considerata
come atto difensivo nega l’essenza stessa della guerriglia, la sottopone
al logoramento del nemico e quindi di fatto all’arretramento.
La Ritirata strategica apre una fase rivoluzionaria a carattere generale all’interno
della quale è maturata la fase attuale, la quale si precisa essenzialmente
per gli obbiettivi da perseguire, ossia: ricostruzione delle forze proletarie
e rivoluzionarie e costruzione degli strumenti politico-organizzativi idonei
ad attrezzare il campo proletario nello scontro prolungato contro lo Stato al
fine di modificare i rapporti di forza attuali.
Gli obiettivi della fase di ricostruzione precisano i termini di conduzione
della guerra, l'atteggiamento tattico, la disposizione e organizzazione delle
forze.
L'applicazione della tattica è elemento dinamico che concretizza e riempie
la strategia.
La Strategia definisce il carattere generale della disposizione delle forze
sulla lotta Armata; la tattica, informata dai criteri generali della strategia
precisa la direzione delle forzo in riferimento agli obbiettivi programmatici
che di volta in volta maturano.
La fase rivoluzionaria attuale si presenta come fase di transizione, pur mantenendo
un carattere generale dove i passaggi necessari per operare a tutti i livelli
un adeguamento del campo proletario e rivoluzionario ai termini dello scontro
sono funzionali alla ricostruzione delle condizioni di nuove offensive, e costituiscono
le fondamenta su cui invertire la condizione attuale nei rapporti di forza.
Nello sviluppo di questi passaggi si è inserito l’attacco controrivoluzionario
di settembre, infliggendo perdite che approfondiscono il carattere generale
della fase di ricostruzione/costruzione.
Il rovescio subito a settembre, quindi, é una sconfitta parziale e temporanea,
collocata nel quadro naturale della guerra di classe di lunga durata: non nega
la giustezza dell’impianto politico, ma, paradossalmente, lo riafferma
e lo arricchisce. Infatti evidenzia i punti deboli nell'attuazione della linea
politica senza mettere in discussione gli strumenti politici per farvi fronte.
Al tempo stesso mette in luce ancor più chiaramente il carattere non
lineare della guerra rivoluzionaria, nel corso della quale si infliggono e si
subiscono perdite.
La guerra ha il suo prezzo: il problema di limitare le perdite trova soluzione
"relativa" nella stretta applicazione dei principi strategici della
guerriglia (clandestinità e compartimentazione), nonché del "modulo
guerrigliero", nel suo complesso.
ATTACCARE E DISARTICOLARE IL PROGE1TO ANTIPROLETARIO E CONTRORIVOLUZIONARIO
DEMITIANO DI "RIFORMA" DELLO STATO.
COSTRUIRE E ORGANIZZARE I TERMINI ATTUALI DELLA GUERRA DI CLASSE.
ATTACCARE LE LINEE CENTRALI DELLA COESIONE POLITICA DELL’EUROPA OCCIDENTALE E I PROGETTI IMPERIALISTI DI “NORMALIZZAZIONE” DELL'AREA MEDIORIENTALE CHE PASSANO SULLA PELLE DEI POPOLI PALESTINESE E LIBANESE.
LAVORARE ALLE ALLEANZE NECESSARIE PER LA COSTRUZIONE/CONSOLIDAMENTO DEL FRONTE COMBATTENTE ANTIMPERIALISTA, PER INDEBOLIRE E RIDIMENSIONARE L’IMPERIALISMO NELL'AREA GEOPOLITICA.
ONORE AI RIVOLUZIONARI ANTIMPERIALISTI CADUTI.
16/3/1989
per il Comunismo
BRIGATE ROSSE
per la costruzione del P.C.C.