Biblioteca Multimediale Marxista
estratto dagli atti del processo "Tarantelli"
BRIGATE ROSSE
Il 27 marzo 1985 un nucleo armato della nostra Organizzazione ha giustiziato
Ezio Tarantelli, uno dei massimi responsabili dell’attacco al salario
operaio e alla storia di conquiste politiche e materiali del proletariato nel
nostro paese.
Chi era Ezio Tarantelli? Quello che con molta fantasia la borghesia definisce
"un professore", "uno studioso" dei problemi delle relazioni
industriali, era in realtà uno dei più autorevoli esponenti tecnico—politici
al servizio del grande capitale, che "lavorano" al tentativo di far
fronte alla crisi economica della borghesia in uno dei suoi aspetti sociali
fondamentali: quello cioè della regolamentazione istituzionale del rapporto
antagonistico tra le classi riferito alle condizioni e ai meccanismi di compravendita
della forza—lavoro; della ratifica, quindi, giuridico—legislativa
dei più generali rapporti di forza tra classe operaia e padronato, dal
punto di vista degli interessi borghesi.
Non a caso il "professore" esce da quel covo internazionale di politiche
antiproletarie di oppressione imperialista che è il MIT, una delle centrali
a livello mondiale della politica economica e finanziaria del grande capitale
multinazionale, nucleo operativo responsabile ai massimi livelli tanto dello
sfruttamento proletario nei paesi a capitalismo avanzato che della rapina, dell’affamamento
e dell’oppressione dell’imperialismo occidentale di 3/4 della popolazione
mondiale. Il “brillante professore” è qui che ha appreso
l’arte e le tecniche dello sfruttamento capitalistico ed è qui
che tornava costantemente ad aggiornarsi, nel caso gliene fosse sfuggita qualcuna.
Massimo esperto economico della CISL, presidente dell’Istituto di Studi
di Economia del Lavoro, ex consulente della banca d’Italia, è stato
l’ideatore delle più importanti tappe che hanno scandito la politica
economica degli ultimi governi, dalla riforma del mercato del lavoro (chiamata
nominativa, mobilità, part—time, ecc.) a quella del salario (congelamento
e predeterminazione—taglio dei punti di contingenza, diversificazione
salariale agganciata alla produttività) a quella più generale
della contrattazione centralizzata Governo-Confindustria-sindacati, secondo
il modello neocorporativo che si è rivelato nei fatti il più efficace
per la borghesia nel perseguire il drastico ridimensionamento del peso complessivo
della classe operaia. Il reazionario “patto sociale” con i suoi
rivoltanti “scambi politici” ridefinisce il ruolo del sindacato
che, specialmente in certi suoi settori, ne è il diretto promotore, considerando
ormai marginale la sua attività aziendale e privilegiando la compartecipazione
diretta all’elaborazione e gestione delle politiche ristrutturali.
La crisi economica che da oltre un decennio lacera il sistema capitalistico
occidentale, da una parte accentua la concorrenza intermonopolistica e, dall'altra,
esige l’ attacco diretto alla classe nel tentativo di piegarla alle misure
anticrisi. La ristrutturazione dell'apparato produttivo tesa ad abbassare i
costi per unità di prodotto non fa che accentuare le contraddizioni in
campo borghese e inasprire i termini della concorrenza. Tutte le controtendenze
messe in campo non fanno che chiarire ancora una volta l'impossibilità
per la borghesia di risolvere la sua crisi se non attraverso un’unica
soluzione: la guerra imperialista, la distruzione cioè di mezzi di produzione,
merci, forza—lavoro, capitali sovrapprodotti ed “obsoleti”,
nel quadro di una maggior centralizzazione e concentrazione di capitali e di
un nuovo ordine mondiale dettato dai monopoli multinazionali più forti.
Questo disegno trova di fronte a sé un formidabile ostacolo rappresentato
dall’antagonismo della classe operaia a farsi compartecipe di questo “nuovo”
patto sociale a sostegno degli interessi della borghesia per risolvere la sua
crisi.
Per questo la sconfitta politica del Proletariato è, per la borghesia,
un obiettivo capitale e di primaria importanza.
Congiunturalmente quest'obiettivo si traduce nell’elaborazione e messa
in opera di un progetto di patto neocorporativo che caratterizza la più
generale ridefinizione in senso reazionario dei rapporti sociali. La ristrutturazione
delle relazioni industriali e del ruolo stesso dei sindacati e dei partiti va
nel senso della ridefinizione delle funzioni delle rappresentanze istituzionali
del proletariato allo scopo dichiarato di pacificare lo scontro sociale sulla
pelle della classe operaia.
In questo quadro deve essere collocata l’offensiva antiproletaria che
ha oggettivamente ributtato sulla difensiva il movimento di classe. L’obiettivo
che la borghesia si propone è la frammentazione del fronte proletario
in una babele di microinteressi conflittuali che, se trovasse la via libera
da resistenze, porterebbe ad una sconfitta storica della classe; ad una pacificazione
mortifera del fronte interno situazione ideale per affrontare le scadenze della
dominante tendenza alla guerra imperialista.
Il contributo dato all’elaborazione e all’esecuzione di questa politica
dal "professore" è ulteriormente chiarito dalle prossime scadenze
a cui “lavorava”: la proposta di riduzione dell’orario di
lavoro, cavallo di battaglia della CISL in questi ultimi mesi. La dimostrazione
più evidente dello spirito antiproletario, demagogico, mistificatore
e in perfetta sintonia con i piani confindustriali sta nel fatto che tale riduzione
è finalizzata a null’altro che all’aumento della produttività,
tramite l’introduzione selvaggia della flessibilità, della mobilità,
del part—time e del maggior utilizzo del lavoro straordinario, a seconda
delle necessità delle imprese. Altro che lotta alla disoccupazione!
Si tratta di fumo negli occhi per prevenire in qualche modo l’acutizzarsi
delle tensioni sociali favorendo al contempo il miglior utilizzo della forza—lavoro
secondo le esigenze produttive capitalistiche.
Dal canto loro, il sindacato e il partito revisionisti, giocano in questo quadro
il ruolo, di muro antisovversivo nel traballante edificio borghese, ruolo rivendicato
apertamente dal PCI e da Lama presentandolo come moneta di scambio. Questo lo
si è visto chiaramente sia nello scambio politico durante la vicenda
del decreto sul fisco, vera foglia di fico a “copertura” dei recenti
attacchi al salario operaio e, ancor più, in quella legata all’ostruzionismo
al decreto taglia—salari. In queste occasioni si può vedere il
PCI nel ruolo d'impareggiabile controllore delle lotte proletarie, alternando
il freno nell’azione di piazza all’acceleratore demagogico dell’opposizione
parlamentare, il tutto su un terreno di compatibilità istituzionale.
Il gioco al rialzo del referendum, anch’esso moneta di scambio, un referendum
che per gli stessi propugnatori “non s’ha da fare”, è
la manifestazione più evidente delle ambiguità che dimostra un
partito borghese come il PCI che cavalca gli interessi operai.
La nostra iniziativa politico—militare ha ancora una volta chiarito la
reale natura della rissa tra i partiti su queste questioni e, soprattutto, i
reali interessi che stanno alla base delle diverse proposte. Il PCI ha usato
ancora una volta la lotta operaia per i suoi meschini calcoli di potere percorrendo
goffamente un terreno minato e inciampando puntualmente sull’ostacolo
più temibile per la realizzazione dei suoi programmi di contenimento
dell antagonismo di classe: l’attività rivoluzionaria delle Brigate
Rosse.
Di fronte alla chiarezza e centralità dell’obiettivo perseguito
dalla nostra Organizzazione, cadono gli ultimi veli delle mistificazioni tanto
del governo quanto del partito di Natta e il problema malcelato fino ad oggi
della ricerca di un accordo politico si rivela per quello che è: evitare
l’imprevedibile risposta della classe all’indurimento del conflitto
sociale tramite una soluzione “pacificatoria” di un nuovo accordo
generale, ancora una volta sulla pelle degli interessi materiali e politici
del proletariato, ennesimo scambio politico tra PCI e governo, ulteriore passo
verso la sconfitta della classe.
Ma è proprio la difficoltà che il dispiegarsi di questo progetto
incontra, la dimostrazione migliore che la sconfitta politica del proletariato
nel nostro paese è a tutt’oggi una velleità, velleità
non certo priva di reali possibilità, ma resa sempre più debole
dall’enorme potenziale di lotta e dalla combattività della classe
operaia contro le politiche governative interne ed internazionali. Il carattere
di resistenza che le lotte hanno inevitabilmente assunto rappresenta un primo
indispensabile momento per la ricostituzione di un tessuto organizzativo proletario,
che si è espresso embrionalmente nel modo più chiaro con l’autoconvocazione
delle assemblee dei consigli di fabbrica.
Ma se il tutto restasse ancorato nel tempo al carattere di pura e semplice resistenza
a difesa di posizioni insidiate, la classe si ritroverebbe chiusa in un vicolo
cieco al termine del quale vi sarebbe una sconfitta di dimensione storica.
Come organizzazione comunista il nostro dovere è evidentemente, quello
di rappresentare gli interessi generali del proletariato, guidandolo nella lotta
contro l'irregimentazione reazionaria della società e contro i preparativi
della guerra imperialista. Assolvendo a questo compito e lavorando all'approfondimento
della crisi politica della borghesia, diamo alla classe la materializzazione
della nostra proposta strategica: la Lotta Armata per il Comunismo per trasformare
la guerra imperialista in guerra di classe per la conquista del potere politico
e la dittatura del proletariato.
Le Brigate Rosse chiamano i comunisti a serrare le fila intorno ai compiti principali
che lo scontro di classe mette oggi in evidenza: costruire l’offensiva
proletaria e rivoluzionaria contro la ristrutturazione e contro la guerra imperialista
e lottare sul terreno politico rivoluzionario per la modificazione dei rapporti
di forza a favore del proletariato. E questo a partire da una pratica politico—militare
contro le politiche antiproletarie e reazionarie di pacificazione sociale, contro
le politiche guerrafondaie della borghesia imperialista.
La crisi del modo di produzione capitalistico sta creando condizioni favorevoli
alla lotta proletaria in tutti i paesi occidentali. Sta creando altresì
le basi per l’identificazione del nemico comune costituito dalle politiche
ristrutturative della borghesia imperialista attuate ovunque tramite l’attacco
alle condizioni di vita del proletariato e la crescente militarizzazione e riarmo
di tutti i paesi, dovuti ai preparativi di guerra. Queste condizioni generano
contraddizioni sociali sempre più acute ponendo al centro il compito
da parte dei comunisti di lavorare alla costruzione del Partito Comunista Combattente.
Solo così sarà possibile perseguire l’obiettivo della direzione
rivoluzionaria dello scontro sociale acutizzato dalle misure anticrisi prese
da tutta la borghesia occidentale e dimostrato da cicli di lotte antagoniste
che —a diversi livelli— stanno scuotendo tutta l’Europa. L’unità
oggettiva degli interessi del proletariato internazionale e i motivi d'alleanza
tra questo e la lotta dei popoli progressisti contro l’oppressione imperialista,
sono la linfa vitale del necessario carattere internazionalista della rivoluzione
proletaria. La lotta contro l’imperialismo occidentale è per questo
una caratterizzazione comune a tutte le forze rivoluzionarie, indipendentemente
dagli obiettivi strategici che esse perseguono, sia esso la liberazione nazionale
o la conquista proletaria del potere politico. Per questo motivo le Brigate
Rosse hanno fatto della lotta militante antimperialista un proprio punto di
programma irrinunciabile, una costante della propria progettualità politica
e delle propria pratica combattente, come stanno a dimostrare la cattura del
generale Dozier e l’esecuzione del “diplomatico” Hunt.
Queste campagne contro la NATO sono state concepite come punto di programma
fondamentale per il processo rivoluzionario nel nostro paese, e questo perché
l'indebolimento e la sconfitta dell’imperialismo nell’area politico
geografica in cui l’Italia è collocata, è una delle condizioni
che contribuiscono al successo della nostra rivoluzione.
In questo modo le Brigate Rosse intendono lavorare al rafforzamento e al consolidamento
del Fronte di lotta all’imperialismo occidentale che ha trovato in questi
ultimi tempi rinnovato vigore e forza unitaria dimostrati dalle difficoltà
e sconfitte che le imprese imperiali incontrano in tutto il mondo, da Grenada
a Beirut al Nicaragua; dalla campagna unitaria contro la NATO della guerriglia
in Europa in stretta dialettica con l’eccezionale mobilitazione di massa
contro i missili americani nelle metropoli europee.
ATTACCARE E SCONFIGGERE LA COALIZIONE CRAXI—CARNITI—CONFINDUSTRIA ASSE POLITICO DOMINANTE DEL REAZIONARIO PROGETTO DI PATTO SOCIALE NEOCORPORATIVO!
RAFFORZARE E CONSOLIDARE IL FRONTE DI LOTTA ANTIMPERIALISTA!
TRASFORMARE LA GUERRA IMPERIALISTA IN GUERRA DI CLASSE PER
LA CONQUISTA DEL POTERE POLITICO E LA DITTATURA DEL PROLETARIATO!
marzo 1985 Per il Comunismo
BRIGATE ROSSE
per la costruzione del P.C.C.