Biblioteca Multimediale Marxista
Tratto dagli atti del processo "Ruffilli"
A) Nel primo incontro, abbiamo potuto constatare che esistono
i presupposti politici di fondo per raggiungere un piano unitario per lo sviluppo
del dibattito sulla linea d’intervento dal Fronte.
Abbiamo anche constatato che vi è la volontà politica necessaria
a superare le contraddizioni, che inevitabilmente esistono in questo confronto;
queste contraddizioni, sono riconducibili ai distinti percorsi che caratterizzano
sia la vostra organizzazione che la nostra.
B) Presa visione della vostra produzione scritta abbiamo avuto conferma e maggior
chiarimento dei termini che possono costituire l’indirizzo unitario del
dibattito sul Fronte.
Come pure siamo coscienti e la lettura dei vostri documenti ha evidenziato,
delle differenze d’impostazione riferite alla visione generale dallo imperialismo
e dalla dinamica della guerra di classe.
C) Queste differenze di fondo che costituiscono la radice e
la legittimità del percorso rivoluzionario dl ognuno di noi, non possono
costituire però l’ambito dl riferimento al dibattito e lo sviluppo
stesso del Fronte.
Questo perché al fine dall’obiettivo che ci siamo entrambe prefisse
(promozione del Fronte) non è né utile né politicamente
fattivo perché finirebbe con il formare delle rigidità improduttive.
Detto questo riteniamo che su queste differenze si possa sviluppare un confronto,
il quale marci però accanto (a lato) alla linea d’indirizzo del
Fronte, ma non ne costituisca la sua pregiudiziale.
Fatta questa necessaria premessa elenchiamo tutti i punti che
costituiscono, a nostro avviso, base unitaria di cui sviluppare insieme il dibattito
e la linea d’intervento del Fronte.
A)- Per la nostra Organizzazione lavorare alla promozione del Fronte è
punto di programma irrinunciabile della nostra linea politica, e questo perché
riteniamo, al pari di quanto da voi affermato che la promozione del Fronte segni
una nuova fase di sviluppo (possibile e necessaria) della strategia rivoluzionaria.
Due i motivi che ci conducono ad impegnarci nei lavoro di promozione del Fronte
di ritenere l’organizzazione del Fronte una nuova fase di sviluppo della
strategia rivoluzionaria.
Il 1° è relativo alla analisi, strutturale e politica che schematicamente
alleghiamo a parte;
il 2° relativo al Carattere dell’internazionalismo proletario oggi,
che deve trovare una sua prassi combattente e rivoluzionaria in una proposta
politico/militare/organizzativa che unifichi
in una linea di attacco comune all’imperialismo le forze rivoluzionarie
che già praticano questo terreno e che comunque devono necessariamente
farlo proprio.
Quindi cominciare a lavorare alla promozione del Fronte segna obiettivamente
una nuova fase di sviluppo della strategia rivoluzionaria.
B) - Il Fronte non può che svilupparsi a partire dall’unità
d’intenti tra forze rivoluzionarie dell’Europa occidentale.
Ciò è dato: 1) dalla rilevanza strategica che assume l’Europa
occidentale negli interessi dell’imperialismo;
2) dalle contraddizioni che scaturiscono dal cuore del sistema e che attraversano
in forme diverse, tutta la catena imperialista.
Questi fattori danno alla politica di Fronte nell’Europa occ. un portato
strategico che va ben oltre all’unità oggi realizzabile e praticabile.
C) - Scopo del Fronte è l’indebolimento dell’imperialismo
per provocarne la completa crisi politica.
Questo per favorire le rotture rivoluzionarie:
poiché non sono date, a questo stadio dì sviluppo dell’imperialismo,
rotture rivoluzionarie in un singolo paese del centro imperialista, senza una
sua più generale crisi politico/militare, e conseguente situazione rivoluzionaria
generalizzata, perciò come giustamente da voi affermato.. “Organizzare
il Fronte combattente rivoluzionario significa organizzare l’attacco,
non si tratta di una categoria ideologica, né tanto meno di modello di
rivoluzione”.
Si tratta dell’evidenza materiale della politica rivoluzionaria. Cioè
della sua efficacia contro la potenza imperialista e della sua forza politica
e pratica che raggiunge qui, per l’approfondimento della rottura nella
metropoli e per il salto qualitativo dalla lotta proletaria...”.
D) - L’organizzazione del Fronte è per noi vettore dell’antimperialismo
condotto dalle forze rivoluzionarie combattenti in quanto tale, favorisce lo
schieramento antimperialista sul terreno della guerra rivoluzionaria del proletariato
e del movimento rivoluzionario in ogni paese dell’Europa Occ.
E) - Come da voi affermato siamo d’accordo nel ritenere che: ... ‘L’autentica
strategia rivoluzionaria in Europa occ. deve dispiegarsi nell’attacco
ai progetti centrali dell’imperialismo
collettività e coerenza dei combattenti a partire dalle loro condizioni
e possibilità particolari ...”.
Quest’ultima parola d’ordine ha per noi un significato
prettamente politico, non riconducibile al solo dato tecnico , ma la riferiamo
alle peculiarità del percorso rivoluzionario e dal
complesso dello scontro di classe in ogni singolo paese, poiché ciò
ne delimita la sua misura di intervento..
In merito a questa affermazione proponiamo al confronto le seguenti questioni:
1°) il Fronte si colloca su un piano politico dell’alleanza con altre
forze rivoluzionarie il cui cemento unificante è l’antimperialismo.
Ciò perché bisogna prendere atto che l’unità antimperialista
tra le forze rivoluzionarie dell’Europa occ. trova difficoltà a
realizzarsi per le differenze oggettive riferite alle diversità di percorso
dalle singole forze rivoluzionarie, e non perché manca la volontà
politica;
anche se poi queste differenze oggettive finiscono con l’influenzare la
stesse volontà politica poiché esse si riflettono sulle loro concezioni
ideologiche.
Prendere atto di questa realtà significa mettersi nelle condizioni migliori
per lavorare a costruire i passaggi necessari per realizzare questa unità.
Unità alla quale bisogna lavorare non certo partendo da una visione comune
del mondo, ma nel formulare un discorso aperto al fine di concordare una linea
di attacco comune per scardinare le politiche centrali dell’imperialismo.
2°) L’organizzazione del Fronte in Europa occ. deve tendere a costruire
alleanze con i movimenti di liberazione che combattono l’imperialismo
e che si sviluppano in questa area geopolitica: questo per due fattori principali
1) favorire il più vasto schieramento combattente all’imperialismo
per ricomporre sul piano politico rivoluzionario l’unità oggettiva
tra i movimenti di liberazione nazionali antimperialisti della periferia e la
guerra di classe nelle metropoli del centro2) la politica antimperialista in
quest’area geopolitica ci riguarda direttamente per il ruolo assunto dall‘Europa
occ. in quest’area all’interno degli interessi complessivi della
catena imperialista.
.............................................................................................
Valutiamo che raggiungere un’unità di intenti
sulla questione del Fronte Combattente Antimperialista (FCA) abbia rilevanza
politica non solo per il significato che obiettivamente assume l’unità
di forze rivoluzionarie combattenti contro l’imperialismo, ma anche, in
questo caso per Il peso politico che sia la RAF che le BR hanno acquisito nello
scontro rivoluzionario in Europa occ.:
le due organizzazioni comuniste combattenti che hanno contribuito maggiormente
al radicamento della guerriglia nel centro imperialista:
un patrimonio di esperienze e di propositività accumulato sul terreno
rivoluzionario che può pesare qualitativamente per la stessa promozione
dal Fronte.
Sulla base degli argomenti e valutazioni portate il dibattito deve essere teso
a stringersi in termini di sostanza intorno alla base unitaria che già
esiste e ad approfondire i punti di unità per un ulteriore sviluppo del
dibattito ciò al fine di arrivare ad un “testo comune” sintesi
di una intesa fattiva.
A questo scopo proponiamo una linea di discussione centrata sui seguenti punti
in aggiunta a quanto sopra scritto
(1) definizione comune della linea di attacco del Fronte in riferimento alle
politiche centrali dell’imperialismo.
(2) definizione comune delle prospettive politiche che apre lo sviluppo del
Fronte
... incisività nello scontro rivoluzionario (antimperialismo/imperialismo,
rivoluzione/controrivoluzione)
... ulteriore apertura ad altre forze rivoluzionarie
... in che modo favorire ed organizzare lo schieramento antimperialista fattivo
del proletariato e del movimento rivoluzionario in ogni singolo paese interno
all’attività del Fronte Combattente Antimperialista
(3) parole d’ordine
Questi punti sviluppati in termini unitari possono definire il terreno programmatico
del FCA.
FORMAZIONE POLITICA DELLA CATENA IMPERIALISTA
La fase dell’imperialismo che si apre nel dopoguerra è caratterizzata
dalla dominanza economica e politica degli Stati Uniti.
L’enorme espansione del capitale finanziario USA dopo il conflitto la
concertazione del piano economico e politico di ricostruzione in Europa occ.
e in Giappone pongono le basi per lo sviluppo del processo di multinazionalizzazione
dei capitali favorendo l’interconnessione dell’economia.
La creazione della Banca Mondiale (BM) e del Fondo Monetario Internazionale
(FMI) e gli accordi di Bretton Wood sono gli strumenti principali che regolarizzano
i flussi di capitale dal dopoguerra in poi.
Questo processo farà evolvere lo Stato-nazione, inteso come si era formato
tra le due guerre, verso un processo d’integrazione economica e politica
dei paesi capitalistici, processo in cui gli Stati Uniti sono partiti in posizione
dominante.
Il piano Marshall è quindi in primo luogo veicolo di penetrazione economica
principalmente del capitale finanziario USA, poiché l’economia
americana per mantenere i ritmi di crescita sviluppati durante il conflitto
necessitava di partner attivi e solvibili, di un ambiente economico capitalistico
sviluppato;
il piano Marshall informato dalla ‘dottrina Truman’ era contemporaneamente
politica di contenimento del comunismo atto a prevenire e a reprimere i risvolti
rivoluzionari nei paesi europei. In questo contesto viene privilegiata la rinascita
della Germania che si configurerà come polo forte in termini economici
e politici dell’Europa Occidentale. In sintesi la necessità di
rafforzare ed espandere la dominanza economica in Europa non poteva essere disgiunta
dalla stabilità politica dei paesi alleati;
stabilità politica che doveva comprendere due aspetti:
uno in riferimento alle spinte rivoluzionarie del proletariato nei vari paesi
europei l’altro alla formazione di una coesione politica e militare contro
l’Unione Sovietica,
Il piano Marshall si configura quindi come dato basilare in termini economici
e politici del processo di integrazione della catena imperialista. Infatti la
ricostruzione postbellica marcia di pari passo alla costituzione della NATO,
il patto atlantico nel costituire un baluardo nei confronti del blocco Sovietico
è anche uno dei pilastri politici e militari dalla costruzione del blocco
occidentale.
Gli, accordi di Yalta sanciscono la divisione del mondo in aree d’influenza,
in due modelli di sviluppo:
da una parte le formazione dalla catena imperialista a dominanza USA dall’altra
il costituirsi del blocco di influenza Sovietico quest’ultimo diventerà
riferimento politico ideologico e non ultimo economico per le guerre di liberazione
del terzo mondo.
Questo percorso attraverso più momenti di rottura è quello che
ha disegnato l’attuale bipolarismo.
Questo quadro di riferimento generale è la base materiale che ha disegnato
l’assetto della divisione internazionale del lavoro e dei mercati con
la conseguente gerarchizzazione della catena imperialista:
così come nel rapporto Nord/Sud i paesi del terzo mondo costituiranno
la riserva di risorse e di bassi salari al livello dello sviluppo ineguale necessario
a questa fase dell’imperialismo.
…………………………….
CONTRADDIZIONE EST/OVEST
Il bipolarismo che caratterizza la divisione del mondo è
per noi la contraddizione dominante che influisce e domina i rapporti internazionali.
Sono gli equilibri sanciti a Yalta che oggi l’imperialismo intende mettere
in discussione; e questo perché la crisi economica generale, la recessione
produttiva nella più generale tendenza alla guerra spingono l’imperialismo
ad impattare con il blocco sovietico per riformulare a suo vantaggio una nuova
divisione internazionale del lavoro e dei mercati, nuovi equilibri politici.
Questa dinamica, per lo stadio raggiunto dall’imperialismo, può
avvenire in riferimento ad un ambiente idoneo cioè sufficientemente sviluppato
in termini di infrastrutture e di sviluppo industriale, così come tale
si configura il blocco sovietico;
in secondo luogo impattare iI blocco sovietico ha il significato politico di
ridimensionare iI modello di sviluppo dei paesi socialisti. In questo quadro
dì riferimento generale ai inquadrano i conflitti nella periferia: le
aree di crisi diventano terreno di confronto contro il blocco sovietico al fine
di modificare gli equilibri politici e militari complessivi.
Per questo le rotture rivoluzionarie avvenute nella periferia si collocano obbligatoriamente
nello schieramento del blocco sovietico; mentre quei paesi economicamente e
politicamente asserviti all’imperialismo oltre ad essere funzionali allo
sviluppo ineguale sono il retroterra logistico per l’aggressione imperialista.
Per questi motivi le guerre di liberazione dei paesi della periferia anche se
combattono l’imperialismo non sono sullo stesso piano dei processi rivoluzionari
che si producono nel centro imperialista. L’antagonismo che si sviluppa
nel centro imperialista è il prodotto della contraddizione principale
forze produttive/rapporti di produzione, in quanto tale è la più
avanzata poiché la contraddizione proletariato/borghesia è quella
che produce il socialismo.
Per questo tra le guerre di liberazione della periferia e i processi rivoluzionari
del centro imperialista c’è unità ma non identità
perché la contraddizione che oppone i movimenti di liberazione all’imperialismo
pur essendo prodotta dalla contraddizione principale FP/RP si manifesta e si
sviluppa con caratteristiche proprie date dalla collocazione oggettiva che questi
paesi hanno nei rapporti capitalistici.
Questa collocazione si riflette in ultima istanza nella contrapposizione politica
all’imperialismo caratterizzando il rapporto di scontro. Ciò significa
che ciascuno (movimenti di liberazione nella periferia, processi rivoluzionari
nel centro) partono nella loro pratica combattente dalle condizioni politiche
e sociali a loro specifiche.
FORMAZIONE DELLA BI E DEL PM
La omogeneizzazione politica del centro imperialista è
per noi un riflesso dello stadio raggiunto dall’imperialismo. I livelli
di cooperazione politica oggi realizzati sono il prodotto di un processo contraddittorio
e conflittuale poiché avvengono in ambito capitalistico.
L’integrazione economica/politica/militare della catena imperialista costituisce
un sistema integrato e gerarchico a cui corrisponde un processo di formazione
di borghesia imperialista (BI).
Questa borghesia imperialista si sviluppa all’interno di ogni singola
formazione economica sociale costituente la catena imperialista.
In altri termini si tratta di più frazioni di borghesia imperialista
che pur essendo in concorrenza tra loro, fanno riferimento ad un ambito integrato
anzi l’ulteriore concentrazione dei capitali multinazionali che ne deriva
promuove a sua volta il processo di integrazione. Si tratta di un processo di
formazione che riferendosi ad un mercato mondiale unico, produce obbligatoriamente
frazioni di borghesia imperialista.
Il riflesso sovrastrutturale di questa dinamica imperialista non si traduce
in termini meccanici in una omogeneizzazione politica già data dì
un’unica borghesia imperialista: ma i livelli di integrazione e cooperazione
politica oggi esistenti obbediscono allo scopo di salvaguardare sviluppare la
riproduzione della società capitalistica nel suo complesso.
Questo interesse generale non può essere risolto da un singolo Stato,
perciò sono obbligati a stabilire differenti livelli di concertazione
economica/politica/militare.
In sintesi l’integrazione e la gerarchizzazione della catena imperialista
non è in primo luogo la risposta all’accerchiamento determinatosi
dalle rotture rivoluzionarie in questo secolo, anche se queste hanno favorito
e favoriscono la coesione politica in senso guerrafondaio; questo perchè
l’imperialismo è in crisi principalmente per la sua natura capitalistica
che produce crisi e tendenza alla guerra, e polarizzazione divergente tra le
classi in lotta. Questa polarizzazione viene approfondita sul terreno rivoluzionario
dall’azione cosciente delle avanguardie rivoluzionarie e dai movimenti
di liberazione.
Detto questo sul piano storico l’epoca delle rivoluzioni proletarie si
è aperta con la rivoluzione del ‘17. In questo senso è valida
la definizione leninista dell’imperialismo come stadio superiore del capitalismo
ed epoca della rivoluzione mondiale.
L’integrazione politica ed economica della catena imperialista produce
come necessità una progressiva generalizzazione delle forme di dominio
della borghesia imperialista.
Queste forme di dominio tendono a far capo a leggi generali nella misura in
cui il centro imperialista omogeneizza ed integra suo sviluppo strutturale.
Questa dinamica ha un movimento contraddittorio causato dalla natura individuale
e concorrenziale del capitale.
Le similitudini nelle forme di dominio raggiunte dagli stati a capitalismo maturo
sono riferite al rapporto politico tra classe e stato:
--- alla controrivoluzione preventiva che in termini generali in tutti gli stati
a capitalismo maturo ha la funzione di impedire preventivamente il formarsi
dell’antagonismo di classe sul terreno rivoluzionario e compatibilizzare
la conflittualità ineliminabile.
—alle forme di governo del conflitto di classe principalmente
operato attraverso le istituzioni (sindacati, partiti, etc.)
--- il piano politico delle ristrutturazioni produttive (neo-corporativismo),
poiché queste ristrutturazioni per gli elementi generali da cui derivano
hanno effetti e modi d’applicazione molto simili.
Questi elementi generali validi per tutto il centro imperialista, anche se con
differenze marcate per i paesi del sud Europa (Grecia, Spagna, Portogallo),
sono prodotto delle condizioni oggettive dell’imperialismo e si maturano
per dare risposta ai termini della crisi generale dell’economia capitalistica.
In secondo luogo rispondono a contenimento del conflitto di classe tenendo presente
che i due piani stanno in stretta relazione.
La generalizzazione delle condizioni di riproduzione della classe operaia e
del proletariato negli stati a capitalismo maturo, ha determinato una classe
operaia e un proletariato metropolitano sostanzialmente omogeneo in tutto il
centro imperialista (specificamente in Europa occ.).
Ma sul piano politico antagonista e rivoluzionario la lotta di classe fa riferimento
ad un ambito nazionale derivato dal patrimonio storico politico dello scontro
di classe stesso.
Ad esempio la guerriglia si afferma in Europa occ. come rottura storica della
politica rivoluzionaria in relazione alle forme di dominio degli Stati a capitalismo
maturo. Le peculiarità che essa assume nelle singole nazioni sono il
prodotto delle specifiche caratteristiche dello scontro di classe che ne definiscono
la relativa originalità. In questo contesto l’elemento nazionale
continua ad avere un suo peso soprattutto riferito alle dinamiche della lotta
di classe in ogni stato a capitalismo maturo e ad ogni paese dalla catena imperialista.
L’elemento nazionale è un fattore di cui va preso atto per le peculiarità
del processo rivoluzionario in ogni singola nazione, sia per il diverso impatto
delle politiche controrivoluzionarie sul campo proletario sia per lo sviluppo
delle forze rivoluzionarie stesse.
……………………………….
Abbiamo tracciato un breve quadro degli elementi strutturali quale riferimento
metodologico da cui parte la nostra analisi.
Ma questo quadro di riferimento non è però sufficiente per una
corretta impostazione della politica rivoluzionaria;
per attrezzarsi in maniera adeguata sul terreno rivoluzionario contro l’imperialismo,
va analizzata la complessa realtà che si è prodotta con i mutamenti
storici avviati dalla rivoluzione di ottobre.
E’ necessario essere coscienti quanto il fattore politico e soggettivo
abbia assunto una relativa dominanza sia per parte rivoluzionaria sia per parte
borghese
Per parte imperialista il fattore soggettivo ha significato un’ulteriore
spinta ai processi di integrazione in atto. Questo fattore ha trovato espressione
in organismi più o meno formali (es. Nato, UEO etc.) la cui funzione
politica di coesione è chiaramente rivolta contro l’altro blocco
e i paesi dalla periferia che hanno intrapreso processi di liberazione nazionale
ed anche verso l’interno.
Anche altri organismi sovranazionali nati con funzione principalmente economica
hanno assunto un ruolo politico di pressione degli interessi imperialisti come
ad esempio il FMI e la BM espressione chiara del potere imperialista in primo
luogo verso i paesi del terzo mondo.
Così come la CEE da organismo di ripartizione delle quote di produzione
nella comunità europea, ha assunto una funzione politica molto importante
in riferimento agli interessi e alla funzione dell’Europa Occ. soprattutto
verso l’area mditerranea-mediorientale.
All’interno delle metropoli imperialiste ha significato sviluppo qualitativo
nella compatibilizzazione dell’antagonismo proletario e nelle politiche
antiguerriglia. Sviluppo qualitativo che ha comportato e comporta livelli di
collaborazione a concertazione politica. I livelli di controrivoluzione in tale
modo maturati modificano sostanzialmente il rapporto di scontro tra imperialismo
e forze rivoluzionarie ciò significa in primo luogo avere la coscienza
dell’aumentato perso della soggettività come dato generale nello
scontro di classe, avere coscienza che il terreno rivoluzionario non è
il semplice riflesso delle condizioni oggettive ma esso deve confrontarsi con
il dato politico caratterizzante il rapporto tra le classi e dell’influenza
che assumono i conflitti internazionali, sia quelli maturati sulla direttrice
Est/Ovest che su quella Nord/Sud.
………………………….
SULL’AREA GEO-POLITICA
Definiamo l’Europa occ., la regione mediterranea-mediorientale area di
massima crisi oggi nel mondo poiché per le sue caratteristiche storico/politico/geografiche
vi convergono e si intrecciano diverse contraddizioni:
infatti l’Europa occ. in quanto centro imperialista concentra le contraddizioni
proprie del modo di produzione capitalistico;
in quanto linea di confine negli equilibri sanciti nella seconda guerra mondiale
concentra le contraddizioni tra i due blocchi;
in quanto punto di contatto tra i paesi dell’occidente industrializzato
e paesi dipendenti è investita direttamente dai conflitti che si producono
in questa regione.
Se diverse sono le origini delle contraddizioni che interagiscono in quest’area
e che la rendono altamente critica cd instabile, l’elemento dominante
che in termini politici catalizza i diversi conflitti che si producono è
la contraddizione est/ovest.
Queste contraddizioni unite al fatto che l’Europa occ. concentra le produzioni
più obsolete della catena e un eccesso di mezzi di produzione e di forza
lavoro ci fa ritenere che l‘Europa occ. possa diventare il teatro di guerra
principale.
A rendere ulteriormente critica quest’area vi è il fatto che l’Europa
occ., per ragioni sostanzialmente geografiche ha la sua “naturale”
zona di influenza nelle regioni mediterranee-mediorientali, regioni queste che
per motivi economici e politici si presentano come il possibile punto di partenza,
il detonatore per un conflitto allargato.
Il medioriente ed il Nord Africa si presentano come confini altamente instabili
fra i blocchi, zone cioè su cui l’imperialismo può incidere
per spostare i margini di influenza non definiti nel dopoguerra.
Nell’immediato dopo guerra queste regioni per motivi economici, dati dalle
fonti energetiche e dalla rotta del petrolio, unitariamente al dato politico
dei processi di decolonizzazione e di emancipazione nazionale, non furono oggetto
di possibili accordi per la definizione delle rispettive zone di influenza.
Con La risoluzione ONU che sanciva l’espropriazione imperialista/sionista
della terra Palestinese per mezzo dell’imposizione dello “Stato”
di Israele il “mondo arabo” diventa teatro dalla strategia imperialista
tesa a “pacificare” anche manu militari l’area in questione
con lo scopo di costituire una propria orbita di influenza il più allargata
possibile e con confini politici stabili.
La progressiva acutizzazione della contraddizione est/ovest aumenta il grado
di polarizzazione nella crisi regionale ed evidenzia che il dato dominante che
fa convergere in quest’area gli elementi di instabilità e di crisi
è il confronto tra i due blocchi: in altri termini quest’area geopolitica
di estremo interesse strategico sia come zona di confine non definita sia come
via di transito, diventa il terreno di scontro preliminare sia politico che
militare, atto a preparare le migliori condizioni di partenza per la necessaria
ridefinizione delle zone di influenza.
In questo senso l’interesse dell’imperialismo per questa area non
è dato principalmente dall’accaparramento delle materie prime e
questo non perché il problema dalle risorse non sia importante per l’occidente
imperialista, ma la risoluzione dell’allocazione delle materie prime,
a questo grado della crisi politica e delle contraddizioni economiche può
essere risolto rimodellando il rapporto nord/sud all‘interno della più
generale divisione internazionale del lavoro e dei mercati; non a caso lo strangolamento
dei prezzi del petrolio le pressioni, economiche vengono strumentalizzate al
fine di destabilizzare l’area. L’intervento statunitense contro
la Libia ha segnato un punto di svolta degli equilibri politico militari presenti
nell’area.
In questo contesto si modifica l’ordine dei problemi nella regione: lo
stesso ruolo di Israele è teso ad essere riadeguato ad una diversa funzione.
Si rende necessario che Israele per la centralità che ha nella regione
ai fini della strategia imperialista, assuma un “status politico”
riconosciuto a livello internazionale. Ciò avviene mantenendo la continuità
dei suoi metodi terroristici. Questi sono stati imposti sin dal suo nascere
e questo ne ha fatto il nemico numero uno del mondo arabo. Questo progetto è
portato avanti in primo luogo dall‘Europa occ. la quale si fa carico di
promuovere e costruire una immagine politica e di “mediazione diplomatica”
più consona al possibile ruolo “pacificatore” che Israele
dovrà assumere nella regione.
Le varie “iniziative di pace” e la proposta di un “piano Marshall”
per il M.0. pur presentato per bocca di Peres, sono elaborati e sostenuti principalmente
dall’E.O. L’E.0. operando attivamente nella strategia del blocco
tende a rinsaldare i vincoli politici di alleanza in relazione a ciò
modifica i rapporti con i paesi della regione.
Ai paesi arabi viene richiesto aperto consenso e favoreggiamento alle manovre
dei paesi imperialisti. I paesi che non sottostanno a questo schieramento sono
soggetti a pressioni di ogni tipo.
La questione Palestinese oggi più che mai mette in risalto la sua connotazione
internazionale e conferma che la cacciata dei sionisti non può che avvenire
nell’ambito dell’antimperialismo all’interno del netto ridimensionamento
dell’imperialismo (USA in testa).
In sintesi l’accelerazione dei fattori di crisi avvenuta con l’intervento
diretto degli USA nell’area ha spostato sostanzialmente l’asse degli
equilibri preesisterti, ha posto cioè nuove condizioni e nuove problematiche
allo scontro tra imperialismo e forze rivoluzionarie.
…………………………..