Biblioteca Multimediale Marxista
estratto dagli atti del processo "Giugni"
BRIGATE ROSSE
Martedì 3 Maggio, un nucleo armato della nostra organizzazione
ha colpito GINO GIUGNI, culo di pietra dello staff di teste pensanti del "partito
della guerra" nel nostro paese. Le nostre intenzioni nei confronti di questo
porco erano e sono chiare: LA LIQUIDAZIONE DEL PERSONALE IMPERIALISTA E’
UN PROBLEMA CHE LA GUERRA DI CLASSE SAPRA' AFFRONTARE SEMPRE MEGLIO!
Chi è costui e quale progetto rappresenta è presto detto: la sua
"Fortuna" in campo nazionale od internazionale se l’è
costruita come lucido rappresentante degli interessi della borghesia imperialista
nel campo delle diverse strategie di ingabbiamento dell’antagonismo di
classe che la borghesia chiama “contrattazione”, ossia conciliabilità
(ovviamente dal suo punto di vista!) delle lotte e delle conquiste proletarie
dentro un quadro di compatibilità con gli interessi e le esigenze capitalistiche.
Tutto questo nel tentativo di istituzionalizzare e corporativizzare l'antagonismo
proletario e ingabbiarlo all’interno della logica sindacale della contrattazione.
Appartenente ai massimi livelli della banda Craxiana, traduttore nella realtà
italiana delle politiche imperialiste di ristrutturazione antiproletaria, cervello
politico—tecnico al servizio dei vari ministeri economici e più
in generale delle politiche economiche dello Stato nei vari governi, rappresenta
tutte le tappe, da più di vent'anni a questa parte, percorse dalla borghesia
nel tentativo di veicolare secondo le sue esigenze la lotta di classe.
A seconda delle congiunture politico-economiche, infatti, questo “Uomo
per tutte le stagioni” ha cavalcato la tigre del movimento operaio, cercando
di piegarlo dentro il margine della contrattazione Sindacato-Borghesia.
L’abbiamo visto all’opera negli anni 69/70, quando un formidabile
movimento di lotte operaie e proletarie, in nome dell'egualitarismo e dell’autonomia
di classe dal revisionismo, incominciava a sganciare gli interessi ed i bisogni
delle masse dalle necessità della produzione e dell’accumulazione
capitalistica e strappava consistenti conquiste politiche e materiali ad una
borghesia ancora in grado di attuare una politica di scelta di consenso nei
confronti dell’antagonismo di classe.
Quello che i mass-media poi indicano come il “Padre dello Statuto del
Lavoratori” non è altro che il solerte legislatore che registra
ed istituzionalizza uno stato dei rapporti di forza tra le classi, in quegli
anni a favore del proletariato, tentando di tradurre in norme scritte, quindi
concordate, quello che il movimento proletario andava conquistando fuori da
ogni contrattazione possibile.
Quello che ha sempre terrorizzato questo losco individuo è proprio la
forza non mediabile della lotta di classe e per questo ha sempre lavorato per
rendere il conflitto fra le classi un pacato e "democratico" confronto
tra i “diversi” rappresentanti in campo, in disaccordo tra loro,
ma uniti comunque da un’unica volontà: subordinare g1i interessi
proletari alle esigenze ed alle scelte del capitale.
Ma se nel 60/7O alla borghesia era ancora possibile attuare una politica riformista
per i margini economici e politici che gli erano ancora possibili, (salvo contemporaneamente
attaccare direttamente la classe con le stragi e la caccia alle avanguardie),
la crisi generale del Modo di Produzione Capitalistico in campo mondiale ha
messo completamente in luce la reale natura di classe di tutti i vari progetti
riformisti e sindacali che Giugni ha contribuito ad elaborare. Dietro la parola
d’ordine “Autonomia del sindacato” a malapena si nasconde
la strategia dell’attacco frontale a tutto il Proletariato Metropolitano,
alle sue lotte ed ai suoi interessi. Secondo le ferree necessità della
ristrutturazione per la guerra imperialista, il proletariato dovrebbe consapevolmente
accettare la sconfitta totale della sua Autonomia di Classe e farsi "rappresentante"
al tavolo delle trattative nel gioco del confronto fra quelle che chiamano le
“Partì”. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: gli accordi
sulla Cassa Integrazione, quello sulle liquidazioni e sul costo del lavoro.
In particolare l’accordo di Gennaio è la base del progetto di “PATTO
SOCIALE” e costituisce un salto di qualità nell’estromissione
della classe dalle “contrattazioni” tra forza-lavoro e capitale.
Questo accordo è stato realizzato proprio grazie al livello raggiunto
dal progetto di ridefinizione dello Stato e della funzionalizzazione dei partiti
e del sindacato al piano dì maggior esecutivizzazione delle scelte generali
nel campo della politica economica.
Rappresenta infatti un salto di qualità della tradizionale contrattazione
tra forza—lavoro e capitale, In quanto stabilisce un piano decisionale
che investe tutto l’arco dei costi della riproduzione sociale e tutta
la normativa del salario sociale complessivo (assistenza, sicurezza sociale,
ecc..). Questo accordo permette il varo dei licenziamenti di massa, il governo
ancora più rigido del mercato della forza-lavoro, la compressione fino
all’inverosimile delle spese sociali e dei meccanismi di recupero salariale
sull’inflazione, ma soprattutto lo spostamento della contrattazione fuori
dalle fabbriche, dal collocamento dai posti di lavoro: è la materializzazione
delle scelte recessive della politica economica di guerra che significano l’imposizione
al proletariato di lavorare di più, lavorare in pochi, lavorare per poco.
E’ attacco diretto all’abbassamento del costo della riproduzione
della forza—lavoro, ottenuto per mezzo di vincoli alle spese contrattuali
e sociali più in generale che per tre anni e mezzo bloccano gli aumenti
salariali dentro il quadro rigido dei "tetti antinflazionistici" stabiliti
dal governo—Confindustria—sindacato.
La Lotta Operaia dovrebbe, nei piani di questi signori ridursi a costituire
la massa di manovra in un gioco delle parti, in cui gli obiettivi da raggiungere
sono già stabiliti in partenza dal quadro di compatibilità con
le esigenze dl “governo” del ciclo dell‘accumulazione.
E’ ristrutturazione del mercato del lavoro, tesa a rendere le condizioni
di vendita della forza—lavoro idonee a tenerne basso il costo; è
sterilizzazione degli automatismi e della scala mobile che rende oggi la capacità
di reddito proletario molto al di sotto delle effettive necessità; e
differenziazione massima tra categorie contro quello che i padroni chiamano
“appiattimento”. E’ taglio delle spese sociali e loro dirottamento
verso quelle militari e di sostegno alle multinazionali.
E’, SOPRATTUTTO, ATTACCO POLITICO ALLA CLASSE, PER ANNULLARNE LE CONQUISTE,
LA RIGIDITA’, I LIVELLI D'ORGANIZZAZIONE COSTRUITI IN ANNI DI LOTTE.
Oggi, l’attacco al proletariato metropolitano per mutare il rapporto di
forza generale fra le classi a maggior vantaggio della borghesia imperialista,
porta ad un peggioramento delle condizioni di vita delle masse e chiude definitivamente
ogni velleità capitalista di governare il conflitto di classe, nel senso
che l’ambito della mediazione riformista con l'antagonismo, si riduce
drasticamente, aprendo una fase di scontro aperto. L’unica possibilità
di governabilità è data dall’accettazione da parte del proletariato
a farsi compartecipe di un ampio fronte interclassista a sostegno delle necessità
di ristrutturazione del capitale multinazionale.
Il sogno di Giugni e dei suoi compari è un proletariato diviso e corporativizzato
che si mette in concorrenza ai suo interno per poter essere immesso nel ciclo
produttivo al prezzo e alle condizioni dettate dai margini ristretti della crisi.
All’interno della pace contrattuale e delle revisionalità degli
obiettivi posti dalle lotte, si apre la contrattazione individuale sull’accesso
ai posti di lavoro disponibili, e sulle condizioni dello sfruttamento in fabbrica
e in tutti i posti di lavoro.
Ciò che questi accordi sanciscono politicamente è la possibilità
da parte della borghesia di sferrare un attacco frontale a tutto il proletariato
metropolitano, in presenza di una relativa debolezza del movimento rivoluzionario
ed antagonista; ogni accordo infatti è frutto di rapporti di forza precisi
tra le classi e un ulteriore passo in avanti per rafforzare la posizione di
forza della borghesia. Tutto questo immediatamente ha l’effetto di un
peggioramento generale delle condizioni di vita e della contrattazione dei prezzo
della forza—lavoro; ma soprattutto il senso politico di un attacco liquidatorio
all’antagonismo di classe del proletariato e alla sua politica rivoluzionaria;
è la strategia dell'annientamento della possibilità storica di
trasformare la ristrutturazione per la guerra imperialista in guerra di classe
per il COMUNISMO.
I conti in tasca ai vari Giugni, Merloni, Benvenuto, De Mita Lagorio, tornerebbero
solo se il proletariato metropolitano, nel nostro paese, avesse realmente scelto
di convivere pacificamente con i suoi sfruttatori e si fosse dissociato dalla
lotta dì classe in favore del "patto sociale" e neocorporativo.
Che le cose non stiano esattamente così lo dimostrano le fughe scomposte
dei vari sindacalisti da tutte le piazze d'Italia, e i secchi NO alle scelte
di politica economica che caratterizzano le lotte più significative di
questi ultimi mesi.
Il tentativo dì far arretrare il movimento antagonista alle spoglie della
resistenza estrema, e il tentativo revisionista di convogliare le tensioni di
classe a difesa di condizioni politico generali oggi improponibili, in presenza
dei livello raggiunto dalla crisi e quindi dalle scelte obbligate del capitale
multinazionale per poter continuare a funzionare come tale. Nel progetto dì
liquidazione d'ogni pur minima parvenza di politica proletaria antagonista (per
non parlare poi d'ogni progetto rivoluzionario) l’attacco è diretto
a ricostruire un quadro di rapporti tra le classi in cui i processi di ristrutturazione
per la guerra imperialista siano garantiti dal massimo di pace sociale.
Al proletariato non si concede più nulla. Per il proletariato si prevede
solo "il privilegio" di concorrere in una sequela di patteggiamenti
continui, a sostenere le scelte della borghesia imperialista, in posizione definitivamente
subordinata. Questo è stato possibile con la rottura della rigidità
operaia e proletaria allo sfruttamento capitalistico, con l’arretramento
dalle posizioni d'autonomia politica conquistate in anni di lotta e d'organizzazione
proletaria sul terreno rivoluzionario.
Di fronte all’attacco generalizzato della borghesia, il problema oggi
non è quello di attestarsi su posizioni di "estrema difesa",
ma quello di riconquistare le condizioni politiche, i rapporti di forza sempre
più favorevoli per lacerare ulteriormente il livello di contraddizioni
sul terreno dell’antagonismo dl classe e collocare l’iniziativa
rivoluzionaria nel senso contrario ai progetti dì pacificazione tra le
classi.
Il proletariato metropolitano non ha nulla da difendere se non la possibilità
d'espressione della sua politica rivoluzionaria, come condizione per spezzare
i tentativi di ricacciarlo nell’ambito del pacifismo imbelle e ribaltarli
nel suo opposto; per liberarsi definitivamente dalla catena revisionista che
lavora alla sconfitta della sua autonomia di classe e poter far arretrare significativamente
i progetti di ristrutturazione per la guerra imperialista nel suo percorso di
liberazione dalla schiavitù del lavoro salariato.
La funzione dello stato in questa fase è la sua assunzione
di nuovi compiti sul terreno della politica economica, della politica controrivoluzionaria
e della politica estera, la sua maggiore funzionalizzazione alle esigenze della
ristrutturazione, staglia con maggior chiarezza il ruolo dello stato come interprete
al massimo livello degli interessi della borghesia imperialista.
La fine dell’assistenzialismo ridefinisce lo stato non più come
regolatore del conflitto tra le classi, ma come esplicita espressione del dominio
della borghesia; come garante in termini politici, economici, militari, e ideologici
della ristrutturazione per la guerra imperialista.
Tutto ciò porta con sé l'accelerarsi dell’individuazione
da parte proletaria della natura politica dello scontro, svelando contemporaneamente
l’inconsistenza di ogni proposta che punta alla difesa delle condizioni
politiche generali proprie della fase passata. La capacità di ricostruire
la rigidità operaia e proletaria ai progetti di guerra della borghesia
imperialista, è legata alla lacerazione rivoluzionaria del quadro politico
attuale ed alla ridefinizione dei nuovo carattere dell’autonomia di classe.
Questo è reso possibile anche dalla crescente difficoltà per i
revisionisti di avere la benché minima credibilità per poter continuare
a “rappresentare” gli interessi, anche quelli immediati, del proletariato
metropolitano.
La politica revisionista è compressa oggi tra due forze contrapposte:
da una parte la borghesia imperialista che tende a subordinarla completamente
ai suoi progetti; dall’altra il proletariato metropolitano che la "obbliga"
a garantire in qualche modo la difesa dei suoi interessi. Questo “vaso
di coccio" non potrà che frantumarsi fragorosamente, e con lui tutti
i tentativi di subordinare l'antagonismo proletario ai progetti della borghesia
imperialista.
Se la ristrutturazione per la guerra imperialista apre ed acuisce le contraddizioni
tra interessi materiali e politici del proletariato e sua "rappresentanza
storica", gettandola in una crisi di ruolo senza rappresentanza, le forze
rivoluzionarie devono favorire questa crisi. Solo dallo sgretolamento di queste
gabbie è possibile liberare tutte le nuove forze proletarie prodotte
dall'antagonismo alla ristrutturazione per la guerra. Si tratta di favorire
la demistificazione dei contenuti e delle proposte che impediscono l’espressione
della classe proprio nel momento in cui mostrano la corda e la loro debolezza
si evidenzia di fronte al progetto di fase della borghesia imperialista. Si
tratta di aiutare a far emergere ogni elemento che si afferma nella lotta contro
il progetto guidato dal “Partito della guerra” di appoggiare, sostenere
i contenuti più avanzati delle lotte del proletariato metropolitano e
ricomporre la classe sul terreno rivoluzionario, attaccando nel contempo chi
tenta di ingabbiarla in schemi vecchi e perdenti.
I contenuti politici più avanzati emersi dalle lotte contro la guerra,
contro lo stato della tortura, contro la politica economica del governo, contro
il progetto della resa e della desolidarizzione, hanno evidenziato ancora una
volta la capacità del proletariato metropolitano, in particolare della
classe operaia, nel nostro paese, nonostante la controrivoluzione scatenata
e g1i errori delle forze rivoluzionarie, di essere in grado di tener testa ai
progetti guerrafondai della borghesia.
Questo già mette in luce le modificazioni avvenute (e soprattutto quelle
future) dell'attività generale delle masse contro lo stato e il suo progetto
di fase.
Contro la ristrutturazione dello stato per la guerra imperialista, la spontaneità
proletaria si oppone nei modi in cui riesce ad esprimersi; ma questa resistenza
rischia di attestarsi ad una difesa passiva e senza sbocco. Questa resistenza
deve essere invece diretta a trasformarsi in senso rivoluzionario per opporsi
in modo vincente alla prospettiva della guerra, sviluppando i contenuti dell'antagonismo
proletario e l’attività generale delle masse, in partecipazione
cosciente allo scontro imposto dalla borghesia. Si tratta quindi di dotarsi
della POLITICA RIVOLUZIONARIA adeguata ad operare su tutto l'arco delle contraddizioni
che i piani del nemico di classe scatenano all’interno del proletariato
metropolitano, indirizzando le lotte e il combattimento proletario contro le
articolazioni progettuali, nelle diverse congiunture, della borghesia e dotare
i programmi del piano strategico rivoluzionario, puntando al raggiungimento
dell’obiettivo politico dì fase: la distruzione del progetto di
ristrutturazione per la guerra imperialista con la conquista del potere politico
del proletariato metropolitano.
Quest'obiettivo deve vivere e guidare fin da oggi l’attività di
direzione delle lotte e del combattimento proletario, nel senso che i programmi
delle varie congiunture sono legati alla conquista di rapporti di forza sempre
più favorevoli al proletariato, nel percorso per tappe della liberazione
dalla schiavitù del lavoro salariato.
La possibilità di vittoria è legata alla capacità dell’avanguardia
comunista di identificare chiaramente gli obiettivi che si intendono perseguire
in rapporto ai reali e concreti livelli di coscienza e di organizzazione delle
masse.
L’attacco a Giugni è per noi il primo momento del rilancio dell'iniziativa
rivoluzionaria che identifica il programma delle B.R. contro il cuore dello
stato in questa congiuntura, come ATTACCO MULTIFORME DI TUTTO IL PROLETARIATO
METROPOLITANO CONTRO IL "PATTO SOCIALE", TAPPA FONDAMENTALE DELLA
BORGHESIA IMPERIALISTA PER L’ATTUAZIONE DEL SUO PROGETTO DI LIQUIDAZIONE
DELLA POLITICA RIVOLUZIONARIA.
L’attacco portato si inserisce al livello più alto delle contraddizioni
tra proletariato metropolitano e stato in questa congiuntura, e per questo costituisce
un poderoso passo in avanti nella ridefinizione del rapporto tra avanguardia
comunista e masse proletarie, che va nel senso della necessità di: CONQUISTARE
L’ANTAGONISMO PROLETARIO AL PROGRAMMA RIVOLUZIONARIO!
CONQUISTARE ED ORGANIZZARE LE AVANGUARDIE SULLA STRATEGIA DELLA LOTTA ARMATA
PER IL CO MUNISMO!
L'attuale congiuntura politica internazionale è caratterizzata
da una marcata accelerazione alla preparazione delle condizioni politiche e
materiali per il dispiegamento della guerra interimperialistica. Est ed Ovest
accelerano tale processo ristrutturando i propri apparati politici, economici,
militari ed ideologici col fine dichiarato che la risoluzione dei problemi creati
dall’attuale crisi possono essere risolti solo con un conflitto armato
che ridisegna complessivamente il volto del mondo.
I motivi che scatenano la dinamica conflittuale tra i due blocchi imperialisti
sono quelli relativi al venir meno delle condizioni della riproduzione del capitale
su scala internazionale. La modificazione della posizione dì ciascun
paese all’interno della divisione internazionale del lavoro, i termini
sempre più aspri della concorrenza in un mercato mondiale non più
in grado dì espandersi, le difficoltà d'accesso alle fonti di
energia e di materie prime dovute all'incrinarsi del complesso delle relazioni
tra i paesi, sono le cause che condurranno la barbarie imperialista a scatenare
il genocidio dei proletari, alla distruzione dì beni e mezzi dì
produzione, per una nuova spartizione del mondo e per un maggior sfruttamento
dei popoli.
Questa tendenza, oggi dominante, non è data né
da un fatale destino, né da una mente occulta che elabora piani e strategie,
ma è la naturale conseguenza di scelte in materia di politica economica,
finanziaria, e militare, operate dalle frazioni di capitali più forti
per ritagliare la propria quota di mercato, per aumentare i profitti e per accrescere
il proprio capitale a scapito di quelli più deboli. Il movimento di questi
capitali, modifica e ridefinisce rispetto alle proprie esigenze, le condizioni
generali di tutta la formazione economica e sociale, nonché i rapporti
tra le classi, polarizzando i rispettivi interessi. Questo processo e le sue
finalità, al di là delle differenze specifiche in ciascun paese,
essendo informato da grandi fattori comuni trova compatta tutta la borghesia
imperialista occidentale.
Ciò è dimostrato per un verso dal processo di rinsaldamento delle
alleanze e dei vincoli tra paesi della stessa area e creazioni di nuove alleanze
ai fini dello schieramento finale per l’altro, dal porre in essere processi
di ristrutturazione degli Stati nazionali, cercando di renderli fortemente esecutivizzati
e diretti da una frazione politica, che chiamiamo “Partito della guerra”,
in grado di rappresentare gli interessi di classe (borghese) entro quelli più
generali dì tutta l’area.
L’ipotesi di guerra tra le due maggiori superpotenze è discussa
apertamente sui mass—media, accompagnata da sintomi inequivocabili d'imbarbarimento
politico, come la propaganda tesa a mostrificare il nemico potenziale. Se il
terreno più reclamizzato è quello delle trattative sulla riduzione
degli armamenti strategici, questo è anche il meno rappresentativo dei
reali rapporti in maturazione, perché teatro di continue iniziative propagandistiche,
di miglioramento dell'immagine internazionale dei protagonisti. In ogni epoca
tutte le dichiarazioni di guerra hanno sorpreso gli ambasciatori seduti intorno
al tavolo delle trattative, o quasi!
La misura reale dei rapporti interimperialistici è data invece da un
complesso di decisioni economico-politico-militari che i due blocchi imperialisti,
stanno attuando, che dimostrano senza equivoci una volontà di riarmo
colossale in tempi brevi. Per l'occidente, con l'avvento di Reagan, la politica
estera americana punta al ripristino della supremazia USA a livello planetario,
assumendosi il “carico” di difendere ed allargare i propri interessi
vitali in ogni parte del mondo.
"Noi viviamo in un’epoca in cui un colpo di stato, uno sciopero di
grandi dimensioni, un attentato terroristico o una guerra tra paesi vicini,
anche se lontana dalle nostre frontiere, possono, come mai prima d'ora, scatenare
le conseguenze su scala mondiale che colpirebbero il nostro benessere nazionale
e la nostra sicurezza. E’ necessaria per noi un'ampia visione strategica
che inserisca i problemi regionali in un quadro globale” (D. Jones capo
di stato maggiore USA.)
La politica dell'amministrazione Reagan intende rilanciare la politica internazionale
americana nel tentativo di recuperare tutte le sconfitte degli ultimi anni,
dal Vietnam all'Angola, dal Nicaragua all’Iran.
Una politica imperialista, dunque che punta al ripristino del rapporto di forza
generale USA—URSS che sia decisamente favorevole agli americani e che
dissuada l'URSS da una politica d'espansione in aree pericolose per la "sicurezza"
degli USA, cioè in ogni parte del mondo!
L'installazione degli euromissili nello sviluppo dì questa strategia
è essenziale in quanto è in Europa e nel Mediterraneo che i blocchi
si confrontano direttamente. Non solo. Questa strategia vuole assumere forza
ed aggressività superando il concetto di "reciproca deterrenza",
cioè l'impossibilità (non convenienza) concreta di un conflitto
nucleare limitato ma diretto tra NATO e Patto di Varsavia in aree come l'Europa
e il Mediterraneo. Questa politica, nell'attuale contesto di crisi determina
negli USA e in Europa una situazione nuova sul piano interno ed in tutta l‘area
occidentale. Rispetto ai decenni passati.
Se prima gli aumenti della spesa sociale marciavano parallelamente
in termini crescenti (seppure con differenti volumi) a quelli delle spese militari,
oggi esiste un apporto rigido tra queste due voci e la crescita dell’una
va a scapito dell’altra.
Questa situazione fa sì che la politica militare, diretta dagli USA in
tutta l’area occidentale, trovi l’opposizione e la resistenza di
vasti movimenti di massa composti da tutti quegli strati sociali che vengono
attaccati da una politica di tagli alla spesa sociale che per la sua valenza
“interna” si collocano oggettivamente in termini antimperialisti
così come lo sono soggettivamente i movimenti contro la guerra.
Questa politica costituisce una scelta obbligata per l’imperialismo, determinata
da un contesto internazionale caratterizzato da una recessione economica generalizzata
che si avvia a permanere per il terzo anno consecutivo in cui tutte le misure
e controtendenze messe in atto non possono costituire altro che un freno temporaneo
alla tendenza dominante.
La “gestione controllata” della recessione costituisce attualmente
il "credo" della maggioranza dei paesi a capitalismo avanzato e l'aspetto
fenomenico che assume il processo in atto in tutto l’occidente che chiamiamo
“ristrutturazione per la guerra imperialista”. Le scelte in materia
di politica economica e monetaria operate dai singoli paesi, pur essendo omogenee
con gli indirizzi generali e le prospettive di fondo, sviluppano grosse contraddizioni
a livello economico tra i paesi dello stesso blocco, come ad esempio in Europa,
tra Europa e USA, USA e Giappone ed Europa e Giappone.
Da questo punto dì vista, l'esigenza di rafforzamento dei vincoli politico-militari
non è riconducibile ad esigenze specifiche di singoli paesi, ma alla
necessità del sistema imperialista nel suo complesso di superare la crisi
avviandosi al confronto con il blocco avversario.
Il capitalismo allo stadio dell’imperialismo delle multinazionali, ha
creato un sistema di rapporti talmente integrato che il suo sviluppo può
avvenire solo accrescendo tanto le dimensioni’, quanto la forza dì
coesione dell'interdipendenza.
L’Italia, essendo parte organica del sistema di relazione (catena imperialista)
dell’occidente, i caratteri generali delle crisi non si discostano da
quelli dell’area di cui fa parte, e sì identificano nella recessione
produttiva, nell’inflazione, nella disoccupazione, ecc…. Il carattere
specifico è dato invece dalla particolare acutezza e gravità di
questi fenomeni, e che portano a confermare il ruolo di “anello debole
della catena imperialista”.
Il capitalismo italiano, più ancora di altri paesi, vede restringersi
il ventaglio delle scelte possibili dentro un sistema di equilibri in cui il
recupero di un ruolo competitivo è reso maggiormente vincolato da1l’aggravarsi
della crisi.
Accade così che i fattori che hanno concorso ad aggravare localmente
i fenomeni critici comuni a tutto il sistema imperialista, si presentano oggi
come facenti parte della fisiologia stessa della società italiana, e
al tempo stesso, come i principali ostacoli al recupero “in tempo utile”
della competitività commerciale.
IL PIU’ POTENTE DI QUESTI OSTACOLI E’ COSTITUITO OGGI DALLA CAPACITA’
DELLA CLASSE OPERAIA E DEL PROLETARIATO METROPOLITANO DI STABILIRE RAPPORTI
DI FORZA GENERALI TALI DA PESARE SULLA DETERMINAZIONE DELLE SCELTE CAPITALISTICHE,
PER CUI LA SCONFITTA POLITICA DELLA CLASSE DIVENTA UNO DEI PRINCIPALI OBIETTIVI
DELLA BORGHESIA IMPERIALISTA, INSIEME ALLA RIDEFINIZIONE DELLA FISIONOMIA SOCIALE
DEL SISTEMA DEI PARTITI E DELLO STATO.
Compagni, proletari,
la strategia della lotta armata come aspetto più avanzato della politica
rivoluzionaria deve saper conquistare i diversi e differenziati livelli dell’antagonismo
proletario al PROGRAMMA RIVOLUZIONARIO che può essere sintetizzato, come
programma di tutto il proletariato metropolitano nella congiuntura; solo dentro
una dialettica concreta con i movimenti di massa esistenti sul terreno della
lotta antimperialista e con i contenuti delle lotte espresse dalla classe operaia.
Conquistare l’antagonismo proletario al programma rivoluzionario, vuol
dire orientare e dirigere le forme e contenuti delle lotte espresse dai vari
settori del proletariato metropolitano entro la strategia della conquista del
POTERE POLITICO. Vuol dire riunificare e generalizzare i contenuti politici
più avanzati delle lotte che accomunano le condizioni e le esigenze di
tutto Il proletariato contro i progetti di ristrutturazione antiproletari della
borghesia. Gli Interessi proletari trovano in tutta Europa lo stesso antagonista
al di là delle differenze esistenti tra i movimenti che si mobilitano
e i contenuti che questi agitano e che costituiscono un complesso d'antagonismo
proletario che investe non solo le scelte che l’imperialismo sta facendo,
ma la stessa sostanza dell’organizzazione capitalistica del lavoro e della
società.
Va affermandosi la consapevolezza, nel proletariato, che al di là di
ogni possibile soluzione la borghesia possa escogitare per far fronte alla crisi,
il suo futuro entro questo modo di produzione non può non essere che
di maggior sfruttamento e miseria a fronte, paradossalmente, di uno sviluppo
della ricchezza sociale disponibile solo a settori di classe sempre più
ristretti. Le prospettive sono abbastanza chiare: cicli produttivi sempre più
automatizzati che riducono l’occupazione, aumento dello sfruttamento della
forza—lavoro rimasta occupata ecc., tutto ciò in funzione di una
riduzione dei costi di produzione delle merci per favorire la quota d'esportazione
verso mercati esterni, ad un grado direttamente proporzionale all’immiserimento
delle condizioni di vita delle masse proletarie interne.
L'antagonismo che questa consapevolezza sviluppa nel proletariato metropolitano,
va sintetizzato nei suoi aspetti politici più avanzati in programma rivoluzionario
dalle avanguardie comuniste e organizzato e diretto in scontro politico per
il potere.
Entro questo processo va ricercata la riunificazione delle avanguardie attorno
al progetto politico rivoluzionario e sue forme organizzative (sistema di potere
proletario armato) che diriga lo scontro di classe costruendo una progettualità
rivoluzionaria in grado di porre in ogni fase le direttrici e gli obiettivi
da conseguire per conquistare il potere politico, instaurare la dittatura operaia
e proletaria come condizione per il dispiegamento della Transizione al Comunismo.
Il modo di porsi del progetto della Lotta Armata entro la Politica Rivoluzionaria
condotta da milioni di proletari, oggi si ridefinisce ponendo al centro della
sua teoria—prassi i contenuti politici più avanzati e generalizzati
come espressione degli interessi generali del proletariato metropolitano che
nella congiuntura trovano il massimo di collisione con progetti di ristrutturazione
posti in atto dal “partito della guerra”.
Ciò permetterà dì costruire le condizioni politiche e ì
rapporti di forza favorevoli al proletariato metropolitano per affrontare i
problemi dell’attacco controrivoluzionario non solo dal punto di vista
delle avanguardie combattenti, ma di tutta la classe.
Tutte le pratiche rivoluzionarie condotte dalle avanguardie che vengono informate
da questi presupposti politici, pensiamo che costituiscano reali punti di riferimento
per la costruzione del PARTITO COMUNISTA COMBATTENTE in quanto, non esprimono
semplicemente una “espressione”, "rappresentanza” degli
interessi del proletariato metropolitano, ma una sua componente di avanguardia
ad esso interna posta sotto la sua costante critica e verifica, attraverso la
cui direzione il proletariato metropolitano può e deve costituirsi come
CLASSE DOMINANTE.
Compagni,
le difficoltà, gli errori e le deviazioni nel movimento rivoluzionario,
hanno messo in luce accanto all’enorme possibilità dì rilancio
della proposta rivoluzionaria nel nostro paese, anche tutta la sua debolezza.
L’attacco della borghesia alle avanguardie combattenti, la messa in atto
dei piani controrivoluzionari della dissociazione e della resa, il tentativo
di isolare i comunisti dal movimento di classe, ha costretto anche i più
restii a riflettere sugli errori commessi che tanto hanno favorito i progetti
del nemico.
Oggi pilotate e amplificate dai mass—media, si assiste alle più
svariate prese di posizione che sotto l’etichetta di “processo autocritico”
puntano alla proclamazione del fallimento della Strategia della Lotta Armata
magari per bocca di qualche "illustre protagonista". Al di là
delle differenze di impostazioni evidenziatesi, che sono terreno di dibattito
e battaglia politica tra rivoluzionari, ci interessa chiarire che le autocritiche
di cui sono capaci i comunisti sono tutt’altra cosa delle teorizzazioni
che nulla hanno a che fare con i reali problemi del movimento rivoluzionario.
Chi oggi, nascondendosi dietro eleganti elucubrazioni sulle novità dello
scontro, rinnega la funzione dell’arma della politica rivoluzionaria,
la necessità della costruzione del partito, la strategia della Lotta
Armata per il comunismo come unica politica proletaria per la conquista del
potere politico, rappresenta il puntello teorico più pericoloso alla
liquidazione del patrimonio più prezioso di questi ultimi anni, che pur
tra incertezze ed errori, ha potentemente favorito la maturazione del movimento
proletario più forte d’Europa.
Intendiamo dire che i difficili compiti di questa fase lasciano poco spazio
ad una convivenza pacifica tra le diverse posizioni che sono maturate nei movimento
rivoluzionario.
Occorre oggi portare a fondo una battaglia politica che sia in grado di sconfiggere
politicamente dentro il proletariato metropolitano tutta l’influenza nefasta
di tesi che puntano coscientemente alla liquidazione di oltre un decennio di
progettualità rivoluzionaria nel nostro paese.
Non si tratta più di convivere con i teorici dell’antimarxismo
viscerale, con chi ripercorre la stratificazione di classe esaltandone i comportamenti
trasgressivi di gruppo o addirittura individuali, con le analisi di stampo sociologico
in cui sparisce ogni carattere di classe; ma capire a fondo tutta l’influenza
disgregatrice che hanno nei confronti del proletariato metropolitano, denunciarne
l’ultra soggettivismo insito in dichiarazioni di guerra a cui la classe
non sta partecipando e i vagheggiamenti radical-chic di chi, a seconda del vento
che tira, fa e disfà progetti politici a sua immagine e somiglianza.
La durezza delle condizioni dello scontro oggi mette a nudo le discriminanti
politiche tra chi sta lavorando alla riconquista di un impianto strategico adeguato
alla fase e chi consapevolmente punta alla distruzione di ogni capacità
proletaria di organizzarsi come classe contro lo stato. Contro ogni ipotesi,
più o meno mascherata di trovare la causa di tutti i mali nell’aver
lottato e combattuto in questi anni, guidati dalle armi del marxismo-leninismo,
si erge potente una ripresa del movimento rivoluzionarlo che, materialisticamente
e fuori dall’idealismo dell’ultra—soggettivismo, si sta ponendo
ben altri problemi: esattamente quelli relativi alla costruzione della teoria
rivoluzionaria nelle metropoli imperialiste e degli strumenti politici, teorici,
e militari adatti a sostenere una guerra di classe contro la borghesia imperialista.
E’ in riferimento a queste forze che le BR hanno lavorato in quest'anno
nelle proposte dell'autocritica e della ricostruzione dei primi elementi di
programma politico.
E’ con queste forze che intendiamo trovare gli elementi d'unità
sul piano strategico dell’attacco al progetto dominante della borghesia,
come espressione della capacità di direzione del movimento antagonista
secondo i criteri dell'agire da partito per costruire il partito.
In questo lavoro politico, non ultimo è il problema di combattere accanto
alle tesi apertamente di resa della piccola borghesia impaurita di non trovarsi
più in cattedra, anche tutto il coacervo di tesi e di posizioni ultrarivoluzionarie
a parole che, alle prime avvisaglie dell’indurimento dello scontro, hanno
già dimostrato tutta l'inconsistenza e l'erroneità.
Se il movimento di classe in Italia ha dovuto assistere fin dentro la Banca
di Torino al fallimento dei fautori dell’offensiva a tutti i costi, questo
ha messo in luce l’estraneità dei soggettivismo trasgressivo ai
reali problemi dello scontro tra le classi.
Al contrario pensiamo che la ripresa del movimento rivoluzionario e la possibilità
di vittoria siano legate alla capacità dei Comunisti di avviare un percorso
di confronto e di battaglia politica che, pur nelle diversità, punti
alla rivisitazione critica dei limiti di analisi che ci hanno caratterizzato
in questi ultimi anni. Gli errori commessi nel valutare le forme e i contenuti
delle lotte espresse da grandi masse sul terreno del nucleare, della guerra,
della politica economica di guerra; la sottovalutazione dell’elemento
cosciente e un rapporto sbagliato con la classe, ha fatto dipingere questi movimenti
come sul punto di scendere sul terreno della lotta armata ed ha ridotto la politica
rivoluzionaria da una parte alla proposta armata, dall’altra ad "inascoltati"
appelli alle masse ad organizzarsi immediatamente sul terreno politico-militare.
Ciò che ha favorito errori di questo tipo va ricercato nella carenza
di progettualità, di programma, di teoria rivoluzionaria che sintetizzi
in ogni congiuntura i passaggi necessari da operare e gli obiettivi da realizzare
che i contenuti delle lotte operaie e proletarie, ovvero i rapporti di forza,
rendono possibile.
Va aggiunto che in mancanza di ciò, ne deriva inevitabilmente una dispersione
dell‘iniziativa combattente che non polarizzandosi attorno all'elemento
centrale del programma nella congiuntura, si frammenta e ripiega su se stessa
endemizzando lo scontro a livello puramente militare con la controrivoluzione,
fino alla sua sconfitta.
L’autocritica deve servire a rafforzare la strategia della lotta armata
per il Comunismo epurando dall'impianto rivoluzionario tutte le impostazioni
soggettiviste che ci hanno fatto perdere di vista le reali condizioni dello
scontro e ci hanno impedito di collocare la nostra iniziativa in un rapporto
corretto col movimento antagonista, che pur lanciava messaggi significativi
sul terreno rivoluzionario. Aver ridotto le indicazioni d'avanguardia al solo
terreno di combattimento, dando già per scontata l'esistenza di un sistema
di potere armato dispiegato sul terreno della guerra di classe, ci ha impedito
di cogliere i reali contenuti di potere espressi da ben più ampie espressioni
dell'antagonismo proletario contro i progetti della borghesia imperialista.
Questo ha significato l’esclusione dell'attività generale delle
masse dai nostri programmi riducendo le nostre capacità propositive al
ristretto ambito delle avanguardie.
L’errore non sta nell’aver voluto agire da partito, ma esattamente
il suo opposto: nel non aver saputo materializzare la funzione di direzione
che un partito rivoluzionario deve esercitare nei confronti delle lotte e del
combattimento di milioni di proletari sul terreno della trasformazione rivoluzionaria
della società. Questa funzione non è sempre uguale a se stessa
ma deve trasformersi a seconda delle diverse tappe del percorso rivoluzionario.
Non aver compreso i nuovi compiti di direzione alla chiusura della fase della
propaganda armata, aver continuato a riferirci e livelli d'avanguardie, vagheggiando
un movimento di massa rivoluzionario sorto spontaneamente dalla crisi del modo
di produzione capitalistico che bastava indirizzare contro gangli periferici
del dominio capitalistico, non solo ci ha separato politicamente dal movimento
di classe, ma soprattutto ci ha relegato a sua retroguardia.
L’assolutizzazione della forma del combattimento ci ha portato a disarmare
politicamente la nostra proposta politica ed a non mettere al centro della possibilità
di trasformazione rivoluzionaria la complessità di livelli e diversità
di contenuti del movimento antagonista, da orientare sul piano della partecipazione
cosciente delle masse organizzate contro la borghesia imperialista e il suo
stato.
In questo senso i nostri programmi hanno assunto o il carattere idealistico
di ogni Comunismo alluso o quello economicista e praticone delle conquiste immediate
di tutti quei bisogni definiti "irriducibilmente inconciliabili" con
l’esigenza dell’accumulazione capitalistica.
Viene così teorizzata l'irrecuperabilità delle lotte contro la
ristrutturazione senza mai entrare nel merito dei contenuti e delle forme in
cui tali lotte si esprimono, che sono gli elementi che consentono di approssimare
punti di programma e linea politica-rivoluzionaria. Questa presunta "irrecuperabilità"
è la base su cui si è costruito tutto il barocco edificio del
“sistema dei programmi” con la conseguente frammentazione della
pratica politico-militare.
Secondo noi si da scontro di potere quando gli interessi generali della classe
entrano in contrasto non mediabile con gli interessi della borghesia, ed intorno
a questi interessi generali della classe, entrati in contrasto non mediabile,
si mobilita un movimento di classe di vaste proporzioni, costituito dalla lotta
di milioni di proletari su obiettivi che, in quanto generali, comuni a tutta
la classe, sono politici perché antagonizzano ai padroni ed allo stato
una massa di proletari che tendono oggettivamente (ed a livelli diversi, anche
soggettivamente) a fare come classe "per se", come classe cosciente.
Ma anche questo movimento antagonista, che già tende ad uscire fuori
dalla capacità di controllo sindacale e revisionista, non è di
per se "irrecuperabile" ma costituisce unicamente la base reale su
cui può svilupparsi un processo di organizzazione rivoluzionario della
classe.
Passaggio questo non scontato, che non è un “portato oggettivo
dell’accentuarsi della crisi” ma percorso cosciente di massa che
scaturisce dalla dialettica tra movimento antagonista ed avanguardie rivoluzionarie.
Il concetto stesso di "irrecuperabilità" è frutto dell’idealismo
dato che l’esperienza storica insegna che l’unica cosa irrecuperabile
per la borghesia è la perdita del potere politico e l’edificazione
della società comunista.
Il programma nasce dunque dallo scontro tra l’attività generale
delle masse ed il progetto dominante della borghesia.
E’ QUINDI PROGRAMMA DI TUTTO IL PROLETARIATO METROPOLITANO.
Il Partito deve leggere i contenuti generali che percorrono in modo diversificato
tutti i settori della classe, deve analizzare le possibili tappe che lo scontro
può percorrere e raggiungere nella direzione dello sviluppo del processo
rivoluzionario in una direzione: LA CONQUISTA DEL POTERE POLITICO.
La generalizzazione dei contenuti più avanzati, i1 miglioramento del
livelli di organizzazione e delle forme di lotta, la sempre più chiara
identificazione del nemico principale da abbattere, sono la concretizzazione
della politica rivoluzionaria come attività complessa ed articolata del
SISTEMA DI POTERE PROLETARIO ARMATO IN COSTRUZIONE, che deve trovare nelle diverse
congiunture il Partito, e gli organismi rivoluzionari delle masse in grado di
identificare correttamente i compiti sempre nuovi, nella diversità degli
obiettivi da raggiungere in relazione al reale livello di coscienza ed organizzazione
delle masse.
In questo senso il programma, nato dai livelli di massima concentrazione dello
scontro tra le classi e sintetizzato dal Partito, deve ritornare come piano
unitario nelle lotte, nella mobilitazione e nel combattimento di tutto Il proletariato
metropolitano, contro tutte le articolazioni progettuali del nemico nelle diverse
congiunture.
Questo programma, in dialettica con i bisogni immediati ma soprattutto con quelli
generali del proletariato metropolitano, si dà dentro le leggi della
guerra: non c’è conquista permanente da parte del proletariato
metropolitano, c’è però la possibilità di conquistare
non questo o quel bisogno, ma TUTTO IL PROPRIO DESTINO!!
GUERRA AL "PATTO SOCIALE”, ARTICOLAZIONE CONGIUNTURALE DEL PROGETTO DI ANNIENTAMENTO DELLA POLITICA RIVOLUZIONARIA DEL PROLETARIATO METROPOLITANO !
GUERRA ALLA GUERRA IMPERIALISTA ! GUERRA ALLA NATO !
GUERRA AL "PARTITO DELLA GUERRA" !
SVILUPPARE L’INTERNAZIONALISMO PROLETARIO CONTRO LE SCELTE DI GUERRA DELLA BORGHESIA IMPERIALISTA !
COSTRUIRE IL PARTITO COMUNISTA COMBATTENTE !
COSTRUIRE IL SISTEMA DI POTERE PROLETARIO ARMATO PER LA CONQUISTA DEL POTERE POLITICO !
LIQUIDARE I PROGETTI DELLA RESA E DELLA DISSOCIAZIONE DALLA LOTTA DI CLASSE !
BATTERE LE LINEE SBAGLIATE NEL MOVIMENTO RIVOLUZIONARIO !
ONORE A UMBERTO CATABIANI "ANDREA" E A TUTTI I COMPAGNI
CADUTI COMBATTENDO PER IL COMUNISMO !
Maggio 1983
Per il Comunismo
BRIGATE ROSSE
per la costruzione del P.C.C.